Risposta alle critiche alla «nevrosi d'angoscia»

1895


Nel secondo numero del 1895 del Neurologiches Zentralblatt ho pubblicato un breve articolo, in cui avanzavo la proposta di distinguere diversi stati nervosi dalla nevrastenia, riunendoli in un'entità indipendente, col nome di nevrosi d'angoscia '. Sono stato indotto a ciò dall'esistenza di un rapporto costante tra certi caratteri clinici e certi elementi etiologici, fatto, questo, che, in linea generale, giustifica una distinzione del genere, lo scopersi, ma Hecker (1893) mi aveva preceduto, che i sintomi nevrotici in questione potevano essere classificati tutti insieme, in quanto si tratta di espressioni dell'angoscia, e, inoltre, il mio studio sull'etiologia delle nevrosi mi permetteva di aggiungere che questi elementi del complesso della nevrosi d'angoscia richiedono determinate condizioni etiologiche preliminari che sono quasi l'opposto dell'etiologia della nevrastenia.

Le mie osservazioni avevano dimostrato che nell'etiologia delle nevrosi, in tutti i casi di malattie acquisite o forme acquisibili, i fattori sessuali hanno una parte di primo piano, cui si è data troppo poca importanza, di modo che l'affermazione che l'etiologia delle nevrosi sta nella sessualità, con tutte le inevitabili imprecisioni per excessum et defectum, è per sempre più vicina alla verità delle altre dottrine che tengono campo oggigiorno. Le mie osservazioni mi obbligarono anche ad affermare che i diversi agenti patogeni sessuali non si possono trovare indifferentemente nell'etiologia di tutte le nevrosi, ma che esiste un rapporto specifico e inequivocabile tra un dato agente patogeno e una data malattia. Potevo quindi pensare di aver scoperto le cause specifiche delle diverse nevrosi.

Pertanto cercai di enunciare brevemente i caratteri particolari dei fattori patogeni sessuali che costituiscono l'etiologia della nevrosi d'angoscia e, partendo dalla mia concezione dei processi sessuali, pervenni alla seguente proposizione: la nevrosi d'angoscia è provocata da qualsiasi fattore atto a tenere fuori della sfera psichica la tensione sessuale organica, impedendo a questa di essere elaborata psichicamente. Se risaliamo alle condizioni pratiche in cui tale fattore diventa operante, saremo indotti ad asserire che l'astinenza sessuale, volontaria od involontaria, il rapporto sessuale con soddisfazione incompleta, il coito interrotto, l'allontanamento dell'interesse psichico dalla sessualità, e altri fatti analoghi, sono i fattori etiologici specifici degli stati cui ho dato il nome di nevrosi d'angoscia.

Allorché pubblicai il predetto articolo, non mi feci alcuna illusione sul suo potere di convincimento. In primo luogo, mi rendevo conto che si trattava soltanto di un lavoro breve e incompleto, persino di difficile intendimento in taluni punti, che forse poteva, al massimo, destare l'attenzione del lettore. Per di più adducevo ben pochi esempi, né riportavo delle cifre. Non avevo neppure fatto cenno alla tecnica della raccolta dell'anamnesi, né prendevo alcun provvedimento per evitare i malintesi. Tenevo conto solo delle obiezioni più ovvie e, a proposito della stessa teoria in sé, insistevo sui suoi elementi fondamentali ma non accennavo alle sue limitazioni. Pertanto, ogni lettore era realmente libero di formarsi un'opinione personale sulla validità dell'intera ipotesi. E ancora, potevo ammettere l'esistenza di un altro impedimento all'accettazione della mia teoria.

So benissimo di non aver affermato nulla di nuovo, esponendo la mia «etiologia sessuale» delle nevrosi, dato che nella letteratura medica non sono mai mancate correnti secondarie che tengono conto di questi fatti. So anche che la medicina ufficiale accademica ne è, infatti, a conoscenza, pur se si comporta come se non ne sapesse nulla. Di questa conoscenza non è stato fatto alcun uso né se ne sono tratte delle deduzioni. E un atteggiamento che deve avere una causa profonda, sorta probabilmente da una specie di riluttanza a guardare in faccia gli argomenti sessuali, oppure da una reazione contro tentativi di spiegazione più antichi, considerati inattuali. In tutti i casi, bisognava essere pronti a incontrare una resistenza, volendo avventurarsi nel tentativo di rendere credibile per gli altri ciò che essi avrebbero potuto, senza fatica, scoprire da sé.

In circostanze come queste sarebbe forse preferibile non rispondere alle osservazioni critiche prima di esporre con maggior ricchezza di particolari le mie vedute su questa complicata questione, rendendole più comprensibili. Ma non mi è possibile resistere ai moventi che mi spingono a dare immediata risposta ad una critica, apparsa in questi giorni, alla mia teoria sulla nevrosi d'angoscia. Lo faccio perché l'autore di questa critica, L. Löwenfeld di Monaco, autore del volume Patologia e Terapia della Nevrastenia e dell'Isteria, è un uomo il cui giudizio ha certamente un gran peso per il pubblico medico; perché il rapporto di Löwenfeld mi attribuisce un'opinione errata; e infine perché intendo controbattere fin dal primo apparire l'impressione che si possa respingere con assoluta facilità la mia teoria con la prima obiezione che capita.

Löwenfeld, con occhio infallibile, individua l'elemento chiave del mio articolo, ossia l'affermazione che i sintomi dell'angoscia hanno un'etiologia specifica e univoca di natura sessuale. Se questo non viene accettato, allora viene a cadere anche la ragione principale per rendere^ la nevrosi d'angoscia indipendente e separata dalla nevrastenia. E pur vero che sussiste un'altra difficoltà, sulla quale ho richiamato l'attenzione, cioè il fatto che la nevrosi d'angoscia ha anche dei rapporti assolutamente incontestabili con l'isteria, di modo che una concezione che segua la linea di pensiero di Löwenfeld sarebbe pregiudizievole anche per la distinzione tra isteria e nevrastenia. Però si può sormontare tale difficoltà ricorrendo all'ereditarietà quale causa comune di tutte queste nevrosi, opinione, questa, su cui tornerò più avanti.

E allora a quali argomentazioni fa ricorso Löwenfeld per appoggiare la sua obiezione alla mia teoria?

1. Io ho particolarmente insistito, come su un punto essenziale per la comprensione della nevrosi d'angoscia, sul fatto che l'angoscia presente in questa malattia non ammette una derivazione psichica, cioè che la predisposizione all'angoscia, che rappresenta il nucleo della nevrosi, non può essere acquisita in conseguenza di un'emozione di paura, unica o ripetuta, psichicamente giustificabile. Ho sostenuto che la paura può dar luogo a un'isteria o a una nevrosi traumatica, ma non a una nevrosi d'angoscia. Si intuisce facilmente che questa negazione non è che la controparte della mia affermazione positiva che l'angoscia, che compare nella mia nevrosi corrisponde a una tensione sessuale somatica che è stata deviata fuori del campo psichico, tensione che, altrimenti, si sarebbe tradotta in libido.

Contro questa asserzione, Löwenfeld insiste sul fatto che in molti casi «stati d'angoscia compaiono immediatamente o poco dopo uno shock emotivo (la paura da sola o incidenti accompagnati da paura) e, in queste condizioni, si hanno talvolta delle circostanze che rendono quanto mai improbabile l'azione contemporanea di agenti sessuali del tipo descritto». In breve, egli espone, quale esempio particolarmente significativo, una sola osservazione clinica, che sostituisce molte osservazioni. Questo esempio riguarda una donna sulla trentina, con una tara ereditaria, sposata da quattro anni e che, un anno prima della malattia, aveva avuto un primo, difficile parto. Qualche settimana dopo questo evento il marito aveva avuto un improvviso malore che l'aveva spaventata, al punto che, nella sua agitazione, ella aveva preso a correre in camicia per la camera fredda. Da allora si era ammalata. Inizialmente aveva sofferto di stati d'angoscia e di palpitazioni nelle ore serali, cui seguivano accessi di tremore convulso e poi fobie, ecc. Era il quadro di una nevrosi d'angoscia pienamente sviluppata. «In questo caso», conclude Löwenfeld, «gli stati di angoscia sono evidentemente d'origine psichica, provocati da un singolo spavento.»

Non dubito che il mio illustre critico possa citare casi consimili. Io stesso potrei fornire una lunga serie di esempi analoghi. Chi non abbia visto tali casi, che pure sono comunissimi, in cui la nevrosi d'angoscia esplode dopo uno shock emotivo, non potrà ritenersi qualificato a prendere parte a questa discussione sulla nevrosi d'angoscia. Rileverò, a questo proposito, che né la paura né l'attesa angosciosa devono necessariamente essere sempre presenti nell'etiologia della nevrosi d'angoscia. Qualsiasi altra emozione potrà essere altrettanto efficace. Se frugo alla svelta nei miei ricordi, mi viene in mente un uomo di quarantacinque anni, il quale ebbe i primi attacchi di angoscia, con collasso cardiaco, alla notizia della morte del padre, che era un uomo anziano; e da quel tempo sviluppò una nevrosi d'angoscia tipica e completa con agorafobia. Ancora, penso a un giovane colpito dalla stessa nevrosi a causa dello stato di agitazione provocato in lui dai disaccordi tra sua madre e la giovane moglie; questo giovane aveva un nuovo attacco di agorafobia dopo ogni litigio familiare. Poi vi era uno studente, un tipo di infingardo, che ebbe i primi attacchi di angoscia in un periodo in cui, pungolato dal disappunto paterno, lavorava sodo per prepararsi a un esame. Rammento anche una donna senza figli, che si ammalò in seguito alla preoccupazione provata per. la salute di una nipotina, e altri fatti similari. Quanto al fatto di cui Löwenfeld si vale contro di me, non vi può essere il minimo dubbio.

Ma ci può essere un dubbio sulla sua interpretazione. Dovremo forse accettare senza discussioni il criterio post hoc ergo propter hoc, esimendoci da qualsiasi considerazione critica del materiale grezzo? Vi sono sufficienti esempi in cui la causa finale, scatenante, non ha mantenuto, alla luce di un'analisi critica, la sua posizione di causa efficiente. Il ruolo di un trauma nel provocare un attacco di gotta nell'arto leso, probabilmente non è differente dal ruolo che esso ha nell'etiologia della tabe e della paralisi progressiva; solo che, nel caso della gotta, anche il più sprovveduto capisce che è assurdo pensare che il trauma abbia causato la gotta, invece di averne semplicemente scatenato l'attacco. Necessariamente, ci dà molto da pensare il fatto di trovarci davanti fattori etiologici di questo genere, che vorrei chiamare fattori banali, nella causalità delle più varie forme di malattia. Emozione, paura sono anch'esse fattori banali. La paura può provocare còrèa, apoplessia, paralisi agitante e molti altri disturbi, così come può provocare la nevrosi d'angoscia. Naturalmente, non mi servirò di queste osservazioni per concludere che le cause banali, in ragione della loro ubiquità, non soddisfano i nostri requisiti e che vi devono essere anche delle cause specifiche. Ciò facendo, darei già per certo l'argomento che voglio provare; sono, però, giustificato nelì'e-nunciare la seguente conclusione: qualora si possa dimostrare che la stessa causa specifica rientra nell'etiologia di tutti i casi, o della grande maggioranza dei casi di nevrosi d'angoscia, la nostra convinzione non dovrà essere scossa dal fatto che la malattia non si instaura se, prima, non entra in gioco un fattore banale qualunque, per esempio una emozione.

Così è stato dei miei casi di nevrosi d'angoscia. Prendiamo il caso dell'uomo che contrasse la malattia, in modo tanto inspiegabile, alla notizia della morte del padre (dico «inspiegabile» perché il decesso non era inatteso, né si verificò in circostanze straordinarie o impressionanti) . Quest'uomo praticava da undici anni con sua moglie il coito interrotto, cercando, di solito, di soddisfare la sposa. Anche il giovane, che non riusciva a sopportare le liti tra la moglie e la madre, era solito ritirarsi dalla moglie, fin dall'inizio del matrimonio, onde risparmiarle l'aggravio dei figli. Abbiamo poi Io studente, che contrasse una nevrosi d'angoscia da sopralavoro, invece della nevrastenia cerebrale, che si poteva prevedere; egli aveva avuto, per tre anni, una relazione con una ragazza che non poteva mettere incinta. Ancora, vi era una donna senza figli che fu colpita da nevrosi d'angoscia per via di una malattia della nipote; ella era moglie di un impotente e non era mai stata soddisfatta sessualmente. E potremmo ancora andare avanti. Non tutti questi casi sono ugualmente chiari o ugualmente atti a confortare la mia tesi; ma se ad essi affianco i casi, numerosissimi, in cui l'etiologia non presenta null'altro che il fattore specifico, essi rispondono senza contraddizioni alla teoria da me enunciata e consentono di allargare i nostri intendimenti etiologici oltre gli attuali confini.

Chi desideri provarmi che, con queste osservazioni, ho ingiustamente trascurato il significato dei fattori etiologici banali, dovrà presentarmi delle osservazioni in cui manchi il mio fattore specifico, ossia dei casi nei quali la nevrosi d'angoscia è insorta dopo uno shock emotivo, sebbene il soggetto conducesse, in complesso, una vita sessuale normale. Vediamo ora se il caso di Löwenfeld soddisfa a questa condizione. Evidentemente, il mio stimato oppositore non aveva ben chiara in mente questa necessità, altrimenti non ci avrebbe lasciati così completamente all'oscuro sulla vita sessuale del suo paziente. Prescinderò dal fatto che questo caso di una signora sulla trentina è chiaramente complicato da un'isteria, sulla cui origine psichica non nutro il benché minimo dubbio, e, naturalmente, ammetto, senza sollevare obiezioni, l'esistenza di una nevrosi d'angoscia a fianco di questa isteria. Però, prima di citare un caso in appoggio o contro la teoria dell'origine sessuale delle nevrosi, devo aver studiato preliminarmente il comportamento sessuale dei malato in modo più approfondito di quanto abbia fatto Löwenfeld. Non mi riterrei soddisfatto della conclusione che, avendo la signora subito uno shock emotivo poco tempo dopo il parto, il coito interrotto non poteva aver esercitato alcuna influenza nell'anno precedente, e che i fattori patogeni sessuali sono qui fuori causa. Mi sono noti casi di donne, che rimanevano incinte tutti gli anni e che pure erano affette da nevrosi d'angoscia perché, per incredibile che possa sembrare, tutti i rapporti sessuali venivano interrotti dopo il primo coito fecondatore, per cui nonostante avessero molti figli, esse soffrivano da anni di privazione sessuale.

Nessun medico ignora il fatto che vi sono donne che rimangono incinte per opera di uomini dalla debolissima potenza, incapaci di dar loro soddisfazione. Infine - e questa è una considerazione che dovrebbe essere tenuta nel debito conto proprio dai sostenitori dell'enologia ereditaria - vi sono moltissime donne affette da nevrosi d'angoscia congenita, ossia che ereditano o sviluppano, senza che sia possibile evidenziare alcun fattore patogeno esterno, una nevrosi identica a quella acquisita abitualmente attraverso il coito interrotto o fatti patologici similari. In un buon numero di queste donne riusciamo a scoprire una malattia isterica della gioventù, dopo la quale la loro vita sessuale è stata alterata e si è stabilita una deviazione della tensione sessuale fuori della sfera psichica. Le donne con questo genere di sessualità non sono capaci di trarre una soddisfazione effettiva neppure dal coito normale e in esse la nevrosi d'angoscia si instaura spontaneamente o dopo l'intervento di altri fattori dotati di efficacia. Quali, tra questi elementi, erano presenti nel caso di Löwenfeld? Io non lo so, ma ripeto: questo caso costituisce una prova a mio sfavore solo se la signora, che reagì con una nevrosi d'angoscia ad un unico spavento, avesse, prima di allora, goduto una vita sessuale normale.

È impossibile perseguire un'indagine etiologica fondata sull'anamnesi, se accettiamo le anamnesi come ce le presentano i pazienti o se ci accontentiamo di quello che ci dicono volontariamente. Se i venereologi dovessero ancora dipendere dalle dichiarazioni dei loro pazienti per ricollegare un'infezione iniziale dei genitali a un rapporto sessuale, finirebbero con l'attribuire un grandissimo numero di sifilomi primari, in persone che si proclamano vergini, al fatto di aver preso il raffreddore, e i ginecologi non troverebbero difficoltà a confermare il miracolo della partenogenesi tra le loro clienti nubili. Spero che un giorno si farà strada l'idea che anche i neuropatologi possono, quando raccolgono l'anamnesi delle principali nevrosi, trovarsi di fronte a pregiudizi etiologici analoghi.

2. Löwenfeld dice, inoltre, di aver osservato più volte la comparsa e la scomparsa di stati d'angoscia là dove non vi era certamente stato alcun mutamento della vita sessuale, ma in cui altri fattori erano in gioco.

Anch'io ho fatto esattamente le stesse osservazioni, senza, però, esserne ingannato. Io stesso ho fatto scomparire attacchi di angoscia mediante trattamento psichico, ho ottenuto un miglioramento dello stato generale del paziente, ecc., ma, naturalmente, non traggo la conclusione che la causa dell'attacco d'angoscia risiedesse nella mancanza di cura. Neppure mi piace gettare su Löwenfeld la surrettizia imputazione che egli sia giunto a tale conclusione. La mia scherzosa osservazione aveva soltanto lo scopo di dimostrare che la situazione può facilmente essere talmente complicata, da rendere del tutto priva di validità l'obiezione di Löwenfeld. Non ho trovato difficoltà a conciliare il fatto qui esposto con la mia affermazione che la nevrosi d'angoscia ha un'etiologia specifica. Si può facilmente concedere che vi sono fattori etiologici i quali, per essere efficaci, devono agire con una certa intensità - o quantità - e per un certo tempo, vale a dire che devono sommarsi. Gli effetti dell'alcool sono un esempio tipo di una causalità per sommazione. Ne segue che vi deve essere un periodo in cui l'agente etiologico specifico è operante, ma i suoi effetti non sono ancora manifesti. In questo periodo il soggetto non è ancora attualmente malato, però è predisposto a una particolare malattia - nel nostro caso la nevrosi d'angoscia - e, a questo punto, il sopraggiungere di un elemento patogeno banale farà comparire la nevrosi, così come avrebbe fatto un'ulteriore intensificazione dell'attività dell'agente specifico.

La situazione può anche essere illustrata così: non basta che l'agente specifico sia presente, deve anche arrivare a un determinato livello e, in questo processo di approssimazione a tale valore, una parte dell'agente specifico può essere sostituita da una certa quantità di un agente banale. Se quest'ultimo viene di nuovo a scomparire, noi ci ritroviamo al di sotto di un certo valore soglia e la sintomatologia clinica si dilegua. Tutta la terapia delle nevrosi si basa sul fatto che il carico totale sul sistema nervoso, sotto il quale è avvenuto il cedimento, può essere abbassato al di sotto di tale soglia agendo in molte diverse maniere sul miscuglio etiologico. Da questo fatto non possiamo trarre alcuna conclusione sull'esistenza o non esistenza di un'e-tiologia specifica. Queste considerazioni sono sicuramente indiscutibili e accertate, ma chi non le ritiene sufficienti può subire l'influenza della seguente argomentazione. L'etiologia degli stati d'angoscia va cercata nell'ereditarietà, secondo le vedute di Löwenfeld e di molti altri, ma l'ereditarietà è indubbiamente esente da modificazioni, per cui, se la nevrosi d'angoscia è guaribile con le cure, dovremmo giungere alla conclusione, basata sulle argomentazioni di Löwenfeld, che la sua etiologia non può risiedere nell'ereditarietà.

Del resto, mi sarei potuto risparmiare la fatica di difendermi contro queste due obiezioni di Löwenfeld, se il mio rispettabile avversario avesse fatto più attenzione al mio lavoro, nel quale le due obiezioni sono prevedute e ricevono risposta. Qui non potevo che ripetere ciò che avevo già detto e, di proposito, ho rianalizzato gli stessi casi. Inoltre le formulazioni etiologiche, alle quali ho or ora dato importanza, sono contenute nel testo del mio articolo. Le ripeterò di nuovo. Sostengo che esiste un fattore etiologico specifico della nevrosi d'angoscia, il quale può trovare un sostituto, in senso quantitativo, ma non qualitativo, in un fattore banale. Inoltre sostengo che questo fattore specifico determina soprattutto la forma della nevrosi e che se una affezione nevrotica si instaura, ciò dipende dal carico totale imposto al sistema nervoso, in proporzione alla sua capacità di sopportarlo. Di norma le nevrosi sono iperdeterminate, vale a dire che parecchi fattori etiologici operano insieme a produrle.

3. Non occorre che mi dia troppa pena per confutare i restanti commenti di Löwenfeld, perché, da un lato, arrecano un ben piccolo nocumento alla mia teoria e, d'altro canto, sollevano difficoltà di cui riconosco l'esistenza. Löwenfeld scrive: «La teoria freudiana è del tutto incapace di spiegare la comparsa, o mancata comparsa, di attacchi di angoscia in singoli casi. Se gli stati d'angoscia, cioè i sintomi clinici della nevrosi d'angoscia, fossero determinati esclusivamente da un accumulo, in sede sottocorticale, dell'eccitazione sessuale organica e da un'incongrua utilizzazione di questa, allora tutti coloro che sono affetti da stati d'angoscia dovrebbero, almeno finché nella loro vita sessuale non si produca un mutamento, andare periodicamente incontro ad attacchi di angoscia né più né meno di come l'epilettico ha i suoi attacchi di grande e di piccolo male. Ma le cose non stanno affatto così, secondo quanto ci insegna l'esperienza quotidiana. Nella grande maggioranza dei casi gli accessi di angoscia si manifestano solo in determinate occasioni, e se il malato rifugge da queste o riesce a neutralizzarne l'influenza ricorrendo a qualche precauzione, egli rimarrà libero dagli attacchi, sia che si dedichi in continuazione al coito interrotto o alla continenza, sia che goda di una vita sessuale normale».

Su questo c'è parecchio da dire. Innanzi tutto, Löwenfeld trae dalla mia teoria un'illazione forzata, che non può essere accolta. Supporre che, nell'accumulo di eccitazione organica sessuale, debba verificarsi lo stesso fenomeno che si ha in quell'accumulo di stimolazione che porta all'attacco convulsivo epilettico, significa avanzare un'ipotesi eccessivamente spinta, alla quale io non ho dato alcun incentivo; né è l'unica possibile. Per aver ragione dell'affermazione di Löwenfeld, mi basta soltanto presupporre che il sistema nervoso abbia la capacità di dominare una certa quantità di eccitazione sessuale organica, persino se sia deviata dalla finalità che le è propria, e che le manifestazioni patologiche sopravvengano solo quando tale quantità di eccitazione subisca un improvviso incremento. Non ho osato estendere la mia teoria in questa direzione, principalmente perché non speravo di incontrare sul cammino alcun punto di appoggio sufficientemente solido. Vorrei soltanto far rilevare che non dobbiamo pensare alla produzione della tensione sessuale come a qualcosa di indipendente dalla sua distribuzione, e che, nella vita sessuale normale, questa produzione, quando sia suscitata da un oggetto sessuale, prende forma sostanzialmente differente da quella che ha nello stato di quiete psichica, ecc.

Bisogna riconoscere che, con tutta probabilità, la situazione, nel nostro caso, è diversa da quella che sussiste nella tendenza alle convulsioni epilettiche, così che a questa non si può legittimamente applicare la teoria dell'accumulo dell'eccitazione somatica sessuale.

Si può far notare, contro la successiva affermazione di Löwenfeld che gli stati d'angoscia compaiono solo in certe occasioni e non compaiono se tali occasioni sono evitate, indipendentemente da quale che sia la vita sessuale del soggetto, che è chiaro che egli ha in mente solo l'angoscia delle fobie, come infatti è dimostrato dagli esempi da lui addotti. Non dice nulla degli attacchi spontanei di angoscia che prendono forma di vertigini, palpitazioni, dispnea, tremori, sudorazione, e via dicendo. Eppure, la mia teoria non mi sembra affatto impari al compito di spiegare la comparsa o mancata comparsa di tali attacchi. Infatti, in un gran numero di questi casi di nevrosi d'angoscia, esiste realmente una periodicità nella comparsa degli stati d'angoscia, simile a quella osservata nell'epilessia, salvo il fatto che in quest'ultima il meccanismo della periodicità è più palese. Una disamina più minuziosa ci fa scoprire la presenza, quanto mai regolare, di un processo sessuale eccitatorio, atto, cioè, a stabilire una tensione sessuale somatica, che, dopo un intervallo ben definito e spesso costante, è seguito dall'attacco d'angoscia. Questo ruolo, nelle donne che praticano l'astinenza, è sostenuto dall'eccitazione mestruale; è sostenuto anche dalle polluzioni notturne, che ricorrono anch'esse periodicamente, ma è sostenuto, soprattutto, dagli stessi rapporti sessuali, dannosi in quanto incompleti, che introducono la propria periodicità negli effetti da loro determinati, cioè negli attacchi di angoscia. Se si verificano degli accessi d'angoscia che interrompono l'abituale periodicità, di solito sarà possibile riferirli ad una causa accidentale, che si manifesta raramente e irregolarmente, come un'esperienza sessuale isolata, una cosa letta o veduta, e simili. L'intervallo menzionato va da poche ore a due giorni; è uguale all'intervallo che, in altri individui, trascorre tra il verificarsi delle stesse cause e l'instaurarsi della ben nota emicrania sessuale, che ha ben definiti rapporti con la sindrome della nevrosi d'angoscia.

Oltre a ciò, vi sono moltissimi casi in cui un singolo stato di angoscia è determinato dal sopravvenire di un fattore banale, ossia un'eccitazione di vario genere. Dunque, ciò che è valido nel determinismo dell'intera nevrosi, è valido anche nell'etiologia del singolo accesso di angoscia. Non è tanto strano che l'angoscia delle fobie obbedisca a condizioni differenti; queste hanno una struttura più complicata di quella degli attacchi semplicemente somatici. Nelle fobie l'angoscia è legata a un determinato contenuto ideativo o percettivo e l'insorgere di questo contenuto psichico è la condizione essenziale dell'instaurarsi della nevrosi. Quando essa si realizzi, si «genererà» l'angoscia, così come, per esempio, la tensione sessuale è generata dall'insorgenza di idee voluttuose. Però, non è stata ancora illustrata la connessione tra questo processo e la teoria della nevrosi d'angoscia.

Non vedo alcuna ragione per cercare di nascondere le lacune e i punti deboli della mia teoria. Secondo me, il punto principale della questione delle fobie è questo: le fobie non compaiono affatto se la vita sessuale è normale, cioè se non sussiste quella specifica condizione che è rappresentata da un perturbamento della vita sessuale, nel senso di una deviazione dallo psichico nel somatico. Per quanto vi possano essere molti altri punti oscuri nel meccanismo delle fobie, la mia teoria non potrà essere rigettata prima che mi si dimostri che vi sono fobie in casi in cui la vita sessuale è normale o, financo, vi sia un disturbo di natura non specifica.

4. E ora passerò a un'osservazione del mio stimato critico, che non posso non controbattere. Nel mio lavoro sulla nevrosi d'angoscia, avevo scritto: «In certi casi di nevrosi d'angoscia non è possibile scoprire alcun fattore etiologico. È importante rilevare come, in tali casi, non è, in genere, difficile reperire le prove di una grave tara ereditaria. Ma quando vi siano fondate ragioni per considerare la nevrosi come acquisita, un'accurata indagine in questo senso dimostrerà che i fattori etiologici sono costituiti da una serie di noxae e di influssi provenienti dalla vita sessuale». Löwenfeld cita questo brano e aggiunge il seguente commento: «Da questo risulta che Freud considera la nevrosi come "acquisita" ogniqualvolta se ne rintraccino le cause accidentali».

Se dal testo si trae spontaneamente un tale senso, allora devo aver espresso il mio pensiero in maniera molto distorta. Mi si lasci osservare che, nelle pagine che precedono, mi sono dimostrato assai più rigoroso di Löwenfeld nella valutazione delle cause accidentali. Se dovessi chiarire il senso del passo da me scritto, dovrei aggiungere, dopo la proposizione subordinata «ma quando vi siano fondate ragioni per considerare la nevrosi come acquisita...», le parole «in quanto non si dispone (riferendoci alla frase precedente) di prove dell'esistenza di una tara ereditaria...». Ciò significa che io giudico il caso come acquisito quando non si è evidenziato in esso alcun elemento legato all'ereditarietà. In ciò io mi comporto come chiunque altro, forse con la leggera differenza che gli altri potrebbero dichiarare che il caso è determinato dall'ereditarietà persino se non vi è ereditarietà, ignorando in tal modo l'intera categoria delle nevrosi acquisite. Ma questa differenza gioca a mio favore. Però riconosco che devo rimproverare me stesso di questo malinteso, a causa del modo in cui mi sono espresso nella prima frase: «non è possibile scoprire alcun fattore etiologico». Certamente anche altri mi riprenderanno e mi diranno che mi sono accollato una fatica inutile cercando le cause specifiche delle nevrosi. Taluni diranno che la vera etiologia della nevrosi d'angoscia, come quella delle nevrosi in generale, è nota: essa è l'ereditarietà. E due cause effettive non possono esistere l'una accanto all'altra. Io stesso ho negato, diranno costoro, l'importanza etiologica dell'ereditarietà, ma, se cosi è, allora tutte le altre etiologie sono cause puramente accidentali, equivalenti tra di loro per valore o mancanza di valore.

Io non condivido questo modo di vedere il significato dell'ereditarietà e siccome, nel mio breve lavoro sulle nevrosi d'angoscia, ho trattato proprio questo argomento con minore ampiezza, ora cercherò di riempire le lacune onde stornare l'impressione che, nello scrivere il mio articolo, non ho preso in considerazione tutti i problemi essenziali.

Penso di poter delineare un quadro della situazione etiologica, probabilmente molto complicata, che domina nella patologia delle nevrosi, se postuliamo i seguenti concetti:

(a) Condizioni preliminari, (b) Causa specifica, (e) Cause concomitanti e, quale termine non equivalente ai precedenti, (d) Causa precipitante o scatenante.

Per far fronte ad ogni possibilità, presumiamo che i fattori etiologici di cui ci occupiamo siano suscettibili di mutamenti quantitativi, ossia di aumento e diminuzione.

Se accettiamo il concetto di un'equazione etiologica, composta di parecchi termini, che debba essere soddisfatta perché si verifichi l'effetto, allora vedremo che la causa precipitante o scatenante è il termine che compare per ultimo nell'equazione, così da precedere immediatamente la comparsa dell'effetto. È questo fattore cronologico che, da solo, costituisce la natura essenziale di una causa precipitante. In casi particolari, ciascuna delle altre cause può assumere il ruolo di causa precipitante, ruolo che può mutare nell'ambito di una stessa combinazione etiologica.

I fattori, che possono essere descritti come precondizioni, sono quelli in assenza dei quali l'effetto non comparirebbe mai, ma che non sono atti a provocare l'effetto da soli, quale che sia la quantità in cui sono presenti, in quanto la causa specifica è tuttora mancante.

La causa specifica è tale che non può mai mancare nei casi in cui si verifica l'effetto e che, inoltre, è sufficiente, se presente con la necessaria quantità e intensità, a provocare l'effetto purché sussistano anche tutte le precondizioni.

Possiamo considerare come cause concomitanti quei fattori che non sono necessariamente sempre presenti, né sono in grado, quale che sia la loro quantità, di provocare da soli l'effetto, ma che agiscono insieme con le precondizioni e con la causa specifica per soddisfare all'equazione etiologica.

Il carattere distintivo delle cause concorrenti, o ausiliarie, sembra chiaro, ma come potremo distinguere le precondizioni dalla causa specifica, dato che entrambe sono indispensabili eppure nessuna delle due è sufficiente a provocare l'effetto da sola?

Forse possiamo pervenire alla conclusione grazie alle seguenti considerazioni. Tra le cause necessarie se ne trovano parecchie che ricompaiono nelle equazioni etiologiche relativamente a molti altri effetti e, in tal modo, non presentano alcun rapporto specifico con qualsiasi effetto particolare. Però, una di queste cause si staglia nettamente sul resto per il fatto che non è ritrovabile in alcuna altra equazione etiologica, o in pochissime. Questa ha diritto di essere chiamata causa specifica dell'effetto di cui si tratta. Inoltre precondizioni e cause specifiche si distinguono in particolar modo le une dalle altre nei casi in cui le precondizioni hanno la caratteristica di esistere da lungo tempo, e di essere scarsamente suscettibili di mutamento, mentre la causa specifica è un fattore entrato in gioco da poco tempo.

Mi sforzerò di dare un esempio di questo completo quadro schematico etiologico:

Effetto: tisi polmonare.

Precondizione: disposizione, in massima parte derivata per ereditarietà, legata alla costituzione organica.

Causa specifica: bacillo di Koch.

Cause ausiliarie: tutto ciò che riduce i poteri di resistenza: le emozioni, come pure le infezioni o i raffreddori.

Mi sembra che il quadro schematico dell'etiologia della nevrosi d'angoscia possa essere schizzato secondo le stesse linee:

Precondizione: ereditarietà.

Causa specifica: un fattore sessuale nel senso di un'avulsione della tensione sessuale dal campo psichico.

Cause ausiliarie: qualsiasi noxa (emozione, paura e anche esaurimento fisico, dovuto a malattia o affaticamento).

Se considero nei suoi dettagli questa formula etiologica della nevrosi d'angoscia, posso aggiungere le seguenti osservazioni. Se una speciale costituzione personale (non necessariamente conseguenza dell'ereditarietà) è assolutamente necessaria per la produzione di una nevrosi d'angoscia, o se qualsiasi persona normale può contrarre una nevrosi d'angoscia in seguito a un determinato aumento quantitativo del fattore specifico, sono fatti che non posso stabilire con sicurezza, per quanto io sia piuttosto propenso alla seconda opinione. La disposizione ereditaria è la condizione preliminare più importante della nevrosi d'angoscia, pur non essendo una condizione indispensabile, dato che manca in tutto un gruppo di casi intermedi. Nella maggior parte dei casi, la presenza del fattore specifico sessuale è dimostrabile con certezza. In un gruppo di casi, quelli congeniti, questo fattore non è distinguibile dalla precondizione dell'ereditarietà, ma si realizza attraverso questa. Ciò significa che, in taluni pazienti, questa caratteristica della vita sessuale (inadeguatezza psichica a dominare la tensione sessuale somatica) è innata, apparendo in forma di stigma ereditario, mentre, in altri casi, è solo una via d'acquisizione della nevrosi. In un'altra classe di casi intermedi la causa specifica è contenuta in una causa accessoria. Ciò avviene quando l'inadeguatezza psichica che ho appena menzionato è provocata da esaurimento e fatti consimili. Tutti questi casi rientrano in classi che si confondono l'una con l'altra senza formare categorie distinte. Inoltre, in tutte si trova che la tensione sessuale va incontro alle stesse vicende e, nella maggior parte di esse, la distinzione tra precondizione, causa specifica e causa ausiliaria ha il suo valore conforme alla soluzione dell'equazione etiologica che ho dato sopra.

Se mi devo appoggiare alla mia esperienza su questo punto, non posso rilevare alcun rapporto di antitesi, per quanto riguarda la nevrosi d'angoscia, tra disposizione ereditaria e fattore sessuale specifico. Anzi, i due fattori etiologici si sostengono e completano a vicenda. Il fattore sessuale, di solito, è attivo solo in quelli che hanno anche una tara ereditaria; l'ereditarietà da sola, abitualmente, non è in grado di provocare una nevrosi d'angoscia ma deve attendere che vi sia un livello sufficiente di agente patogeno specifico. Pertanto, l'evi-denziazione di un elemento ereditario non ci autorizza ad abbandonare la ricerca di un fattore specifico. Del resto, tutto il nostro interesse terapeutico dipende dalla sua scoperta. Infatti che cosa possiamo fare, dal punto di vista terapeutico, a un fattore di natura ereditaria? Esso è sempre esistito e sempre esisterà nel paziente, sino al termine della vita. Preso in sé, non ci è di aiuto per la comprensione del singolo episodio patologico o della cessazione di una nevrosi in conseguenza del trattamento. Esso è solo una precondizione della nevrosi, sia pure immensamente importante, ma che, comunque, è stata sopravvalutata a danno della terapia e della comprensione teorica. Per convincersi di questa situazione contrastante, basta pensare ai casi di malattie nervose che serpeggiano in certe famiglie (còrèa cronica, miotonia congenita di Thomsen, ecc.), in cui l'ereditarietà assomma in sé tutte le condizioni preliminari etiologiche.

In conclusione, desidero ripetere le poche affermazioni con cui, quale prima approssimazione della verità, sono solito esprimere i rapporti reciproci tra i vari fattori etiologici:

1. La comparsa di una malattia nevrotica dipende da un fattore quantitativo (carico totale del sistema nervoso rapportato alla capacità di resistenza). Tutto ciò che può mantenere questo fattore quantitativo al di sotto di un certo valore soglia, o può riportarlo a detto livello, ha un'efficacia terapeutica, dato che, ciò facendo, mantiene insoddisfatta l'equazione etiologica.

Ciò che si intende per «carico totale» e «capacità di resistenza» del sistema nervoso, potrebbe certamente essere meglio spiegato in base a talune ipotesi sulla funzione dei nervi.

L'entità raggiunta dalla nevrosi dipende, innanzitutto, dall'entità della tara ereditaria. L'ereditarietà agisce come un moltiplicatore inserito in un circuito elettrico, che accresce di molte volte lo spostamento dell'ago.

Ma la forma assunta dalla nevrosi, ossia la direzione della deviazione dell'ago, è determinata esclusivamente dal fattore etiologico specifico derivante dalla vita sessuale.

Pur rendendomi conto delle molte difficoltà ancora insolute, io spero che, in complesso, la mia ipotesi sull'esistenza di una nevrosi d'angoscia risulterà più utile alla comprensione delle nevrosi, che non il tentativo di Löwenfeld di spiegare questi stessi fatti presumendo una combinazione di sintomi nevrastenici e isterici sotto forma di attacco.

Vienna, ai primi di maggio 1895