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Il primo concerne lo statuto della coscienza umana, inesorabilmente mistificato perché l'Io, di fatto, convive e galleggia sul mare della complessità dell'inconscio, laddove si danno pensieri, desideri, fantasie, pulsioni caotici o, comunque, perennemente in contraddizione tra loro.
Il primo concerne lo statuto della coscienza umana, inesorabilmente mistificato perché l'Io, di fatto, convive e galleggia sul mare della complessità dell'inconscio, laddove si danno pensieri, desideri, fantasie, pulsioni caotici o, comunque, perennemente in contraddizione tra loro.
Questa condizione mentale umana non comporta alcuna soluzione se non la rinuncia a pensare all'Io come ad una dimensione unitaria, continua nel tempo e coesa. Dove porta questa rinuncia? Ad accettare il limite che l'uomo ha su se stesso, a rifiutare qualunque forma di narcisismo e di onnipotenza, in nome della saggezza “danzante” per cui egli accetta di fluttuare nel gran mare dell'esistenza.
Il secondo aspetto, che può apparire contraddittorio, è da ricondurre all'identificazione nell'uomo di un bisogno di individuazione che si realizza anzitutto in negativo, sotto forma di rifiuto di tutto ciò che la società impone e viene avvertito intuitivamente contrastante con la propria vocazione ad essere. Posto che l'individuo riesca a raggiungere e a conservare un elevato grado di autonomia rispetto alle influenze sociali, che tendono a normalizzarlo e a subordinarlo alla legge del gregge, quel bisogno si realizza in positivo sotto forma di sì alla vita.
Il sì alla vita di Nietzsche (che rappresenta l'aspetto positivo del suo nichilismo) implica l'accettazione consapevole e addirittura esaltante di un'esperienza assurda, casuale (l'uomo sarebbe potuto semplicemente non esserci) e oggettivamente insignificante riscattata dalla possibilità che l'individuo realizzi la sua volontà di potenza al massimo grado