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di Carlo Antoni
KULTURKAMPF (ted. "lotta per la civiltà").
È noto con questa denominazione il conflitto fra Stato e
Chiesa cattolica, determinatosi in Germania e specialmente in
Prussia nel 1871, all'indomani della fondazione dell'impero tedesco.
La sconfitta dell'Austria nel 1866 e quella dell'impero francese,
campione del potere temporale, nel '70, erano apparse altrettante
disfatte dell'idea cattolica. Proprio allora il concilio vaticano
aveva perfezionato l'ordinamento unitario e centralistico della
Chiesa con la proclamazione dell'infallibilità pontificia.
Più che mai quindi, nel clima politico creato in Germania
dalle recenti vittorie, il cattolicismo appariva un corpo estraneo,
dannoso alla nuova coscienza nazionale e statale; era considerato
come ultramontanismo, asservimento cioè alla Curia romana.
I più accesi fautori del Kulturkampf non furono però i
protestanti, che anzi deplorarono la lotta temendo per le sorti
della stessa Chiesa evangelica e della vita religiosa in genere, ma
i liberali, eredi, nella difesa delle prerogative dello Stato
sovrano, dei giuristi dell'assolutismo, e anticlericali per effetto
del concetto laico e positivistico della Kultur come somma di
nozioni scientifiche. La Chiesa, che poco prima aveva condannato nel
Sillabo le idee liberali, era per loro il simbolo della reazione e
dell'oscurantismo. Si spiega così la fortuna del nome di
"lotta per la civiltà" coniato da R. Virchow nel 1873 e
accettato, in senso ironico, anche dai cattolici.
Protagonista del Kulturkampf fu Bismarck, per quanto egli abbia
cercato più tardi di attenuare le proprie
responsabilità. Egli si proponeva di saldare all'interno quel
Reich che aveva creato, ma non condivideva il dottrinarismo
giuridico dei liberali e meno che mai i loro ideali politici.
Considerò semplici mosse tattiche molti dei provvedimenti che
costoro volevano definitivi. Già l'insincerità di
quest'alleanza e la poco chiara dimostrazione del programma segnano
in anticipo l'esito del conflitto. Bismarck s'illuse inoltre sulla
consistenza del cattolicismo tedesco, che giudicava stremata
perché il dogma dell'infallibilità aveva provocata una
scissione tra i cattolici tedeschi, originando il movimento dei
Vecchi Cattolici e aveva trovato avversari nello stesso episcopato,
mentre le simpatie di una parte dell'opinione pubblica erano per i
vecchi cattolici, rifiutanti di accettare la proclamazione del nuovo
dogma. Un conflitto con la S. Sede rispondeva inoltre ai piani di
politica estera di Bismarck, che mirava a legare a sé
l'Italia e a isolare la Francia, dove, dopo la comune, si
preannunciava una ripresa cattolica.
Quando nel marzo del 1871 si riunì il primo Reichstag e i
cattolici vi costituirono la frazione del Centro, Bismarck credette
d'interpretare questa mossa come una sfida. Egli sentiva riaffiorare
nel Centro, sotto la bandiera della Chiesa, le tendenze che avevano
osteggiato la formazione del Reich, tanto più che intorno a
quel gruppo si stringevano i particolaristi bavaresi, i Renani
avversi al prussianismo, o addirittura elementi estranei all'idea
nazionale, i Polacchi, i Guelfi, gli Alsaziani. Alla testa del
gruppo erano alcuni suoi antichi nemici, Carlo Savigny, Mallinckrodt
e soprattutto Ludovico Windthorst, già ministro di quel
Hannover che la Prussia aveva assorbito nel 1866.
Bismarck aveva già fatto respingere dal Reichstag, durante la
discussione sull'indirizzo di risposta all'imperatore, la proposta
del Centro di togliere il passo in cui s' invitava il governo a non
favorire il ristabilimento del potere temporale. Ma
l'ostilità tra Centro e governo si manifestò
nettamente quando fu respinta la richiesta dei cattolici che
s'inserisse nella costituzione del Reich l'articolo dello statuto
prussiano che garantiva la libertà delle Chiese. Frattanto la
questione dei vecchi cattolici si faceva sempre più acuta.
Bismarck pensò di profittare di queste correnti antiromane
per far pressione sulla Curia e indurla a sconfessare il Centro, ma,
fallito il tentativo, si lanciò nella lotta. Il primo colpo
fu, l'8 luglio, la soppressione della sezione cattolica del
ministero prussiano del culto.
Bismarck aveva sperato di aver con sé i conservatori.
Mancatogli quest'appoggio si rivolse ai liberali. La lotta ebbe
allora carattere decisamente anticlericale: su proposta di
Bennigsen, capo dei liberali-nazionali, fu inserito nel codice
penale del Reich un paragrafo contro "l'abuso del pulpito", contro
cioè le proteste del clero. Iniziata l'offensiva, Bismarck
preferì lasciare l'iniziativa degli attacchi ai liberali e la
responsabilità al ministro prussiano del culto, Adalberto
Falk. Il primo provvedimento legislativo promosso dal Falk fu una
legge del marzo 1872, che attribuiva allo stato la vigilanza su
tutto l'insegnamento, anche religioso. Contemporaneamente il
ministro prendeva posizione contro i vescovi nella questione dei
vecchi cattolici. La prepositura militare, che aveva escluso questi
dal servizio religioso nell'esercito, era soppressa.
Avveniva frattanto la rottura con Roma. Il cardinale Hohenlohe,
scelto da Bismarck come ambasciatore tedesco presso il Vaticano, non
ottenne il gradimento della Curia. Bismarck dichiarò allora
di "non volere andare a Canossa" e soppresse l'ambasciata. Nel
luglio del 1872 il Reichstag decretava l'espulsione dei gesuiti e
poco dopo di alcuni ordini affini. I cattolici fondarono allora un'
"Associazione dei cattolici tedeschi" (Mainzer Verein) che
portò l'agitazione tra il popolo. Pio IX stigmatizzò
con asprezza coloro che pretendevano di limitare i dogmi e i diritti
della Chiesa.
Si giunse così nel 1873 alle cosiddette "leggi di maggio".
S'inserì nello statuto prussiano il principio che la Chiesa
era sottoposta alle leggi e alla vigilanza dello Stato e che
spettava a questo regolare la preparazione, la nomina e il
licenziamento degli ecclesiastici. La nuova legislazione
stabilì un "esame di cultura" per gli studenti in teologia;
sottopose a ispezione gli istituti d'istruzione religiosa e
vietò i convitti ecclesiastici; impose ai vescovi di
notificare le nomine del clero all'autorità politica;
limitò il potere disciplinare delle autorità
ecclesiastiche e ammise la deposizione di ecclesiastici solo in via
giudiziaria; consentì l'uscita da una Chiesa mediante la
semplice dichiarazione dinnanzi al giudice. L'episcopato prussiano
si rifiutò di riconoscere le leggi. Questa resistenza
provocò ulteriori misure, tanto più che la compagine
cattolica non sembrava salda. Nel marzo 1874 era introdotto in
Prussia, e l'anno seguente in tutto l'impero, il matrimonio civile.
Pene e confische furono comminate per la violazione delle leggi
ecclesiastiche e finalmente si autorizzarono le autorità di
polizia ad applicare l'interdizione di soggiorno e il confino agli
ecclesiastici deposti da una sentenza del tribunale.
La tensione divenne estrema nel luglio 1874 in seguito all'attentato
contro Bismarck compiuto da un garzone bottaio, Eufrido Kullmann. Lo
stesso cancelliere non esitò a denunciare la
responsabililà del Centro. Su proposta di Windthorst, i
cattolici deliberarono allora la resistenza passiva", mentre
un'enciclica papale designava "irrite" le nuove leggi. Bismarck
rispose con una legge dell'aprile 1875 che sospendeva gli assegni a
quei vescovi e parroci, che non avevano ottemperato alle recenti
norme. Nel maggio si scioglievano in Prussia tutti gli ordini e le
congregazioni religiose che non si dedicavano alla cura degli
ammalati. Il patrimonio delle chiese fu attribuito alle
comunità parrocchiali e la sua amministrazione fu affidata a
collegi eletti dalle comunità.
Nei tre anni seguenti Falk perfezionò la sua opera, ma le
pene pecuniarie non piegarono la resistenza passiva né
conseguirono effetto le deposizioni e le condanne al carcere di
numerosi arcivescovi e vescovi e di centinaia di parroci. Si ricorse
pure a misure amministrative, negando l'esenzione dal servizio
militare agli studenti in teologia, vietando le congregazioni di
studenti, vigilando le associazioni e la stampa cattolica,
trasferendo nelle regioni orientali i funzionari "clericali".
Bismarck non tardò ad accorgersi d'essersi messo in un
ginepraio. La legislazione di Falk, penetrata ormai nel vivo della
struttura della Chiesa, si rivelava insostenibile. Le sedi vescovili
e le parrocchie erano deserte, ma il popolo non seguiva i "parroci
di stato" nominati dalle autorità politiche. Invano governo e
maggioranza ripetevano che non volevano toccare la fede: i cattolici
parlavano di persecuzione "dioclezianea". La posizione di Bismarck
s'indeboliva. Lo stesso imperatore era poco entusiasta, e la corte
era ostile. L'accordo con i liberali era mantenuto solo a prezzo di
compromessi. Perciò, quando nelle elezioni del 1877 i
conservatori ebbero qualche vantaggio e i liberali perdettero
terreno dinnanzi all'avanzata della social-democrazia, il
cancelliere ritenne giunto il momento di sbarazzarsi dei suoi
alleati.
L'occasione gli fu offerta dalla sua nuova politica economica. Nel
1878 lanciava la nuova parola d'ordine: protezione di tutta la
produzione nazionale, industriale e agraria. Proprio allora moriva
Pio IX e saliva al pontificato Leone XIII. La lettera con cui il
nuovo papa comunicava la sua elezione all'imperatore conteneva un
invito alla pace ed ebbe una risposta conciliante. La crisi si
sviluppò allora con rapidità. I ministri liberali,
contrari al protezionismo, si dimisero e al loro posto subentrarono
i conservatori. Poche settimane dopo, due attentati socialisti
contro Guglielmo I provocarono un'ondata di sdegno nell'opinione
pubblica. Bismarck sciolse fulmineamente il Reichstag. I liberali,
che si erano opposti a misure d'eccezione, furono travolti: le nuove
elezioni segnarono la disfatta del partito che si spezzò in
due.
Cessavano pure per Bismarck le ragioni di politica estera che
avevano suggerito la lotta, ché in Francia ormai prevalevano
le sinistre. Tuttavia il riavvicinamento con la Chiesa si
operò lentamente. Se il papa mostrava di desiderare
un'intesa, il Centro era ancora troppo acceso. Il cancelliere si
limitò a mostrarsi conciliante nei singoli casi e a congedare
il ministro Falk, iniziando trattative col nunzio a Monaco, Masella,
e col nunzio a Vienna, Jacobini. Deciso a liquidare la questione,
egli non volle però apparire un vinto. La strada migliore era
quella di Roma: perciò, contro il Centro e d'accordo con
Roma, si fece conferire nel luglio 1880 i pieni poteri per il
ristabilimento di un'ordinata amministrazione delle diocesi. Una
serie di misure restrittive fu subito lasciata cadere, sicché
già nel 1881 fu possibile accordarsi con la Curia sulla
nomina di alcuni vescovi e vicari. Bismarck cercò anche
appoggi nell'alto clero, rivolgendosi a quegli ecclesiastici non
politici ai quali stava a cuore la cura delle anime in Prussia, dove
ben 1125 parrocchie su 4627 erano prive di titolare. Giorgio Kopp,
uno dei vescovi di recente nomina, fu il mediatore tra governo e
Curia e, agendo in diretto contatto con Roma, fece passare in
seconda linea il Centro. Nominato membro del Consiglio di stato e
della Camera alta prussiana, Kopp collaborò a un modus
vivendi tra Stato e Chiesa, attirandosi gli attacchi del Centro.
Nel 1882 veniva istituita una legazione prussiana presso la S. Sede.
Tuttavia le trattative si protraevano oltre il previsto. Se in
pratica continuava la demolizione delle leggi, se si richiamavano i
vescovi deposti e si restituiva piena libertà all'esercizio
del culto, Bismarck rinviava la revisione generale di tutta la
legislazione sperando che la popolazione e il clero finissero con
l'adattarsi alla situazione e che le agevolazioni concesse
provocassero un'incrinatura nella compagine dell'alto clero. Solo
quando nel 1885 il papa ebbe provveduto alla sostituzione degli
arcivescovi di Colonia e di Posen (Poznam) invisi al governo, si
giunse alla fine della contesa. Bismarck abbandonò le leggi
di maggio e la Curia riconobbe l'obbligo della notifica delle
collazioni. Anche allora però si preferì procedere
passo per passo con provvedimenti parziali che si protrassero fino
al 1891.
Bismarck uscì dalla lotta senza che né lui né
lo Stato perdessero il loro prestigio. In ciò fu
involontariamente aiutato dal Centro, che insisteva per una
soppressione totale della legislazione del Kulturkampf e si piegava
a stento agli ordini della Curia.
Comunemente si giudica il Kulturkampf come un errore di Bismarck. In
realtà esso fu, più che una questione di politica e
legislazione ecclesiastica, l'urto di due civiltà, di due
spiriti diversi. Il Reich bismarckiano, creazione prussiana e
protestante, poteva giungere a una sistemazione dei suoi rapporti
con la Chiesa solo attraverso un conflitto. Certamente il
Cancelliere di ferro era poco adatto a muoversi sul terreno dei
rapporti con la Chiesa e non seppe distinguere il limite tra quello
che la Chiesa è disposta a concedere e quello che non concede
a nessun prezzo. D'altra parte l'articolo dello statuto prussiano
non fu ristabilito; il matrimonio civile e l'obbligo della notifica
delle collazioni sono rimasti nella legislazione tedesca, la legge
poi contro i gesuiti rimase fino al 1917. Ma quello che più
importa è che il partito cattolico fu condotto a collaborare
al programma economico-sociale e quindi a rafforzare quel Reich
contro cui aveva combattuto.
La lotta giovò anche alla parte cattolica, eliminando in essa
le contese interne provocate dal concilio vaticano e rafforzando il
suo senso di solidarietà. L'affermazione politica del Centro
ha avuto nella storia successiva della Germania conseguenze che
durarono fino a che il Centro non si sciolse.
Nella storia generale della Chiesa la resistenza fortunata contro
Bismarck e lo Stato prussiano è stata la prima grande
manifestazione della ripresa del cattolicismo dopo la perdita del
potere temporale. Chi pagò le spese della lotta fu il partito
liberale. E anche questa disfatta del liberalismo tedesco ha avuto
le sue conseguenze nella storia della Germania.
*
wikipedia
Il Kulturkampf (in italiano: battaglia culturale o, in un senso
più aggressivo, battaglia di civiltà) è il nome
con il quale fu definita la accesa lotta politica e culturale che
vide coinvolti la Chiesa cattolica e gli Stati tedeschi nel periodo
che va dalla fine del Concilio Vaticano I (1867-1870) ai primi
decenni successivi alla fondazione dell’Impero tedesco (1871-1919).
Più specificatamente, con il termine si riassume anche tutta
la legislazione anticuriale e anticlericale posta in essere dal
governo tedesco in quegli anni.
Indice
1 Significato del termine
2 Il Kulturkampf nella Mitteleuropa (1859-1879)
2.1 Prodromi della
battaglia culturale
2.2 Il Kulturkampf in
Austria
3 Il Kulturkampf nell'Impero germanico
3.1 Il Kulturkampf in
Baviera
3.2 Il Kulturkampf in
Prussia
3.3 Gli obiettivi di
Bismarck e la situazione politica
3.4 Prima fase del
Kulturkampf: 1872-1876: l’attacco
3.5 Seconda fase
1877-1887: tentativi di pacificazione e conclusione
3.6 Il Kulturkampf nelle
regioni polacche del regno di Prussia
4 Considerazioni
Significato del termine
Il termine fu coniato da Rudolf Virchow, esponente di spicco del
partito liberale progressista (Deutsche Fortschrittspartei) in un
suo vibrante discorso tenuto al Reichstag il 17 gennaio del 1873.
Nel corso delle discussioni sulla proposta di legge relativa allo
status e della preparazione dei religiosi, indicò con queste
parole il compito che lo stato tedesco doveva assumersi.
Dopo aver descritto la contrapposizione ormai insanabile tra la
gerarchia della Chiesa cattolica, espressione ormai di pochi vescovi
italiani di cultura ultramontana, e lo sviluppo delle scienze umane
e naturali, descrisse l'obiettivo della orgogliosamente definita
"battaglia di civiltà":
«(realizzare) la libertà dei convincimenti individuali,
religiosi o della fede religiosa. La gerarchia, infatti, non ha
altro fine che sé stessa, […] ma la religione, signori miei,
della gerarchia, non ha alcun bisogno. »
Nel concludere il discorso, e nel difendere le leggi che limitavano
la cosiddetta libertas Ecclesiae, disse espressamente:
«Queste leggi perseguono apertamente, palesemente e
schiettamente l'emancipazione dello Stato, una sua effettiva
realizzazione in tutte le sue direzioni »
Eppure, non fu proprio questa la posizione che caratterizzò
il Kulturkampf tedesco, che può essere quindi ben distinta,
pur apparentemente simile nei suoi effetti, dalla successiva
politica laicista della terza Repubblica Francese. Le
peculiarità del Kulturkampf furono infatti dovute soprattutto
alla figura che lo realizzò in Prussia: il principe e
cancelliere dell'Impero, Otto von Bismarck.
Se infatti la «battaglia per la civiltà» era il
problema spirituale in cui versò la Mitteleuropa, de facto
tra il 1859 e il 1879, l'aspetto politico del problema era
rappresentato dal rapporto tra Curia romana e Stati sovrani. Ed
è esattamente questo aspetto, il conflitto di competenza tra
Stato e Chiesa, che maggiormente rilevò ed assunse maggiore
rilevanza nella prospettiva di Bismarck.
Particolarmente chiara è la posizione di Bismarck in un suo
discorso alla Herrenhaus (la Camera Alta) dell'Impero:
«Non si tratta di uno scontro tra credenti e non credenti,
bensì dell'antichissima lotta per il potere, antica quanto la
razza umana, tra i Regno e il Sacerdozio, lotta ch'è molto
più antica della venuta sulla terra del Redentore. Si tratta
della difesa dello stato, si tratta di delimitare dove può
arrivare il potere del sovrano e dove quello dei sacerdoti. E questo
limite dev'essere identificato in modo tale che lo Stato possa
autonomamente sussistere. In questo mondo è, infatti, questo
ad avere la direzione e la precedenza »
Simili negli effetti e d'accordo dunque nella legislazione, i due
modelli culturali erano diversi. La prospettiva bismarckiana era
conservatrice e affondava le sue origini, pur in una rinnovata
prospettiva ottocentesca, molto più indietro, allo scontro
medievale tra papato e impero, se non, come amava dire lo stesso
Bismarck, alla lotta «tra Agamennone e Calcante».
Il Kulturkampf nella Mitteleuropa (1859-1879)
La posizione di Virchow, ed in genere quella del suo partito, non
era diversa dal forte anticlericalismo e anticristianesimo che si
diffondeva negli stessi tempi in Francia (o anche in Italia),
soprattutto a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Il
materialismo, il positivismo delle scienze naturali ed il
diffondersi delle prime idee socialiste faceva da contesto e dava
fondamento a queste posizioni, che nella lotta al Cattolicesimo
vedevano una lotta della ragione contro la superstizione ed i
residuati del medioevo.
In senso lato, dunque, una prima forma di Kulturkampf potrebbe
essere considerata la politica ateistica o laicista della Francia
rivoluzionaria, figlia dell'illuminismo giacobino. In Francia, del
resto, la lotta tra la Chiesa cattolica e la seconda Repubblica fu
aspro per tutto l'inizio del XX secolo. Anche in Italia, a partire
dalle leggi Siccardi eversive della manomorta ecclesiastica,
cominciò un periodo di forte contrapposizione.
Il termine Kulturkampf definisce tuttavia più da vicino
l'aspetto peculiare che questa lotta, come si è detto,
assunse negli Stati tedeschi. Alcuni storici parlano, a proposito,
del periodo tra il 1859 e il 1879 di un Kulturkampf mitteleuropeo. A
partire da quel momento, infatti, nei paesi dell'Europa centrale,
Svizzera, Austria, Regni dell'Impero Germanico, la questione del
rapporto Stato-Chiesa cominciò ad essere posta in termini
particolarmente conflittuali e si avviò una lotta condotta
senza esclusione di colpi.
A partire dal 1879, alla fine, le parti incominciarono invece ad
avviare trattative e si giunse ad un compromesso, che
significò, nei fatti, una vittoria della posizione difensiva
della Chiesa, soddisfaciendo tuttavia in parte i poteri nazionali.
Il conflitto continuò invece negli altri paesi, Francia ed
Italia, dove però aveva assunto caratteristiche diverse.
Prodromi della battaglia culturale
Il terreno per questo aspro scontro era stato preparato dai successi
ottenuti dalla Chiesa a partire dalla Restaurazione fino al 1854,
anno della proclamazione del Dogma dell'Immacolata Concezione. In
quell'anno infatti la Chiesa, nonostante il ritorno politico del
liberalismo nel 1830 e le rivoluzioni del 1848, aveva raggiunto il
punto più alto della restaurazione di quanto aveva perduto a
seguito della politica napoleonica, e forse ottenuto anche qualcosa
in più.
Negli stati di lingua tedesca ciò si tradusse concretamente
nel Concordato con l’Austria del 1855, che orientava l'impero in
modo assolutamente confessionale e concedeva alla Chiesa notevoli
privilegi.
La risposta liberale tuttavia non si fece aspettare e la Chiesa
dovette arretrare. Le sconfitte militari dell'Austria nella seconda
guerra di indipendenza italiana indebolirono, in politica
internazionale, le posizioni conservatrici. La Chiesa reagì
all'offensiva e nel 1864, insieme all'enciclica Quanta cura,
pubblicò il Sillabo, il Compendio degli errori del tempo, con
cui condannava definitivamente il liberalismo (già condannato
da Gregorio XVI nell'enciclica Mirari vos), il socialismo
(già in forte crescita) e, nel complesso, tutte le dottrine
filosofiche, politiche e religiose di derivazione illuministica.
L'effetto della condanna fu forte. Ma, ancora una volta, la
terribile sconfitta subita dall'Austria nel 1866 a
Königgrätz segnò definitivamente la fine della
supremazia austriaca e del vecchio equilibrio conservatore in
Europa. La Chiesa reagì, ancora, nel 1867, con la
convocazione del Concilio Vaticano I e, infine, nel 1870, con la
proclamazione del Dogma dell'infallibilità pontificia. Ma,
nello stesso anno, la sconfitta della Francia di Napoleone III (che
aveva puntato molto all’accordo con i cattolici) isolò
definitivamente la politica curiale.
Il Kulturkampf in Austria
In Austria era già cominciata una reazione del pensiero
laico. Già il primo governo costituzionale austriaco
(1861-1865) propose una serie di norme che puntavano
all'equiparazione delle confessioni all'interno dello stato.
Successivamente venne messa in discussione la disciplina del
matrimonio confessionale. Ma la politica liberale, il cui esponente
di spicco era il dr. Mühlfelds, leader dell'ala sinistra del
partito costituzionalista, puntava al superamento del concordato
confessionale del 1855.
I vescovi reagirono già nel 1861 opponendosi alle proposte
del governo. Appellandosi all'imperatore, si lamentarono di una
politica che superava addirittura l'odiata legislazione
giuseppinista (fino alla Rivoluzione francese, una delle
legislazioni anticuriali più dure in un paese cattolico). Nel
1867 papa Pio IX scrisse personalmente all'imperatore, il quale
tuttavia, in un momento politicamente molto difficile, non
poté, pur lamentando la politica anticlericale, venire
incontro alle richieste del pontefice di lottare per il mantenimento
del concordato.
Nel 1874, infine, vennero presentate quattro proposte di legge dal
governo:
- sulla regolamentazione dei rapporti pubblici
della Chiesa cattolica;
- sulla regolamentazione dei rapporti giuridici di
Conventi e Monasteri
- sul contributo al fondo per il culto delle
prebende ecclesiastiche
- sul riconoscimento legale delle Congregazione
religiose.
Le leggi vennero approvate nel 1874 e sancite dall'imperatore, con
eccezione di quella sui conventi e i monasteri, che venne approvata
dalla Herrenhaus (la Camera Alta) solo nel 1876, ma non ottenne la
sanzione imperiale.
Questa legislazione non portò, tuttavia, come in Italia o
negli USA, ad una "privatizzazione" della Chiesa Cattolica
(«libera Chiesa in libero stato»), né ad una
separazione dallo stato (il "principio di separazione" che poi si
realizzò in Italia), bensì ad un riconoscimento del
ruolo pubblico della Chiesa, con un forte controllo da parte dello
stato: il ruolo cioè, come si legge nella motivazione della
legge, di una «corporazione pubblica privilegiata».
Il Kulturkampf nell'Impero germanico
Fu nell'Impero germanico che il fenomeno scoppiò in maniera
virulenta. Bisogna tuttavia distinguere, data la natura federale
dell'impero, tra i diversi stati, alcuni dei quali, come la Baviera,
erano a maggioranza cattolica. Delle norme del Kulturkampf solo due
furono però Reichsgesetze, leggi imperiali: quella contro
l'uso del pulpito per fini politici e quella che espulse i gesuiti.
Le altre interessarono esclusivamente il Regno di Prussia (che era
però il più vasto della federazione).
Il Kulturkampf in Baviera
Come paese ad assoluta maggioranza cattolica, la posizione del Regno
di Baviera era particolarmente importante nella legislazione del
Reich. Per questo motivo la lotta alla Chiesa cattolica in Germania
interessò le gerarchie statali.
Con la legge «contro l'abuso del pulpito per fini
politici», varata dal Reichstag il 10 dicembre 1871, si ebbe
un primo attacco: la proposta venne proprio dal Ministro della
cultura del Regno di Baviera. Le difficoltà (e la resistenza
alla legislazione antiecclesiastica) provennero in questo paese dal
fortissimo partito di Centro (Deutsche Zentrumspartei, l'antenato
dell'odierna CDU), da poco costituitosi e braccio politico della
Chiesa cattolica.
La legge, passata alla storia come Kanzelparagraph (articolo sul
pulpito), inseriva nel codice penale tedesco il § 130a, che
recitava:
«Un religioso [..] che [..] fa degli affari dello stato
oggetto di un'esternazione o di una riflessione in un modo che
danneggi la quiete pubblica, è condannato al carcere o alla
reclusione fino a due anni. »
(§ 130 a StGB)
In una lettera di Bismarck al re Ludovico II, il Cancelliere rese
chiaro come, proprio per questo motivo, il Kulturkampf fosse
assolutamente necessario e non fosse possibile alcun accordo con il
Papa. Questi, secondo lo statista della Realpolitik, non aveva nulla
da offrire in cambio di un trattamento di favore, dato che non aveva
alcuna influenza sulla politica filo-socialista tenuta dal partito
di Centro.
L'aumentato pericolo socialista e il pratico appoggio che lo Zentrum
dava talvolta ai deputati socialisti costituiva per Bismarck un atto
contro lo stato e come tale bisognava, indipendentemente dal
cattolicesimo, ribadirlo:
«Lo scopo dell'Impero tedesco è la tutela del diritto:
l'attività parlamentare non è fine a sé stessa,
ma è un mezzo per il raggiungimento della finalità
della Federazione. »
Il Kulturkampf in Prussia
Nulla di sorprendente che il conflitto fosse dunque ferocissimo nel
Regno di Prussia. Bisogna però premettere una considerazione:
è vero che i leaders del secondo impero, Bismarck su tutti,
diedero una personale impronta alla questione politica. Questa aveva
tuttavia davvero assunto aspetti tali, che si sarebbe dovuta
necessariamente, prima o poi, porre.
Per di più, il Regno di Prussia era di tradizione protestante
e, come tale, anti-papista da sempre. Proprio per questo motivo,
dunque, non aveva bisogno, a differenza della Baviera, di una
politica anticlericale. Anzi, la Prussia, come paladina del
protestantesimo, aveva già la presunzione di aver raggiunto
la massima libertà per i gruppi religiosi, evangelici come
cattolici.
L'equazione "opposizione alla Chiesa Cattolica= liberalismo",
inoltre, è sostanzialmente inesatta e infatti le posizioni
liberali radicali, ateiste, anticristiane, massoniche (spesso anche
vicine al socialismo), erano più forti negli stati cattolici
che in quelli protestanti.
Tuttavia, la contrapposizione tra Stato e Chiesa in questo paese fu
davvero una conseguenza inevitabile dello spirito dei tempi, tra la
dottrina di uno Stato moderno, di recente fondazione ed aspirante
alla stabilità, e l'antico potere di una Chiesa che aveva
finalmente raggiunto il punto di massimo accentramento dogmatico. Le
posizioni erano infatti speculari ed entrambe le strutture, Stato e
Chiesa, vantavano l'assolutezza l'uno nei confronti dell'altra.
La proclamazione del Concilio Vaticano I e la diffusione della
notizia (già annunciata da La Civiltà cattolica nel
febbraio del 1869) della prossima proclamazione del Dogma della
infallibilità papale avevano già portato ad un
radicalizzazione dello scontro. In Germania la stessa gerarchia
episcopale, sulle prime, temeva una proclamazione del dogma.
All'avvenuta proclamazione, tuttavia, non vi fu, all'interno della
Chiesa, opposizione di rilievo (se si eccettua la scissione dei
vecchi cattolici in Germania) e la monarchia assoluta all'interno
della Chiesa fu perfettamente realizzata.
Il dogma, però, con le sue implicazioni politiche, cozzava
con la dottrina del nuovo Stato: coincidenza davvero storica, la
proclamazione coincise con la sconfitta della Francia,
l'unificazione della Germania e la fondazione dell'Impero. Ora era
dunque possibile fare i conti con la Chiesa cattolica.
Gli obiettivi di Bismarck e la situazione politica
I compiti che il nuovo impero si prefiggeva erano la pace esterna e
la stabilità interna. In questo senso, Bismarck puntava alla
lotta del mantenimento dello stato monarchico, sia contro
l'assolutismo della Chiesa cattolica che contro le forze
parlamentari democratiche, ora organizzate anche in partiti
confessionali.
Contro queste forze si diresse l'attacco dello stato, nemico del
quale fu innanzitutto considerata quindi la cosiddetta ecclesia
militans (ed in particolare l'ultramontanismo). Ma l'attacco era
diretto in generale contro tutte le forze che indebolivano la difesa
dello stato nazione: polacchi, alsaziani e lorenesi, (tutti paesi a
maggioranza cattolica e di recente annessione), il partito del
centro e i socialdemocratici.
L'ordine di priorità che Bismarck aveva era chiaro: in primo
luogo, colpire il partito di Centro, poi occuparsi degli aspetti di
politica esterna, quindi le conseguenze dell'infallibilità
pontificia. I liberali erano, nella visione di Bismarck, anche loro
pericolosi, ma in questo momento cercò il loro appoggio e
quelli credettero che il Cancelliere fosse con loro d'accordo. In
realtà fu lui ad usar loro. Il partito di Centro,
però, giocò in Germania un ruolo molto importante fin
dall'inizio: il suo programma del 1871 pose politicamente la
questione confessionale. Ed era troppo.
Il 30 gennaio del 1872, Bismarck disse chiaramente:
«Ho assistito ad una mostruosa apparizione sul terreno
politico, alla costituzione, cioè, di una fazione
confessionale in un'assemblea politica; una fazione, alla quale, se
anche le altre volessero fare lo stesso, potrebbe essere
contrapposta solo la totalità di una fazione evangelica:
così però ci porremmo su un terreno incommensurabile,
perché significherebbe portare la teologia nelle pubbliche
assemblee e farne oggetto di discussioni da tribuna. Tornato appena
dalla Francia, non ho potuto che vedere in questa fazione politica
nient'altro che una mobilitazione di "una parte" contro lo Stato.
»
Prima fase del Kulturkampf: 1872-1876: l’attacco
La prima legge significativa è quella dell'8 giugno 1871, con
cui fu soppresso il reparto cattolico del ministero della cultura,
cosa che incontrò la forte opposizione del partito di centro.
Seguì poi la già citata Kanzelparagraph, che
portò all'arresto di quasi tutti i vescovi cattolici di
Prussia, tra cui l'arcivescovo di Posen, il conte Mieczysław Halka
Ledóchowski, condannato a due anni di reclusione.
I successivi quattro anni videro l'attacco più duro: la
formazione di una serie di leggi, che devono la loro ideazione
soprattutto alla figura di Adelbert Falk, Ministro della Cultura dal
gennaio 1872.
Queste norme non furono un attacco al Centro, ma divennero un
attacco fortissimo alla Chiesa cattolica e sono state impregnate
dello spirito liberale, opera soprattutto di Falk, entrato nella
carica di ministero dei culti il gennaio del 1872.
Sua è la legge dell'11 marzo 1872 sulla scuola, che sanciva
il controllo statale sulle lezioni scolastiche pubbliche e private,
con conseguente cacciata degli insegnanti cattolici. Questa legge
addirittura trovò l'opposizione dei conservatori.
Il 4 luglio 1872 invece, un'altra legge imperiale espulse i Gesuiti
dal territorio dell'impero. Qui si distinse il Principe di
Hohenlohe-Schillingsfürst, loro acerrimo nemico.
Nello stesso anno intanto il regno di Prussia (al motto di
«Non andremo a Canossa») ruppe i rapporti col Vaticano.
Con la legge del 5 aprile 1873, furono modificati gli articoli 15 e
18 della costituzione prussiana del 1850. Con questa, si eliminavano
de facto le garanzie costituzionali per i cattolici e serviva per
preparare il pacchetto di leggi del maggio del 1873.
Queste, le cosiddette Maigesetze, sono un gruppo a sé:
- Legge dell'11 maggio 1873, sulla formazione ed
assunzione dei religiosi, che, da allora in avanti, avrebbero
potuto assumere il loro incarico solo previo esame
statale. Tutti i religiosi avevano obbligo di registrarsi.
- Legge del 12 maggio 1873, sul potere disciplinare
della Chiesa e sulla creazione di un Tribunale reale per le
questioni ecclesiali. Era ora possibile fare appello ad un
tribunale statale contro una sanzione ecclesiastica.
- Legge del 13 maggio 1873, sui limiti del diritto
all'uso di mezzi ecclesiastici penali o di reclusione
- Legge del 14 maggio 1873, che facilitava l'uscita
dalla Chiesa.
L'anno dopo, sempre in maggio, seguì un altro gruppo di
leggi:
- Legge del 4 maggio 1874, sull'impedimento di
esercizio illecito di ministero ecclesiastico
- Legge del 20 maggio 1874, sull'amministrazione di
diocesi cattoliche libere
- Legge del 21 maggio 1874, che conteneva
un'integrazione della legge dell'11 maggio 1873
Nel 1874 venne anche introdotto il matrimonio civile, con sanzioni
per i parroci che avessero celebrato quello religioso
precedentemente a quello civile.
La legislazione non riuscì: alle elezioni del 1874 il partito
di centro raddoppiò i voti. L'atmosfera era incandescente e
il 13 luglio del 1874 l'artigiano cattolico Eduard Franz Ludwig
Kullmann attentò addirittura alla vita di Bismarck, che
però fu solo leggermente ferito. Ma questi non cedette.
Le leggi del 1875 invece sono invece leggi penali, concepite per
sanzionare le mancate applicazioni delle leggi precedenti:
- Legge del 22 aprile 1875, sui finanziamenti pubblici a
religiosi e vescovadi cattolici, cui vennero tolti i
finanziamenti statali.
- Legge del 31 maggio 1875, sugli ordini religiosi e
sulle congregazioni cattoliche. Tutti gli ordini religiosi in
Prussia furono sciolti, con eccezione di quelli aventi
finalità assistenziali.
- Legge del 18 giugno 1875, ampliamento della
portata della legge del 5 aprile 1873
- Legge del 20 giugno 1875, sull'amministrazione di
patrimoni nelle parrocchie cattoliche.
- Legge del 4 luglio 1875, sui diritti delle
comunità vetero-cattoliche al patrimonio ecclesiale. Con
questa si finanziarono ufficialmente i vetero-cattolici.
Infine:
- Legge del 26 febbraio 1876, integrazioni alla legge del
10 dicembre 1871
- Legge del 7 giugno 1876, sui diritti di controllo dello
stato nell'amministrazione dei patrimoni delle diocesi
cattoliche
Seconda fase 1877-1887: tentativi di pacificazione e conclusione
Durante lo scontro ci furono trattative, anche attraverso il
principe Hohenlohe, che però, nemico dichiarato dei Gesuiti,
non riuscì a realizzare molto. L'intesa non pareva possibile.
Nel 1872 Bismarck aveva incominciato a preoccuparsi di un nuovo
conclave e proposto di stabilire, insieme alla altre potenze, in
particolare l'Austria, alcune condizioni per il riconoscimento
dell'elezione. Cercò di fare un fronte unico, appoggiando in
Italia e in Francia le posizioni più anticlericali e
stringendo, d'accordo con la Russia, la repressione in Polonia. Il
papa reagì con un discorso natalizio di cui in Germania fu
proibita la diffusione.
Dopo il 1876, invece, lo scontrò cominciò ad
attenuarsi. Nel 1876 morì il cardinal Antonelli e nel 1878,
dopo lungo regno, infine, Pio IX. Il successore, papa Leone XIII,
pose la pace religiosa con la Germania tra i primi obiettivi. La sua
lettera di cordoglio per gli attentati subiti dal Kaiser nel maggio
e del giugno 1878 furono bene accolte a corte.
Nello stesso anno, in un incontro tra le parti, a Bad Kissingen
vennero discusse le richieste del papa: libertà religiosa e
rafforzamento del Centro. Ma Bismarck riuscì a fare l'intesa
a prescindere dal Centro. E la Chiesa fu d'accordo, dato che
anch'essa non vedeva (almeno non ancora) di buonissimo occhio il
cattolicesimo politico. Anche il Vaticano insomma giocò la
carta del conservatorismo, e del pericolo socialdemocratico, cui
Bismarck era ovviamente sensibile.
Nel 1879 le trattative si spostarono a Vienna. Qui il contrasto si
fece giuridico: per lo stato prussiano lo stato doveva essere la
fonte della legge; il diritto canonico, viceversa, non poteva
ammettere questo. Ad ogni modo, le leggi vennero mitigate.
Nell'estate del 1882 la Prussia riallacciò i rapporti con il
Vaticano.
Infine, nel 1886 e nel 1887, furono emanate le cosiddette Leggi di
pacificazione (Friedensgesetzte), che conclusero il conflitto.
Leone XIII, il 23 maggio 1887, dichiarò ufficialmente
conclusa «la lotta, che tanto ha danneggiato la Chiesa e nulla
ha portato allo Stato».
Il Kulturkampf nelle regioni polacche del regno di Prussia
Nelle regioni polacche del regno di Prussia, il Kulturkampf ebbe un
impatto ancora maggiore. Soprattutto, ebbe un carattere nazionalista
ben maggior che altrove in Germania.
La maggior parte delle zone della Polonia sottoposte alla Germania
(la provincia della Posnania) erano infatti cattoliche, e videro la
battaglia contro la Chiesa finalizzato piuttosto ad una politica di
germanizzazione di quelle zone, per meglio amalgamarle al Reich.
L'abolizione del reparto cattolico del ministero dell'istruzione era
strettamente collegato con la questione polacca. Esso permetteva
infatti che nelle scuole si insegnasse il polacco. Bismarck scrive
infatti:
«Dalla creazione di un "reparto per gli affari cattolici" nel
ministero della cultura, i dati statistici mostrano un rapido
progresso della nazionalità polacca a danno della tedesca,
nella Posnania e nella Prussia occidentale, e nell'alta Slesia
finora l'elemento prussiano è stato polonizzato
energicamente. [..] Nella Posnania e nella Prussia occidentale dai
rapporti ufficiali migliaia di tedeschi e intere località,
che nelle generazioni precedenti erano tedesche, sono state educate
come polacche da quando è stato costituito un reparto per gli
affari cattolici ed ora ufficialmente sono chiamati polacchi. Per la
competenza che al reparto sezione è stata attribuita, non vi
si poteva porre rimedio se non con la sua soppressione. Questa
soppressione era, secondo il mio parere, il prossimo obiettivo da
raggiungere »
Anche nel Reichsland Alsazia-Lorena, dove la popolazione era
cattolica, le proteste della Chiesa contro l'occupazione mostravano
a Bismarck il pericolo da questa rappresentato.
Dopo le leggi di maggio, la maggior pare delle scuole in cui si
insegnava polacco furono chiuse, a vantaggio di quelle tedesche.
Nel novembre del 1872 Falk pretese che l'insegnamento della
religione fosse tenuto in tedesco a partire dall'anno successivo.
Alle proteste del clero e dei cattolici polacchi, seguì la
chiusura dei seminari di Posen e di Gnesen, e il controllo da pare
dello stato dell'educazione. I possedimenti della chiesa furono
confiscati e le modifiche costituzionali introdotte impedirono che i
cattolici potessero ricorrere a questa per garantirsi la loro
libertà.
La protesta polacca fu repressa duramente: 185 sacerdoti furono
arrestati, e diverse centinaia furono esiliati. Tra gli imprigionati
il Primate di Polonia, l'arcivescovo Mieczysław Ledóchowski.
Gli altri cercarono di continuare il loro servizio di nascosto.
La prova che il Kulturkampf in Polonia ebbe motivazioni ulteriori a
quelli religiosi è data dal fatto che non terminò con
la fine della decade. Nel 1886 infatti con il tentativo di sradicare
gli slavi dal suolo tedesco fu avviata una nuova politica di
germanizzazione. Tuttavia, va detto, questa, alla lunga,
fallì.
Considerazioni
Si parla in genere di fallimento del Kulturkampf di Bismarck. Come
già detto, la sua posizione personale sulla Chiesa cattolica
non era quella dei liberali. Ancora durante la guerra con la
Francia, addirittura, Bismarck si pronunciò favorevolmente,
al contrario del Re, ad un asilo per il papa «prigioniero in
Roma».
Nel 13 febbraio 1871, a Versailles, il cancelliere luterano spiegava
infatti:
«Non mi si vorrà far passare per nemico della Santa
Sede romana. Per me il Papa è soprattutto una figura politica
ed io ho un rispetto connaturato per tutti i veri poteri. Un uomo
che dispone delle coscienze di 200 milioni di persone, per me,
è un grande monarca ed io non avrei il minimo scrupolo, al
momento idoneo, di chiedergli anche mediazione o l'arbitrato in
questioni politiche. Il noli me tangere è per me solo la
posizione di forza in Europa della Germania unita, che dovrebbe
essere considerata come la più preziosa gemma nel tesoro
papale »
La posizione, al solito, è di assoluta Realpolitik ed
alquanto diversa dalla legislazione e dal tono della
«battaglia di civiltà». Ma Bismarck si
trovò di fronte un osso duro: Pio IX. Nel giugno del 1873,
durante uno dei tentativi di conciliazioni tra le parti,
esclamò:
«Datemi un papa più pacifico, ed io mi metterò
d'accordo su tutto! »
D'altro canto, la Chiesa cattolica aveva il presentimento che uomini
come Bismarck avessero intenzione di cementare l'impero a spese dei
cattolici. Bismarck aveva capito il pericolo del partito di Centro
ed aveva realizzato a suo modo quello che serviva alla Germania per
unirsi; ma, in un certo senso, aveva considerato il papa e il
cattolicesimo solo ed esclusivamente dal punto di vista politico.
Per lui i partiti erano solo mezzi: lo Stato si trovava a gestire
una lotta tra liberali e clericali e non nel contesto del
parlamentarismo anglosassone. La lotta contro il Centro si
trasformò invece ben presto in lotta contro la Chiesa e alla
lunga così non poteva continuare, soprattutto quando questo
poteva trasformarsi in un boomerang per la politica conservatrice.
La maggior parte delle leggi rimasero in vigore. La legge contro i
gesuiti fu ritirata solo nel 1917, quella sul pulpito addirittura
nel 1953, nella Repubblica federale. Ma la regolamentazione
scolastica rimane tuttora invariata. Il rapporto con la Chiesa
rimase insomma regolamentato in questo modo attraverso le successive
fasi della storia tedesca.
Visti dal punto di vista della situazione precedente il 1870, fu una
grande vittoria dello Stato nazionale. Ma dal punto di vista degli
obiettivi proclamati, fu vittoriosa la difesa della Chiesa e il
risultato fu un'intesa tra Chiesa e Stato. Il partito di centro ne
uscì incredibilmente rafforzato. Sconfitti, paradossalmente,
ne uscirono i liberali; sebbene infatti avessero ottennuto molto e
ne fossero usciti politicamente rafforzati, lo furono meno del
centro, e non furono i veri protagonisti della battaglia,
abbandonati quando gli obiettivi si distinsero.