SOGNI NEL FOLKLORE (in collaborazione con Ernst Oppenheim)1911 |
Celsi praetereunt austera poemata Ramnes Persio, Satire ["I nobili ramni (cavalieri) disdegnano la poesia troppo seria."]
Uno di noi (O.), nei suoi studi sul folklore, ha fatto due osservazioni, concernenti i sogni che vi si trovano narrati, che gli sembrano degne di essere comunicate. Ha notato, in primo luogo, che il simbolismo usato in quei sogni coincide completamente con quello accettato dagli psicoanalisti e, in secondo luogo, che l'uomo della strada accoglie alcuni di questi sogni proprio come li interpreterebbe la psicoanalisi: non cioè come predizioni su di un futuro ancora da scoprire, ma come appagamenti di • desideri, soddisfacimenti di esigenze che si manifestano durante il sogno. Certi aspetti peculiari di tali sogni, solitamente osceni, riferiti come aneddoti comici, hanno incoraggiato l'altro di noi (F.) a cercarne un'interpretazione, che tuttavia li ha fatti apparire più seri e più degni di attenzione. 1. IL SIMBOLISMODELPENE NEI SOGNI RIFERITI DAL FOLKLOREIl sogno che riportiamo per primo, pur non contenendo rappresentazioni simboliche, sembra quasi farsi beffe della interpretazione profetica e difendere invece l'interpretazione psicologica del sogno. Interpretazione di un sogno Una ragazza si alzò dal letto e raccontò alla madre di aver fatto un sogno molto strano. — Dunque, che cosa hai sognato? — le domandò la madre. — Come faccio a spiegartelo? Non so neppure io che cosa fosse... Una specie di affare lungo, rosso e smussato. — Lungo significa una strada — disse pensosamente la madre; — una lunga strada; rosso significa gioia, ma non so che cosa possa significare smussato... Il padre della ragazza, che si stava vestendo e ascoltava tutto ciò che madre e figlia stavano dicendo, borbottò a questo punto, quasi fra sé: "Mi sembra proprio il mio uccello!" È assai più opportuno studiare il simbolismo onirico nel folklore, piuttosto che nei sogni veri e propri. I sogni sono costretti a stendere un velo sulle cose, e dischiudono i loro segreti solo all'interpretazione; invece questi aneddoti comici camuffati da sogni sono comunicazioni che mirano a far divertire sia chi li racconta sia chi li ascolta, e quindi in essi, senza alcun imbarazzo, al simbolo viene fatta seguire l'interpretazione: queste storielle si dilettano a strappare il velo ai simboli. Nella seguente quartina il pene viene presentato come uno scettro: Ho sognato l'altra notte Di essere re di un paese; E quanto ero buffo e strano Con un uccello in mano! La si confronti ora con i seguenti esempi, in cui lo stesso simbolismo viene impiegato al di fuori del sogno: Amo una fanciullina, La più bella che ho mai visto; Ti darò uno scettro in mano, E tu sarai regina. ................... Disse un giorno a suo figlio Il grande Napoleone: La figa sarà la corona Finché lo scettro sarà il pungiglione. Una ulteriore variante di questa esaltazione simbolica dei genitali è alimentata dall'immaginazione artistica. Una bella incisione di Félicien Rops, intitolata Tout est grand chez les rois [Nei re tutto è in grande], mostra la figura nuda di un re con i lineamenti del Re Sole, il cui pene gigantesco, che arriva fino al livello del braccio, è anch'esso incoronato. La mano destra regge uno scettro, mentre la sinistra impugna un globo imperiale, il quale per una fenditura centrale rassomiglia inconfondibilmente a un'altra parte del corpo umano che è oggetto di desideri erotici. Il dito indice della mano sinistra è inserito in questa fessura. Nella seguente canzone popolare della Slesia il sogno è inventato unicamente per alludere a un evento diverso. Qui il pene compare come un verme (un "grasso lombrico"), che insinuatosi nella ragazza riemerge a tempo debito sotto forma di vermiciattolo (un bambino). La canzone del lombrico Sul prato umido Susanna stava, Stava a giacere Susanna sul prato, Stava sognando d'amare il suo amato, Stava dormendo Susanna e sognava. Ma all'improvviso si desta: che è stato? È stato un sogno, una trista paura? Si è addormentata fanciulla sì pura E invece un verme nel grembo le è entrato. Era il suo amato in lombrico mutato? È stato un sogno? Ella corre fuggendo E alla gente che viene accorrendo Tutta la storia ridice in un fiato. Sua madre sente e impreca alla sorte, Prende la figlia e in casa la chiude Poi con le dita in un'ansia di morte Cerca la bestia che il grembo rinchiude. Ma tutto è vano e la madre infelice Ne chiede aiuto alla vecchia indovina. Prende le carte e il fante le dice Di non sapere la sorte assassina. Ma il re di cuori di rosso vestito Svela il segreto rimasto celato: Di certo il verme nel grembo le è entrato, Ma per sortirne nel dì stabilito. Ode Susanna la sorte sua trista E si dispone ad attendere inerme Ed ecco al giorno fissato quel verme Esce all'aperto e rallegra la vista. Dunque, ragazze, guardatevi attorno Mentre dormite sul prato sognando Se non volete che un verme strisciando Dentro di voi si diletti ad entrare! La stessa simbolizzazione del pene come verme ci è nota anche da molti scherzi osceni. Nel sogno che riportiamo ora il pene è simbolizzato da un pugnale: la donna che sogna cerca di estrarre un pugnale per uccidersi, ma viene svegliata dal marito, che la esorta a non strappargli il membro. Un brutto sogno Una donna sognò che gli affari erano andati talmente male che non avevano più nulla da mangiare alla vigilia della festa, né potevano comprare nulla, perché suo marito si era bevuti tutti i soldi. Era rimasto solo un biglietto della lotteria, e in realtà avrebbero dovuto impegnare anche quello. Ma l'uomo se lo teneva con sé, perché l'estrazione doveva aver luogo il 2 gennaio. Egli disse: "Moglie, domani è il giorno dell'estrazione, aspettiamo ancora un po' a dar via il biglietto. Se non vinciamo, lo venderemo, oppure lo impegneremo." "Ma che il diavolo ti prenda, tu non hai comprato altro che guai, e sperare in questo biglietto è come voler cavare latte da un caprone! " Così si giunse al giorno successivo. Passò l'uomo con i giornali; egli lo fermò, prese una copia e cominciò a scorrere la lista. Fece passare gli occhi sui numeri, guardò in tutte le colonne, ma il suo numero non c'era. Però, non fidandosi dei propri occhi, esaminò nuovamente tutta la lista, e questa volta gli parve di trovarvi il numero del suo biglietto. Il numero era proprio quello, ma la serie non corrispondeva. Non fidandosi un'altra volta di sé stesso, egli si disse: "Deve esserci uno sbaglio. Aspetta un po', andrò alla banca e allora saprò con certezza come stanno le cose." Vi andò dunque, pieno di apprensione. Per la strada incontrò un altro venditore di giornali. Comprò un'altra copia di un altro giornale, scorse la lista, e trovò subito il numero del proprio biglietto. Anche il numero della serie coincideva. Dunque il premio di 5000 rubli spettava proprio a lui! Si precipitò alla banca, corse su per le scale, e chiese che gli pagassero immediatamente il biglietto vincente. L'impiegato rispose che non glielo potevano ancora pagare, e che ci sarebbero volute una o due settimane. Egli cominciò a supplicare: "La prego, sia buono, mi dia perlomeno 1000 rubli, e il resto lo ritirerò dopo!" L'impiegato rifiutò, consigliandogli però di rivolgersi al privato che gli aveva procurato il biglietto vincente. Che fare? Proprio in quel momento comparve un ebreuzzo, che sembrava spuntato dal sottosuolo. Fiutando un affare, gli offrì di pagarli immediatamente il biglietto, dandogli però 4000 rubli anziché 5000; gli altri 1000 dovevano spettare a lui. Il brav'uomo era entusiasta della fortuna toccatagli, e decise di cedere i 1000 rubli all'ebreo, in modo da poter intascare subito il suo denaro. Avutolo, porse il biglietto all'ebreo. Poi si diresse verso casa. Strada facendo entrò in un'osteria, tracannò in fretta un bicchiere, e di lì si recò direttamente a casa. Camminava ridacchiando e canticchiando un motivetto. Sua moglie lo vide dalla finestra e pensò: "Ora ha certamente venduto il biglietto della lotteria: si vede che è allegro, probabilmente ha fatto una capatina all'osteria e si è ubriacato per la disperazione." Egli entrò in casa, mise il denaro sul tavolo di cucina e si avvicinò alla moglie per darle la buona notizia che aveva vinto e ottenuto il denaro. Mentre si abbracciavano e baciavano di tutto cuore dalla felicità, la loro bimbetta di tre anni afferrò il denaro e lo buttò nella stufa. Quando si avvicinarono al tavolo per contare i soldi, essi non c'erano più: l'ultimo mazzetto di banconote stava bruciando. Folle d'ira, l'uomo afferrò la figlioletta per le gambe e la sbatté contro la stufa. La bambina cadde morta. Sul viso di lui si dipinse la disperazione: ora non c'era più modo di evitare la Siberia! Afferrò il revolver, e bang! si sparò un colpo nel petto e cadde morto a terra. Orripilata dalla catastrofe, la donna diede di piglio a un pugnale e si accinse a trafiggersi. Cercò di estrarlo dal fodero ma, per quanto si sforzasse, non ci riusciva. Allora udì una voce, che sembrava venisse del cielo: "Basta, smettila, che cosa fai?" Si svegliò e vide che non stava tirando un pugnale ma l'arnese di suo marito, e questi le stava dicendo: "Basta, smettila, se no me lo strapperai!" La rappresentazione del pene come un'arma, come un coltello affilato, un pugnale ecc., ci è nota soprattutto dai sogni angosciosi delle donne astinenti, e sta anche alla radice di numerose fobie nei nevrotici. Ma il complicato travestimento di questo sogno ci induce a cercare di chiarirlo e comprenderlo mediante un'interpretazione psicoanalitica fondata su altre interpretazioni già effettuate. Così facendo ci rendiamo ben conto che esorbitiamo dal materiale presentatoci da questo racconto popolare, e che quindi le nostre conclusioni non potranno avere il carattere di assoluta certezza. Il fatto che il sogno si concluda con un atto di aggressione sessuale perpetrata dalla donna come azione onirica, ci fa pensare che lo stato di indigenza materiale di cui parla il sogno alluda a uno stato di indigenza sessuale. Infatti, solo la più estrema pulsione libidica può giustificare una simile aggressività da parte di una donna. Altri brani del contenuto del sogno puntano in una direzione diversa e ben definita. La colpa per questo stato di indigenza è riversata sull'uomo (che si è bevuto tutto il denaro).16 Il sogno provvede a far fuori il marito e la bambina, ed evita abilmente il senso di colpa che è proprio di questi desideri facendo in modo che sia l'uomo a uccidere la bambina e poi a uccidere sé stesso per rimorso. Dato che questo è il contenuto del sogno, noi siamo portati a concludere, sulla base di molti esempi analoghi, che abbiamo a che fare con una donna insoddisfatta del marito e che nella fantasia aspira a un altro matrimonio. Dal punto di vista dell'interpretazione è indifferente che questa sua soddisfazione sia una condizione permanente, o soltanto l'espressione di un inappagamento temporaneo. La lotteria, che nel sogno aveva apportato una breve felicità, si potrebbe forse interpretare come un riferimento simbolico al matrimonio. Questo simbolo non è ancora stato identificato con sicurezza nel lavoro psicoanalitico, ma la gente suol dire che il matrimonio è come una puntata al lotto, che sposandosi si può estrarre il biglietto vincente o quello perdente. I numeri, che sono stati enormemente ingranditi (L'esperienza psicoanalitica mostra che gli zeri nei numeri onirici possono essere trascurati nell'interpretazione.dal lavoro onirico), in tal caso potrebbero facilmente corrispondere al numero di volte che si desidererebbe ripetere l'atto sessuale soddisfacente. Comprendiamo dunque che l'atto di tirare il membro dell'uomo non ha solo il significato di una provocazione libidica, ma anche quello ulteriore di una critica sprezzante, come se la donna volesse strappargli via il membro (secondo la corretta supposizione del marito) perché esso non funziona bene, perché non fa il suo dovere. Non ci saremmo soffermati sull'interpretazione di questo sogno e non ci saremmo spinti oltre il suo simbolismo manifesto, se anche altri sogni, i quali come questo terminano in un'azione onirica, non ci dimostrassero che la gente comune ha riconosciuto in essi una situazione tipica, sempre suscettibile della medesima spiegazione. 2. IL SIMBOLISMO FECALE E LE AZIONI ONIRICHE AD ESSO CONNESSELa psicoanalisi ci ha insegnato che nella primissima infanzia le feci costituiscono un materiale assai apprezzato, che serve a soddisfare le pulsioni coprofile. Con la rimozione di tali pulsioni, accelerata al massimo dall'opera dell'educazione, questo materiale viene poi investito di disprezzo, e più tardi ci si serve di esso sul piano cosciente per esprimere disdegno e sarcasmo. Certe forme di attività psichica, come il motto di spirito, riescono ancora a rendere accessibile per un breve momento questa fonte di piacere, altrimenti inaccessibile, e mostrano così che nell'inconscio rimane assai viva la stima che una volta gli esseri umani nutrivano per le feci. Il residuo più importante di questa precedente stima è costituito però dal fatto che tutto l'interesse che il bambino nutriva verso le feci si trasferisce nell'adulto su di un altro materiale, che la vita gli insegna a porre al disopra di qualsiasi altra cosa: l'oro (Vedi il mio scritto Carattere ed erotismo anale, 1908). Quanto sia antica questa connessione fra l'escremento e l'oro ce lo dimostra un'osservazione di Jeremias (Das alte Testament); e l'oro, secondo l'antica mitologia orientale, è l'escremento del cielo. (Similmente in Messico). I sogni riportati dal folklore mostrano nel modo più inequivocabile che l'oro è un simbolo delle feci. Se il dormiente ha bisogno di defecare, egli sogna l'oro, sogna di un tesoro. Nel travestimento che avviene nel sogno, e che mira, ingannandolo, a permettergli di soddisfare i propri bisogni a letto, di solito il mucchio di feci serve da segnale per contraddistinguere il posto dove si potrà poi ritrovare il tesoro; il sogno, cioè, come attraverso una percezione endopsichica, afferma chiaramente, anche se in forma rovesciata, che l'oro è un segno o un simbolo delle feci. Ecco un semplice esempio di sogno di tesoro, o di defecazione, narrato nelle Facetiae di Poggio. Di un uomo che trovava l'oro dormendo Una volta, in compagnia, un amico nostro narrò che in sogno aveva trovato dell'oro. E allora uno disse: "Guarda che non ti accada come al mio vicino, cui l'oro si cambiò in lordura. " E giacché noi gli chiedemmo di narrare il sogno: "Un mio vicino — disse — sognò di essere condotto dal demonio in un campo a disseppellire dell'oro, e ne trovò molto; e il demonio allora gli disse: 'Tu non puoi ora portarlo teco, ma fa' un segno sul luogo, perché tu solo possa conoscerlo.' E avendo l'altro chiesto di che segno doveva servirsi: 'Fallo qui — disse il diavolo — che appunto in questo modo nessuno crederà che qui sia l'oro e tu solo conosci la cosa.' L'uomo acconsentì e, svegliatosi, subitamente sentì d'aver sgombrato il ventre nel letto; sorse fra il puzzo e la poltiglia, e per uscir di casa mise in testa un cappuccio, entro il quale il gatto quella notte aveva fatta la sua. Pien di schifo per l'iniquo tanfo, dovè lavarsi la testa e i capelli. Così un sogno d'oro si era mutato in merda." Tarasevsky riporta un sogno simile in una storia ucraina: un contadino riceve in sogno un tesoro dal diavolo, al quale ha acceso un cero, e depone un mucchio di feci per contrassegnare il luogo. Non deve sorprenderci il fatto che in questi due sogni il diavolo compaia sotto le vesti di donatore di tesori e di seduttore, poiché il diavolo, angelo espulso dal paradiso egli stesso, certamente non è altro che la personificazione della vita pulsionale rimossa e inconscia (Vedi Carattere ed erotismo anale, 1908). I motivi che si celano dietro a questi semplici aneddoti comici sui sogni sembrano esaurirsi nel cinico gusto per le cose sporche e nel malizioso godimento di fronte all'imbarazzo della persona che ha fatto il sogno. Ma in altri sogni che trattano di tesori la forma che il sogno assume è confusa in molti sensi, e include vari elementi di cui sarà bene indagare l'origine e il significato. Non dobbiamo infatti considerare come totalmente arbitrari e insensati neppure quei contenuti onirici che mirano a fornire una giustificazione di tipo razionale alla soddisfazione ottenuta. Nei due esempi seguenti il sogno non è attribuito a una persona che dorme da sola, ma a un uomo che divide con un altro lo stesso letto. Grazie al sogno il sognatore insozza di feci il suo compagno di letto. Un sogno vivace Due commessi viaggiatori arrivarono stanchi a un'osteria, e chiesero di trascorrervi la notte. "Va bene — rispose l'oste, — se voi non avete paura vi posso dare una stanza; però ci sono gli spiriti. Se volete fermarvi, il pernottamento non vi costerà nulla." I due si consultarono fra loro: "Hai paura?" "No." Concordi, tracannarono un altro litro di vino e poi si recarono nella camera loro assegnata. Si erano appena coricati quando la porta si aprì e una figura bianca si insinuò nella stanza. Uno dei due chiese all'altro: "Hai visto qualcosa?" "Sì." "Ebbene, perché non hai detto nulla?" "Aspetta, entrerà di nuovo in stanza." E infatti la figura scivolò dentro di nuovo. Uno dei giovani saltò rapidamente giù dal letto, ma ancora più rapidamente il fantasma scivolò fuori attraverso lo spiraglio della porta. Il ragazzo, che non era affatto lento, spalancò la porta e vide la figura, una bellissima donna, che era già a metà delle scale. "Che cosa fai qui?" le gridò il giovane. La figura si fermò, si voltò e disse: "Ora finalmente sono liberata: ho dovuto errare tanto tempo! Per ricompensa prenditi il tesoro che sta proprio dove ti trovi adesso." Lo spavento del giovane eguagliava la sua felicità; per poter riconoscere quel luogo tirò su la camicia e vi depose un bel mucchietto di roba, pensando che nessuno avrebbe cancellato quel segnale. Ma proprio quando era al colmo della felicità, qualcuno gli urlò nell'orecchio: "Stai cacando sulla mia camicia, brutto porco!" A questa imprecazione il dormiente felice si risvegliò dal suo sogno di fiaba per trovarsi buttato giù dal letto in malo modo. Aveva cacato sul sepolcro Due signori arrivarono a un ostello, mangiarono e bevvero, e alla fine ebbero voglia di dormire. Chiesero all'oste di mostrar loro una camera ma, siccome erano tutte occupate, questi cedette loro il proprio letto, che essi avrebbero dovuto condividere; per sé egli avrebbe trovato un qualche altro posto per dormire. I due uomini si coricarono nello stesso letto. A uno di essi apparve in sogno uno spirito, che accese una candela e lo condusse al cimitero. Il cancello si aprì e lo spirito, con la candela in mano e l'uomo dietro, si diresse verso il sepolcro di una fanciulla. Quando lo ebbe raggiunto, la candela improvvisamente si spense. "E ora che debbo fare? Come potrò riconoscere il sepolcro di questa fanciulla domani, a giorno fatto?" egli si chiese in sogno. Allora gli venne un'idea: si slacciò i calzoni e cacò sulla tomba. Quando ebbe finito di cacare, il suo compagno, che dormiva accanto a lui, gli diede un sonoro ceffone prima sull'una e poi sull'altra guancia, gridando: "Ma che diavolo, devi proprio cacarmi sulla faccia?" In questi due sogni al posto del diavolo compaiono altre figure soprannaturali, cioè fantasmi, spiriti di persone defunte. Lo spirito del secondo sogno conduce addirittura il soggetto al cimitero, dove egli metterà un contrassegno su di un particolare sepolcro defecandovi sopra. Questa situazione è in parte molto facile a comprendere: il dormiente sa che il letto non è il luogo più adatto per soddisfare i suoi bisogni; quindi, nel sogno, egli fa in modo di allontanarsene, e si procura una persona che gli indica la giusta via per raggiungere l'altro luogo dove potrà soddisfare il suo bisogno segreto, e anzi sarà costretto a farlo dalle circostanze. Lo spirito del secondo sogno si serve addirittura di una candela per guidarlo, come farebbe un servitore per condurre nel buio della notte un estraneo alla ritirata. Ma perché a soddisfare l'esigenza di un cambiamento di scena che il pigro dormiente vuole a tutti i costi evitare provvedono proprio creature così misteriose come i fantasmi e gli spiriti di persone morte? Perché nel secondo sogno il fantasma conduce il soggetto in un cimitero, come per sconsacrare una tomba? Sembra infatti che questi elementi non abbiano nulla a che fare con il bisogno di defecare e con l'identità simbolica tra feci e oro. In essi troviamo l'indicazione di un'angoscia, che si potrebbe forse far risalire allo sforzo per evitare di soddisfare il bisogno a letto; ma l'angoscia non spiegherebbe la natura specifica del contenuto onirico, il suo riferimento alla morte. Per ora ci asteniamo da un'interpretazione, e insistiamo ulteriormente sul fatto, che dovrà essere ulteriormente spiegato, che in entrambe queste situazioni, in cui ci sono due uomini che dormono insieme, il misterioso fantasma che fa da guida è associato con una donna: lo spirito del primo sogno si rivela ben presto come una bellissima donna che ora è stata finalmente liberata, e lo spirito del secondo sogno conduce il soggetto al sepolcro di una fanciulla, che dovrà essere riconosciuto da un contrassegno. Per maggiori lumi rivolgiamoci ad altri simili sogni di defecazione, in cui però i compagni di letto non sono più due uomini, bensì un uomo e una donna, marito e moglie. L'azione soddisfacente che si svolge nel sonno come risultato del sogno sembra qui particolarmente repellente, ma forse proprio per questo essa cela un significato particolare. In primo luogo, però, introdurremo un sogno (che, per il suo contenuto, si riconnette ai sogni seguenti) il quale in senso stretto non rientra nello schema da noi esposto. Esso è inoltre incompiuto, in quanto manca l'elemento del soggetto che insozza la compagna di letto, cioè la moglie. D'altra parte in esso è estremamente chiara la connessione fra il bisogno di defecare e la paura della morte. Il contadino, descritto come un uomo sposato, sogna di essere colpito da un fulmine, e che la sua anima voli in cielo. Lassù egli implora di poter tornare ancora una volta sulla terra per rivedere la moglie e i suoi bambini, e ottiene il permesso di trasformarsi in ragno e di calarsi lungo la tela da lui stesso tessuta. Il filo però è troppo corto, e dallo sforzo di spremerne ancora un poco dal suo corpo deriva la defecazione. Sogno e realtà Un contadino era a letto e fece un sogno. Vide sé stesso in mezzo ai campi, che arava con i buoi. Improvvisamente calò un fulmine che lo colpì a morte. Ebbe allora la chiara sensazione che la sua anima volasse su, finché finalmente giunse in Paradiso. Sul cancello d'ingresso stava Pietro, che voleva fare entrare il contadino senza tante storie. Ma egli implorò che lo lasciassero tornare ancora una volta sulla terra, perché potesse almeno congedarsi da sua moglie e dai suoi figli. Pietro però non voleva, e diceva che quando una persona è in Paradiso non può più tornare sulla terra. Ma il contadino lo implorò piangendo in modo così straziante che alla fine Pietro acconsentì. C'era però un modo soltanto che avrebbe permesso al contadino di rivedere la sua famiglia: Pietro l'avrebbe trasformato in un animale e l'avrebbe mandato giù sotto queste spoglie. Il contadino fu dunque trasformato in ragno, ed emise un lungo filo sul quale potersi calare a terra. Quando giunse proprio sopra al suo paese, pressappoco al livello dei camini, e poteva già scorgere i suoi bambini che giocavano sul prato, vide con terrore che non riusciva a produrre più filo. Naturalmente provò un grande spavento, perché voleva arrivare subito sulla terra. Spremette con tutte le sue forze e allora... si sentì un gran rumore... e il contadino si svegliò: mentre dormiva gli era capitato qualche cosa di molto umano. Qui troviamo come nuovo simbolo delle feci la produzione di un filo, benché la psicoanalisi non ci fornisca altre prove di questo simbolismo, e anzi attribuisca al filo un significato simbolico diverso. Risolveremo più tardi questa contraddizione. Il sogno seguente, ricchissimo di particolari e molto acuto, si potrebbe definire come un sogno "di società"; esso termina con l'insozzamento della moglie. Tuttavia in molti punti esso concorda in modo sorprendente con il sogno precedente. È vero che il contadino non è morto, ma egli si trova egualmente in Cielo, e volendo ritornare sulla terra deve affrontare la stessa difficoltà di "filare" un filo abbastanza lungo per calarsi giù. Egli però non produce da sé il filo, come fa il ragno dal proprio corpo, ma lo mette insieme in modo meno fantastico arraffando tutto ciò che gli capita sottomano; e, poiché il filo non è ancora lungo abbastanza per toccare terra, gli stessi angioletti gli consigliano di cacare, per allungarlo con i propri escrementi. Il contadino che era stato assunto in Cielo Un contadino fece il seguente sogno. Aveva sentito dire che in Paradiso il frumento aveva un prezzo più alto, e pensò quindi che sarebbe stato bello portarvi il suo raccolto. Caricò il suo carro, attaccò il cavallo e si mise per via. Viaggiò a lungo, finché non vide la strada che conduceva al Paradiso e la seguì. Giunse così alle porte del Cielo e, guarda un po', esse erano aperte. Allora puntò diritto davanti a sé per infilare le porte, ma, appena presa la rincorsa, esse gli si chiusero in faccia. Egli allora cominciò a implorare: "Vi prego, siate buoni, lasciatemi entrare!" Ma gli angeli non glielo permisero, dicendo che era giunto troppo tardi. Allora vide che non c'era niente da fare; non era cosa per lui, e si affrettò a tornare. Ma, guarda! la strada per cui era venuto era scomparsa. Che fare? Si rivolse di nuovo agli angeli: "Carini, vi prego, siate buoni e lasciatemi tornare sulla terra, se è possibile! Datemi una strada in modo che io possa tornare a casa con il mio cavallo e il carro!" Ma gli angeli risposero: "No, figlio dell'uomo, il tuo cavallo e il tuo carro resteranno qui, e tu potrai scendere giù come ti pare. " "Ma come faccio a scendere se non ho neppure una corda?" "Cerca qualcosa che ti permetta di calarti giù." Allora egli prese le redini e la morsa, le legò assieme e cominciò a calarsi. Scese e scese, e poi guardò giù: mancava ancora un bel pezzo per raggiungere la terra. Si arrampicò di nuovo su e allungò la corda che aveva messo assieme, aggiungendovi la cinghia e la bardatura. Poi ricominciò a calarsi, ma neppure questa volta riuscì a raggiungere la terra. Allora prese le stanghe e il corpo del carro. Ma la corda era sempre troppo corta. Che fare, ora? Si lambiccò il cervello e pensò: "Ah, sì, l'allungherò con la mia giacca e con le bretelle, la camicia e la cintura." E così fece: mise assieme tutte queste cose e si calò giù. Quando giunse alla fine della cintura, mancava ancora un bel pezzo per raggiungere la terra. Allora non sapeva proprio più che cosa fare; non aveva più nulla sotto mano, e saltar giù era pericoloso, temeva di rompersi il collo. Di nuovo implorò gli angeli: "Siate buoni, aiutatemi a scendere a terra!" Gli angeli risposero: "Caca, e i tuoi escrementi formeranno una corda." Egli cacò e cacò quasi mezz'ora, finché non ebbe più nulla da mandar fuori. Ne fece una lunga corda e si calò giù. Scese, scese, e giunse alla fine della corda, ma mancava ancora un bel pezzo alla terra. Di nuovo cominciò a implorare gli angeli di aiutarlo a scendere sulla terra. Di nuovo risposero: "Ora, figlio dell'uomo, piscia, e formerai così un filo di seta". Il contadino pisciò e pisciò, finché non ne potè più. Vide che la sua piscia era divenuta davvero un filo di seta e vi si calò giù. Scese, scese, e giunse alla fine del filo, ma, guarda un po', esso non raggiungeva la terra: mancavano ancora un braccio e mezzo o due. Di nuovo implorò gli angeli di aiutarlo a scendere, ma questi dissero: "No, fratello, ora non ti possiamo più aiutare; salta giù e basta." Il contadino penzolava indeciso, e non riusciva a trovare il coraggio di saltar giù. Poi però vide che non gli rimaneva altra via, e... bump, invece di saltar giù dal cielo rotolò giù dalla stufa, e ritornò in sé solo quando si trovò in mezzo alla stanza. Allora si svegliò e gridò: "Moglie, dove sei?" Sua moglie si svegliò, udì quel fracasso e disse: "Che il diavolo ti porti, sei impazzito?" Si guardò intorno e vide tutto quel caos: suo marito le aveva cacato e pisciato addosso. Cominciò allora a inveire e a sgridarlo a dovere. Il contadino ribatté: "Ma che urli a fare? Ci sono già abbastanza guai! Abbiamo perso il cavallo, che è rimasto in Cielo, e a momenti ci restavo anch'io. Ringraziamo Dio che perlomeno sono vivo!" "Ma che idiozie stai dicendo? Devi aver bevuto troppo! Il cavallo è nella stalla, e tu eri sulla stufa e mi hai tutta insozzata, e poi sei caduto giù." Allora l'uomo ritornò in sé. Soltanto allora gli balenò per la testa che tutto era stato soltanto un sogno; egli raccontò a sua moglie come si fosse recato fino in Cielo e come da lì fosse ridisceso sulla terra. A questo punto però la psicoanalisi c'impone un'interpretazione che muta radicalmente le nostre idee su questo tipo di sogni. Gli oggetti estensibili, come c'insegna l'esperienza interpretativa dei sogni, sono di solito simboli dell'erezione. In entrambi i sogni di questi aneddoti l'elemento saliente è il rifiuto di allungarsi abbastanza, e anche l'angoscia del soggetto è collegata a questo fatto. Inoltre il filo, come tutte le cose analoghe (corda, spago ecc.), è un simbolo del seme. Il contadino, dunque, cerca di produrre un'erezione, e solo perché non vi riesce ricorre poi alla defecazione. Dietro al bisogno di evacuare in questi sogni scopriamo dunque a un tratto un bisogno sessuale. Questo bisogno sessuale riesce a spiegare molto meglio gli altri elementi del contenuto onirico. Se accettiamo l'ipotesi che tali sogni fittizi siano costruiti in modo fondamentalmente corretto, siamo costretti ad ammettere che l'azione onirica in cui essi sfociano debba avere un significato, e debba essere orientata dai pensieri latenti del soggetto. Se il soggetto alla fine del sogno copre di feci la moglie, tutto il sogno deve aver mirato a questo scopo, e deve esserci un motivo per cui si è giunti a questo risultato: esso non può che significare un insulto alla moglie o, in senso stretto, un rifiuto della moglie stessa. Sarà allora facile stabilire un rapporto fra questo elemento e il significato profondo dell'angoscia che si manifesta nel sogno. La situazione che dà origine a quest'ultimo sogno si può ricostruire, in base a quanto ho detto, nel modo seguente. Il soggetto è sopraffatto da un forte impulso erotico, che viene indicato con simboli abbastanza chiari all'inizio del sogno (aveva sentito dire che il frumento, che probabilmente equivale al seme, aveva un prezzo alto; si era diretto con il cavallo e il carro, simboli genitali, verso le porte aperte del Cielo). Ma probabilmente questo impulso libidico è rivolto verso un oggetto inaccessibile: le porte si richiudono, egli rinuncia al suo proposito e desidera tornare sulla terra. Però non prova alcuna attrazione verso sua moglie, che dorme accanto a lui, e cerca invano di ottenere un'erezione per lei. Il desiderio di sbarazzarsene per sostituirla con una donna migliore è, in senso infantile, un desiderio di morte. Se qualcuno nell'inconscio coltiva tali desideri contro una persona che tuttavia ama veramente, essi si trasformano per lui nel timore della morte, nel timore per la propria vita. Da qui deriva, in tali sogni, la presenza dello stato di morte, l'assunzione in Cielo, e il desiderio ipocrita di rivedere la moglie e i bambini. Ma la libido sessuale inappagata trova sfogo regressivamente nel desiderio di defecare, e questo impulso spinge il soggetto a insultare e insozzare l'oggetto sessuale inservibile. Se questo sogno particolare rende plausibile un'interpretazione del tipo da noi proposto, allora, date le caratteristiche del materiale in esso contenuto, riusciremo a dimostrare la veridicità di tale interpretazione solo se l'applicheremo a tutta una serie di sogni di contenuto simile. Torniamo dunque ai sogni menzionati prima, in cui c'è un uomo che dorme e che ha per compagno di letto un altro uomo. Il contesto in cui compare la donna in questi sogni acquista ora, retrospettivamente, un ulteriore significato. Il soggetto, sopraffatto da un impulso libidico, rifiuta l'uomo; vorrebbe che questi fosse lontano mille miglia, e che al suo posto ci fosse invece una donna. Un desiderio di morte rivolto contro il compagno di letto indesiderato naturalmente non è punito così severamente dalla censura morale come quando un desiderio simile è rivolto contro la moglie; ma c'è lo stesso una reazione abbastanza intensa perché tale desiderio si ritorca contro sé stessi, o contro l'oggetto femminile desiderato. È allora il soggetto stesso che viene portato via dalla morte; oppure non è l'uomo, ma la donna da lui desiderata, a essere morta. Alla fine però il rifiuto dell'oggetto sessuale maschile trova una via di sbocco nell'atto d'insozzarlo, e l'altro percepisce la cosa come un insulto e se ne vendica. La nostra interpretazione riesce dunque a spiegare questo tipo di sogni. Se ora ripensiamo ai sogni accompagnati dall'insozzamento della donna, saremo pronti a scoprire che in altri sogni del genere sono inequivocabilmente espressi elementi che nel sogno da noi esaminato mancavano o erano soltanto accennati. Nel seguente sogno di defecazione non si insiste sull'insozzamento della donna, ma si spiega chiaramente, nella misura in cui ciò è possibile nel regno del simbolismo, che l'impulso libidico è rivolto verso un'altra donna: il soggetto non vuole insozzare il proprio campo, e cerca quindi di defecare sulla terra del vicino. Testa di becco Un contadino sognò che stava lavorando nel suo campo di trifoglio. Fu colto da un urgente bisogno e, non volendo insozzare il proprio trifoglio, corse presso un albero che si trovava nel campo del vicino, si calò le braghe e buttò giù un paio di palline. Giunto felicemente al termine dell'operazione e desiderando pulirsi, cominciò a strappare energicamente dell'erba. Ma che cosa succedeva? Il nostro contadinotto si svegliò con un balzo, premendosi la guancia dolente, che aveva appena ricevuto un ceffone. Ritornando in sé, sentì la moglie, che gli giaceva accanto, sbraitare: "Vecchia e fessa testa di becco, la vuoi smettere di strapparmi i peli, accidenti a te!" L'atto di strappare i peli (erba), che qui si sostituisce al defecare,33 compare anche nel sogno seguente. L'esperienza psicoanalitica ci dimostra che questo atto proviene da un gruppo di simboli che riguarda la masturbazione (ausreissen, abreissen [strapparne uno, tirarne giù uno]). Il desiderio di morte rivolto contro la moglie sembrerebbe l'elemento maggiormente bisognoso di conferma nella nostra interpretazione. Invece nel sogno seguente il soggetto seppellisce addirittura sua moglie (ipocritamente designata come un tesoro), deponendo nella terra scavata il recipiente che contiene il tesoro e, come avviene notoriamente nei sogni concernenti tesori, piantandovi sopra un bel mucchietto di feci per contrassegnare il luogo. Mentre crede di scavare, egli fruga con le mani nella vagina della moglie. Il sogno del tesoro C'era una volta un contadino che fece un sogno terribile. Gli sembrava che ci fosse la guerra e che tutto il suo distretto fosse saccheggiato dai soldati nemici. Egli però possedeva un tesoro, e aveva tanta paura di perderlo: non sapeva che fare, se e come nasconderlo. Alla fine decise di seppellirlo nel proprio giardino, dove conosceva un bel posticino adatto. Sognò dunque di recarsi in quel luogo, e giunse al posto dove voleva scavare la terra per deporvi il grosso vaso. Ma quando cercò uno strumento per scavare, non trovò nulla attorno a sé, e alla fine dovette usare le mani. Scavò dunque il buco con le nude mani, vi mise dentro il recipiente con il denaro, e ricoprì tutto di nuovo con la terra. Ora voleva andarsene, ma si fermò un momento, pensando: "E quando i soldati se ne saranno andati, come farò a ritrovare il mio tesoro, se non ci pongo sopra un segno?" Cominciò allora a cercare qua e là, da tutte le parti. Ma non riuscì a trovare nulla che potesse contraddistinguere il luogo dove aveva nascosto il denaro. Proprio allora sentì un bisogno e si disse: "Benissimo, ci cacherò sopra." Si calò dunque le braghe e depose un bel mucchietto di roba sul luogo dove aveva sepolto il vaso. Poi vide lì vicino un ciuffo d'erba, e cercò di strapparlo per pulirsi. Ma nel momento in cui prendeva quel bel ciuffo egli rimase per un istante come istupidito, e si guardò intorno tutto intontito. Subito dopo egli udì la voce di sua moglie che, fuori di sé dall'ira, gli urlava: "Svergognato bastardo, buono a nulla! Credi che io debba sopportare qualsiasi cosa da te? Prima mi frughi con tutte e due le mani nella figa, poi ci cachi sopra, e adesso vuoi perfino strapparmi via i peli!" Con questo esempio siamo ritornati ai sogni di tesori, da cui siamo partiti, e osserviamo che in questi sogni di defecazione che riguardano un tesoro non c'è traccia o quasi del timore della morte, mentre gli altri sogni, in cui appare un diretto riferimento alla morte (sogni di assunzione in Cielo), non parlano di un tesoro e motivano altrimenti la defecazione. È quasi come se l'ipocrita trasformazione della moglie in un tesoro avesse evitato la punizione per il desiderio di morte. Un desiderio di morte rivolto verso la donna è ammesso assai chiaramente in un altro sogno di assunzione in Cielo, che però non termina con la defecazione sul corpo della donna, ma in un'attività sessuale concernente i suoi genitali, come era già accaduto nel sogno precedente. Il sognatore in questo caso accorcia la vita della moglie per allungare la propria, travasando olio dalla lampada della vita di sua moglie nella propria. Per controbilanciare in qualche modo questa sua manifesta ostilità, compare alla fine del sogno un tentativo di carezza. La lampada della vita San Pietro apparve a un uomo profondamente addormentato e lo condusse in Paradiso. L'uomo accettò ben volentieri di recarvisi, e seguì san Pietro. In Paradiso vagarono per un bel po', finché giunsero a un boschetto assai spazioso e ben curato; ad ogni albero erano appese molte lampade accese. L'uomo chiese a san Pietro che cosa significasse tutto ciò, ed egli rispose che quelle lampade bruciavano soltanto finché un uomo rimaneva in vita: appena l'olio terminava e la lampada si spegneva, l'uomo doveva immediatamente morire. L'uomo ne fu molto impressionato e chiese a san Pietro di mostrargli la sua lampada. Il santo accondiscese alla sua richiesta, e lo condusse alla lampada di sua moglie, accanto alla quale c'era la sua. L'uomo vide che la lampada di sua moglie aveva ancora molto olio, ma che nella sua ce n'era molto poco, e ciò lo rese assai triste, perché significava che egli avrebbe dovuto presto morire; chiese a san Pietro se non poteva versare ancora un po' d'olio nella propria lampada, ma il santo rispose che il Signore versa l'olio nel momento in cui una persona viene al mondo, e determina così la durata della vita di ognuno. L'uomo era molto abbattuto e si mise a piangere e a gemere accanto alla propria lampada. San Pietro gli disse: "Tu puoi rimanere qui, ma io devo andare, perché ho delle altre cose da fare." L'uomo allora si rallegrò, e appena san Pietro scomparve egli incominciò a intingere il dito nella lampada della moglie, versando poi l'olio nella propria. Ripetè parecchie volte questo gesto, e quando vide riavvicinarsi il santo, sobbalzò spaventato e, svegliatosi, si accorse che aveva infilato il dito nella fessura della moglie, facendoselo poi gocciolare in bocca e leccandolo. Nota. Secondo una versione riferitami da un viaggiatore a Serajevo, l'uomo fu svegliato da un ceffone rifilatogli dalla moglie, che egli aveva destato frugandole nei genitali. Qui non compare san Pietro, e invece delle lampade ci sono recipienti di vetro con l'olio che vi brucia dentro. Secondo una terza versione, che ho udito da uno studente di Mostar, un venerando frate mostra all'uomo varie candele accese; la sua è molto sottile, quella di sua moglie enormemente spessa. Per allungare la propria vita, l'uomo incomincia allora a leccare con gran zelo, la candela grossa. Ma a questo punto egli riceve un sonoro ceffone: "Sapevo che tu eri un bue, ma francamente non credevo che fossi anche un porco!", gli disse sua moglie, perché nel sonno egli le aveva leccato la figa. Questa storia è assai diffusa in tutta Europa. Questo è il momento per rammentarci del "brutto sogno" della donna, al cui termine essa tirava l'organo del marito come se volesse strapparglielo. L'interpretazione che ritenemmo di proporre in quel caso concorda completamente con l'interpretazione dei sogni di defecazione fatti da uomini, che abbiamo illustrato qui. In quel sogno la moglie insoddisfatta si libera con pari disinvoltura del marito e della figlia che costituiscono un ostacolo verso la sua soddisfazione. Un altro sogno con defecazione, della cui interpretazione forse non possiamo essere del tutto sicuri, ci fa però pensare che dovremmo ammettere l'esistenza di alcune differenze nell'intenzione presente nei sogni di questo genere, e getta nuova luce sul tipo di sogni che abbiamo menzionato, e su altri che seguiranno ora, in cui l'azione onirica consiste in una manipolazione dei genitali femminili. "Per la paura" Il pascià trascorse la notte con il bey. Il mattino dopo il bey40 restò a letto, e non voleva alzarsi. Il bey chiese al pascià: "Che cosa hai sognato?" "Ho sognato che sopra al minareto c'era un altro minareto." "È mai possibile?" si chiese il bey. "E che cos'altro hai sognato?" "Ho sognato — rispose il pascià — che sopra quel minareto c'era un boccale di rame, con dentro dell'acqua. Soffiava il vento, e il boccale di rame ondeggiava. Ora, tu che cosa faresti se avessi sognato una cosa simile?" "Mi sarei pisciato e anche cacato addosso, per la paura." "Be', come vedi, io mi sono soltanto pisciato." Questo sogno richiede un'interpretazione simbolica, perché il suo contenuto manifesto è assolutamente incomprensibile, mentre i simboli sono inconfondibilmente chiari. Perché il soggetto avrebbe dovuto spaventarsi alla vista di un boccale con dell'acqua, che ondeggiava sulla cima di un minareto? Ma il minareto si addice benissimo a rappresentare il pene, e il recipiente con l'acqua che si muove ritmicamente sembra un buon simbolo dei genitali femminili nell'atto del coito. Il pascià aveva dunque fatto un sogno di coito e, se il suo ospite parla di defecazione in rapporto al sogno, sembra verosimile la spiegazione che si tratti di due vecchi impotenti, in cui l'età ha provocato quella stessa proverbiale sostituzione del piacere sessuale con il piacere escrementale che, come abbiamo visto, si era manifestata anche nell'altro sogno per la mancanza di un oggetto sessuale adeguato. Per chi non può più fare l'amore, dice l'uomo della strada con il suo crudo gusto per la verità, rimane pur sempre il piacere di cacare; e si può dire che in questa persona si abbia un ritorno dell'erotismo anale, che esisteva prima di quello genitale, e poi era stato rimosso e sostituito da quest'ultimo. I sogni con defecazione potrebbero dunque essere anche sogni d'impotenza. La differenza fra le due interpretazioni non è così marcata come potrebbe apparire a prima vista. Anche nei sogni con defecazione in cui la vittima è una donna si ha a che fare con l'impotenza, o perlomeno con un'impotenza relativa, verso quella particolare persona che non esercita più alcuna attrazione sessuale sul sognatore. Il sogno di defecazione diviene dunque il sogno dell'uomo che non riesce più a soddisfare una donna, e parimenti il sogno di un uomo che non è più soddisfatto da una donna. La stessa interpretazione (sogno d'impotenza) si può applicare a un sogno narrato nelle Facezie di Poggio, anche se il suo contenuto manifesto è quello del sogno di un geloso: di un uomo cioè che non si crede capace di soddisfare la propria moglie. L'anello della fedeltà Francesco Filelfo, geloso della moglie, viveva in continua paura che ella non avesse con qualche altro a che fare, ed era giorno e notte intento a invigilarla. Una notte che e' dormiva, in sogno, poiché avviene spesso che ci tornino nei sogni le cose che desti abbiamo per la mente, vide un demonio che gli promise che avrebbe la donna sicura, se facesse ciò che egli avrebbegli detto di fare. Ed avendo egli nel sonno annuito, dicendo di essere assai grato e promettendone premio, il diavolo gli disse: "Prendi questo anello e tienlo sempre diligentemente in dito; poiché, mentre l'avrai, non potrà la tua moglie, senza che tu lo sappia, con altro giacere. " Tolto improvvisamente per la gioia dal sonno, sentì d'aver il dito nella cosa della moglie. E quello è davvero il migliore rimedio, pe' gelosi, perché le donne non possano mai, alle spalle de' mariti, essere infedeli. Questo aneddoto di Poggio è considerato la fonte di un racconto di Rabelais che, molto simile sotto altri punti di vista, è però più chiaro, in quanto descrive effettivamente il marito che, in età avanzata, si porta a casa una giovane moglie, che ora gli offre motivo di soffrire di gelosia: Hans Carvel era un uomo dotto, esperto, studioso, uomo dabbene, di buon senso, di buon giudizio, di buon carattere, caritatevole, servizievole, filosofo; e allegro oltre a tutto, buon compagnone, e pronto agli scherzi se mai ce ne fu: con un po' di pancia, che dondolava un po' la testa, e un po' disadatto nella persona. Nei suoi vecchi anni, sposò la figlia del balio Concordato, giovane, bella, fresca, galante, avvenente, e anche troppo graziosa con tutti i suoi vicini e ammiratori. Per cui capitò, dopo una serie di alcune ebdomadi, che egli ne divenne geloso come una tigre; ed entrò in sospetto che lei si facesse tamburinare il sedere di fuorivia. Per ovviar la qual cosa, le faceva una testa così di bei racconti, che riguardavano tutti i disastri che nascevano dagli adultèri: le leggeva sovente la leggenda delle vergini savie, le predicava la pudicizia, e compose per lei un libro tutto in lode della fedeltà coniugale, e in maledizione della malvagità delle maritate perverse; e le regalò un bel monile, tutto tempestato di zaffiri orientali. Ma ciononostante, la vedeva così disinvolta e di buon umore coi vicini che sempre più gli cresceva la gelosia. Una notte fra le altre, essendo a dormire con lei con tal passione addosso, sognò che parlava al diavolo, e che gli esprimeva le sue lamentele. Il diavolo gli faceva coraggio, e gli mise un anello nel dito medio, dicendogli: "Io ti dò questo anello: finché lo terrai nel dito, tua moglie non potrà essere da nessun altro carnalmente conosciuta, a meno che tu non lo sappia e vi consenta." "Oh, tante grazie! — disse Hans Carvel, — grazie signor diavolo. Rinnego Maometto, se mai me lo lascio tirar via dal dito." Il diavolo sparì. Hans Carvel, tutto allegro, si svegliò, e trovò che aveva infilato il dito nel come si chiama di sua moglie. Dimenticavo di raccontare come la moglie, sentendolo, tirava indietro il sedere, come per dire: "Sì, no, no, non è questo che bisogna metterci"; e allora ad Hans Carvel sembrava di vedere in sogno che gli volessero toglier l'anello. Non è forse un rimedio infallibile? Segui l'esempio, se mi dai retta, e fa' d'avere continuamente l'anello di tua moglie nel dito. (Goethe si riferisce al simbolismo dell'anello e del dito in un epigramma veneziano in Nachträge zu den Gedichten, Sophienausgabe, vol. 53, p. 16, N. 41: Köstliche Ringe besitz ich! Gegrabne fürtreffliche Steine / Hoher Gedanfcen und Styls fasset ein lauteres Gold. I Theurer bezahlt man die Ringe geschmückt mit feurigen Steinen, // BJinJcen hast du sie oft über dem Spieltisch gesehn. / Aber ein RingeJchen kenn ich, das hat sich anders gewachsen, / Das Hans Carvel einmal .traurig im Alter besas. / Unklug schob er den Kleinsten der zehen Finger ins Ringchen, / Nur der grösste gehört, würdig, eilìte hinein. — [Posseggo anelli splendidi! Di alti pensieri / e alto stile incise, un oro finissimo egregie pietre incastona. / Più si spende per gli anelli adorni di pietre fiammanti // che spesso vedesti rifulgere sul tavolo da gioco. / Ma conosco un anello di foggia diversa / che mestamente un giorno il vecchio Hans Carvel fece suo. / Lo stolto vi spinse il dito più piccolo dei dieci che aveva, / ma solo il più grosso, l'undicesimo, era degno di entrarvi.]) Il diavolo, che qui compare in veste di consigliere, similmente a quanto avviene nei sogni del tesoro, ci permette di comprendere qualche aspetto dei pensieri latenti del soggetto. All'origine, invero, il diavolo avrebbe dovuto "prendere" la moglie infedele, tanto difficile da tener d'occhio.45 Poi, nel contenuto manifesto del sogno, egli indica un modo infallibile per tenersela per sempre. Anche in questo noi riconosciamo l'analogia con il desiderio di liberarsi di qualcuno (desiderio di morte) nei sogni di defecazione. Concluderemo questa breve raccolta di sogni con un sogno di lotteria, che non ha molto a che fare con i precedenti, ma che serve a confermare la nostra precedente ipotesi che la lotteria simbolizzi un contratto matrimoniale. È inutile piangere sul latte versato Un mercante fece uno strano sogno. Sognò di vedere il culo di una donna con tutti i suoi attributi. Su di una metà c'era disegnato il numero 1 e sull'altra il 3. Prima di fare questo sogno, il mercante aveva idea di comprare un biglietto della lotteria. Gli sembrò allora che la figura apparsagli in sogno costituisse un buon auspicio. Senza aspettare oltre, il mattino dopo corse alla banca appena alzato, per comprare il biglietto; arrivato lì, senza stare a pensarci, chiese il biglietto numero tredici, quello cioè che conteneva i numeri che aveva visto in sogno. Quando l'ebbe comprato, non passava giorno ch'egli non guardasse tutti i giornali, per vedere se il suo numero era stato estratto. Dopo una settimana, o al massimo dieci giorni, venne pubblicata la lista dell'estrazione. Scorrendola, egli vide che non era stato estratto il suo numero, bensì il 103 della serie 8, e che questo numero aveva vinto 200000 rubli. Il mercante si strappò i capelli dalla disperazione. "Devo aver fatto uno sbaglio, c'è qualcosa che non va!" Era fuori di sé, era quasi inconsolabile, e non riusciva a comprendere che cosa avesse potuto significare il suo sogno. Decise allora di discutere la questione con il suo amico, che forse avrebbe avuto una spiegazione per la sua sfortuna. Incontrò l'amico e gli raccontò ogni cosa per filo e per segno. Allora l'amico gli disse: "O sempliciotto! Non hai visto, sul culo, lo zero, fra il numero 1 e il 3?" "Ah, che il diavolo mi porti, non mi era venuto in mente che sul culo ci fosse uno zero!" "Ma era lì, chiaro e tondo, solo che tu non sei riuscito a decifrare correttamente il numero. E il numero 8 della serie... te lo mostra la figa, che assomiglia a un 8! Ma ora è inutile piangere sul latte versato." Nello stendere questo breve saggio ci proponevamo due cose: da un lato volevamo dimostrare che la natura spesso sporca, ripugnante e oscena di questo materiale non ci deve distogliere dal cercarvi apprezzabili conferme alle teorie psicoanalitiche. In questa occasione siamo per esempio riusciti a stabilire che il folklore interpreta i simboli onirici allo stesso modo della psicoanalisi, e che, contrariamente all'opinione comune e proclamata ai quattro venti, il folklore fa derivare certi tipi di sogni da esigenze e da impulsi che sono divenuti impellenti. D'altro lato vorremmo esprimere l'opinione che si farebbe torto alla gente comune supponendo che essa usi questo genere di divertimenti solo per soddisfare i propri desideri più volgari. Sembra piuttosto che dietro a queste brutte * facciate si nascondano reazioni psichiche a certe impressioni della vita; reazioni che vanno prese sul serio, e che anzi non mancano di una loro nota di tristezza; reazioni a cui la gente comune è disposta ad arrendersi a condizione che esse siano accompagnate dalla produzione di un piacere di tipo grossolano. |