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Oggi tali problemi possiamo facilmente ricondurli al conflitto più o meno rilevante tra la pressione univocamente normalizzatrice dell'ambiente pedagogico, il cui fine è produrre un cittadino dotato delle competenze necessarie per vivere in un determinato mondo storico-sociale, e le istanze di differenziazione che fanno capo al potenziale di individuazione presente nel corredo genetico. Il dramma dell'infanzia verte, insomma, sul conflitto tra ciò che gli altri desiderano che il bambino sia e diventi e ciò che egli, sia pure inconsapevolmente, desidera essere e diventare.
Oggi tali problemi possiamo facilmente ricondurli al conflitto più o meno rilevante tra la pressione univocamente normalizzatrice dell'ambiente pedagogico, il cui fine è produrre un cittadino dotato delle competenze necessarie per vivere in un determinato mondo storico-sociale, e le istanze di differenziazione che fanno capo al potenziale di individuazione presente nel corredo genetico. Il dramma dell'infanzia verte, insomma, sul conflitto tra ciò che gli altri desiderano che il bambino sia e diventi e ciò che egli, sia pure inconsapevolmente, desidera essere e diventare.
Le polarità conflittuali in questione, che implicano una dimensione sociologica e storica che campisce sempre l'esperienza umana, sono sostanzialmente estranei alla cultura di Freud.
Ciò lo costringe a ricondurre il conflitto strutturale ad una drammatica interazione tra il mondo filogenetico delle pulsioni e le esigenze della vita sociale, incompatibili con il principio anarchico del piacere (erotico e aggressivo) che le pulsioni veicolano.
In questa ottica, il nodo decisivo dell'esperienza umana è il superamento del conflitto in conseguenza dell'accettazione del principio di realtà, che implica un certo grado di frustrazione delle pulsioni, e il loro persistere sotterraneamente in virtù di una fissazione che rappresenta la matrice di ogni nevrosi.
L’ideologia pulsionale è il punto debole del sistema freudiano, che nulla toglie alle sue straordinarie intuizioni