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Plutarco in greco antico Πλούταρχος, (Cheronea, 46 – Delfi,
120) scrittore e filosofo greco antico, vissuto sotto l'Impero
Romano, di cui ebbe anche la cittadinanza e ricoprì incarichi
amministrativi.
Studiò ad Atene e fu fortemente influenzato dalla filosofia
di Platone. La sua opera più famosa sono le Vite parallele,
biografie dei più famosi personaggi dell'antichità.
Durante l'ultima parte della sua vita fu sacerdote al Santuario di
Delfi.
Biografia
La maggior parte delle notizie riguardo alla vita di Plutarco, ad
eccezione di qualche informazione tratta dal lessico Suda, deriva da
riferimenti autobiografici presenti nelle opere dell'autore.
Origini familiari
Plutarco nacque attorno al 46 d.C. a Cheronea in Beozia, si suppone
da una famiglia ricca.
Il padre secondo alcuni è identificabile con uno degli
interlocutori del De sollertia animalium, un certo Autobulo, secondo
altri con un tale Nicarco; tuttavia il filologo Wilamowitz, e con
lui la maggior parte degli studiosi, ritengono che ogni ipotesi sia
completamente indimostrabile. Si suppone comunque che non avesse un
buon rapporto con il figlio, il quale però più volte
ne cita i consigli, e che non fosse molto colto.
Plutarco ricordava con stima invece il fratello, un certo Lampria, e
il bisnonno Nicarco.
Ad Atene
Nel 60 d.C si stabilì ad Atene dove conobbe e
frequentò il filosofo platonico Ammonio, di cui divenne il
più brillante discepolo. Studiò retorica, matematica e
la filosofia platonica.
Nel 66 d.C. conobbe Nerone, verso il quale fu sostanzialmene
benevolo, probabilmente poiché l'imperatore aveva esentato la
Grecia dai tributi. Nello stesso periodo, si pensa abbia acquisito
la cittadinanza ateniese e che sia entrato a far parte della
tribù Leontide.
Visitò poi Sparta, Tespie, Tanagra, Patrie e Delfi.
Tornato ad Atene, fu nominato arconte eponimo, sovrintendente
all'edilizia e ambasciatore presso Acaia. Istituì inoltre
nella sua casa una specie di Accademia impostata sul modello
ateniese.
A Roma
Plutarco visitò poi l'Asia, tenne conferenze a Sardi e ad
Efeso, fece frequenti viaggi in Italia e soggiornò anche a
Roma, presso la corte imperiale.
Eduard von Hartmann ritiene che visse a Roma tra il 72 e il 92.
Certo è che non imparò mai bene il latino e che
conobbe l'imperatore Vespasiano, come racconta nel De solertia
animalium.
Tenne a Roma molte lezioni ed ebbe il sostegno delle autorità
in quanto divenne presto un convinto sostenitore della politica
estera romana.
Durante questo soggiorno, gli venne concessa la cittadinanza romana
e assunse quindi il nomen di Mestrio, in onore del suo amico Mestrio
Floro. Successivamente, ebbe da Traiano la dignità consolare.
A Roma conobbe il filosofo e retore Favorino di Arelate.
Il ritorno in Grecia e la morte
Terminata l'esperienza romana, tornò a Cheronea, dove fu
arconte eponimo, sovrintendente all'edilizia pubblica e telearco.
Intorno al 90 d.C. fu eletto sacerdote nel santuario di Apollo a
Delfi e nel 117 d.C. l'imperatore Adriano gli conferì la
carica di procuratore.
Eusebio racconta che morì forse nel 119, ma molti oggi
indicano date che vanno oltre il 120-125.
Vita privata
Nel 70 sposò Timossena, una donna di Cheronea colta e di
buona famiglia, il cui nome è stato ricavato da una nota
occasionale di Plutarco stesso nella quale sostenne di aver chiamato
la figlia come la madre.
Da lei ebbe cinque figli, che sostenne di aver allevato
personalmente: Soclaro e Cherone (che morirono in tenera
età), Autobulo, Plutarco e Timossena, l'unica femmina (anche
lei morta giovanissima, a due anni: si legga la bellissima lettera
che Plutarco indirizzò alla moglie, per consolarla della
perdita, contenuta nei Moralia).
Si dice che Timossena fosse una donna forte e di grande
virtù, molto legata al marito (lo affiancò, per
esempio, nelle pratiche liturgiche che il suo ruolo di sacerdote del
tempio di Delfi gli imponeva). Pare che abbia scritto un breve
trattato sull'amore per il lusso, indirizzandolo all'amica
Aristilla.
Pensiero
Contro la superstizione
Nel trattato Sulla superstizione, Plutarco scrive che essa produce
un timore distruttivo perché consiste nel credere che Dio
esista, ma che sia ostile e dannoso. La superstizione è una
malattia piena di errori e di suggestioni, per evitare la quale non
bisogna però fare come coloro che, correndo alla cieca,
rischiano di cadere in un precipizio. È così infatti
che alcuni, per emanciparsi dalla superstizione, si volgono ad un
ateismo rigido e ostinato, varcando d'un balzo la vera
religiosità, che sta nel mezzo.
Contro il mangiar carne
Plutarco scrisse numerose pagine contro l'uso del mangiar carne e
contro le crudeltà sugli animali. Nel dialogo
Sull'intelligenza degli animali afferma che essi, essendo esseri
animati, sono dotati di sensibilità e di intelligenza come
gli umani. Nel trattato Del mangiar carne critica aspramente e con
un linguaggio crudo quella che considera l'efferatezza di chi
imbastisce banchetti con animali morti e fatti a pezzi[6] (a
quest'opera è ispirata la canzone Sarcofagia di Franco
Battiato, contenuta nell'album Ferro Battuto[7]).
Opere
Plutarco di Cheronea fu uno degli scrittori più prolifici di
tutta la Grecia antica.
Con l'avanzare del Medioevo cristiano e lo scisma d'Oriente che nel
1054 separò la chiesa greca da quella romana, l'opera di
Plutarco, che scriveva in greco di etica, fu quasi dimenticata
nell'occidente cristiano. I suoi scritti cominciarono a riaffiorare
nel XIV secolo, con la ripresa dei contatti tra intellettuali latini
e orientali e furono tradotti in latino o in volgare tra il
Quattrocento e l'inizio del Cinquecento, periodo di straordinaria
avidità e vivacità intellettuale che fu chiamato
umanesimo. Molte delle sue opere sono integre, di altre si hanno
solo alcuni frammenti, e di molte si conosce solo il titolo.
Le opere di Plutarco vengono, per convenzione secolare, divise in
due grandi blocchi:
Vite Parallele (Βίοι Παράλληλοι)
Moralia (Ἠθικά)
*
Vite parallele
Le Vite dei nobili Greci e Romani, di Plutarco, sono una serie di
biografie di uomini celebri, riunite in coppie per mostrare vizi o
virtù morali comuni ad entrambi. Le sopravvissute Vite
Parallele (in greco: Βίοι Παράλληλοι), come sono più
comunemente e propriamente note, consistono di ventitré
coppie di biografie, ognuna narrante le vita di un uomo greco e di
uno romano, insieme a quattro vite spaiate. È un lavoro di
notevole importanza e grande bellezza, non solo come fonte di
informazioni riguardo agli individui descritti, ma anche come
descrizione del periodo in cui vissero. Molti gli scrittori, da
Dante a Shakespeare, che ne hanno tratto ispirazione. Si può
dire che non esiste opera che faccia riferimento al mondo antico in
cui non vi sia qualche eco delle Vite.
Come spiega nel primo paragrafo della Vita di Alessandro, Plutarco
non era tanto interessato a fare della storia, quanto ad esplorare
l'influenza dei caratteri —in positivo o negativo— sulle vite e sui
destini di uomini celebri. La prima coppia di biografie (Epaminonda
- Scipione l'Africano) non esiste più, e molte altre vite
sono incomplete, contengono ovvie lacune o sono state rimaneggiate
successivamente.
La Vita di Alessandro è uno dei cinque testi superstiti che
narrano episodi non riportati da nessun'altra fonte della vita di
Alessandro Magno. Allo stesso modo, il ritratto di Numa Pompilio,
contiene informazioni uniche sul primo calendario romano.
Le biografie
Teseo e Romolo
Licurgo e Numa Pompilio
Solone e Publio Valerio Publicola
Temistocle e Marco Furio Camillo
Pericle e Quinto Fabio Massimo
Gneo Marcio Coriolano e Alcibiade
Lucio Emilio Paolo e Timoleonte
Pelopida e Marco Claudio Marcello
Aristide e Catone il Censore
Filopemene e Flaminino
Pirro e Gaio Mario
Lisandro e Silla
Cimone e Lucullo
Nicia e Crasso
Sertorio e Eumene
Agesilao e Pompeo
Alessandro e Giulio Cesare
Focione e Catone il Giovane
Agide e Cleomene e Tiberio e Caio Gracco
Demostene e Cicerone
Demetrio e Antonio (con Antonio è
presentata anche Cleopatra; molti capitoli sono incentrati sulla sua
figura)
Dione e Bruto
Artaserse e Arato e Galba e Otone
Morali
Moralia sono una serie di 78 trattati, alcuni pseudoepigrafi,
di Plutarco.
Il titolo della collezione si deve a Massimo Planude che
nell'ordinamento complessivo delle opere le designò
Ethikà ("Opere morali"), dato che i primi quindici scritti
trattano di argomenti etico-filosofici.
In realtà la collezione comprende opere di argomento
etereogeneo, trattando di retorica, politica, religione, scienza e
letteratura. Altri, inoltre, riguardano questioni come la psicologia
degli animali o la meteorologia e l’astronomia (Sul volto della
Luna); in altre sono presenti riflessioni su alcune celebri figure
della cultura greca: biasima Erodoto perché aveva presentato
i Beoti come gente sleale (Sulla malignità di Erodoto);
confronta Aristofane e Menandro, affermando di preferire
quest’ultimo al primo. Altri ancora sono di natura pedagogica. I
saggi di argomento religioso riguardano il culto delfico, gli
oracoli ed i misteri (Su Iside e Osiride) ed esprime le proprie idee
religiose, come la fede nella provvidenza (sulla tardiva punizione
divina). Per quanto riguarda la filosofia, si mostra ostile
all’epicureismo e polemizza contro gli stoici. Troviamo infine
trattati su argomenti occasionali, su questioni eziologiche ed una
consolazione per la morte della figlia.