Nietzsche contra Wagner. Documenti di uno psicologo |
Il ruolo storico di NietzscheTorino, Natale 1888 Noi antipodi Se ho qualche vantaggio su tutti gli psicologi, è perché il mio sguardo è più acuto per quella difficilissima e capziosissima specie di induzione nella quale si compie il maggior numero di errori - l'induzione dall'opera all'autore, dall'azione all'agente, dall'ideale a colui che ne ha bisogno, da ogni maniera di pensare e di valutare al bisogno che comanda dietro di essa.
- Nei confronti di artisti d'ogni genere ora mi servo di questa distinzione fondamentale: è qui divenuto creatore l'odio contro la vita oppure la sovrabbondanza di vita?
Coscienza e inconscioTorino, Natale 1888 Come mi liberai di Wagner 2. Quel qualcosa di nascosto e d'imperioso cui a lungo non sappiamo dare un nome, sinché alla fine non si rivela come il nostro compito questo tiranno che è in noi si prende una terribile rivalsa per ogni nostro tentativo di evitarlo o di sfuggirgli, per ogni prematuro rassegnarsi, per ogni equipararci con coloro ai quali non apparteniamo, per ogni attività, sia pur degna di stima, che ci distolga dalla nostra causa principale finanche per ogni virtù che possa preservarci dalla durezza della nostra più vera responsabilità. Malattia è la risposta, ogni volta che vogliamo dubitare del nostro diritto al nostro compito, quando cominciamo a rendercelo più lieve in un punto qualsiasi. Strano e terribile insieme! Sono i nostri alleviamenti quelli che dobbiamo più duramente scontare! E se poi vogliamo tornar sani, non ci rimane scelta: dobbiamo addossarci un carico più pesante di quello che avevamo prima… Lo psicologo prende la parola 3. Esistono «uomini sereni» che si servono della serenità perché grazie a essa vengono fraintesi - essi vogliono essere fraintesi. Esistono «spiriti scientifici» che si servono della scienza perché essa conferisce un'apparenza di serenità e perché la scientificità fa concludere che l'uomo è superficiale - essi vogliono sedurre a una falsa conclusione... Esistono spiriti liberi e audaci che vorrebbero nascondere e negare di essere in fondo cuori infranti e inguaribili - è il caso di Amleto: e allora la stessa follia può essere la maschera di uno sciagurato sapere troppo certo.-
Psicologia e vissutiTorino, Natale 1888 Lo psicologo prende la parola 1. Quanto più uno psicologo, uno psicologo e indovino d'anime per innata e fatale predisposizione, si volge ai casi e agli uomini più scelti, tanto più grande diventa per lui il pericolo di soffocare per la compassione. Più che a ogni altro uomo gli sono necessarie durezza e serenità. La rovina, il fallimento degli uomini superiori sono infatti la regola: è terribile avere sempre sotto gli occhi una tal regola. Il molteplice tormento dello psicologo che ha scoperto questa rovina, che ha scoperto una prima volta e poi torna quasi sempre di nuovo a scoprire, nel corso di tutta la storia, tutta questa interiore «inguaribilità» dell'uomo superiore, questo eterno «troppo tardi!» in ogni senso potrà forse un giorno diventare la causa del suo stesso rovinarsi... In quasi ogni psicologo si osserva una rivelatrice predisposizione a frequentare persone comuni e bene ordinate: in ciò si palesa il fatto che egli necessita sempre di una guarigione, che ha bisogno di una sorta di fuga e di oblio, va da ciò che gli hanno posto sulla coscienza il suo incider nel profondo, il suo guardare nel profondo, il suo mestiere. E' caratteristico in lui il timore della propria memoria. Di fronte al giudizio altrui facilmente ammutolisce, ascolta con viso impassibile come si veneri, si ammiri, si ami, si trasfiguri là dove egli ha visto -, oppure nasconde anche il suo ammutolire, acconsentendo espressamente a una qualsiasi superficiale opinione. Forse la paradossalità della sua situazione arriva a tal punto, che proprio là dove egli ha imparato la grande compassione accanto al grande disprezzo, i «colti» dal canto loro apprendono la grande venerazione... E chissà che in tutti i grandi casi non sia accaduto proprio questo che si adorasse un dio e che il dio fosse soltanto una povera vittima sacrificale...
Socialità(amore, amicizia, compassione, ostilità, volontà di potenza)Torino, Natale 1888 Wagner apostolo della castità 2. Tra sensualità e castità non esiste necessariamente opposizione; ogni buon matrimonio, ogni sincero affare di cuore sono al di sopra di questo contrasto. Ma nel caso in cui tale opposizione effettivamente esiste, non occorre per fortuna che sia un'opposizione tragica. Ciò dovrebbe almeno valere per tutti i mortali di buona costituzione, di temperamento gaio, che son lungi dall'annoverare senz'altro fra gli argomenti contrari all'esistenza il loro labile equilibrio tra angelo e petite bête i più fini, i più chiari, come Hafis, come Goethe, hanno visto in esso persino un'attrattiva in più... Proprio tali contraddizioni seducono all'esistenza... Lo psicologo prende la parola 2. La donna vorrebbe credere che l'amore possa tutto - è questa la sua vera superstizione. Ah, chi conosce il cuore indovina quanto povero, derelitto, presuntuoso, fallibile sia anche l'amore migliore e più profondo - quanto esso distrugge invece di salvare…
IntroversioneTorino, Natale 1888 Dove faccio obiezioni E così mi chiedo: che cosa vuole effettivamente tutto il mio corpo dalla musica in genere? Giacché l'anima non esiste... Credo che voglia un alleggerimento: come se tutte le funzioni animali dovessero venir accelerate da ritmi lievi, arditi, distesi, sicuri di sé; come se la vita ferrea, la vita plumbea dovesse perdere la sua pesantezza ad opera di melodie dorate, delicate, simili a olio. La mia malinconia vuoi riposare negli anfratti e negli abissi della perfezione: per questo ho bisogno di musica. Ma Wagner fa ammalare. Intermezzo - Dico ancora una parola per le orecchie più raffinate: quel che io propriamente voglio dalla musica. Che sia serena e profonda come un pomeriggio d'ottobre. Che sia bizzarra, sfrenata, delicata, una piccola femmina dolce di abiezione e di grazia. Come mi liberai di Wagner Fui io il solo a soffrirne? Basta, questo inaspettato evento mi diede come un lampo di chiarezza sul luogo che avevo abbandonato e anche quell'orrore tardivo che prova chiunque abbia corso inconsapevolmente un rischio mostruoso. Quando ripresi a camminare da solo, tremavo: non passò molto tempo che mi ammalai, ed ero più che malato, ero stanco, - stanco per l'irrefrenabile delusione su tutto quello che a noi uomini moderni restava per entusiasmarci, per la generale dissipazione di forza, di lavoro, di speranza, di gioventù, di amore, stanco per il disgusto di fronte a tutta la menzogna e il rammollimento di coscienza idealistici, che qui avevano ancora una volta trionfato su uno dei più valorosi, stanco infine, e non in misura minore, per il tormento di un sospetto inesorabile - che ormai io fossi condannato a diffidare più profondamente, a disprezzare più profondamente, a esser solo più profondamente di quanto mai fossi stato prima. Lo psicologo prende la parola 3. II disgusto e l'orgoglio spirituali di chiunque abbia profondamente sofferto la profondità di sofferenza di cui uno è capace determina quasi una gerarchia , la sua rabbrividente certezza, di cui è tutto impregnato e di cui ha assunto il colore, di sapere, in virtù del suo dolore, più di quanto possano sapere i più intelligenti e i più saggi, di essere stato una volta conosciuto e aver dimorato in molti mondi lontani e spaventosi, di cui «voi non sapete nulla»..., questo tacito orgoglio spirituale, questa alterigia dell'eletto della conoscenza, del «consacrato», di chi fu quasi vittima sacrificale, trova necessaria ogni sorta di travestimenti, per preservarsi dal contatto con mani indiscrete e compassionevoli e in genere da tutto ciò che non è pari a lui nel dolore. Il profondo soffrire rende aristocratici; separa. Epilogo 1. Mi sono chiesto spesso se agli anni più difficili della mia vita io non debba più che a qualsiasi altro periodo. Così come mi insegna la mia più intima natura, tutto ciò che è necessario, visto dall'alto e nel senso di una grande economia, è anche l'utile in sé non soltanto lo si deve sopportare, lo si deve amare... Amor fati: è questa la mia più intima natura. - E per quanto concerne la mia lunga malattia, non le debbo forse indicibilmente più che alla mia salute? Le debbo una salute superiore, una salute che è resa più forte da tutto quel che non la uccide! Le debbo anche la mia filosofia... Soltanto il grande dolore è l'ultimo liberatore dello spirito, in quanto maestro del grande sospetto che di ogni U fa un X, una vera e propria X, vale a dire la penultima lettera prima dell'ultima... Soltanto il grande dolore, quel lungo lento dolore nel quale per così dire veniamo come arsi con legna verde, che si prende tempo -, costringe noi filosofi a scendere nell'estremo profondo di noi stessi e a spogliarci di ogni fiducia, di ogni benevolenza, di ogni velo, di ogni dolcezza, di ogni mediocrità, nei quali forse avevamo riposto prima la nostra umanità. Dubito che un tale dolore «renda migliori»: non so che ci rende profondi... Sia che impariamo a contrapporgli il nostro orgoglio, il nostro scherno, la nostra forza di volontà e ci comportiamo come quell'Indiano che, per quanto crudelmente torturato, con la malvagità della lingua si prende una rivalsa sul suo torturatore; sia che dinnanzi al dolore ci ritraiamo in quel nulla, nel muto, rigido, sordo arrendersi, dimenticarsi, spegnersi: da siffatti lunghi e rischiosi esercizi del dominio su se stessi si torna come uomini diversi, con alcuni interrogativi in più, - soprattutto con la volontà di porre, da allora in poi, più domande, domande più profonde, più severe, più dure, più cattive, più silenziose di quante finora siano mai state poste sulla terra... La fiducia nella vita è scomparsa; la vita stessa è diventata un problema. Ma non si creda che perciò si sia diventati dei tetri, dei barbagianni! Persino l'amore per la vita è ancora possibile - solo che si ama diversamente... E l'amore per una donna della quale dubitiamo... 2. La cosa più strana è questa: si ha, in seguito a ciò, un altro gusto un secondo gusto. Da siffatti abissi, anche dall'abisso del grande sospetto si torna rinati, mutati di pelle, più sensibili, più cattivi, con un più sottile gusto per la gioia, con una lingua più delicata per tutte le buone cose, con sensi più gai, con una seconda pericolosa innocenza della gioia, più infantili allo stesso tempo e cento volte più raffinati di quanto si fosse mai stati prima. Morale: non si è impunemente lo spirito più profondo di tutti i millenni non lo si è nemmeno senza remunerazione...
ArteTorino, Natale 1888 Noi antipodi Ogni arte, ogni filosofia può essere riguardata come rimedio e ausilio di una vita che cresce o che declina: esse presuppongono sempre sofferenze e sofferenti. Ma esistono due specie di sofferenti, quelli che soffrono per una sovrabbondanza di vita, e vogliono un'arte dionisiaca e così pure un'intelligenza e una prospettiva tragiche della vita e poi quelli che soffrono per l'impoverimento della vita, e che esigono da arte e filosofia la calma, il silenzio, un mare placido, oppure l'ebbrezza, lo spasimo, lo stordimento. La vendetta sulla vita stessa la più voluttuosa specie di ebbrezza per questi esseri impoveriti!...
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