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Con la parola fordismo si usa indicare una peculiare forma di
produzione basata principalmente sull'utilizzo della tecnologia
della catena di montaggio (assembly-line in inglese) al fine di
incrementare la produttività. Il significato è
variabile nei diversi Paesi.
Spesso connotato negativamente, il concetto fu teorizzato da Antonio
Gramsci e dal socialista belga Henri de Man.[1][2]
Il termine fu coniato attorno agli anni trenta[1] per descrivere il
successo ottenuto nell'industria automobilistica a partire dal 1913
dall'industriale statunitense Henry Ford (1863 - 1947); ispiratosi
alle teorie proposte dal connazionale Frederick Taylor (1856 -
1915), ebbe poi un considerevole seguito nel settore dell'industria
manifatturiera, tanto da rivoluzionare notevolmente l'organizzazione
della produzione a livello globale e diventare uno dei pilastri
fondamentali dell'economia del XX secolo, con notevoli influenze
sulla società.
Con l'aggettivo fordista si usa indicare un regime di produzione
ispirato al paradigma adottato da Ford, o una sua stretta
evoluzione.
Caratteristiche
I princìpi del taylorismo
1. analizzare le caratteristiche della mansione da
svolgere,
2. creare il prototipo del lavoratore adatto a quel
tipo di mansione,
3. selezionare il lavoratore ideale, al fine di
formarlo e introdurlo nell'azienda.
I due capisaldi del fordismo erano il paradigma industriale
tayloristico, accompagnato da una spinta automazione (riflesso della
meccanizzazione) e la concessione di retribuzioni più elevate
di quelle mediamente riconosciute dalla prassi delle relazioni
industriali dell'epoca.
Questo secondo aspetto non era però conseguenza di una
qualche forma di filantropia, ma semmai era l'espressione di una
lungimiranza socio-economica, poiché era la premessa della
produzione di massa, ossia il volano dell'economia di consumo (una
classe operaia povera non si può permettere neppure la
più spartana utilitaria).
Ma i due capisaldi erano connessi anche sul piano funzionale: la
potente razionalizzazione del ciclo produttivo aveva come
prerequisito un'intensa sottomissione delle maestranze alla
disciplina organizzativa (quasi maniacale) del fordismo, che
arrivava a calcolare con esattezza i minimi movimenti corporei del
dipendente: questo regime alienante doveva trovare almeno una forma
di riparazione nel salario più generoso, che saggiamente
infatti veniva assegnato all'operaio Ford.
Fordismo negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti è una filosofia sociale che sostiene che
ricchezze e profitto possono essere raggiunti con alti salari che
permettono ai lavoratori di acquistare i beni che hanno prodotto.
La parola fordismo fu coniata attorno agli anni trenta, ma
già quindici anni prima il successo ottenuto nell'industria
automobilistica da Ford era obiettivamente un fenomeno rimarchevole.
Fordismo indica una serie di pratiche industriali associate alle
innovazioni introdotte nella fabbricazione di automobili americane
da Ford durate dall'ultimo decennio dell'800 fino al secondo del
Novecento. Questo processo consiste nel ridurre operazioni complesse
a compiti più piccoli e semplici da svolgere, eseguibili
anche da lavoratori inesperti. Ma l'innovazione più
importante fu l'introduzione della catena di montaggio nel 1913, che
ha fatto scendere il tempo per completare una macchina da venti ore
a un'ora e mezza, ottenendo così una produzione di massa di
oggetti omogenei (ad esempio, ogni Ford T era nera,[4][5] ed
originariamente le personalizzazioni del modello base erano
pressoché inesistenti). Questo comportò un aumento di
produzione, con il calo dei costi di produzione media, per rendere
il prodotto più accessibile al pubblico. Esso fu anche un
grande investimento di capitali; la meccanizzazione permise
l'efficienza, e fu un grande affare. Con 10 milioni di prodotti
venduti, Ford fece una fortuna e i suoi operai diventarono i
più pagati nel mondo. Dai promotori del fordismo Detroit fu
assunta come modello di impianto urbanistico ottimizzato per la
produzione industriale. Il sistema di produzione fordista ha quattro
elementi chiave:
* È caratterizzato da una particolare
divisione del lavoro (la separazione dei diversi compiti tra diversi
gruppi di lavoratori) in cui lavoratori non specializzati eseguono
semplici operazioni ripetitive mentre tecnici qualificati e
personale di direzione ricoprono incarichi relativi alla ricerca, al
design, al controllo della qualità, finanza, coordinamento e
marketing.
* È un sistema dove la fabbricazione
è altamente standardizzata.
* La produzione non è organizzata con il
criterio di dislocare nello stessa zona macchine simili, ma le
macchine sono disposte funzionalmente, ovvero nel corretto ordine di
sequenza richiesto per la fabbricazione del prodotto.
* Le varie parti della catena di montaggio sono
collegate insieme da un nastro trasportatore (la linea di
assemblaggio) per facilitare un veloce ed efficiente svolgimento dei
compiti.
I prezzi calano, portando un incremento delle vendite a e dello
sviluppo potenziale del mercato di massa. Molti commentatori
ritengono che il fordismo sia stato caratteristico dell'industria
occidentale dal 1945 fino agli anni settanta, e che sia stato
collegato al sorgere dei maggiori paesi produttori d'auto. Il
fordismo è associato, sul piano della dottrina logistica
industriale, al particolare modello territoriale
dell'attività economica, detto divisione spaziale del lavoro,
in cui vi è una separazione spaziale tra il luogo di sviluppo
del prodotto (centro di ricerca e sviluppo) e gli effettivi centri
di montaggio standard di un prodotto. Il modello rimase dominante
del mondo industrializzato fino agli anni sessanta e settanta,
quando il conformismo dei consumatori fu intaccato dal crescente
numero di disegnatori, pensatori, e consumatori stessi. E
così si sono venuti a creare termini come postindustriale,
postfordismo e mercato di nicchia. Il fordismo è stato parte,
come componente tecnologica, del momento di efficienza che ha
caratterizzato l'età del progresso americano. Dopo l'inizio
della Grande depressione, la politica americana fu quella di tenere
alti i salari nella speranza che il fordismo avrebbe risolto la
crisi.
Fordismo nell'Europa occidentale
Secondo lo storico Charles S. Maier, il fordismo in Europa è
stato preceduto dal taylorismo - una teoria sociologico-industriale
del lavoro disciplinato e organizzato, basato su studi (almeno
formalmente ispirati al rigore scientifico) dell'efficienza umana -
e dal sistema di incentivi. Il taylorismo attrasse gli intellettuali
europei fino alla Grande Guerra.
Dal 1918, tuttavia, l'attenzione si spostò sul fordismo, che
prevedeva la riorganizzazione dell'intero processo produttivo su
concetti come linea di assemblaggio, standardizzazione e mercato di
massa. Ma con la grande depressione si compromise la visione
utopistica della tecnocrazia americana; tuttavia il predominio con
cui gli Stati Uniti uscirono dalla seconda guerra mondiale
ravvivò l'ideale. Sotto l'ispirazione di Antonio Gramsci
(secondo cui il fordismo significa intensificare il lavoro, dopo
averlo reso meccanicamente ripetitivo, per promuovere la
produzione), i marxisti fondarono il concetto di fordismo negli anni
trenta, e negli anni settanta elaborarono il post fordismo. Antonio
e Bonanni (2000)[7] tracciano lo sviluppo del fordismo e delle
successive fasi economiche, dalla globalizzazione alla
globalizzazione neoliberale, durante il ventesimo secolo,
enfatizzando il ruolo ricoperto dall'America nella globalizzazione.
Tali autori sostengono che il fordismo raggiunse nei decenni
immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale il culmine,
nel dominio americano e nell'affermarsi del consumismo di massa, ma
collassò con le crisi politiche e culturali degli anni
settanta. Con il progresso tecnologico e la fine della guerra fredda
si entrò nella fase di neo liberale della globalizzazione
negli anni novanta. Loro accusano gli elementi negativi del
fordismo, come l'inegualità economica perdurata comunque, e i
relativi problemi culturali di sviluppo sorti che inibiscono gli
scopi della democrazia americana.
Fordismo in Unione Sovietica
Lo storico Thomas Hughes (Hughes 2004)[8] ha dettagliatamente
spiegato in che modo l'Unione Sovietica abbracciò con
entusiasmo negli anni venti e trenta il fordismo e il taylorismo,
importando esperti americani di entrambe le scuole e affidando ad
aziende americane la costruzione di parte delle proprie strutture
industriali. I concetti di piani quinquennali e di controllo
centralizzato dell'economia possono essere direttamente rintracciati
nell'influenza del taylorismo sul pensiero sovietico. Hughes cita
Stalin: l'efficienza americana è quella forza che non conosce
né riconosce ostacoli; che una volta iniziata una missione,
anche se di poco conto, la continua fino al compimento; senza
l'efficienza USA è impossibile un lavoro serio e
costruttivo... la combinazione di rivoluzione russa con l'efficienza
americana è l'essenza del leninismo. Hughes descrive come
entrambe le parti, sovietici ed americani, scelsero di ignorare o
negare il contributo delle idee dell'esperienza americana nello
sviluppo e nella crescita di potere dell'Unione Sovietica. I
sovietici lo fecero perché desideravano porsi al mondo come
gli artefici del proprio destino, che nulla dovevano ai rivali. Gli
americani lo fecero perché non desideravano ammettere il
proprio apporto alla creazione del più potente avversario:
l'URSS.
Altre varianti marxiste
Il fordismo è anche un termine usato nel marxismo
occidentale, pensato come "regime di accumulazione" o modello
macroeconomico del crescente sviluppo degli Stati Uniti e diffusosi
in varie forme nell'Europa occidentale dopo il 1945. Esso consiste
nella produzione domestica di massa con determinate istituzioni e
politiche a sostegno del consumo di massa, tra cui politiche di
stabilizzazione economica e di organizzazione keynesiana della
domanda che generano la domanda nazionale la stabilità
sociale; il fordismo postula dal canto suo anche una sorta di
compromesso fra classi o di contratto sociale che implichi, in un
rapporto quasi sinallagmatico (a prestazioni corrispettive), assegni
di supporto alle famiglie, lavoro stabile e un mercato del lavoro
interno che porti una prosperità ampiamente diffusa
(l'aumento delle entrate è legato alla produttività
nazionale tra gli anni '40 e '70). A livello di processi di lavoro,
il fordismo è taylorismo, mentre come modello di regolazione
nazionale il fordismo è keynesianesimo.
Il concetto scientifico di fordismo è stato introdotto nella
French Regulation School, [9] noto anche come teoria della
regolazione, che è un filone di influenza marxista di
economia politica. Secondo la Regulation School (un gruppo di
scrittori di storia economica), i paradigmi della produzione
capitalista sono nati dalla crisi del paradigma precedente; un nuovo
paradigma è sempre destinato a cadere in crisi, prima o poi.
La crisi del fordismo è diventata evidente per i marxisti
verso la fine del 1960. La teoria di regolazione marxista parla di
regimi di accumulazione capitale (ROA) e di modalità di
regolazione (MOR). ROAs sono periodi di crescita economica
pressoché costante e di profitto su tutta una nazione o
regione del globo. Tali regimi si esauriscono entrando in crisi, e
crollano quando il capitalismo cerca di ripristinarsi e tornare a
una situazione di profitto. In questi periodi intervengono i MOR per
stabilizzare questi periodi, con una serie di provvedimenti di vario
genere finalizzati ad assicurare un profitto capitalista a lungo
termine. Il fordismo è anche una parola usata per indicare il
boom economico conosciuto in Occidente dal 1945. Esso viene indicato
da un ciclo di produzione e consumo di massa; dalla produzione di
oggetti standard da essere venduti mercati nazionali protetti;
dall'applicazione di politiche economiche Keynesiane. Mentre il
modello standard è l'America post-guerra, le variazioni
nazionali di questo standard di norma sono ben note. La teoria di
regolazione parla di modalità nazionali di crescita per
denotare diverse varietà di fordismo presenti nelle economie
occidentali. Il fordismo come regime di accumulazione crollò,
a causa delle esperienze nazionali, da qualche parte tra la fine
degli anni '60 e la metà dei '70. Le economie occidentali
vivevano una lenta o assente crescita economica, con espansione
della disoccupazione. Il periodo dopo il fordismo è chiamato
post fordismo o neofordismo. Il primo implica che il capitalismo
globale ha messo da parte il fordismo senza superare le sue
incoerenze; mentre il secondo indica che gli elementi dei regimi di
accumulazione fordisti continuano a esistere. La Regulation School
preferisce il termine dopo-fordismo, a indicare che non è
ancora chiaro cosa c'è dopo il fordismo.
Postfordismo
Il fordismo come return on assets (ROA) andò in crisi, con
varie scansioni temporali a seconda delle realtà nazionali,
in un intervallo compreso tra la fine degli anni sessanta e la
metà degli anni settanta. Le economie occidentali
attraversarono una fase di crescita economica rallentata o nulla,
inflazione crescente e disoccupazione dilagante. Tali sistemi
economici avevano virato da un orientamento
manifatturiero-industriale al terziario avanzato ed all'economia
della conoscenza. Al contempo, l'industria si era delocalizzata
dall'occidente ai paesi del secondo e terzo mondo, dove la
produzione è meno costosa. Abbiamo visto che il fordismo si
fondava anche sulla supposizione che i dipendenti fossero in grado
di acquistare ciò che producevano (almeno in una qualche
misura), e si era creduto che potesse prosperare anche in
virtù dell'interconnessione mondiale. Il movimento di
capitale è divenuto più fluido, e gli stati nazionali
si sono significativamente estraniati dalla sfera economica. Il
postfordismo si è affermato in parte anche in virtù
della globalizzazione. Ai tempi di Henry Ford, i lavoratori erano
relativamente poco professionalizzati, ma potevano organizzarsi
sindacalmente, e tali sindacati divennero assai forti proprio
perché il capitale non era fluido come sarebbe diventato
nell'epoca postfordista.
Il posfordismo può essere definito da questi aspetti:
* Nuove tecnologie d'informazione.
* Enfasi sui tipi di consumatori (al posto
dell'enfasi sulle classi sociali, precedentemente imperante).
* Avvento del lavoratore di servizi e del
"colletto bianco".
* Femminilizzazione della forza lavoro.
* Globalizzazione dei mercati finanziari.
Invece di produrre beni generici, le imprese trovarono allora
più profittevole specializzarsi in diverse linee di prodotti
rivolti a differenti gruppi di consumatori, facendo leva sul loro
senso del buongusto e della moda. In luogo di investire enormi cifre
sulla produzione di massa di una singola merce, le imprese ebbero
quindi la necessità di costruire sistemi intelligenti di
impiego di mano d'opera e macchine che fossero flessibili e
potessero rapidamente reagire ai capricci del mercato. La moderna
produzione just in time è un buon esempio di approccio
produttivo flessibile.
Il postfordismo trae linfa vitale dall'information technology. La
fabbricazione just in time già ricordata è
strettamente dipendente dal progresso informatico. Non c'è
più bisogno di creare scorte di magazzino di un qualche
prodotto. Appena creato, il prodotto è già fuori dalla
porta. La chiave della flessibilità produttiva è
nell'uso di tecnologie informatiche nelle macchine e nelle
operazioni. Tutto ciò permette un controllo più
raffinato nel processo produttivo. Con l'aumentata sofisticazione
dei processi e, segnatamente, la nuova flessibilità della
tecnologia a controllo elettronico, i cambiamenti più
radicali nei processi di produzione non sono più
necessariamente connessi ad una vasta scala di produzione. In
effetti, uno dei più spettacolari riflessi della tecnologia
produttiva di ultima generazione, dominata dall'elettronica ed
assistita dal computer, è la possibilità di saltare da
un processo ad un altro, consentendo — almeno potenzialmente — la
"confezione su misura" di una produzione che segue da vicino le
esigenze dei singoli consumatori. L'automazione tradizionale
è vincolata ad una produzione standardizzata di grandi volumi
("milioni di pezzi"); i nuovi "sistemi flessibili di fabbricazione"
sono parecchio diversi, perché rendono possibile la
realizzazione di piccole tirature senza penalizzazioni di costo. La
minor richiesta di spazio (il magazzino è virtualmente
abolito) taglia, ovviamente, le spese necessarie ad acquisire in
qualunque forma (proprietà, affitto, leasing, comodato…)
immobili strumentali. Si può ricorrere a processi modulari
per soddisfare le esigenze di mercati di nicchia. L'attenzione
è ormai completamente volta allo scopo finale della
fabbricazione. Le società sono più piccole e
subappaltano molte attività definite "non strategiche".
Analogamente, la struttura di produzione iniziò a cambiare a
livello di settore. Invece di una singola ditta che impiega mano
d'opera su tutta la catena di montaggio, dal materiale grezzo al
prodotto finito, il processo di produzione si frammentò, con
singole ditte specializzate per aree di competenza tecnica. La prova
del carattere vincente di questa apologia della specializzazione
andrebbe rinvenuta nei cosiddetti distretti produttivi, nuclei di
imprese integrate che sono sorti in luoghi come Silicon Valley,
Jutland, Småland, ed alcune parti della stessa Italia.