ULTERIORI OSSERVAZIONI SULLE NEUROPSICOSI DI DIFESA

1896

Introduzione

In un breve saggio pubblicato nel 1894, ho raggruppato isteria, ossessioni ed alcuni casi di confusione allucinatoria acuta sotto il nome di neuropsicosi di difesa (Freud, 1894), perché queste affezioni risultavano avere un aspetto in comune: i loro sintomi nascevano dal meccanismo psichico di difesa (inconscia) - cioè da un tentativo di rimozione di una idea incompatibile, venuta in opposizione penosa con l'Io del paziente. In alcuni passaggi di un libro apparso ad opera del dottor J. Breuer e mia (Studi sull'Isteria, 1895), sono stato in rado di spiegare e di illustrare, grazie a delle osservazioni uniche, il senso in cui bisogna interpretare questo processo fisico di «difesa» o «rimozione». Nella stessa opera si trovano anche alcune informazioni sul metodo di psicoanalisi, laborioso a assolutamente degno di fiducia, che ho usato nel compiere queste indagini - indagini che costituiscono anche un metodo terapeutico. Le osservazioni che ho potuto fare in questi ultimi due anni i lavoro, hanno rafforzato in me la tendenza a guardare alla difesa come punto centrale nel meccanismo psichico delle nevrosi in questione; e mi hanno anche permesso di dare un fondamento clinico a questa teoria psicologica. Con mia grande sorpresa, ho scoperto per caso alcune soluzioni semplici, benché strettamente circoscritte, dei problemi delle nevrosi, e elle pagine seguenti ne darò una breve spiegazione preliminare. In questo genere di comunicazione non è possibile produrre la prova necessaria per convalidare le mie asserzioni, ma spero di essere in grado di adempiere a questo impegno più tardi in una presentazione dettagliata.

L'etiologia «specifica» dell'isteria

In precedenti pubblicazioni, Breuer ed io abbiamo già espresso la nostra opinione circa i sintomi dell'isteria, che si possono comprendere soltanto se si fanno risalire ad esperienze che abbiano un effetto «traumatico», e che questi traumi psichici si riferiscono alla vita sessuale del paziente. Ciò che qui devo aggiungere, come risultato uniforme delle analisi da me eseguite su tredici casi di isteria, riguarda, da un lato, la natura di tali traumi sessuali, e dall'altro, il periodo di vita in cui sono avvenuti.

Per causare l'isteria non è sufficiente che abbia luogo in un periodo qualsiasi della vita del soggetto un avvenimento che interessi la sua esistenza sessuale e diventi patogeno per l'insorgenza e la successiva repressione di un affetto penoso. Perché la malattia si instauri, tali traumi sessuali devono aver avuto luogo nella prima infanzia (prima della pubertà) ed il loro contenuto deve consistere in una reale irritazione dei genitali (in processi simili alla copulazione).

Ho scoperto questa causa determinante specifica dell'isteria -passività sessuale nel periodo pre-sessuale - in ogni caso di isteria (compresi due casi di uomini) che ho analizzato. Naturalmente il fatto di aver stabilito l'esistenza di fattori etiologici accidentali quale causa determinante, ha molto ridotto l'importanza di un altro fattore: la disposizione ereditaria. Inoltre, si rivela una via per capire il perché l'isteria è molto più frequente in elementi di sesso femminile; giacché essi perfino nell'infanzia sono più esposti a provocare attacchi sessuali.

Le obiezioni più immediate a questa conclusione saranno probabilmente che gli assalti sessuali su bambini piccoli accadono troppo spesso per avere un'importanza etiologica reale, oppure che questi tipi di esperienze sono forzatamente privi di effetto, proprio perché accadono a individui sessualmente non ancora sviluppati; e ancora, che si deve fare attenzione ad estorcere presunte reminiscenze di questo genere ai pazienti interrogandoli, e a credere nei racconti fantastici ch'essi stessi inventano. In risposta a queste ultime obiezioni possiamo invitare a non formarsi nessun giudizio troppo sicuro in questo campo così oscuro, finché non si sia usato il solo metodo che può far luce su di esso - la psicoanalisi - per rendere conscio quello che finora è stato inconscio '. Si può controbattere ciò che è essenziale nelle prime obiezioni, sottolineando il fatto che non sono le esperienze stesse che hanno un effetto traumatico, ma il loro ritorno come ricordo dopo che il soggetto è entrato nella maturità sessuale.

I miei tredici casi erano tutti senza eccezione di tipo grave; in tutti la malattia durava da molti anni, ed alcuni vennero da me dopo trattamenti in case di cura lunghi e privi di successo. I traumi infantili che l'analisi ha messo in luce in questi gravi casi si devono classificare tutti come seri danni sessuali; alcuni di essi erano realmente disgustosi. In prima fila tra i colpevoli di tali abusi, con le loro gravi conseguenze, ci sono le bambinaie, le istitutrici ed i domestici alle cui cure vengono affidati anche troppo sventatamente i bambini; oltre a questi figurano con deplorevole frequenza anche gli insegnanti.

In sette casi su tredici, comunque, risultò che gli assalitori erano bambini irreprensibili; si trattava, per la maggior parte, di fratelli che per anni di seguito avevano continuato dei rapporti sessuali con sorelle un po' più giovani di loro. Senza dubbio il corso degli eventi è stato, in ogni caso, simile a quello che è stato possibile tracciare con certezza in pochi casi individuali e cioè: il ragazzo era stato sedotto da qualcuno di sesso femminile, così che la sua libido era stata risvegliata prematuramente, e quindi, pochi anni dopo, egli aveva commesso un atto di aggressione sessuale contro la sorella, atto nel quale egli aveva ripetuto precisamente lo stesso procedimento a cui egli stesso era stato soggetto.

La masturbazione attiva si deve escludere dalla mia lista di danni sessuali (noxae) nella prima infanzia, danni che sono patogeni per l'isteria. Quantunque si trovi molto spesso fianco a fianco con l'isteria, il fenomeno è dovuto alla circostanza che la masturbazione stessa è una conseguenza molto più frequente di quanto si possa pensare dell'abuso o della seduzione.

Non è affatto raro che entrambi i bambini si ammalino, in seguito, di una nevrosi di difesa - il fratello con le ossessioni e la sorella con l'isteria. Questo naturalmente dà l'impressione di una predisposizione nevrotica familiare. Occasionalmente, però, questa pseudo-eredità viene risolta in modo sorprendente. In uno dei miei casi un fratello, una sorella ed un loro cugino un po' più grande, erano tutti malati. Dall'analisi che potei eseguire sul fratello, appresi ch'egli soffriva di rimorsi per essere stato la causa della malattia della sorella. Egli stesso era stato sedotto dal cugino e quest'ultimo, in famiglia era risaputo, era stato vittima della bambinaia.

Non posso dire con sicurezza quale sia il limite di età più elevato sotto al quale il danno sessuale ha una parte nell'etiologia dell'isteria; ma dubito che la passività sessuale possa portare alla rimozione più tardi che fra l'ottavo ed il decimo anno di età, a meno che non vi siano state esperienze precedenti che rendono possibile questo fatto. Il limite inferiore risale agli inizi della memoria stessa - cioè alla tenera età di un anno e mezzo o due anni! (ho avuto due di questi casi). In un gran numero dei miei casi il trauma sessuale (o la serie di traumi) ha avuto luogo nel terzo o quarto anno di vita. Io stesso non presterei fede a queste scoperte straordinarie se la loro completa attendibilità non fosse provata dallo sviluppo delle successive nevrosi. In ogni caso molti sintomi patologici, abitudini e fobie si possono spiegare soltanto risalendo a queste esperienze dell'infanzia, e la struttura logica delle manifestazioni nevrotiche fa sì che sia impossibile rifiutare questi ricordi fedelmente conservati che emergono dalla vita infantile. Sinceramente, sarebbe inutile cercare di far confessare ad un isterico questi traumi infantili interrogandolo al di fuori della psicoanalisi; le loro tracce non sono mai presenti nel ricordo cosciente, ma soltanto nei sintomi della malattia.

Tutte le esperienze e le eccitazioni che, nel periodo di vita seguente la pubertà, preparano il cammino o cagionano l'esplosione dell'isteria, hanno, in modo dimostrabile, il loro effetto soltanto perché risvegliano tracce mnestiche di questi traumi infantili, che non diventano consci, ma conducono alla liberazione dell'affetto ed alla rimozione. Questo ruolo dei traumi più recenti concorda bene con il fatto che essi non sono soggetti alle rigide condizioni che governano i traumi dell'infanzia, ma che possono variare in intensità e natura, dall'effettiva violazione sessuale alle semplici proposte sessuali o all'essere presente ad atti sessuali di altre persone, o al ricevere informazioni sugli atti sessuali2.

Nel mio primo saggio sulle nevrosi di difesa, non vi era alcuna spiegazione del come gli sforzi del soggetto, che fino ad allora era stato sano, per dimenticare un'esperienza traumatica di questo tipo, potessero avere il risultato di ottenere effettivamente la rimozione voluta e così aprire la porta alla nevrosi di difesa. Non poteva dipendere dalla natura delle esperienze, poiché tre persone erano rimaste sane nonostante fossero state esposte alle stesse cause precipitanti. L'isteria non si poteva perciò pienamente spiegare con l'effetto del trauma; si doveva ammettere che la predisposizione ad una reazione isterica fosse già esistita prima del trauma.

Il posto di questa predisposizione isterica indefinita può ora essere preso, interamente o parzialmente, dall'effetto postumo di un trauma sessuale dell'infanzia. La rimozione del ricordo di un'esperienza sessuale penosa che ha luogo negli anni più maturi, è possibile soltanto per coloro nei quali tale esperienza può attivare la traccia mnestica di un trauma dell'infanzia3.

Anche le ossessioni presuppongono un'esperienza sessuale nell'infanzia (benché sia un'esperienza di natura differente da quella trovata nell'isteria). L'etiologia delle due neuropsicosi di difesa è connessa come segue all'etiologia delle due nevrosi semplici, nevrastenia e nevrosi d'angoscia. Questi ultimi due disturbi sono effetti diretti dei danni sessuali (nome) stessi, come ho dimostrato nel mio saggio sulla nevrosi d'angoscia (1895); entrambe le nevrosi di difesa sono invece conseguenze indirette dei danni sessuali (noxae) che sono occorsi prima dell'avvento della maturità sessuale - sono conseguenze, cioè, delle tracce mnestiche psichiche di queste noxae. Le cause correnti che producono la nevrastenia e la nevrosi d'angoscia hanno spesso contemporaneamente il ruolo di cause attivanti delle nevrosi di difesa; d'altra parte le cause specifiche di una nevrosi di difesa - i traumi dell'infanzia - possono, allo stesso tempo, porre le basi di un futuro sviluppo della nevrastenia. Infine succede anche, abbastanza spesso, che la nevrastenia o una nevrosi d'angoscia siano mantenute non da pratiche sessuali (nome) attuali, ma, invece, soltanto dall'effetto persistente di un ricordo di traumi infantili4.

2. La natura ed il meccanismo della nevrosi ossessiva

Le esperienze sessuali della prima infanzia hanno nell'etio-logia della nevrosi ossessiva lo stesso significato che in quella dell'isteria. Qui, comunque, non si tratta più di passività sessuale, ma di atti di aggressione compiuti con piacere e di partecipazione compiaciuta ad atti sessuali - vale a dire, di attività sessuale. Questa differenza nelle circostanze etiologiche è collegata al fatto che la nevrosi ossessiva mostra una evidente preferenza per il sesso maschile.

Oltre a ciò, in tutti i miei casi di nevrosi ossessiva ho trovato un substrato di sintomi isterici che si potevano far risalire ad una scena di passività sessuale che aveva preceduto l'azione piacevole. Ho l'impressione che questa non sia una coincidenza fortuita, e che l'aggressività sessuale precoce implichi sempre l'esigenza di un'esperienza precedente in cui il soggetto è stato sedotto. Comunque, non posso ancora dare una spiegazione definitiva dell'etiologia della nevrosi ossessiva; ho solo l'impressione che la possibilità che si manifesti l'isteria o invece, la nevrosi ossessiva a causa di traumi dell'infanzia, dipenda dalle circostanze cronologiche nello sviluppo della libido.

La natura della nevrosi ossessiva si può esprimere con una semplice formula. Le idee ossessive sono invariabilmente dei rimorsi trasformati, che sono riemersi dalla rimozione e che si ricollegano sempre ad alcuni atti sessuali che sono stati compiuti con piacere nell'infanzia. Per poter spiegare questa affermazione è necessario descrivere il corso caratteristico seguito da una nevrosi ossessiva.

In un primo periodo - quello dell'immoralità infantile - accadono degli avvenimenti che contengono il germe della successiva nevrosi. Innanzitutto, nella primissima infanzia, abbiamo le esperienze di seduzione sessuale che in seguito renderanno possibile la rimozione; poi vengono gli atti di aggressione sessuale contro l'altro sesso, che più tardi appariranno nella forma di atti che denunciano il rimorso.

Questo periodo viene chiuso dall'avvento della «maturazione» sessuale, anch'essa eccessivamente precoce. Ora un rimorso si associa al ricordo di quelle azioni da cui fu tratto piacere e la loro relazione con l'esperienza di passività iniziale rende possibile - spesso soltanto dopo sforzi consci e rammentati - rimuoverli e sostituirli con un sintomo primario di difesa. Sintomi di questo genere sono la coscienziosità, la vergogna e la sfiducia in se stessi, sintomi con cui inizia il terzo periodo - il periodo di salute apparente ma in cui, in realtà, agisce la difesa.

Il periodo successivo, quello della malattia, è caratterizzato dal ritorno dei ricordi rimossi - cioè, dal fallimento della difesa. Non è accertato se il risveglio di questi ricordi avvenga più spesso casualmente e spontaneamente oppure come risultato di disturbi sessuali presenti, come una specie di loro sottoprodotto. Comunque, i ricordi riattivati ed i rimorsi che da questi vengono determinati, non riemergono mai immutati nella coscienza: quelli che diventano affetti ed idee ossessive consci, e prendono il posto di ricordi patogeni per quel che riguarda la vita conscia, sono delle strutture che hanno la natura di un compromesso tra le idee rimosse e quelle che le rimuovono.

Allo scopo di descrivere chiaramente e con una certa accuratezza i processi della rimozione, il ritorno delle idee rimosse e la formazione di idee-compromesso patologiche, ci si dovrebbe decidere a fare delle supposizioni precise sul substrato degli eventi psichici e della coscienza. Fin quando ci si asterrà dal formulare tali supposizioni, ci si dovrà accontentare delle seguenti osservazioni che sono intese più o meno figurativamente. Vi sono due forme di nevrosi ossessive, a seconda che ciò che forza un accesso alla coscienza sia esclusivamente il contenuto mnestico dell'atto che porta come conseguenza il rimorso oppure che sia l'affetto riprovevole connesso con l'atto.

La prima forma comprende le tipiche idee ossessive, in cui il contenuto attrae l'attenzione del paziente e, come affetto, egli prova semplicemente un dispiacere indefinito, dal momento che il solo affetto che sarebbe adatto all'idea ossessiva sarebbe quello del rimorso. Il contenuto dell'idea ossessiva viene distorto in due modi rispetto all'atto ossessivo dell'infanzia. Innanzitutto qualcosa di contemporaneo viene messo al posto di qualcosa che appartiene al passato; e poi qualcosa di sessuale viene sostituito con qualcosa di analogo che non sia sessuale. Queste due alterazioni sono l'effetto della tendenza alla rimozione, sempre valida, che attribuiremo all'Io. L'influenza del ricordo patogeno riattivato è provata dal fatto che il contenuto dell'idea ossessiva è ancora parzialmente identico a quello che è stato rimosso oppure deriva da esso attraverso un corso di pensieri logico. Se, con l'aiuto del metodo psicoanalitico, riusciamo a ricostruire l'origine della singola idea ossessiva, scopriamo che da un'unica impressione sono partite due diverse serie di pensieri. Quella che è passata attraverso il ricordo rimosso risulta essere altrettanto correttamente logica nella sua struttura quanto l'altra, benché non sia in grado di essere conscia e non sia suscettibile di correzione. Se i prodotti di queste due operazioni non coincidono, ciò che succede non è una specie di accomodamento logico della contraddizione che esiste fra di essi, ma, invece, accanto alla conseguenza intellettuale normale, arriva alla coscienza, come un compromesso tra la resistenza ed il prodotto intellettuale patologico, un'idea ossessiva che sembra assurda. Se le due serie di pensiero conducono alla stessa conclusione, esse si rinforzano l'un l'altra, cosicché un prodotto intellettuale che è stato raggiunto normalmente, ora agisce psicologicamente come un'idea ossessiva. Dovunque, nella sfera psichica, emerga un'ossessione nevrotica, essa deriva da una rimozione. Le idee ossessive hanno, per così dire, un corso psichico (ossessivo) coercitivo, non per il loro valore intrinseco, ma a causa della fonte da cui derivano o che ha aggiunto un contributo al loro valore.

Una seconda forma di nevrosi ossessiva si ha se ciò che è penetrato a forza nella rappresentazione della vita psichica conscia, non è il contenuto mnestico rimosso, ma il rimorso ugualmente rimosso. L'affetto del rimorso può, per mezzo di alcune addizioni mentali, essere trasformato in qualsiasi altro affetto spiacevole. Quando ciò è accaduto, non c'è più niente che impedisca all'affetto subentrato di diventare conscio. In questo modo il rimorso (per aver compiuto l'atto sessuale nell'infanzia) può facilmente trasformarsi in vergogna (timore che qualcun altro lo venga a scoprire), in angoscia ipocondriaca (paura dei danni fisici che possono derivare dall'atto che porta come conseguenza il rimorso), in angoscia sociale (paura di venire punito dalla società per il misfatto), in angoscia religiosa, in delirio di attenzione (paura che qualcuno riveli l'atto ad altre persone), oppure in paura della tentazione (un sfiducia giustificata nei propri poteri morali di resistenza), e così via.

Inoltre il contenuto mnestico dell'atto che porta come conseguenza il rimorso può essere rappresentato nella coscienza, oppure può rimanere completamente sullo sfondo - il che rende la diagnosi molto più difficile. Molti casi che, ad un esame superficiale, vengono giudicati come comune ipocondria (nevrastenica), appartengono, invece, al gruppo di affetti ossessivi; e particolarmente la cosiddetta «nevrastenia periodica» o «malinconia periodica» sembra risolversi, con inaspettata frequenza, in affetti ed idee ossessivi - una scoperta che, dal punto di vista terapeutico, è di non poca importanza.

Accanto a questi stimoli di compromesso, che indicano il ritorno del rimosso e, di conseguenza, un crollo della difesa che si era originariamente raggiunta, la nevrosi ossessiva costruisce una serie di nuovi sintomi, la cui origine è alquanto diversa. Dunque, l'Io cerca di allontanare i derivati del ricordo inizialmente rimosso ed in questa lotta difensiva crea dei sintomi che, tutti insieme, si possono classificare come «difesa secondaria». Queste sono tutte misure protettive, che hanno già fatto un buon lavoro nella lotta contro le idee ossessive e gli affetti ossessivi. Se questi aiuti nella lotta difensiva riescono genuinamente a rimuovere ancora una volta i sintomi del ritorno del rimosso che hanno fatto pressione sull'Io, allora l'ossessione viene trasferita alle misure protettive stesse e crea una terza forma di «nevrosi ossessiva», le azioni ossessive. Queste azioni non sono mai primarie; esse non contengono altro che una difesa - mai un'aggressione. Una loro analisi psichica dimostra che, nonostante la loro peculiarità, esse possono sempre essere completamente impiegate facendole risalire ai ricordi ossessivi contro cui combattono5.

La difesa secondaria contro le idee ossessive può essere effettuata mediante una conversione violenta su altri pensieri con un contenuto, per quanto possibile, contrario. Questa è la ragione per cui il rimuginare ossessivo, se ha successo, tratta regolarmente di cose astratte e soprasensuali; poiché le idee che sono state rimosse hanno sempre a che fare con la sensualità. Oppure il paziente cerca di rendersi padrone di ciascuna delle sue idee ossessive con un lavoro di logica e attingendo ai suoi ricordi consci. Ciò porta ad un pensare ossessivo, ad una pulsione a provare le cose e ad una mania di dubitare. Il vantaggio induce il paziente, e poi lo obbliga, a radunare e ad immagazzinare tutti gli oggetti con cui è venuto a contatto. La difesa secondaria contro gli affetti ossessivi porta ad un insieme ancor più ampio di misure protettive che sono potenzialmente capaci di essere trasformate in atti ossessivi. Questi, per quanto riguarda il loro scopo possono essere suddivisi in: misure penitenziali (opprimenti cerimoniali, aritmomania), misure precauzionali (ogni sorta di fobie, superstizioni, pedanteria, aumento del sintomo primario di coscienziosità), misure che hanno a che fare con la paura di tradirsi (collezionare pezzi di carta, tendenza all'isolamento), o che assicurano l'intorpidimento (della mente) (dipsomania). Tra questi atti ed impulsi ossessivi le fobie, poiché circoscrivono l'esistenza del paziente, hanno il ruolo più importante.

Ci sono casi in cui si può osservare come l'ossessione venga trasferita dall'idea o dall'affetto alla misura protettiva; altri in cui l'ossessione oscilla periodicamente tra il sintomo del ritorno del rimosso ed il sintomo della difesa secondaria; ed ancora altri casi in cui non viene costruita affatto un'idea ossessiva, ma, invece, il ricordo rimosso viene rappresentato direttamente da ciò che apparentemente è una misura primaria di difesa. Qui raggiungiamo con un balzo lo stadio che, di solito, completa il corso seguito dalla nevrosi ossessiva soltanto dopo che ha avuto luogo la lotta difensiva. I casi gravi di questo disturbo si concludono in azioni di cerimoniale fisse, o in un generalizzarsi della mania del dubbio, oppure in una vita eccentrica condizionata dalle fobie. Che le idee ossessive e tutto ciò che è derivato da esse non corrispondano alle credenze del soggetto, è senza dubbio dovuto al fatto che alla loro prima rimozione si è formato il sintomo difensivo della coscienziosità e che anche quel sintomo acquista una forza ossessiva. La certezza del soggetto di aver vissuto una vita morale durante l'intero periodo della sua riuscita difesa, fa sì che gli sembri impossibile credere al rimorso che l'idea ossessiva porta come conseguenza. Soltanto transitoriamente, all'apparire di una nuova idea ossessiva, e di quando in quando negli stati di esaurimento dell'Io, i sintomi patologici del ritorno del rimosso forzano il credo. Il carattere ossessivo delle formazioni psichiche che ho qui descritto non ha, generalmente, niente a che fare col fatto che il malato vi presti fede. Né si deve confondere con quanto viene descritto come «forza» o «intensità» di un'idea. La sua essenza è piuttosto data dal fatto di non essere influenzabile dall'attività psichica conscia; e questo attributo non subisce alcun cambiamento, sia che l'idea a cui si associa l'ossessione sia più forte o più debole, oppure più o meno intensamente «illuminata», o «investita» di energia, e così via.

La causa di questa invulnerabilità dell'idea ossessiva e dei suoi derivati, comunque, sta nella sua relazione con il ricordo rimosso dalla prima infanzia. Poiché se riusciamo a rendere conscia questa connessione - ed i metodi psicoterapeutici già sembrano in grado di farlo - anche l'ossessione può essere risolta.

3. Analisi di un caso di paranoia cronica 6

Per un considerevole periodo di tempo ho nutrito il sospetto che anche la paranoia - o almeno alcune categorie di casi che vengono raggruppati sotto il nome di paranoia - sia una psicosi di difesa; il che significa che, come l'isteria e le ossessioni, essa deriva dalla rimozione di ricordi penosi e che i suoi sintomi sono determinati, nella loro forma, dal contenuto di ciò che è stato rimosso. La paranoia, comunque, deve avere un metodo o meccanismo di rimozione speciale, che le è peculiare, nello stesso modo in cui l'isteria effettua la rimozione con il metodo di conversione in innervazione somatica, e la nevrosi ossessiva mediante la sostituzione (e cioè con la sostituzione lungo le linee di certe categorie di associazioni). Ho osservato parecchi casi che favorivano questa interpretazione, ma non ne ho trovato nessuno che la provasse; fino a quando, pochi mesi fa, ebbi l'opportunità, grazie alla gentilezza del dr. Joseph Breuer, di intraprendere la psicoanalisi, a scopi terapeutici, di una donna intelligente di trentadue anni, nel cui caso non si poteva mettere in dubbio una diagnosi di paranoia cronica. In queste pagine riferirò senza attendere oltre, alcuni dei dati che sono stato in grado di rilevare da questa analisi, poiché non ho speranza di studiare la paranoia se non in casi isolati e perché penso sia possibile che le mie osservazioni possano incoraggiare qualche psichiatra che si trova in una posizione migliore della mia in questo campo, a dare il giusto posto al fattore di «difesa» nella discussione che riguarda la natura ed il meccanismo psichico della paranoia, discussione che si sta svolgendo così attivamente proprio ora. Naturalmente, poiché mi baso soltanto sulla seguente osservazione, non ho intenzione di dire altro che: «Questo è un caso di psicosi di difesa e, molto probabilmente, ce ne sono altri dello stesso tipo nella categoria della "paranoia"».

La signora P., di trentadue anni, si è sposata tre anni fa ed è madre di un bambino di due anni. I suoi genitori non erano nevrotici, ma il fratello e la sorella, sono nevrotici, come lei. Sembra, ma non è sicuro, che una volta, verso i venticinque anni, la signora abbia attraversato un periodo di depressione e di confusione mentale. In questi ultimi anni era sana, finché sei mesi dopo la nascita del figlio, mostrò i primi segni della malattia attuale. Divenne taciturna e diffidente, mostrò una chiara avversione ad incontrare i fratelli e le sorelle del marito e si lamentò perché i vicini, nella piccola città in cui viveva, si comportavano con lei diversamente da prima, ed erano sgarbati. Queste lamentele aumentarono, gradualmente, in intensità anche se non in precisione. La donna pensava che la gente avesse qualcosa contro di lei, benché non avesse idea di cosa potesse essere; ma non c'era alcun dubbio che tutti - parenti ed amici - avessero cessato di rispettarla e facessero tutto quel che potevano per mancarle di riguardo. Si era spremuta il cervello, disse, per scoprire la ragione di tutto questo, ma non ne aveva la più pallida idea. Poco tempo dopo cominciò a lamentarsi di essere sorvegliata e a dire che la gente le leggeva nei pensieri e sapeva tutto ciò che succedeva in casa sua. Un pomeriggio, improvvisamente le venne in mente d'essere spiata mentre si spogliava, la sera. Da quel momento prese tutte le precauzioni possibili, quando si svestiva; si infilava nel letto al buio e non cominciava a togliersi le sue cose fino a quando non era sotto le coperte. Poiché evitava ogni contatto con altra gente, mangiava poco ed era molto depressa, nell'estate del 1895 fu mandata in uno stabilimento termale. Lì, apparvero nuovi sintomi e quelli che già aveva si rafforzarono. Già nella primavera di quell'anno, un giorno, mentre si trovava sola con la domestica, aveva improvvisamente provato una sensazione nella parte bassa dell'addome, ed aveva pensato, fra sé, che la ragazza, in quel momento, aveva avuto un'idea sconveniente. Questa sensazione divenne più frequente nella estate, fino a diventare quasi continua. Essa sentiva i propri genitali «come gravati da una mano pesante». Quindi incominciò a vedere immagini che la sconvolgevano - allucinazioni di donne nude, specialmente della parte più bassa dell'addome di una donna con i peli pubici, e, di quando in quando, anche di genitali maschili. Di solito, la immagine dell'addome con i peli e la sensazione fisica nel suo stesso addome erano associate. Le immagini divennero tormentose, giacché capitavano regolarmente quando era in compagnia di una donna, e le facevano pensare di vedere la donna in uno stato indecente di nudità, ma anche che, simultaneamente, la donna avesse lo stesso quadro di lei (!). Nello stesso periodo in cui era soggetta a queste allucinazioni visive - che svanirono nuovamente per parecchi mesi dopo la loro prima apparizione nello stabilimento termale - cominciò ad essere tormentata da voci che non riconosceva e non riusciva a spiegarsi. Quando era per strada esse dicevano: «Quella è la signora P. - Ecco che va! - Dove sta andando?». Ogni suo movimento ed ogni sua azione erano criticati; e, a volte, udiva minacce e vituperi. Tutti questi sintomi peggioravano quando era in compagnia oppure per strada. Per questa ragione essa rifiutava di uscire; diceva che il mangiare la disgustava ed il suo stato di salute peggiorò rapidamente.

Ho raccolto tutte queste informazioni da lei quando venne a Vienna, nell'inverno del 1895, per essere curata da me. Mi sono dilungato nell'esporle poiché voglio comunicare l'impressione che ciò di cui ci stiamo qui occupando sia veramente una orma piuttosto frequente di paranoia cronica - una conclusione che si scoprirà concordare con i dettagli dei suoi sintomi ed il comportamento che devo ancora descrivere. A quel tempo ella mi nascondeva le formazioni deliranti che avrebbero potuto chiarire le sue allucinazioni, oppure, in effetti, non ne aveva ancora avute. La sua intelligenza non era diminuita; la sola cosa solita che appresi fu che aveva ripetutamente fissato degli appuntamenti con il fratello, che viveva nelle vicinanze, allo scopo di confidargli qualcosa d'importante, ma poi non gli aveva mai detto nulla. Non parlò mai delle sue allucinazioni, e verso la fine non parlava più nemmeno delle mancanze di riguardo e delle persecuzioni a cui era soggetta.

Ciò che devo riferire su questa paziente riguarda l'etiologia del caso ed il meccanismo delle allucinazioni. Ho scoperto l'etiologia quando ho applicato il metodo di Breuer, esattamente come in un caso d'isteria - in primo luogo per l'investigazione e la rimozione delle allucinazioni. Nel fare ciò, ho cominciato col supporre che in questo caso di paranoia, proprio come negli altri due di nevrosi di difesa, che conoscevo bene, ci dovevano essere dei pensieri inconsci e dei ricordi rimossi, che si potevano portare ad un livello conscio con lo stesso sistema che si era impiegato per le altre due nevrosi, e cioè superando una certa resistenza. Improvvisamente la paziente confermò le mie aspettative, poiché si comportò, nell'analisi, per esempio, esattamente come una paziente isterica; portando la sua attenzione sulla pressione della mia mano, essa ebbe dei pensieri che non poteva ricordare di aver avuto, che all'inizio non capiva e che erano contrari alle sue aspettative. Era così dimostrata la presenza di idee inconsce significative anche in un caso di paranoia ed io potevo sperare di scoprire che il suo carattere coattivo è legato alla rimozione. La sola peculiarità era che i pensieri che scaturivano dall'inconscio erano, per la maggior parte, uditi interiormente o allucinati dalla paziente sotto forma di voci.

Per quel che riguarda l'origine delle allucinazioni visive, o almeno delle immagini vivide, ho appreso quel che segue: l'immagine della parte più bassa dell'addome di una donna coincideva quasi sempre con la sensazione fisica nel suo stesso addome; ma quest'ultima era molto più costante ed aveva luogo spesso senza l'immagine. Le prime immagini di un addome femminile si erano avute nello stabilimento termale poche ore dopo che aveva effettivamente visto molte donne nude ai bagni; cosicché risultarono essere semplici riproduzioni di un'impressione reale. Si doveva perciò supporre che queste impressioni erano state ripetute soltanto perché vi si era associato un grande interesse. Ella mi disse di aver avuto vergogna per quelle donne; lei stessa aveva avuto vergogna di essere vista nuda, a quanto ricordava. Poiché dovevo considerare la vergogna come qualcosa di ossessivo, conclusi, conformemente al meccanismo di difesa, che ci doveva essere un'esperienza che era stata rimossa e di cui lei non aveva provato vergogna. Così le chiesi di lasciar affiorare i ricordi che riguardavano il tema della vergogna. Ella prontamente riprodusse una serie di scene che andavano da quando lei aveva diciassette anni fino a quando ne aveva otto, in cui aveva avuto vergogna di essere nuda nel bagno di fronte alla madre, alla sorella ed al dottore; ma la serie si concluse con una scena che aveva avuto luogo quando lei aveva sei anni, in cui si stava spogliando nella camera dei bambini prima di andare a letto, senza provare alcuna vergogna di fronte al fratello che era lì. Nell’interrogarla, trapelò che scene del genere erano spesso avvenute e che fratello e sorella per anni avevano avuto l'abitudine di vedersi nudi prima di andare a letto. Ora si poteva spiegare l'idea d'essere osservata mentre si spogliava. Era un frammento immutato del vecchio ricordo che comportava il rimorso, ed ora lei compensava la mancanza di vergogna che aveva avuto da bambina.

La mia congettura che avessimo a che fare con una storia di bambini, come spesso si scopre nell'etiologia dell'isteria, fu rafforzata dai successivi progressi dell'analisi, che, allo stesso tempo, mi fruttò le soluzioni di singoli dettagli che ricorrono frequentemente nel quadro clinico della paranoia. La depressione della paziente incominciò al tempo di una lite fra il marito ed il fratello, il cui risultato fu che quest'ultimo non andò più a casa loro. Ella era sempre stata molto affezionata a questo fratello e ne sentì molto la mancanza in quel periodo. Oltre a ciò parlò di un certo momento della sua malattia in cui, per la prima volta, «tutto divenne chiaro per lei» - cioè, in cui si convinse della verità del suo sospetto che tutti la disprezzassero e le mancassero di riguardo deliberatamente. Questa certezza le venne durante una visita fattale dalla cognata che, nel corso della conversazione, lasciò cadere le parole: «Se mi succedesse qualcosa del genere non gli darei importanza». Inizialmente la signora P. prese quest'osservazione senza diffidenza; ma, in seguito, quando la visitatrice se ne fu andata, le sembrò che le parole contenessero un rimprovero, come se lei avesse l'abitudine di prendere alla leggera le cose serie; e da quel momento fu sicura di essere la vittima della calunnia generale. Quando le chiesi cosa le facesse pensare di essere nel giusto nell’applicare le parole a se stessa, rispose che era stato il tono di voce con cui la cognata aveva parlato che l'aveva convinta (benché, è vero, soltanto successivamente). Questo è un dettaglio caratteristico della paranoia. A questo punto la costrinsi a ricordare ciò che la cognata aveva detto prima dell'osservazione di cui lei si lamentava, e risultò che la cognata aveva raccontato come nella casa dei suoi genitori vi fossero state tutte le specie di difficoltà con i fratelli, ed aveva aggiunto un saggio commento: «In tutte le famìglie succedono un sacco di cose su cui si vorrebbe stendere un velo. Ma se qualcosa del genere succedesse a me, la prenderei alla leggera». La signora P. ora dovette ammettere che la sua depressione era associata alle affermazioni fatte dalla cognata prima di questa sua ultima osservazione. Poiché aveva rimosso entrambe le affermazioni che avrebbero potuto risvegliare un ricordo dei suoi rapporti con il fratello, ed aveva conservato soltanto l'ultima, insignificante, era con essa che doveva collegare la sensazione di rimprovero da parte della cognata; e giacché il suo contenuto non offriva alcuna base per fare ciò, si rivolse dal contenuto al tono con cui le parole erano state pronunciate. Questa è probabilmente una prova tipica che le interpretazioni erronee della paranoia si basano su di una rimozione.

Anche la singolare condotta della mia paziente, nel fissare appuntamenti con il fratello e poi non avere nulla da dirgli, veniva chiarita in modo sorprendente. La spiegazione era che essa aveva pensato che se soltanto avesse potuto guardarlo, egli avrebbe dovuto capire le sue sofferenze, poiché ne conosceva la causa. Ora, poiché questo fratello era, in effetti, la sola persona che poteva conoscere l'etiologia della sua malattia, era chiaro che la donna aveva agito in conformità ad un motivo che, benché lei stessa non lo comprendesse consciamente, appariva perfettamente giustificato non appena alimentato da un significato derivato dall'inconscio.

In seguito riuscii a convincerla a riprodurre le varie scene in cui era culminata la sua relazione sessuale con il fratello (che era certamente durata da quando lei aveva sei anni fino a quando ne aveva dieci). Durante questo lavoro di riproduzione, la sensazione fìsica nel suo addome «si associò nella conversazione», per così dire, come si è osservato che succede regolarmente anche nell'analisi dei residui mnestici isterici. L'immagine della parte più bassa di un addome di donna nudo (ma ora ridotto a proporzioni infantili e senza peli) apparve con la sensazione, oppure non c'era, a seconda che la scena corrispondente fosse accaduta in piena luce oppure al buio. Anche il suo disgusto per il mangiare trovò un spiegazione in un particolare repellente di questi atti. Dopo conclusa la rievocazione di questa serie di scene, le sensazioni allucinatorie e le immagini scomparvero e (per lo meno fino ad oggi) non sono più ritornate 7.

Avevo scoperto, quindi, che queste allucinazioni non erano altro che parti del contenuto di esperienze infantili rimosse, sintomi del ritorno del rimosso.

Allora mi volsi all'analisi delle voci. Anzitutto quel che si deve spiegare è il perché un concetto così poco importante come: «Ecco la signora P.», «Adesso cerca una casa» e così via, poteva essere stato così penoso per lei; poi, come mai proprio queste frasi innocenti erano state rinforzate dall'allucinazione, tanto da diventare chiare e distinte. Fin dall'inizio è stato chiaro che le «voci» non potevano essere ricordi che si riproducevano in modo allucinatorie, come le immagini e le sensazioni, ma piuttosto, erano pensieri che venivano «detti a voce alta».

La prima volta ch'ella udì le voci fu nelle seguenti circostanze. Stava leggendo la bella novella di Otto Ludwig, Die Heiterethei, con appassionato interesse, e si accorse che mentre leggeva, affioravano dei pensieri che reclamavano la sua attenzione. Immediatamente dopo, andò a fare una passeggiata lungo una strada di campagna, e, mentre stava passando vicino ad una piccola casa di contadini, le voci dissero improvvisamente: «Ecco com'era il cottage di Heiterethei! C'è la sorgente e ci sono i cespugli! Com'era felice nonostante la sua povertà!». Quindi le voci le ripeterono interi paragrafi di quel che aveva appena letto. Era però incomprensibile perché il villino, la sorgente ed i cespugli di Heiterethei, e passaggi insignificanti ed irrilevanti della novella, dovessero impegnare la sua attenzione con forza patologica. Comunque, la soluzione dell'enigma non era difficile. La sua analisi mostrò che mentre leggeva, aveva avuto anche altri pensieri e che era stata eccitata da diversi passaggi del libro. Contro questo materiale - analogie tra la coppia della novella e lei stessa e suo marito, ricordi di intimità della sua vita coniugale e di segreti di famiglia - contro tutto ciò si era levata una resistenza rimozionale perché tutto ciò era associato, da una serie di pensieri facilmente individuabili, con la sua avversione per la sessualità ed in tal modo, alla fine, ritornava fino al risveglio della sua vecchia esperienza infantile. Come conseguenza di questa censura esercitata dalla rimozione, gli innocui passaggi idilliaci, che erano associati sia per contrasto sia per contiguità, con quelli banditi, acquistarono una forza supplementare nella loro relazione con la coscienza, il che rese possibile la loro trasformazione in voci. La prima delle idee rimosse, per esempio, si riferiva alle calunnie dei vicini a cui l'eroina, che viveva da sola, era esposta. La mia paziente scoprì facilmente l'analogia con se stessa. Lei pure viveva in un piccolo posto, non incontrava nessuno, e pensava di essere disprezzata dai vicini. Questa diffidenza verso i vicini aveva un fondamento reale. All'inizio si era dovuta accontentare di un piccolo appartamento, e la parete della stanza da letto contro cui poggiava il letto matrimoniale della giovane coppia confinava con una stanza che apparteneva ai vicini. Con l'inizio del suo matrimonio - ovviamente attraverso un inconscio risveglio della sua relazione infantile, in cui lei e suo fratello giuocavano a fare marito e moglie - lei aveva sviluppato una grande avversione per la sessualità. Era costantemente preoccupata che i vicini potessero udire rumori e parole attraverso la parete divisoria, e questa vergogna si tramutò in sospetto verso i suoi vicini.

In tal modo le voci dovevano la loro origine alla rimozione di pensieri che, in ultima analisi, erano, in effetti, rimorsi per le esperienze analoghe della propria infanzia. Conformemente, le voci erano sintomi del ritorno del rimosso. Ma erano anche, allo stesso tempo, le conseguenze di un compromesso tra la resistenza dell'Io ed il potere del rimosso che ritornava - un compromesso che, in questo caso, aveva causato una distorsione che andava al di là di ogni riconoscimento. In altri casi in cui ebbi l'occasione di analizzare le voci della signora P., la distorsione era meno grande. Cionondimeno le parole che ella sentiva avevano sempre una qualità di indeterminatezza diplomatica: l'allusione ingiuriosa era in genere profondamente nascosta; il rapporto tra le frasi separate era mascherato da uno strano modo di esprimersi, insolite forme di discorso, e così via, caratteristiche che sono comuni alle allucinazioni auditive dei paranoici in generale, ed in cui vedo le tracce della distorsione attraverso il compromesso. Per esempio, l'osservazione «ecco la signora P., sta cercando una casa nella strada», era il simbolo di una minaccia di mancata guarigione; giacché io le avevo promesso che dopo il trattamento sarebbe stata in grado di ritornare alla cittadina in cui lavorava il marito. (Aveva preso provvisoriamente delle stanze a Vienna per alcuni mesi.)

In casi isolati la signora P. riceveva anche minacce più definite - per esempio, in merito ai parenti di suo marito; eppure c'era ancora un contrasto tra la maniera riservata in cui erano espresse ed il tormento che le causavano le voci. Tenendo presente quel che si sa della paranoia sono propenso a supporre che vi sia un graduale deterioramento delle resistenze che indeboliscono i rimorsi; così che alla fine, la difesa viene interamente a mancare ed il rimorso originale, l'effettivo termine d'abuso da cui il soggetto stava cercando di allontanarsi ritorna nella sua forma inalterata. Non so, comunque, se gli avvenimenti si svolgono sempre in questo modo, né se la censura delle parole che implicano il ritorno può essere assente dall'inizio oppure può persistere fino alla fine.

Ora non mi rimane che servirmi di quel che si è appreso da questo caso di paranoia per fare un paragone tra la paranoia e la nevrosi ossessiva. In ciascuna di esse, la rimozione si è dimostrata essere il nucleo del meccanismo psichico, ed in ciascuna quel che è stato rimosso è un'esperienza sessuale dell'infanzia. Inoltre in questo caso di paranoia, ogni ossessione deriva dalla rimozione; i sintomi della paranoia permettono una classificazione simile a quella che si è dimostrata giusta per la nevrosi ossessiva. Parte dei sintomi, ancora una volta, derivano dalla difesa primaria - e cioè tutte le idee deliranti che sono caratterizzate dalla diffidenza e dal sospetto e che hanno a che fare con presunte persecuzioni di altri. Nella nevrosi ossessiva il rimorso iniziale è stato rimosso dalla formazione del sintomo primario di difesa: diffidenza verso se stessi. Con questo, il rimorso è riconosciuto come giustificato; e per controbilanciarlo la coscienza che il soggetto ha acquistato durante il periodo d'intervallo in cui era sano, ora lo protegge dal prestare fede ai rimorsi che tornano nella forma di idee ossessive. Nella paranoia il rimorso è rimosso in un modo che si potrebbe descrivere come proiezione. Viene rimosso mediante la creazione del sintomo difensivo di diffidenza verso altre persone. In questo modo il soggetto ritira il suo riconoscimento del rimorso; e, come per compensare ciò, egli è privato della protezione contro i rimorsi che ritornano nelle sue idee deliranti.

Altri sintomi del mio caso di paranoia si devono descrivere come sintomi del ritorno del rimosso, ed anche essi, come quelli della nevrosi ossessiva portano le tracce del compromesso che, solo, permette loro di entrare nella coscienza. Tali sono, per esempio, l'idea delirante della mia paziente di essere guardata mentre si spogliava, le sue allucinazioni visive, le sue allucinazioni di sensazioni ed il suo udire delle voci. Nell'idea delirante, che ho appena menzionato, c'è un contenuto mnestico che è quasi inalterato e che è soltanto reso indeterminato mediante l'omissione. Il ritorno del rimosso in immagini visive si avvicina al carattere dell'isteria piuttosto che a quello della nevrosi ossessiva; ma l'isteria ha l'abitudine di ripetere i suoi simboli mnestici senza modifiche, mentre le allucinazioni mnestiche subiscono nella paranoia una distorsione simile a quella della nevrosi ossessiva: un'immagine aggiornata analoga prende il posto di quella rimossa. (Per esempio, appare l'addome di una donna adulta invece di quello di una bambina e un addome su cui i peli sono particolarmente distinti, mentre essi non esistevano nell'impressione originale.) Una cosa che è abbastanza peculiare della paranoia e su cui non è necessario fare maggior luce, è che i rimorsi rimossi ritornano nella forma di pensieri espressi a voce alta. Nel corso di questo processo, essi sono costretti a sottomettersi ad una doppia distorsione: sono soggetti ad una censura, che li porta ad essere sostituiti da altri pensieri associati oppure vengono dissimulati da un modo indeterminato di esprimersi e vengono riferiti ad esperienze recenti che non sono altro che analoghe alle vecchie.

Il terzo gruppo di sintomi che si trovano nella nevrosi ossessiva, i sintomi di difesa secondaria, non possono essere presenti come tali in paranoia, perché nessuna difesa può essere utile contro i sintomi che ritornano e a cui, come sappiamo, è associato il credo. Al posto di questo scopriamo, nella paranoia, un'altra fonte per la formazione dei sintomi. Le idee deliranti che sono arrivate alla coscienza per mezzo di un compromesso (i sintomi del ritorno del rimosso), fanno pressione sull'attività-di-pensiero dell'Io così da essere accettate senza contraddizione. Poiché esse non sono aperte ad alcuna influenza, è l'Io stesso che si deve adattare ad esse; e quindi ciò che qui corrisponde ai sintomi della difesa secondaria nella nevrosi ossessiva è una formazione delirante che cerca di armonizzare le differenti parti del materiale - allucinazioni interpretative che si concludono con una alterazione dell'Io. Sotto questo punto di vista, il caso in discussione non era completo; a quel tempo la mia paziente non aveva ancora dato alcun segno dei tentativi di interpretazione, che apparvero in seguito. Ma non ho alcun dubbio che se applicassimo la psicoanalisi anche a questo stadio della paranoia, saremmo in grado di raggiungere un nuovo ed importante risultato. Risulterebbe, inoltre, che la cosiddetta debolezza di memoria dei paranoici è anch'essa tendenziosa - cioè a dire, si basa sulla rimozione e serve ai fini della rimozione. Una successiva rimozione e sostituzione prende il posto dei ricordi, che non sono affatto patogeni, ma che sono in contraddizione con l'alterazione dell'Io richiesta così insistentemente dai sintomi del ritorno del rimosso.

Note

1 Io stesso sono incline a pensare che storie sugli assalti subiti, che gli isterici inventano così frequentemente, possono essere invenzioni ossessive che scaturiscono dalla traccia mnestica di un trauma infantile.

2 In un saggio sulla nevrosi d'angoscia, feci notare che la «nevrosi d'angoscia si può presentare in ragazze che si stiano avvicinando alla maturità attraverso il loro primo incontro con il problema del sesso. ...Tale forma di nevrosi è associata all'isteria in un modo quasi caratteristico». Adesso so che l'occasione in cui si manifesta questa «angoscia virginale» nelle ragazze giovani, non rappresenta effettivamente il loro primo incontro con le sessualità; un'esperienza di passività sessuale ha già avuto luogo precedentemente, nella loro infanzia, ed il ricordo di questa è risvegliato da questo «primo incontro».

3 Una teoria psicologica della rimozione dovrebbe anche gettare luce sulla questione del perché sono soltanto le idee con contenuto sessuale che possono essere rimosse. Una tale spiegazione potrebbe derivare delle seguenti indicazioni. È noto che l'avere idee a contenuto sessuale causa dei processi eccitatori nei genitali, simili a quelli prodotti dall'esperienza sessuale stessa. Possiamo presumere che questa eccitazione somatica sia trasferita alla sfera psichica. Come regola l'effetto in questione è molto più forte nel caso dell'esperienza che in quello del ricordo. Ma se l'esperienza sessuale avviene durante il periodo di immaturità sessuale ed il ricordo di essa viene risvegliato durante o dopo la maturità, allora il ricordo causerà un effetto eccitatorio molto più forte di quello che l'esperienza stessa aveva provocato al suo accadere; e ciò dipende dal fatto che nel frattempo la pubertà ha enormemente accresciuto la capacità di reazione dell'apparato sessuale. Un rapporto invertito di tal genere tra l'esperienza reale e il ricordo sembra contenere la condizione psicologica potenziale per la manifestazione di una rimozione. La vita sessuale offre - attraverso il ritardo della maturità puberale rispetto alle funzioni psichiche - la sola possibilità che vi sia per questa inversione di efficacia relativa. / traumi dell'infanzia agiscono in modo differito come se fossero esperienze nuove; ma questo è un processo inconscio. Devo rimandare ad un'altra occasione una possibile discussione psicologica più approfondita. Mi sia permesso di aggiungere, comunque, che il periodo della «maturazione sessuale», come io l'ho definito, non coincide con la pubertà ma la precede (in quanto va dall'ottavo al decimo anno di età).

4 [Nota aggiunta nel 1924.] Questa parte è dominata da un errore che, in seguito, ho più volte riconosciuto e corretto. A quel tempo non ero ancora in grado di distinguere tra le fantasie dei miei pazienti sui loro anni infantili ed i loro ricordi reali. Come risultato, attribuii al fattore etiologico di seduzione un significato ed una universalità ch'esso non possiede. Una volta superato questo errore è stato possibile ottenere una comprensione approfondita delle manifestazioni spontanee della sessualità dei bambini, che io ho descritto nei miei Tre saggi sulla sessualità (1905) [trad. it. in Sessualità e vita amorosa, Roma, Newton Compton editori 19912, in questa collana]. Cionondimeno non dobbiamo rifiutare tutto quel che è scritto nel suddetto testo. La seduzione conserva una certa importanza etiologiea, ed ancora oggi penso che alcuni di questi commenti psicologici siano validi.

5 Prendiamo in esame un unico esempio. Un ragazzo di undici anni aveva istituito, in modo ossessivo, il seguente cerimoniale prima di andare a letto. Egli non si coricava finché non aveva raccontato alla madre, con i dettagli più minuziosi, tutte le esperienze che aveva fatto durante la giornata; non ci doveva essere alcun pezzo di carta o altra roba sul tappeto della sua stanza da letto, la sera; il suo letto doveva essere spinto proprio contro la parete, tre sedie dovevano essere messe di fronte ad esso, ed i cuscini dovevano essere aggiustati in un modo particolare. Per addormentarsi era costretto prima a tirare calci con entrambe le gambe per un certo numero di volte, e poi a sdraiarsi su di un fianco. Ciò fu spiegato nella seguente maniera. Alcuni anni prima, una giovane domestica, che aveva l'incarico di mettere a letto il bel bambino, colse l'occasione per sdraiarglisi accanto ed abusare di lui sessualmente. Quando, in seguito, questo ricordo fu risvegliato in lui da una nuova esperienza, si manifestò alla sua coscienza in una spinta a compiere il cerimoniale che ho sopra descritto. Il significato del cerimoniale era facile ad intuirsi e fu stabilito punto per punto dalla psicoanalisi. Le sedie venivano collocate di fronte al letto ed il letto spinto contro il muro, in modo che nessun altro avrebbe potuto salire sul letto. I cuscini erano sistemati in un modo Particolare in quanto dovevano essere disposti differentemente da come lo erano quella sera; i movimenti con le gambe avevano lo scopo di scacciar via la persona che gli giaceva accanto; il dormire su di un fianco era causato dal fatto che, in quell'episodio, egli stette sdraiato sulla schiena; la sua confessione circostanziata alla madre perché, obbedendo alla proibizione della sua seduttrice, egli aveva taciuto alla madre questa ed "tre esperienze sessuali e, infine la ragione di quel suo voler mantenere pulito il pavimento della sua stanza da letto era motivata dal fatto che tale negligenza era la ragione principale per cui aveva dovuto subire molti rimproveri da parte della madre.

6 Più correttamente, senza dubbio, dementia paranoides.

7 Quando, in seguito, un'esacerbazione della sua malattia distrusse i buoni risultati ottenuti col trattamento - che, in ogni caso erano scarsi - la paziente non vedeva più le immagini offensive dei genitali di altra gente, ma aveva l'impressione che le altre persone vedessero i suoi genitali ogniqualvolta si trovavano dietro di lei.

Il resoconto frammentario di questa analisi nel testo di cui sopra, è stato scritto mentre la paziente era ancora sottoposta al trattamento. Poco tempo dopo, le sue condizioni diventarono tanto più gravi che il trattamento dovette essere interrotto. Essa fu trasferita in un istituto, e lì attraversò un periodo di gravi allucinazioni che avevano tutti i segni della dementici praecox (demenza precoce). Contrariamente alle aspettative, comunque, guarì e ritornò a casa, ebbe un altro figlio, sano, e per un lungo periodo (12 o 15 anni) fu in grado di adempiere a tutte le sue mansioni in modo soddisfacente. Sembra che l'unico segno della sua precedente psicosi fosse che evitava la compagnia di tutti i parenti, sia della sua famiglia che di quella del marito. Alla fine di questo periodo, colpita da vicende avverse nelle sue condizioni finanziarie, si ammalò nuovamente. II marito era diventato inabile al lavoro, ed i parenti che lei aveva sempre evitato erano costretti a mantenere la famiglia. Ella fu nuovamente mandata in un istituto, e lì mori, Poco dopo, per una polmonite che sopraggiunse rapidamente.