6. LA RELAZIONE DEL MOTTO DI SPIRITO CON IL SOGNO E CON L’INCONSCIO

Alla fine del capitolo in cui mi sono occupato della scoperta della tecnica del motto di spirito, ho messo in evidenza il fatto che i processi di condensazione, con o senza la formazione sostitutiva, di spostamento, di rappresentazione indiretta e così via, che, come abbiamo visto, hanno un ruolo nella creazione dei motti di spirito, dimostrano una straordinaria concordanza con i processi del « lavoro onirico». Mi ero proposto, da un lato, di studiare più da vicino queste somiglianze, e dall'altro di individuare l'elemento comune al motto di spirito e al sogno che qui sembra affacciarsi. Sarebbe molto più facile per me realizzare questo confronto se potessi considerare uno dei due termini del confronto stesso - il « lavoro onirico» - già familiare ai miei lettori. Ma sarà probabilmente più saggio non partire da questo presupposto. Ho l'impressione che il mio libro sull'Interpretazione dei sogni, pubblicato nel 1899, abbia generato più « stupore» che «chiarimento» tra i colleghi; e so che una gran parte dei lettori ha preferito ridurre il contenuto del libro ad una formula chiave (appagamento dei desideri) che può essere ricordata facilmente ma anche usata in modo inopportuno.

Un rapporto ininterrotto con i problemi trattati in quel libro - per i quali la mia attività clinica di psicoterapeuta mi ha fornito molte opportunità di approfondimento - non mi ha fatto avvicinare nulla che richiedesse correzioni o miglioramenti nel mio modo di pensare riguardo all'argomento; posso perciò attendere con calma, finché i miei lettori si riconoscano d'accordo con me o finché una critica penetrante mi dimostri eventuali errori di fondo nelle mie idee. Per fare il confronto con il motto di spirito, ripeterò adesso, brevemente e concisamente, i princìpi essenziali sul sogno e sul lavoro onirico.

Noi conosciamo un sogno da ciò che è di solito il frammentario  ricordo che ce ne rimane dopo il risveglio.  Esso ci appare come una trama di sensazioni, per la maggior parte visive ma anche di altra natura, che hanno l'aspetto di un'esperienza vissuta e alle quali il processo dei pensieri (il «sapere» del sogno) e le espressioni affettive si possono mescolare. Io chiamo dunque contenuto manifesto del sogno ciò che noi ricordiamo di esso. Spesso tale contenuto è completamente assurdo e confuso - talvolta soltanto l'uno o l'altro. Ma anche se è assolutamente coerente, come nel caso di alcuni sogni d'angoscia, si contrappone alla nostra vita psichica come qualche cosa di estraneo, della cui origine non ci si può in alcun modo rendere conto. La spiegazione di queste caratteristiche del sogno finora è stata cercata nel sogno stesso, considerandola come indizi di un'attività disordinata, dissociata e, per così dire, «assonnata» degli elementi nervosi.

Al contrario, io ho dimostrato che questo contenuto «manifesto» del sogno, ancorché tanto singolare, può essere reso intelligibile come una riproduzione mutilata ed alterata di alcune formazioni psichiche coerenti che meritano il nome di pensieri onirici latenti. Arriviamo alla loro conoscenza scomponendo il contenuto manifesto del sogno nelle parti che lo compongono senza rispettare in alcun modo il suo significato apparente, e, quindi, seguendo i fili associativi che partono da ciascuno degli elementi isolati. Questi si intrecciano fra loro e portano infine ad un tessuto di pensieri che non soltanto sono perfettamente razionali, ma che possono anche essere facilmente adattati nel contesto conosciuto dei nostri processi psichici. Nel corso di questa «analisi», il contenuto del sogno sarà spogliato di tutte le stranezze che ci sorprendevano. Ma se vogliamo che l'analisi riesca dobbiamo durante lo svolgimento, rifiutare fermamente le obiezioni critiche che incessantemente sorgeranno nei confronti della riproduzione delle differenti associazioni intermedie.

Un confronto fra il contenuto manifesto del sogno cui si è accennato ed i pensieri latenti ora scoperti dà origine al concetto del «lavoro onirico». Tale termine si usa per designare il complesso dei processi di trasformazione che hanno convertito i pensieri onirici nel sogno manifesto. Ora la sensazione di stranezza già suscitata in noi dal sogno si applica al lavoro onirico. L'opera del lavoro onirico, comunque, può essere descritta come segue. Una trama di pensieri, generalmente molto complicata, che è stata elaborata durante il giorno e di cui non ci si è occupati sufficientemente - «un residuo diurno» - continua durante la notte ad occupare una quota di energie - l'«interesse» - richiesta, e minaccia di turbare il sonno. Per offrire un aggancio al lavoro onirico, il « residuo diurno» deve poter costruire un desiderio - cosa che non è molto difficile a farsi. Il desiderio che nasce dai pensieri del sogno forma lo stadio preliminare e poi il fulcro del sogno. La esperienza derivata dall'analisi - non la teoria del sogno - ci informa che nei fanciulli qualsiasi desiderio non soddisfatto da svegli è sufficiente a provocare un sogno, che si presenta ben articolato ed ingegnoso, ma generalmente breve, e che è riconosciuto facilmente come un «appagamento del desiderio». Nel caso degli adulti, sembra essere condizione indispensabile che il desiderio da cui deriva il sogno sia estraneo al pensiero cosciente - un desiderio rimosso o perlomeno che abbia dei rinforzi che sono sconosciuti alla coscienza. Se non ammettessi l'esistenza dell'inconscio nel senso spiegato a suo tempo ', non potrei sviluppare oltre la teoria del sogno o interpretare il materiale sperimentale risultante dalle analisi dei sogni stessi. L'azione di questo desiderio inconscio sul materiale coscientemente ragionevole dei pensieri onirici dà origine al sogno. Mentre ciò accade, il sogno è, per così dire, trattenuto nell'inconscio, o, più precisamente, soggiace ad un trattamento quale si incontra al livello di processi di pensiero dell'inconscio ed è caratteristico a quel livello. Finora è soltanto dai risultati del «lavoro onirico» che di fatto abbiamo preso dimestichezza con le caratteristiche del pensiero inconscio e con le sue differenze da quello che è in grado di diventare conscio - il pensiero «preconscio».

Una teoria nuova che manchi di semplicità e che sia contraria al nostro modo di pensare abituale, non può essere abbastanza chiara se presentata in modo troppo conciso. Tutto ciò cui posso mirare con queste osservazioni è, perciò, di rinviare l'interesse del lettore alla più completa trattazione dell'inconscio nella mia Interpretazione dei sogni e agli scritti di Lipps, che mi sembrano di grande importanza. So già che chi gode di una buona educazione accademica filosofica, o trae le sue opinioni fondamentali da un cosiddetto sistema filosofico, si opporrà alla nozione dello «psichico inconscio» nel senso in cui Lipps ed io usiamo il termine, e so che tenterà di dimostrare la sua fallacia sulla base d'una definizione del termine «psichico». Ma le definizioni sono una convenzione che può essere cambiata. Ho spesso trovato che la gente, che discute dell'inconscio come di qualcosa di assurdo e di impossibile, non ha tratto la sua impressione dalle fonti dalle quali io sono stato portato per lo meno alla necessità di riconoscerne l'esistenza. Coloro che si oppongono all'inconscio, non sono mai stati testimoni dell'effetto di una suggestione post-ipnotica, e quando ho raccontato loro alcuni esempi tratti dalle mie analisi su nevrotici non ipnotizzati, sono rimasti assai meravigliati. Non avevano mai afferrato che l'inconscio è qualcosa che noi realmente non conosciamo, ma di cui siamo obbligati a prendere atto perché spinti da deduzioni irrefutabili. Queste persone lo avevano inteso come un qualcosa che può diventare conscio ma di cui, al momento, non varrebbe la pena di occuparsi poiché non si troverebbe «nel punto focale dell'attenzione». Né avevano mai tentato di convincersi dell'esistenza nella loro mente di pensieri inconsci di questo tipo analizzando uno dei loro sogni; e quando ho tentato di far ciò con loro, essi potevano solo accogliere le loro idee spontanee con sorpresa e confusione. Ho avuto anche l'impressione che le resistenze affettive si oppongano ad accettare l'inconscio, e che si basino sul fatto che nessuno vuole conoscere il suo inconscio e che il sistema più comodo è quello di negare del tutto la possibilità della sua esistenza. Il lavoro onirico, dunque - al quale ritorno dopo questa digressione - sottopone il materiale di pensiero, coniugato all'ottativo, a una particolarissima revisione. Primo, fa un passo dall'ottativo al presente indicativo; rimpiazza «Oh! se soltanto fosse così», con un «così è». Al « così è» viene data una rappresentazione allucinatoria; ed è ciò che ho chiamato «regressione» nel meccanismo del sogno: la direttrice che conduce dai pensieri alle immagini percepite o, per usare i termini della topologia (da non intendersi anatomicamente), ancora ignota dell'apparato psichico - dalla regione delle strutture pensate a quella delle percezioni sensorie. Su questa direttrice, che è nella direzione inversa a quella presa nel corso del suo sviluppo delle complicazioni della vita interiore, ai pensieri del sogno viene dato un carattere rappresentativo ed infine si arriva ad una situazione plastica che è il nucleo della manifestazione dell'«immagine onirica». Perché i pensieri onirici possano essere rappresentati in una forma percettibile, la loro espressione deve sottostare a modificazioni di grande portata. Ma mentre i pensieri vengono trasformati in immagini percettibili, avvengono in essi modificazioni ancora maggiori, alcune delle quali si possono ritenere necessarie mentre altre ci sorprendono. Possiamo capire che, come risultato complementare della regressione, quasi tutte le relazioni interne fra i pensieri dalle quali questi erano concatenati, si perderanno nel sogno manifesto. Il lavoro onirico, potremmo dire, comincia solo a rappresentare il rozzo materiale delle idee e non le relazioni logiche che intercorrono tra loro; o ad ogni modo, si riserva la libertà di non tenere in alcun conto queste ultime. D'altro canto, c'è un'altra parte del meccanismo del sogno che non possiamo attribuire alla regressione, alla riconversione in immagini percettibili; e proprio questa parte ha un importante rapporto con la formazione del motto di spirito nella nostra analogia. Nel corso del lavoro onirico il materiale dei pensieri onirici viene assoggettato ad una compressione o condensazione davvero straordinaria. Un punto di partenza per questo è rappresentato da ogni elemento comune che si possa trovare nei pensieri onirici, sia per caso che per la natura del loro contenuto. Poiché di regola questi non sono sufficienti per una condensazione sufficiente, nel lavoro onirico, si creano nuovi elementi comuni artificiali ed occasionali, ed a questo scopo, infine, si preferisce l'uso di parole il cui suono esprima differenti significati. I neo-creati elementi comuni di condensazione entrano nel contenuto manifesto del sogno come rappresentazioni dei pensieri onirici, cosicché nel sogno un elemento corrisponde ad un punto di congiunzione o ad un nodo dei pensieri onirici, e, rispetto a questi ultimi, deve essere generalmente descritto come «sovradeterminato». Il fatto della condensazione è la parte del lavoro onirico che può essere riconosciuta più facilmente; è necessario soltanto raffrontare il testo del sogno, così come viene registrato, con l'annotazione dei pensieri onirici ricavata dall'analisi per avere un quadro chiaro dell'ampiezza della condensazione onirica.

È meno facile convincersi della seconda importante modificazione dei pensieri del sogno determinata dal lavoro onirico del sogno - il processo che io ho chiamato «spostamento onirico». Questo diviene evidente nel fatto che le cose che stanno alla periferia dei pensieri onirici e sono di minore importanza occupano una posizione centrale ed appaiono con grande intensità percettiva nella manifestazione del sogno, e viceversa. Ciò dà al sogno l'apparenza di essere spostato in relazione ai pensieri onirici, e questo spostamento rivela appunto che il sogno considera la vita mentale da svegli come  qualcosa   di   estraneo   ed   incomprensibile.   Perché   si possa avere uno spostamento di questo genere, deve essere possibile all'energia di investimento di passare liberamente dalle idee importanti a quelle non importanti - cosa che in un pensiero normale capace di coscienza, può dare soltanto l'impressione di un «ragionamento errato».

Una trasformazione per la capacità di rappresentazione, condensazione e spostamento sono le tre principali operazioni che possono essere ascritte al lavoro onirico. Una quarta, che forse è stata esaminata troppo rapidamente nella Interpretazione dei sogni, attualmente non è importante per i nostri fini. Se le idee di «topologia dell'apparato psichico» e di «regressione» vengono portate oltre (e solo in questo modo queste ipotesi di meccanismo potrebbero arrivare ad avere un qualche valore), dobbiamo tentare di determinare in quali stadi di regressione le varie trasformazioni dei pensieri onirici hanno luogo. Questo tentativo non è ancora stato intrapreso seriamente; ma si può almeno stabilire con certezza che lo spostamento deve avvenire nel materiale del pensiero quando si è allo stadio dei processi inconsci, mentre la condensazione, probabilmente, deve essere descritta come un processo che si estende sull'intero corso degli eventi fino a che viene raggiunta la regione della percezione. Ma, in generale, dobbiamo accontentarci di ritenere che tutte le forze che prendono parte alla formazione dei sogni operino simultaneamente. Sebbene, come si capirà, si possano avanzare delle riserve quando si trattano simili problemi, e vi siano anche delle obiezioni di fondo, che qui non possono essere dibattute. Sulla stessa possibilità di inquadrare in questo modo il problema, desidero comunque asserire che il processo del meccanismo del lavoro onirico, che prepara il sogno stesso, deve essere posto nella regione dell'inconscio. Quindi, in parole povere, vi sarebbero tre distinti stadi nella formazione di un sogno: primo, la trasposizione dei residui diurni preconsci nell'inconscio, nel quale hanno una parte le condizioni che governano lo stato di sonno: quindi, il lavoro onirico proprio dell'inconscio; e, terzo, la regressione del materiale onirico, qui riesaminato, fino alla percezione, nella cui forma il sogno diventa conscio.

Si può osservare che nella formazione dei sogni hanno una parte le seguenti forze: il desiderio di dormire, l'investimento dell'energia che permane nei residui diurni dopo che è stata  diminuita  dallo  stato  di  sonno,  l'energia  psichica  del desiderio inconscio che costruisce il sogno e la forza della «censura» che si oppone, che domina la vita quotidiana e di cui non ci si può liberare completamente durante il sonno. Il compito della formazione del sogno è soprattutto quello di superare l'inibizione della censura; e questo compito è portato a termine proprio dagli spostamenti dell'energia psichica all'interno del materiale dei pensieri onirici.

Ricordiamoci ora da che cosa abbiamo preso lo spunto per pensare ai sogni durante la nostra indagine sul motto di spirito. Noi trovammo che le caratteristiche e gli effetti del motto di spirito sono collegati con certe forme di espressione o mezzi tecnici, fra i quali colpiscono maggiormente quelli della condensazione, dello spostamento e della rappresentazione indiretta. Tuttavia dei processi capaci di portare agli stessi risultati (condensazione, spostamento e rappresentazione indiretta) ci sono divenuti familiari come peculiarità del meccanismo del sogno. E questa conformità non suggerisce la conclusione che il lavoro del motto di spirito e quello onirico, almeno sotto alcuni aspetti essenziali, siano identici? Penso che il lavoro onirico, per quanto riguarda le sue caratteristiche più importanti, ci sia ormai chiaro. La parte dei processi psichici nel motto di spirito che per noi rimane oscura è proprio quella che si può paragonare al lavoro onirico - precisamente, ciò che accade nella prima persona durante la formazione di un motto di spirito. Non cederemo alla tentazione di costruire quel processo sulla base dell'analogia con la formazione di un sogno? Solo poche caratteristiche del sogno sono così estranee al motto di spirito da non permettere che la parte del lavoro onirico corrispondente a quelle caratteristiche sia trasferita alla formazione del motto di spirito. Indubbiamente, la regressione del corso del pensiero alla percezione è assente nei motti di spirito. Ma gli altri due stadi della formazione del sogno, lo sprofondare di un pensiero preconscio nell'inconscio e la sua elaborazione inconscia, se si può supporre che accadano nella formazione del motto di spirito, darebbero proprio il risultato che si può osservare in questi ultimi. Decidiamoci dunque ad adottare l'ipotesi che questo sia il modo in cui il motto di spirito si forma nella prima persona: un pensiero preconscio viene lasciato per un momento all'elaborazione dell'inconscio ed il risultato di ciò è subito afferrato dalla percezione conscia.

Prima di esaminare questa ipotesi, dettagliatamente dobbiamo considerare un'obiezione che potrebbe minacciare la nostra premessa. Siamo partiti dal fatto che le tecniche del motto di spirito indicano gli stessi processi che ci sono noti come peculiarità del lavoro onirico.

Ma è facile obiettare che noi non avremmo descritto le tecniche del motto di spirito come condensazione, spostamento ecc., e non saremmo giunti a così profonde conformità tra i metodi di rappresentazione nel motto di spirito e nel sogno, se la nostra precedente conoscenza del lavoro onirico non avesse condizionato il nostro punto di vista sulla tecnica del motto di spirito; cosicché, alla fine, in questi ultimi troviamo soltanto una conferma di ciò che ci attendevamo partendo dai sogni. Se questa fosse la base della concordanza, non vi sarebbe alcuna garanzia certa della sua esistenza se non nel nostro pregiudizio. Né, in verità, la condensazione, lo spostamento e la rappresentazione indiretta sono state assunte da alcun autore quali spiegazioni delle forme di espressione del motto di spirito. Questa sarebbe un'obiezione possibile, ma non la sola. Allo stesso titolo potrebbe apparire necessario che le nostre idee fossero preparate dalla conoscenza del lavoro onirico prima di riconoscere la concordanza reale. Una decisione dipenderà dopo tutto soltanto dal fatto che un esame critico possa provare, sulla base di esempi individuali, fino a che punto questa opinione sulle tecniche del motto di spirito sia un'idea forzata, in favore della quale sono stati soppressi altri punti di vista più plausibili e più acuti, o se invece questo non porti necessariamente ad ammettere che le aspettative derivate dal sogno trovano di fatto nel motto di spirito la loro conferma. Sono del parere che non dobbiamo temere nulla da tale critica, e che il nostro procedimento riduttivo ci abbia mostrato in modo attendibile in quali forme di espressione cercare le tecniche del motto di spirito. E se abbiamo dato a quelle tecniche nomi che sembrano aver anticipato l'individuazione della concordanza fra la tecnica del motto di spirito ed il lavoro onirico, questo era legittimo, e, d'altro non si è trattato che di una semplificazione facilmente giustificabile.

Esiste un'altra obiezione che non è in grado di mettere in pericolo in modo altrettanto serio la nostra teoria ma che, peraltro, non può venire confutata in modo altrettanto completo e definitivo. Si potrebbe dire che mentre bisogna senz'altro mettere in rilievo queste tecniche del motto di spirito che si inseriscono così bene nel nostro schema, cionondimeno esse non  sono le  sole possibili per costruire dei  motti  di spirito né le sole che in pratica si usano. Si potrebbe arguire che sotto l'influenza del modello del lavoro onirico noi abbiamo cercato soltanto tecniche del motto di spirito che vi si adattassero, mentre altre, da noi tralasciate, avrebbero provato che questa concordanza non era sempre presente. In verità, non posso affermare di essere riuscito a dare una delucidazione circa la tecnica di tutti i motti di spirito in circolazione; e debbo perciò lasciare aperta la possibilità che la mia enumerazione delle tecniche del motto di spirito dimostri in futuro qualche incompletezza. Ma non ho escluso intenzionalmente dalla discussione nessun tipo di tecnica a me nota, e posso dichiarare che non sono sfuggiti alla mia attenzione i metodi più comuni, più importanti e più caratteristici.

Il motto di spirito ha anche un'altra caratteristica che si adatta soddisfacentemente, quanto al lavoro, allo schema che abbiamo derivato dal sogno. Si parla, è vero, di «coniare» un motto di spirito; ma sappiamo bene che, facendo ciò, il nostro comportamento è diverso da quando emettiamo un giudizio o avanziamo un'obiezione. Un motto di spirito ha la principale caratteristica di essere un'idea che ci si presenta «involontariamente»: un momento prima non sappiamo ancora quale motto di spirito stiamo per creare, e tutto ciò di cui esso ha bisogno è di essere rivestito di parole. Piuttosto, abbiamo un'indefinibile sensazione che può essere paragonata più che altro ad una «assenza», un improvviso rilassamento della tensione intellettuale, e poi all'improvviso ecco il motto di spirito - di regola bell'e pronto in parole. Alcune tecniche del motto di spirito possono essere impiegate al di fuori del motto stesso nell'espressione di un pensiero - per esempio, le tecniche della similitudine o dell'allusione. Posso decidere deliberatamente di fare un'allusione. In un caso simile comincio con l'avere in mente (nel mio ascolto interiore) un'espressione diretta del pensiero che devo esprimere; proibisco a me stesso di dirla, in conseguenza di un timore che provo in relazione ad una situazione esterna, e, si potrebbe quasi dire, per preparare la mia mente a sostituire l'espressione diretta con un'altra forma di espressione indiretta; e così faccio un'allusione. Ma questa, che in tal modo viene a nascere e si forma sotto la mia continua supervisione, non è mai un motto di spirito, anche se può risultare utilizzabile. L'allusione arguta, d'altro canto, sorge senza che io sia capace di seguire questi stadi preparatori nei miei pensieri. Non voglio dare troppa importanza ad un comportamento di questo genere; esso è scarsamente decisivo, sebbene si accordi bene con la nostra ipotesi che nella formazione di un motto di spirito si lasci andare per un momento il corso del pensiero, mentre la battuta tende ad emergere all'improvviso come tale.

Il motto di spirito mostra anche uno speciale modo di comportarsi quanto alle associazioni. Spesso non è a disposizione della nostra memoria quando lo vogliamo; ma in altri momenti, per compenso, si presenta, per così dire, involontariamente ed in certi punti del corso del pensiero nei quali non riusciamo a cogliere la sua intromissione. Si tratta, ancora una volta, di una breve allusione, ma nondimeno tradisce la sua provenienza dall'inconscio.

Adesso riuniamo le caratteristiche del motto di spirito che possono essere riferite alla sua formazione nell'inconscio. Anzitutto c'è la peculiare brevità del motto di spirito - in verità una caratteristica non essenziale ma estremamente distintiva. Prima, quando l'abbiamo incontrata, eravamo inclini a considerarla come un'espressione della tendenza al risparmio, ma abbiamo abbandonato questo punto di vista in conseguenza di ovvie obiezioni. Adesso ci sembra piuttosto un segno dell'elaborazione inconscia alla quale sono stati assoggettati i pensieri del motto di spirito. Difatti non possiamo mettere in relazione ciò che corrisponde alla concisione, la condensazione nei sogni, con il solo fattore della localizzazione nell'inconscio; e dobbiamo supporre che le cause determinanti per tale condensazione, assenti nel preconscio, siano presenti nel processo inconscio del pensiero.  (Oltre al lavoro onirico ed alla tecnica del motto di spirito, v'è un altro tipo di evento mentale nel quale ho potuto dimostrare che la condensazione è un processo regolare ed importante: precisamente il meccanismo della dimenticanza normale (non tendenziosa). Impressioni eccezionali si dimenticano difficilmente; quelle analoghe in qualche modo si dimenticano perché vengono condensate rispetto ai loro punti di contatto. La confusione tra impressioni analoghe è uno degli stadi preliminari  della  dimenticanza.=.

Ci si deve attendere che nel processo di condensazione pochi elementi soggetti ad esso andranno perduti, mentre altri, che prendono il posto dell'energia d'investimento dei precedenti, saranno rafforzati e sovra-intensifìcati attraverso la condensazione. Quindi la concisione del motto di spirito, come quella del sogno, sarebbe una concomitanza necessaria della condensazione che avviene in entrambi - in entrambi i casi la concisione è un risultato del processo di condensazione. Questa origine spiegherebbe anche il carattere particolare della concisione del motto di spirito, un carattere che non può essere definito in modo più ampio, ma che ci colpisce per la sua incisività.

In un precedente passaggio abbiamo considerato uno dei risultati della condensazione - molteplice uso dello stesso materiale, gioco di parole e omofonia - come un risparmio localizzato, ed il piacere prodotto da un motto di spirito (innocente) come derivato da questo risparmio. Successivamente abbiamo dedotto che l'intenzione originale del motto di spirito fosse di ottenere una eguale quantità di piacere dello stesso genere dalle parole - cosa consentita allo stadio di gioco ma ostacolata dalla critica della ragione nel corso dello sviluppo intellettuale. Adesso abbiamo adottato l'ipotesi che condensazioni di questo tipo, quali quelle che servono la tecnica del motto di spirito, nascano automaticamente, senza alcuna particolare intenzione, durante il processo di pensiero nell'inconscio. Abbiamo di fronte due differenti aspetti dello stesso fatto che sembrano incompatibili tra loro? Non lo credo. È vero che sono due differenti aspetti, e che hanno bisogno di essere armonizzati tra loro; ma non sono antitetici. Uno di essi è semplicemente estraneo all'altro; e quando avremo stabilito una connessione tra loro, probabilmente avremo fatto qualche passo avanti nella loro conoscenza. Il fatto che simili condensazioni siano fonti di un certo piacere non è assolutamente incompatibile con l'ipotesi che le condizioni per la loro produzione si trovino facilmente nell'inconscio. Al contrario, possiamo vedere una ragione per la loro immersione nell'inconscio nel "fatto che le condensazioni apportatrici di piacere, delle quali il motto di spirito ha bisogno, vi nascano facilmente. In più, vi sono due altri fattori che ad un primo sguardo sembrano essere completamente estranei l'un l'altro ed essersi trovati insieme per caso, ma che ad un più approfondito esame appaiono intimamente legati come un tutt'uno. Penso alle due asserzioni che, primo, il motto di spirito durante il suo sviluppo allo stadio di gioco (cioè durante la fanciullezza del pensiero) possa dar luogo a queste piacevoli condensazioni e, secondo, che in stadi superiori realizzi lo stesso effetto immergendo il pensiero nell'inconscio. Infatti l'elemento infantile è la fonte dell'inconscio, ed i processi del pensiero inconscio non sono null'altro che quelli - e soltanto quelli - prodotti nella prima fanciullezza. Il pensiero che, con l'intenzione di creare un motto di spirito, si tuffa nell'inconscio, non fa altro perciò che ricercare la vecchia dimora del gioco di parole di un tempo. Il pensiero è stato riportato per un momento allo stadio della fanciullezza per riconquistare il possesso della fonte infantile di piacere. Se già non lo sapessimo per la ricerca effettuata nella psicologia delle nevrosi, il motto di spirito ci porterebbe a sospettare che la singolare elaborazione dell'inconscio non sia altro che un tipo infantile di attività del pensiero. Questo dipende dal fatto che non è molto facile per noi cogliere nei bambini questo modo infantile di pensare, attraverso quelle peculiarità che si vanno conservando nell'inconscio degli adulti, poiché per la maggior parte esso è regolato, per così dire, in statu nascendi. In non pochi casi, però, riusciamo a realizzarlo, ed allora ridiamo della «stupidità» dei bambini. Ogni rivelazione di materiale dell'inconscio di questo tipo ci colpisce in genere come «comico». (Molti dei miei nevrotici che subiscono un trattamento psicoanalitico, quando sono riuscito ad offrire il quadro fedele dell'inconscio nascosto alla loro percezione conscia, hanno regolarmente l'abitudine di confermare il fatto con una risata; ed essi ridono perfino quando il contenuto di quanto viene svelato non giustificherebbe in alcun modo questa loro reazione. Ciò è dovuto, naturalmente, all'esser giunti abbastanza vicini al materiale inconscio per afferrarlo dopo che il medico lo ha scoperto e  rivelato loro.).

È facile trovare le caratteristiche di questi processi del pensiero inconscio nei discorsi di alcuni pazienti affetti da disturbi psichici. Molto probabilmente potremmo capire (come ha suggerito Griesinger da lungo tempo) i deliri degli psicotici e far sì che essi divengano per noi elementi di informazione, se smettessimo di imporre ad essi le richieste del pensiero cosciente e se li trattassimo, come facciamo per i sogni, con la nostra tecnica interpretativa. (Nel far ciò non dovremo dimenticare di prendere in considerazione la distorsione dovuta alla censura che è sempre al lavoro anche nei  malati psichici.)

Abbiamo già evidenziato il fatto che nei sogni «c'è un ritorno della vita psichica ad un modo di vedere embrionale» .

In relazione ai processi di condensazione, siamo penetrati così profondamente nell'importanza dell'analogia tra il motto di spirito ed il sogno, che potremo essere più brevi in ciò che segue. Come sappiamo, gli spostamenti nel lavoro onirico sono diretti dal lavoro della censura del pensiero cosciente, e di conseguenza quando fra le tecniche del motto di spirito troviamo uno spostamento, saremo inclini a supporre che una componente inibitoria abbia una parte anche nella formazione del motto di spirito. E noi già sappiamo che è proprio questo che avviene in generale. Lo sforzo fatto dal motto di spirito per riguadagnare il vecchio piacere dell'assurdo o il vecchio piacere delle parole si trova inibito negli stati d'animo normali, dall'obiezione che sorge dalla ragione critica; ed in ogni singolo caso ciò deve essere superato. Ma il modo in cui il lavoro del motto di spirito assolve questo compito mostra una profonda differenza tra il motto di spirito e il sogno. Nel lavoro onirico questo effetto viene assolto in genere attraverso spostamenti, attraverso la selezione ,di idee che sono abbastanza lontane da quelle che ripugnano alla censura, perché sia loro permesso di passare, ma che nondimeno sono derivate da quell'idea e che succedono al suo investimento psichico per mezzo di una completa trasposizione. Per questa ragione gli spostamenti sono sempre presenti in un sogno e sono di sempre maggiore portata. Fra gli spostamenti non si debbono annoverare soltanto le deviazioni dal corso del pensiero, ma anche ogni tipo di rappresentazione indiretta, ed in particolare la sostituzione di un elemento importante, ma ripugnante, con uno che è indifferente e che appare innocente alla censura, qualcosa che sembri una lontanissima allusione all'altro - sostituzione attraverso un simbolo, un'analogia, un particolare. È indiscutibile che parti di una simile rappresentazione indiretta siano già presenti nei pensieri preconsci del sogno - per esempio, una rappresentazione per simboli o similitudini - poiché altrimenti il pensiero non avrebbe mai raggiunto lo stadio di espressione preconscia. Rappresentazioni indirette di questa specie, e allusioni il cui riferimento a ciò che propriamente è in causa è facile a scoprirsi, sono invero anche metodi ammissibili e molto usati nell'espressione del nostro pensiero conscio. Il lavoro onirico, comunque, spinge questo metodo di espressione indiretta oltre ogni limite. Sotto la pressione della censura, qualsiasi genere di relazione è sufficientemente accettabile per servire come sostituto allusivo, e viene consentito uno spostamento da qualsiasi elemento ad un altro.. Una sostituzione di associazioni interne (somiglianza, relazione causale ecc.) con quel che conosciamo come associazioni esterne (simultaneità nel tempo, contiguità nello spazio, omofonia) è davvero particolare e caratteristica del lavoro onirico.

Tutti questi mezzi di spostamento appaiono anche come tecniche del motto di spirito. Ma quando compaiono rispettano in genere i limiti imposti al loro uso dal pensiero cosciente; ed essi potrebbero essere completamente assenti, sebbene anche i motti di spirito abbiano sempre il compito di trattare un'inibizione. Possiamo capire la posizione subordinata occupata dagli spostamenti nel lavoro del motto di spirito quando ricordiamo che i motti di spirito hanno sempre a loro disposizione un'altra tecnica per liberarsi dell'inibizione, e che nulla è più caratteristico in essi di questa tecnica. Perciò il motto di spirito non crea, come il sogno, un compromesso; non evita l'inibizione, ma mantiene inalterato il gioco di parole o l'assurdo. Si limita, comunque a scegliere le occasioni nelle quali questo gioco o questo assurdo possono apparire allo stesso tempo leciti (nel caso dello scherzo) o razionali (nel motto di spirito), grazie all'ambiguità delle parole ed alla molteplicità delle relazioni concettuali. Nulla distingue più chiaramente il motto di spirito da tutte le altre produzioni psichiche di questa doppia apparenza e duplicità nel discorso. Almeno con questo criterio gli studiosi si sono molto avvicinati alla comprensione della natura del motto di spirito quando hanno messo l'accento sul «senso nell'assurdo». A causa del completo predominio nel motto di spirito di questa tecnica per il superamento delle inibizioni, si dovrebbe ritenere superfluo per loro perfino l'uso in casi particolari della tecnica dello spostamento. Ma, da un lato, certe apparenze di quella tecnica mantengono il loro valore nei confronti del motto di spirito come scopi e come fonti di piacere -per esempio, spostamento proprio (deviazione di pensieri), che invero partecipa della natura dell'assurdo. Dall'altro lato, non si dovrebbe dimenticare che lo stadio più elevato del motto di spirito, il motto di spirito tendenzioso, spesso deve superare due generi di inibizioni, quelle opposte al motto di spirito stesso e quelle che si oppongono al suo scopo, e che le allusioni e gli spostamenti sono adeguati a semplificare quest'ultimo compito.

L'abbondante, sfrenato uso nel lavoro onirico di rappresentazioni indirette, di spostamenti e specialmente di allusioni, porta ad un risultatato di cui voglio parlare non per la sua importanza, ma perché rappresenta la mia ragione soggettiva ad occuparmi del problema. Se si dà ad una persona non informata o non pratica un resoconto dell'analisi di un sogno,  dove  sono  esposti gli  strani  processi  delle  allusioni  e degli spostamenti - processi così estranei alla vita vigile -dei quali si è servito il lavoro onirico, questa persona riceverà un'impressione di perplessità, e dichiarerà che queste interpretazioni sono «umoristiche». Chiaramente, non li considererà come motti di spirito riusciti, ma forzati/e penserà che in qualche modo vadano contro le regole dell'arguzia. È facile spiegare questa impressione. Essa nasce dal fatto che il lavoro onirico opera attraverso gli stessi metodi del motto di spirito, ma nell'uso che ne fa, ne supera anche i limiti. Tra breve vedremo che, come risultato della parte assegnata alla terza persona, il motto di spirito è vincolato da una certa condizione che non si applica ai sogni.

Tra le tecniche comuni al motto di spirito e al sogno, la rappresentazione «per contrario» e l'uso del controsenso esigono una particolare attenzione. La prima è uno dei metodi impiegati con maggiore efficacia nei motti di spirito, come si può vedere, fra gli altri, dagli esempi dei «motti di spirito con esagerazione». Per inciso, la rappresentazione per contrario non può sottrarsi all'attenzione cosciente come la maggior parte delle altre tecniche del motto di spirito. Una persona che tenta di azionare in se stessa, il più deliberatamente possibile, il meccanismo del motto di spirito - un burlone abituale, insomma - di regola scopre presto che il modo più facile per rispondere con un motto di spirito ad una affermazione è asserire il suo contrario e lasciare all'ispirazione del momento di liberarsi dell'obiezione che verosimilmente seguirà alla sua contraddizione, dando a ciò che ha detto una nuova interpretazione. La rappresentazione per contrario deve forse il favore di cui gode al fatto che rappresenta il nucleo di un altro piacevole modo di esprimere un pensiero, che può essere capito senza alcun bisogno di riferirsi all'inconscio. Sto pensando all'ironia, che è molto vicina al motto di spirito, ed è posta fra le sottospecie della comicità. La sua essenza sta nel dire l'opposto di ciò che si intende comunicare all'altra persona, ma nell'evitarle una contraddizione facendole capire - dal tono di voce, da qualche gesto che accompagna la frase, o (quando si tratta di scrivere) attraverso qualche piccolo avvertimento stilistico - che si vuole intendere proprio il contrario di quanto si dice. L'ironia può essere usata soltanto quando l'altra persona è preparata a sentire l'opposto, cosicché non può essere tentata di contraddire. Come risultato di questa condizione, l'ironia è esposta in modo particolarmente aperto al pericolo di non essere capita. Essa dà alla persona che la usa il vantaggio di essere in grado di evitare prontamente le difficoltà dell'espressione diretta, come accade per esempio nelle invettive. Probabilmente produce nel-l'ascoltare il divertimento, perché lo spinge in un contraddittorio dispendio di energia che subito riconosce non necessario. Un paragone come questo tra il motto di spirito ed un tipo di comicità in rapporto tanto stretto potrebbe confermare il nostro assunto che quanto è peculiare al motto di spirito è la sua relazione con l'inconscio, e che ciò forse potrebbe anche distinguerlo dalla comicità. (La caratteristica della comicità, che viene descritta come la sua «comunicativa», dipende anche dalla distinzione tra quanto si dice ed i gesti (nel senso più ampio della parola) che accompagnano la parola.).

Nel lavoro onirico, la rappresentazione per contrario ha un'importanza ancora maggiore che nel motto di spirito. Ai sogni non piace soltanto rappresentare due opposti attraverso un'unica composizione strutturale, ma essi cambiano così spesso qualcosa dei pensieri onirici nel suo contrario che ciò porta ad una grande difficoltà nel lavoro di interpretazione. « Non sappiamo, a prima vista, se è presente nei pensieri onirici un qualche elemento che ammetta il proprio contrario come elemento positivo o negativo».

Debbo puntualizzare che fino ad ora questo argomento non è stato assolutamente studiato. Ma esso sembra indicare un'importante caratteristica del pensiero inconscio, nel quale, con tutta probabilità, non accade alcun processo che rassomigli al «giudicare». Nell'inconscio troviamo una « rimozione» in luogo di un rifiuto attraverso giudizio. La rimozione, senza dubbio, potrebbe essere descritta correttamente come lo stadio intermedio tra un riflesso difensivo ed un giudizio di condanna. (II comportamento, importantissimo ed ancora insufficientemente apprezzato, della relazione tra i contrari nell'inconscio è senza dubbio adatto ad aiutarci a capire il « negativismo» dei nevrotici e dei malati di mente (Cfr. i due ultimi lavori su questa materia: Bleuler, 1904 e Gross, 1904. Vedi anche il mio esame su Significato antitetico delle parole primitive)

Finzione e assurdità, che appaiono così spesso nel sogno e lo hanno portato a un tanto immeritato disprezzo, non derivano mai dagli elementi ideativi che in esso sono mischiati insieme, ma si può sempre dimostrare che vengono ammessi intenzionalmente  dal  lavoro  onirico  e  chiamati  a   rappresentare

una critica amplificata ed una sprezzante contraddizione nel corso dei suoi pensieri. Quindi l'assurdità del contenuto del sogno prende il posto nei pensieri onirici, del giudizio: «questa è un'assurdità». Ho dato grande evidenza a ciò nella mia Interpretazione dei sogni poiché pensavo che in questo modo avrei portato l'attacco più deciso all'errore di credere che il sogno non sia affatto un fenomeno psichico - errore che blocca la via alla conoscenza dell'inconscio. Ora, abbiamo appreso, nel corso della soluzione di certi motti di spirito tendenziosi, che in essi l'assurdità perviene agli stessi scopi della rappresentazione. Sappiamo anche che una facciata assurda nel motto di spirito serve ottimamente ad accrescere il dispendio psichico dell'ascoltatore, e ad aumentare così l'ammontare affrancato per lo sfogo del riso. Ma accanto a ciò non bisogna dimenticare che l'assurdo in un motto di spirito è un fine per se stesso, poiché l'intenzione di recuperare il vecchio piacere nell'assurdo, è uno dei motivi del meccanismo del motto di spirito. Non vi è altro modo di recuperare l'assurdo e di ricavarne piacere: caricatura, esagerazione, parodia e travestimento ne fanno uso e così creano l'«assurdo comico». Se noi sottoponiamo queste forme espressive a un'analisi simile a quella che abbiamo applicato al motto di spirito, troveremo che in nessuno di questi casi è necessario far intervenire per spiegarli i processi insconsci nel senso in cui il intendiamo noi. Adesso possiamo anche capire come accada che la caratteristica di essere un motto di spirito possa aggiungersi come un extra alla caricatura, all'esagerazione o alla parodia; quel che la rende possibile è una differenza nella «scena psichica». (Espressione usata da  Fechner (1889,  2, 520-1) che  ha acquistato importanza come supporto al mio punto di vista.).

Credo che il fatto che il motto di spirito appartenga al sistema dell'inconscio sia diventato d'importanza considerevolmente maggiore per noi adesso che ci ha reso capaci di comprendere come le tecniche, alle quali i motti di spirito ricorrono, non sono d'altro canto di loro esclusiva proprietà. Tutti i dubbi che, all'inizio del nostro esame di queste tecniche, abbiamo dovuto lasciare in sospeso, trovano adesso una soluzione soddisfacente. Proprio per quella ragione, un altro dubbio insorgente merita allora la nostra considerazione: l'innegabile relazione tra il motto di spirito e l'inconscio potrebbe essere valida in effetti soltanto per determinate categorie di motti di spirito tendenziosi, mentre noi tendiamo ad estenderla ad ogni tipo e stadio del loro sviluppo. Una obiezione da non prendere alla leggera.

Si può pensare, con ragione, che il motto di spirito si formi nell'inconscio nel caso in cui sia al servizio di scopi dell'inconscio o di scopi sostenuti dall'inconscio - la gran parte dei motti di spirito «cinici». Infatti in simili casi la tendenza inconscia attira a sé il pensiero preconscio nell'inconscio, e gli dà nuova forma - un processo del quale lo studio della psicologia delle nevrosi ci ha insegnato molte similitudini. Comunque, nel caso di motti di spirito tendenziosi di altro genere, di motti di spirito innocenti e di scherzi, questa forza che attira verso il basso non c'è, e di conseguenza la relazione tra i motti di spirito e l'inconscio è dubbia.

Ma consideriamo adesso il caso nel quale un pensiero, non senza valore di per sé, nasca nel corso di un ragionamento e sia espresso come motto di spirito. Perché questo pensiero possa diventare un motto di spirito è necessario selezionare fra tutte le possibili forme di espressione proprio quella che comporta una certa ampiezza di piacere verbale. Sappiamo dalla nostra osservazione che questa selezione non viene fatta dall'attenzione cosciente; ma si aiuterà certamente la selezione riducendo ad un pensiero inconscio l'investimento del pensiero preconscio, poiché, come abbiamo imparato dal lavoro onirico, i canali di connessione che si riferiscono alle parole nell'inconscio sono trattati nello stesso modo delle connessioni che si riferiscono alle cose. Un investimento inconscio offre condizioni molto più favorevoli per selezionare l'espressione. Inoltre, possiamo ritenere che la forma possibile di espressione che comporta una certa quantità di piacere verbale eserciti sull'indefinita forma del pensiero preconscio, la stessa forza verso il basso che abbiamo visto in opera da parte della tendenza inconscia nel caso precedente. Per parlare del caso più semplice dello scherzo, potremmo supporre che un'intenzione sempre pronta a raggiungere il profitto del piacere verbale cerchi di afferrare l'occasione offerta dal preconscio per trascinare il processo d'investimento nell'inconscio secondo il modello noto.

Sarei molto felice se riuscissi, da un lato, a formulare una più chiara esposizione di questo punto, unico e decisivo del mio pensiero sul motto di spirito e, dall'altro, a rinforzarla con argomenti convincenti. Ma di fatto, ciò a cui mi trovo di fronte  è   un   insuccesso   non   doppio,   ma   unico   e   medesimo. Non posso offrire un'esposizione più chiara perché non ho prove più convincenti delle mie idee. Vi sono arrivato sulla base di uno studio della tecnica [del motto di spirito] e di un raffronto con il lavoro onirico, e su nessun'altra base; e poi ho trovato che nel complesso si attaglia in modo eccellente alle caratteristiche peculiari del motto di spirito. Sono quindi arrivato a questo punto di vista attraverso una deduzione; e se da una deduzione di questo genere non si è condotti in un campo che ci è familiare, ma al contrario, in uno che è diverso e nuovo per il nostro pensiero, la deduzione si deve chiamare «ipotesi», e giustamente ci si rifiuta di considerare la relazione fra l'ipotesi stessa ed il materiale dal quale si operò la deduzione come una «prova» di questo criterio. Si può considerarlo «provato» soltanto se è possibile raggiungerlo anche attraverso un'altra strada, e se si può dimostrare che è il punto cruciale anche di altre relazioni. Ma una prova di questo tipo non si può ottenere, poiché la nostra conoscenza dei processi dell'inconscio è ancora agli inizi. Consapevoli di muoverci su un terreno vergine, ci dovremo perciò accontentare di fare un breve, incerto passo avanti verso una regione inesplorata.

Su questa base non possiamo costruire granché. Se portiamo i vari gradi del motto di spirito in relazione agli stati psichici che sono loro favorevoli, possiamo forse procedere come segue: lo scherzo scaturisce dal buon umore, che sembra essere caratterizzato da un'inclinazione a diminuire gli investimenti psichici. Esso impiega già tutte le tecniche caratteristiche del motto di spirito e soddisfa di per sé la sua fondamentale condizione, selezionando il materiale verbale o le connessioni di pensieri, che si troveranno ambedue ad incontrare sia le richieste di una certa quantità di piacere che quelle operate dalla critica razionale. Concluderemo che l'abbassarsi dell'investimento del pensiero al livello dell'inconscio facilitato dal buon umore, è già presente nello scherzo. Nel caso del motto di spirito innocente, che è legato all'espressione di un pensiero valido, l'effetto incoraggiante dello stato d'animo non interviene più. A questo punto dobbiamo presumere l'intervento di un'attitudine personale particolare, che si manifesta nella facilità con la quale l'investimento da parte del preconscio viene lasciata cadere e scambiata, per un momento, con l'inconscio. Una tendenza che è sempre in attesa di rinnovare il campo originale del piacere attraverso il motto di spirito esercita una trazione verso il basso sull'espressione del pensiero preconscio ancora in formazione. Non c'è dubbio che la maggior parte delle persone riesca a creare delle battute quando è di buon umore; l'attitudine a creare il motto di spirito indipendentemente dallo stato d'animo del momento, è presente soltanto in poche persone. Infine, il lavoro del motto di spirito riceve il suo stimolo più potente quando sono presenti tendenze ben determinate, che affondano le loro radici nell'inconscio, che rappresentano una particolare attitudine all'invenzione arguta, e che potrebbero spiegarci come avvenga che le cause determinanti soggettive del motto di spirito siano così spesso soddisfatte nei soggetti nevrotici. Sotto la spinta di certe tendenze, persino coloro che altrimenti sono praticamente privi di quest'attitudine diventano capaci di creare motti di spirito.

Con quest'ultima osservazione, che, comunque, spiega -anche se soltanto ipoteticamente - il lavoro del motto di spirito nella prima persona, a rigore, il nostro interesse per il motto di spirito si è esaurito. Non ci resta che fare ancora un piccolo paragone tra il motto di spirito e il sogno, argomento più conosciuto; e possiamo aspettarci che, al di là della concordanza che abbiamo già preso in considerazione, due funzioni mentali tanto dissimili rivelino soltanto delle differenze. La differenza principale sta nel loro effetto sociale. Un sogno è un prodotto psichico completamente asociale; non ha nulla da comunicare a qualcun altro; nasce all'interno del soggetto come un compromesso tra le forze psichiche che lottano in lui, resta inintelligibile per il soggetto stesso ed è, per questa ragione, completamente privo di interesse per gli altri. Non soltanto non ha bisogno di tenere in gran conto la chiarezza, ma deve realmente evitare di essere capito, poiché altrimenti sarebbe distrutto; può esistere soltanto in forma simulata. Perciò può far uso liberamente del meccanismo che domina i processi mentali dell'inconscio, fino al limite di una distorsione che non può essere mantenuta in piedi più a lungo. Un motto di spirito, d'altro canto, è la più sociale di tutte le funzioni psichiche che mirano a un certo piacere. Spesso ha bisogno di tre persone, e la sua completezza richiede la partecipazione di qualcun altro nel processo psichico cui dà luogo. La condizione della intelligibilità è perciò in stretta dipendenza da questo. Inoltre, i motti di spirito ed i sogni si sono sviluppati in regioni completamente diverse della vita psichica e sono destinati a sfere lontanissime tra loro del sistema psicologico. Un sogno rimane sempre un desiderio, anche se si è reso irriconoscibile; un motto di spirito è un gioco sviluppato. I sogni, a dispetto della loro inconsistenza materiale, continuano ad avere una relazione con i maggiori interessi della vita; essi cercano di soddisfare i bisogni attraverso la regressione dell'allucinazione e possono presentarsi a causa di quella necessità che agisce durante la notte: la necessità di dormire. I motti di spirito, d'altra parte, cercano di raggiungere un certo piacere attraverso la sola attività del nostro apparato psichico, libero da necessità. Quindi tentano di impossessarsi di quel piacere come di un profitto accessorio durante l'attività di quell'apparato e perciò giungono, in modo secondario, a funzioni importanti rivolte al mondo esterno. I sogni servono soprattutto per la fuga da ciò che non è piacevole, i motti di spirito per il raggiungimento del piacere; ma tutte le nostre attività psichiche convergono su queste due mète.