Ricordi di copertura

1899

Spesse volte, durante il trattamento di casi di isteria, di nevrosi ossessiva, ecc., ho avuto a che fare con ricordi frammentari, rimasti nella memoria del paziente dai primi anni della fanciullezza. Secondo quanto ho dimostrato altrove, alle impressioni di quel periodo della vita va attribuita una grandissima importanza patogena, ma, comunque, l'argomento dei ricordi infantili ha sempre un interesse psicologico, in quanto essi mettono distintamente in rilievo la differenza tra la funzionalità psichica dei fanciulli e quella degli adulti. Nessuno vorrà porre in dubbio il fatto che le esperienze dei primi anni dell'infanzia lasciano tracce incancellabili nelle profondità della nostra mente. Però, se, nella nostra memoria, cerchiamo di stabilire quali fossero quelle impressioni che sono destinate ad esercitare la loro influenza su di noi fino al termine della vita, il risultato sarà del tutto nullo, oppure consisterà di un numero relativamente piccolo di ricordi isolati, la cui importanza spesso è incerta o enigmatica. Solo a partire dal sesto o settimo anno di età, e in molti casi dal decimo, siamo in grado di ricostruire nella memoria la nostra esistenza come una concatenazione di avvenimenti. Però, da quel tempo in poi, esiste anche un rapporto diretto tra il significato psichico di un'esperienza e la sua ritenzione mnemonica. Viene ricordato tutto ciò che appare importante in ragione delle sue conseguenze immediate o successive, mentre ciò che è giudicato privo di importanza viene dimenticato. Se riesco a ricordare un avvenimento molto tempo dopo che si è verificato, il fatto di averlo ritenuto nella memoria è per me una prova della profonda impressione che esercitò su di me in quel tempo. Mi sento sorpreso se dimentico qualche cosa molto importante e mi sento ancor più sorpreso, forse, se rammento qualche cosa evidentemente indifferente.

Solo in determinate situazioni psichiche patologiche viene meno quel rapporto che, nell'adulto normale, sussiste tra importanza psichica di un avvenimento e la sua ritenzione nella memoria. Per esempio, un isterico presenta di solito un'amnesia nei confronti di alcune, o di tutte le esperienze, che hanno determinato l'instaurarsi della sua malattia e che, per ciò stesso, sono divenute importanti per lui, potendo peraltro, a prescindere da ciò, essere anche importanti per se stesse. L'analogia esistente tra una amnesia patologica di questo tipo e la normale amnesia che colpisce i primi anni della vita mi sembra costituire una valida dimostrazione dell'intima correlazione esistente tra il contenuto psichico delle nevrosi e la nostra vita infantile.

Siamo talmente abituati a questa assenza del ricordo delle impressioni della fanciullezza, che tendiamo a trascurare il problema ad essa concomitante mentre ci sentiamo portati a spiegarla come un'ovvia conseguenza del carattere rudimentale delle attività mentali del bambino. Ma in realtà un bambino di tre o quattro anni, normalmente sviluppato, rivela una grandissima quantità di funzioni mentali altamente organizzate dimostrate dai suoi confronti e dalle sue deduzioni, oltre che dall'espressione dei suoi sentimenti, né vi è alcuna ragione evidente perché l'amnesia dovrebbe impossessarsi di queste attività psichiche, la cui importanza non è inferiore a quella delle attività psichiche delle età successive.

Prima di trattare i problemi psicologici attinenti ai più remoti ricordi dell'infanzia, sarebbe ovviamente di importanza fondamentale una raccolta di materiale, ottenuta inviando un questionario a un numero abbastanza grande di adulti normali, per scoprire che genere di ricordi essi siano in grado di rievocare di quegli anni remoti. Un primo passo in questo senso fu compiuto nel 1895 da V. e C. Henri, che fecero circolare un questionario preparato da loro. I risultati altamente suggestivi della loro inchiesta, in cui avevano ottenuto le risposte di 123 persone, furono pubblicati dai due autori nel 1897. Per il momento non è mia intenzione discutere l'argomento nella sua interezza e, pertanto, mi limiterò a sottolineare i pochi punti che mi consentiranno di presentare il concetto di ciò che ho denominato «ricordi di copertura».

Nella maggioranza dei casi l'età alla quale risalgono i primi ricordi dell'infanzia corrisponde al periodo tra i due e i quattro anni. (Ciò è stato confermato in 88 persone del gruppo studiato dagli Henri.) Però vi sono taluni individui i cui ricordi risalgono più indietro, addirittura precedentemente al compimento del primo anno, mentre ve ne sono altri i cui ricordi più antichi si fermano al sesto anno soltanto, o persino al settimo e all'ottavo. Attualmente non vi è nessun indizio atto a individuare gli elementi legati a queste differenze individuali, però si deve rilevare, secondo gli Henri, che un soggetto il cui primo ricordo risale a un'età molto tenera — forse anche al primo anno di vita — mantiene anche altri ricordi isolati degli anni successivi, e inoltre, riesce a rievocare le proprie esperienze quale successione continua a partire da un momento più remoto — pressappoco dal quinto anno — di quanto non possano quegli altri individui i cui ricordi datano da un periodo più avanzato. Dunque, in taluni individui possono essere in anticipo o in ritardo non solo la data del primo ricordo, bensì l'intera funzione mnemonica.

Particolarmente interessante è la questione di quale sia il contenuto abituale di questi primi ricordi d'infanzia. La psicologia dell'adulto necessariamente ci indurrebbe a presumere che dette esperienze siano selezionate tra quelle degne di essere ricordate, che hanno suscitato un'intensa emozione o che sono state giudicate importanti subito dopo il loro verificarsi, per le conseguenze che ne sono derivate. In effetti alcune tra le osservazioni registrate dagli Henri sembrano soddisfare a questo presupposto. Questi autori riferiscono che il contenuto più frequente dei primi ricordi di infanzia, è legato da un lato, ad occasioni di spavento, vergogna, dolore fisico, ecc., e, dall'altro, ad avvenimenti importanti quali malattie, decessi, incendi, nascite di fratelli, ecc. Pertanto saremmo indotti a dire che il principio che dirige la scelta dei ricordi è il medesimo sia nei bambini che negli adulti. È comprensibile, ma non per questo meno degno di essere enunciato esplicitamente, che i ricordi rimasti dall'infanzia debbano necessariamente riflettere la differenza tra ciò che attira l'interesse di un bambino e quello di un adulto, il che rende facilmente ragione del perché una donna riferisce di ricordare numerosi incidenti accaduti alle sue bambole quando aveva due anni, ma non rammenta i seri e tragici eventi di cui può essere stata spettatrice nello stesso periodo. Ora, però, ci troviamo di fronte a un fatto diametralmente opposto alle nostre previsioni, il che non può mancare di stupirci. Veniamo a sapere che vi sono delle persone i cui remoti ricordi d'infanzia riguardano avvenimenti ordinari e indifferenti, incapaci di produrre alcun effetto emotivo anche nei bambini, ma che sono rievocati (troppo chiaramente, saremmo tentati di dire) in tutti i più minuti particolari, mentre non sono rimasti nella loro memoria avvenimenti quasi contemporanei, persino nel caso che questi, secondo la testimonianza dei genitori, li abbiano fortemente emozionati. A questo proposito, gli Henri citano il caso di un professore di filologia, il più remoto ricordo del quale, risalente a un'età tra i tre e i quattro anni, consisteva nell'immagine di una tavola apparecchiata con sopra una bacinella piena di ghiaccio. Nello stesso periodo si era verificata la morte della nonna che, secondo i genitori, era stato un grave colpo per il fanciullo. Ma il professore di filologia attualmente non ha alcuna reminiscenza di quel lutto e tutto ciò che ricorda di quei giorni è la bacinella col ghiaccio. Un altr'uomo riferisce come suo primo ricordo l'episodio di una passeggiata, durante la quale staccò un ramo da un albero. Egli ritiene di essere ancora in grado di riconoscere il posto. Erano presenti molte persone e una di queste lo aiutò.

Secondo gli Henri questi sono casi rari, mentre sono molto frequenti nella mia esperienza che però, per la maggior parte, si fonda su nevrotici. Tra i problemi affrontati nella ricerca dagli Henri vi è il tentativo di spiegare il perché di queste immagini mnemoniche, la cui innocenza le rende tanto incomprensibili per loro, e la spiegazione che essi ne danno mi sembra centrata. Essi pensano che in tali casi la scena di cui si tratta sia forse rimasta incompletamente nella memoria e che questo sia forse il motivo per cui sembra così poco significativa: probabilmente la parte dimenticata si riferiva a ciò che rendeva importante l'esperienza, lo posso confermare la veridicità di questa concezione, per quanto preferirei definire omessa, piuttosto che dimenticata, quella parte dell'esperienza. Più volte sono riuscito, mediante trattamento psicoanalitico, a scoprire le parti mancanti dell'esperienza infantile, provando in tal modo che, quando sia stato ricostruito nella sua integrità un ricordo del quale non rimaneva se non un frammento nella memoria, esso concorda col presupposto che si rammentano le cose più importanti. Però, questo non ci fornisce una spiegazione della particolare selezione effettuata dalla memoria tra gli elementi dell'esperienza. Innanzitutto ci dobbiamo domandare perché è stato dimenticato proprio ciò che è importante e ritenuto ciò che è indifferente, né ci sarà possibile trovare una spiegazione finché non avremo studiato più a fondo il meccanismo di questi processi. Allora comprenderemo che due forze psichiche concorrono a creare tali ricordi. Una di queste si avvale dell'importanza dell'esperienza come di un motivo per cercare di ricordare, mentre l'altra, che è una resistenza, si sforza di impedire che si manifesti tale preferenza. Le due forze opposte non si annullano a vicenda, e nemmeno l'una elimina l'altra, con o senza una perdita da parte sua. Invece si stabilisce un compromesso, che, in un certo senso, è paragonabile alla risultante nel parallelogramma delle forze. Il compromesso è questo: ciò che viene registrato quale immagine mnemonica non è l'esperienza importante in sé e, sotto questo aspetto, la resistenza ottiene il suo scopo; ciò che viene fissato nella memoria è un altro elemento psichico, strettamente correlato con quello messo in questione e, sotto questo aspetto, è il primo principio ad affermarsi, quello cioè che si sforza di fissare le impressioni più importanti formando immagini mnemoniche riproducibili. Pertanto il risultato del conflitto sarà tale che, anziché un'immagine mnemonica giustificata dall'evento originario, se ne produce un'altra che, entro certi limiti, è trasposta nell'associazione. E siccome gli elementi dell'esperienza che hanno incontrato opposizione sono proprio quelli importanti, il ricordo sostitutivo necessariamente sarà privo di quegli importanti elementi e, quindi, ci colpirà per la sua banalità. Ciò sembrerà incomprensibile perché noi tendiamo a cercare la ragione per cui viene ricordato nel suo contenuto estrinseco, mentre in realtà il ricordo è conseguente al rapporto tra il suo contenuto e un altro contenuto differente che è stato rimosso. Tra di noi è diffuso un detto relativo ai gioielli falsi che non sono d'oro, ma forse sono stati qualche volta accanto a qualcosa d'oro. Questa stessa similitudine vale per certe esperienze nell'infanzia che sono rimaste nella memoria non perché fossero d'oro, ma perché vicine all'oro.

Sono possibili molti casi in cui un contenuto psichico prende il posto di un altro. Essi si ritrovano in moltissime costellazioni psicologiche. Uno dei casi più semplici è naturalmente quello che rientra nei ricordi infantili di cui ci occupiamo, cioè il caso in cui gli elementi essenziali di un'esperienza sono rappresentati nella memoria dagli elementi non essenziali della medesima esperienza. È un caso di spostamento su qualche cosa associata per contiguità o, se consideriamo il processo nel suo insieme, un caso di rimozione accompagnata dalla sostituzione con qualche cosa che si trova nelle vicinanze (sia nello spazio che nel tempo). In altra sede1 ho avuto occasione di descrivere un caso di sostituzione, molto simile, osservato nell'analisi di una paziente affetta da paranoia. Questa donna udiva, nelle sue allucinazioni, delle voci che solevano ripetere lunghi passi del romanzo di Otto Ludwig, Die Heiterethei. Però i passi scelti erano i più banali e i meno importanti del libro. L'analisi dimostrò che vi erano, nella stessa opera, dei passi che avevano suscitato nella paziente pensieri quanto mai angosciosi.

L'emozione angosciosa era un motivo per sollevare una difesa contro di essi, mentre non potevano essere rimossi i motivi tendenti a ricordarli. Il risultato era un compromesso, grazie al quale i passi innocenti riemergevano nel ricordo della paziente con intensità e chiarezza patologiche. Il processo che qui troviamo in azione — conflitto, rimozione, sostituzione per via di compromesso — si ritrova in tutti i sintomi psiconevrotici e ci dà la chiave per comprenderne la formazione. Quindi non è senza importanza che noi si sia capaci di mettere in evidenza il medesimo processo nella vita psichica delle persone normali, e il fatto che in queste la scelta dei ricordi d'infanzia è determinata proprio da questo processo sembra offrirci un'ulteriore prova degli intimi rapporti tra vita mentale dei fanciulli e materiale psichico delle nevrosi, sui quali ci siamo già soffermati.

I processi di difesa normali e patologici e le trasposizioni cui essi danno luogo, sono evidentemente di grande importanza, ma, per quanto mi risulta, finora gli psicologi non hanno compiuto alcuno studio su di essi e rimane da decidere in quali strati dell'attività psichica e in quali condizioni essi vengano a realizzarsi. Può darsi benissimo che la ragione di questa trascuratezza stia nel fatto che la nostra vita mentale, in quanto oggetto di percezione interna cosciente, non ci rivela nulla di questi processi, salvo i casi che noi classifichiamo come «ragionamenti fallaci» e talune attività mentali tendenti a produrre un effetto di comicità. L'affermazione che una carica psichica può essere trasposta da un contenuto ideativo (che quindi viene abbandonato) ad un altro (che assume il ruolo psicologico del precedente) per noi è altrettanto stupefacente quanto talune caratteristiche della mitologia greca, come ad esempio, quando viene detto che gli dei rivestono qualcuno di bellezza quasi si trattasse di un manto, mentre noi riusciamo a concepire soltanto un volto trasfigurato da un mutamento di espressione.

Ulteriori indagini su questi ricordi indifferenti dell'infanzia mi hanno insegnato che essi possono avere anche altra origine e che, dietro la loro apparente innocenza, si cela un'insospettata ricchezza di significati. Ma, a questo punto, non mi accontenterò di una semplice affermazione, bensì fornirò una particolareggiata relazione di un caso, che mi sembra il più significativo tra moltissimi altri casi consimili. Indubbiamente il suo valore è accresciuto dal fatto che esso riguarda un soggetto che non è affatto nevrotico, o che lo è molto lievemente.

II soggetto di questa osservazione è un uomo di cultura a livello universitario, dell'età di trentotto anni. Sebbene la sua professione sia orientata in un ambito del tutto differente, in lui è sorto un interesse per i problemi psicologici da quando io sono riuscito a liberarlo da una leggera fobia mediante la psicoanalisi. L'anno passato egli attrasse la mia attenzione sui suoi ricordi d'infanzia, che già avevano avuto una certa importanza nella sua analisi. Dopo aver studiato l'indagine condotta da V. e C. Henri, egli mi ha fornito questo sintetico resoconto della propria esperienza.

«Possiedo un buon numero di ricordi della mia prima infanzia, che posso datare con grande certezza. Infatti, a tre anni, lasciai il paesino dove ero nato e venni in una grande città. Dunque, tutti i miei ricordi legati al luogo natio risalgono al secondo e terzo anno della mia vita. Si tratta per lo più di scenette, che però sono ben conservate e complete di tutti i particolari della senso-percezione, in assoluto contrasto coi miei ricordi dell'età adulta, del tutto manchevoli quanto a elemento visivo. Dal terzo anno in poi i miei ricordi si fanno frammentari e meno chiari; tra di essi si frappongono lacune che devono coprire più di un anno, e penso che la corrente dei miei ricordi diventi continua solo verso il sesto o settimo anno. I ricordi precedenti al tempo del mio trasferimento dalla prima residenza si dividono in tre gruppi. Il primo gruppo è costituito da scene che i miei genitori mi hanno ripetutamente descritto. Quanto a queste, sono incerto se ne ho posseduto l'immagine mnemonica fin dall'inizio o se le ho semplicemente ricostruite dopo averne ascoltato le descrizioni. Però posso rilevare che vi sono anche avvenimenti dei quali non ho alcuna immagine mnemonica nonostante mi siano stati ripetutamente descritti dai miei genitori. Il secondo gruppo per me è più importante. Esso comprende delle scene che, per quanto mi consti, non mi sono state descritte, dato che, dal tempo in cui sono accadute, non ho più avuto occasione di incontrare le persone che vi ebbero parte (la governante e i compagni di gioco). Più tardi parlerò del terzo gruppo. Per quanto riguarda il contenuto di queste scene e la loro insistenza nell'essere ricordate, voglio dire che non mi trovo completamente sprovveduto. Infatti non posso sostenere che ciò di cui ho memoria siano ricordi dei fatti più importanti di quel periodo o che oggi giudicherei molto importanti. Non serbo il ricordo della nascita di mia sorella, più giovane di me di due anni e mezzo; la partenza, la vista della ferrovia e il lungo viaggio in carrozza prima di giungervi non hanno lasciato traccia nella mia memoria. D'altro canto rammento due fatterelli accaduti nel viaggio in

treno che, come lei ricorderà, sono emersi durante l'analisi della mia fobia. Ma quel che avrebbe dovuto farmi più impressione è una ferita al viso che mi provocò una considerevole emorragia e per la quale un chirurgo dovette mettermi alcuni punti. La cicatrice lasciatami da questo incidente è ancora palpabile, però non suscita in me alcun ricordo, sia direttamente che indirettamente. A dire il vero in quel tempo forse avevo meno di due anni.

Non provo dunque sorpresa dinanzi alle rappresentazioni e alle scene appartenenti ai primi due gruppi. Senza dubbio si tratta di ricordi trasposti i cui elementi essenziali in massima parte sono stati omessi. Ma in alcuni di essi se ne trova almeno un cenno, e in altri mi riesce addirittura facile completarli seguendo determinati indirizzi. Con ciò io sono in grado di stabilire una ben fondata connessione tra i frammenti isolati di ricordi pervenendo a una chiara comprensione di quale fosse l'interesse infantile che raccomandava alla memoria quei fatti particolari, il che, peraltro, non è valido per il contenuto del terzo gruppo, di cui finora non ho parlato. Qui trovo del materiale — una scena piuttosto lunga e parecchi quadretti minori — del quale non riesco a trovare il bandolo. La scena mi pare assolutamente indifferente e non riesco a capire perché mi si sia fissata nella memoria. Gliela voglio descrivere. Vedo un tratto rettangolare di prato, alquanto in pendenza, coperto di erba verde e folta. Nel verde vi sono tanti fiori gialli, evidentemente comuni "denti di leone". All'estremità superiore del prato vi è un villino e davanti al villino ci sono due donne in piedi, intente a discorrere: una contadina col fazzoletto in testa e una governante di bambini. Tre bimbi stanno giocando sull'erba. Di questi, uno sono io (all'età di due o tre anni), gli altri due sono mio cugino più grande di me di un anno e sua sorella, quasi esattamente della mia stessa età. Stiamo cogliendo i fiori gialli e ciascuno di noi ne tiene un mazzo che ha già raccolto. La bambina ha il mazzo più bello e noi due maschietti, quasi per reciproco accordo, ci gettiamo su di lei e le strappiamo di mano i fiori. Lei sale di corsa per il prato, tutta in lacrime, e, per consolarla, la contadina le dà un grosso pezzo di pane nero. Appena ce ne accorgiamo, buttiamo via i fiori e ci precipitiamo al villino per avere anche noi del pane che, infatti, ci viene dato: la contadina taglia la pagnotta con un lungo coltello. Nel ricordo il sapore del pane è squisito e, a questo punto, la scena si interrompe.

Ora, cosa c'è in questo fatto che giustifichi lo sforzo di memoria che ha provocato in me? Mi ci sono invano spremuto il cervello. Forse che l'importanza sta nel nostro antipatico comportamento verso la bimbetta? O che mi piacesse tanto il colore giallo dei "denti di leone", fiori che oggi sono naturalmente ben lontano dall'ammirare? Oppure, per aver scorrazzato per l'erba, il pane mi sembrò tanto più buono del solito da lasciarmi un'impressione indimenticabile? Non riesco neppure a trovare alcuna connessione tra questa scena e l'interesse (che pure sono capace di scoprire senza difficoltà) che è comune alle altre scene della mia infanzia. Nel complesso, mi sembra che in questa scena ci sia qualcosa non del tutto giusta. Il colore giallo dei fiori è un elemento sproporzionatamente dominante nel complesso della scena e il buon sapore del pane mi sembra esagerato in modo pressoché allucinatorie. Non posso fare a meno di ricordare certi quadri che una volta ho veduto a una mostra di caricature. Talune parti di questi quadri, ovviamente le più sconvenienti, anziché essere dipinte, erano rappresentate in tre dimensioni, per esempio il posteriore delle signore. Ebbene, lei mi potrebbe indicare il modo di trovare una spiegazione o interpretazione di questo sovrabbondante ricordo della mia infanzia?»

Mi è sembrato opportuno chiedergli da quando i suoi pensieri fossero occupati da questo ricordo e se riteneva che gli ritornasse alla mente di tanto in tanto sin dall'infanzia o se, per caso, fosse sorto più tardi, in una circostanza che rammentasse. Questa domanda fu il mio unico contributo alla soluzione del problema; il rimanente fu scoperto dal mio stesso interlocutore, che non era un novellino in lavori del genere.

Mi rispose: «Non avevo preso in considerazione questo punto, ma ora che me lo domanda, mi sembra quasi certo che questo ricordo d'infanzia non mi è mai tornato alla memoria da ragazzo. Però, ricordo la circostanza che mi ha portato alla riscoperta di questo e di molti altri ricordi della prima infanzia. All'età di diciassette anni, mentre frequentavo le scuole medie, ritornai per la prima volta al paese natale in vacanza, ospite di una famiglia nostra amica sin da quei lontani tempi. Sa bene quale dovizia di impressioni mi invase in quei giorni. Ora, però, mi avvedo che devo narrarle un intero, lungo brano della mia storia che si riferisce a tutto ciò e che lei ha evocato con la sua domanda. Perciò ascolti. Ero figlio di persone originariamente benestanti che, immagino, conducevano una vita abbastanza agiata in quel remoto angolo di provincia. Quando avevo circa tre anni, il ramo dell'industria del quale si occupava mio padre subì un tracollo. Egli perse tutti i suoi averi e fummo costretti a lasciare il posto e a trasferirci in una grande città. Seguirono lunghi anni di difficoltà, nei quali, a mia impressione, non vi era niente che fosse degno di essere ricordato. In città non mi sono mai sentito veramente a mìo agio. Penso, ora, di non essere mai riuscito a sbarazzarmi della nostalgia per i bei boschi vicino a casa, nei quali ero solito — secondo quanto so da un ricordo di quei giorni — sfuggire a mio padre, quasi prima di imparare a camminare. Quelle vacanze di quando avevo diciassette anni, erano le mie prime vacanze in campagna e, come ho detto, io stavo con una famiglia della quale eravamo amici e che si era molto elevata nella scala sociale da che noi ci eravamo trasferiti. Mi era possibile fare un confronto tra l'agiatezza che regnava colà e il nostro tenore di vita nella casa in città. Ma è inutile seguitare a evitare l'argomento: devo ammettere che vi era un'altra cosa che mi turbò profondamente. Avevo diciassette anni e nella famiglia presso la quale mi trovavo c'era una figliola di quindici anni, della quale mi innamorai subito. Era il mio primo amore di adolescente ed era abbastanza intenso, ma lo tenni completamente segreto. Qualche giorno dopo, la ragazza tornò a scuola — dalla quale anche lei era tornata a casa per le vacanze — e fu questa separazione, dopo una così breve conoscenza, che esasperò il mio sentimento. Trascorrevo molte ore in passeggiate solitarie per i bei boschi che avevo ritrovato e passavo il tempo a fabbricare castelli in aria. È strano che questi non riguardavano il futuro ma cercavano di migliorare il passato. Oh, se soltanto non ci fosse stato il fallimento! Se soltanto fossi rimasto a casa e fossi cresciuto in campagna, venendo su robusto come i giovanotti di quella casa, i fratelli del mio amore! E allora, avessi io seguito la professione di mio padre e, infine, avessi sposato lei, perché in tutti quegli anni l'avrei conosciuta intimamente! Naturalmente non avevo il minimo dubbio che, nella situazione creata dalla mia fantasia, l'avrei amata con la stessa passione che ora mi sembrava di provare. È strano, perché ora, quando la vedo di tanto in tanto — si è sposata con uno di qui — mi è assolutamente indifferente. Eppure ricordo benissimo per quanto tempo, dopo, mi turbava, ogni volta che lo rivedevo non importa dove, il giallo della veste che indossava la prima volta che la conobbi».

— Ciò mi sembra molto simile alla sua osservazione, tra parentesi, che il comune «dente di leone» non le piace più. Non pensa che ci sìa un rapporto tra il giallo del vestito della ragazza e il giallo brillantissimo dei fiori nella scena della sua infanzia? —

«È possibile, però non era lo stesso giallo. Il vestito era di

un bruno giallastro più simile al colore delle violacciocche. Però le posso riferire un pensiero intermedio che potrebbe servire al suo scopo. In un periodo successivo, mentre mi trovavo nelle Alpi, notai come certi fiori che hanno un colorito più chiaro in pianura, assumono una tinta più forte in zone elevate. Se non mi sbaglio di grosso, nelle zone montuose si trova un fiore molto simile al "dente di leone" ma che è di un giallo scuro, colore che corrisponderebbe esattamente a quello del vestito della fanciulla di cui mi ero tanto innamorato. Ma non ho ancora finito. Ora arrivo a un'altra occasione che ha ridestato in me le impressioni dell'infanzia e che risale a una data non molto lontana dalla precedente. Avevo diciassette anni quando rividi il luogo natale. Tre anni dopo, per le vacanze, feci visita a mio zio e rividi coloro che erano stati i miei primi compagni di gioco, gli stessi due cugini, il ragazzo maggiore di me di un anno e la ragazza della mia stessa età, che compaiono nella scena infantile dei "denti di leone". Questa famiglia aveva lasciato il mio luogo natale contemporaneamente a noi e aveva fatto fortuna in una città assai lontana.»

— Si è innamorato di nuovo, di sua cugina questa volta, e si è abbandonato a una nuova serie di fantasticherie? —

«No, questa volta le cose sono andate molto diversamente. In quel tempo ero all'università, schiavo dei libri. Nulla di me era disponibile per mia cugina. Per quanto mi consta, non ebbi simili fantasie in quell'occasione. Però credo che mio padre e lo zio avessero architettato un piano secondo il quale avrei dovuto cambiare l'astrusa materia dei miei studi con un'altra di maggiore interesse pratico, stabilirmi, dopo il completamento degli studi, nel luogo di residenza di mio zio e sposare mia cugina. Non c'è dubbio che il piano fu lasciato cadere quando si accorsero di quanto fossi fermo nelle mie intenzioni, però sono certo dell'esistenza di quel piano. Solo più tardi, quando ero un uomo di scienza ancora novellino sotto la dura spinta delle esigenze della vita, e in attesa da tanto tempo di trovare un posto, dovetti fare, di tanto in tanto, la riflessione che mio padre aveva visto giusto nel pianificare per me quel matrimonio, onde riparare al danno che, coinvolgendo tutta la mia esistenza, aveva fatto seguito all'originario tracollo commerciale.»

—  Quindi io sono dell'avviso che l'episodio dell'infanzia che stiamo studiando sia ritornato alla sua memoria in questo tempo, mentre lottava per il pane quotidiano, purché, però, lei confermi la mia idea che fu nello stesso tempo in cui vide per la prima volta le Alpi. —

«Sì, è proprio così: l'alpinismo era l'unica distrazione che mi concedevo in quel periodo. Però non riesco ancora a comprendere dove vuole andare a parare.»

—  Ci arrivo subito. L'elemento al quale lei dà la massima importanza nella scena dell'infanzia è il fatto che il pane rustico le parve tanto buono. Sembra chiaro che questa idea, che arriva quasi con l'intensità di un'allucinazione, corrisponde alla sua fantasticheria sulla piacevole esistenza che avrebbe vissuto se fosse rimasto a casa e avesse sposato questa ragazza, ossia, in linguaggio simbolico, quanto sarebbe stato buono quel pane per il quale stava lottando tanto duramente. Anche il colore giallo dei fiori indica la stessa ragazza. Ma nella scena ci sono anche degli elementi che non possono essere messi in rapporto che con la seconda fantasia, quella in cui sposa sua cugina. Il fatto di gettar via i fiori per avere il pane mi colpisce come un travestimento, non male architettato, del piano che suo padre aveva nei suoi riguardi: lei doveva lasciar perdere le sue idee prive di praticità per assumere un impiego remunerativo, non è così? —

«Dunque pare che io abbia fuso insieme due gruppi di fantasie su come la mia vita sarebbe potuta diventare più piacevole: da una parte il "giallo" e "il pane fatto in casa" e dall'altra il fatto di gettar via i fiori e la considerazione nella vicenda di persone reali.»

— Sì. Lei ha proiettato le due fantasticherie l'una sull'altra e le ha trasformate in un ricordo d'infanzia. L'elemento riguardante i fiori alpini è come un marchio che dà la data di fabbricazione. Posso assicurarle che spesse volte le persone costruiscono inconsciamente queste cose, le compongono quasi come delle opere di narrativa. —

«Ma se le cose stanno così, non esiste nessun ricordo infantile ma soltanto una fantasticheria riferita all'infanzia. Però, qualcosa mi dice che la scena è autentica. Come la mettiamo?»

—  In genere non c'è una garanzia per i dati fornitici dalla memoria. Però sono pronto a concordare con lei che la scena è autentica. Se così è, lei l'ha scelta tra innumerevoli altre scene analoghe o differenti perché, a causa del suo contenuto, in sé indifferente, si adattava bene a rappresentare le due fantasie che per lei erano abbastanza importanti. Una rievocazione di questo genere, il cui valore risiede nel fatto che rappresenta nella memoria impressioni e pensieri appartenenti a un periodo posteriore il cui contenuto si ricollega a quello della scena attraverso legami simbolici o di similitudine, ben a ragione può ricevere il nome di «ricordo di copertura». In tutti i casi cesserà di sorprendersi perché questa scena le torna in mente tanto spesso. Non può più essere considerata come una scena indifferente giacché, secondo quanto abbiamo scoperto, ha lo scopo preciso di rappresentare i due punti essenziali della sua vita, l'influenza dei due moventi principali: fame e amore. — «Sì, rappresenta abbastanza bene la fame. Ma quanto all'amore?»

—  Col giallo dei fiori, secondo me, ma non posso negare che in questa scena infantile l'amore è messo molto meno in rilievo di quanto accade solitamente, in base alla mia esperienza. —

«No, lei si sbaglia. L'amore è invece raffigurato con grande evidenza. Lo capisco ora per la prima volta. Ci pensi un istante! Portar via il fiore a una fanciulla significa deflorarla. Quale contrasto tra l'arditezza di questa fantasticheria, la mia timidezza della prima volta e l'indifferenza della seconda.»

— Posso assicurarle che la timidezza giovanile di solito trova il suo corrispettivo in ardite fantasticherìe. —

«Ma in questo caso la fantasia che si è trasformata in questi ricordi d'infanzia, non sarebbe una fantasia cosciente che io ricordo, bensì una fantasia inconscia.»

—  I pensieri inconsci sono un prolungamento di quelli coscienti. Lei pensa coscientemente: «Se avessi sposato la tal dei tali», e dietro il pensiero c'è l'impulso a formarsi un'immagine di che cosa sia veramente «essere sposati». —

«Adesso posso andare avanti da solo. Per uno scapestratello adolescente la parte più seducente di tutta la faccenda è il pensiero della prima notte di nozze. (Chi si cura di quello che viene dopo?) Ma l'immagine non può emergere alla luce del sole: l'atteggiamento predominante di timidezza e di rispetto per la ragazza la mantiene in stato di rimozione, per cui rimane inconscia...»

— E scivola nei ricordi d'infanzia. Lei ha proprio ragione. È proprio l'elemento grossolanamente sensuale della fantasticheria che spiega perché essa non si trasformi in una fantasia cosciente, ma debba limitarsi a farsi strada tramite le allusioni e con un travestimento floreale nella scena dell'infanzia. —

«Ma, vorrei sapere, perché proprio in una scena infantile?»

— Forse grazie alla sua innocenza. Può immaginare un contrasto più stridente di quello che vi è tra la brutale aggressione sessuale e le birichinate infantili? Però vi sono dei fondamenti più generali che hanno un'influenza decisiva nel determinare il trapasso di pensieri e desideri rimossi in ricordi infantili. Infatti lei troverà che la stessa cosa accade invariabilmente nei pazienti isterici. Inoltre sembra che il ricordo del remoto passato sia facilitato da qualche motivo di piacere: Forsan et haec olim meminisse iuvabit2.

«Se è cosi, ho perduto ogni fiducia nella autenticità della scena dei "denti di leone". Ecco come l'intendo: nelle due occasioni che ho detto, e con l'aiuto di due moventi realìstici e molto ben comprensibili, mi venne il pensiero: "Se avessi sposato questa o quella ragazza, la tua vita sarebbe diventata molto più piacevole". La corrente sensuale della mia mente si impadronì del pensiero contenuto nella protasi e lo riprodusse in forma di immagini capaci di dare soddisfazione alla corrente stessa. La seconda versione del pensiero rimase inconscia per la sua incompatibilità con la disposizione dominante nei confronti della sessualità, ma proprio il fatto di essere rimasta inconscia le permise di persistere nella mia mente molto tempo dopo che i mutamenti della situazione reale avevano totalmente eliminato la versione cosciente. In conformità, secondo quanto lei mi dice, a una legge generale, la parte rimasta inconscia cercò di trasformarsi in una scena infantile che, grazie alla sua innocenza, sarebbe potuta diventare cosciente. A questo scopo essa dovette subire una nuova trasformazione, o piuttosto due. L'una espungeva dalla protasi l'elemento sconveniente, esprimendolo figuratamente; l'altra imponeva all'apodosi una forma atta a essere rappresentata visivamente, impiegando come idee intermediarie le idee di "pane" e di "impiego remunerativo". Comprendo che, con questa fantasticheria, in effetti mi procuravo la soddisfazione dei due desideri rimossi: defiorare la ragazza e ottenere agi materiali. Ma ora che ho fornito un resoconto così esauriente dei moventi della mia fantasia sui "denti di leone", debbo necessariamente giungere alla conclusione che ciò di cui parlo non è mai accaduto e si è introdotto di straforo tra i miei ricordi d'infanzia.»

— Vedo che mi tocca prendere la difesa dell'autenticità dei fatti. Lei va troppo oltre. Ha accettato la mia affermazione che ogni fantasticheria di questo genere, se rimossa, tende a trasformarsi in una scena infantile. Ma ora supponiamo che ciò non può accadere se non esiste una traccia mnemonica il cui contenuto fornisce alla fantasticheria un punto di contatto, cioè, come è in realtà, le si fa incontro. Trovato il punto di contatto — nel nostro caso è la deflorazione, ossia il togliere i fiori — il resto della fantasia si rimodella con l'aiuto di ogni idea intermedia possibile — per esempio, il pane — finché non gli riesce di trovare altri punti di contatto con la scena infantile. È possibilissimo che, nel procedimento, anche la scena infantile subisca qualche modificazione. Per me è sicuro che anche le falsificazioni della memoria possano verificarsi in questo modo. Nel suo caso sembrerebbe soltanto che alcuni tratti di questa immagine mnemonica infantile siano stati marcati più profondamente: pensi all'eccessiva intensità del giallo e all'esagerata bontà del pane. Però, il materiale greggio era utilizzabile, che, in caso contrario, questo particolare ricordo non avrebbe avuto la possibilità, più di un qualsiasi altro, di emergere nella coscienza. Non le sarebbe venuta in mente questa scena, sotto forma di ricordo infantile; forse gliene sarebbe venuta in mente un'altra. Lei sa, infatti, con quanta ingegnosità riusciamo a tracciare linee di congiunzione tra un punto e un altro punto qualsiasi. A prescindere dalle sue sensazioni soggettive, che io non vorrei sottovalutare, vi è anche un altro fattore che depone a favore dell'autenticità del ricordo dei «denti di leone». In esso vi sono certi elementi che non sono stati risolti da quello che mi ha detto e che, difatti, non concordano col senso voluto dalla fantasia: per esempio suo cugino che l'aiuta a strappare i fiori alla bambina (le sembra sensata l'idea di farsi aiutare a violentare una ragazza?), o la presenza della contadina e della governante davanti alla casetta.— «Infatti, non mi sembrano significative.»

—  Dunque la fantasia non coincide integralmente con la scena infantile. Si fonda su di essa solo in alcuni punti, il che depone a favore dell'autenticità del ricordo infantile. —

«Pensa che un'interpretazione come questa di un ricordo infantile apparentemente innocente, trovi frequente applicazione?»

— Molto frequente, secondo la mia esperienza. Ci vogliamo togliere il gusto di vedere se i due esempi dati dagli Henri siano interpretabili come ricordi di copertura, che nascondono esperienze e desideri successivi? Intendo il ricordo di una tavola imbandita con sopra una bacinella dì ghiaccio, che dovrebbe essere in rapporto con la morte della nonna del soggetto, e l'altro ricordo, quello di un bambino che spezza un ramo d'albero durante una passeggiata, aiutato da qualcun altro. —

Egli rifletté un momento e poi rispose: «Non riesco ad arrivare a capo del primo ricordo. Con ogni probabilità si tratta di un caso di trasposizione in atto, ma è impossibile intuire le fasi intermedie. Quanto al secondo, mi sentirei di darne un'interpretazione, purché la persona non fosse francese».

— Qui non riesco a seguirla. Che differenza vuole che faccia? —

«Una grandissima differenza, dato che la fase intermedia tra ricordo di copertura e fatto che viene celato potrebbe essere insita in un'espressione verbale. In tedesco "darsi una strappata" è un'espressione volgare molto comune per dire "masturbarsi". Allora la scena respingerebbe nella prima infanzia un invito alla masturbazione, con qualcuno che lo aiutava, fatto che accadde veramente in un periodo più tardo. Ma neppure così è tutto a posto, perché nella scena dell'infanzia erano presenti molte altre persone.»

— Mentre l'invito a masturbarsi deve essere accaduto nella solitudine e nell'intimità, ma è proprio questo contrasto che mi spinge ad accettare la sua opinione. Infatti serve anch'esso a rendere innocente la scena. Sa che cosa significa quando, in sogno, vediamo «tanti estranei», come avviene così spesso in quei sogni di nudità nei quali ci sentiamo terribilmente imbarazzati? Né più né meno che la segretezza, che anche in questo caso si esprime attraverso il suo opposto. Però la nostra interpretazione rimane un gioco, perché non abbiamo idea se un francese ravviserebbe un'allusione alla masturbazione nelle parole casser une branche d'un arbre o in altra frase adeguatamente emendata. —

Spero che questa analisi, che ho riportato con la massima esattezza possibile, abbia chiarito almeno un po' il concetto di «ricordo di copertura» quale ricordo che non deve il suo valore al fatto di essere una rievocazione, o al suo contenuto, bensì al rapporto esistente tra questo contenuto e un altro, che è stato rimosso. Diverse classi di ricordi di copertura sono distinguibili in base alla natura di detto rapporto. Abbiamo trovato esempi di due di queste classi tra quelli che sono stati presentati come antichi ricordi dell'infanzia, naturalmente classificando come ricordi di copertura anche le incomplete scene infantili, innocenti proprio per la loro incompletezza. Si può supporre che i ricordi di copertura si formino anche con i resti di ricordi legati ad epoca successiva. Chi ne tenga presente la caratteristica essenziale — vale a dire che si ricordano molto bene ma che il loro contenuto è completamente indifferente — trarrà agevolmente dalla sua memoria molti esempi del genere. Taluni ricordi di copertura, con contenuto di avvenimenti più recenti, devono la loro importanza al loro rapporto con esperienze della prima giovinezza che sono state rimosse, vale a dire che tale rapporto è l'inverso di quello del caso che ho analizzato, in cui un ricordo d'infanzia è chiamato a spiegare un'esperienza successiva. Un ricordo di copertura può essere definito retrodatato o antedatato a seconda della direzione del rapporto cronologico tra la copertura e ciò che è coperto. Sotto un diverso profilo, possiamo distinguere dai ricordi di copertura positivi quelli negativi (o refrattari), il cui contenuto ha un rapporto di opposizione rispetto al materiale rimosso. Tutta la questione merita ulteriore approfondimento, ma io mi devo limitare a far rilevare quanto siano complicati i processi che entrano nella formazione della memoria. (Tra parentesi, si tratta di processi assai simili a quelli di formazione dei sintomi isterici.)

1 nostri primi ricordi di infanzia saranno sempre argomento di particolare interesse, perché il problema sollevato all'inizio di questo articolo (come mai le impressioni aventi la massima importanza per il nostro futuro di solito non lasciano traccia nella nostra memoria) ci costringe a meditare sull'origine dei ricordi coscienti in generale. Certamente ci sentiremo portati, in un primo momento, a separare i ricordi di copertura, oggetto del nostro studio, quali elementi eterogenei in mezzo ai vari residui mnemonici dell'infanzia. Per quanto riguarda le altre immagini, probabilmente accoglieremo la semplice opinione che esse si siano formate contemporaneamente a un'esperienza — quale immediata conseguenza dell'impressione provocata da questa — e che, da allora in poi, ricompaiano di tanto in tanto secondo le ben note leggi della riproduzione. Ma una disamina più accurata ci rivela talune caratteristiche che non si accordano con questo modo di vedere. Soprattutto, bisogna tener presente questo fatto: nella maggior parte delle scene infantili significative e, per il resto, ineccepibili, il soggetto vede se stesso nel ricordo come un bambino, ma vede questo bambino come lo vedrebbe un osservatore posto fuori della scena. Giustamente gli Henri fanno osservare che molti di coloro che furono consultati per la loro ricerca insistevano su questa caratteristica delle scene infantili. È evidente che questa rappresentazione non può essere l'esatta riproduzione dell'impressione originale, in quanto il soggetto si trovava allora nel bel mezzo della situazione e non stava osservando se stesso, bensì il mondo esterno.

Ogni volta che, in un ricordo, il soggetto appare come un oggetto tra altri oggetti, questo contrasto tra l'Io che agisce e l'Io che ricorda può essere considerato una prova del fatto che l'impressione originale è stata rielaborata. Si direbbe che una traccia mnemonica proveniente dalla fanciullezza sia stata ritradotta in forma plastica e visiva in una data successiva, la data in cui il ricordo si è manifestato, mentre nella coscienza del soggetto non è mai entrata alcuna riproduzione dell'impressione originale.

Vi è poi un altro fatto che ci fornisce una prova anche più convincente a favore di questo secondo modo di concepire la cosa. Tra molti ricordi infantili di esperienze significative, tutti distinti per esattezza e chiarezza, si troveranno alcune scene che, se controllate (per esempio con i ricordi degli adulti), risultano falsate. Non si tratta di invenzioni integrali; sono false nel senso che hanno trasposto un evento dal luogo dove questo è accaduto ad un altro — come in uno dei casi citati dagli Henri — oppure hanno fuso due persone in una sola o ne hanno scambiata una per l'altra, oppure le scene, nel loro insieme, danno l'impressione di risultare dalla combinazione di due esperienze separate. Non può trattarsi di semplice imprecisione della rievocazione, tenuto conto dell'alto livello di vivacità sensoriale posseduto dalle immagini e della capacità mnemonica propria dei giovani. Un esame più accurato dimostra che queste falsificazioni mnemoniche sono tendenziose, vale a dire che hanno per scopo la rimozione o sostituzione di impressioni reprensibili o sgradite. Dunque, ne consegue che anche questi ricordi falsati devono essere sorti in un periodo della vita in cui i conflitti di questo tipo e gli impulsi verso la rimozione hanno conseguito la possibilità di trovare posto nella vita psichica, molto più tardi, cioè, del periodo cui si riferisce il loro contenuto. Ma anche in questi casi, il ricordo falsato è il primo del quale diventiamo consapevoli. La materia prima, costituita dalle tracce mnemoniche con le quali viene plasmato il ricordo, ci rimane sconosciuta nella sua forma originale.

Il riconoscimento di questo fatto riduce il distacco fra ricordi di copertura e altri ricordi provenienti dall'infanzia. In effetti ci si può chiedere se abbiamo dei ricordi provenienti dall'infanzia. Tutto quello di cui disponiamo potrebbero essere dei ricordi costruiti sulla nostra infanzia. I ricordi infantili ci rappresentano i nostri primi anni non quali erano, ma quali apparivano in tempi più recenti, quando nacquero i ricordi. In questi periodi, di insorgenza dei ricordi, detti ricordi non affiorano, come si suol dire, ma si formano. Alla loro formazione concorrono diversi motivi, che non tengono conto dell'esattezza storica, ma fanno piuttosto una scelta dei ricordi in sé.