NOTA SUL "NOTES MAGICO1924 |
Se non ho fiducia nella mia memoria — notoriamente i nevrotici ne diffidano in misura considerevole, ma anche le persone normali hanno ampi motivi per diffidarne — posso però integrare e rendere più certa la sua funzione prendendo degli appunti scritti. La superficie su cui l'annotazione è conservata, sia essa un taccuino o un foglio di carta, diventa in tal caso una specie di parte materializzata dell'invisibile apparato mnestico che normalmente mi porto appresso. Basta che tenga a mente il luogo su cui ho riportato il "ricordo" che volevo fissare, per poterlo "riprodurre" poi a mio piacimento in qualsiasi occasione, nella certezza che si è conservato intatto, sottraendosi dunque alle deformazioni che avrebbe probabilmente subito nella mia memoria. Se intendo servirmi abbondantemente di questa tecnica intesa a migliorare la mia funzione mnestica, mi rendo conto che i procedimenti a mia disposizione sono due: posso innanzitutto scegliere una superficie che conservi per un tempo indefinitamente lungo le notizie che intendo affidarle: si tratterà dunque di un foglio di carta su cui traccerò dei segni con l'inchiostro; otterrò così una "traccia mnestica permanente". Lo svantaggio di questo procedimento consiste nel fatto che la capacità ricettiva della superficie in questione si esaurisce rapidamente. Quando il foglio è tutto scritto e non c'è più spazio per nuove annotazioni, ecco che mi vedo costretto a prenderne un altro intonso. D'altra parte il vantaggio di questo procedimento, e cioè il fatto che esso offre una "traccia permanente" può anche perdere valore ai miei occhi, qualora per esempio, passato un certo periodo, cessi il mio interesse per quella certa notizia e io non abbia più voglia di "conservarla nella memoria". C'è un altro procedimento, che è esente da entrambi questi difetti. Quando per esempio scrivo su una lavagna con del gesso, dispongo di una superficie la cui capacità ricettiva dura illimitatamente nel tempo e dalla quale posso eliminare le annotazioni che non m'interessano più senza per questo dover buttar via la superficie stessa. In questo caso c'è però lo svantaggio di non poter conservare una traccia permanente. Se voglio riportare sulla lavagna nuove annotazioni bisogna che prima cancelli quelle che ci sono già. Come si vede, dunque, sembrerebbe che nei procedimenti di cui ci serviamo per surrogare la nostra memoria, l'illimitata capacità ricettiva e la conservazione di tracce mnestiche permanenti siano qualità fra loro incompatibili: o bisogna rinnovare la superficie ricevente o bisogna distruggere le annotazioni già prese. Le apparecchiature ausiliarie che sono state inventate per migliorare o rafforzare le nostre funzioni sensoriali sono tutte costruite come l'organo di senso interessato o parti di esso (così gli occhiali, la camera fotografica, il cornetto acustico eccetera). Se le confrontiamo con queste apparecchiature, le procedure intese a soccorrere la nostra memoria appaiono particolarmente carenti, giacché il nostro apparato psichico è in grado di produrre esattamente le prestazioni che queste non sono in grado di offrirci; l'apparato psichico ha una capacità illimitata di ricevere nuove percezioni e di trarne al tempo stesso tracce mnestiche permanenti, se pure non immutabili. Già nell'Interpretazione dei sogni avevo formulato l'ipotesi che questa inconsueta capacità andasse ripartita fra due diversi sistemi (o organi dell'apparato psichico). Avremmo un sistema, il sistema P-C, che accoglie le percezioni pur non conservando di esse tracce permanenti; questo sistema si atteggerebbe pertanto nei confronti di ogni nuova percezione come una pagina bianca. Le tracce permanenti degli eccitamenti recepiti si produrrebbero invece nel retrostante "sistema mnestico". In seguito ho aggiunto1 la considerazione che l'inesplicabile fenomeno della coscienza sorgerebbe nel sistema percettivo al posto delle tracce mnestiche. Da un po' di tempo, con il nome di "notes magico", è entrato in commercio un piccolo aggeggio che promette prestazioni migliori sia del foglio di carta sia della lavagna. Non vuole essere nulla di più che un taccuino da cui gli appunti scritti possono essere cancellati mediante un comodo movimento. Eppure, se lo si guarda più da vicino, ci si accorge che questo taccuino è costruito in un modo che presenta notevoli concordanze con la struttura da me ipotizzata del nostro apparato percettivo, e che effettivamente può offrire sia una superficie sempre disposta ad accogliere nuovi appunti, sia le tracce permanenti delle annotazioni già prese. Il notes magico è una tavoletta di resina o di cera di colore marrone scuro bordata di carta, sulla quale poggia un foglio sottile e trasparente fissato saldamente al bordo superiore della tavoletta incerata, mentre sul bordo inferiore è libero. Questo foglio, che è la parte più interessante del piccolo aggeggio, consiste a sua volta di due strati separabili uno dall'altro a eccezione che nei due spigoli in alto. Lo strato superiore è una pellicola di celluloide trasparente, quello inferiore un foglio sottile e traslucido di carta incerata. Quando l'aggeggio non viene usato, facilmente lo strato inferiore di carta incerata si appiccica allo strato superiore della tavoletta di cera. L'uso di questo notes magico consiste nel prendere annotazioni sulla pellicola di celluloide del foglio ricoprente la tavoletta incerata. Per far questo non è necessaria una matita o un pezzo di gesso, dal momento che lo scrivere non consiste in questo caso nel depositare un certo materiale su una superficie ricevente. È un po' come tornare al modo in cui scrivevano gli antichi, su tavolette di argilla o di cera. Un punteruolo acuminato scalfisce la superficie, i cui avvallamenti danno luogo alla "scrittura". Nel caso del notes magico questa scalfittura non avviene direttamente, ma a mezzo del foglio che ricopre la tavoletta. Nei punti toccati dal punteruolo lo strato sottostante di carta incerata aderisce alla tavoletta di cera, e i solchi così ottenuti diventano visibili sulla superficie di celluloide, altrimenti grigio chiara, come una scrittura di colore scuro. Quando si vogliono eliminare queste scritte, basta prendere il doppio foglio dal bordo inferiore libero e, con un leggero movimento della mano, sollevarlo dalla tavoletta incerata.2 L'intimo contatto fra carta incerata e tavoletta di cera nei punti che sono stati scalfiti (contatto su cui si fonda la visibilità della scrittura) viene in tal modo interrotto, e non si ristabilisce più neppure se carta e tavoletta tornano a toccarsi. Il notes magico è ora libero da scritte e pronto ad accogliere nuove annotazioni. Le piccole imperfezioni di questo aggeggio non c'interessano naturalmente affatto, dal momento che di esso ci occupiamo soltanto a causa della sua rassomiglianza con la struttura dell'apparato percettivo della psiche. Se, mentre stiamo descrivendo il notes magico, proviamo a sollevare con cautela lo strato di celluloide dal foglio di carta incerata, vediamo che le scritte risultano altrettanto vivide su quest'ultima superficie, e possiamo allora domandarci a che cosa serva mai la parte di celluloide del foglio che ricopre la tavoletta. Ebbene, l'esperimento ci dimostrerà che il sottile foglio di carta sottostante si spiegazzerebbe e si strapperebbe molto facilmente qualora venisse scalfito direttamente dal punteruolo. Il foglio di celluloide è dunque per la carta incerata un rivestimento protettivo, inteso a tener lontani gli influssi nocivi provenienti dall'esterno. La celluloide è uno "scudo che protegge dagli stimoli"; lo strato effettivamente destinato alla ricezione degli stimoli è il foglio di carta. Mi sia consentito rammentare a questo proposito che in Al di là del principio di piacere ho affermato che l'apparato percettivo della nostra psiche è costituito da due strati, uno esterno che protegge dagli stimoli e ha il compito di diminuire la quantità degli eccitamenti in arrivo, e una superficie retrostante (il sistema P-C) che riceve gli stimoli. Questa analogia non avrebbe invero un gran valore se non potesse essere portata ancora più in là. Se si solleva dalla tavoletta di cera tutto il foglio che la ricopre — celluloide e carta incerata — le scritte scompaiono, né, come abbiamo già detto, ricompaiono più. La superficie del notes magico è completamente pulita e idonea a ricevere nuove annotazioni. Eppure è facile costatare che si è conservata sulla tavoletta di cera la traccia permanente delle cose che erano state scritte e che, con un'illuminazione appropriata, esse ridiventano leggibili. Il notes magico non offre dunque soltanto una superficie come quella della lavagna, che può essere usata ex novo innumerevoli volte, ma consente altresì di conservare la traccia permanente di ciò che è stato scritto, come un normale notes di carta; esso risolve il problema di unificare queste due funzioni ripartendole fra due elementi (o sistemi) separati, ma fra loro interconnessi. Ma è proprio questo il modo in cui, stando alla mia ipotesi testé citata, il nostro apparato psichico risolve il problema della funzione percettiva. Lo strato deputato alla ricezione degli stimoli, ossia il sistema P-C, non dà luogo a tracce mnestiche permanenti; i fondamenti dei nostri ricordi si formano in un altro sistema, a quello adiacente. Non necessariamente ci deve disturbare il fatto che le tracce permanenti delle annotazioni prese in passato non siano utilizzate da chi si serve del notes magico. A noi basta che tali tracce esistano. È inevitabile che prima o poi l'analogia fra un aggeggio del genere e l'organo che di esso è il modello finisca. Naturalmente, una volta che le scritte siano state cancellate, il notes magico non può più farle scaturire dal suo interno e "riprodurle". Sarebbe davvero un notes "magico" se, al pari della nostra memoria, riuscisse a compiere un'operazione del genere. Comunque, a me non sembra di osare troppo se metto a confronto il foglio ricoprente fatto di celluloide e di carta incerata con il sistema P-C e col suo scudo che protegge dagli stimoli, se paragono la tavoletta di cera con l'inconscio retrostante, e il rendersi visibile per poi scomparire delle annotazioni con l'illuminarsi e lo svanire della coscienza durante il processo percettivo. Devo anzi ammettere che sono tentato di spingere l'analogia più in là ancora. Le scritte scompaiono dal notes magico ogniqualvolta si interrompe l'intimo contatto tra il foglio di carta che riceve lo stimolo e la tavoletta di cera che conserva ciò che su di essa è stato impresso. Ciò coincide con un'idea che mi sono fatto da molto tempo, anche se finora l'ho tenuta per me, riguardo al modo in cui funziona l'apparato percettivo della nostra psiche. Ho formulato l'ipotesi che le innervazioni da investimento provenienti dall'interno dell'apparato siano inviate, a scatti rapidi e periodici, verso il sistema P-C (che se ne permea completamente) per essere poi altrettanto rapidamente ritratte. Fintantoché il sistema è investito nel modo suddetto, esso accoglie le percezioni (cui si accompagna la coscienza) e trasmette l'eccitamento al sistema mnestico inconscio; ma non appena l'investimento è ritratto, ecco che la coscienza si spegne e l'attività del sistema si arresta. È come se l'inconscio, avvalendosi del sistema P-C, protendesse delle antenne verso il mondo esterno che poi vengono rapidamente ritratte indietro non appena ne hanno assaggiati gli eccitamenti. Pertanto, le interruzioni che nel caso del notes magico si verificano per cause esterne, avvengono, secondo la mia ipotesi, a causa della discontinuità della corrente delle innervazioni; e al posto dell'effettiva sospensione del contatto [nel caso del "notes magico"] compare nella mia ipotesi la periodica non suscettibilità all'eccitamento del sistema percettivo. Ho inoltre supposto che questa discontinuità con cui funziona il sistema P-C dia origine alla rappresentazione del tempo.3 Se proviamo a immaginare che mentre una mano scrive sulla superficie del notes magico l'altra sollevi a tratti dalla tavoletta di cera il foglio che la ricopre, ecco che abbiamo una rappresentazione tangibile della mia ipotesi sul funzionamento dell'apparato percettivo della nostra psiche. Note1 Nel mio scritto Al di là del principio di piacere (1920). 2 [Nei "notes magici" attualmente in commercio il foglio ricoprente e la tavoletta si separano in una maniera un po' diversa. Ciò non inficia comunque il principio sopra esposto.] 3 [Freud tornerà su questa idea nello scritto La negazione (1925) (vedi oltre, p. 68) dove però non è l'inconscio bensì l'Io che protende le sue antenne verso il mondo estemo.] |