CONTRIBUTI AD UNA DISCUSSIONE SULLA MASTURBAZIONE

1912

1. Introduzione

I dibattiti alla Società Psicoanalitica Viennese non hanno mai lo scopo di superare delle divergenze o di giungere a delle conclusioni. I diversi oratori, che hanno in comune delle idee basate sugli stessi fatti, si concedono di dare la più netta espressione alle loro opinioni personali, senza curarsi minimamente della probabilità di convertire alcuno degli ascoltatori che possono pensarla in altro modo. In questi dibattiti possono esservi punti esposti erroneamente e travisati, ma alla fine, tuttavia, ognuno ha ricevuto la più chiara impressione delle idee che possono differire dalle proprie e comunicato agli altri i propri punti di vista.

La discussione sulla masturbazione, di cui pubblichiamo qui solo alcuni passi, durò diversi mesi durante i quali ciascun oratore lesse il proprio intervento e si concluse con un esauriente dibattito. In questa pubblicazione vengono presentati solo gli interventi veri e propri e non le varie discussioni che furono assai stimolanti e nel corso delle quali ognuno espresse e difese le proprie opinioni. In caso diverso questo volumetto avrebbe assunto ben altre dimensioni, che certamente non ne avrebbero agevolato la diffusione, limitandone allo stesso tempo l'efficar eia.

Oggi che, finalmente, si stanno compiendo dei tentativi per sottoporre ad un esame scientifico i problemi della vita sessuale umana, la scelta dell'argomento non ha bisogno di giustificazioni. Numerose ripetizioni degli stessi pensieri e delle medesime asserzioni erano inevitabili, segno questo di un comune accordo tra i diversi oratori. Quanto alle numerose divergenze esistenti tra le varie tesi, non è compito dell'editore armonizzarle più di quanto non lo sia quello di nasconderle. È auspicabile che l'interesse del lettore non sarà diminuito né dalle ripetizioni né dalle contraddizioni.

In questa occasione è stato nostro scopo indicare la direzione che è stato costretto a prendere lo studio del problema della masturbazione dall'insorgenza del metodo psicoanalitico. Sino a che punto siamo riusciti nel nostro intento si vedrà dal consenso dei nostri lettori o forse, ancor meglio, dalla loro disapprovazione.

Vienna, Estate 1912

2. Osservazioni conclusive

Signori, — I membri più anziani di questo gruppo ricorderanno certamente che alcuni anni fa abbiamo compiuto un altro tentativo di discussione collettiva di questo genere — un «symposium», come lo chiamano i nostri colleghi americani — sulla masturbazione. A quel tempo, le opinioni espresse rivelarono divergenze tanto gravi che non osammo esporre al pubblico i nostri lavori. Da allora, gli appartenenti allo stesso gruppo insieme con altri studiosi, essendosi tenuti ininterrottamente aggiornati e avendo avuto un costante scambio di idee, hanno chiarito le loro opinioni e sono giunti ad una base comune per cui riteniamo che l'impresa, che allora abbandonammo, ora non sembri più tanto futile. In effetti, ho l'impressione che i punti relativi alla masturbazione su cui concordiamo siano ora più solidi e più fondamentali delle divergenze, sebbene queste esistano innegabilmente. Alcune delle apparenti contraddizioni sono il risultato delle diversissime direzioni da cui avete affrontato l'argomento, mentre in realtà le opinioni in questione possono benissimo coesistere.

Col vostro permesso esporrò un riassunto dei punti su cui sembriamo essere d'accordo o divisi.

Siamo tutti d'accordo, mi pare:

a.  sull'importanza delle fantasie che accompagnano o rappresentano 1 atto della masturbazione,

b.  sull'importanza del senso di colpa, qualunque ne sia la fonte, inerente alla masturbazione,

e. sull'impossibilità di stabilire un fattore determinante qualitativo per gli effetti dannosi della masturbazione. (Su questo punto l'accordo non è unanime.)

Opinioni irresolubilmente diverse sono apparse:

a. rispetto alla negazione dell'esistenza di un fattore somatico negli effetti della masturbazione,

b. rispetto alla generale negazione della presenza degli effetti dannosi della masturbazione,

e. riguardo all'origine del senso di colpa, che alcuni attribuiscono direttamente alla mancanza di appagamento, mentre altri adducono anche fattori sociali, o l'atteggiamento della personalità del soggetto in quel momento,

d. riguardo all'onnipresenza della masturbazione nei bambini.

Infine, esistono significative incertezze:

a.  circa il meccanismo degli effetti dannosi della masturbazione, se ve ne sono,

b.  circa il rapporto etiologico tra la masturbazione e le «nevrosi attuali».

Per la maggior parte dei punti della controversia esistente tra di noi, dobbiamo ringraziare le stimolanti critiche del nostro collega Wilhelm Stekel, basate sulla sua vasta e profonda esperienza. Non vi sono dubbi sul fatto che abbiamo lasciato il compito di definire e chiarire moltissimi punti ai futuri studiosi e osservatori. Ma possiamo consolarci con la coscienza d'aver lavorato onestamente e con mentalità aperta, e che nel farlo abbiamo tracciato la strada che la futura ricerca potrà seguire.

Non dovete aspettarvi molto dai miei contributi alle questioni di cui ci stiamo occupando. Voi sapete della mia preferenza per il trattamento frammentario di un argomento, del quale sottolineo poi i punti che mi sembrano più inconfutabili. Non ho niente di nuovo da offrire, nessuna soluzione, ma solo qualche ripetizione di cose già dette e qualche parola in difesa di queste vecchie asserzioni contro gli attacchi portati ad esse da alcuni di voi, e, inoltre, pochi commenti che inevitabilmente sorgono in chi ascolta le vostre tesi.

Come sapete, ho diviso la masturbazione secondo l'età del soggetto in: 1. masturbazione nei bambini, che comprende tutte le attività autoerotiche, volte allo scopo dell'appagamento sessuale, 2. masturbazione nei fanciulli, che discende direttamente dal tipo precedente e si è già fissata a certe zone erogene, e 3. masturbazione nella pubertà che è una continuazione di quella infantile o che si presenta dopo un periodo di latenza. In alcune delle vostre spiegazioni non è stata resa piena giustizia a questa divisione temporale. L'apparente unità della masturbazione, che è favorita dalla terminologia medica consuetudinaria, ha dato luogo a delle generalizzazioni quando sarebbe stata più giustificata una differenziazione secondo i tre periodi della vita. Ho anche notato con rincrescimento che non siamo stati in grado di dedicare alla masturbazione femminile la stessa attenzione rivolta a quella maschile; la masturbazione femminile, credo, merita uno studio particolare e nel suo caso è più che mai vero che si deve attribuire una speciale importanza alle modificazioni che hanno luogo in rapporto all'età del soggetto.

Vengo ora alle obiezioni sollevate da Reitler contro il mio argomento teleologico a favore dell'onnipresenza della masturbazione nell'infanzia. Ammetto che questo argomento va abbandonato. Se ci sarà un'altra edizione dei miei Tre saggi sulla teoria della sessualità, non vi apparirà l'affermazione tanto discussa. Rinuncerò al tentativo di indovinare i fini della Natura accontentandomi di descrivere i fatti.

C'è anche un'altra osservazione di Reitler che ritengo significativa e importante. Mi riferisco al fatto che certe disposizioni nell'apparato genitale che sono proprie degli esseri umani sembrano tendere ad impedire il rapporto sessuale nell'infanzia. Su questo punto, però, ho i miei dubbi. L'occlusione dell'orifizio sessuale femminile e l'assenza di un os penis che garantirebbe l'erezione sono, dopo tutto, dirette solo ad evitare il coito vero e proprio, e non le eccitazioni sessuali in generale. Mi pare che Reitler abbia una visione troppo antropomorfica del modo in cui la Natura persegue i suoi fini, quasi volesse raggiungere un singolo scopo, come avviene con l'attività umana. Ma per quanto ne sappiamo, nei processi naturali vengono perseguiti contemporaneamente numerosi scopi senza che si intralcino a vicenda. Se vogliamo parlare della Natura in termini umani, dobbiamo dire che abbiamo l'impressione di ciò che, nel caso degli uomini, chiameremmo incoerenza. Da parte mia, penso che Reitler non dovrebbe dare tanto peso ai suoi argomenti teleologici. L'uso della teleologia come ipotesi euristica ha il suo lato dubbio: in nessun caso particolare possiamo mai dire se abbiamo a che fare con un'«armonia» o con una «disarmonia». È come quando si pianta un chiodo sulla parete di una stanza: non si sa mai se si incontrerà assicelli e intonaco o una muratura in mattoni.

Sulla questione del rapporto tra la masturbazione e le eiaculazioni da un lato e la casualità della cosiddetta «nevrastenia» dall'altro, mi trovo, come molti di voi, in disaccordo con Ste-kel, e salvo un'eccezione cui accennerò tra poco, confermo le mie precedenti idee. Non vedo nessuna ragione perché si debba abbandonare la distinzione tra «nevrosi attuali» e psiconevrosi, e nelle prime non posso considerare la genesi dei sintomi che come qualcosa di tossico. Qui mi pare che Stekel abbia effettivamente allargato troppo il campo delle psicogenesi. Su questo punto la penso ancora come quindici anni fa: vale a dire, che le due «nevrosi attuali» — la nevrastenia e la nevrosi d'angoscia (alle quali dovremmo aggiungere forse una terza e cioè l'ipocondria vera e propria) — forniscono alle psiconevrosi il necessario «accordo somatico»; forniscono il materiale eccitativo, che viene allora scelto psichicamente e al quale viene dato un «rivestimento psichico», di modo che, in generale, il nocciolo del sintomo psiconevrotico — il granello di sabbia nel centro della perla — è costituito di una manifestazione sessuale somatica. Questo è più chiaro, è vero, nel caso della nevrosi d'angoscia e del suo rapporto con l'isteria, che in quello della nevrastenia, sulla quale non sono state ancora condotte attente indagini psicoanalitiche. Nella nevrosi d'angoscia, come avete spesso potuto costatare voi stessi, esiste in fondo un piccolo frammento di eccitazione non scaricata connessa al coito che si manifesta come sintomo d'angoscia e fornisce il nucleo della formazione di un sintomo isterico.

Con molti scrittori non psicoanalisti, Stekel ha in comune la tendenza a respingere le differenziazioni morfologiche che abbiamo fatto nel groviglio delle nevrosi e riunirle tutte sotto un'unica voce: psicastenia, forse. Lo abbiamo spesso contraddetto su questo punto e abbiamo ribadito la tesi che le differenze clinico morfologiche appariranno valide quali indicazioni, non ancora capite, di processi sostanzialmente diversi. Quando egli — giustamente — ci fa notare d'aver riscontrato regolarmente nei cosiddetti nevrastenici gli stessi complessi presenti negli altri nevrotici, avanza un argomento che non muta affatto la questione. Sappiamo da tempo che gli stessi complessi e conflitti si trovano anche nelle persone sane e normali. Infatti, ci siamo abituati ad attribuire ad ogni essere umano civilizzato una certa quantità di rimozione degli impulsi perversi, una certa quantità di erotismo anale, di omosessualità e così via, nonché una parte del complesso di Edipo e del complesso di Elettra e anche di altri complessi, proprio come nell'analisi chimica di una sostanza organica abbiamo ogni speranza di trovare certi elementi; carbonio, ossigeno, idrogeno, azoto e una traccia di zolfo. Quel che distingue le sostanze organiche tra di loro è la quantità relativa di questi elementi ed il modo in cui sono legati tra di loro. Analogamente, nel caso degli individui normali e nevrotici il problema non è quello dell'esistenza di questi complessi e conflitti, ma quello di vedere se sono patogeni e, se lo sono, attraverso quali meccanismi ciò è avvenuto.

L'essenza delle teorie sulle «nevrosi attuali» di cui ho parlato in passato, e che oggi difendo, consiste nella mia asserzione, basata sull'esperienza, che i loro sintomi, contrariamente a quelli psiconevrotici, non possono essere analizzati. Vale a dire, la stitichezza, il mal di testa e la stanchezza del cosiddetto nevrastenico non possono farsi risalire storicamente o simbolicamente ad esperienze operative e non possono essere considerati come sostituti dell'appagamento sessuale o compromessi tra impulsi istintuali opposti, come avviene nei sintomi psiconevrotici (anche se questi ultimi possono forse avere lo stesso aspetto). Non credo che sarà possibile confutare quest'asserzione servendosi della psicoanalisi. D'altro canto, ammetterò oggi quel che prima non potevo credere: e cioè che un trattamento analitico può avere un effetto curativo indiretto sui sintomi «attuali». Questo si può ottenere sia mettendo in grado il malato di tollerare meglio le noxae, sia mettendo in condizione di sfuggire ad esse mediante un cambiamento nel suo regime sessuale. Dal punto di vista del nostro interesse terapeutico queste sarebbero prospettive quanto mai auspicabili.

Se un giorno si proverà che sono stato in errore sul problema teorico delle «nevrosi attuali», potrò consolarmi col progresso della nostra conoscenza, il quale non deve tener conto delle opinioni dei singoli. Potete allora chiedere perché, dal momento che riconosco in modo tanto encomiabile i limiti della mia infallibilità, non accetti subito questi nuovi suggerimenti, preferendo, invece, recitare la solita commedia del vecchio ostinatamente aggrappato alle sue opinioni. Rispondo di non vedere ancora alcuna prova che mi induca a farlo. Nel passato ho talvolta mutato le mie idee senza nasconderlo al pubblico, e per questo sono stato rimproverato con la stessa asprezza con cui oggi mi si rimprovera il mio conservatorismo. Non che io sia intimidito da tali rimproveri, ma so che c'è un destino da compiersi. Non posso sfuggirgli e non occorre che gli vada incontro. L'aspetterò, e nel frattempo mi comporterò verso la scienza secondo i dettami dell'esperienza. Esito a prendere posizione sulla questione, trattata da voi con tanta ampiezza, relativa al danno della masturbazione, poiché non offre una soluzione dei problemi che ci interessano. Ma nondimeno dobbiamo farlo: sembra che al mondo non interessi altro nella masturbazione. Ricorderete certamente che nell'altra serie di dibattiti su questo argomento, avemmo tra noi in qualità di osservatore un illustre pediatra viennese. Che cosa ci chiedeva ripetutamente di dirgli? Semplicemente questo: che danno può provocare la masturbazione e perché danneggia alcuni ma non altri? Dobbiamo quindi compiere ricerche anche in questo senso ai fini di soddisfare questa esigenza pratica.

Devo confessare che neppure su questo punto posso condividere l'opinione di Stekel, nonostante i numerosi commenti corretti e coraggiosi che ci ha fatto sulla questione. Secondo lui, il danno della masturbazione non è altro che un pregiudizio insensato, di cui solo a causa dei limiti personali, non vogliamo liberarci una volta per tutte. Credo, però, che se ci concentriamo sul problema sine ira et studio — nella misura in cui, naturalmente, siamo in grado di farlo — saremo costretti a dichiarare, piuttosto, che prendere una tale posizione è in contraddizione con le nostre idee fondamentali sull'etio-logia delle nevrosi. La masturbazione corrisponde essenzialmente all'attività sessuale infantile e al suo proseguimento anche nell'età più matura. Le nevrosi, come abbiamo detto, derivano da un conflitto tra le brame sessuali di una persona e le altre tendenze del suo Io. Ora qualcuno potrebbe dire: «Secondo me, il fattore patogeno in questa relazione etiologica consiste solamente nella reazione dell'Io alla sessualità». Con questo asserirebbe che chiunque potrebbe evitare la nevrosi se solo desse libero sfogo alle sue brame sessuali. Giungere a tale decisione senza concedere alle brame sessuali di avere alcuna parte nel processo patogeno, è chiaramente arbitrario ed evidentemente inutile. Ma se si ammette che le brame sessuali possono avere un effetto patogeno, non si può più negare un analogo significato alla masturbazione, che dopo tutto consiste solo nel mettere in atto tali impulsi istintuali sessuali. In ogni caso in cui appare che la masturbazione è patogena, sarete indubbiamente in grado di far risalire questa operazione addirittura agli istinti che si manifestano nell'onanismo e alle resistenze che ad essi si oppongono. La masturbazione non è qualcosa di ultimo — né somaticamente, né psicologicamente —, non è un «agente» reale, ma semplicemente il nome che diamo a certe attività. Tuttavia, per quanto si possa risalire alle origini, il nostro giudizio sulla causalità della malattia resterà nondimeno legato a questa attività. E non dimenticate che la masturbazione non si può equiparare all'attività sessuale in generale: essa è un'attività sessuale soggetta a certe condizioni limitatrici. Pertanto resta anche possibile che i veicoli degli effetti patogeni dell'attività masturbatoria siano proprio queste sue peculiarità.

Questi argomenti ci riportano ancora una volta all'osservazione clinica, la quale ci consiglia di non cancellare la voce «Effetti nocivi della masturbazione». Nelle nevrosi, ad ogni modo, ci troviamo di fronte a casi in cui la masturbazione ha arrecato danni.

Questi danni sembrano aver luogo in tre diversi modi:

a.  il danno organico può essere causato da qualche meccanismo sconosciuto. In questo caso dobbiamo tener conto degli aspetti degli eccessi e dell'appagamento inadeguato, a cui avete spesso accennato;

b.  il danno può presentarsi attraverso la formazione di un modello psichico, secondo cui non occorre tentare di mutare il mondo esterno per soddisfare un grande bisogno. Quando, però, contro questo modello sorge una reazione ad ampio raggio, allora possono cominciare ad emergere tratti caratteriali più valutabili;

c. si può rendere possibile una fissazione delle mete sessuali infantili, insieme ad una persistenza dell'infantilismo psichico. In questo caso abbiamo la disposizione per il verificarsi di una nevrosi. Come psicoanalisti non può non interessarci gradualmente questa conseguenza della masturbazione — che in questo caso significa, naturalmente, onanismo iniziato nell'età puberale e continuato in seguito. Dobbiamo tener presente l'importanza che acquista la masturbazione quale realizzatore della fantasia: quella regione a mezza strada che si trova tra la vita in conformità col principio del piacere e la vita in conformità col principio della realtà; e dobbiamo ricordare come la masturbazione renda possibile l'effettuazione degli sviluppi sessuali e delle sublimazioni nella fantasia, i quali non sono tuttavia progressi ma compromessi nocivi, pur essendo vero, come ha indicato Stekel in una notevole osservazione, che questo stesso compromesso rende innocue le gravi tendenze perverse ed elimina le peggiori conseguenze dell'astinenza.

In base alla mia esperienza medica, tra le conseguenze della masturbazione non posso escludere una permanente riduzione di potenza, pur concedendo a Stekel che, in un certo numero di casi, questa potrà rivelarsi solo apparente. Questa particolare conseguenza dell'onanismo, però, non può essere inclusa senza esitare tra quelle nocive. Dal punto di vista della civiltà, una certa diminuzione della potenza virile e della brutale aggressività in essa racchiusa è anzi positiva. Facilita agli uomini civilizzati la pratica delle virtù della moderazione e della fedeltà sessuali a cui sono tenuti. È assai difficile essere virtuosi quando si dispone di una prepotente virilità.

Questo potrà sembrarvi cinico, ma posso garantirvi che le mie parole non sono dettate dal cinismo. Vogliono invece essere solo un'arida descrizione di un fatto, e in quanto tali sono loro estranei sentimenti di soddisfazione o di irritazione. Come molte altre cose, anche la masturbazione ha les défauts de ses vertus e d'altro canto les vertus de ses dé-fauts. Se si sta districando un argomento difficile e complesso con interesse pratico unilaterale per i suoi aspetti negativi e positivi, si devono sopportare anche eventuali scoperte spiacevoli.

Penso inoltre che sia utile distinguere quelli che possiamo definire danni diretti causati dalla masturbazione, da quelli che derivano indirettamente dalla resistenza dell'Io e dall'indignazione contro quell'attività sessuale. Io però non ho approfondito queste ultime conseguenze.

Ed ora sono costretto ad aggiungere poche parole sulla seconda delle due spinose domande che ci sono state poste. Ammesso che la masturbazione sia nociva, in quali condizioni e in quali persone si rivela tale?

Come la maggior parte di voi, anch'io sono proclive a non dare una risposta generale alla domanda. Questa in parte coincide con una domanda più ampia: quando l'attività sessuale in generale diventa patogena per particolari individui? Se lasciamo da canto questa considerazione, allora ci troviamo di fronte a una questione di dettaglio relativa alle caratteristiche della masturbazione soltanto nella misura in cui rappresenta una forma e una maniera speciali di appagamento sessuale. A questo punto sarebbe opportuno ripetere quanto già sappiamo per averne discusso in connessione con altre questioni: valutare l'influenza del fattore quantitativo e dell'operazione congiunta di diversi fattori patogeni. Soprattutto, però, dovremmo lasciare un vasto campo d'azione a quelle che conosciamo come disposizioni costituzionali dell'individuo. Ma si deve confessare che parlare di queste è cosa quanto mai difficile. Noi infatti abbiamo l'abitudine di formarci le nostre opinioni delle disposizioni individuali ex post facto: attribuiamo questa o quella disposizione solo dopo il fatto, quando cioè le persone si sono già ammalate. Non abbiamo alcun metodo per scoprirle in anticipo. Ci comportiamo, in effetti, come il re scozzese di un romanzo di Victor Hugo, il quale si vantava di possedere un metodo infallibile per riconoscere la stregoneria. Egli metteva a bollire la donna accusata e quindi assaggiava il brodo. Poi secondo il gusto diceva: «Sì, era una strega», oppure: «No, non lo era».

V'è un altra questione su cui vorrei richiamare la vostra attenzione perché mi pare che sia stata un po' trascurata nel nostro dibattito: quella della masturbazione «inconscia». Mi riferisco alla masturbazione che ha luogo durante il sonno, durante gli stati anormali o convulsionali. Voi certo avete presenti i molti attacchi isterici in cui gli atti masturbatori si presentano sotto forma mascherata o irriconoscibile, dopo che il soggetto ha rinunciato a quella forma di appagamento, e i numerosi sintomi nella nevrosi ossessiva che cercano di sostituire e di ripetere questo tipo di attività sessuale, che in precedenza è stata proibita. Possiamo anche parlare di un ritorno terapeutico della masturbazione. Alcuni di voi avranno avuto modo di constatare, com'è successo a me, che è di grande aiuto se durante il trattamento il paziente osa riprendere a masturbarsi, anche se può non avere alcuna intenzione di fermarsi per sempre a quello stadio infantile. A questo proposito vorrei ricordarvi che proprio molti malati gravi di nevrosi hanno perduto ogni ricordo della masturbazione in quei cruciali momenti, mentre la psicoanalisi è in grado di dimostrare che quella specie di attività sessuale non era loro affatto estranea durante i primissimi periodi della vita di cui non conservavano memoria.

Ma credo che sia ora di concludere dicendo che siamo tutti d'accordo su una cosa, e cioè che quello della masturbazione è un argomento inesauribile.