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Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, I Principe di
Benevento (Parigi, 2 febbraio 1754 – Parigi, 17 maggio 1838),
appartenente al casato dei Talleyrand-Périgord, fu principe,
vescovo e politico.
Servì la monarchia di Luigi XVI, poi la Rivoluzione francese
nelle sue varie fasi, l'impero di Napoleone Bonaparte e poi di nuovo
la monarchia, questa volta quella di Luigi XVIII, fratello e
successore del primo monarca servito.
Talleyrand è considerato il campione assoluto del
camaleontismo. Fu persona di grande intelligenza politica e fu
sempre un anticipatore dei suoi tempi, dimostrando di saper vedere
nel futuro molto più lontano di quanto sapessero fare i suoi
contemporanei. Fu, con Metternich, il "regista" del congresso di
Vienna. Nel corso della sua lunga carriera ottenne diversi
soprannomi, tra cui i più noti sono: "Il diavolo zoppo", "Il
Camaleonte" e "Lo stregone della diplomazia".
Biografia
Origini familiari e giovinezza
La famiglia Talleyrand vantava la discendenza da Adalbert, conte di
Périgord e vassallo di Ugo Capeto nel 990. A proposito di
questo personaggio circola un aneddoto che ben spiega quali fossero
all'epoca i rapporti tra i sovrani e i loro vassalli: nel 990 il
conte Adalbert, restìo a prestare giuramento al nuovo sovrano
di Francia, Ugo Capeto appunto, venne convocato a Parigi dal re il
quale, di fronte alla sfrontatezza dei modi del suo vassallo gli
domandò bruscamente: "Chi ti ha fatto conte?", al che
Adalbert ribatté con stupefacente insolenza: "Chi ti ha fatto
Re?"[3]. Tali rimasero per i secoli successivi i rapporti tra i re
di Francia e il Casato di Périgord, fatti di reciproca
diffidenza e sofferta sottomissione da parte dei Talleyrand: il
clima che il piccolo Charles-Maurice respirò in famiglia fu
dunque quello di grande orgoglio aristocratico e assoluta certezza
che il suo sangue lo rendeva pari a un re, fatto che rendeva gli
affari di Stato della Francia un semplice "prolungamento" degli
affari di famiglia, dei quali avrebbe dovuto occuparsi personalmente
(convinzione che lo sosterrà durante tutta la sua vita).
Il Casato di Périgord inoltre, poteva annoverare nei suoi
rami araldici un Gran Maestro dell'Ordine del Tempio, Armand de
Périgord (figlio cadetto del conte Hélie V de
Périgord[4]) e un famoso cardinale, Hélie de
Talleyrand-Périgord, protagonista del Papato avignonese,
Decano del Sacro Collegio, soprannominato "Creatore di Papi", per la
sua abilità e autorevolezza politica all'interno della Curia
papale (talenti che si ritroveranno nel suo discendente). Nel
Medioevo troviamo pure: Hélie (m. 1205), alleato di Filippo
Augusto contro Riccardo Cuor di Leone; Roger-Bernard (m. 1369), che
combatté gli inglesi; il figlio Archambaud V, morto in
Inghilterra nel 1399. In epoca moderna due personaggi si
illustrarono, seppur negativamente: il primo, Henri de
Talleyrand-Périgord, conte di Chalais, amante della celebre
duchessa de Chevreuse, fu il protagonista di una cospirazione
aristocratica contro il cardinale Richelieu, chiamata a causa del
ruolo primario che il conte vi svolse, "Cospirazione di Chalais": la
macchinazione però fu scoperta dall'astuto cardinale e
Talleyrand-Périgord finì sul patibolo.
Suo nipote, Adrien de Talleyrand, conte di Chalais, marito della
celebre Princesse des Ursins, fu esiliato dalla Francia per aver
ucciso in duello il duca di Beauvilliers.
Si trattava dunque di una famiglia dell'alta nobiltà, come
attestato anche dalle lettere patenti del 1613 e 1735 (con
quest'ultima il Re Luigi XV autorizzava il nonno di Talleyrand, il
conte Gabriel, a fregiarsi del titolo di "conte di Périgord",
estinto da tempo nel ramo principale e detenuto formalmente dai
sovrani borbonici). Suoi parenti occuparono cariche importanti anche
nel corso del XVIII secolo durante i regni di Luigi XV e Luigi XVI.
Charles Maurice nacque a Parigi il 2 febbraio 1754 al numero 4 di
rue Garanciére, da Charles Daniel de
Talleyrand-Périgord, cavaliere dell'Ordine di San Michele e
luogotenente del Re, conte di Périgord e da Alexandrine de
Damas d'Antigny; i genitori risiedevano abitualmente a Versailles,
anche se a causa della scarsa disponibilità economica non
facevano molta vita di Corte. Fratello di suo padre era
Alexandre-Angélique de Talleyrand-Périgord (1736 -
1821), che fu dapprima arcivescovo di Reims e successivamente
cardinale arcivescovo di Parigi e al quale Talleyrand sarà
legato per tutta la vita.
Charles Maurice era fin dall'infanzia zoppo ad un piede. Secondo
alcuni biografi, era affetto da una malattia genetica, la sindrome
di Marfan o aracnodattilìa, secondo altri sarebbe stato
vittima della caduta da un alto mobile ove incautamente la donna cui
era stato affidato a balia l'aveva lasciato. Il risultato comunque
fu che per poter camminare dovette ricorrere ad una protesi
metallica pesante ed ingombrante. A causa di quest'infermità
non poté essere destinato alla carriera militare e venne
quindi privato dai genitori del suo diritto di maggiorasco (che fu
concesso in sua vece al fratello Archambaud) e destinato alla
carriera ecclesiastica nella quale il figlio avrebbe trovato quella
protezione dalle temperie della vita di allora che da solo, secondo
loro, causa la sua infermità non era in grado di garantirsi.
Dopo l'infortunio il piccolo venne sottratto alla balia
irresponsabile e fu affidato alle cure della bisnonna,
Marie-Françoise de Rochechouart, "donna deliziosa", come
scriverà più tardi nelle sua memorie, nonché
discendente della marchesa di Montespan e appartenente al più
antico Casato di Francia dopo la famiglia Reale, nel castello avito
di Chalais.
Qui il bambino crebbe nel ricordo della gloria dei suoi avi (tra i
quali si annoveravano, per parte di madre, anche Jean-Baptiste
Colbert ed Étienne Marcel, oltre che il famoso abate Ugo di
Cluny) e nella consapevolezza del suo rango. Tra il 1762 e il 1769
studiò al Collegio d'Harcourt (attuale Liceo Saint-Louis),
uno dei più prestigiosi di Parigi e dell'intera Francia, allo
scopo di indirizzarlo poi verso gli studi religiosi.
Carriera ecclesiastica sotto l'Ancien Régime
Nel 1769, all'età di quindici anni, Talleyrand entra nel
seminario di Saint-Sulpice, malgrado nello stesso periodo frequenti
ostentatamente un'attrice della Comédie Française di
nome Dorothée Dorinville. Ai superiori che gli rimproveravano
tale comportamento rispose, forte anche del suo nome: "Mi avete
voluto? Adesso tenetemi come sono".
Il 28 maggio 1774 Talleyrand riceve gli ordini minori e pochi mesi
dopo, il 22 settembre 1774, ottiene il baccalaureato in teologia
alla Sorbona (con due anni d'anticipo sull'età prevista
grazie a una dispensa), con relatore tale Charles Mannay, essendosi
distinto negli studi nonostante la mancanza di vocazione (anche se
la tesi fu in parte redatta dallo stesso Mannay). Il 1º aprile
1775 Talleyrand pronuncia i voti e diviene canonico della Cattedrale
di Reims, la diocesi dello zio.
L'11 giugno 1775 assiste alla consacrazione di Luigi XVI, il cui
vescovo concelebrante è suo zio e suo padre reca in
processione la Santa Ampolla, contenente l'olio sacro usato per
ungere e consacrare i Re di Francia. Nella primavera del 1778
incontra Voltaire, per il quale nutrirà sempre una viva
ammirazione. Il 18 dicembre 1779 viene ordinato sacerdote; la sera
innanzi il suo amico e compagno di bagordi Auguste de
Choiseul-Gouffier, cugino del più noto duca di Choiseul,
trovandolo prostrato in lacrime, insiste perché rinunci, ma
lui dice che è ormai troppo tardi per tornare indietro.
All'ordinazione non è presente nessun membro della sua
famiglia; i genitori assisteranno tuttavia alla sua prima messa.
Poco dopo ottiene l'assegnazione dell'Abbazia di Saint-Remy a Reims,
con annesse prebende; naturalmente non prende dimora presso
l'Abbazia che gli è stata assegnata ma si stabilisce a
Parigi. Si mette subito il luce per la sua parlantina brillante e
sicura e l'abilità dialettica con cui difende le sue
posizioni: per questo motivo riesce ben presto a farsi eleggere,
sempre con l'apporto dello zio, deputato di "secondo Ordine"
all'Assemblea generale del Clero francese (un'equivalente delle
moderne Conferenze Episcopali). Più o meno nello stesso
periodo aderisce alla Massoneria, anche se vi manterrà sempre
un ruolo di basso profilo, non andando mai oltre il grado di
"Apprendista".
Nel 1780 è nominato agente generale per il clero di Francia
grazie all'abilità con cui ha sostenuto, nel corso della
quinquennale Assemblea della Chiesa gallicana, la difesa dei beni
della Chiesa dalle mire del fisco di Luigi XVI, riuscendo
però due anni più tardi a far votare dalla stessa
Assemblea un "dono gratuito" di 15 milioni di livres al sovrano,
come contribuzione alle casse statali. Tale carica, equivalente a un
dicastero delle Finanze statali, gli permetterà di rendersi
conto delle ricchezze della Chiesa francese e di diventare amico e
consigliere dell'allora ministro delle finanze francese, Calonne.
Calonne, abile economista e ministro delle Finanze, fu amico e
mentore di Talleyrand agli esordi di quest'ultimo in politica, prima
di cadere in disgrazia presso Luigi XVI.
Questa amicizia si rivela però nefasta quando poco dopo
Calonne deve dimettersi, avendo presentato al re un piano economico
(elaborato con un forte contributo di Talleyrand, il quale vi
rivelò il suo talento di economista e di riformatore) che
questi non condivide: la disgrazia dell'amico si ripercuote anche su
di lui, che viene per questo subito emarginato dai circoli della
capitale francese. Grazie a Calonne Talleyrand scopre però la
sua vocazione per la politica e la finanza, nella quale dimostra sin
da principio grande abilità: interviene con numerosi scritti
in varie questioni, come la crisi della Cassa di sconto nel 1783 e
collabora con il ministro anche nella stesura di un Trattato
commerciale con la Gran Bretagna nel 1786, venendo eletto nello
stesso anno segretario dell'Assemblea generale, con i complimenti
dei colleghi. La disgrazia dell'amico Calonne in ogni caso non gli
impedisce di continuare a praticare l'altra sua attività
preferita, quella del seduttore: frequenta assiduamente una dama
dell'alta società conosciuta in precedenza, Adelaide Filleul,
sposata al conte di Flahaut (e secondo voci piuttosto accreditate
figlia illegittima del defunto Luigi XV), dalla quale nel 1785 ha un
figlio, Charles Joseph de Flahaut, battezzato con il cognome del
marito di Adelaide per nascondere la sua reale paternità.
Grazie all'aiuto dell'illustre padre (quello vero), Flahaut
avrà una brillante carriera militare (diventerà
infatti aiutante di campo e confidente di Napoleone), oltre a
proseguirne la tradizione di donnaiolo (secondo i maligni
sarà lui il padre naturale del futuro imperatore Napoleone
III). Nel 1788 muore il padre Charles Daniel e il fratello minore
Archambaud eredita i titoli e le proprietà di famiglia.
In ogni caso gli intercalari amorosi non impediscono al vescovo di
Autun di tenere sotto controllo la scena politica in attesa di nuove
opportunità: queste si presentano nel fatidico 1789 quando,
sotto la pressione di una crisi economica sempre più
incontrollabile (che forse il piano economico di Talleyrand e
Calonne avrebbe potuto evitare, se applicato), il re Luigi XVI fu
costretto a convocare l'Assemblea degli Stati generali. Talleyrand
coglie al volo l'occasione e decide di candidarsi come
rappresentante del Clero all'Assemblea: la sua campagna elettorale
nella diocesi di Autun, della quale è titolare, impostata su
un programma fortemente riformatore in linea con le sue ultime
posizioni politiche, è un grande successo. Inoltre il vescovo
raccoglie le lamentele e le rimostranze dei suoi fedeli in un Cahier
de doléances persino eversivo per le proposte contenute: vi
si chiede quasi l'abolizione della monarchia, la fine di tutti i
privilegi feudali ed ecclesiastici, l'uguaglianza di tutti i ceti
davanti alla legge e una tassa sulla rendita fondiaria (proposta
questa già avanzata dallo stesso Talleyrand e da Calonne nel
loro progetto di riforma economica dello Stato tempo addietro).
Talleyrand dunque parte per Versailles dove partecipa all'apertura
ufficiale degli Stati il 5 maggio 1789; qui partecipa a tutti i
lavori dell'Assemblea fino a quando, dopo l'atto di forza del re che
impedisce ai membri del Terzo Stato di entrare nell'aula, decide di
unirsi ai dissidenti che, sotto la guida dell'abate Sieyès e
del conte Mirabeau, si costituiscono in Assemblea Nazionale
Costituente il 9 luglio 1789. La Rivoluzione francese era
cominciata.
La Rivoluzione
Il 14 luglio 1789, Talleyrand, già messosi in luce per la sua
brillante retorica e conosciuto per le sue idee innovatrici oltre
che per la sua spregiudicatezza, è nominato membro della
commissione per la Costituzione dell'Assemblea Nazionale, nella
quale avrà un ruolo importante. Mantiene comunque un basso
profilo, evitando di esporsi troppo in attesa di schierarsi dalla
parte del vincitore, continuando però a tenere contatti
segreti con il re attraverso il fratello di quest'ultimo, conte di
Artois, proponendogli, dopo la presa della Bastiglia, persino un
intervento armato a sorpresa contro l'Assemblea; ma il re non
accetta il consiglio. Stringe amicizia e inizia la collaborazione
con Mirabeau, uomo corrotto e roboante ma convincente oratore, che
dà voce alle idee del nuovo vescovo di Autun. Talleyrand
suggerisce, tramite l'amico Mirabeau, la confisca dei beni della
Chiesa cui partecipa attivamente, arricchendosi parecchio insieme
all'amico, il che gli costerà naturalmente l'accusa di
tradimento da parte degli ambienti ecclesiastici.
Propone all'Assemblea la fine dell'attribuzione di "religione di
Stato" al cattolicesimo e l'estensione della cittadinanza francese
agli ebrei portoghesi e avignonesi. Lavora infine alla Costituzione
civile del clero, che prevede fra le altre cose il giuramento di
fedeltà allo stato da parte di vescovi e sacerdoti. La
Costituzione civile del clero viene approvata dall'Assemblea il 12
luglio 1790. Talleyrand presta il giuramento di fedeltà alla
nuova Costituzione civile del clero.
Il 13 gennaio 1791 rinuncia alla sua diocesi di Autun, ma il 24
febbraio consacra i primi due vescovi costituzionalisti, che saranno
soprannominati «talleyrandistes». Sei mesi dopo la
proclamazione la nuova Costituzione civile del clero viene
condannata dal papa Pio VI che a metà dell'anno
scomunicherà il vescovo ribelle..
"Il giuramento di La Fayette alla Festa del 14 luglio": Talleyrand
celebrò la messa al Campo di Marte in occasione dei
festeggiamenti.
Sempre su suo suggerimento l'Assemblea dichiara il 14 luglio (data
della presa della Bastiglia) festa nazionale e al suo primo
anniversario è proprio Talleyrand a celebrare la messa ai
Champ de Mars. In quell'occasione, di fronte ai dignitari stupiti di
tanta sfrontatezza, dirà: «Vi prego, non fatemi
ridere»..
Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen: Talleyrand
fu tra i principali redattori della Dichiarazione e l'autore
dell'Art. VI.
Talleyrand firma la Costituzione dello Stato francese (da lui stesso
in gran parte elaborata) che sarà presentata al re e da
questi accettata il 14 settembre 1791: egli è in particolare
autore dell'art. VI della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del
cittadino, norma relativa all'uguaglianza di tutti i cittadini
innanzi alla legge e al principio che la legge è espressione
della volontà generale. Con un celebre "Rapport sur
l'instruction publique" letto davanti all'Assemblea, chiude la sua
attività alla Costituente.
L'anno seguente (1792), su incarico del ministro degli Esteri Valdec
de Lessart, viene inviato dall'Assemblea in missione diplomatica in
Inghilterra (la prima di una lunga serie), con il compito di
rassicurare i minacciosi vicini sulle buone intenzioni della
Francia, contro la quale nel frattempo si stanno coalizzando tutte
le monarchie d'Europa; mentre l'Austria del nuovo imperatore
Francesco II scioglie ogni riserva e dichiara guerra alla Nazione
ribelle, Talleyrand fa per la prima volta sfoggio della propria
abilità di negoziatore ottenendo contro ogni aspettativa la
neutralità britannica. Il giovane "Abbè Talleyrand",
come ancora era noto, pubblicò il risultato della fortunata
trattativa in un saggio in cui esprimeva le sue vedute di politica
estera, intitolato "Mémoire sur les rapports actuels de la
France avec les autres États de l'Europe", che rivelò
per la prima volta il suo grande acume diplomatico, lanciandolo alla
ribalta della politica francese del momento.
Dopo essere ritornato in Francia a luglio, presagendo l'avvicinarsi
delle turbolenze del periodo, si schiera apertamente con i radicali
che vogliono la testa del sovrano, sperando così di far
dimenticare la sua origine aristocratica e la sua carriera
ecclesiastica: sente che la sua posizione, nonostante i recenti
successi in politica estera, è sempre più precaria a
causa del precipitare degli eventi e del sempre maggiore potere che
va acquisendo il partito radicale dei Giacobini, capeggiati da un
avvocato di Arras, Maximilien Robespierre, il quale nella sua
intransigente e quasi puritana moralità non apprezza la
licenziosità del Vescovo apostata, e da un ex insegnate
oratoriano, Joseph Fouché. In questo periodo quindi riesce a
ottenere da Danton di tornare nuovamente in missione a Londra: si
tratta di un escamotage molto astuto che permetterà a
Talleyrand di non apparire uno degli émigré, ossia uno
degli esponenti ostili alla Rivoluzione francese scappati dalla
Francia. Vengono però per sua sfortuna trovate in un armadio
due sue lettere indirizzate a Luigi XVI che attestano i rapporti
segreti intercorsi tra l'ex vescovo e l'odiato sovrano: il governo
rivoluzionario emette un ordine di cattura nei suoi confronti.
Nel 1794 Talleyrand è espulso dall'Inghilterra, auspice il
nuovo capo di governo inglese William Pitt. Nel frattempo infatti la
Gran Bretagna è entrata in guerra contro la Francia e la
presenza sull'isola di Talleyrand non è molto rassicurante,
vista la sua nota abilità di tenere i piedi in due scarpe. Va
negli Stati Uniti e si stabilisce a Filadelfia, mal visto per la
feroce propaganda orchestrata contro di lui da parte dei giacobini
che colà rappresentano la Francia, ma ben accolto dai nobili
francesi in esilio. Stringe inoltre una profonda amicizia con
Alexander Hamilton. Esercita la professione di agente immobiliare
nelle foreste del Massachusetts, poi quella di mediatore in merci.
Descriverà la sua esperienza americana nei suoi due saggi:
Essai sur les Avantages à retirer des
colonies nouvelles ;
Mémoire sur les relations commerciales des
États-Unis avec l'Angleterre.
Il Direttorio
Intanto, dopo la caduta di Robespierre, gli amici di Talleyrand
rimasti in Francia si danno da fare per il suo rientro, in
particolare la celebre e colta Madame de Staël, figlia del
banchiere svizzero e ministro di Luigi XVI Jacques Necker, a suo
tempo irretita dal fascino del brillante giovane vescovo di Autun.
La loro opera di persuasione presso i maggiorenti del nuovo regime,
il Direttorio, infine riesce e Talleyrand può rientrare in
Europa da libero cittadino nell'estate del 1796. Appena rientrato
viene nominato ambasciatore presso la Repubblica batava, un incarico
di secondo piano, a causa dell'ostilità che alcuni membri del
Direttorio, in particolare Reubell, gli manifestano apertamente.
Ciononostante Talleyrand sa bene come uscire anche dalle situazioni
in apparenza più spinose: non perde tempo e già nel 18
fruttidoro 1797 un suo piano ben orchestrato sventa un colpo di
stato dei realisti guidato dal generale Jean-Charles Pichegru e
sostenuto da due membri del direttorio, Carnot, suo acerrimo nemico,
e Barthélemy: Carnot riesce a fuggire mentre Pichegru e
Barthélemy catturati, finiranno alla Caienna. Nel luglio di
quell'anno, sempre grazie ai buoni uffici di Madame de Staël,
il capo del Direttorio Paul Barras lo nomina finalmente Ministro
degli Esteri della Repubblica, incarico che manterrà, salvo
una breve interruzione, per i successivi dieci anni anche sotto il
Consolato e l'Impero.
Curiosamente, il predecessore di Talleyrand in questa carica,
Charles Delacroix, personaggio scialbo e incolore, fu il padre,
almeno nominalmente, del celebre pittore romantico Eugène
Delacroix: molto probabilmente però il padre naturale del
bambino era proprio Talleyrand, divenuto nel frattempo amante di
Madame Delacroix, il quale sarà sempre vicino ad
Eugéne e lo aiuterà nella sua carriera artistica; il
pittore a sua volta crescendo diventerà sempre più
somigliante al padre sia nell'aspetto che nel carattere. Il "Diavolo
zoppo" (così comincia ad essere chiamato), soffia dunque al
povero Delacroix non solo il posto, ma anche la moglie.
Da questo momento si serve della sua carica anche per arricchirsi
personalmente, tramite "contributi" versatigli dai negoziatori dei
Paesi esteri presso cui si reca in missione: tale abitudine
creerà un grave incidente diplomatico con gli Stati Uniti, in
occasione del famoso "Affare X, Y, Z". Il presidente John Adams,
venuto a sapere delle richieste di denaro e scuse esorbitanti
avanzate dalla Francia e dallo stesso Talleyrand come contropartita
per la conclusione di un trattato commerciale, ordinò, su
delibera del Congresso, la mobilitazione dell'esercito e diede avvio
alla cosiddetta "Quasi guerra", una sorta di Guerra fredda
commerciale tra i due Paesi che terminerà solo con il
Trattato di Mortefontaine stipulato da Napoleone dopo la presa del
potere.
Talleyrand a questo punto capisce di aver raggiunto il limite, ma sa
immediatamente come rimediare: propose subito agli Stati Uniti di
trattare e Adams accettò: la guerra era sventata, anche se la
minaccia non era allontanata del tutto. Anche questa volta il
"diavolo zoppo", pur essendo implicato nella faccenda, trova dunque
il modo di cavarsi d'impiccio: da tempo inoltre ha iniziato una
proficua corrispondenza con un outsider nel gioco politico del
tempo, un giovane generale di nome Bonaparte, che incontra
personalmente all'inizio del 1797 allorché questi torna
coperto di gloria dalla prima campagna d'Italia. Organizza allora
una festa in suo onore presso l'Hotel Galiffet, sede del Ministero
degli Esteri, con un fasto mai visto prima. Si rivela qui
un'ulteriore talento di Talleyrand, che gli fu sempre utile nel
corso di tutta la sua carriera: la sua estrema abilità e
raffinatezza di uomo mondano, vivace e brillante conversatore, gran
seduttore, il suo fascino salottiero costituivano la forza segreta
del "camaleonte" che gli permise di guadagnarsi molti amici e
altrettanti importanti appoggi utilissimi, come si è visto,
nei momenti più critici della sua vita, compreso questo. Ha
capito al volo infatti che l'incapacità del Direttorio
potrà portare alla rottura definitiva con gli Stati Uniti, e
solo un cambio di potere ai vertici potrà mutare la
situazione: se lui darà il suo appoggio all'operazione
potrà conservare la sua carica e rimanere nelle stanze del
potere.
Da tempo infatti il regime, divorato dalla corruzione e
dall'incapacità dei suoi membri (Barras su tutti) è
giunto alla fine e occorre trovare al più presto
un'alternativa adeguata per continuare a garantirsi un futuro
politico.
È sicuro, dopo un periodo di studio, che l'alternativa giusta
sia rappresentata proprio dal brillante generale Bonaparte, nel
quale Talleyrand riconosce le doti di ambizione e scaltrezza che
tanto apprezza in sé stesso e negli altri. In qualità
di ministro degli Esteri dà il suo appoggio al progetto di
conquista dell'Egitto, sotto il comando del giovane Bonaparte, ma
alla disfatta navale del Nilo si trova al centro di pesanti critiche
e sospetti di connivenza con l'odiata Inghilterra (sospetti
infondati e montati ad arte dai suoi nemici invidiosi del suo
successo). Il 20 luglio 1799 lascia l'incarico ministeriale a
seguito di uno scandalo orchestrato dai suoi rivali (Barras in
testa), dopo che era stato nel mirino di stampa ed avversari per i
rapporti intrattenuti con una bellissima indiana (nata nelle Indie
danesi ma d'origine bretone), Catherine Noël Worlée
detta Madame Grand per aver sposato un francese con tale nome, che
è stata arrestata per sospetto spionaggio a favore
dell'Inghilterra e per la liberazione della quale Talleyrand
s'è piuttosto sbilanciato.
Pur fuori da cariche governative, mantiene comunque la sua influenza
politica e riesce a far nominare ministro di polizia il sinistro
Fouché, poi a far entrare nel direttorio l'abate
Sieyès, al momento ambasciatore a Berlino, in previsione di
un colpo di stato nel quale un posto predominante spetta proprio a
Napoleone Bonaparte e del quale Talleyrand, naturalmente, si fa
promotore. Il suo appoggio nelle giornate precedenti il 18 Brumaio
sarà fondamentale, così come il "non-intervento" del
Ministro della Polizia Joseph Fouché, appena entrato nel
governo e con il quale Talleyrand comincia da questo momento a fare
"coppia fissa" nell'agone politico.
L'Impero
Dopo il colpo di Stato del 18 brumaio e dopo avere recuperato, per
inciso, tre milioni di franchi destinati a "facilitare" le
dimissioni di Barras, Talleyrand ritrova il suo posto di ministro:
Napoleone è affascinato dal nome del casato dei Talleyrand ed
ha molta stima delle qualità diplomatiche del suo nuovo
ministro, anche se ne detesta la licenziosità di costumi (Gli
impone infatti di lasciare la bella indiana, madame Grand, o di
sposarla: cosa che Talleyrand farà prontamente) (1801). Dalla
Worlee Talleyrand ha già avuto nel 1799 una figlia,
inizialmente dichiarata di padre ignoto e che Talleyrand
adotterà nel 1803, sposandola poi, nel 1815, al barone
Alexandre-Daniel de Talleyrand suo cugino. Il matrimonio viene
celebrato solo con rito civile in quanto il papa Pio VII concede
sì la riduzione dell'ex vescovo allo stato laicale, ma non il
permesso di contrarre matrimonio. Napoleone accetta quindi di averlo
non solo come ministro ma anche come consigliere.
Nella sua posizione di ministro degli affari esteri Talleyrand
inizia a tessere una rete di relazioni che gli verranno molto utili
in futuro. Partecipa attivamente alla formulazione dei trattati
internazionali che seguono i numerosi conflitti scatenati dal Primo
Console (poi Imperatore) ma non è un compito facile:
Bonaparte non lascia infatti molto spazio ad altri nella gestione
degli affari esteri. I trattati di Mortefontaine (che chiuse il
contenzioso con gli Stati Uniti) e di Lunéville sono conclusi
praticamente senza l'intervento di Talleyrand, ma da Napoleone suo
fratello Giuseppe, senza però che il ministro si faccia
problemi: sa tenersi da parte quando è il caso e comunque
approva la pace generale: sa che la Francia ne ha bisogno e ne ha
bisogno soprattutto l'economia, nella quale lui stesso ha personali
interessi (non ha perso infatti la sua passione per gli affari che
conduce con grande abilità e che lo arricchiscono
notevolmente). Inoltre si tratta di trattative senza grande
importanza che non lo interessano e che lascia volentieri alla
volontà accentratrice del Primo Console, anche se svolge un
ruolo importante quando viene inviato in missione a Milano, dove con
la sua consumata abilità convince gli italiani a eleggere
Bonaparte Presidente della Repubblica Cisalpina. Napoleone dunque sa
di aver bisogno del principe di Perigord, per la sua maestria
diplomatica e soprattutto nel momento in cui decide un
riavvicinamento alla nobiltà francese in vista della sua
nomina ad Imperatore. Il trattato di Amiens (del 25 marzo 1802, ben
più consistente dei precedenti sul piano internazionale), che
sanciva la pace con l'Inghilterra e fu il più importante
successo di politica estera del Consolato, viene invece concluso con
il fondamentale contributo di Talleyrand, forte anche dei suoi buoni
rapporti con la diplomazia d'Oltremanica. L'annessione del Piemonte
alla Francia (11 settembre 1802) è invece un'operazione cui
Talleyrand si dimostra subito ostile. Questo provvedimento infatti
contrasta con i suggerimenti di Talleyrand che propendeva per una
restituzione dei territori conquistati nelle campagne di guerra in
Europa, secondo un principio che ispirerà (promosso anche
dallo stesso Talleyrand) il Congresso di Vienna del 1814.
Sempre su pressione del Bonaparte, ma pure con il suo aiuto
finanziario, Talleyrand acquista nel 1801 il castello di
Valençay: si tratta, con i suoi 120 km², di una delle
più grandi dimore private dell'epoca. Talleyrand vi soggiorna
regolarmente, in specie dopo i periodi di cure termali a
Bourbon-l'Archambault. Nel castello saranno ospitati gli Infanti di
Nel marzo 1804 avviene un fatto clamoroso la cui
responsabilità viene attribuita da molti al Talleyrand, se
non altro come colui che lo ideò e lo consigliò a
Napoleone: il rapimento e l'esecuzione del duca d'Enghien, (21 marzo
1804)[16] Pare che sia proprio dopo l'eco d'indignazione sollevata
in Europa da questo evento (Il duca di Enghien fu prelevato per
ordine di Napoleone da un reparto di cavalleggeri appartenenti alla
Guardia imperiale comandati dal generale Ordener nel paese di
Ettenheim, nel Baden, violando apertamente la sovranità di
uno stato estero) che Talleyrand abbia pronunciato la famosa frase
(in realtà attribuita al collega Fouché):
«È stato peggio di un crimine, è stato un
errore». Nelle sue memorie Napoleone comunque
attribuirà solo a sé stesso la responsabilità
dell'«errore».
Ormai divenuto gran ciambellano Talleyrand riceve a Fontainebleau
papa Pio VII (dal quale ha nel frattempo ottenuto la definitiva
riduzione allo stato laicale), venuto a Parigi per incoronare
Napoleone imperatore dei francesi ed assiste il 2 dicembre 1804 alla
sua consacrazione, da lui stesso promossa come garanzia della
stabilità del nuovo regime. Assisterà poco dopo anche
all'incoronazione del Bonaparte a re d'Italia in Milano (18 maggio
1805), pur essendovi contrario. Nel frattempo la politica di
pacificazione europea perseguita da Talleyrand e dallo stesso
Napoleone è naufragata: disattendendo i consigli del suo
ministro infatti, il neo-imperatore ha chiaramente manifestato una
volontà di egemonia europea che gli ha nuovamente messo
contro le altre potenze del continente, Gran Bretagna in testa le
quali si uniscono nella Terza coalizione, rompendo tutti i
precedenti Trattati di pace. Dopo la vittoria di Ulm, Talleyrand
invia da Strasburgo un dispaccio all'Imperatore in cui gli
suggerisce di usare il successo appena conseguito per spingere
l'Austria a costituire una Lega delle Potenze europee (Austria,
Francia, Russia, Regno Unito e Prussia), allo scopo di garantire la
pace del Continente. Non verrà ascoltato.
Nel 1805 è comunque Talleyrand a firmare con molte riserve,
dopo la brillante campagna d'Austria e la sfolgorante vittoria di
Austerlitz (e dopo la disfatta navale di Trafalgar), il trattato di
Presburgo, che pone fine alla guerra in maniera ancora favorevole
alla Francia. In ogni caso il ministro non segue alla lettera le
indicazioni di Napoleone e apporta alcune modifiche meno punitive al
Trattato, in particolare accordando uno "sconto" del 10% sulle
riparazioni di guerra imposte dal vincitore: per questo Bonaparte lo
accusa, infondatamente, di essere stato corrotto dagli Austriaci. In
realtà egli ha cercato solo di mitigare, dove poteva, le
clausole della pace, poiché riteneva che l'Austria fosse un
elemento fondamentale dell'equilibrio e della stessa civiltà
europea e dunque la Francia dovesse ricercarne la collaborazione e
non la distruzione. Talleyrand intuisce a questo punto con il suo
sesto senso che la via imboccata da Napoleone è senza uscita
e rovinosa. Il genio militare di Bonaparte non sarà infatti
sufficiente in eterno per tenere a bada le potenze europee
coalizzate e il ministro comincia a perorare sempre di più
presso l'Imperatore la causa della pace della moderazione: sostiene
(e i fatti gli daranno ragione), che è necessario attuare una
politica che garantisca l'equilibrio tra potenze in Europa, che le
Nazioni più forti non prevarichino quelle più deboli e
collaborino tra loro in un assetto nel quale i governi sono tali
perché legittimamente costituiti e riconosciuti dalle
diplomazie e dai popoli (gli stessi concetti che riproporrà,
questa volta con successo, al Congresso di Vienna). È fin
troppo evidente la critica allo strapotere francese e ai
mercanteggiamenti di troni sui quali Napoleone pone invariabilmente
suoi parenti senza alcuna legittimazione storica: la costruzione
è interamente legata alla sua persona e per questo troppo
fragile: Talleyrand lo sa e lo fa presente all'Imperatore.
Quest'ultimo però, ormai accecato dall'ambizione, non se ne
da per inteso e comincia a sospettare del suo ministro pur
continuando a servirsi di lui. Il 12 luglio 1806 firma il Trattato
che da vita alla Confederazione del Reno, che lui ritiene,
giustamente, solo uno strumento di dominio di Napoleone e non una
garanzia della pace. Costretto a seguire l'Imperatore da una
capitale all'altra durante le continue campagne militari, il
principe di Perigord, che alla vita movimentata di questi viaggi
preferisce di gran lunga i comodi conversari dei salotti parigini,
si disamora sempre più del Bonaparte per il quale anni prima
aveva avuto una quasi venerazione. Comincia infatti a intuire che
l'ambizione di Napoleone è eccessiva e può portare la
Francia alla rovina: Talleyrand teme per sé stesso e per la
Francia; l'imperatore comincia a intuire sempre di più la
disaffezione del suo ministro ma conoscendo la sua abilità e
intelligenza diplomatica non intende privarsi della sua preziosa
collaborazione. È in questo periodo che Talleyrand comincia a
tessere una diplomazia parallela e segreta con lo Zar di Russia,
Alessandro I e con l'Austria, allo scopo di accreditarsi come
alternativa a Napoleone e assicurare a sé stesso e alla
Francia un futuro dopo la sua caduta.
Nel 1806 Talleyrand è nominato principe regnante di
Benevento, piccolo Stato fondato nella città sottratta allo
Stato della Chiesa, come riconoscimento per i suoi servigi. Non si
recherà mai in visita nel suo piccolo regno, delegando un
ottimo governatore per il disbrigo delle incombenze di un capo di
stato, ma ci si affeziona ugualmente, evita di approfittarne per
arricchirsi ancor di più a spese anche dei beneventani e
quello sarà per il piccolo regno un periodo di ottimo governo
(durato però solo otto anni).
Nel luglio del 1807 Napoleone e Alessandro I di Russia, auspice
Talleyrand, si abbracciano e stipulano la pace fra i rispettivi
Paesi a Tilsit: il ministro non è soddisfatto appieno
dell'accordo, che Napoleone come al solito ha imposto, soprattutto
per il trattamento punitivo e umiliante riservato alla Prussia:
ancora una volta il principe prevede, e a ragione, che tale
umiliazione non farà che rinfocolare il nazionalismo
militarista prussiano e con esso tutto il nazionalismo tedesco;
Napoleone però è il trionfatore e può imporre
le condizioni che vuole, almeno per il momento.
Nello stesso anno viene stipulato il Trattato di Fontainebleau tra
Francia e Spagna che prevede la possibilità per le truppe
francesi di attraversare il territorio spagnolo e portarsi in
Portogallo per sottometterlo (non aveva applicato il Blocco
Continentale) e cacciare gli inglesi di Wellington che vi erano
sbarcati. Talleyrand fa ancora una volta mostra di approvare il
progetto, ma intanto continua a mantenere la sua corrispondenza con
lo Zar, suo amico, tramite il diplomatico tedesco duca di Dalberg
(anche lui suo amico), informandolo dei movimenti di Napoleone.
Nello stesso anno infine, intuita con largo anticipo l'ormai
prossima fine del potere napoleonico, Talleyrand si dimette dalla
carica di Ministro dell'Imperatore, disapprovando sempre più
la sua politica egemonica e per offrire una garanzia ai suoi alleati
segreti: riesce comunque a piazzare al suo posto un fedelissimo,
Champagny duca di Cadore.
Nel frattempo la Spagna versa in una grave crisi di potere,
determinata da una feroce contrapposizione tra i membri della
famiglia reale che fanno capo al Primo Ministro Manuel Godoy e alla
sua amante, la Regina Maria Luisa e quelli fedeli al Re Carlo IV.
Napoleone, sentito il parere di Talleyrand (che non si nega,
nonostante le dimissioni, alle richieste di consigli di Bonaparte),
decide di offrire la sua "mediazione" al conflitto. Tale
"mediazione", si trasforma però ben presto in un'invasione
che sarà l'inizio della fine per Napoleone. Nonostante la sua
disapprovazione comunque, Talleyrand, meastro del doppiogioco,
continua mantenere rapporti formalmente cortesi con Bonaparte e
accetta di "ospitare" il Principe delle Asturie Ferdinando e suo
fratello Don Carlos nel suo Castello di Valençay, durante
l'esilio in Francia.
Il castello di Valençay, proprietà di Talleyrand,
ospitò i principi spagnoli nel loro esilio.
Si situa poi nel 1809 la prima grande rottura fra i due: in
quell'anno Napoleone è impegnato in Spagna a reprimere
l'insurrezione indipendentista che da due anni infiamma il Paese.
Talleyrand capisce subito che questo è un momento di
debolezza dell'Imperatore e informa l'Austria di Klemens von
Metternich, con il quale pure è in contatto, di attaccare
subito se vuole sconfiggere Bonaparte una volta per tutte; il
carteggio però viene scoperto, probabilmente dalle spie di
Fouché, e Napoleone ne è informato.
Furibondo per il tradimento si precipita a Parigi dove convoca
immediatamente l'ex-ministro facendogli una terribile sfuriata,
conclusa con il celebre epiteto: "Merda in una calza di seta!".
Talleyrand non si scompone (sa che non durerà ancora a lungo,
si tratta solo di aspettare ancora un po') e mormora ai suoi vicini,
con grande aplomb: "Che grand'uomo, peccato che sia così
maleducato!". Piombato poi sugli austriaci, Napoleone li sconfigge
nella sua ultima grande vittoria, a Wagram, nel luglio del 1809. In
quello stesso anno Talleyrand perde anche la madre, Alexandrine de
Damas.
La fine dell'Impero
Da questo momento i rapporti fra l'imperatore ed il principe di
Perigord diventano sempre più tesi e Napoleone non si lascia
sfuggire occasione per rendere difficile la vita al suo ex ministro,
come quando impone con la forza l'allontanamento da Parigi della
moglie di Talleyrand, Catherine Noele Grand (1762-1834), a causa
della sua condotta licenziosa (è pubblicamente l'amante del
duca di San Carlos). Nello stesso tempo però l'imperatore
avverte la mancanza di un consigliere e ministro della
capacità ed acume di un Talleyrand, soprattutto se paragonato
alla mediocrità di coloro che al momento lo circondano, tanto
da proporgli un paio di volte di riprendere il suo incarico
ministeriale, ma l'ex vescovo si nega e prende sempre di più
e pubblicamente, nel modo vellutato e salottiero che gli è
tipico, le distanze da quell'uomo che, secondo lui ed a ragione,
rovinerà molto presto. Tuttavia Talleyrand non ha perso
l'ammirazione nei confronti di Bonaparte, pur disapprovandone
l'espansionismo: sa bene che, se Napoleone gli deve molto, lui
stesso deve molto a Napoleone: l'uno non potrebbe esistere senza
l'altro, e senza l'Imperatore la sua stessa carriera sarebbe stata
compromessa; forse è per questo che Talleyrand, nonostante la
sua crescente disapprovazione, si rifiuterà sempre di
infierire su Napoleone, sempre consapevole della sua grandezza e del
debito che lui stesso ha nei suoi confronti. D'altra parte nei
salotti parigini, in quel tempo, monta sempre più un clima
anti-napoleonico e Talleyrand in quel mondo ci sguazza: conversatore
affascinante, la battuta dissacrante ed il paradosso sono le sue
armi dialettiche migliori e per questo la sua presenza era ed
è ambita in tutti i salotti che nello stesso tempo fanno
cassa di risonanza a quanto il principe di Périgord si
lascia, volutamente, sfuggire dalle labbra. Nonostante questo
Talleyrand continua a mantenere la sua collaborazione con Bonaparte:
sarà lui infatti a organizzare insieme a Fouché e con
l'aiuto del ministro austriaco Klemens von Metternich, il matrimonio
con l'arciduchessa Maria Luisa d'Asburgo-Lorena anziché con
la granduchessa di Russia Anna Romanov, come in un primo tempo
pensava Napoleone. Non ascolta invece il consiglio di trattare, che
Talleyrand, richiestone, gli dà dopo la sconfitta della
Beresina e si rivelerà un errore. Poi arriva la disfatta di
Lipsia (16-18 ottobre 1813) ed il successivo breve e precario
armistizio.
Nel novembre del medesimo anno Napoleone gli offre ancora un volta
il ministero degli affari esteri, ma il lungimirante principe di
Pèrigord declina ancora l'offerta. Non può rifiutarsi
però di accettare di divenire membro del Consiglio di
Reggenza, presieduto dal fratello dell'imperatore Giuseppe
Bonaparte, che deve sostituire lo stesso Napoleone durante la sua
assenza dovuta alla necessità di respingere l'invasione della
Francia da parte delle truppe della sesta coalizione.
All'inizio del 1814 gli eventi precipitano: le truppe del
maresciallo Blücher attraversano il Reno in tre punti, l'Olanda
ed il Belgio si ribellano, appoggiate dalle truppe di von Bülow
e dell'inglese Graham, il cognato Gioacchino Murat, auspice la
moglie, e sorella dell'imperatore, Carolina, gli negano il
contingente promesso, da sud, sotto i Pirenei, avanzano gli uomini
di Wellington. Le truppe della sesta coalizione antinapoleonica sono
ormai sul territorio francese, l'Imperatore lascia Parigi per
combatterle affidando al fratello Giuseppe (cacciato l'anno prima
dal trono di Spagna) la reggenza dell'Impero con delega piena a
trattare. Talleyrand si adopra per informare lo zar Alessandro I ed
il principe di Metternich (da lui conosciuto quando era ministro
degli esteri e il cancelliere era appena stato nominato ambasciatore
d'Austria a Parigi nell'agosto 1806) sul modo migliore di prendere
Parigi senza eccessivo spargimento di sangue (e per preparare il
ritorno dei Borbone nella persona del fratello del re
ghigliottinato, Luigi, conte di Provenza, che regnerà con il
nome di Luigi XVIII).
Per tutto febbraio e marzo Napoleone combatte come un leone contro
il soverchiante nemico: il 10 febbraio sconfigge Blücher a
Champaubert, l'11 Sacken a Montmirail ed a Vauchamps, il 17 mette in
rotta, dopo un'aspra battaglia, il principe Eugenio di
Württenberg a Montereau, il 7 marzo sconfigge di nuovo il
Blücher a Craonne, il 14, cogliendo di sorpresa i russi di Le
Priest e costringendoli alla fuga riconquista Reims. In questo
frenetico tour de force emerge ancora, se mai fosse necessario, la
differenza fra l'ordinaria abilità dei comandanti degli
eserciti alleati ed il genio di Napoleone. Ma si tratta degli ultimi
guizzi di fiamma di un falò destinato ormai a spegnersi. Il
31 marzo lo zar Alessandro I, primo degli alleati, entra alla testa
delle sue truppe in Parigi ove alloggerà proprio nella casa
di Talleyrand in Rue Saint-Florentin in qualità di ospite.
L'indomani viene affisso sui muri di Parigi il famoso proclama di
Parigi a firma dello zar. La farina però appartiene al sacco
del principe di Périgord. Il 6 aprile 1814 Napoleone,
sconvolto dal tradimento del suo generale Auguste Marmont, del quale
ha appreso che si è arreso senza combattere alle porte di
Parigi, firma a Fontainebleau l'atto d'incondizionata abdicazione.
L'Impero è finito.
La Restaurazione monarchica ed il Congresso di Vienna
All'indomani dell'ingresso in trento di Alessandro I Talleyrand
è eletto dal senato presidente del Consiglio provvisorio,
costituito da cinque membri. Nei giorni che seguono il Senato
dichiara decaduto l'Imperatore. Il 5 di aprile Talleyrand presenta
al Senato il progetto di Costituzione che viene approvato
all'unanimità con qualche modesta variazione. Il giorno prima
il generale Marmont s'era arreso con le sue truppe agli Alleati
dichiarando di non esser più disposto a combattere per
Napoleone. Questi firma il 12 l'accettazione delle condizioni per la
sua capitolazione: è l'esilio all'isola d'Elba. Il capo del
governo provvisorio riesce a convincere il Senato ad accettare Carlo
di Borbone, conte d'Artois, fratello di Luigi XVIII (e futuro re,
alla morte di questi, con il nome di Carlo X), quale luogotenente
generale sovrano. In tale veste sostituisce il governo Talleyrand
(grazie al quale il Senato ha conferito il potere a Carlo di Borbone
di formare e presiedere un nuovo governo) e dà corso alle
trattative di pace con gli alleati che iniziano già lo
sgombero delle loro truppe dal territorio francese. A fine mese si
installa sul trono Luigi XVIII, che nomina Talleyrand, ministro
degli affari esteri (13 maggio 1814) non senza nascondere una certa
diffidenza per l'ex vescovo,[19] del quale comunque ha un gran
bisogno vista l'assoluta mancanza di personaggi dotati di una
discreta caratura fra i politici del momento, affidandogli
l'incarico specifico di negoziare con le potenze vincitrici le
condizioni per la pace. Alla fine del mese si giunge ad un primo
trattato di pace, il trattato di Parigi che pone anche le premesse
del Congresso di Vienna. Con questo trattato la Francia
restituirà immediatamente i territori conquistati ed annessi
senza un accordo, ancorché estorto, con i legittimi sovrani,
dopo il 1792: un apposito Congresso stabilirà la parte
residua. Tutto ciò è un grande successo della
regìa di Talleyrand, che riesce ad ottenere il mantenimento
del territorio francese intatto (30 maggio 1814). Senza la sua
opera, la Francia avrebbe seriamente rischiato di finire come la
Germania dopo la seconda guerra mondiale, smembrata in più
pezzi.
Il 16 settembre 1814 prende avvio il congresso di Vienna e Luigi
XVIII pone a capo della delegazione francese il principe di
Périgord e sarà proprio lui a firmarne l'atto finale
il 9 giugno 1815. Il principio che Talleyrand riesce a far accettare
è quello della legittimità della sovranità:
ogni nazione deve essere costituita in Stato, sia esso monarchico o
repubblicano, legittimamente per naturale evoluzione, per tradizione
storica e non per una imposizione di forza dall'esterno. Tutto
ciò che è stato frutto di atti di forza, e cioè
le conquiste e la costituzione artificiosa di Stati da parte di
Napoleone a seguito delle sue campagne militari, deve ritornare come
prima, con la sola eccezione dei casi in cui questo
«ritorno» risultasse più dannoso per i popoli
interessati di quanto lo sia la situazione attuale. Talleyrand
riesce così, giocando anche sulle divisioni della altre
grandi potenze europee, non soltanto a limitare le sanzioni a danno
della Francia (che altrimenti sarebbero ampiamente giustificate dai
pesanti danni subiti dalle potenze vincitrici a causa della
arroganza e furia distruttiva del Bonaparte), ma ad influenzare pure
le altre decisioni che riguardavano l'equilibrio dell'Europa in
generale. Il ringraziamento per tutto ciò sarà
l'obbligo delle dimissioni da primo ministro (che tale
diventerà dopo il ritorno del re dalla poco dignitosa fuga al
termine dei cento giorni di Napoleone) che Luigi XVIII, spinto da
aristocratici ultraconservatori memori del suo passato di
rivoluzionario, costringe Talleyrand a dare le dimissioni con il
contentino della conferma nella carica di gran ciambellano di
Francia il 24 settembre 1815.
Prima però c'è appunto l'ultimo colpo di coda del
Bonaparte: la fuga dall'Isola d'Elba il 26 febbraio 1815 ed il suo
reinsediamento a Parigi. Luigi XVIII, appena venuto a conoscenza
dello sbarco di Napoleone in Provenza, se la batte. Napoleone,
giunto a Parigi sugli scudi, confisca subito i beni del principe di
Pèrigord e poi gli scrive a Vienna per offrirgli l'incarico
di ministro degli esteri, incarico che Talleyrand non esita a
rifiutare: egli sa benissimo che quello di Napoleone sarà un
breve fuoco di paglia e quindi si dà un gran daffare presso
le potenze del Congresso per dissociare in qualche modo le
responsabilità della nazione che rappresenta dalle future
imprese del redivivo Corso (senza gran fatica si direbbe, se, come
pare, la fuga dall'Isola d'Elba è stata organizzata ad
insaputa di Napoleone da Metternich, Castlereagh, il rappresentante
inglese a Vienna, e Talleyrand, per mettere fine allo stallo delle
trattative di Vienna, sotto l'incombenza del pericolo di un ritorno
vittorioso del Bonaparte). Ironia della sorte: il suo successore
è il duca di Richelieu (la stessa casata del ben più
famoso cardinale di Richelieu). Inizia così nuovamente per il
principe di Périgord un lungo periodo di riposo forzato. La
carica di Gran Ciambellano gli consente di parlare alla Camera dei
Pari ove non perde occasione di scagliare la sua oratoria sarcastica
contro il nuovo governo. E proprio da quel pulpito si scagliò
nel 1821 contro il tentativo del governo di limitare la
libertà di stampa, un suo vecchio cavallo di battaglia.
La monarchia di Luglio
Nel 1830 Luigi Filippo diviene re dopo la Rivoluzione di Luglio che
caccia Carlo X. Il nuovo sovrano, dietro la cui ascesa si intravede
ancora la mano del "Diavolo zoppo", nomina Talleyrand ambasciatore a
Londra con lo scopo di rassicurare gli altri Paesi europei, sotto la
dipendenza nominale del ministro degli esteri Molé al quale
naturalmente il principe di Benevento si guarda bene dall'obbedire.
Come diplomatico contribuisce in modo determinante all'indipendenza
del Belgio, che il Congresso di Vienna, contro il suo parere, aveva
annesso all'Olanda: reagendo alla sollevazione in armi dei belgi,
riesce a far indire una Conferenza a Londra fra le grandi potenze
che sancisce l'indipendenza del Belgio. La riottosa Olanda tenta
l'occupazione armata del nuovo stato ma Talleyrand riesce a far
votare all'assemblea francese la decisione di intervenire
militarmente e l'Olanda si ritira. Potrà così
permettersi anche di far salire al trono belga il suo candidato, il
principe Leopoldo di Sassonia-Coburgo. L'ultimo risultato prima del
suo ritiro è la quadruplice alleanza fra Inghilterra,
Francia, Spagna e Portogallo.
Nell'agosto 1834 Talleyrand lascia la vita pubblica e si ritira nel
castello di Valençay, che abbandona soltanto nel 1837, quando
si rende conto che i suoi giorni sono contati.
L'avvicinarsi della morte pone Talleyrand in un grande imbarazzo. Se
rifiuta i sacramenti getta un'ombra sulle consacrazioni a vescovo
costituzionale da lui fatte, dall'altro mal si vede a condurre una
vita da penitente per gli ultimi giorni. Solamente quando sente che
gli resta poco da vivere acconsente a ricevere il giovane
Félix Dupanloup e a firmare la dichiarazione di ritrattazione
che gli viene richiesta, della quale ha soppesato tutti i termini,
ed a ricevere l'estrema unzione ed il viatico. Quando il sacerdote –
conformemente al rito – deve ungergli le mani con il sacro crisma,
gli dice «non dimentichi che sono un vescovo»,[20]
riconoscendo così in extremis la sua qualità
episcopale e quindi le consacrazioni da lui fatte. Poco prima di
morire riceve l'omaggio di una gran parte del mondo parigino,
incluso il re.
Alla sua morte lo scrittore Renan disse che Talleyrand, uomo per
tutte le stagioni, era riuscito a ingannare la terra e il cielo.
Le esequie ufficiali furono celebrate con rito religioso il 22
maggio. Pochi mesi dopo il suo corpo fu traslato in una cappella
vicina al castello di Valençay.