Trattamento psichico (Trattamento dell'anima)

1890

«Psiche» è un vocabolo greco che significa «anima». Perciò per «trattamento psichico» s'intende «trattamento dell'anima»; si potrebbe quindi pensare che voglia dire trattamento dei fenomeni patologici della vita dell'anima. Ma il significato dell'espressione è diverso. Trattamento psichico vuol dire invece trattamento a partire dall'anima, trattamento di disturbi psichici o somatici, con mezzi che agiscono in primo luogo e direttamente sulla psiche umana.

Questo mezzo è costituito anzitutto dalla parola, e le parole sono anche lo strumento fondamentale del trattamento psichico. Certo, difficilmente il profano potrà comprendere come le «sole» parole del medico possano rimuovere disturbi patologici somatici e psichici. Penserà che gli si chieda di credere nella magia. E non del tutto ha torto; le parole dei nostri discorsi di tutti i giorni sono solo magia attenuata. Ma per comprendere come la scienza riesca, almeno in parte, a restituire alla parola la sua primitiva forza magica, occorrerà scegliere una strada indiretta, più vasta.

Anche i medici che hanno avuto una formazione scientifica solo recentemente hanno cominciato a comprendere il valore del trattamento psichico, il che si spiega facilmente pensando all'evoluzione della medicina negli ultimi cinquant'anni. Dopo un periodo piuttosto infecondo di dipendenza dalla cosiddetta «filosofia naturale», la medicina ha compiuto notevolissimi passi avanti, come scienza e come arte, sotto il benefico influsso delle scienze naturali; ha scoperto che l'organismo è strutturato sulla base di unità microscopiche (cellule), ha imparato a comprendere i processi vitali (funzioni) da un punto di vista fisico e chimico; ha distinto le modificazioni visibili e tangibili delle parti del corpo, che sono gli effetti dei diversi processi patologici; d'altro lato, ha anche scoperto i sintomi per cui nelle persone ancora in vita si manifestano determinati processi patologici profondi, ed ha ridotto in modo incredibile i pericoli di gravi interventi operatori servendosi delle cognizioni di recente acquisite. Tutti questi progressi e queste scoperte si riferivano al lato somatico dell'uomo, e così, per un processo di valutazione ingiusto ma facilmente comprensibile, si arrivò al punto che i medici si interessarono solo del corpo, lasciando senz'altro che fossero i filosofi, che essi disprezzavano, ad occuparsi del lato psichico.

Anche se la medicina moderna aveva buone ragioni per studiare l'indubbio rapporto tra corpo e psiche, essa non cessò mai di considerare quest'ultima come determinata e dipendente dal corpo. Così si rilevò che le prestazioni intellettuali dipendono dalla presenza di un cervello normalmente sviluppato ed alimentato in modo sufficiente, e che esse risentono di ogni malattia di questo organo; inoltre si rilevò che con l'introduzione in circolo di sostanze tossiche si possono provocare determinati stati di alterazione mentale o, per citare un caso minore, che i sogni vengono modificati a seconda degli stimoli che a scopo sperimentale si fanno agire su chi dorme.

Nell'animale come nell'uomo, il rapporto tra corpo ed anima è un rapporto di reciproco completamento, ma in passato l'altro lato di questo rapporto, l'azione della psiche sul corpo, trovava nei medici scarsa considerazione. Era come se questi avessero timore di concedere alla vita psichica una certa indipendenza, quasi come se in questo modo si allontanassero da un livello scientifico.

Poco a poco, negli ultimi quindici anni, si è verificato un cambiamento in questo indirizzo unilaterale della medicina in direzione del corpo, mutamento derivato direttamente dall'attività medica. Ci sono infatti parecchi malati, più o meno gravi, che con i loro sintomi e le loro lamentele richiedono molto dalla medicina e nei quali, tuttavia, non si riesce, né in vita né dopo la morte, e nonostante tutti i progressi nei metodi d'indagine della medicina scientifica, a riscontrare indizi tangibili ed evidenti del processo patologico. Alcuni di questi malati presentano un quadro clinico notevolmente vasto e molteplice: il mal di testa o l'incapacità di concentrarsi impediscono loro il lavoro intellettuale, quando leggono dolgono loro gli occhi, quando camminano avvertono una sensazione di stanchezza alle gambe, si lamentano di un dolore sordo o si addormentano, hanno una digestione disturbata da sensazioni dolorose, eruttazioni o crampi allo stomaco, l'evacuazione non riesce se non è facilitata, il sonno è impossibile, ecc. Possono presentare tutti questi sintomi contemporaneamente o in tempi successivi, o solo una parte di essi; evidentemente, la malattia è sempre la stessa. Spesso i suoi sintomi sono mutevoli, e si avvicendano e si sostituiscono reciprocamente; lo stesso soggetto che prima non era in grado di lavorare per il mal di testa, ma aveva una digestione discreta, il giorno dopo può rallegrarsi perché ha la testa libera, ma da allora sopporta male quasi tutti i cibi. Per di più, quando si verifica un notevole cambiamento nelle sue condizioni di vita, è d'un tratto liberato da tutte le sue sofferenze: durante un viaggio gli può capitare di stare benissimo e di gustare senza fastidio qualunque cibo; probabilmente, una volta tornato a casa dovrà nuovamente limitarsi al latte cagliato. In alcuni di questi malati può anche capitare che il male — un dolore o un'astenia di tipo paralitico — cambi improvvisamente lato, trasferendosi dalla parte destra del corpo alla corrispondente zona di sinistra. Ma in tutti si può constatare con assoluta evidenza come i sintomi del male subiscano l'influenza di eccitazioni, emozioni, preoccupazioni, ecc., ed inoltre come essi possano venir meno con il ristabilimento di una perfetta salute e senza lasciar traccia, anche dopo essere durati a lungo.

Infine la ricerca medica è arrivata a stabilire che questi soggetti non vanno considerati e trattati come malati di stomaco o malati d'occhi, ecc., ma che per essi si deve trattare di un disturbo del sistema nervoso nel suo complesso. Finora non si è riusciti, però, con l'esame del cervello e dei nervi di questi malati, ad osservare un evidente mutamento, ed alcuni aspetti del quadro clinico escludono senz'altro che un giorno si possa arrivare a trovare, mediante più raffinati strumenti d'indagine, questi mutamenti che potrebbero chiarire la malattia. Questi stati vengono denominati «nervosità» (nevrastenia, isteria) e definiti come mali esclusivamente funzionali del sistema nervoso. D'altronde, neanche l'accurato esame del cervello (dopo la morte del paziente) ha portato ad alcun risultato, neppure nel caso di mali nervosi più persistenti, e di altri che rivelano solo sintomi psichici (cosiddette idee ossessive, idee deliranti, follie).

I medici dovettero affrontare il compito di ricercare il carattere e l'origine delle manifestazioni nervose di questi nervosi o nevrotici. Allora si scoprì che, almeno per una parte di questi malati, i sintomi del male hanno origine solo in un mutato influsso sul corpo della vita psichica, e che quindi la causa prima del disturbo va ricercata nella psiche. Quali siano le cause remote del male che ha colpito la psiche e che ora a sua volta sconvolge anche il corpo, è un altro problema, che qui possiamo senz'altro tralasciare. Ma a questo punto la medicina aveva trovato l'anello di congiungimento che le permetteva d'interessarsi dell'aspetto, che finora aveva trascurato, del reciproco rapporto tra corpo e psiche.

Solo con lo studio del patologico si arriva a comprendere il normale. Da sempre si conoscevano molte cose sull'influsso della psiche sul corpo, ma solo ora queste acquistavano il giusto rilievo. La cosiddetta «espressione dei moti d'animo» costituisce l'esempio più comune di azione della psiche sul corpo, e si può osservare regolarmente e in tutti. La tensione ed il rilassamento dei muscoli facciali, l'adattamento degli occhi, l'afflusso del sangue alla pelle, la sollecitazione impressa all'apparato vocale, la disposizione delle membra, specie delle mani, rivelano quasi tutti gli stati psichici di un uomo. Di solito queste simultanee modificazioni somatiche non arrecano alla persona alcun beneficio, ed anzi costituiscono spesso un ostacolo ai suoi intenti, quando essa vuol tenere nascosti agli altri i propri processi psichici, ma per gli altri esse costituiscono indizi precisi, che rendono possibile comprendere i processi psichici e sulle quali ci si può basare più che sulle espressioni verbali usate contemporaneamente e di proposito. Se poi si ha la possibilità di esaminare in modo più accurato una persona nello svolgimento di determinate attività psichiche, si possono osservare in essa altre conseguenze somatiche di queste attività, nelle modificazioni dell'attività cardiaca, nella variazione della distribuzione del sangue nell'organismo, ecc.

La partecipazione del corpo è così palese e così intensa in certi stati psichici denominati «affetti», che alcuni psicologi sono arrivati a pensare che l'essenza degli affetti sia costituita solo dalle loro espressioni somatiche. Tutti sanno che sotto l'influsso, ad esempio, della paura, della rabbia, della sofferenza psichica, del piacere sessuale, si verificano incredibili cambiamenti nell'espressione facciale, nella circolazione del sangue, nelle secrezioni, negli stati d'eccitamento dei muscoli volontari. Altre conseguenze somatiche degli affetti, che non fanno più parte della loro espressione, sono meno note, anche se perfettamente accertate. Duraturi stati affettivi penosi e di natura, come si dice, «depressiva», come dispiacere, preoccupazioni e lutto, riducono il generale stato di nutrizione del corpo, fanno imbiancare i capelli, scomparire il grasso e modificare in modo patologico le pareti dei vasi sanguigni. Ed invece si vede come, per l'influsso di eccitazioni piacevoli, della «felicità», si vede tutto il corpo rifiorire e la persona riacquista alcune caratteristiche della giovinezza. È evidente che i grandi affetti sono collegati alla capacità di resistenza alle malattie infettive; l'osservazione medica che la tendenza a prendere il tifo e la dissenteria è assai più notevole in quelli che fanno parte di un esercito sconfitto che nei vincitori ne costituisce un buon esempio. Ma gli affetti, ed in realtà quasi solo quelli depressivi, abbastanza spesso divengono anche, di per sé, cause patogene sia di malattie del sistema nervoso con modificazioni anatomicamente riscontrabili, sia di malattie di altri organi, dimodoché si è portati a pensare che già in precedenza la persona colpita avesse in sé una tendenza, fino ad allora rimasta inefficace, a questa malattia.

Affetti violenti possono influenzare notevolmente stati patologici già avanzati, in genere nel senso di un peggioramento, sebbene si siano anche verificati casi in cui un forte spavento o un dolore improvviso abbiano influenzato beneficamente o perfino eliminato un male ben radicato, per una straordinaria modificazione dell'organismo. È indubbio, infine, che affetti depressivi possano abbreviare considerevolmente la durata della vita, come che un forte spavento, un'«offesa» o umiliazione cocente possano improvvisamente porre fine alla vita; singolarmente, talvolta quest'ultimo effetto può essere anche la conseguenza di una grande gioia improvvisa.

Gli affetti in senso stretto sono caratterizzati da un particolarissimo rapporto con i processi somatici, ma in realtà tutti gli stati psichici, anche quelli che generalmente consideriamo «processi di pensiero», sono in qualche modo «affettivi», e a nessuno di essi mancano le manifestazioni somatiche e la capacità di modificare processi somatici. Anche quando si pensa tranquillamente per «rappresentazioni», vengono continuamente deviati verso i muscoli lisci e striati eccitamenti corrispondenti al contenuto di queste rappresentazioni; essi possono essere evidenziati con un idoneo rafforzamento, ed in tal modo fornire la spiegazione di alcuni fenomeni straordinari, che anzi si presumono «soprannaturali».

Così, quella che chiamiamo «lettura del pensiero» può essere spiegata con gli impercettibili, involontari movimenti dei muscoli che il medium effettua quando si compiono esperimenti con lui, ad esempio quando ci si fa guidare da lui alla ricerca di un oggetto nascosto. A questo fenomeno si addice meglio il nome di «tradimento del pensiero».

Anche i processi della volontà e dell'attenzione possono influire profondamente sui processi corporei e partecipare in misura considerevole alle malattie somatiche, come elementi promotori o inibitori. Un grande medico inglese afferma di essere in grado di provocare varie sensazioni e dolori in qualunque parte del suo corpo su cui voglia volgere la propria attenzione, ed in modo simile sembra si comporti la maggior parte della gente. Considerando dolori che in genere vengono annoverati tra i fenomeni somatici, si deve tener presente la loro strettissima dipendenza da condizioni psichiche. In genere i profani, che amano comprendere questi influssi psichici sotto la denominazione di «immaginazione», tengono in poco conto i dolori provocati dall'immaginazione, al contrario di quanto fanno per quelli provocati da ferita, malattia o infezione. Ma ciò è palesemente ingiusto; qualunque sia la loro causa, sia pure l'immaginazione, non per questo i dolori sono meno veri e meno intensi.

Così come si provocano o si esagerano i dolori dando loro importanza, nello stesso modo questi scompaiono quando se ne distoglie l'attenzione. Questa esperienza può essere utilizzata con ogni bambino, per tranquillizzarlo; nell'accanimento della lotta il guerriero adulto non avverte il dolore delle ferite; nell'estasi del suo sentimento religioso, quando tutti i suoi pensieri sono rivolti alla divina ricompensa che lo attende, molto probabilmente il martire diventa assolutamente insensibile ai dolori dei suoi tormenti. È meno facile illustrare con esempi l'influsso della volontà sui processi patologici somatici, ma è lecito pensare che la volontà di guarire o il desiderio di morire non siano irrilevanti per l'esito di casi gravi ed incerti di malattia.

La condizione psichica dell'attesa, con la quale si possono attivare una serie di forze psichiche efficacissime per contrarre e guarire malattie somatiche, merita, da parte nostra, il massimo interesse. L'attesa angosciosa non è certo irrilevante per quanto riguarda l'esito; sarebbe interessante stabilire con certezza se, riguardo ad una malattia, essa è così efficace come si crede, se è vero, ad esempio, che in un'epidemia sono in perìcolo soprattutto quelli che temono di ammalarsi. La condizione opposta, l'attesa speranzosa e fiduciosa, costituisce una forza attiva che dobbiamo senz'altro tenere in considerazione in tutti i nostri tentativi di terapia e guarigione. Altrimenti non riusciremo a capire le particolarità degli effetti che riscontriamo nel caso dei medicamenti e degli interventi terapeutici.

Ma è nelle guarigioni cosiddette «miracolose», che tuttora si verificano davanti a noi senza il concorso della medicina, che possiamo constatare l'influsso più evidente dell'attesa fiduciosa. Le vere guarigioni miracolose si verificano nei credenti, sotto l'influsso di preparativi che si prestano ad esaltare il sentimento religioso, cioè nei luoghi dove si venera un'immagine miracolosa, in cui una persona santa o divina è apparsa agli uomini promettendo loro consolazione in cambio di adorazione, o in cui si conservano come un tesoro le reliquie di un santo. Non sembra che la fede religiosa possa facilmente, mediante l'attesa, eliminare da sola il male, poiché in genere nelle guarigioni miracolose c'è anche l'intervento di altre circostanze. I periodi in cui si ricerca la grazia divina devono essere caratterizzati da particolari rapporti; il disagio fisico che il malato s'impone, le fatiche ed i sacrifici del pellegrinaggio, lo rendono particolarmente degno di ricevere questa grazia.

Limitarsi a non credere a queste guarigioni miracolose e a spiegarle mediante il concorso di un pio inganno e di una inesatta osservazione sarebbe comodo, ma errato. Sebbene questo tentativo di spiegazione possa apparire soddisfacente in moltissimi casi, esso tuttavia non è in grado di eliminare il fenomeno delle guarigioni miracolose in generale. Queste avvengono, sono sempre avvenute, e non solo per quanto riguarda malattie di origine psichica, provocate quindi dall'immaginazione, su cui appunto possono influire in particolar modo le circostanze del pellegrinaggio, ma anche condizioni patologiche con una base «organica», per cui in precedenza si erano rivelati inutili gli sforzi dei medici.

Però non c'è alcun bisogno di tirare in ballo altre forze che non siano psichiche per spiegare le guarigioni miracolose. Neanche in queste condizioni si presentano effetti che potremmo considerare inaccessibili alla nostra conoscenza. Tutto si svolge in modo naturale; anzi, la potenza della credulità religiosa è in questo caso rinvigorita da varie forze motrici autenticamente umane. La fede del singolo è esaltata dall'entusiasmo della folla di persone che in genere lo circonda quand'egli si accosta al luogo sacro. Questa influenza di massa può far risaltare potenziati in modo illimitato gli impulsi psichici dell'individuo singolo. Nel caso di una persona che ricerchi la guarigione nel luogo del pellegrinaggio, l'influsso della folla è sostituito dalla fama e dalla reputazione del luogo; ancora una volta, solo il potere della moltitudine consegue un effetto. Inoltre questo influsso si fa valere per altra via. Giacché, com'è noto, la grazia divina si rivolge sempre e solo a pochi dei molti che la invocano, ognuno vorrebbe partecipare a questa schiera di eletti; l'ambizione che cova in ogni uomo sorregge la sua credulità religiosa. Non dobbiamo meravigliarci se, con il concorso di tutte queste forze, talvolta capita che il fine sia realmente raggiunto.

Chi non ha fede religiosa non deve per ciò rinunciare a guarigioni miracolose. La fama e l'influsso di massa costituiscono per costoro un ottimo sostituto della fede religiosa. In tutti i tempi ci sono cure alla moda e medici alla moda, soprattutto nell'alta società, nella quale il desiderio di superarsi vicendevolmente e di imitare i membri più in vista costituiscono potentissime forze motrici psichiche. Gli effetti terapeutici ottenuti con queste cure alla moda non rientrano nel loro effettivo potere, e usati dal medico alla moda che, ad esempio, si è fatto una certa fama soccorrendo un personaggio in vista, gli stessi strumenti sortiscono effetti molto maggiori che nel caso di altri medici. Così, accanto a taumaturghi divini, esistono taumaturghi umani; ma questi uomini, resi famosi dalla moda e dall'imitazione, si consumano rapidamente, cosa che corrisponde al genere di forze che agiscono in loro favore.

Una giustificabile insoddisfazione per l'aiuto, spesso insufficiente, fornito dalla medicina, e forse anche una ribellione profonda contro la costrizione delle concezioni scientifiche, che rappresentano all'uomo l'inesorabilità della natura, hanno posto, sempre e anche attualmente, una strana condizione all'efficacia terapeutica di individui e metodi di cura. Solo quando il soccorritore non è medico e può sostenere di non capire niente della base scientifica della tecnica terapeutica, quando la cura non è verificata con un esame accurato, ma, ad esempio, avvalorata dal favore popolare, riesce a crearsi l'attesa fiduciosa. Ne deriva il gran numero di cure naturali e di guaritori naturali che ancora oggi contendono ai medici l'esercizio della loro professione e di cui, quantomeno, si può dire che danneggino coloro che vogliono la guarigione assai più spesso di quanto non giovino loro. Tuttavia, anche se in questo caso abbiamo ragione di biasimare l'attesa fiduciosa dei malati, non dobbiamo dimenticare che la stessa forza viene continuamente in aiuto alle nostre cure mediche. L'effetto di qualunque rimedio prescritto dal medico, di qualsiasi intervento da lui intrapreso, è molto probabilmente composto di due elementi. Il primo è costituito in misura maggiore o minore, ma mai in modo del tutto trascurabile, dall'atteggiamento psichico del malato. L'attesa fiduciosa con cui egli si predispone al diretto influsso del rimedio medico, dipende da un lato dalla forza del suo desiderio di guarire, dall'altro dalla sua convinzione di aver fatto tutto quanto era necessario per ottenere ciò, quindi dalla sua fiducia nella medicina in generale, poi dal potere che egli attribuisce al suo medico e addirittura dalla simpatia che prova per lui. Alcuni medici posseggono in misura superiore ad altri la dote di accattivarsi la fiducia dei pazienti; in questo caso spesso avviene che il malato si senta risollevato già dal momento in cui il medico entra nella sua stanza.

I medici hanno praticato il trattamento psichico in tutti i tempi, e nell'antichità ancora più di oggi. Intendendo per trattamento psichico il tentativo di provocare nel paziente gli stati e le condizioni psichiche più favorevoli alla guarigione, possiamo dire che, storicamente, questo è il tipo più antico dì trattamento medico. I popoli dell'antichità disponevano quasi esclusivamente del trattamento psichico, e non omettevano mai di potenziare l'effetto di pozioni e rimedi terapeutici mediante un energico trattamento di questo tipo. Solo per via psichica il ben noto impiego di formule magiche, di bagni di purificazione, la determinazione di sogni profetici mediante il sonno nel recinto dei templi, ecc., possono aver avuto un'azione terapeutica. Dato che, agli inizi, la tecnica terapeutica era esclusiva dei sacerdoti, la stessa personalità del medico acquistò una rinomanza che gli veniva direttamente dalla potenza divina. Allora come oggi, la persona del medico veniva così a costituire uno degli elementi fondamentali per la produzione nel malato delle condizioni psichiche favorevoli alla guarigione.

Si comincia così a comprendere anche la «magia» della parola. Infatti le parole costituiscono il mezzo più efficace per l'influenza esercitata da una persona sull'altra; le parole costituiscono un valido strumento per indurre modificazioni psichiche in colui al quale si dirigono e, perciò, l'affermazione per cui la magia della parola è in grado di sopprimere fenomeni patologici, anzitutto quelli basati su condizioni psichiche, non ha più un significato enigmatico.

Tutti gli influssi psichici che sono in grado di eliminare malattie, presentano degli aspetti imprevedibili. Tutte le forze — affetti, esercizio della volontà, rilassamento dell'attenzione, attesa fiduciosa — che talvolta eliminano il male, altre volte vengono meno senza che il diverso risultato possa essere imputato alla natura del male. Evidentemente, è il carattere autonomo delle varie personalità, tanto diverse psichicamente, che impedisce la puntualità di un esito terapeutico positivo. Perciò, da quando i medici si son resi conto con chiarezza dell'importanza, ai fini della guarigione, delle condizioni psichiche, hanno trovato naturale tentare che non sia più il malato a determinare l'entità della condiscendenza psichica che si può stabilire in lui, ma che si debba, di propria volontà, provocare lo stato d'animo favorevole con mezzi adeguati.

Ne derivano vari modi di trattamento, alcuni dei quali sono semplici, mentre altri possono essere compresi solo riferendosi a complicate premesse. Ad esempio, è naturale che il medico, che ai giorni nostri non può incutere rispetto come sacerdote o come detentore d'una scienza occulta, si valga della propria personalità per accattivarsi la fiducia e un po' di simpatia del proprio paziente. Allora appare utile, per una ripartizione funzionale, che egli consegua questo successo solo con un limitato numero di malati, mentre altri, per il loro livello culturale e le loro tendenze, preferiscono piuttosto altri medici; tuttavia, eliminando la libera scelta del medico, si sopprimerebbe un 'importante condizione per l'influenzamento psichico dei malati.

Il medico è costretto a fare a meno di parecchi utilissimi rimedi psichici, in quanto o non sa servirsene o non può arrogarsi il diritto di farlo. Questo è vero anzitutto quando si tratta di provocare affetti violenti, cioè, per i mezzi più efficaci di azione della psiche sul corpo. Spesso è il destino che cura le malattie, con violente eccitazioni liete, appagamenti di bisogni, soddisfacimento di desideri; il medico che spesso, fuori dell'ambito della sua professione, è a sua volta un incapace, non può competere con questi elementi. Invece egli potrà forse provocare, a fini terapeutici, paura e spavento ma, a parte il caso dei bambini, dovrà pensarci bene prima di far ricorso a questi rimedi a doppio taglio. D'altro lato, per il medico è escluso ogni rapporto col malato che si colleghi con sentimenti affettuosi, data la fondamentale importanza di questi stati psichici. Detto ciò, sembrerebbe che la sua possibilità di influire psichicamente sui suoi pazienti sia a priori così ristretta, che il trattamento psichico praticato intenzionalmente non prospetterebbe alcun vantaggio rispetto al metodo precedente.

Ad esempio, il medico può tentare di guidare la volontà e l'attenzione del malato, e parecchie situazioni patologiche gli offrono ottime occasioni per far ciò. Se costringe pazientemente un individuo che crede di essere paralizzato a fare quei movimenti che egli ritiene di non poter fare, o se si rifiuta di visitare un individuo apprensivo che vuole essere visitato per un male certamente immaginario, avrà trovato il sistema adatto; ma queste rare occasioni non possono far sì che il trattamento psichico sia considerato come un metodo terapeutico particolare. Invece, al medico si è prospettata, in modo strano ed imprevedibile, la possibilità d'influire profondamente, anche se transitoriamente, sulla psiche dei propri pazienti, e di servirsene a fini terapeutici.

La possibilità di trasporre le persone, con certi lievi interventi, in una particolarissima condizione psichica molto simile al sonno, e perciò denominata «ipnosi», era nota da parecchio tempo, ma è stata accertata senza ombra di dubbio solo negli ultimi decenni. In un primo momento si direbbe che i sistemi per provocare l'ipnosi non abbiano granché in comune tra di loro. Si può ipnotizzare costringendo il soggetto a tenere per qualche momento lo sguardo fisso su di un oggetto lucente, o tenendogli un orologio accostato all'orecchio per lo stesso spazio di tempo, facendogli passare più volte, a poca distanza, le mani aperte sul viso e sulle membra. Ma lo stesso effetto può essere ottenuto annunciando in tono sicuro e tranquillo alla persona da ipnotizzare il sopravvenire dello stato ipnotico e delle sue caratteristiche, dunque «suggerendole» a parole l'ipnosi. I due sistemi possono anche essere collegati tra di loro. Ad esempio, s'invita la persona ad accomodarsi, si tiene un dito davanti ai suoi occhi, le si raccomanda di fissarlo attentamente, poi le si dice: «Lei è stanco. Già le si chiudono gli occhi e lei non riesce a tenerli aperti; le sue membra si sono appesantite, lei non riesce più a muoversi; lei si addormenta...», ecc. Ma è evidente che in tutti questi sistemi c'è l'elemento comune della fissazione dell'attenzione; nei primi si stanca l'attenzione con lievi e regolari stimoli sensoriali. Ancora non è stato sufficientemente chiarito in che modo il solo suggerimento verbale possa provocare proprio lo stesso stato degli altri metodi. Ipnotizzatori esperti affermano che con questo sistema si riesce a provocare una netta modificazione ipnotica circa nell'ottanta per cento delle persone sottoposte all'esperimento. Ma non ci sono indizi che permettono d'individuare già da prima quali soggetti possano essere ipnotizzati e quali no. È assolutamente da escludere che tra le condizioni dell'ipnosi rientri uno stato patologico; sembra che le persone normali possano essere ipnotizzate con particolare facilità, una parte dei soggetti nervosi con molta difficoltà, mentre per i malati di mente è assolutamente impossibile. Nello stato ipnotico ci sono varie gradazioni; nella fase più lieve, l'ipnotizzato sente solo qualcosa di simile ad un leggero stordimento, mentre il massimo livello d'ipnosi, contrassegnato da speciali caratteristiche, è denominato «sonnambulismo» per la sua analogia con il fenomeno del camminare dormendo che si verifica spontaneamente. Ma l'ipnosi non è assolutamente un sonno, come quello notturno o quello provocato artificialmente con sonniferi. In essa si manifestano mutamenti e si conseguono prestazioni psichiche che non si verificano nel sonno normale.

Alcuni fenomeni ipnotici, come le modificazioni dell'attività muscolare, sono interessanti solo da un punto di vista scientifico. Ma la caratteristica dell'ipnosi più indicativa e che più c'interessa è costituita dall'atteggiamento dell'ipnotizzato nei confronti di chi lo ipnotizza. Mentre in genere l'ipnotizzato si comporta nei riguardi del mondo esterno come una persona che dorma, cioè se n'è allontanato con tutti i sensi, per l'ipnotizzatore egli è sveglio, vede e sente solo questo, lo comprende e gli risponde. Questo fenomeno, che nel caso dell'ipnosi viene denominato rapport, ha un corrispondente nel modo di dormire di certe persone, ad esempio della madre che allatta il proprio bambino. Il fenomeno è così chiaro che dovrebbe porci in grado di capire il rapporto tra ipnotizzato ed ipnotizzatore.

Ma non è sufficiente dire che il mondo dell'ipnotizzato è limitato all'ipnotizzatore. Avviene anche che il primo divenga assolutamente arrendevole nei confronti del secondo, ubbidiente e credulo, e, nel caso di un alto grado d'ipnosi, in modo quasi illimitato. Ed allora questa ubbidienza e credulità dimostrano come il fatto che nell’ipnotizzato l'influsso della vita psichica sul corpo è estremamente intensificato, sia una caratteristica dello stato ipnotico. Se l'ipnotizzatore afferma: «Lei non può muovere il braccio», il braccio ricade immobile; è evidente come l'ipnotizzato si sforzi più che possibile, e tuttavia non riesca a muoverlo. Se l'ipnotizzatore afferma: «Il suo braccio si muove da solo, lei non può fermarlo», il braccio si muove e l'ipnotizzato si sforza inutilmente per fermarlo. La rappresentazione che, con la parola, l'ipnotizzatore ha comunicato all'ipnotizzato ha provocato in quest'ultimo il comportamento psicofisico esattamente corrispondente al contenuto di essa. Da una parte tutto ciò comporta obbedienza, ma dall'altra incrementa l'influsso fisico di un'idea. Davvero in questo caso la parola è diventata magia.

Lo stesso avviene per quanto riguarda le percezioni sensorie. L'ipnotizzatore afferma: «Lei vede un serpente, lei odora una rosa, lei ascolta una bellissima musica», e l'ipnotizzato vede, odora, ascolta, come gli richiede la rappresentazione che è stata provocata in lui. Come si fa a sapere che l'ipnotizzato ha effettivamente queste percezioni? Si potrebbe sospettare che egli si comporti come se le avesse; ma non c'è ragione di pensare ciò, perché egli si comporta come se avvertisse realmente queste percezioni, esprime tutti gli affetti che ad esse si riferiscono e può anche darsi che, dopo l'ipnosi, riferisca le sue immaginarie percezioni ed esperienze. Allora si può constatare che egli ha visto e sentito come si vede e si sente in sogno, cioè per «allucinazione». Egli è chiaramente così credulo nei confronti dell'ipnotizzatore che, quando questi glielo annuncia, è davvero convinto che ci sia un serpente da vedere e questa convinzione agisce sul corpo con tanta forza che egli lo vede realmente, come d'altronde può talvolta capitare a persone non ipnotizzate.

Incidentalmente si può dire che una credulità come quella dell'ipnotizzato nei confronti del suo ipnotizzatore, a parte il caso dell'ipnosi, nella vita reale si osserva solo nel bambino nei confronti dei cari genitori, ed una simile impostazione della propria vita psichica verso quella di un'altra persona, con un'arrendevolezza dello stesso tipo, ha un solo corrispondente, ma di gran valore, in certi rapporti sentimentali caratterizzati da una dedizione assoluta. In generale, la concomitanza di valutazione esclusiva e fiduciosa obbedienza fa parte delle caratteristiche dell'amare.

Altre cose vanno aggiunte sullo stato ipnotico. Il discorso dell'ipnotizzatore, che provoca i magici effetti di cui abbiamo parlato, è denominato «suggestione», e si usa questo termine anche nei casi in cui in un primo tempo c'è solo l'intenzione di produrre un simile effetto. Così come si è visto per il movimento e la sensazione, anche tutte le altre attività psichiche dell'ipnotizzato si conformano a questa suggestione, ed invece in genere egli non compie niente di propria iniziativa. L'obbedienza ipnotica può essere utilizzata per vari esperimenti interessantissimi che permettono di guardare in profondità nel meccanismo psichico e provocano nello spettatore un'incancellabile convinzione dell'insospettata influenza della psiche sul corpo. Così come l'ipnotizzato può essere indotto a vedere quel che non c'è, gli si può anche impedire di vedere qualcosa che c'è, e che tende ad imporsi ai suoi sensi, ad esempio una persona determinata (cosiddetta «allucinazione negativa»), ed allora per questa persona diviene impossibile farsi notare dall'ipnotizzato con stimoli di qualsiasi genere; egli la tratta «come aria». Si può suggerire all'ipnotizzato di compiere una determinata azione solo dopo un certo tempo dalla cessazione dell'ipnosi («suggestione post-ipnotica»), e l'ipnotizzato rispetta il tempo e compie l'azione suggerita essendo perfettamente sveglio e senza poterne dare spiegazione. Se a questo punto gli viene domandato perché l'abbia compiuta proprio in quel momento, egli tira in ballo un oscuro impulso cui non ha potuto opporsi, o inventa una scusa più o meno accettabile, ed invece gli sfugge la ragione vera, cioè la suggestione che gli è stata comunicata.

Il risveglio dall'ipnosi si verifica senza difficoltà, con l'ingiunzione dell'ipnotizzatore: «Si svegli». Nei gradi più alti non si ricorda niente di quanto si è provato sotto l'influsso dell'ipnotizzatore durante l'ipnosi. Questo episodio di vita psichica rimane come tagliato fuori dal resto. Altri ipnotizzati ricordano in modo vago ed altri ricordano tutto, ma affermano che si trovavano in uno stato di costrizione psichica alla quale non si poteva in alcun modo resistere.

Non è facile sopravvalutare il vantaggio scientifico che medici e psicologi hanno ricevuto dalla conoscenza dei fatti ipnotici. Ma a questo punto, per poter valutare l'importanza dal punto di vista pratico delle nuove cognizioni, mettiamo il medico al posto dell'ipnotizzatore ed il paziente al posto dell'ipnotizzato. In questo caso l'ipnosi non sembra destinata ad appagare tutte le esigenze del medico che voglia apparire al malato come «medico dell'anima»? L'ipnosi fornisce al medico una forza che probabilmente un sacerdote o un taumaturgo non hanno mai posseduto, poiché tutto l'interesse psichico dell'ipnotizzato viene riversato sulla sua persona; essa elimina nel malato l'arbitrarietà della vita psichica, che consideriamo un ostacolo alla manifestazione di influssi psichici sul corpo; di per sé essa genera un aumento della padronanza della psiche sul corpo, che altrimenti si può osservare solo per le più forti influenze affettive, e, con la possibilità di far riemergere solo in seguito, nello stato normale, ciò che è stato introdotto nel malato in stato ipnotico (suggestioni post-ipnotiche), essa fornisce al medico gli strumenti per utilizzare durante l'ipnosi il suo grande potere, al fine di modificare il malato nello stato di veglia. Da ciò deriverebbe uno schema semplice per il metodo di guarigione mediante trattamento psichico. Il medico traspone il malato in stato ipnotico, gli comunica la suggestione, che può variare caso per caso a seconda delle circostanze, per cui egli non è ammalato e dopo essersi risvegliato non avvertirà nessuno dei sintomi della sua malattia, dopo di che lo sveglia e può sperare che la suggestione abbia compiuto il proprio dovere nei confronti della malattia. Nel caso che non fosse stata sufficiente una sola applicazione si potrebbe eventualmente ripetere il procedimento tante volte quante è necessario.

Una sola osservazione potrebbe impedire al medico e al malato di servirsi di questo sistema terapeutico così efficace. Cioè nel caso che dovesse apparire che il beneficio provocato dalla trasposizione in stato ipnotico è bilanciato da un danno, se, ad esempio, questa lasciasse nella vita psichica dell'ipnotizzato un disturbo o un indebolimento duraturo. Le esperienze finora eseguite bastano per escludere questo dubbio; una singola ip-notizzazione non può assolutamente essere dannosa e in genere anche ipnosi ripetute varie volte risultano innocue. Bisogna solo rilevare che quando la situazione richiede un'applicazione continua dell'ipnosi, sorge un'assuefazione ad essa ed una dipendenza dal medico ipnotizzatore che esce dall'ambito degli intenti di questo sistema terapeutico.

Perciò il trattamento ipnotico costituisce effettivamente un grande ampliamento della zona di influenza del medico, quindi un progresso della tecnica terapeutica. Si può consigliare ad ogni persona che soffra di affidarsi ad essa, se praticata da un medico che abbia esperienza e meriti fiducia. Ma si dovrebbe usare l'ipnosi diversamente da come per lo più è usata attualmente.

In genere, si ricorre a questo trattamento solo dopo il fallimento di tutti gli altri rimedi e quando ormai il paziente è avvilito e disgustato. A questo punto, egli abbandona il proprio medico, che non conosce o non pratica la tecnica ipnotica, per rivolgersi ad un medico estraneo che generalmente non fa e non sa fare altro che ipnotizzare. Sono tutte cose svantaggiose per il malato. Il medico di famiglia dovrebbe conoscere egli stesso la tecnica ipnotica e, se pensa che sia il caso sia la persona siano idonei, applicarla sin dall'inizio. In tutti i casi in cui può essere utilizzata, l'ipnosi dovrebbe stare sullo stesso piano di tutti gli altri strumenti terapeutici e non costituire un rimedio estremo e perfino uno scadimento dal livello scientifico alla ciarlataneria. Ma l'ipnoterapia non può essere usata solo nei vari stati nervosi e nei disturbi immaginari, ed inoltre nel divezzamento da abitudini patologiche come alcoolismo, morfinomania, perversioni sessuali, ma anche per parecchie malattie organiche, perfino infiammatorie, in cui, nonostante persista il male di fondo, c'è la possibilità di rimuovere quei sintomi che fanno soffrire in particolar modo il malato, come dolori, inibizione motoria, ecc. È solo il medico che può decidere in quali casi servirsi del procedimento ipnotico.

Adesso però bisogna dissolvere l'impressione che per il medico sarebbe iniziata, con la risorsa dell'ipnosi, un'epoca di facile taumaturgia. Bisogna prendere in considerazione molte circostanze, che possono ridurre considerevolmente le nostre pretese nei confronti dell'ipnoterapia e riportare alla giusta misura le speranze che si siano risvegliate nel malato. Innanzitutto il presupposto fondamentale per cui con l'ipnosi si sarebbe riusciti a far perdere ai malati la disturbante arbitrarietà del loro comportamento psichico, è evidentemente insostenibile. Essi la conservano e già a cominciare dalla presa di posizione rispetto al tentativo di ipnotizzarli ne danno prova. Prima si è sostenuto che possono essere ipnotizzate circa l'ottanta per cento delle persone, ma a questa alta percentuale si è giunti semplicemente considerando come casi positivi tutti quelli in cui appare una qualsiasi traccia di influenza ipnotica. In realtà, ipnosi veramente profonde, con assoluta arrendevolezza, come quelle che vengono scelte come esempi in una descrizione, si verificano raramente, senz'altro non in modo così frequente come si potrebbe desiderare ai fini della guarigione. Ma l'impressione suscitata da questo fatto può essere attenuata col rilievo che profondità dell'ipnosi e docilità di fronte alla suggestione non procedono di pari passo, di modo che spesso succede di poter osservare un buon effetto della suggestione con uno stordimento ipnotico abbastanza blando. Ma anche volendo considerare l'arrendevolezza ipnotica di per sé come l'aspetto fondamentale di questo stato, si deve riconoscere che i singoli individui manifestano la propria singolarità lasciandosi influenzare solo fino ad un certo grado di arrendevolezza al quale poi si arrestano. Dunque essi manifestano svariatissimi gradi di adattabilità al procedimento ipnotico.

Se si potessero escogitare sistemi con cui ampliare sino all'ipnosi completa tutti questi particolari gradi dello stato ipnotico, sarebbe nuovamente soppressa la singolarità dei malati e risulterebbe realizzato l'ideale del trattamento psichico. Ma finora questo progresso non ha avuto luogo; il livello di docilità che sarà messo a disposizione della suggestione continua sempre a dipendere molto più dal malato che dal medico, cioè, ancora una volta, esso dipende dalla volontà del primo.

C'è un altro aspetto ancora più significativo. Quando si espongono gli stranissimi risultati della suggestione in stato ipnotico, accade spesso di dimenticare che, in questo caso, come in tutti gli effetti psichici, si tratta anche di rapporti di grandezze e di forze. Quando si traspone un uomo sano in stato di ipnosi profonda e gli si ingiunge di addentare una patata che gli viene presentata come pera, o gli si suggerisce che vede un conoscente e lo deve salutare, si potrà facilmente constatare un'assoluta arrendevolezza, perché nell'ipnotizzato non c'è nessun grave motivo di ribellarsi alla suggestione. Ma nel caso di ingiunzione di altro tipo, ad esempio quando si ordina ad una ragazza pudica di spogliarsi, o a un uomo onesto di rubare un oggetto prezioso, nell'ipnotizzato compare una resistenza che può anche giungere al rifiuto di obbedire alla suggestione. Così apprendiamo che, anche nelle ipnosi più profonde, la suggestione non esplica un potere illimitato ma solo un potere di determinata forza. Proprio come nello stato vigile, l'ipnotizzato compie piccoli sacrifici, è titubante di fronte a quelli più grandi. Bene, quando si tratta con un malato e, attraverso la suggestione, lo si induce a rinunciare al suo male, si può constatare che questo è per lui un grosso sacrificio, e non un sacrificio piccolo. Sebbene anche in questo caso la forza della suggestione abbia a che fare con la forza che ha provocato e mantiene i fenomeni patologici, l'esperienza dimostra che quest'ultima appartiene ad un ordine di grandezza assai diverso dall'influsso ipnotico. Può anche accadere che quello stesso soggetto che, con assoluta arrendevolezza, accetta qualunque situazione onirica non del tutto indecente gli venga suggerita, non recepisca in nessun modo la suggestione che si opponga alla sua paralisi immaginaria. Bisogna inoltre dire che, all'atto pratico, sono proprio i soggetti nervosi quelli che è più difficile ipnotizzare, per cui non è il pieno influsso ipnotico ma solo una sua parte a combattere contro le solide forze che tengono la malattia legata alla vita psichica.

Anche dopo che si sia riusciti a provocare una ipnosi, perfino profonda, non si può essere affatto certi della prevalenza della suggestione sulla malattia; ci sarà una lotta il cui risultato molto spesso è incerto. Quindi, nel caso di gravi disturbi d'origine psichica, con una sola ipnosi non si ottiene niente. E, ripetendo l'ipnosi, si può provocare il venir meno dell'impressione del miracolo cui forse il paziente si era preparato. Con successive ipnosi può poi avvenire che l'influsso, in un primo tempo insoddisfacente, sulla malattia, divenga sempre più chiaro, sino al raggiungimento di un buon risultato. Ma un simile trattamento ipnotico può essere lungo e laborioso come qualunque altro.

Anche in un altro modo si rivela la debolezza della suggestione di fronte alla malattia da curare: è vero che la suggestione porta all'eliminazione dei fenomeni patologici, ma solo transitoriamente. Dopo un po' di tempo i sintomi patologici si ripresentano e occorre scacciarli un'altra volta con ipnosi e suggestioni. Se tutto ciò si ripete con una certa frequenza, alla fine la pazienza sia del malato che del medico si esaurisce, e si rinuncia al trattamento ipnotico. In questi casi può anche accadere che nel paziente s'instauri la dipendenza dal medico e come una specie di mania per l'ipnosi.

Il malato dev'essere a conoscenza di questi difetti dell'ipnoterapia e delle possibili delusioni nella sua applicazione. Infatti l'efficacia terapeutica della suggestione ipnotica è una forza reale, che non ha bisogno di essere elogiata in modo esagerato. D'altronde, si comprende facilmente come i medici, che dal trattamento psichico ipnotico sì attendevano molto più di quanto non si sia effettivamente ottenuto, ricerchino instancabilmente altri procedimenti con cui agire in modo più efficace e meno irregolare sulla psiche del malato. È lecito sperare con certezza che il moderno e consapevole trattamento psichico, con cui sono stati recentemente riadottati antichi metodi terapeutici, possa fornire al medico strumenti ancora più validi per combattere la malattia. Mediante un'indagine più profonda sui processi della vita psichica, i cui primi elementi si fondano proprio sulle esperienze ipnotiche, se ne troveranno i mezzi e le vie.