SULLE TRASFORMAZIONI PULSIONALI NELL'EROTISMO ANALE

1917

Alcuni anni fa, osservazioni fatte durante la psicoanalisi mi hanno portato a sospettare che, in taluno, la costante coesistenza dei tre aspetti caratteriali di ordine, parsimonia e ostinatezza, indicasse un'intensificazione delle componenti erotico-anali della costituzione sessuale e che queste reazioni, che erano favorite dall'Io, erano state stabilite durante il corso dello sviluppo del soggetto mediante l'assimilazione del suo erotismo anale.

In quella pubblicazione1 (Carattere ed erotismo anale)  il mio obiettivo principale era quello di mettere in evidenza il fatto di questa stabilita relazione; mi interessava poco il suo significato teorico. Da quel tempo si è creato un generale consenso di opinioni secondo cui ciascuna delle tre qualità, avarìzia, pedanteria, e ostinatezza, discende da fonti erotiche anali o — per esprimerla più cautamente e più completamente — ricava forti contributi da quelle fonti. I casi in cui questi difetti del carattere erano uniti e che in conseguenza portavano un'impronta speciale (il «carattere anale») erano dei casi del tutto estremi, destinati a tradire la connessione particolare che interessa qui anche all'occhio disattento.

Come risultato di numerose impressioni, e in ispecie di un'osservazione analitica particolarmente convincente, alcuni anni dopo giunsi alla conclusione che nello sviluppo della libido, nell'uomo la fase del primato genitale deve essere preceduta da una «organizzazione pregenitale» in cui il sadismo e l'erotismo anale svolgono le parti principali2 (La disposizione alla nevrosi ossessiva).

Da quel momento si dovette affrontare il problema della successiva storia degli impulsi istintuali erotico-anali. Che cosa succede a questi impulsi quando, a causa della stabilizzazione di un'organizzazione genitale definitiva, essi perdono la loro importanza nella vita sessuale? Conservano la loro natura originale, ma in uno stato di rimozione? Sono sublimati o assimilati trasformandosi così in tratti caratteriali? O trovano un posto entro la nuova organizzazione della sessualità caratterizzata dal primato genitale? O, dal momento che è probabile che nessuna di queste vicissitudini dell'erotismo anale sarà l'unica, in quale misura ed in quale modo ciascuna di esse partecipa alla decisione del suo destino? Infatti, le fonti organiche dell'erotismo anale non possono naturalmente essere sepolte di fronte all'emersione dell'organizzazione genitale.

Si sarebbe propensi a credere che non è la scarsità di materiale che ci separa dal dare una risposta al problema, giacché i processi di sviluppo e di trasformazione in questione devono essersi verificati in ogni persona sottoposta all'analisi. Tuttavia il materiale è così oscuro, l'abbondanza delle impressioni ricorrenti così confusa, che non posso nemmeno ora risolvere completamente il problema, e non posso far altro, quindi, che dare qualche contributo allla sua soluzione. Nel far questo, non posso esimermi dal menzionare, dove il contesto lo permette, le altre trasformazioni istintuali, oltre a quelle erotico-anali. Infine, non occorre sottolineare che gli eventi dello sviluppo qui descritti — come del resto gli altri messi in luce nella psicoanalisi — sono stati inferiti dalle regressioni in cui i soggetti sono stati costretti dai processi nevrotici.

Come punto di partenza per questa discussione possiamo prendere il fatto che nei prodotti dell'inconscio — idee spontanee, fantasie e sintomi — i concetti faeces (denari, dono), bambino e pene non sembrano essere agevolmente distinguibili l'uno dall'altro e facilmente intercambiabili. Ci rendiamo conto, naturalmente, che esprimersi in questo modo significa usare impropriamente, per la sfera dell'inconscio, termini che sono propri delle altre regioni della vita mentale; vi abbiamo però fatto ricorso per i vantaggi offerti dall'analogia. Per mettere l'argomento in una forma meno esposta alle obiezioni, abbiamo spesso trattato questi elementi dell'inconscio come se fossero equivalenti e si potessero liberamente sostituire tra di loro.

Questo si può vedere molto più facilmente nella relazione tra «bambino» e «pene». Non può essere privo di significato il fatto che nel linguaggio simbolico dei sogni, così come in quello della vita quotidiana, entrambi possono essere sostituiti dallo stesso simbolo; il bambino e il pene sono ambedue chiamati «il piccolo». È ben noto il fatto che il discorso simbolico spesso ignora la differenza di sesso. «Il piccolo», che originariamente voleva dire l'organo genitale maschile, può così aver acquistato un significato secondario per indicare i genitali femminili.

Se penetrassimo abbastanza a fondo nella nevrosi di una donna, non raramente ci troveremmo di fronte al desiderio rimosso di possedere il pene come l'uomo. Possiamo chiamare questo desiderio «invidia del pene» e comprenderlo nel complesso di castrazione. Disavventure casuali nella vita di tale donna, disavventure che sono spesso il risultato di una disposizione molto maschile, hanno riattivato questo desiderio infantile e, attraverso il riflusso della libido, ne hanno fatto il principale veicolo dei suoi sintomi nevrotici. In altre donne non troviamo alcuna prova di questo desiderio del pene; esso è sostituito dal desiderio del bambino, la cui frustrazione nella vita reale può condurre all'insorgenza di una nevrosi. Sembra quasi che queste donne abbiano capito (anche se questo non poteva aver agito come motivo) che la natura ha dato i bambini alle donne come un sostituto del pene che è stato loro negato. Con altre donne, poi, abbiamo visto che entrambi i desideri erano presenti nella loro infanzia e che uno ha sostituito l'altro. All'inizio esse avevano voluto il pene come l'uomo; poi, in uno stadio successivo, appartenente sempre all'infanzia, è apparso invece il desiderio del bambino. Abbiamo l'impressione che la varietà di queste nostre scoperte sia causata da fattori accidentali nell'infanzia (per esempio, la presenza o l'assenza di fratelli o la nascita di un altro bambino in un momento opportuno della vita), sicché il desiderio del pene e il desiderio del bambino sarebbero fondamentalmente identici.

Possiamo dire qual è il risultato finale del desiderio infantile del pene nelle donne in cui sono assenti i determinanti di una nevrosi nella vita matura: esso si trasforma nel desiderio dell'uomo e tollera quindi l'uomo come appendice del pene. Questa trasformazione, dunque, muta un impulso ostile alla funzione sessuale femminile in un impulso ad essa favorevole. Queste donne diventano, così, capaci di una vita erotica basata sull'amore dell'oggetto del tipo maschile, che può coesistere con quello proprio femminile, derivato dal narcisismo. Sappiamo già che in altri casi è solo un bambino che rende possibile la transizione dal narcisistico amore di sé all'amore dell'oggetto. Cosicché, sotto questo aspetto, anche un bambino può essere rappresentato dal pene.

Ho avuto occasione di ascoltare i sogni che alcune donne hanno avuto dopo la loro prima esperienza sessuale. Essi rivelavano nella donna un inconfondibile desiderio di tenere per sé il pene che aveva ospitato. A parte la loro origine libidica, quindi, questi sogni indicavano una regressione temporanea dall'uomo al pene come oggetto di desiderio. Si sarebbe certamente tentati di far risalire il desiderio dell'uomo in un modo puramente razionalistico al desiderio del bambino, dal momento che la donna dovrà capire prima o poi che non ci può essere alcun bambino senza la cooperazione dell'uomo. È comunque più probabile che il desiderio dell'uomo sorga indipendentemente dal desiderio del bambino, e che, quando sorge - da comprensibili motivi appartenenti interamente alla psicologia dell'Io -, il desiderio originario del pene si fissa a quello come un rafforzamento libidico inconscio. L'importanza del processo descritto sta nel fatto che una parte della mascolinità narcisistica della giovane donna si trasforma così in femminilità, e quindi non può più operare in modo da danneggiare la funzione sessuale femminile.

Seguendo un'altra strada, anche una parte dell'erotismo della fase pregenitale diventa disponibile per l'uso nella fase del primato genitale. Il bambino è considerato Lumpf3 [“Feci”] (cfr. l'analisi del Piccolo Hans), cioè come qualcosa che si distacca dal corpo passando attraverso le viscere. Una certa quantità di carica libidica originariamente fissata al contenuto delle viscere può così venire estesa al bambino nato attraverso le viscere. La prova linguistica di questa identità tra il bambino e le feci è contenuta nell'espressione «dare un bambino a qualcuno». Poiché le feci sono il primo dono del bambino, una parte del suo corpo che cederà solo quando persuaso da qualcuno che ama, a cui invero ne farà spontaneamente dono come simbolo di affetto; infatti, di regola, i bambini non sporcano gli estranei. (Reazioni simili, anche se meno intense, si hanno con l'urina.) La defecazione offre la prima occasione in cui il bambino deve decidere tra un atteggiamento narcisistico ed un atteggiamento d'amore per un oggetto. Egli, o si distacca obbediente-mente dalle feci, le «sacrifica» al suo amore, oppure le ritiene a scopo di soddisfazione autoerotica e più tardi come mezzo per affermare la propria volontà. Se compie la seconda scelta, ci troviamo di fronte alla sfida (ostinatezza) che, conseguentemente, discende dall'attaccamento narcisistico all'erotismo anale.

È probabile che il primo significato che un bambino vede nelle feci sia quello di «dono» piuttosto che quello di «oro» o «denaro». Il bambino non conosce denaro a parte ciò che gli vien dato — di suo non ha denaro acquisito né ereditato. Dal momento che le feci sono il suo primo dono, il bambino trasferisce facilmente il proprio interesse da quella sostanza che ritiene il dono più prezioso della vita, alla nuova, nella quale si imbatte. Coloro che mettono in dubbio questa derivazione dei doni, dovrebbero tener presente l'esperienza che essi hanno del trattamento psicoanalitico, studiare i doni che ricevono come medici dai loro pazienti ed osservare gli attacchi di transfert che un dono da parte loro può suscitare nei pazienti.

L'interesse per le feci pertanto continua, in parte come interesse per il denaro, in parte come desiderio di aver un bambino, nel quale desiderio convergono un impulso erotico-anale ed uno genitale (invidia del pene). Ma il pene ha un altro significato erotico-anale a parte quello della sua relazione con l'interesse per il bambino. La relazione tra il pene ed il passaggio rivestito di mucosa che esso riempie ed eccita, ha già il suo prototipo nella fase sadico-anale pregenitale. La massa fecale, o, come l'ha chiamata un paziente, il «bastone» fecale, rappresenta per così dire il primo pene e la mucosa del retto stimolata rappresenta la mucosa della vagina. Ci sono delle persone il cui erotismo anale resta vigoroso ed immutato sino all'età prepuberale (dai dieci ai dodici anni); apprendiamo da queste che durante la fase pregenitale avevano già sviluppato nella fantasia e nel gioco perverso un'organizzazione analoga a quella genitale, in cui il pene e la vagina erano rappresentati dal bastone fecale e dal retto. In altre persone — nevrotici ossessivi — possiamo avere una degradazione regressiva dell'organizzazione genitale. Questo è espresso nel fatto che ogni fantasia originariamente concepita sul livello genitale è trasposta al livello anale — il pene è sostituito dalla massa fecale e la vagina dal retto.

Mentre l'interesse per le feci diminuisce in modo normale, l'analogia organica che abbiamo qui descritto ha l'effetto di trasferire l'interesse sul pene. Quando, più tardi, nel corso delle proprie ricerche, il fanciullo scopre che i bambini nascono dalle viscere, trasferisce su di essi la maggior parte del proprio erotismo anale; prima che su di essi, però, il suo interesse è rivolto al pene in questo così come in un altro senso.

Sono certo che ormai le molteplici interrelazioni della serie — feci, pene, bambino — sono diventate completamente inintelligibili; tenterò pertanto di colmare la lacuna presentandole con un diagramma (D.I.), studiando il quale possiamo rivedere lo stesso materiale in ordine diverso.

Purtroppo, questo espediente tecnico non si presta sufficientemente al nostro scopo, o forse non abbiamo ancora imparato ad usarlo efficacemente. In ogni caso spero che il lettore non si attenda troppo da esso.

L'erotismo anale trova espressione narcisistica nella produzione della sfida, che costituisce una reazione importante da parte dell'Io contro le richieste avanzate dagli altri. L'interesse per le feci prosegue dapprima come interesse per i doni e quindi come interesse per il denaro. Nelle ragazze la scoperta del pene fa sorgere l'invidia di esso, invidia che più tardi si trasforma nel desiderio dell'uomo in quanto possessore del pene. Già prima, questo desiderio del pene si è trasformato nel desiderio del bambino o quest'ultimo desiderio ha sostituito il primo.

Un'analogia organica tra il pene e il bambino (linea tratteggiata) è espressa dall'esistenza di un simbolo («il piccolo») comune a entrambi. Un desiderio razionale (linea doppia) quindi porta dal desiderio del bambino al desiderio dell'uomo: noi abbiamo già valutato l'importanza di questa trasformazione istintuale.

Un'altra parte del nesso delle relazioni possiamo osservarla molto più chiaramente nell'uomo. Ciò si verifica quando le ricerche sessuali portano il bambino alla scoperta dell'assenza del pene nelle donne. Egli conclude che il pene deve essere una parte staccabile del corpo, qualcosa di analogo alle feci, il primo pezzo di sostanza corporale da cui il bambino ha dovuto separarsi. La vecchia sfida anale entra così nella composizione del complesso di castrazione. L'analogia organica che ha fatto del contenuto intestinale il predecessore del pene durante la fase pregenitale, non può essere considerata come un motivo; ma il bambino, attraverso le ricerche sessuali trova un sostituto psichico di essa. Quando entra in scena un neonato, il bambino lo considera un Lumpf, in conformità a quelle ricerche, e lo carica di un potente interesse erotico-anale. Quando le esperienze sociali insegnano che il bambino piccolo non deve essere considerato come un simbolo d'amore, ovvero un dono, il desiderio per il bambino riceve un secondo contributo dalla stessa fonte. Le feci, il pene e il neonato sono tutti e tre dei corpi solidi; tutti e tre, mediante l'entrata con la forza o l'espulsione, stimolano il passaggio mucoso, cioè il retto e la vagina, la quale per così dire, è «presa in affitto» dal retto, come felicemente si esprime Lou Andreas-Salomé4 ( Nel suo scritto Anal und Sexual, 1916).

. Le ricerche sessuali infantili possono condurre solo a concludere che il neonato segue la stessa strada della massa fecale. La funzione del pene di solito non viene scoperta con quelle ricerche. Ma è interessante notare che dopo tanti lunghi giri nella sfera psichica riappare, come entità inconscia, una corrispondenza organica.