Economia marxiana

Enciclopedia dell'Economia

Garzanti, Milano 1992, pp. 678-680

L'economia marxiana costituisce a un tempo uno sviluppo e una rottura con l'economia politica classica inglese (A. Smith, D. Ricardo). La teoria del valore-lavoro, secondo la quale le merci tendono a essere scambiate in proporzione al tempo di lavoro socialmente necessario incorporato, è comune ad ambedue le scuole. Ma, diversamente dai classici, Marx era soprattutto interessato non ai rapporti quantitativi di scambio, bensì ai reali rapporti sociali sottostanti, celati dai fenomeni di mercato. In questa analisi come in tutta la sua elaborazione teorica, Marx cercò di andare al di là dell'apparenza esteriore delle cose, per scoprirne l'essenza nascosta e sottoporla ad analisi. Fu qui che Marx ruppe con i suoi predecessori e diede alcuni dei suoi contributi più originali e profondi alle scienze sociali.

Il feticismo della merce.

Le merci sono prodotti del lavoro umano destinati alla vendita piuttosto che all'uso diretto del produttore. Attraverso la vendita delle merci il produttore acquisisce denaro, con il quale a sua volta acquista altri prodotti per soddisfare i suoi bisogni (Marx rappresenta questo circuito con lo schema M-D-M, dove M sta per merci e D per denaro). La M finale e quella iniziale sono identiche in valore di scambio (incorporano un uguale ammontare di lavoro), ma diverse in valore d'uso per il produttore. E' questa differenza nei valori d'uso che rende razionale l'operazione. In una società in cui tutti i prodotti sono merci e vengono scambiati secondo lo schema M-D-M, i produttori lavorano indipendentemente l'uno dall'altro e stabiliscono relazioni solo attraverso il mercato. Le loro relazioni personali diventano letteralmente reificate, cioè relazioni tra cose. Coloro che vivono in queste condizioni vedono la società non come una creazione dell'uomo, sottoposta al suo controllo, ma come una «seconda natura» (G. Lukàcs) con leggi e vincoli propri, cui gli esseri umani sono necessariamente assoggettati. Questa è la base della ben nota dottrina marxista del feticismo della merce.

Il plusvalore.

Ciò che distingue il capitalismo dalla produzione di merci in generale è che nel capitalismo la forza lavoro (non il lavoro in sé, ma la capacità di fornire lavoro) è una merce, acquistata dal capitalista e venduta dai lavoratori. Il capitalista parte non con un prodotto, ma con del denaro, compra merci (mezzi di produzione e forza lavoro), le combina in un processo produttivo e vende il prodotto sul mercato. Il denaro si trova così all'inizio e alla fine del processo (D-M-D). Se le due quantità fossero le stesse, l'operazione sarebbe inutile perché il denaro è qualitativamente omogeneo. E' proprio della vera essenza del capitalismo che l'ammontare di denaro finale (D) debba essere maggiore dell'ammontare iniziale: D'-D=AD. Se tutte le cose (mezzi di produzione, forza lavoro e prodotto) sono vendute al loro valore. D rappresenta non solo una maggior quantità di denaro, ma anche un maggior valore (Mehrwert) o plusvalore. Da dove deriva questo plusvalore'? La risposta sta nella distinzione tra il lavoro (attività umana creatrice di valore) e la forza lavoro (capacità di fornire lavoro) che nel capitalismo è comprata e venduta come una merce. Come tutte le altre merci, la forza lavoro ha un valore determinato dalla quantità di lavoro socialmente necessario richiesto per la sua produzione, vale a dire dalla quantità necessaria per la produzione (e riproduzione) del lavoratore stesso o, in altre parole, per la produzione dei mezzi di sussistenza storicamente determinati del lavoratore e della sua famiglia. Supponiamo che in cinque ore il lavoratore crei un valore uguale a quello dei mezzi di sussistenza di un giorno: il capitalista non compra cinque ore di lavoro, compra il lavoratore per un giorno, che non è affatto limitato a cinque ore. Se immaginiamo che la giornata lavorativa sia di dieci ore, nelle prime cinque ore il lavoratore crea il valore della sua forza lavoro (che gli viene pagata sotto forma di salario) e nelle altre cinque ore crea un uguale ammontare di plusvalore che, tuttavia, appartiene al capitalista in virtù del suo comando sui mezzi di produzione. Si tratta di ciò che Marx chiamava rispettivamente lavoro necessario e pluslavoro.

Si presuppone che il lavoratore non possegga mezzi di produzione e sia costretto a vendere la sua forza lavoro per non morire di fame. Si presuppone anche l'esistenza di un sistema giuridico c di un apparato statale per applicarlo che assicurino la protezione della proprietà e del controllo capitalistico sui mezzi di produzione e impediscano ai lavoratori, individualmente e collettivamente, di espropriare i capitalisti. Il - capitale è perciò visto non solo come denaro e mezzo di produzione, ma anche come un insieme di rapporti sociali che divide la società in classi e garantisce la subordinazione dei lavoratori ai capitalisti. Il processo di formazione di un proletariato senza proprietà, da un lato, e degli strumenti di dominio della classe capitalistica, dall'altro, costituisce la preistoria del capitalismo. La formula della circolazione D-M-D si riferisce a un periodo, per es. un anno. All'inizio del periodo successivo, il capitalista ha più denaro di quanto non ne avesse un anno prima. Che cosa ne farà? Fondamentalmente, secondo Marx, lo aggiungerà al suo capitale, cioè lo accumulerà.

Crescita e contraddizioni del capitalismo.

Ci sono due ragioni complementari a sostegno di questa tesi. In primo luogo, lo status e il potere del capitalista dipendono dalla dimensione del suo capitale: in secondo luogo, ogni capitalista deve migliorare ed espandere il suo capitale al fine di evitare di essere estromesso dall'attività da concorrenti più efficienti. Per il singolo capitalista, secondo le parole di Marx, la massima è «Accumulare, accumulare! Questo è Mosè e i profeti!». E per il capitalismo nel suo insieme ciò implica che esso è intrinsecamente e necessariamente un sistema in espansione che alla fine, se non viene prima sostituito, deve entrare in fatale conflitto con il suo ambiente naturale. Secondo quanto si è detto sopra, il valore di ogni merce si divide in tre parti: il valore dei mezzi di produzione utilizzati (chiamato da Marx capitale costante e indicato con c), il valore prodotto dal lavoro necessario (capitale variabile, v) e il valore prodotto dal pluslavoro (plusvalore, s). Il valore è quindi uguale a c + v + s. Tre rapporti che includono queste componenti del valore sono centrali per l'analisi economica marxista: il saggio di plusvalore s/v, il saggio di profitto s/(c + v) e la composizione organica del capitale (c/v). Indicati rispettivamente con s', p e q. essi sono in relazione tra loro nella formula p=s (1+ q), secondo la quale il saggio di profitto aumenta al crescere del saggio di plusvalore e diminuisce al crescere della composizione organica del capitale.

Gran parte dell'analisi marxiana della storia passata e dell'attuale procedere del capitalismo ruota attorno a questa formula. Marx credeva che nel lungo periodo agisse una forte «tendenza» della composizione organica del capitale a crescere in modo relativamente più rapido del saggio di plusvalore, e quindi del saggio di profitto a diminuire («legge della caduta tendenziale del saggio di profitto»).

Il saggio di plusvalore può essere fatto variare in due modi: o attraverso una modifica della durata della giornata lavorativa o attraverso una modifica delle proporzioni in cui la giornata lavorativa è divisa tra lavoro necessario e pluslavoro. Il primo coinvolge direttamente la lotta di classe perché per tutta la storia del capitalismo i capitalisti hanno cercato di prolungare la giornata lavorativa il più possibile, mentre i lavoratori si sono battuti per limitarla e aumentare così la quantità del tempo che possono considerare loro proprio. Il secondo è più complicato. Anch'esso coinvolge direttamente la lotta di classe nella misura in cui i lavoratori si sono battuti per aumentare i loro livelli di vita e accrescere così il valore della loro forza lavoro.

Ma l'iniziativa principale da questo punto di vista è venuta dal lato dei capitalisti che hanno continuamente cercato, attraverso i processi di riorganizzazione del lavoro e l'introduzione di nuove tecnologie, di aumentare la produttività del lavoro e quindi di mettere in grado il lavoratore di produrre i mezzi di sussistenza in un tempo ìnfcrìore, lasciando più tempo alla produzione di plusvalore

Analizzando questi fenomeni, Marx delineò lo sviluppo del processo lavorativo dalla semplice cooperazione, attraverso la «manifattura>, (con la sua divisione minuziosa del lavoro), all'«industria moderna» (in cui i lavoratori diventano appendici delle macchine, sempre più sostituibili da vari tipi di automatismi).

Il problema della realizzazione.

Fin qui si è discusso solo della «produzione» di valore e di plusvalore. Altrettanto importante per il capitalista è la trasformazione del valore prodotto nella sua fòrma monetaria: nella terniinologia marxista, il problema della «realizzazione». In un sistema anarchico, non pianificato, come il capitalismo, non vi è una ragione a priori di attendersi che la produzione sia anche approssimativamente pari alla domanda. Sproporzioni possono sorgere da valutazioni errate, e anche per opera di thttori inerenti al sistema. Il più significativo tra questi, discusso solo f'rammentariamente da Marx, è rappresentato dal fatto che la capacità produttiva della società cresce, sotto la spinta dell'accumulazione, molto più rapidamente della sua reale capacità di consumo compressa, in egual misura, dai salari sempre limitati dei lavoratori e dall'istinto del capitalista a risparmiare più che a consumare.

Questa parte del pensiero marxista ha dato origine alle teorie della «sovraccumulazione» c/o del «sottoconsumo» clic sono state adottate da alcuni suoi seguaci e rifiutate da altri. In ogni caso, non c'è dubbio che le contraddizioni del sistema, clic tutti i marxisti ritengono verrà nel lungo periodo necessariamente rovesciato e sostituito da un ordine sociale più razionale e umano, hanno origine nell'ambito sia della produzione sia della realizzazione. (p. m. s.)