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Ermini, Filippo.
Studioso italiano di letteratura latina medievale (Roma 1868 - ivi
1935); allievo di E. Monaci nell'univ. di Roma, nella quale
ricoprì (dal 1912), per incarico, la cattedra di letteratura
latina medievale. Dei suoi studî si ricordano: Il centone di
Proba e la poesia centonaria latina (1909), Peristephànon.
Studi prudenziani (1914), Lo "Stabat Mater" e i pianti della Vergine
nella lirica del Medio Evo (1916), Il "Dies irae" e l'innologia
ascetica nel sec. 3° (3a ed. 1928) e una raccolta, con ampio
commento, di Poeti epici latini del sec. 10° (1920). Postumi
sono stati pubblicati il volume Medio Evo latino. Studi e ricerche
(1958), in cui G. Bertoni ha riunito i suoi articoli più
notevoli, e una Storia della letteratura latina medievale dalle
origini alla fine del sec. 7° (1960), prima parte di un'opera
più ampia lasciata incompiuta. Nel campo degli studî di
letteratura italiana, dedicò particolari cure all'Orlando
furioso, con la ristampa comparata delle prime tre edizioni (1516,
1521, 1532) rivedute dall'autore (3 voll., 1908-13) e un'edizione
con commento (3 voll., 1923-29).
DBI
di Francesco Malgeri
ERMINI, Filippo.
Nacque a Roma da Alessandro e da Elisabetta Sebastiani il 7 ag.
1868. Compì gli studi nella capitale, conseguendo, il 3
luglio 1891, la laurea in giurisprudenza, discutendo una tesi di
storia del diritto sulle "Costituzioni egidiane". Successivamente,
assecondando il suo vivo interesse per gli studi umanistici, si
iscrisse alla facoltà di lettere, ove si laureò il 5
dic. 1892, con E. Monaci, insigne cultore di filologia romanza.
Convinto cattolico, sin da giovane prese a frequentare i numerosi
circoli e associazioni che animavano l'ambiente romano alla fine
dell'Ottocento, dal circolo dell'Immacolata, guidato da mons. G.
Radini Tedeschi, al circolo universitario di studi S. Sebastiano,
fondato da G. Salvadori nel 1889 e rivitalizzato, nel 1894, da R.
Murri, che ne fece un vivace centro di rinnovamento intellettuale
cattolico.
Accanto all'E. partecipavano alla vita del circolo giovani quali G.
Semeria, F. Faberi, I. Petrone, P. Matteri Gentili, A. Boggiano
Pico, G. Micheli, S. Minocchi, destinati ad assumere ruoli
significativi nella storia del cattolicesimo italiano. Si trattava
di giovani che avevano superato le posizioni chiuse
dell'intransigentismo cattolico, che accettavano l'unificazione
nazionale, frequentavano le università statali e intendevano
contrapporsi con un proprio movimento di idee al positivismo
dominante, rifiutando, comunque, un dogmatismo manicheo.
L'E. veniva così a collocarsi in quell'ambiente cattolico che
si riconosceva nelle istanze della prima democrazia cristiana e che
aveva in Romolo Murri il suo leader più significativo. Fu
vicino anche a Giuseppe Toniolo, insieme col quale, nel 1891,
promosse una nuova rivista di studi sociali cattolici, che avrebbe
dovuto assumere il titolo di L'Avvenire della civiltà. Il
progetto della nuova rivista venne presentato dallo stesso E. nel
corso del I congresso dell'Unione cattolica per gli studi sociali,
svoltosi a Genova nell'autunno del 1892. L'iniziativa venne
approvata e nel gennaio 1893 vide la luce a Roma la Rivista
internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie, sotto la
direzione del Toniolo e mons. S. Talamo.
Il fine era quella di "illustrare il valore dell'ordine sociale
cristiano e seguire il movimento meraviglioso delle idee e delle
opere che ... in tutto il mondo sotto la guida del Pontificato
romano si volge al restauro di quell'ordine in un santo e generoso
combattimento per la salute della civiltà universale e per la
vera grandezza d'Italia" (G. Toniolo-S. Talamo, Programma, in Riv.
discienze socialie disc. ausil., I [1893], 1, p. III). L'E. fu tra i
più attivi collaboratori della rivista, curando, tra l'altro,
la rubrica "Sunto delle riviste" e pubblicandovi articoli per circa
un trentennio.
In occasione del II congresso cattolico di studi sociali, svoltosi a
Padova nel settembre 1896, l'E. tenne una relazione nella quale
illustrò i risultati raggiunti dalla rivista nei suoi primi
anni di vita, sottolineando il valore scientifico e culturale degli
studi pubblicati nel periodico romano (cfr. Atti e documenti del
Secondo Congresso cattolico italiano degli studiosi di scienze
sociali, Padova 1897).
All'inizio del 1895 fece parte, insieme con molti degli esponenti
del circolo di S. Sebastiano, del comitato promotore e poi della
redazione del periodico degli universitari cattolici, La Vita nova,
diretto prima dal Murri e poi, a partire dal settembre 1896, dal
fratello Rufo Agostino Ermini.
Il periodico mirava a promuovere un adeguamento della cultura degli
universitari cattolici e a volgere la loro attenzione allo studio
delle questioni sociali, ma si fece anche promotore della nascita
della Federazione cattolica universitaria, di cui divenne organo.
L'E. vi pubblicò alcune novelle e saggi di critica
letteraria, prevalentemente dedicati a P. Verlaine e ai poeti
decadenti.
All'inizio del Novecento troviamo il nome dell'E. tra i
collaboratori di altri periodici cattolici romani, tra i quali la
rivista letteraria L'Ateneo (1901-1905), diretta da Paolo Mattei
Gentili, che aveva lo scopo di seguire il movimento artistico
letterario contemporaneo, mirando a far penetrare nella vita e nelle
manifestazioni sociali dell'arte il pensiero cristiano. Dal 1904 al
1909 collaborò anche a La Vita, rivista educativa portavoce
dell'Unione giovanile per la moralità, diretta da E. Martire
e dedicata prevalentemente ai giovani e alle donne. Collaborò
anche alla Rivista storico critica di scienze teologiche di E.
Buonaiuti, mostrando in questi anni del primo Novecento una certa
attenzione al movimento modernista, pur mantenendosene a margine.
Il suo impegno in seno al movimento cattolico andò via via
attenuandosi, anche se si mantenne fedele alle sue scelte giovanili,
che lo portarono su posizioni antipositiviste, antinazionaliste e
antidecadentiste, criticando la società nata dal Rinascimento
e rivendicando la derivazione medievale e cristiana delle
civiltà e delle nazioni europee e la continuità tra
antichità classica e Medioevo, attraverso il cristianesimo.
Fu interventista in occasione della prima guerra mondiale,
interpretando la guerra come lo scontro tra le nazionalità
oppresse e un imperialismo che si ispirava a fondamenti
biologico-naturalisti dell'economia positiva e del razzismo presenti
nel mondo germanico.
Nel primo dopoguerra aderì al partito popolare di Luigi
Sturzo, senza, però, assumere un vero e proprio impegno
politico. La sua attività era, ormai, in gran parte assorbita
dall'insegnamento, dalla ricerca scientifica e dagli interessi
letterari, testimoniati, tra l'altro, dalla ventennale
collaborazione alla rivista Roma letteraria, sulla quale per molti
anni pubblicò articoli sulle novità della letteratura
contemporanea italiana e straniera.
Insegnò lettere italiane e latine in vari istituti privati
romani, in particolare il liceo ginnasio "S. Apollinare", il
collegio "S. Maria", ove fu anche preside e l'istituto "Rivaldi",
ove fu direttore. Accompagnò l'attività didattica ad
un intenso impegno di studio nel campo della letteratura italiana e
soprattutto della letteratura latina medievale, disciplina che fu al
centro delle sue indagini e lo vide tra i primi cultori in Italia.
Conseguita nel 1904 la libera docenza, nel 1912 ottenne, presso la
facoltà di lettere dell'università di Roma, l'incarico
di insegnamento della letteratura latina medievale (per la prima
volta introdotto nell'ordine degli studi di una università
italiana), che tenne sino alla morte.
Le sue indagini lo portarono ad affermare una connessione tra
filologia "mediolatina" e filologia classica, giudicando la
letteratura latina medievale strettamente congiunta alla letteratura
cristiana antica, di cui è evidente la dipendenza con la
letteratura antica pagana.
Segnati tra la metà del secolo IV e la metà del XIV i
limiti cronologici della latinità medievale, l'E. distingue
diverse fasi nella storia della lingua latina, rimasta nel corso di
quei secoli una lingua ancora viva. Indagò inoltre, i
rapporti tra la filologia mediolatina e la filologia romanza,
notando l'importanza degli elementi germanici, greci, arabi che si
insinuano nella civiltà latina dell'Occidente cristiano,
lasciandosene influenzare prima di riaffiorare nelle singole
letterature nazionali. Veniva in tal modo smentita la teoria diffusa
che individuava due mondi separati, il mondo del latino e il mondo
del volgare.
Tra i suoi studi più significativi nel campo della
letteratura latina medievale vanno ricordati i contributi alla
storia della poesia drammatica, con i volumi sul
Peristephànon di Prudenzio (Roma 194), sullo Stabat Mater di
Iacopone da Todi (Città di Castello 1916) e sui Poeti epici e
latini del secolo X (Roma 1920). Negli ultimi anni di vita scrisse
un'ampia storia della letteratura latina medievale, che rimase
incompiuta in seguito alla sua morte improvvisa e che venne
pubblicata postuma (Storia della letteratura latina medievale, a
cura di E. Franceschini, Spoleto 1960). Nel campo degli studi di
letteratura italiana si segnala la pubblicazione comparata delle tre
edizioni originali dell'Orlando furioso (Roma 1909), con un'ampia
introduzione.
Dal 1918 fu socio della R. Deputazione romana di storia patria e
procustode generale dell'Accademia degli Arcadi, che nel 1925
contribuì a riformare e ravvivare profondamente.