SIGNIFICATO ANTITETICO DELLE PAROLE PRIMITIVE

1910

Nella mia Interpretazione dei sogni  feci una dichiarazione su una delle scoperte del mio lavoro analitico che allora non capii. La ripeterò qui a mo' di prefazione a questa recensione:

«Il modo in cui i sogni trattano la categoria dei contrari e dei contraddittori è straordinario. Essa viene semplicemente ignorata. Per quanto riguarda i sogni il "No" sembra non esistere. Essi mostrano una preferenza particolare a combinare i contrari in un'unità o a rappresentarli come la medesima cosa. I sogni si sentono liberi, inoltre, di rappresentare qualsiasi elemento di desiderio col suo contrario; sicché non c'è alcun modo di decidere a prima vista se un elemento che ammette un contrario è presente nei pensieri del sogno come un positivo o come un negativo».

Gli interpreti dei sogni dell'antichità sembrano aver fatto il più largo uso della nozione secondo cui una cosa in un sogno può significare il suo opposto. Questa possibilità è stata talvolta riconosciuta anche dagli studiosi moderni dei sogni, nella misura in cui essi ammettono che i sogni hanno un significato e possono essere interpretati2 (Cfr. G.H. von Schubert, 1814, cap. II).

Non penso proprio che sarò contraddetto se affermo che tutti coloro i quali mi hanno seguito nell'interpretare i sogni secondo princìpi scientifici hanno trovato conferma di questa mia dichiarazione.

Non riuscii a capire la singolare tendenza dell'opera del sogno a ignorare la negazione e a impiegare gli stessi mezzi di rappresentazione per esprimere i contrari finché non mi accadde di leggere per caso un libro del filologo Karl Abel, che fu pubblicato nel 1884 come opuscolo separato e l'anno successivo incluso negli Sprachwissenschaftliche Abhandlungen. L'interesse dell'argomento è sufficiente a giustificare la citazione che qui faccio per esteso dei passi fondamentali dello scritto di Abel (omettendo, comunque, la maggior parte degli esempi). Da questi brani otteniamo la sorprendente informazione che il comportamento del lavoro del sogno che ho appena descritto è identico a una caratteristica delle lingue più antiche a noi note.

Dopo aver sottolineato l'antichità della lingua egizia che deve essersi sviluppata molto prima delle prime iscrizioni geroglifiche, Abel prosegue:

«Ora, nella lingua egizia, che è l'unico resto di un mondo primitivo, c'è un buon numero di parole con due significati, di cui uno è l'esatto contrario dell'altro. Supponiamo, ammesso che si possa immaginare una tale sciocchezza, che in tedesco la parola "forte" significhi sia "forte" sia "debole"; che in Berlino il sostantivo "luce" fosse usato per significare sia "luce" sia "buio"; che un cittadino di Monaco chiamasse la birra "birra", mentre un altro usasse la stessa parola per indicare l'acqua: a questo porta la stupefacente pratica che gli antichi Egizi seguivano regolarmente nella loro lingua. Come si potrebbe biasimare chi scuotesse la testa incredulo?...». (1884, 4. Esempi omessi.)

(Ibidem, 7): «In considerazione di questi e di molti altri casi simili di significato antitetico (si veda l'Appendice) è indubbio che almeno in una lingua ci fosse un gran numero di parole che denotavano una cosa e il suo contrario insieme. Per quanto stupefacente, ci troviamo di fronte a un fatto di cui dobbiamo tener conto».

L'autore continua respingendo una spiegazione di queste circostanze secondo la quale potrebbe darsi il caso che due parole abbiano lo stesso suono, e respinge con altrettanta decisione il tentativo di attribuire questo fatto al basso livello di sviluppo mentale in Egitto.

(Ibidem, 9): «Ma l'Egitto era tutt'altro che un paese di sciocchezze. Al contrario, esso fu culla dello sviluppo della ragione umana... Esso riconobbe una moralità pura e dignitosa e formulò gran parte dei Dieci Comandamenti nel periodo in cui i popoli nelle cui mani riposa oggi la civiltà avevano l'abitudine di sgozzare vittime umane come sacrificio a idoli assetati di sangue. Un popolo che accese la fiaccola della giustizia e della cultura in un'epoca così buia non può certamente essere stato completamente stupido nel linguaggio e nel pensiero quotidiani... Gli uomini che furono capaci di fabbricare il vetro e di sollevare e muovere enormi blocchi mediante macchine devono aver posseduto almeno senso sufficiente a non considerare una cosa uguale a se stessa e al suo contrario contemporaneamente. Come possiamo quindi conciliare questo col fatto che gli Egizi si permisero una lingua così stranamente contraddittoria?... che usassero dare il medesimo veicolo fonetico ai pensieri più chiaramente contrari, e legare in una specie di unione indissolubile cose che erano in netta contrapposizione tra di loro?».

Prima di tentare una qualunque spiegazione, si deve far menzione anche di un ulteriore stadio in questo comportamento inintelligibile della lingua egizia. «Di tutte le eccentricità del vocabolario egizio la caratteristica più straordinaria consiste nel fatto che, a parte le parole aventi in sé un significato antitetico, esso possiede altre parole composte in cui due vocaboli antitetici si uniscono in un composto che ha il significato di uno soltanto dei suoi elementi costituenti. In questa straordinaria lingua pertanto vi sono non solo parole che significano egualmente "forte" o "debole", e "comandare" od "obbedire"; ma vi sono anche composti come "vecchio-giovane", "lontano-vicino", "legare-sciogliere", "esterno-interno"... che, a onta della combinazione degli estremi della differenza, significano soltanto "giovane", "vicino", "legare" e "interno" rispettivamente... Sicché in queste parole composte i concetti contraddittori sono stati combinati del tutto intenzionalmente, non al fine di produrre un terzo concetto, come talora accade nel cinese, ma solo al fine di usare il composto per esprimere il significato di una delle sue parti contraddittorie -parte che avrebbe avuto lo stesso significato da sola...»

Comunque, la soluzione dell'enigma è più facile di quanto non sembri. I nostri concetti devono la loro esistenza ai paragoni. «Se fosse sempre luce noi non potremmo distinguere la luce dal buio, e di conseguenza non potremmo avere né il concetto di luce né la parola che la indica...» «È chiaro che tutte le cose di questo pianeta sono relative ed hanno esistenza indipendente solo in quanto differenziata rispetto alle sue relazioni con le altre cose...» «Dal momento che ogni concetto è in questo modo il gemello del suo contrario, come si potrebbe pensarlo la prima volta e come si potrebbe comunicarlo alle altre persone che stavano cercando di concepirlo, se non misurandolo sul suo contrario...?»

(Ibidem, 15): «Dal momento che il concetto di forza non si potrebbe formare se non come contrario di debolezza, la parola denotante "forte" conteneva un richiamo simultaneo di "debole", come la cosa per mezzo della quale essa originariamente venne ad esistenza. In realtà questa parola non denotava né "forte" né "debole", bensì la relazione e la differenza tra i due, le quali crearono tanto l'uno quanto l'altro...». «L'uomo infatti non poteva acquisire i suoi concetti più antichi e più semplici se non come contrari dei loro contrari, e apprese solo per gradi a separare le due parti di un'antitesi e a pensare ad una senza fare un paragone conscio con l'altra.»

Giacché la lingua serve non solo ad esprimere i propri pensieri ma soprattutto a comunicarli agli altri, può sorgere allora la questione sul come l'«Egiziano primitivo» fece capire al suo vicino «quale parte del concetto gemello intendeva in una data occasione». Nella lingua scritta questo si faceva con l'aiuto dei cosiddetti segni «determinativi» che, messi dopo i segni alfabetici, danno a questi il loro significato e non sono in sé destinati ad entrare nella lingua parlata.

(Ibidem, 18): «Se la parola egizia "ken" deve significare "forte", allora il suo suono, che è scritto alfabeticamente, è seguito dalla raffigurazione di un uomo armato in posizione eretta; se la stessa parola vuole esprimere "debole", allora le lettere che rappresentano il suono sono seguite dalla raffigurazione di una figura accosciata e cascante. La maggior parte delle altre parole con due significati sono similmente accompagnate da raffigurazioni esplicative». Abel pensa che nel discorso il significato desiderato della parola pronunciata fosse indicato col gesto.

Secondo Abel i doppi significati antitetici si trovano nelle «radici più antiche». Nel corso dello sviluppo della lingua questa ambiguità poi scomparve e, ad ogni modo nell'egizio, si possono seguire tutti gli stadi intermedi, giù giù fino all'inequivocabilità dei vocabolari moderni. «Una parola che originariamente aveva due significati si divide nella lingua successiva in due parole con significati singoli, in un processo per cui ciascuno dei due significati opposti succede a una particolare "riduzione" (modificazione) della radice originale.» Così, per esempio, nei geroglifici la parola «ken», «forte-debole», si divide già in «ken», «forte» e «kan», «debole». «In altri termini, i concetti a cui si poteva giungere solo per mezzo di una antitesi divennero col tempo abbastanza familiari alla mente umana da rendere possibile un'esistenza indipendente delle loro due parti e di conseguenza poter formare per ciascuna parte un rappresentante fonetico separato.»

La prova dell'esistenza di significati primitivi contraddittori, facilmente stabilita nell'egizio, si estende, secondo Abel, anche alle lingue semitiche e indoeuropee. «In che misura questo succede in altri gruppi linguistici resta da vedere; che, sebbene l'antitesi debba essere stata presente originariamente nelle menti pensanti di ogni razza, non è detto necessariamente che sia diventata riconoscibile o che sia stata conservata ovunque nel significato delle parole.»

Abel inoltre richiama l'attenzione sul fatto che il filosofo Bain, evidentemente senza sapere che il fenomeno esisteva realmente, asseriva su base puramente teorica che questo doppio significato delle parole è una necessità logica. Il passo in questione3 (Bain (1870, 1, 54) inizia con queste parole:

«La relatività essenziale della conoscenza, del pensiero, o della coscienza non può non mostrarsi nel linguaggio. Se ogni cosa che possiamo conoscere è vista come una transizione da qualcos'altro, ogni esperienza deve avere due lati; e, od ogni nome deve avere un doppio significato, o altrimenti per ogni significato ci devono essere due nomi».

Dall'«Appendice degli esempi di significati antitetici egizi, indogermanici e arabi» scelgo alcuni esempi che possono restare impressi anche a quelli di noi che non sono esperti filologi. In latino «altus» significa «alto» e «profondo», «sacer» «sacro» ed «esecrando»; qui di conseguenza abbiamo l'antitesi completa nel significato senza alcuna modificazione del suono della parola. L'alterazione fonetica per distinguere i contrari è illustrata da esempi quali «clamare» («gridare») «clam» («sommessamente», «segretamente»); «siccus» («secco») - «siccus» («succo»). In tedesco «Boden» («solaio» o «pavimento») significa ancora la parte più alta e la cosa più bassa della casa. Il nostro «bös» («cattivo») si appaia con la parola «bass» («buono»); nell'antico sassone «bat» («buono») corrisponde all'inglese «bad» («cattivo»), e l'inglese «to lock» («chiudere a chiave») al tedesco «Luche», «Loch» («buco»). Possiamo paragonare il tedesco «kleben» («incollare») all'inglese «to cleave» («spaccare»); le parole tedesche «Stumm» («muro») e «Stimine» («voce»), e così via. In questo modo forse anche la derivazione tanto derisa Lucus a non lucendo avrebbe un senso.

Nel suo saggio su L'origine del linguaggio, Abel (1885) richiama l'attenzione su ulteriori tracce di antiche difficoltà nel pensare. Anche oggi l'inglese per dire «ohne» dice «without» [«con-senza» in italiano e in tedesco], e così il prussiano orientale. La stessa parola «con» che oggi corrisponde al tedesco «mit», originariamente significa «senza» e «con», come si può vedere da «ritirare» e «trattenere». La stessa trasformazione si può vedere nel tedesco «wider» («contro») e «wieder» («insieme con»).

Per fare un paragone col lavoro del sogno c'è un'altra stranissima caratteristica significativa della lingua egizia. «In egizio, le parole possono - apparentemente, diremo per cominciare - trasporre il loro suono così come il loro senso. Supponiamo che la parola tedesca "gut" ["buono"] fosse egizia: potrebbe allora significare tanto "cattivo" quanto "buono", e pronunciarsi tanto "tu" quanto "gut".

Numerosi esempi di simili trasposizioni di suono, troppo frequenti per essere casuali, si possono trovare anche nelle lingue ariane e semitiche. Limitandoci per il momento alle lingue germaniche possiamo notare: Topf (pentola) - pot (pentola); boat (barca) - tub (tinozza); wait (attesa) - täuwen (indugio); hurry (fretta) - Ruhe (riposo) ; care (attenzione) - reck (curarsi di); Balken (trave) - Klobe (tronco) - club (bastone).

Se prendiamo in considerazione altre lingue indogermaniche, il numero degli esempi attinenti aumenta; per esempio, capere (latino: "prendere") - packen (tedesco: "afferrare"); ren (latino: "rena") - Niere (tedesco: "rena"); leaf (inglese "foglia", "foglio") - folium (latino: "foglio"); dum-a (russo: "pensiero") - θυμοσ; (greco: "spirito", "coraggio"); mêrh, mûdha (sanscrito: "mente") - Mut (tedesco: "coraggio"); rauchen (tedesco: "fumare") - kur-it (russo: "fumare"); kreischen (tedesco: "strillare") - to shriek (inglese: "strillare"), ecc.

Abel cerca di spiegare il fenomeno della trasposizione del suono come un raddoppiamento ossia una duplicazione della radice. A questo punto ci è difficile seguire il filologo. A questo proposito ricordiamo quanto piaccia ai bambini giocare a trasporre il suono delle parole e quanto spesso il lavoro del sogno ricorre alla trasposizione del materiale rappresentativo per vari scopi. (Qui non è più l'ordine delle lettere ma quello delle immagini ad essere trasposto.) Saremmo perciò più inclini a far risalire la trasposizione del suono a un fattore d'origine più profonda4 (Per il fenomeno della trasposizione del suono - metatesi -, che è intimamente connesso al lavoro del sogno forse anche più dei significati contraddittori - antitesi -, cfr. inoltre Meyer-Rinteln, 1909).

Nella corrispondenza tra la peculiarità del lavoro del sogno menzionato all'inizio e la pratica scoperta dalla filologia nelle lingue antichissime, possiamo vedere una conferma della teoria che abbiamo formulato sul carattere regressivo arcaico dell'espressione dei pensieri nei sogni. E noi psichiatri non possiamo evitare di sospettare che capiremmo e tradurremmo meglio il linguaggio dei sogni se conoscessimo di più sullo sviluppo del linguaggio 5. ( È plausibile supporre, altresì, che l'originale significato antitetico delle parole rivela il meccanismo prefabbricato sfruttato per vari fini dai lapsus linguae per cui vien detto l'opposto di ciò che coscientemente si era voluto.)