4. IL MECCANISMO DEL PIACERE E LA PSICOGENESI DEI MOTTI DI SPIRITO |
1. Adesso possiamo cominciare da una sicura conoscenza delle fonti del piacere particolare che i motti di spirito ci offrono. Noi sappiamo che possiamo ingannarci e possiamo confondere il nostro piacere per il contenuto intellettuale di quanto è detto con il piacere proprio del motto di spirito; sappiamo che il piacere stesso ha alla base due fonti — la tecnica e gli scopi del motto di spirito. Ciò che adesso vogliamo scoprire è il modo in cui il piacere nasce da queste fonti, il meccanismo dell'effetto piacevole. Credo che troveremo la spiegazione di cui andiamo in cerca molto più facilmente nei motti di spirito tendenziosi che in quelli innocenti. Cominceremo, perciò, dai primi. Nel caso di un motto di spirito tendenzioso, il piacere nasce dal soddisfacimento di uno scopo che, altrimenti, sarebbe rimasto insoddisfatto. Che un soddisfacimento come questo sia fonte di piacere è un fatto che non richiede ulteriore dimostrazione. Ma il modo in cui un motto di spirito conduce a questo soddisfacimento è legato a particolari condizioni, dalle quali potremmo forse arrivare a deduzioni più ardite. Qui bisogna distinguere due casi. Il più semplice si presenta quando il soddisfacimento dello scopo è contrastato da un ostacolo esterno che viene evitato dal motto di spirito. Accade questo, per esempio, nella risposta ricevuta da Sua Altezza Serenissima alla domanda se la madre dell'uomo con il quale stava parlando fosse mai vissuta a Palazzo e nella risposta del critico d'arte ai due ricchi furfanti che gli mostrarono i loro ritratti: «and wbere is the Saviour?». Nel primo caso lo scopo era di rispondere ad un insulto con un altro, e nel secondo era di insultare anziché dare il giudizio richiesto. Ciò che si opponeva allo scopo erano fattori puramente esterni — la potente posizione delle persone alle quali erano diretti gli insulti. Nondimeno ci potrebbe colpire il fatto che questi motti di spirito di natura tendenziosa e altri analoghi possano soddisfarci pur non provocando molta ilarità. Avviene diversamente quando ciò che si oppone alla diretta realizzazione dello scopo non è un fattore esterno, ma un ostacolo interno, quando un impulso interno si oppone allo scopo. Questa condizione sembrerebbe, nella nostra ipotesi, essere soddisfatta nei motti di spirito del signor N., nel quale troviamo una forte inclinazione alla invettiva che viene tenuta sotto controllo da una cultura estetica altamente sviluppata. Con l'aiuto di un motto di spirito, questa resistenza interiore viene superata nel caso particolare e l'inibizione eliminata. Con questi mezzi, come nel caso dell'ostacolo esterno, la soddisfazione dello scopo è resa possibile e vengono evitati sia la sua repressione, che lo ingorgo psichico che si renderebbe necessario. Fin qui il meccanismo che genera il piacere nei due casi sarebbe lo stesso. Cionondimeno, qui avvertiamo l'opportunità di scendere in profondità nella distinzione fra la situazione psicologica nei casi di ostacolo interno ed esterno, poiché abbiamo il sospetto che il rimuovere un ostacolo interno possa dare un apporto molto maggiore al piacere. Tuttavia a questo punto propongo di esercitare una certa moderazione e di ritenerci soddisfatti, per il momento, di stabilire ciò che resta per noi il punto essenziale. I casi d'un ostacolo esterno o di uno interno differiscono soltanto per il fatto che nel secondo si elimina un'inibizione già esistente, mentre nel primo si riesce ad evitare l'insorgere di un altro ostacolo nuovo. Stando così le cose, non ci dimostreremo troppo fiduciosi nella speculazione se affermeremo che per la costruzione di una inibizione psichica, come pure per il mantenimento di essa, è necessario un «dispendio psichico». E poiché sappiamo che si ricava piacere in entrambi i casi dell'uso di motti di spirito tendenziosi, è lecito supporre che il profitto di piacere corrisponde al dispendio psichico che si è risparmiato. Così, ancora una volta, incontriamo il principio del risparmio che vedemmo già prima discutendo la tecnica dei motti di spirito verbali. Ma sebbene nel caso precedente abbiamo creduto di trovare tale risparmio nel minor numero possibile di parole, o nell'uso di parole quanto più possibile simili, ora incontriamo un risparmio nel senso molto più lato di risparmio di dispendio psichico in generale; e dobbiamo considerare la possibilità che una comprensione più approfondita di ciò che è ancora il concetto molto oscuro di «dispendio psichico», ci possa far capire meglio la natura del motto di spirito. Una certa mancanza di chiarezza, che non siamo riusciti a superare, nel nostro modo di trattare il meccanismo del piacere nei motti di spirito tendenziosi, potrebbe essere presa come un'appropriata punizione per l'aver tentato di chiarificare il problema più complesso prima del più semplice, cioè i motti di spirito tendenziosi prima di quelli innocenti. Prendiamo nota del fatto che «il risparmio nel dispendio relativo all'inibizione 0 alla soppressione» sembra essere il segreto dell'effetto piacevole del motto di spirito tendenzioso e passiamo al meccanismo del piacere realizzato dal motto di spirito innocente. Sulla base di esempi appropriati di motti di spirito innocenti, nel quale non v'era alcun pericolo di essere disturbati nel nostro giudizio dal loro contenuto o dal loro scopo, siamo stati indotti a concludere che le tecniche del motto di spirito sono esse stesse sorgenti di piacere; e adesso cercheremo di scoprire se può essere possibile far risalire il piacere al risparmio nel dispendio psichico. In un solo gruppo di questi motti di spirito (quello sul gioco di parole), la tecnica consisteva nel concentrare la nostra attività psichica sul suono della parola anziché sul suo significato - nel fare in modo che la presentazione (acustica) della parola stessa prendesse il posto del suo significato nella sua relazione con le cose esposte. In realtà si potrebbe pensare che così facendo si ottenga un gran sollievo nel lavoro psichico e che quando facciamo un serio impiego delle parole siamo obbligati a trattenerci con un certo sforzo dall'usare questa comoda procedura. Possiamo osservare come gli stati morbosi dell'attività mentale, nella quale, probabilmente, è ristretta la possibilità di un dispendio psichico concentrato su di un particolare punto, diano effettivamente, a questa sorta di presentazione del suono della parola, maggiore importanza che non al suo significato, e che sopportino di procedere in tale modo nel loro discorso sulle linee (come dice la formula) delle associazioni esterne anziché interne della presentazione della parola. Notiamo anche che i bambini, che come sappiamo hanno ancora l'abitudine di trattare le parole come cose, tendono a credere che parole uguali o simili abbiano lo stesso significato - il che è fonte di molti sbagli che fanno ridere gli adulti. Se, perciò, noi ricaviamo un piacere inequivocabile dai motti di spirita per il fatto dì sentirci trasportati con l'uso della stessa parola o di una parola simile da una cerchia di idee ad un'altra remota (nella Home-Roulard, per esempio, dalla cucina alla politica), questo piacere senza dubbio è da attribuirsi correttamente al risparmio del dispendio psichico. In un motto di spirito, il piacere che nasce da questo «corto circuito», sembra essere quanto di più estraneo ci sia a queste due cerchie di idee che sono sorrette dalla stessa parola - quanto più distaccate esse sono, tanto maggiore è il risparmio che ci procura il metodo tecnico del motto di spirito nel corso del pensiero. Possiamo anche notare che il motto di spirito fa uso di un metodo di concatenazione di cose, che viene respinto e studiatamente vietato da un pensiero serio. (Se potessi anticipare l'esposizione nel testo, potrei a questo punto far luce sulla condizione che sembra determinare se un motto di spirito si possa chiamare «benriuscito» o «malriuscito». Se per mezzo di una parola con due significati o di una parola solo appena modificata, io riuscissi a passare da una cerchia di idee ad un'altra, e se non vi fosse nello stesso tempo una concatenazione tra quelle cerchie di idee che abbia un senso ben determinato, allora avrei fatto un «cattivò» motto di spirito. In un cattivo motto di spirito come questo, l'unica concatenazione esistente fra le due diverse idee è una sola parola - il «punto focale» del motto di spirito. L'esempio della «Home-Roulard» considerato sopra è un motto di spirito di questa specie. Un motto di spirito benriuscito, d'altra parte, sorge quando l'aspettativa infantile viene soddisfatta e la somiglianza fra le parole si dimostra realmente accompagnata da un'altra importante somiglianza nel loro senso. Questo per esempio, è il caso di «traduttore-traditore». Le due idee diverse, che qui sono concatenate da un'associazione esterna, sono anche unite in una relazione significativa che indica una affinità essenziale fra loro. L'associazione esterna prende semplicemente il posto della connessione interna; essa serve a renderla evidente o a chiarirla. Un traduttore non è soltanto equiparato da un nome simile ad un traditore; è proprio una specie di traditore e porta questo nome a ragione, per così dire. La distinzione che qui abbiamo sviluppato, coincide con quella che verrà introdotta più oltre fra una «arguzia» ed un «motto di spirito». Ma sarebbe improprio escludere esempi come «Home-Roulard» dalla discussione sulla natura del motto di spirito. Non appena prendiamo in considerazione il piacere peculiare che deriva dal motto di spirito, troviamo che'i motti di spirito malriusciti non sono affatto cattivi come motti di spirito - vale a dire, inadatti a produrre piacere.). In un secondo gruppo di metodi tecnici usati nel motto di spirito - unificazione, omofonia, uso molteplice, modificazione di frasi note, allusioni e citazioni - possiamo definire come loro caratteristica comune il fatto che in ciascuno di essi si riscopre qualcosa di familiare, laddove ci saremmo potuti aspettare qualcosa di nuovo. Questa riscoperta di quanto ci è familiare è piacevole ed ancora una volta non è difficile per noi riconoscere che questo è un piacere di risparmio e lo mettiamo in relazione con il risparmio nel dispendio psichico. È generalmente accettato che la riscoperta di quanto è familiare, il «riconoscimento», è piacevole. Groos scrive: Il riconoscimento, se non viene troppo meccanizzato (come per esempio attraverso gli abiti...), è sempre collegato con sensazioni di piacere. La mera qualità di familiarità si accompagna facilmente col tranquillo senso di acquetamento che provò Faust quando, dopo uno sconvolgente incontro, rientrò di nuovo nel suo studio. [...] Se l'atto del riconoscere dà origine al piacere, ci potremmo aspettare che gli uomini arrivino a pensare di esercitare questa capacità a proprio beneficio - vale a dire ad esperimentarlo nel gioco. Ed infatti, Aristotele considerava la gioia del riconoscimento come la base del piacere dell'arte, e va da sé che questo principio non può essere sottovalutato, anche se non possiede il significato così alto che Aristotele gli attribuisce. (C. groos, Die Spiele der Menscben, Jena, 1899, p. 153.). Groos, poi descrive i giochi consistenti nell'intensificare la gioia del riconoscimento mettendo ostacoli sulla sua strada - vale a dire creando un ingorgo psichico, di cui ci si sbarazza attraverso l'atto del riconoscimento. Il suo tentativo di spiegazione, comunque, abbandona l'ipotesi che un riconoscimento sia piacevole di per sé, dacché, con il riferimento a questi giochi, egli collega il piacere del riconoscimento alla gioia del potere, una gioia del superamento di una difficoltà. Considero secondario l'ultimo fattore, e non vedo una ragione per allontanarmi dal giudizio più semplice che il riconoscimento sia piacevole di per sé - attraverso l'eliminazione del dispendio psichico - e che i giochi fondati su questo piacere si servano del meccanismo dell'ingorgo solo per aumentare la quantità di questo piacere. Un altro fattore di conoscenza generale è che i versi, le alterazioni, i ritornelli e le altre forme di ripetizione di suoni verbali simili, si servano della stessa sorgente di piacere - la riscoperta di qualcosa di noto. Il senso del potere ha una parte impercettibile in queste tecniche, che sono tanto simili a quelle dell'impiego molteplice nel caso dei motti di spirito. In vista dello stretto legame tra riconoscimento e ricordo, non è avventato supporre che possa essere piacevole anche il ricordo - che l'atto del ricordo sia di per sé accompagnato da un senso di piacere che ha la stessa origine. Groos non sembra essere contrario ad una simile ipotesi, ma la fa derivare ancora una volta dal «senso del potere» nel quale vede (erroneamente, secondo me) la ragione principale del piacere procurato dalla maggior parte dei giochi. La riscoperta di ciò che è familiare costituisce la base per l'impiego di un'altra risorsa tecnica nei motti di spirito, di cui non abbiamo ancora parlato. Mi riferisco al fattore dell'attualità, che è una sorgente di piacere in molti motti di spirito e che spiega alcune caratteristiche particolari nella loro storia. Ci sono dei motti di spirito che non sottostanno affatto a questa condizione, e siamo costretti a fare un uso quasi esclusivo di questi esempi in una monografia su di essi. Ma non possiamo dimenticare che paragonati con questi motti di spirito perenni, forse abbiamo riso più di cuore degli altri, che è diffìcile per noi usare ora perché necessiterebbero di lunghi commenti e, anche aiutati in questo modo, non avrebbero più il loro effetto originale. Questi ultimi motti di spirito contenevano delle allusioni a persone ed avvenimenti che erano «d'attualità» alla loro epoca, che suscitarono l'interesse generale e lo tennero vivo a lungo. Quando questo interesse è sparito e l'affare in questione è stato messo da parte, anche questi motti di spirito hanno perso una parte del loro effetto piacevole, ed indubbiamente una parte notevole. Per esempio, il motto di spirito fatto dal mio anfitrione quando chiamò un budino che era stato servito, un «Home-Roulard», non mi sembra nemmeno lontanamente, oggi, buono come fu al tempo in cui il «Governo Autonomo» (Home-Rule) fornì i titoli di testa alle colonne dedicate alla politica dei nostri quotidiani. Nel tentativo di valutare i meriti di questo motto di spirito, io li attribuisco al fatto che una sola parola ci ha trasportato, risparmiando un lungo discorso, dalla cerchia delle idee sulla cucina ad un'idea remota che riguarda l'ambito della politica. Ma a quell'epoca la mia valutazione sarebbe stata differente, ed avrei detto che questa parola ci trasportava dalla cerchia delle idee sulla cucina a quella della politica, che era lontana dall'altra ma si trovava certamente a livello del nostro interesse poiché ci riguardava costantemente. Anche un altro motto di spirito, «questa ragazza mi ricorda Dreyfus: l'esercito non crede nella sua innocenza», oggi ha perso di freschezza, anche se i suoi strumenti tecnici sono rimasti inalterati. La confusione causata dal paragone e il sottinteso equivoco nella parola «innocenza» non possono compensare il fatto che l'allusione, che a quell'epoca toccava un evento catettico per un nuovo eccitamento, ricorda oggi un problema che è stato messo da parte. Ed ecco un motto di spirito che è ancora d'attualità. La principessa Luisa [Moglie del principe ereditario di Sassonia, nota ninfomane, aveva abbandonato definitivamente il marito nel 1903, dopo avergli causato numerosi dispiaceri coniugali, tutti argomento di pettegolezzo e dileggio nella aristocrazia e nell'alta borghesia tedesche] si era rivolta al forno crematorio di Gotha chiedendo quanto costasse una cremazione. La direzione rispose: «Normalmente cinquemila marchi; ma le faremo pagare soltanto tremila marchi visto che Lei è già stata scottata una volta». Un motto di spirito come questo è irresistibile ai giorni nostri; ma tra breve sarà già sceso di molto nella nostra considerazione; e più tardi ancora, malgrado l'ottimo gioco di parole, perderà interamente il suo effetto, perché sarà impossibile ripeterlo senza aggiungere un commento per spiegare chi era la principessa Luisa ed in che senso era stata già scottata. [In tedesco c'è un evidente e divertente gioco di parole tra Verbrennung (cremazione) e durck-gebrannt. (che significa letteralmente «scottata» o «bruciata», ma anche «fuggita con un amante».)] Perciò, gran parte dei motti di spirito in circolazione hanno vita breve: questa segue un corso costituito d'un periodo di fioritura e d'uno di decadenza, terminando nell'oblio completo. La necessità che sente l'uomo di trovare piacere nel proprio processo mentale è perciò quella di creare costantemente dei nuovi motti di spirito basati sugli argomenti del giorno. La forza vitale dei motti di spirito di attualità non è loro propria; è presa a prestito dalla dinamica allusiva degli altri interessi, il cui spirare determina anche il destino del motto di spirito. Il fattore dell'attualità è una fonte di piacere, effimera, è vero, ma particolarmente abbondante, che alimenta le sorgenti inerenti al motto di spirito stesso. Non posso semplicemente prendere in considerazione la riscoperta di quanto è familiare. Deve trattarsi di una particolare categoria di ciò che è familiare, che deve possedere in più la caratteristica della novità, attualità, e impossibilità ad essere dimenticato. Anche nella formazione dei sogni incontriamo una particolare preferenza per ciò che è recente e non possiamo evitare il sospetto che l'associazione con qualcosa di recente sia compensata, e perciò facilitata, da una peculiare ricchezza di piacere. All'unificazione, che dopo tutto non è nient'altro che una ripetizione nella sfera delle connessioni di pensiero invece che in quella del soggetto-base, fu dato un riconoscimento particolare da Fechner che la considerò come una fonte di piacere dei motti di. spirito. Egli scrive (G. T. fechner, Vorschule der Asthetik Il titolo di questo capitolo è: «Dei paragoni significativi e spiritosi, giochi di parole, facezie, divertimenti ecc. ».) Secondo me il punto fondamentale nel campo che stiamo considerando è quello del principio della concatenazione unificata delle molteplicità; esso richiede, comunque, l'ausilio delle cause determinanti in modo che il piacere che si può trarre da questi casi, con il suo carattere peculiare, possa essere portato oltre il limite. In tutti questi casi di ripetizione delle stesse connessioni o dello stesso soggetto-base nelle parole, o di riscoperta di ciò che è familiare o recente, sembra impossibile evitare di vedere l'origine del piacere che si prova nell'ascoltarli nel risparmio del dispendio psichico - purché questa linea di comportamento si riveli particolarmente adatta a far luce su dettagli e ad arrivare a nuove generalizzazioni. Ci rendiamo conto di dover ancora chiarire come nasce il risparmio e quale sia il significato dell'espressione «dispendio psichico». Il terzo gruppo di tecniche dei motti di spirito - per la maggior parte motti di spirito concettuali - che comprende il ragionamento errato, spostamenti, assurdità, rappresentazione per opposti, ecc., potrebbe sembrare ad un primo sguardo avere una particolare impronta e tradire una mancanza di affinità con le tecniche della riscoperta di quanto è familiare o con la sostituzione di associazioni di oggetti con associazioni di parole. Ciononostante, in questo caso è particolarmente facile far entrare in gioco la teoria del risparmio o il sollievo dal dispendio psichico. Non si può dubitare che sia più facile e conveniente allontanarsi dalla linea di pensiero seguita fino ad ora che insistere su di essa, mescolare le cose che sono differenti piuttosto che accentuarne i contrasti - e, naturalmente, non si può dubitare neppure che convenga in modo particolare accettare come validi dei metodi deduttivi che vengono respinti dalla logica e riunire infine parole e pensieri senza tener conto del fatto che essi dovrebbero avere un significato. Non si può dubitare di tutto questo; e questi sono proprio i risultati delle tecniche dei motti di spirito di cui stiamo parlando. Ma l'ipotesi che un comportamento di questo tipo seguito dal meccanismo dei motti di spirito generi piace re, ci sembrerà strana, dato che in campi differenti da quello dei motti di spirito un tipo di funzionamento intellettuale così inefficiente non farebbe nascere in noi altro che una spiacevole sensazione di difesa. Il «piacere dell'assurdo», come potremmo chiamarlo per brevità, viene nascosto a tal punto nella vita seria, che finisce per scomparire. Per dimostrare questo fatto dobbiamo studiare due casi, in uno dei quali esso è ancora visibile, mentre nell'altro diventa nuovamente visibile: il comportamento del bambino che impara, e quello di un adulto il cui stato mentale è alterato in modo tossico. Nel periodo in cui il bambino impara ad usare il vocabolario della sua lingua madre, il fatto di «esperimentarlo nel gioco» gli dà un evidente piacere, per usare le parole di Groos. Egli mette insieme le parole senza tener conto del fatto che esse dovrebbero avere un senso, in modo da raggiungere con esse l'effetto piacevole del ritmo o della rima. A poco a poco gli viene impedito di procurarsi questa gioia, fino al momento in cui tutto ciò che gli è permesso è di creare delle combinazioni di parole che abbiano un significato. Ma quando è più grande, emerge di nuovo il tentativo di frantumare le restrizioni che gli sono state imposte riguardo all'uso delle parole. Le parole vengono distorte con l'aggiunta di piccole modifiche, la loro forma viene alterata da determinati trattamenti (es. la duplicazione o Zittersprach [Linguaggio segreto di cui si accenna nell'Interpretazione dei sogni], o può anche nascere un linguaggio privato da usare tra compagni di gioco. Questi tentativi si ritrovano anche in certe categorie di malati mentali. Qualunque sia stato il motivo che ha spinto il bambino a cominciare questi giochi, io penso che nel suo successivo sviluppo egli si dedichi ad essi con la coscienza che si tratta di giuochi assurdi, e che egli provi piacere nell'attrazione di quanto è proibito dalla ragione. Adesso usa i giochi per liberarsi dalla pressione della ragione critica. Ma c'è una forza molto maggiore nelle restrizioni che si devono stabilire lungo il corso dell'educazione del bambino quanto al pensiero logico ed alla sua capacità di distinguere ciò che è vero da ciò che è in realtà falso, e per questa ragione la ribellione contro la pressione della logica e della realtà è tanto profonda e duratura. Anche il fenomeno dell'attività immaginativa deve essere incluso in questa categoria (di ribellione). Il potere della critica è aumentato in modo tale, nell'ultima parte dell'infanzia e nel periodo di apprendimento, che continua durante la pubertà, che il piacere dell'* assurdo liberato» osa ben di rado mostrarsi direttamente. Non si ha il coraggio di dire qualcosa di assurdo. Ma mi sembra che la tendenza caratteristica dei ragazzi alle cose assurde o sciocche derivi direttamente dal piacere dell'assurdo. Nei casi patologici troviamo spesso questa tendenza intensificata ad un punto tale che ancora domina i discorsi e le risposte dello scolaro. Mi sono convinto, osservando i casi di alcuni ragazzi in età da scuole secondarie, affetti da nevrosi, che il meccanismo inconscio del piacere o dell'assurdo da essi dimostrato aveva un ruolo non inferiore, nella loro inefficienza, a quello della loro reale ignoranza. Neppure lo studente universitario, più tardi, interrompe queste dimostrazioni contro gli obblighi della logica e della realtà, di cui sente tuttavia crescere, sempre più intollerabile e senza freni, il predominio. La maggior parte degli studenti «burloni» partecipa a questa reazione. Infatti l'uomo è «un instancabile ricercatore di piacere» - non so dove ho incontrato questa felice espressione - e gli pesa ogni rinuncia ad un piacere che ha conosciuto precedentemente. Per esempio con l'allegro assurdo del suo Bierschwefel [Discorso comico fatto in una birreria], cerca di recuperare il piacere della libertà di pensiero, di cui lo studente viene privato sempre più dall'istruzione scolastica accademica. E certo anche molto più tardi, quando, uomo fatto, incontra gli altri ad un congresso scientifico, e si sente ancora uno studente, quando è finito l'incontro, inizia il Kneipzeitung [Un fìnto rapporto steso per scherzo] che trasforma in assurdo le nuove scoperte e lo ripaga delle nuove inibizioni intellettuali. Il bierschwefel ed il Kneipzeitung, danno evidenza, con il loro nome, al fatto che la critica, la quale ha compresso il piacere dell'assurdo, è già cresciuta, così potentemente che non può essere messa da parte neanche in modo temporaneo senza effetti tossici. Un cambiamento nello stato d'animo è la cosa più preziosa che l'alcool procuri alla razza umana, e proprio in ragione di ciò questo «veleno» non è ugualmente indispensabile a ciascuno. Uno stato d'animo allegro, sia prodotto per via endogena sia con l'ausilio d'un tossico, riduce le forze inibitorie, fra queste la crìtica, e rende ancora una volta accessibili le fonti del piacere che erano gravate dal peso della repressione. È estremamente istruttivo osservare come il livello delle arguzie sprofondi man mano che l'alcool cresce. Per cui gli alcoolici sostituiscono i motti di spirito, proprio come i motti di spirito debbono cercare di sostituire gli alcoolici, le cui possibilità di piacere, che sono altrimenti inibite - fra cui il piacere dell'assurdo - si ritrovano nel detto: Mit wenig Witz und viel Behagen. [«Con poco buon senso e molto piacere». È una battuta di Mefistofele nel Faust, I, di Goethe.] Sotto l'effetto dell'alcool l'adulto ritorna un bambino, che prova il piacere di pensare liberamente come vuole senza dover fare attenzione alla costrizione della logica. Adesso spero di aver anche dimostrato che le tecniche dell'assurdo nei motti di spirito sono una fonte di piacere. Questo piacere - mi basti ripeterlo - nasce da un risparmio nel dispendio psichico o da un'alleviamento dalla costrizione della critica. Se ci voltiamo ancora a osservare i tre gruppi separati di tecniche del motto di spirito, vediamo che il primo ed il terzo di questi gruppi - la sostituzione delle associazioni di cose con associazioni di parole e l'impiego del controsenso - possono essere riuniti per ristabilire le antiche libertà e per liberarsi dal fardello dell'educazione intellettuale; si tratta di sollievi psichici, che in un certo senso possono essere contrastati dal risparmio che costituisce la tecnica del secondo gruppo. Alleviamento del dispendio psichico che esiste già, e risparmio nel dispendio psichico che sta per essere richiesto - tutte le tecniche dei motti di spirito e per conseguenza il piacere che ne nasce, derivano da questi due principi. I due tipi di tecnica e i due modi in cui il piacere può essere ottenuto, coincidono - nella maggior parte dei casi - con la distinzione tra motto di spirito verbale e concettuale. 2. Le considerazioni che precedono ci hanno fornito, senza volerlo, il modo di penetrare nell'evoluzione o psicogenesi dei motti di spirito, che ora esamineremo più profondamente. Abbiamo conosciuto gli stadi preliminari del motto di spirito, ed il loro sviluppo nel motto di spirito tendenzioso scoprirà probabilmente nuove relazioni tra le varie caratteristiche del motto di spirito. Prima che vi sia un motto di spirito, esiste qualcosa che può essere descritto come un «gioco» o una «arguzia scherzosa». Il gioco - permetteteci di mantenere questo nome - appare nei bambini nel periodo in cui essi imparano ad usare le parole e a mettere insieme i pensieri. Probabilmente esso obbedisce ad uno degli istinti che spingono il bambino a mettere in pratica le proprie capacità (Groos). Nel fare questo egli ricava degli effetti piacevoli, che nascono dalla ripetizione di ciò che è simile, dalla riscoperta di ciò che è familiare, dalla omofonia, ecc. e che possono essere considerati dei risparmi inattesi nel dispendio psichico. Non bisogna chiedersi se questi effetti piacevoli incoraggino il bambino a proseguire il gioco e lo portino a continuarlo senza dar peso al significato delle parole o alla coerenza delle frasi. Così il gioco di parole e di pensieri, motivato da certi piacevoli effetti di risparmio, sarebbe il primo stadio dei motti di spirito. Questo gioco viene a finire con il consolidamento di un fattore che può essere descritto come la facoltà critica o razionale. Ora il gioco viene rifiutato perché privo di senso o realmente assurdo. L'atteggiamento critico lo rende impossibile. Non è più questione di ricevere del piacere, salvo che accidentalmente, dalle fonti della riscoperta di ciò che è familiare, ecc., a meno che non capiti che l'individuo che cresce sia sopraffatto da uno stato d'animo allegro che, come l'allegria infantile, solleva l'inibizione critica. Solo in un caso del genere il vecchio gioco di procurarsi piacere diventa ancora possibile; ma l'individuo non vuole aspettare che ciò accada né rinunciare al piacere che gli è familiare. Egli dunque cerca i mezzi per rendersi indipendente dallo stato d'animo piacevole, ed il successivo sviluppo in direzione dei motti di spirito è guidato dai due sforzi: di evitare il criticismo e di trovare un sostituto per lo stato d'animo. E con questo secondo stadio preliminare del motto di spirito subentra l'arguzia. Adesso si tratta di prolungare l'effetto del piacere che si ricava dal gioco, e, allo stesso tempo, di mettere a tacere le obiezioni nate dalla critica, che non permetterebbero al senso di piacere di emergere. C'è un solo modo per raggiungere questo fine: la combinazione di parole assurde o la successione di pensieri dal significato contrastante, deve, comunque, avere un significato. Tutta l'abilità del meccanismo del motto di spirito sta nel trovare parole e associazioni di pensiero nelle quali venga soddisfatta questa condizione. Tutti i metodi tecnici del motto di spirito sono già impiegati qui - nelle arguzie; per dì più l'uso linguistico non stabilisce alcun confine evidente tra un'arguzia ed un motto di spirito. Un'arguzia si distingue da un motto di spirito in quanto non occorre che il significato della frase che sfugge alla critica, sia di valore apprezzabile, o nuovo o magari buono: basta che permetta di dire le cose in questo modo, anche se il dirle proprio in quel modo sia insolito, non necessario e inutile. Nelle arguzie ciò che si ottiene per prima cosa è la soddisfazione dell'aver reso possibile ciò che la critica proibisce. Si tratta soltanto di un'arguzia, per esempio, quando Schleiermacher definisce la Eifersucht (gelosia) come la Leidenschaft (passione) che mit Eifer sucht (cerca con ardore) ciò che Leiden schaft (fa soffrire). Ed è un'arguzia scherzosa quella del professor Kästner, che, quando insegnava fisica (e faceva motti di spirito) a Gottinga nel diciottesimo secolo, domandò ad uno studente chiamato Kriegk, mentre stava iscrivendosi alle lezioni, che età avesse. «Trentanni» fu la risposta; al che Kästner aggiunse: «Ah! così ho l'onore di incontrare La Guerra Dei Trent'Anni!»( R. kleinpaul, Die Rat set der Sprache, Lipsia, 1890. [L'arguzia si basa sul fatto che la parola Kriegk significa «guerra».]) Fu con un'arguzia che il grande Rokitansky rispose alla domanda su quali fossero le professioni dei suoi quattro figli: «Due heilen (guariscono) e due heulen (gridano)». (due dottori e due cantanti). La risposta fu corretta e perciò non soggetta ad alcuna critica; ma non aggiungeva nulla che già non fosse esprimibile con le parole tra parentesi. Non vi può essere alcun errore sul fatto che alla risposta fu data l'altra forma soltanto per il piacere che si ricavava dall'unificazione e dall'assonanza delle due parole. Credo che ora finalmente cominciamo a vedere chiaramente la nostra strada. Nel corso del nostro studio sulle tecniche del motto di spirito siamo stati disturbati dal fatto che esse non erano proprie soltanto dei motti di spirito; ed anche l'essenza del motto di spirito sembrava dipendere da esse, dato che, quando venivano eliminate dalla riduzione, andavano perduti il suo piacere e le sue caratteristiche. Ora, vediamo che quanto abbiamo definito tecniche dei motti di spirito - ed in un certo senso dobbiamo continuare a definire come tali - sono più che altro le fonti dalle quali i motti di spirito derivano il piacere; e sentiamo che non c'è nulla di strano nel fatto che altri procedimenti attingano alle stesse fonti per raggiungere lo stesso fine. Tuttavia la tecnica che è caratteristica del motto di spirito, la sola che gli sia peculiare, consiste nel procedimento con cui salvaguarda l'impiego di questi metodi, volti allo scopo di procurare il piacere, contro le obiezioni che derivano dalla critica le quali vorrebbero interrompere quel piacere. C'è poco da dire, in generale, su questo procedimento. Il meccanismo del motto di spirito, come abbiamo già notato, si manifesta in una scelta del materiale verbale e delle situazioni concettuali che permetterà al vecchio gioco fatto con parole e pensieri di resistere all'esame della critica; e avendo in vista questo scopo ogni peculiarità di vocabolario ed ogni combinazione di sequenze mentali debbono essere sfruttate nel modo più ingegnoso possibile. Più tardi potremo avere l'opportunità di determinare la caratteristica del meccanismo del motto di spirito in base ad una proprietà particolare; per il momento è inevitabile che il sistema attraverso il quale si può effettuare la selezione favorevole ai motti di spirito resti nell'oscurità. Lo scopo e la funzione dei motti di spirito, comunque, - e cioè la protezione effettuata contro la critica da sequenze di parole e di pensieri - si possono già vedere nelle linee essenziali nelle arguzie. La loro funzione consiste, per prima cosa, nel liberare dalle inibizioni interne e nel rendere fertili le sorgenti di piacere che prima erano inaccessibili a causa di quelle inibizioni; e troveremo che essi rimangono fedeli a questa caratteristica malgrado il loro sviluppo. Ora siamo in condizione di assegnare anche il posto che gli compete al fattore del «senso nell'assurdo» (cfr. nell'introduzione pag. 20) al quale gli studiosi attribuiscono una così grande importanza da considerarlo un carattere distintivo dei motti di spirito ed una spiegazione del loro effetto piacevole. I due punti fermi nei quali si determina la natura dell'arguzia - la loro tendenza a mantener vivo un gioco piacevole che abbia la caratteristica della continuità ed il loro sforzo per proteggerla dalla critica della ragione - spiegano immediatamente perché lo stesso motto di spirito individuale, sebbene possa sembrare assurdo un certo criterio debba apparire sensato o almeno ammissibile, da un altro. Come avvenga una cosa del genere è spiegato dal meccanismo del motto di spirito; se così non avviene, esso è respinto semplicemente come un «assurdo». Ma non esiste alcuna necessità per noi di far derivare l'effetto piacevole dei motti di spirito dal conflitto fra i sentimenti che nascono dal simultaneo avere un senso ed essere un assurdo del motto di spirito (sia che i conflitti nascano direttamente che durante il procedimento di «stupore e chiarimento»). Né abbiamo alcuna necessità di approfondire ulteriormente la questione di come possa nascere il piacere dall'alternativa di «considerare assurdo» o «riconoscerlo come sensato». La psicogenesi del motto di spirito ci ha insegnato che il piacere in un motto deriva da un gioco di parole o dallo scatenarsi di un assurdo, e che il significato del motto di spirito è inteso meramente a fare in modo che quel piacere non sia abolito dalla critica. In questo modo è già spiegato nella arguzia il problema del carattere essenziale del motto di spirito. Possiamo adesso volgere la nostra attenzione al successivo sviluppo della arguzia, al punto in cui raggiunge il suo culmine nel motto di spirito tendenzioso. Le arguzie hanno lo scopo principale di divertirci, ed è per esse sufficiente che ciò che dicono non appaia assurdo o completamente irrilevante. Quando l'affermazione contenuta nell'arguzia possiede sostanza e valore, essa diventa un motto di spirito. Un pensiero che meriterebbe il nostro interesse persino se fosse espresso nella forma meno pretenziosa, viene rivestito di una forma che ci diverte di per sé (Come esempio che mostri la differenza tra arguzia e motto di spirito possiamo prendere l'eccellente appunto scherzoso con il quale un membro del Ministero «borghese» in Austria rispose ad una domanda sulla solidarietà del Gabinetto: «Come possiamo einstehen (sostenerci) l'un l'altro se non ci possiamo ausstehen (capire) l'un l'altro?». La tecnica è la seguente: uso dello stesso materiale con una leggera modificazione (contraria). Il pensiero logico ed appropriato è: non vi può essere solidarietà senza vicendevole comprensione. La natura contraria della modificazione (ein «dentro» - aus «fuori») corrisponde all'incompatibilità asserita nel pensiero e serve a rappresentarla). Dobbiamo supporre che una combinazione come questa non sia sorta certamente senza intenzione; e dobbiamo tentare di scoprire l'intenzione che sta sotto la costruzione del motto di spirito. Un'osservazione che facemmo precedentemente (di sfuggita, come sembrò) ci indicherà la giusta direzione. Abbiamo detto sopra che un buon motto di spirito (pag. 102) ci dà, per così dire, un'impressione totale di piacere, senza che allora fossimo in grado di decidere all'istante quale parte di piacere nascesse dalla sua forma di motteggiare e quale dal suo reale contenuto di pensiero. Noi sbagliamo costantemente in questa ripartizione. Talvolta sopravvalutiamo la bontà del motto di spirito a causa dell'ammirazione che proviamo per il pensiero che contiene; talvolta, invece, sopravvalutiamo il valore del pensiero a causa del piacere che ci proviene dalla veste spiritosa. Noi non sappiamo che cosa ci dia piacere e per che cosa stiamo ridendo. Questa incertezza del nostro giudizio, che deve essere assunta come fatto, dovrebbe aver procurato il motivo per la creazione del motto di spirito nel senso proprio 'della parola. Il pensiero cerca il travestimento dell'arguzia perché in quel modo si raccomanda alla nostra attenzione e può sembrare più significativo e di maggior valore, ma soprattutto perché questo travestimento seduce i nostri poteri critici e li confonde. Siamo inclini ad attribuire al pensiero il merito di ciò che ci ha fatto piacere nella forma del motto di spirito; e non siamo più propensi a trovare alcunché di errato che ci abbia divertito e ciò per dissetarci a sazietà alla fonte del piacere. Se il motto di spirito ci ha fatto ridere, si è, per di più, stabilita in noi la condizione più sfavorevole per la critica; poiché qualcosa, in quel caso, ci ha indotto allo stato d'animo che il gioco previamente aveva prodotto, e per il quale il motto di spirito aveva tentato di trarre un sostituto da ogni possibile significato. Anche se abbiamo affermato precedentemente che simili motti di spirito debbono essere definiti innocenti e non ancora tendenziosi, non dobbiamo dimenticare che, a rigor di termini, le semplici arguzie non sono tendenziose - e cioè, servono al solo scopo di produrre piacere. I motti di spirito, anche se il pensiero in essi contenuto non è tendenzioso, e perciò serve soltanto interessi intellettuali speculativi, in effetti sono sempre tendenziosi. Essi perseguono il secondo scopo di promuovere il pensiero aumentandolo e proteggendolo contro la critica. Qui esprimono ancora una volta la loro natura originale ergendosi contro un potere di inibizione e di restrizione - che è adesso il giudizio critico. Questo primo impiego dei motti di spirito che va al di là della produzione di piacere, apre la via a quelli successivi. Un motto di spirito, adesso, ci appare come un fattore psichico di potenza: il suo peso, gettato su un piatto della bilancia o sull'altro, può essere decisivo. I maggiori scopi e pulsioni della vita psichica lo impiegano per i loro propri fini. Il motto di spirito originariamente non tendenzioso, che è cominciato come gioco, in un secondo tempo viene messo in relazione con gli scopi dai quali nulla di ciò che prende forma nella mente può prescindere. Sappiamo già che cosa il motto di spirito può fare, se usato ai fini della denudazione o per fini ostili, cinici e scettici. Nel caso di motto di spirito osceni, che derivano da un linguaggio scurrile, riporta la terza persona, che originariamente interferiva nella situazione sessuale, ad essere un alleato, di fronte al quale la donna deve provare vergogna, corrompendolo con il dono del suo piacere. Nel caso di scopi aggressivi viene usato per attirare l'ascoltatore, che inizialmente era indifferente ai due che si odiavano o si disprezzavano, e crea per il nemico una schiera di antagonisti laddove, all'inizio, ce n'era solo uno. Nel primo caso supera le inibizioni della vergogna e della rispettabilità per mezzo del piacere che offre; nel secondo sconvolge il giudizio critico che, altrimenti, avrebbe esaminato l'oggetto della disputa. Nel terzo e nel quarto caso, quando si tratta di scopi cinici e scettici, frantuma il rispetto per le istituzioni e per le verità nelle quali l'ascoltatore ha creduto, da un lato per dar forza all'argomento, ma dall'altro per esercitare un nuovo tipo di attacco. Quando l'argomentazione tenta di attirare la critica dell'ascoltatore dalla sua parte, il motto di spirito si sforza di respingere questa stessa critica. Non v'è alcun dubbio che il motto di spirito abbia scelto il metodo psicologicamente più efficiente. In questa indagine sui risultati del motto di spirito tendenzioso, è emerso in primo luogo ciò che è più facile osservare, e cioè l'effetto dei motti di spirito sulla persona che li ascolta. Più importanti, comunque, dal punto di vista della nostra comprensione, sono le funzioni determinate dal motto di spirito nella mente della persona che li crea o, per esprimerci correttamente, della persona alla quale vengono in mente. Abbiamo già detto - e qui abbiamo l'occasione di ripeterlo - che tenteremo di studiare il processo psichico dei motti di spirito tenendo presente il modo in cui essi agiscono sulle due persone. Suggeriremo per il momento che il processo psichico provocato dal motto di spirito nell'ascoltatore è modellato, nella maggior parte dei casi, su quello che si compie nella mente del suo creatore. L'ostacolo esterno che deve essere superato nell'ascoltatore corrisponde all'inibizione interna di colui che fa il motto di spirito. Quanto meno l'attesa d'un ostacolo esterno è presente in quest'ultimo come un'idea inibitoria. In determinati casi, l'ostacolo interno che viene superato dal motto di spirito tendenzioso è ovvio; nei motti di spirito del signor N., per esempio, abbiamo potuto capire che essi non solo permettono ai loro ascoltatori di usare l'aggressività sotto forma di insulti, ma che soprattutto gli danno la possibilità di esprimerli. Fra i vari tipi di inibizione interna o repressione ce n'è uno che merita il nostro particolare interesse, poiché è quello che va più lontano. Gli viene dato il nome di «rimozione», e sì riconosce dal suo operato che esclude gli impulsi che ad essa soccombono ed i loro derivati, dal divenire consci. I motti di spirito tendenziosi, come vedremo, sono capaci di liberare piacere persino dalle fonti che sono sottoposte alla rimozione. Se, come è stato suggerito sopra, il superamento di ostacoli esterni in questo modo può essere fatto risalire al superamento delle inibizioni interne e delle rimozioni, possiamo dire che i motti di spirito tendenziosi rivelano la principale caratteristica del meccanismo del motto di spirito - quello del liberare piacere sbarazzandosi delle inibizioni - più chiaramente di ogni altro stadio di sviluppo dei motti di spirito. O rafforzano gli scopi che essi perseguono, ricavando un aiuto per il loro raggiungimento contro gli impulsi soppressi, o si mettono essi stessi completamente al servizio degli scopi soppressi. Possiamo ammettere che questo è quanto arriva a fare il motto di spirito tendenzioso, dobbiamo ancora tenere a mente che non capiamo come gli riesca di farlo. La sua potenza sta nella quantità di piacere che trae dalle fonti del gioco di parole e dell'assurdo liberato; ma se dobbiamo giudicare dalle impressioni ricevute dalle arguzie non tendenziose, non possiamo ragionevolmente ritenere la quantità di questo piacere grande abbastanza da attribuirgli la forza di strappare inibizioni e rimozioni così profondamente radicate. Qui, infatti, non ci troviamo solo di fronte ad un semplice effetto di forza, ma ad una più complessa situazione di liberazione. Invece di spiegare il lungo giro attraverso il quale ho raggiunto la comprensione di questa situazione, cercherò di darvene una breve e sintetica esposizione. Fechner ha proposto, nella sua Propedeutica all'estetica (vol. I, cap. 5), un «principio di assistenza estetica o intensificazione» che egli ha espresso come segue: «Se le cause determinanti del piacere che di per se stesse producono un piccolo effetto convergono senza vicendevole contraddizione, ne deriva un effetto di piacere maggiore, e spesso molto maggiore, di quello che corrisponde al valore del piacere delle cause determinanti separate - un piacere maggiore di quanto non possa essere spiegato come somma degli effetti separati. Invero, una convergenza di questa specie può persino condurre ad una risultante positiva di piacere ed il limite del piacere può essere valicato, anche se i fattori separati sono troppo deboli per permettere ciò: benché essi, paragonati agli altri, debbano mostrare un vantaggio in termini di gratificazione». (fechner, op. cit., p. 51 della 2* ed. Il corsivo è di Fechner.). Credo che il tema del motto di spirito non ci dia molte opportunità per confermare la correttezza di questo principio, che si è dimostrato valido per molte altre strutture estetiche. Per quanto riguarda i motti di spirito, abbiamo imparato qualcos'altro, che almeno si allinea con questo principio: cioè, che laddove operano insieme alcuni fattori, non siamo in grado di attribuire a ciascuno di essi la parte di merito che realmente gli è dovuta nel raggiungere il risultato. Possiamo, comunque, mutare la situazione che viene esposta nel «principio di assistenza» e, come risultato di queste nuove condizioni, arrivare ad alcune domande che meriterebbero una risposta. Che cosa accade in generale, se, per una combinazione, cause determinanti di piacere e determinanti di non piacere convergono? Da che cosa dipende il risultato e che cos'è che decide se il risultato è piacevole o spiacevole? Il caso del motto di spirito tendenzioso è un caso speciale tra queste possibilità. È presente un impulso o uno stimolo che cerca di liberare piacere da una particolare fonte e, se non vi fossero ostacoli, lo libererebbe. Oltre a ciò, è presente un altro stimolo che lavora contro la produzione di questo piacere - vale a dire lo inibisce o lo sopprime. La corrente repressiva, come dimostra il risultato, deve essere maggiore di quella repressa, che, comunque, non è per questo abolita. Adesso supponiamo ancora che faccia la sua comparsa un altro stimolo che libererebbe piacere attraverso lo stesso processo, sebbene proveniente da altre fonti, e che operi nello stesso senso di uno stimolo soppresso. Quale può essere il risultato in un caso simile? Un esempio ci aiuterà meglio che non questa discussione schematica. Consideriamo che esista uno stimolo per insultare una persona determinata; ma questo è così fortemente combattuto dal senso delle convenienze o dalla civiltà estetica che l'insulto non può aver luogo. Se, per esempio, si aprisse un varco come risultato di un qualche cambiamento della condizione emotiva o di umore, questo varco reso possibile dallo scopo di insultare farebbe provare, in seguito, del dispiacere. Dunque l'insulto non ha luogo. Supponiamo però che, comunque, si presenti la possibilità di derivare un buon motto di spirito dal materiale di parole e di pensieri usati per l'insulto - la possibilità di liberare piacere da altre fonti che non ci sono impedite dalla stessa repressione. Questo secondo sviluppo di piacere non poteva cionondimeno avvenire finché l'insulto non era permesso; ma non appena quest'ultimo è permesso, la nuova liberazione di piacere è subito aggiunta ad esso. L'esperienza con il motto di spirito tendenzioso dimostra che in simili circostanze lo scopo represso può, con l'assistenza del piacere che deriva dal motto di spirito, ottenere la forza sufficiente a superare l'inibizione, che, altrimenti, sarebbe più forte di esso. L'insulto ha luogo perché il motto di spirito si rende possibile. Ma il piacere ottenuto non è soltanto quello prodotto dal motto di spirito: esso è incomparabilmente maggiore. È tanto più grande del piacere che si ricava dal motto di spirito che dobbiamo supporre che lo scopo finora represso sia riuscito a farsi strada, forse, senza alcuna diminuzione. È in circostanze del genere che il motto di spirito tendenzioso viene accolto con le più sentite risate. Un esame delle cause determinanti del riso ci condurrà, probabilmente, ad una più chiara idea di ciò che avviene quando un- motto di spirito dà aiuto contro una rimozione. Anche adesso, comunque, possiamo vedere che il caso del motto di spirito tendenzioso è un caso speciale del «principio dell'assistenza». Una possibilità di generare piacere sopravviene in una situazione in cui un'altra possibilità di piacere è impedita cosicché, finché si tratta di quest'ultima soltanto, nessun piacere potrebbe nascere. Il risultato è una produzione di piacere molto maggiore di quella offerta dalla possibilità che sopravviene. Questa funge, per così dire, da premio stimolante; con l'aiuto dell'offerta di una piccola quantità di piacere, se ne guadagna una ancora maggiore che altrimenti sarebbe stato difficile ottenere. Ho una buona ragione per sospettare che questo principio corrisponda a un meccanismo che trova conferma in molti campi della vita psichica distanti tra loro, e credo che sarà opportuno definire il piacere che serve ad iniziare la vasta liberazione di piacere «pre-piacere», ed il principio «principio del pre-piacere». A questo punto possiamo stabilire la formula secondo la quale opera il motto di spirito tendenzioso. Essi si pongono al servizio degli scopi al fine di produrre, per mezzo dell'uso del piacere che deriva dal motto di spirito come pre-piacere, un nuovo piacere liberando le repressioni e le rimozioni. Se esaminiamo il corso dello sviluppo del motto di spirito, possiamo dire che dall'inizio alla fine rimane conforme alla sua natura essenziale. Comincia come un gioco, per ricavare piacere dal libero uso di parole e pensieri. Non appena il rafforzamento del ragionamento pone un termine a questo gioco di parole poiché è assurdo, e ai pensieri perché assurdi, diventa un'arguzia, per conservare queste fonti di piacere ed essere capace di ottenere nuovo piacere mettendo in libertà l'assurdo. Quindi, come un motto di spirito vero e proprio, ma non ancora tendenzioso, presta aiuto a certi pensieri e li fortifica contro la provocazione del giudizio critico, un processo nel quale il «principio di confusione di sorgenti di piacere» viene usato. Ed infine, giunge in aiuto a scopi più grandi che lottano contro la repressione, per eliminare le loro inibizioni interne dal «principio del pre-piacere». Ragione, giudizio critico, repressione - queste sono le forze contro le quali successivamente combatte; si attacca alle fonti originali del piacere verbale e, dallo stadio dell'arguzia in poi, si apre nuove sorgenti di piacere liberandosi dalle inibizioni. Il piacere che produce, che sia nel gioco o nel liberarsi dalle inibizioni, si può riportare invariabilmente a risparmio nel dispendio psichico, a patto che questo punto di vista non contraddica la natura essenziale del piacere e che si dimostri vantaggioso in altre direzioni. (I motti di spirito assurdi, ai quali non è stata prestata la dovuta attenzione durante la mia trattazione, meritano qualche altra considerazione. L'importanza che attribuiamo al fattore del «senso nell'assurdo» potrebbe condurci ad immaginare che ogni motto debba ricorrere alla assurdità. Ma ciò non è necessario, poiché è soltanto giocando con i pensieri che si è inevitabilmente condotti verso un'assurdo, l'altra fonte di piacere nei motti di pressione e non provoca regolarmente la critica che vi si ricollega. La doppia radice del piacere nei motti di spirito - il giocare sulle parole ed il giocare con i pensieri, che corrisponde all'importantissima distinzione fra motti di spirito verbali e concettuali - rende molto più difficile arrivare ad una concisa formulazione delle regole generali sui motti di spirito. Il giocare con le parole produce un piacere manifesto come risultato dei fattori che sono stati enumerati sopra (riconoscimento e cosi via) ed è di conseguenza solo in piccola parte soggetto a repressione. Il giocare con i pensieri non può avere la sua ragione in questo tipo di piacere; esso si scontra con una repressione molto energica, ed il piacere che può offrire è soltanto quello di liberare da un'inibizione. Si può dire, di conseguenza, che il piacere ricavato dal motto di spirito rivela un centro di piacere originale nel gioco ed un rivestimento di piacere nel liberare da inibizioni. Naturalmente noi non ci accorgiamo che il nostro piacere, in un motto di spirito con assurdo, nasce dall'esser riusciti a liberare una parte di assurdità a dispetto della sua repressione; mentre vediamo subito che il giocare sulle parole ci ha dato piacere. L'assurdo che ancora resta nel motto di spirito concettuale acquista quindi la funzione di aumentare la nostra attenzione sbalordendoci. Serve come mezzo per intensificare l'effetto del motto di spirito ma soltanto quando si comporta inopportunamente, dimodoché la confusione può affrettare la comprensione attraverso un certo periodo di tempo. Gli esempi riportati a pag. 65 e seguenti hanno dimostrato che, in aggiunta a questo, un assurdo in un motto di spirito può essere usato per rappresentare un giudizio contenuto in un pensiero. Ma neppure in questo consiste il significato primario nel motto di spirito.( [Nel 1912 Freud aggiunge: ] (Molte invenzioni che sembrano motti di spirito possono essere classificate a fianco del motto di spirito con assurdo. Per queste non v'è alcun nome appropriato, ma potrebbero essere definite giustamente «idiozie mascherate da motto di spirito». Ve ne sono innumerevoli e ne sceglierò solo due esempi: «Un uomo seduto al tavolo da pranzo, mentre stava servendosi del pesce, intinse due volte le mani nella maionese e poi le passò tra i capelli. Sembrò accorgersi; del suo errore solo quando il suo vicino lo guardò attonito, e allora disse: "Scusatemi, credevo fossero spinaci" ». Oppure: «"La vita è un ponte sospeso", disse un uomo. "Perché è cosi?" domandò un altro. "E che ne so?" fu la risposta». Questi esempi estremi hanno un effetto perché nascono dall'attesa di un motto di spirito, cosicché uno tenta di trovare il senso nascosto dietro l'assurdo. Ma non trova nulla: sono realmente degli assurdi. La falsa apparenza rende possibile per un momento di ottenere piacere dal nonsenso. Questi motti di spirito non sono interamente senza scopo; sono un « inganno », e danno alla persona che li dice una certa dose di piacere nell'ingannare e nell'annoiare l'ascoltatore. Quest'ultimo poi, soffoca la noia ripromettendosi di raccontarli a sua volta. |