1. La letteratura scientifica concernente i problemi dei sogni |
Indice dei capitoli(a) La relazione tra i sogni e la vita da svegli(b) Il materiale onirico. La memoria nei sogni(e) Gli stimoli e le fonti dei sogni(d) Perché i sogni si dimenticano dopo il risveglio(e) Le caratteristiche psicologiche distintive dei sogni(f) Il senso morale nei sogni(g) Teorie e funzioni del sogno(h) Il rapporto tra i sogni e le malattie mentaliNelle pagine che seguono proverò che esiste una tecnica psicologica la quale rende possibile e che, se tale metodo viene seguito, ogni sogno appare come una struttura psichica con un preciso significato, inseribile in un punto da individuarsi nell'attività mentale della vita da svegli. Cercherò poi di chiarire i processi da cui derivano la stranezza e l'incomprensibilità dei sogni, e di dedurne la natura delle forze psichiche che con la loro azione concorrente o reciprocamente opposta danno origine ai sogni. A questo punto la mia trattazione si interromperà, perché sarà giunta a quello stadio in cui il problema dei sogni si perde in problemi più ampi, la cui soluzione deve essere affrontata sulla base di materiale diverso. Come introduzione darò uno sguardo retrospettivo all'opera precedentemente svolta da altri autori sull'argomento ed alla situazione attuale dei problemi onirici nel mondo scientifico, dal momento che nel corso della mia esposizione non avrò spesso occasione di farvi riferimento. Infatti, nonostante millenni di ricerche, l'interpretazione scientifica dei sogni è avanzata molto poco - fatto questo così largamente accettato che mi sembra inutile suffragarlo con esempi. In questi scritti, che ho riunito in un elenco alla fine del mio trattato, si possono trovare molte osservazioni acute e parecchio materiale interessante riguardo al nostro tema, ma nulla o quasi che tocchi l'essenza dei sogni o che suggerisca una soluzione finale ad alcuno dei loro enigmi. E ancor meno, naturalmente, che sia venuto a conoscenza delle persone colte. Ci si può chiedere quale concezione avessero dei sogni le razze primitive della preistoria e quale effetto i sogni possano avere avuto sulla formazione dei loro concetti di mondo e di anima; ed in realtà questo è un argomento di tale interesse che a malincuore devo rinunciare a trattarlo in questo volume. Posso solo rimandare i lettori alle note opere di Sir John Lubbock, Herbert Spencer, E. B. Tylor e altri, aggiungendo però che non saremo in grado di valutare l'ampia portata di questi problemi e argomentazioni prima di aver affrontato l'obbiettivo che ci siamo posti: . Esiste certamente una connessione tra la visione preistorica dei sogni e l'atteggiamento assunto dai popoli dell'antichità classica al riguardo. Era assiomatico per essi che i sogni fossero connessi con il mondo di quegli esseri sovrumani nei quali credevano e che fossero rivelazioni da parte degli Dei e dei Demoni. E non ci poteva essere dubbio, inoltre, che i sogni avessero uno scopo specifico per il sognatore, generalmente quello di predire il futuro. Tuttavia la straordinaria varietà di contenuti e di impressioni che il sogno produceva rendeva difficile la formazione di una valutazione unitaria, mentre causava la classificazione dei sogni in numerosi gruppi e suddivisioni a seconda della loro importanza e verosimiglianza. Naturalmente la posizione assunta dai singoli filosofi antichi nei riguardi dei sogni era connessa entro certi limiti al loro atteggiamento verso la divinazione in generale. Nelle due opere di Aristotele che riguardano i sogni, essi ci vengono già presentati come oggetto di studio psicologico. Egli afferma che i sogni non sono mandati dagli Dei e non sono di carattere divino, ma sono «demoniaci», poiché la natura è «demoniaca» e non divina. I sogni, cioè, non derivano da manifestazioni sovrannaturali, ma seguono le leggi dello spirito umano sebbene questo sia in realtà affine al divino. I sogni vengono dunque definiti come l'attività mentale del dormiente, proprio in quanto è addormentato. Aristotele conosceva alcune delle caratteristiche della vita onirica. Sapeva, ad esempio, che i sogni danno un'immagine ingrandita delle piccole sensazioni che si manifestano durante il sonno. «Gli uomini credono di stare camminando attraverso il fuoco e sentono un terribile caldo, quando sono appena accalorati in qualche parte del corpo». E da questo esempio egli ha tratto la conclusione che i sogni possono rivelare al medico i primi sintomi di qualche alterazione fisica non avvertita durante il giorno. Prima di Aristotele, come sappiamo, gli antichi consideravano i sogni non come un prodotto della mente che sogna, ma come qualcosa suggerita da un agente divino; e già si facevano sentire le due opposte correnti che avrebbero influenzato le opinioni sulla vita onirica in ogni periodo storico. La distinzione si delineava tra sogni veritieri e preziosi, inviati al dormiente per ammonirlo o predirgli il futuro, e sogni vani, ingannevoli ed insignificanti, che dovevano sviarlo o rovinarlo. Grappe cita una classificazione dei sogni su questa base fatta da Macrobio e Artemidoro di Daldi. «Si dividevano i sogni in due classi; l'una si credeva influenzata dal presente o dal passato, ma non aveva importanza per il futuro. Essa includeva l'insonnia, che dà la diretta rappresentazione di un'idea data o del suo opposto - ad esempio di fame o di soddisfazione della fame -, e le rappresentazioni, che ingrandiscono in maniera fantastica l'idea data, come un incubo. Si credeva che l'altra classe, al contrario, fosse decisiva per V avvenire; essa includeva le profezie dirette ricevute in un sogno, le previsioni di qualche evento futuro ed i sogni simbolici, che richiedevano interpretazione. Questa teoria ha resistito per molti secoli». Queste discordanze nel valore da assegnare ai sogni erano strettamente connesse al problema della loro interpretazione. Infatti, ci si aspettavano in genere conseguenze importanti dai sogni, ma non tutti i sogni si potevano comprendere con immediatezza, ed era impossibile stabilire se un particolare sogno incomprensibile contenesse o meno delle rivelazioni di rilievo. Questo costituì un incentivo per l'elaborazione di un metodo attraverso il quale fosse possibile sostituire al contenuto incomprensibile di un sogno un altro intellegibile e significativo. Nell'ultimo periodo dell'antichità, Artemidoro di Daldi era considerato la più grande autorità per quanto riguarda e la conoscenza della sua esauriente opera (Oneirocritica) ci deve compensare della perdita di altri scritti sullo stesso argomento. La concezione prescientifica dei sogni adottata dagli antichi era in piena armonia con la loro visione del mondo in generale; visione che li portava a proiettare nel mondo esterno, come realtà, delle cose che invece erano realtà solo nella loro mente. Inoltre tale concezione prendeva in considerazione l'impressione principale prodotta sulla mente che si sveglia al mattino da quanto rimane del sogno nella memoria: impressione di qualcosa di estraneo, di proveniente da un altro mondo ed in contrasto con gli altri contenuti psichici. Del resto sarebbe erroneo credere che la teoria dell'origine soprannaturale dei sogni non abbia dei seguaci anche ai nostri giorni. Possiamo anche lasciare da parte gli scrittori pietistici e mistici, che sono davvero perfettamente giustificati nel continuare ad occupare i resti dell'impero del soprannaturale, un tempo così vasto, finché anche quel campo non sarà conquistato dalla spiegazione scientifica. Ma si incontrano ancora persone di mente acuta, prive di idee stravaganti, che intendono puntellare la loro fede religiosa nell'esistenza ed attività di forze spirituali sovrumane proprio attraverso l'inspiegabile natura del fenomeno onirico (Cfr. Haffner, 1887). L'alta valutazione che danno della vita onirica alcune scuole filosofiche (i seguaci di Schelling, per esempio) è chiaramente una risonanza della natura divina dei sogni, che era indiscussa nell'antichità. Né sono chiuse le discussioni sul carattere premonitorio dei sogni e sul loro potere di predire il futuro, poiché i tentativi di spiegazione psicologica non sono stati sufficienti a coprire il materiale raccolto e tuttavia le persone di mentalità scientifica tendono decisamente a contrastare l'accettazione di tali credenze. E' diffìcile scrivere una storia degli studi scientifici condotti sui problemi onirici, poiché, per quanto preziosi questi studi possano essere stati riguardo ad aspetti particolari, non si può tracciare una linea di avanzamento in alcuna direzione definita. Non è stato elaborato un fondamento dì risultati sicuri sul quale un successivo ricercatore possa continuare a costruire; invece ogni nuovo autore esamina gli stessi problemi e ricomincia di nuovo, come se si fosse al principio. Se io volessi prendere in considerazione quelli che hanno scritto sull'argomento in ordine cronologico ed esporre in sintesi le loro idee sui problemi onirici, dovrei rinunciare a dare una visione d'insieme dell'attuale grado di conoscenza dell'argomento. Ho quindi preferito inquadrare la mia esposizione secondo i temi piuttosto che gli autori, riservandomi, per ogni problema onirico, di fare presente tutto il materiale che la letteratura offre per la sua soluzione. Poiché, comunque, mi è stato impossibile considerare tutta la letteratura legata all'argomento, sparsa qua e là ed intrecciata ad altri temi, devo pregare il lettore di accontentarsi, nella misura in cui nessun fatto fondamentale o importante opinione sono stati trascurati nella mia esposizione. Fino ai tempi più recenti la maggior parte degli autori si sono sentiti obbligati a trattare unitamente il sonno ed i sogni, e ad aggiungervi come per regola la trattazione di stati analoghi al limite della patologia, e di stati simili al sogno, come allucinazioni, visioni e così via. I lavori più recenti, al contrario, mostrano la preferenza per una problematica limitata e si rivolgono, per esempio, a qualche problema isolato nel campo della vita onirica. Sarei lieto di vedere in questo mutato atteggiamento l'espressione della convinzione che, in argomenti così oscuri, sia possibile arrivare a spiegazioni e a risultati concordi solo attraverso una serie di indagini particolareggiate. E tutto quello che posso offrire in queste pagine è proprio un'indagine dettagliata, di carattere precipuamente psicologico. Ho avuto poche occasioni di occuparmi del problema del sonno, poiché è essenzialmente un problema fisiologico, sebbene una delle caratteristiche dello stato di sonno sia la modificazione delle condizioni di funzionamento dell'apparato psichico. Quindi non verrà presa in considerazione la letteratura riguardante il sonno. I problemi sollevati dall'inchiesta scientifica sui fenomeni onirici in quanto tali possono essere raggruppati nei capitoli che seguono, anche se sarà inevitabile un certo numero di omissioni. (A) LA RELAZIONE TRA I SOGNI E LA VITA DA SVEGLILa convinzione spontanea della persona che si è appena svegliata è che i suoi sogni, anche se non sono venuti essi stessi da un altro mondo, lo hanno comunque trasportato in un altro mondo. Il vecchio fisiologo Burdach, al quale dobbiamo un'accurata ed acuta esposizione dei fenomeni onirici, ha trovato modo di esprimere questa convinzione nella frase spesso citata: «Nei sogni la vita di tutti i giorni, con le sue fatiche ed i suoi piaceri, con le sue gioie ed i suoi dolori, non si ripete mai; al contrario, i sogni hanno lo scopo di liberarcene. Anche quando tutta la nostra mente è presa da qualcosa, quando siamo abbattuti da qualche profondo dispiacere, o quando tutto il nostro potenziale intellettivo è assorbito da qualche problema, il sogno non farà altro che entrare nella tonalità del nostro umore e rappresentare la realtà in simboli». I. H. Fichte, nello stesso senso, parla effettivamente di «sogni d'integrazione» e li descrive come uno dei segreti benefici della natura dello spirito che si guarisce da sé. Nel suo studio sulla natura ed origine dei sogni, ampiamente e meritatamente quotato, Striimpell scrive analogamente: «Un uomo che sogna viene rimosso dal mondo della coscienza sveglia». Ed ancora scrive che: «Nei sogni va quasi completamente perduto il nostro ricordo dei contenuti ordinati della coscienza sveglia e del suo normale comportamento». E così pure: «Durante i sogni la mente viene isolata, quasi senza memoria, dal contenuto ordinario e dagli eventi della vita da svegli». La stragrande maggioranza degli autori, tuttavia, è di opinione contraria rispetto alla relazione dei sogni con la vita da svegli. Così Haff-ner: «In primo luogo i sogni sono la prosecuzione della vita da svegli. I nostri sogni regolarmente si riattaccano alle idee che poco prima sono state coscienti in noi. Un'attenta riflessione troverà quasi sempre un filo che colleghi il sogno con l'esperienza del giorno precedente». Weygandt contraddice specificamente l'affermazione di Burdach che ho appena citato: «Infatti si può osservare spesso, e apparentemente nella maggioranza dei sogni, che in realtà essi ci riconducono alla vita di tutti i giorni, anziché liberarcene». Maury presenta una formula concisa: «Sogniamo ciò che abbiamo visto, detto, desiderato o fatto»; mentre Jessen, nel suo libro sulla psicologia, afferma più estesamente: «Il contenuto del sogno è invariabilmente più o meno determinato dalla personalità particolare del sognatore, dalla sua età, dal sesso, dal ceto sociale, dal livello culturale, dall'abituale sistema di vita e dagli eventi ed esperienze di tutta la sua vita passata». J. G. E. Maass, il filosofo citato da Winterstein, assume l'atteggiamento meno compromettente a riguardo: «L'esperienza conferma la nostra opinione che sogniamo più frequentemente quelle cose sulle quali sono centrate le nostre passioni più ardenti. E ciò dimostra che le nostre passioni devono avere un'influenza sulla produzione dei nostri sogni. L'uomo ambizioso sogna gli allori che ha raccolto (o che immagina di aver raccolto), o quelli che deve ancora conquistare; mentre l'innamorato è occupato nei suoi sogni con l'oggetto delle sue dolci speranze... Tutti i desideri sessuali e le repulsioni che sonnecchiano nel cuore possono, se qualcosa li eccita, far sorgere un sogno dalle rappresentazioni che sono loro associate, o fare intervenire quelle rappresentazioni in un sogno già in atto». Nell'antichità si aveva la stessa opinione sulla dipendenza dei contenuto dei sogni dalla vita cosciente. Radestock racconta che Serse, prima di cominciare la sua spedizione contro la Grecia, veniva insistentemente sconsigliato, ma i suoi sogni lo incitavano ad andare avanti; intanto Artabano, il saggio antico persiano interprete di sogni, gli fece osservare opportunamente che in genere le immagini dei sogni contengono ciò che l'uomo da sveglio già pensa. Il poema didascalico di Lucrezio, De rerum natura, contiene il seguente brano: E qualunque sia lo scopo al quale ci si dedichi con passione, quali che siano le cose delle quali ci siamo molto occupati in passato, essendo quindi la mente più concentrata su quello scopo, sono generalmente le stesse cose che ci sembra di incontrare nei sogni; avvocati per difendere le cause e comporre le leggi, generali per combattere e affrontare battaglie. Cicerone (De divinatione, 2.67) dichiara in modo del tutto analogo a quanto dirà Maury tanti anni dopo: «Allora maggiormente si muovevano e si agitano nell'anima i fantasmi dei pensieri e delle azioni della veglia». La contraddizione tra queste due concezioni sulla relazione tra vita onirica e vita da svegli sembra in realtà insolubile. È importante a questo punto rammentare la trattazione di Hildebrandt sull'argomento: egli ritiene del tutto impossibile descrivere le caratteristiche dei sogni, se non attraverso «una serie di (tre) contrasti che sembrano acutizzarsi in contraddizioni». «Il primo di questi contrasti» egli scrive, «è costituito da una parte dall'assolutezza con la quale i sogni sono esclusi e separati dalla vita reale ed effettiva e, dall'altra, dal loro costante intreccio reciproco e dalla loro costante dipendenza reciproca. Un sogno è qualcosa di completamente scisso dalla realtà di cui si fa esperienza nella vita da svegli, qualcosa, si potrebbe dire, con una sua propria esistenza sigillata ermeticamente e separata dalla vita reale a causa di un invalicabile abisso; esso ci libera dalla realtà, ne estingue la nostra abituale memoria e ci colloca in un altro mondo ed in un'altra storia di vita che essenzialmente non ha niente a che fare con la nostra vita reale...». Hildebrandt va avanti a dimostrare che quando ci addormentiamo tutto il nostro essere con le sue forme di esistenza «scompare attraverso un invisibile trabocchetto». Allora probabilmente il sognatore può fare una traversata fino a Sant'Elena per proporre a Napoleone, lì prigioniero, un ottimo affare di vini della Mosella. Egli viene ricevuto assai affabilmente dall'ex imperatore ed è quasi dispiaciuto quando si sveglia e l'interessante illusione viene distrutta. Ma confrontiamo, prosegue Hildebrandt, la situazione del sogno con la realtà. Il sognatore non è mai stato mercante di vini, né ha mai desiderato esserlo. Non ha mai fatto un viaggio per mare e Sant'Elena sarebbe stato l'ultimo posto che avrebbe scelto; non nutre alcun sentimento compassionevole per Napoleone, ma, al contrario, un fiero odio patriottico. E, oltre tutto, il sognatore non era neppure nato quando Napoleone morì sull'isola; cosicché avere delle relazioni personali con lui era al di là delle possibilità umane. In tal modo l'esperienza onirica appare come qualcosa di estraneo, inserita tra due sezioni di vita perfettamente continue e conformi l'una all'altra. «Eppure» prosegue Hildebrandt, «ciò che sembra essere il contrario di questo è egualmente vero ed esatto. Nonostante tutto, la più intima correlazione va di pari passo, secondo me, con il distacco e la separazione. Possiamo anche osare tanto da dire che qualunque cosa i sogni possano offrire, essi traggono il loro materiale dalla realtà e dalla vita intellettuale che ruota intorno a quella realtà... Per quanto astrusi possano essere gli effetti che ottengono, essi non possono in realtà staccarsi dal mondo reale; e le loro creazioni, le più sublimi come le più ridicole, devono sempre prendere in prestito il loro materiale fondamentale da quanto è passato davanti ai nostri occhi nel mondo sensorio o da quanto ha già trovato un qualunque posto nel corso dei nostri pensieri; in altre parole, da quanto noi abbiamo già sperimentato esteriormente o interiormente». (B) IL MATERIALE ONIRICO, LA MEMORIA NEI SOGNITutto il materiale che costituisce il contenuto di un sogno è in qualche modo derivato dall'esperienza, cioè è stato riprodotto o ricordato nel sogno: questo almeno può essere considerato un fatto indiscusso. Ma sarebbe erroneo supporre che un nesso di questo genere tra il contenuto di un sogno e la realtà debba facilmente venire alla luce come un'immediata conseguenza del loro confronto. Il nesso, al contrario, richiede una diligente ricerca ed in una gran quantità di casi può rimanere a lungo nascosto. Il motivo di ciò si ritrova in un certo numero di peculiarità mostrate dalla facoltà della memoria nei sogni e che, sebbene generalmente rilevate, hanno comunque resistito ad ogni spiegazione. Varrà la pena di esaminare queste caratteristiche più da vicino. Può accadere che da svegli non riconosciamo come appartenente alla nostra conoscenza o esperienza parte del materiale che forma il contenuto di un sogno. Noi ricordiamo naturalmente di aver sognato la cosa in questione, ma non possiamo ricordare se o quando l'abbiamo sperimentata nella vita reale. Restiamo così in dubbio circa la fonte cui il sogno abbia attinto e siamo tentati di credere che i sogni abbiano un potere di creazione indipendente; poi, finalmente, spesso dopo un lungo intervallo, qualche nuova esperienza richiama il ricordo, che si credeva perduto, di un avvenimento lontano, rivelandoci, al tempo stesso, la fonte del sogno. Siamo così portati ad ammettere che nel sogno noi conoscevamo e ricordavamo qualcosa che era al di fuori della portata della nostra memoria della veglia (Vaschide osserva che spesso in sogno la gente parla le lingue straniere più correttamente e più fluentemente che nella veglia). Delboeuf ci dà un esempio particolarmente suggestivo di questo, tratto dalla sua esperienza. Egli vide in un sogno il cortile della sua casa coperto di neve e trovò due piccole lucertole semicongelate e sepolte lì sotto. Dato il suo amore per gli animali, le raccolse, le riscaldò e le riportò alla piccola cavità nel muro da dove venivano. Inoltre diede loro poche foglie di una piccola felce che cresceva sul muro, della quale sapeva che erano molto ghiotte. Nel sogno egli conosceva il nome della pianta: Asplenium ruta muralis. Il sogno procedeva e, dopo una digressione, ritornava alle lucertole. Delboeuf vide con grande meraviglia altre due lucertole affaccendate sui resti della felce. Poi si guardò intorno e ne vide una quinta e poi una sesta che si facevano strada verso il foro del muro, finché l'intera via era riempita da una processione di lucertole che si muovevano tutte verso la stessa direzione... e così via. Nello stato vigile, Delboeuf conosceva i nomi latini di pochissime piante e Asplenium non era tra quelli. Con sua grande sorpresa, potè avere conferma del fatto che una felce di questo nome esiste veramente. Il suo nome esatto era Asplenium ruta muraria e nel sogno era stato leggermente distorto. Era poco probabile che si trattasse di una coincidenza; e restava un mistero per Delboeuf come egli avesse acquistato conoscenza del nome «Asplenium» del suo sogno. Questo sogno fu fatto nel 1862; sedici anni dopo, mentre il filosofo era in visita presso un amico, vide un piccolo album di fiori secchi, di quelli che si vendono ai turisti come ricordo in qualche regione della Svizzera. Un ricordo cominciò a delinearsi in lui; egli aprì l'erbario, trovò VAsplenium del suo sogno e vide il suo nome latino scritto sotto con la sua grafia. Ora poteva chiarire i precedenti. Nel 1860 (due anni prima del sogno delle lucertole) una sorella di questo stesso amico era andata a trovare Delboeuf durante la sua luna di miele. Aveva con sé l'album, che doveva essere un regalo per il fratello, e Delboeuf si prese la pena di scrivere il nome latino vicino ad ogni pianta essiccata sotto dettatura di un botanico. La buona fortuna, che rese preziosa la registrazione di questo esempio, permise a Delboeuf di riportare un'altra parte del contenuto del sogno alla sua fonte dimenticata. Un giorno, nel 1877, gli capitò per caso di prendere un vecchio volume di un periodico illustrato e vi trovò una fotografia di tutta la processione di lucertole che aveva sognato nel 1862. La data sul volume era del 1861 e Delboeuf ricordava di essere stato un abbonato del giornale dal suo primo numero. Il fatto che i sogni abbiano a disposizione certi ricordi che sono inaccessibili nella vita da svegli è così notevole e di tale importanza teorica che vorrei attirare ancora di più l'attenzione a riguardo riferendo qualche altro sogno «ipermnestico». Maury racconta che per qualche tempo la parola «Mussidan» continuava a venirgli in mente durante il giorno. Non ne sapeva niente, tranne che era il nome di una città francese. Una notte sognò che stava parlando con una persona che gli diceva di essere di Mussidan e che, quando gli chiese dove si trovasse, rispose che era una piccola città nel Dipartimento della Dor-dogna. Quando si svegliò, Maury non credeva all'informazione ricevuta nel sogno; tuttavia apprese da un dizionario geografico che era assolutamente esatta. In questo caso il fatto della superiore conoscenza in sogno veniva confermato, ma restava sconosciuta la fonte di quella conoscenza. Jessen riferisce un fatto molto simile verificatosi in un sogno di tempi molto lontani: «A questa categoria appartiene fra gli altri un sogno di Scaligero il vecchio (citato da Hennings) che scrisse un poema in lode degli uomini famosi di Verona. Gli apparve in sogno un uomo che disse di chiamarsi Brugnolus e si lamentò di essere stato trascurato. Sebbene Scaligero non potesse ricordarsi di averne mai sentito parlare, scrisse dei versi su di lui. Tempo dopo a Verona suo figlio apprese che un tale di nome Brugnolus era stato lì effettivamente celebre come critico». Il marchese d'Hervey de St. Denys, citato da Vaschide, descrive un sogno ipermnestico che presenta una particolare caratteristica: infatti fu seguito da un altro sogno che permise di riconoscere ciò che era stato un ricordo non identificato: «Una volta sognai una giovane donna bionda che parlava con mia sorella, mostrandole dei ricami. Mi sembrava molto familiare nel sogno e pensai di averla già vista spesso prima. Quando mi svegliai, ricordavo ancora chiaramente il suo viso, ma ero completamente incapace di riconoscerlo. Allora mi addormentai di nuovo e l'immagine del sogno si ripetè... Ma in questo secondo sogno io parlai alla bionda signora e le chiesi se non avevo già avuto il piacere di conoscerla da qualche parte. "Naturalmente" mi rispose, "non vi ricordate la spiaggia a Pornic?". Mi svegliai di nuovo immediatamente e fui in grado allora di ricordare con precisione tutti i dettagli associati con l'attraente visione del sogno». Lo stesso autore (ancora citato da Vaschide) racconta che un musicista di sua conoscenza una volta udì in sogno un motivo che gli sembrava completamente sconosciuto. Solo parecchi anni dopo trovò lo stesso motivo in un vecchio album di brani musicali, sebbene non potesse ancora ricordare di averlo mai sfogliato prima. Ho sentito dire che Myers ha pubblicato un'intera raccolta di sogni ipermnestici di questo tipo nei Procedimenti della Società delle Ricerche Psichiche; ma sfortunatamente sono per me inaccessibili. Credo che chiunque si interessi ai sogni non possa fare a meno di scoprire che molto frequentemente essi esprimono ricordi e conoscenze che il soggetto da sveglio è ignaro di possedere. Nel mio lavoro psicoanalitico con pazienti nevrotici, di cui parlerò in seguito, io sono in grado molte volte durante la settimana di provare ai pazienti, sulla base dei loro sogni, che conoscono veramente bene citazioni, parole oscene, ecc., e che le usano nei loro sogni, anche se le hanno dimenticate nella vita da svegli. Aggiungerò solo un altro semplice caso di ipermnesia in un sogno, a causa della grande facilità con la quale è stato possibile risalire alla fonte di quella conoscenza che era accessibile solo in sogno. Uno dei mei pazienti sognò, durante un sogno abbastanza lungo, che aveva ordinato una «Kontuszówka» in un bar. Dopo avermelo raccon-dato, mi chiese cosa fosse una «Kontuszówka», poiché non aveva mai sentito quella parola prima. Potei rispondergli che si trattava di un liquore polacco e che non poteva aver inventato il nome, dato che anche io avevo imparato a conoscerlo dai cartelli pubblicitari. Al principio non mi voleva credere, ma qualche giorno dopo, avendo realizzato il suo sogno in un bar, notò quel nome su un manifesto all'angolo di una strada che aveva dovuto percorrere almeno due volte al giorno per molti mesi. Io stesso ho notato nei miei sogni quanto sia una questione di casualità lo scoprire o meno le fonti dei singoli elementi di uno di essi. Così, appunto, per molti anni, prima di completare questo libro, ero perseguitato dall'immagine del campanile di una chiesa di forma molto semplice, che non riuscivo a ricordare di aver mai visto. Poi, improvvisamente, la riconobbi con assoluta certezza in una piccola stazione della linea tra Salisburgo e Reichenhall. Ciò accadeva durante la seconda metà del 1890 ed io avevo viaggiato su quella linea per la prima volta nel 1886. Negli anni successivi, quando già ero profondamente impegnato nello studio dei sogni, il frequente ricorrere nei miei dell'immagine di un luogo dall'aspetto particolarmente insolito divenne per me un vero fastidio. Vedevo alla mia sinistra, in una specifica relazione spaziale con la mia persona, uno spazio oscuro dal quale brillavano una quantità di grottesche figure di arenaria. Un debole ricordo, cui non volevo dare peso, mi diceva che era l'ingresso di una birreria. Ma non riuscii a scoprire il significato dell'immagine onirica né la sua origine. Nel 1907 mi trovai per caso a Padova, che, con sommo dispiacere, non ero riuscito a visitare dal 1895. La mia prima visita a quella deliziosa città universitaria era stata una delusione, perché non avevo potuto vedere gli affreschi di Giotto nella Madonna dell'Arena. A metà strada ero tornato indietro, poiché mi avevano detto che la cappella quel giorno era chiusa. Alla mia seconda visita, dodici anni dopo, decisi di colmare quella lacuna e per prima cosa mi diressi proprio verso la cappella dell'Arena. Sulla strada che vi conduceva, proprio alla mia sinistra, mentre camminavo, e probabilmente nel punto in cui avevo deciso di tornare indietro nel 1895, mi trovai nel luogo con le statue di arenaria che avevo visto tante volte nei miei sogni. Era effettivamente l'entrata al giardino di un ristorante. Una delle fonti dalle quali i sogni traggono il loro materiale per la riproduzione, materiale che in parte non è né ricordato né usato nell'attività mentale della vita da svegli, è l'esperienza infantile. Citerò solo alcuni degli autori che hanno notato e sottolineato questo fenomeno. Hildebrandt: «Ho già ammesso espressamente che i sogni a volte riportano alla nostra mente, con un eccezionale potere di riproduzione, eventi molto remoti e perfino dimenticati dei nostri primissimi anni di vita». Strümpell: «La situazione è ancora più notevole se consideriamo che a volte i sogni portano alla luce, dal di sotto dei più alti strati sotto i quali le prime esperienze della giovinezza vengono sepolte col passare degli anni, immagini di località particolari, cose o persone, completamente intatte e con tutta la loro originale freschezza. Ciò non è limitato alle esperienze che abbiano creato una viva impressione quando si sono verificate o che presentino un alto grado di importanza psichica, e che ritornano in un sogno come ricordi autentici dinanzi ai quali la mente cosciente si rallegrerà. Al contrario, la profondità della memoria nei sogni include anche immagini di persone, cose, località e fatti verificatisi durante l'infanzia, che non hanno mai avuto alcuna importanza psichica o più che un tenue grado di vivacità, o che in entrambi i casi hanno da tempo perduto ciò che potevano possedere e che di conseguenza sembrano completamente sconosciuti o estranei alla mente in sogno e al risveglio, finché le loro primissime origini non siano state scoperte». Volkelt: «È particolarmente di rilievo il fatto che tanto prontamente i ricordi dell'infanzia e della gioventù si inseriscano nei sogni. I sogni ci rammentano continuamente cose a cui abbiamo cessato di pensare e che da lungo tempo hanno perso importanza per noi». Poiché i sogni hanno a loro disposizione il materiale estratto dall'infanzia e poiché, come tutti sanno, tale materiale è per la maggior parte cancellato dalle lacune della nostra facoltà di memoria cosciente, queste circostanze danno origine a degli interessanti sogni ipermne-stici, dei quali farò ancora qualche altro esempio. Maury racconta che quando era bambino andava spesso da Meaux, che era la sua città natale, al paese vicino, Trilport, dove suo padre sovrintendeva alla costruzione di un ponte. Una notte sognò di trovarsi a Trilport e di giocare ancora una volta in una strada del paese. Un uomo che indossava una specie di uniforme gli si avvicinò; Maury gli chiese come si chiamasse ed egli rispose che il suo nome era C. e che era il guardiano del ponte. Maury si svegliò sentendosi piuttosto scettico sulla correttezza del ricordo e chiese ad una vecchia cameriera che era stata con lui fin dall'infanzia se poteva ricordare un nome simile. «Ma certo» fu la risposta, «era il guardiano del ponte quando vostro padre lo costruiva». Maury dà un altro esempio egualmente valido della precisione di un ricordo infantile emerso durante un sogno. Il sogno lo fece Monsieur F., che da piccolo viveva a Montbrison. Venticinque anni dopo aver lasciato il luogo natio, decise di rivedere la sua casa e alcuni amici di famiglia che non aveva più incontrato da allora. La notte prima della sua partenza sognò che era già a Montbrison e, nei dintorni della città, incontrò un gentiluomo che non conosceva e che gli disse di essere Monsieur T., un amico di suo padre. Il sognatore sapeva che da bambino aveva conosciuto qualcuno con quel nome, ma da sveglio non riusciva più a ricordarne l'aspetto. Pochi giorni dopo arrivò davvero a Montbrison, trovò la località che nel suo sogno gli era sembrata sconosciuta e vi incontrò un gentiluomo in cui riconobbe subito il Monsieur T. del sogno. Tuttavia la persona reale sembrava molto più vecchia di come gli era apparsa in sogno. A questo punto vorrei menzionare un mio sogno, nel quale ciò che doveva essere ricostruito non era un'impressione, bensì una relazione. Sognai un tale che nel sonno riconoscevo come il dottore della mia città natale. Il suo viso non era definito, ma si confondeva con l'immagine di un mio professore alle scuole secondarie, che ancora adesso incontro di tanto in tanto. Quando mi svegliai, non riuscii a scoprire il nesso fra questi due uomini. Tuttavia, feci delle indagini presso mia madre riguardo a questo dottore che risaliva ai primissimi anni della mia infanzia ed appresi che aveva un occhio solo. Anche il professore, la cui immagine aveva coperto quella del dottore nel sogno, aveva un occhio solo. Erano passati trentotto anni da quando avevo visto il dottore e, per quanto ne so, non ho mai pensato a lui da sveglio, anche se una cicatrice sul mio mento avrebbe potuto rammentarmi le sue cure. D'altra parte, un gran numero di autori asseriscono che nella maggior parte dei sogni si trovano elementi presi dagli ultimissimi giorni prima del sogno; e questo sembrerebbe un tentativo di controbilanciare il troppo peso dato al ruolo svolto dalle esperienze infantili nella vita onirica. Così Robert afferma perfino che i sogni normali prendono spunto in genere dalle impressioni dei giorni appena passati. Si può notare comunque che la teoria dei sogni costruita da Robert rende essenziale la ricerca delle impressioni più recenti e trascura quelle più lontane. In ogni caso, il fatto da lui asserito resta esatto ed io posso confermarlo con le mie stesse indagini. Lo scrittore americano Nelson ritiene che le impressioni più frequentemente impiegate in un sogno provengano da due o tre giorni prima del sogno, come se le impressioni del giorno immediatamente prima del sogno non siano abbastanza attenuate o remote. Molti scrittori, preoccupati di non lasciare dubbi sull'intima relazione che intercorre tra il contenuto del sogno e la vita da svegli, sono stati colpiti dal fatto che le impressioni che interessano intensamente i pensieri da svegli appaiono nei sogni solo dopo essere state messe da parte dall'attività mentale diurna. In tal modo, dopo la perdita di una persona cara, la gente in genere non la sogna nei primi tempi, mentre è abbattuta dal dolore. D'altra parte, uno degli studiosi più recenti, Miss Hallam, ha raccolto esempi per dimostrare il contrario, affermando così il diritto di ognuno di noi all'individualismo psicologico a questo riguardo. La scelta del materiale riprodotto rappresenta la terza caratteristica della memoria dei sogni, che è anche la più singolare ed incomprensibile. Infatti ciò che si ritiene degno di essere ricordato non è, come nella vita da svegli, solo ciò che è molto importante, ma, al contrario, ciò che è più indifferente ed anche insignificante. Su questo punto citerò gli autori che hanno espresso più segnatamente la loro meraviglia. Hildebrandt: «Infatti la cosa notevole è che i sogni traggono i loro elementi non dai fatti più importanti ed eccitanti, né dagli interessi profondi e stimolanti del giorno precedente, ma dai dettagli accidentali, dai frammenti senza importanza, si potrebbe dire, di quanto è stato sperimentato di recente o in un tempo più lontano. La perdita di un parente, che ci ha commosso profondamente e sotto la cui ombra immediata ci siamo addormentati a notte tarda, viene cancellata dalla nostra memoria, finché con il nostro primo momento di risveglio ritorna di nuovo con violenza angosciosa. D'altra parte un porro sulla fronte di uno sconosciuto incontrato per strada e al quale non abbiamo pensato una seconda volta dopo essergli passati davanti ha un importante ruolo da recitare nel nostro sogno...». Strümpell: «Ci sono casi in cui l'analisi del sogno mostra che alcuni suoi elementi sono davvero estratti dalle esperienze di uno o due giorni prima, ma si tratta di esperienze così insignificanti ed insulse dal punto di vista della coscienza sveglia che esse sono state dimenticate subito dopo essersi verificate. Esperienze di questo tipo includono, per esempio, commenti uditi per caso, o azioni di un'altra persona osservate senza attenzione, od occhiate fugaci a persone o cose, o frammenti disparati di ciò che uno ha letto ecc.». Havelock Ellis: «Le profonde emozioni della vita da svegli, le questioni ed i problemi sui quali concentriamo la nostra principale energia mentale volontaria in genere non si presentano subito alla coscienza del sogno. Per quanto riguarda l'immediato passato, soprattutto le impressioni più futili, incidentali e "dimenticate" della nostra vita giornaliera riappaiono nei nostri sogni. Quelle attività psichiche che sono sveglie più intensamente dormono più profondamente». Binz si serve effettivamente di questa particolare caratteristica della memoria nei sogni per esprimere la sua insoddisfazione riguardo alle spiegazioni dei sogni che egli stesso aveva sostenuto: «Ed il sogno naturale solleva problemi analoghi. Perché non sogniamo sempre le impressioni della memoria del giorno che abbiamo appena vissuto? Perché senza apparente motivo ci immergiamo spesso in un passato remoto e quasi estinto? Perché così spesso nei sogni la coscienza riceve l'impressione di immagini di memoria indifferenti, mentre le cellule del cervello, proprio quelle che portano i segni più marcati di ciò che è stato provato, giacciono per la maggior parte silenziose ed immobili, a meno che non siano state appena sollecitate in attività recente durante la vita da svegli?». È facile vedere come la notevole preferenza mostrata dalla memoria nei sogni per quegli elementi indifferenti e di conseguenza inosservati nella vita da svegli debba portare la gente a trascurare la relazione tra sogni e veglia e in ogni modo renda difficile dimostrare questa relazione in ogni caso particolare. E così miss Whiton Calkins, nello studio statistico dei suoi sogni e di quelli del suo collaboratore, notò che per 1'11 % del totale non c'era un nesso evidente con la vita da svegli. Hil-debrandt è senza dubbio nel giusto quando asserisce che dovremmo essere in grado di spiegare la genesi di ogni immagine onirica se dedicassimo abbastanza tempo e fatica a ricercare la sua origine. Egli parla di questo come di un compito «eccessivamente laborioso ed ingrato. Infatti in genere si finisce col tirar fuori ogni specie di fatti psichici senza alcun valore dai più remoti angoli della stanza della memoria, e col portare alla luce ancora una volta quei momenti del passato completamente indifferenti dall'oblio nel quale furono sepolti forse proprio nel momento in cui si verificarono». Posso solo rimpiangere che questo acuto autore si sia lasciato distogliere dal seguire il cammino che aveva questo inauspicato inizio; se lo avesse seguito, sarebbe arrivato proprio al centro della spiegazione dei sogni. Il modo in cui si comporta la memoria nei sogni è senza dubbio di grandissima importanza per qualsiasi teoria della memoria in generale. Ci insegna che «nulla che abbiamo posseduto mentalmente una volta può essere interamente perduto» (Scholz); o, come dice Delboeuf, «che qualsiasi impressione, anche la più insignificante, lascia una traccia inalterabile, che può rivivere». A questa conclusione siamo portati anche da molti fenomeni patologici della vita mentale. Determinate teorie, di cui parlerò in seguito, cercano di spiegare l'assurdità e l'incoerenza dei sogni con una dimenticanza parziale di ciò che conosciamo durante il giorno: se teniamo presente la straordinaria efficienza mostrata dalla memoria dei sogni, avremo la percezione della contraddizione che queste teorie implicano. Potremmo pensare che il fenomeno onirico si riduca interamente a quello della memoria; si potrebbe supporre che i sogni siano una manifestazione dell'attività riproduttiva che è al lavoro anche di notte ed è fine a se stessa. Ciò si ricollega ad affermazioni simili a quelle di Pilcz, secondo cui si può osservare una relazione fissa tra il tempo in cui avviene il sogno ed il suo contenuto; le impressioni del passato più remoto sarebbero riprodotte nei sogni del sonno profondo, mentre le impressioni più recenti apparirebbero verso il mattino. Ma opinioni simili sono intrinsecamente improbabili, data la posizione dei sogni nei confronti del materiale da ricordare. Strümpell giustamente rileva che i sogni non riproducono esperienze; essi fanno un passo in avanti, ma l'anello seguente della catena viene omesso o compare in forma alterata o viene sostituito da qualcosa di completamente estraneo. I sogni non portano più che frammenti di riproduzioni: e questa è una base così generale che vi si possono fondare delle conclusioni teoriche. E pur vero che ci sono dei casi eccezionali in cui il sogno ripete un'esperienza con la stessa completezza raggiungibile dalla memoria della veglia. Delboeuf racconta che un suo collega universitario fece un sogno che riproduceva in tutti i dettagli un incidente di carrozza che aveva avuto e in cui si era salvato quasi per miracolo. Miss Calkins riferisce due sogni il cui contenuto era la riproduzione esatta di un fatto del giorno precedente, ed io stesso avrò occasione in seguito di riportare un esempio che mi è capitato, di un'esperienza infantile riapparsa inalterata in un sogno (Esperienze successive mi spingono ad aggiungere che non succede affatto raramente che azioni semplici e insignificanti del giorno precedente siano ripetute in un sogno: per esempio, riempire un baule, preparare del cibo in cucina ecc. Nei sogni di questo genere il sognatore non sottolinea il contenuto del ricordo, ma la sua «realtà»: «Ho davvero fatto tutto ciò ieri».). (C) GLI STIMOLI E LE FONTI DEI SOGNIIl detto popolare «I sogni provengono dall'indigestione» ci aiuterà a capire cosa si intende per stimoli e fonti dei sogni. Dietro questi concetti c'è una teoria secondo la quale i sogni sarebbero il risultato di un disturbo del sonno: non avremmo sognato se qualcosa non ci avesse disturbato durante il sonno, ed il sogno è stato una reazione a quel disturbo. Gran parte della letteratura su questo argomento tratta delle discussioni sulle cause che provocano i sogni. Ovviamente il problema si è potuto porre solo quando i sogni sono diventati oggetto di indagini biologiche. Gli antichi, i quali credevano che i sogni fossero ispirati dagli dèi, non avevano bisogno di cercarne lo stimolo: i sogni emanavano dalla volontà di potenze divine o demoniache ed il loro contenuto derivava dalla sapienza o dai loro fini. La scienza si trovò immediatamente a dover spiegare se lo stimolo al sognare fosse sempre lo stesso o se ci potessero essere molti tipi di stimoli; e ciò rendeva necessario stabilire se la spiegazione delle cause dei sogni ricadesse nel campo della psicologia o piuttosto in quello della fisiologia. Sembra che le persone più autorevoli siano d'accordo nel presumere che le cause che disturbano il sonno, cioè le fonti del sognare, possano essere di molti tipi e che stimoli somatici ed eccitazioni mentali possano agire come istigatori di sogni. Tuttavia le opinioni differiscono largamente nella preferenza che dimostrano per l'una o l'altra fonte di sogni e nell'ordine di importanza che attribuiscono loro nella produzione dei sogni. Enumerando compiutamente le fonti dei sogni, se ne riconoscono quattro tipi, che possono anche essere impiegati per una classificazione dei sogni stessi: 1. eccitazioni sensoriali esterne (oggettive); 2. eccitazioni sensoriali interne (soggettive); 3. stimoli fisici interni (organici); 4. fonti di stimolo meramente psichiche. 1. Stimoli sensoriali esterni Il più giovane degli Striimpell, figlio del filosofo il cui libro sui sogni ci ha già dato varie informazioni sui loro problemi, ha pubblicato un resoconto, divenuto famoso, delle sue osservazioni su un paziente colpito da anestesia generale della superficie del corpo e paralisi di parecchi dei suoi organi sensori superiori. Se i pochi canali sensoriali di quest'uomo rimasti aperti venivano chiusi, egli si sarebbe addormentato. Ora, quando noi desideriamo addormentarci, generalmente cerchiamo di produrre una situazione simile a quella dell'esperimento di Strümpell. Chiudiamo infatti i nostri più importanti canali sensoriali, gli occhi, e cerchiamo di proteggere gli altri sensi da tutti gli stimoli e da qualsiasi modificazione degli stimoli che possa agire su di essi. A quel punto ci addormentiamo, anche se non sempre il nostro progetto si realizza. Non possiamo tenere gli stimoli separati dai nostri organi sensoriali, né possiamo completamente sospendere l'eccitabilità di tali organi. Il fatto che uno stimolo abbastanza potente ci possa svegliare in qualunque momento dimostra evidentemente che «perfino nel sonno la psiche è in costante contatto con il mondo extracorporeo». Gli stimoli sensori che ci raggiungono durante il sonno possono facilmente diventare fonti di sogni. Ora, c è un gran numero di questi stimoli, da quelli inevitabili che lo stesso stato di sonno comporta o deve sopportare di tanto in tanto, a quegli stimoli casuali che possono porre termine al sonno. Una luce viva può penetrare negli occhi, o un rumore si può far sentire, o qualche sostanza dall'odore penetrante può stimolare le mucose del naso. Con dei movimenti non intenzionali durante il sonno, possiamo scoprire qualche parte del corpo ed esporla a sensazioni di freddo, o con un cambiamento di posizione possiamo noi stessi procurarci sensazioni di pressione o contatto. Un moscerino può pungerci, o qualche piccolo incidente durante la notte agire su parecchi dei nostri sensi contemporaneamente. Degli osservatori attenti hanno raccolto tutta una serie di sogni dove c'è stata una tale corrispondenza tra lo stimolo notato al risveglio e una parte del contenuto del sogno, in cui è stato possibile identificare lo stimolo come fonte del sogno. Citerò da Jessen una raccolta di sogni di questo tipo, che possono essere ricondotti ad eccitazioni sensoriali oggettive, più o meno accidentali. «Ogni rumore percepito indistintamente desta corrispondenti immagini oniriche. 11 fragore di un tuono ci collocherà nel mezzo di una battaglia; il canto del gallo può trasformarsi nel grido di terrore di un uomo; il cigolio di una porta può produrre un sogno di ladri. Se la nostra coperta cade durante la notte, potremmo sognare di camminare nudi o di cadere nell' acqua. Se siamo stesi di traverso sul letto e spingiamo i nostri piedi al di là del bordo, possiamo sognare che siamo sull'orlo di uno spaventoso precipizio o che stiamo cadendo in un dirupo. Se la nostra testa per caso va a finire sotto il cuscino, sogniamo di essere sotto una gigantesca roccia che ci sovrasta e sta per seppellirci sotto il suo peso. L'accumularsi del seme porta sogni voluttuosi, dolori locali portano l'idea di maltrattamento; attacchi o ferite che ci vengono fatti in quel momento.... Meier sognò una volta di essere sopraffatto da alcune persone che lo stesero a terra sulla schiena e conficcarono nel terreno un palo tra il suo alluce e l'indice. Mentre immaginava tutto questo nel sogno, si svegliò e scoprì che un filo di paglia si era inserito fra le dita del suo piede. Un'altra volta, secondo Hennings, Meier chiuse la sua camicia troppo stretta intorno al collo e allora sognò che lo stavano impiccando. Hoffbauer sognò quando era giovane di cadere da un alto muro, poi quando si svegliò si accorse che la rete del letto aveva ceduto e che era veramente caduto a terra... Gregory racconta che una volta, mentre si riposava con i piedi su una bottiglia di acqua calda, sognò di avere scalato la cima del monte Etna e che in quel punto il terreno scottava in modo intollerabile. Un altro uomo, che dormiva con un cataplasma caldo sulla testa, sognò che un gruppo di Indiani lo stava scuoiando; mentre un terzo, che indossava una camicia umida, sognò di venir trascinato attraverso un torrente. Un attacco di gotta sopravvenuto improvvisamente durante il sonno fece credere al paziente di essere nelle mani dell'Inquisizione e di venir torturato. (Macnish)». L'argomentazione basata sull'affinità tra stimolo e contenuto del sogno troverebbe nuova conferma se fosse possibile procurare deliberatamente uno stimolo sensorio al dormiente e produrre quindi in lui un sogno corrispondente a quello stimolo. Secondo Macnish, citato da Jessen, esperimenti di questo genere erano già stati fatti da Girou de Buzareingues. «Lasciò il suo ginocchio scoperto e sognò che stava viaggiando di notte su una diligenza. Egli fa notare a questo proposito che i viaggiatori sapranno molto bene che le ginocchia di notte su una diligenza diventano fredde. Un'altra volta lasciò la sua testa scoperta e sognò che stava partecipando ad una cerimonia religiosa all'aria aperta. Infatti nel paese dove viveva era usanza portare sempre il capo coperto tranne che in simili circostanze». Maury riferisce alcune nuove osservazioni di sogni prodotti in se stesso. (Un buon numero di altri esperimenti non ebbe successo). 1. Gli vennero solleticate con una piuma le labbra e la punta del naso. Allora egli sognò una spaventosa tortura; gli veniva messa sul viso una maschera di pece e poi veniva tirata via, in modo da portare con sé anche la pelle. 2. Affilarono un paio di forbici su una pinza. Egli udì le campane risuonare, poi l'allarme, e si ritrovò nel giugno 1848. 3. Gli si fece annusare dell'acqua di colonia. Egli era al Cairo, nel negozio di Giovanni Maria Farina. Seguiva qualche assurda avventura che egli non riuscì a riferire. 4. Lo pizzicarono leggermente sul collo. Sognò che gli stavano dando un empiastro di senape e pensò al dottore che lo aveva curato da piccolo. 5. Gli avvicinarono un ferro rovente al viso. Sognò che gli chauf-feurs (Gli chauffeurs erano bande di fuorilegge nella Vandea, che si servivano del metodo di tortura qui descritto.) erano penetrati in casa e stavano costringendo gli abitanti a consegnare il denaro, immergendo i loro piedi nei bracieri di carbone rovente. Poi apparve la duchessa di Abrantès, di cui nel sogno egli era il segretario. 6. Lasciarono cadere una goccia d'acqua sulla sua fronte. Egli era in Italia e stava sudando abbondantemente mentre beveva vino bianco di Orvieto. 7. Fecero brillare ripetutamente su di lui la luce di una candela attraverso un foglio di carta rossa. Sognò che faceva caldo e si ritrovò nel bel mezzo di una tempesta di cui aveva già avuto esperienza nella Manica. Altri tentativi di produrre sperimentalmente dei sogni sono stati riferiti da Hervey de Saint-Denys, Weygandt e altri. Molti autori hanno commentato «la sorprendente facilità con la quale i sogni riescono ad immettere un'improvvisa impressione proveniente dal mondo dei sensi nelle loro proprie creazioni, in modo che sembri una catastrofe preparata prima e gradualmente costruita» (Hildebrandt). «Nella mia gioventù», continua l'autore, «mi servivo di una sveglia per alzarmi regolarmente ad un'ora prefissata. Mi deve essere accaduto centinaia di volte che il suono prodotto dallo strumento si inserisse in un sogno evidentemente lungo e coerente, come se tutto il sogno si fosse elaborato per quell'unico avvenimento e avesse raggiunto la sua fine prestabilita in un'acme logicamente indispensabile». Citerò poi con altri riferimenti tre di questi sogni connessi con una sveglia. Volkelt scrive: «Un compositore sognò una volta che stava facendo lezione e che stava cercando di chiarire un punto ai suoi scolari. Quando ebbe finito, si voltò verso uno dei ragazzi e gli chiese se avesse seguito. Il ragazzo gridò come un pazzo "Oh ja!". Egli cominciò a rimproverare aspramente il ragazzo per aver gridato, ma tutta la classe cominciò a urlare prima "Orja!", poi "Eurjo" e infine "Feuerjo!" (Le prime due esclamazioni sono prive di significato, la terza è la parola d'uso in lingua tedesca per gridare «al fuoco».). A questo punto si svegliò, perché stavano effettivamente gridando "Feuerjo!" nella strada». Garnier racconta che Napoleone fu svegliato dall'esplosione di una bomba mentre dormiva in una carrozza. Sognava che stava attraversando un'altra volta il Tagliamento sotto i bombardamenti austriaci, e alla fine si alzò di scatto con un urlo: «Siamo minati!». Un sogno fatto da Maury è diventato famoso. Era malato e stava a letto nella sua camera, la madre gli sedeva accanto. Il sogno era ambientato nel periodo del Terrore. Dopo aver assistito ad orribili scene di assassinio, fu egli stesso portato davanti al tribunale rivoluzionario. Là vide Robespierre, Marat, Fouquier-Tinville e il resto dei sinistri eroi di quei giorni terribili. Fu da loro interrogato e, dopo alcuni incidenti che non riuscì a trattenere nella memoria, fu condannato e condotto al luogo dell'esecuzione, circondato da una folla immensa. Salì faticosamente sul patibolo e fu legato alla tavola dal boia. Fu ribaltato, la lama della ghigliottina cadde, egli sentì la sua testa separata dal corpo, si svegliò in uno stato di ansia estrema e si accorse che la spalliera del letto era caduta e aveva colpito la sua vertebra cervicale proprio nel modo in cui la ghigliottina lo avrebbe colpito. Questo sogno fu la base di un'interessante discussione tra Le Lorrain e Egger nella «Revue philosophique». La questione sollevata era come e se fosse possibile al sognatore concentrare una quantità di materiale apparentemente così abbondante nel breve periodo che passa tra la percezione dello stimolo di risveglio e il risveglio stesso. Esempi di questo genere lasciano l'impressione che di tutte le fonti oniriche quelle più certe consistano negli stimoli sensori oggettivi che si verificano durante il sonno. In più, sono le uniche fonti prese in considerazione dai profani. Se si chiede ad un uomo colto, che non abbia dimestichezza con la letteratura dei sogni, in che modo questi si formino, risponderà certamente con un riferimento a qualche caso che ha sentito, in cui un sogno è stato spiegato da uno stimolo sensorio oggettivo scoperto dopo il risveglio. La ricerca scientifica comunque non può arrestarsi qui: essa prende spunto per ulteriori argomentazioni dal fatto che lo stimolo che agisce sui sensi durante il sonno non appare nel sogno nella sua forma reale, ma viene sostituito da qualche altra immagine che è in relazione con esso. Ma la relazione che collega lo stimolo del sogno che ne è il risultato è, per citare le parole di Maury, «una affinità, qualunque, che non è unica né esclusiva». Prendiamo in considerazione a riguardo tre sogni di Hildebrandt collegati ad una sveglia. La questione che essi sollevano è perché lo stesso stimolo avrebbe provocato tre sogni così differenti e perché avrebbe provocato questi piuttosto che altri. «Sognai allora che una mattina di primavera stavo passeggiando attraverso i campi verdeggianti, finché arrivai ad un villaggio vicino, dove vidi gli abitanti con indosso gli abiti migliori e con il messale sotto il braccio, che andavano in gruppi verso la chiesa. Naturale! Era domenica e la funzione del mattino sarebbe presto cominciata. Decisi di assistervi; ma prima, essendo accaldato per la camminata, andai nel cimitero che circondava la chiesa per rinfrescarmi. Mentre leggevo alcune delle epigrafi, udii il campanaro che si arrampicava sul campanile e lassù in cima vidi la campana del piccolo villaggio che avrebbe ora dato il segnale dell'inizio delle preghiere. Per un bel po' rimase lì sospesa senza movimento, poi cominciò a dondolare e all'improvviso il suo scampanio si fece sentire chiaro e penetrante, così chiaro e penetrante che mise fine al mio sogno. Ma era la mia sveglia che suonava. Ed ora un altro esempio. Era un bel giorno d'inverno e le strade erano sepolte dalla neve. Io avevo accettato l'invito per una passeggiata in slitta, ma dovetti aspettare molto tempo prima che la slitta arrivasse. Poi seguirono i preparativi per salirvi - la coperta di pelliccia fu stesa, il sacco per i piedi fu approntato - e alla fine mi sedetti al mio posto. Ma anche allora il momento della partenza fu ritardato finché una tirata di redini dette il segnale ai cavalli che attendevano. Quindi partirono e, per la scossa violenta, le campanelle della slitta cominciarono a tintinnare; e l'intensità del loro suono era tale che in un momento squarciò la rete sottile del mio sogno. E ancora una volta era solo il suono stridulo della sveglia. Ed ora ancora un terzo esempio. Vidi una cameriera che andava verso la stanza da pranzo portando alcune dozzine di piatti messi uno sull'altro. L'equilibrio della colonna di porcellana tra le sue braccia mi sembrò precario. "Fai attenzione", esclamai, "o farai cadere tutto il carico". L'inevitabile replica seguì di dovere: lei era abituata a quel tipo di lavoro, ecc. Intanto il mio sguardo ansioso seguiva la figura che avanzava. Poi, proprio come mi aspettavo, inciampò sulla soglia e le fragili stoviglie scivolarono e caddero rumorosamente, rompendosi in mille pezzi sul pavimento. Ma il rumore continuava incessante e presto non sembrò più un rumore di piatti; stava diventando il suono di un campanello, e il suono, come io ormai desto compresi, era solo quello della sveglia». Il motivo per cui la mente fraintende la natura degli stimoli sensori oggettivi nel sogno è stato spiegato analogamente da Strümpell e da Wundt: la mente riceve gli stimoli che la raggiungono durante il sonno in condizioni favorevoli alla formazione di illusioni. Un'impressione sensoria viene da noi riconosciuta e correttamente interpretata, cioè collocata nel gruppo di ricordi ai quali appartiene secondo le esperienze precedenti, nella misura in cui essa è abbastanza forte, chiara e duratura e se abbiamo a nostra disposizione un tempo sufficiente per considerare l'accaduto. Se queste condizioni non vengono soddisfatte, noi fraintendiamo l'oggetto che è la fonte dell'impressione: ce ne formiamo un'illusione. «Se uno cammina per l'aperta campagna ed ha una percezione indistinta di un oggetto distante, può credere al principio che sia un cavallo». Guardando più da vicino può credere che sia una mucca che riposa, e finalmente l'immagine si può risolvere definitivamente in un gruppo di persone sedute per terra. Le impressioni che la mente riceve dagli stimoli esterni durante il sonno sono di natura analogamente indistinta; e sulla loro base la mente forma illusioni, dal momento che l'impressione solleva un numero più o meno grande di immagini-ricordo e proprio attraverso queste acquista il suo valore psichico. Da quali dei molti gruppi di ricordi saranno tratte le corrispondenti immagini e quale dei possibili rapporti associativi entrerà in azione, sono problemi indeterminabili, secondo la teoria di Strümpell, e lasciati in un certo qual modo aperti alla decisione arbitraria della mente. A questo punto dobbiamo affrontare la scelta fra due alternative. Possiamo prendere come un dato di fatto che è impossibile seguire le leggi che governano la formazione dei sogni; e possiamo ugualmente astenerci dall'indagine sull'esistenza di altri fattori determinanti l'interpretazione da parte del sognatore dell'illusione provocata dall'impressione sensoria. O, d'altra parte, possiamo sospettare che lo stimolo sensorio che agisce sul dormiente abbia solo un ruolo modesto nella formazione del sogno, e che altri fattori determinino la scelta di immagini mnestiche che devono venir destate in lui. Infatti se esaminiamo i sogni di Maury prodotti sperimentalmente (che ho riferito in dettaglio proprio per questa ragione), siamo tentati di dire che l'esperimento in realtà spiega solo l'origine di uno degli elementi del sogno; il resto del contenuto sembra troppo indipendente e particolareggiato per poterlo spiegare unicamente con la necessità di adattarlo all'elemento introdotto artificialmente dall'esterno. In realtà si comincia ad avere dei dubbi sulla teoria dell'illusione e sul potere dell'impressione oggettiva di dare forma ai sogni quando si scopre che a volte quelle impressioni nei sogni sono soggette alle interpretazioni più strane e lontane. Per esempio, Simon racconta un sogno nel quale vide alcune figure gigantesche sedute a tavola e udì chiaramente il rumore terrorizzante prodotto dalle loro mascelle che sbattevano mentre masticavano. Quando si svegliò udì lo scalpitio di un cavallo che galoppava davanti alla sua finestra. Il rumore prodotto dagli zoccoli del cavallo può aver suggerito delle idee da un gruppo di ricordi connessi con i Viaggi di Gulliver, i giganti di Brobdingnag e il virtuoso Houynhnms - se posso arrischiare un'interpretazione senza l'aiuto del sognatore. Non è probabile allora che la scelta di un gruppo di ricordi così insoliti sia stata facilitata da motivi diversi dal solo stimolo oggettivo? (La presenza di figure gigantesche in un sogno offre basi per la supposizione che si tratti di qualche scena tratta dall'infanzia del sognatore. Tra l'altro, l'interpretazione data nel testo, che si riferisce a una reminiscenza dei Viaggi di Galliver, è un buon esempio di ciò che non deve essere un'interpretazione. L'interprete del sogno non deve dar libero sfogo al proprio ingegno, trascurando le associazioni del sognatore.) 2. Stimoli sensoriali interni (soggettivi) Nonostante tutte le obiezioni, bisogna ammettere che il ruolo delle eccitazioni sensoriali oggettive durante il sonno nel provocare i sogni rimane indiscutibile. E se tali stimoli per la loro natura e frequenza possono sembrare insufficienti a spiegare tutte le immagini oniriche, saremo incoraggiati a cercare altre fonti di sogni di funzione analoga. Non so quando è emersa per la prima volta l'idea di prendere in considerazione le eccitazioni soggettive interne dei sensi insieme agli stimoli sensori esterni. Tuttavia ciò si trova più o meno esplicitamente in tutte le più recenti discussioni sull'eziologia dei sogni. Wundt scrive: «Una parte essenziale hanno anche, io credo, nella produzione delle illusioni che si verificano nei sogni, le sensazioni soggettive, visive ed auditive, che da svegli conosciamo come zone informi di luminosità visibili quando il campo visivo è oscuro, come tintinnio o brusio alle orecchie, ecc. Particolarmente importanti tra queste sono le eccitazioni soggettive della retina. È in questo modo che si deve spiegare la notevole tendenza dei sogni a riunire davanti ai nostri occhi in gran numero oggetti simili o identici. Così vediamo davanti a noi numerosi uccelli o farfalle o pesci o perle colorate o fiori ecc. Così il pulviscolo luminoso del campo visivo oscuro prende una forma fantastica e i numerosi punti luminosi di cui è composto vengono inseriti nel sogno come un egual numero di immagini separate; e queste, a causa della loro mobilità, sono considerate come oggetti mobili. Questa è senza dubbio anche la base per spiegare la spiccata preferenza mostrata dai sogni per le immagini di animali di ogni specie: infatti la grande varietà di tali forme può adattarsi facilmente alla forma particolare assunta dalle immagini luminose soggettive». Come fonti di immagini oniriche, le eccitazioni sensoriali soggettive hanno il vantaggio evidente di non dipendere, come quelle oggettive, dal caso esterno. Esse sono disponibili, si potrebbe dire, quando sono necessarie per la spiegazione. Ma in confronto agli stimoli sensori oggettivi hanno lo svantaggio di essere poco o niente suscettibili di conferma come eccitatrici del sogno, laddove gli stimoli oggettivi lo sono attraverso l'osservazione e la verifica sperimentale. La principale evidenza a favore del potere delle eccitazioni sensoriali soggettive di generare i sogni è fornita da quelle che sono conosciute come «allucinazioni ipnagogiche», o, per usare il termine di Giovanni Müller, «fenomeni visuali immaginativi». Queste sono immagini, spesso molto vivide e rapidamente mutevoli, che appaiono abbastanza abitualmente a certe persone quando stanno per addormentarsi, e che possono restare anche per un certo tempo dopo che queste hanno riaperto gli occhi. Maury, che vi era notevolmente soggetto, ne ha fatto un esauriente esame (come fece Müller prima di lui) e sostiene la loro relazione ed anzi la loro identità con le immagini del sogno. Per produrle, dice Maury, è necessaria una certa passività mentale ed un rilassamento della tensione dell'attenzione. E sufficiente comunque cadere in uno stato letargico di questa specie non più di un secondo (se si ha la predisposizione necessaria) per avere un'allucinazione ipnagogica. Dopo di questa, ci si può svegliare di nuovo e il processo si può ripetere parecchie volte finché alla fine ci si addormenta. Maury scoprì che se allora si svegliava ancora una volta dopo un intervallo non troppo lungo, poteva individuare nel suo sogno le stesse immagini che avevano fluttuato davanti ai suoi occhi come allucinazioni ipnagogiche prima che si addormentasse. Così avvenne una volta che delle figure grottesche con facce distorte e strane acconciature lo tormentarono con insistenza estrema prima che si addormentasse e che egli ricordò di aver sognato dopo essersi svegliato. Un'altra volta, mentre soffriva la fame perché si era messo a dieta, ebbe una visione ipnagogica di un piatto e di una mano armata di forchetta che si serviva un po' del cibo dal piatto. Nel sogno che seguì egli sedeva a una tavola ben imbandita e udiva il rumore fatto dai commensali con le loro forchette. Ancora un'altra volta, addormentatosi con gli occhi irritati e doloranti, ebbe un'allucinazione ipnagogica di alcuni segni microscopici che poteva decifrare uno per uno con grandissima difficoltà; si svegliò un'ora più tardi e ricordò un sogno in cui c'era un libro aperto stampato a caratteri molto piccoli, che egli stava leggendo faticosamente. Possono anche verificarsi allucinazioni ipnagogiche uditive di parole, nomi ecc., allo stesso modo che le immagini visive, e possono poi essere ripetute in un sogno, proprio come l’ouverture annuncia i motivi principali che si sentiranno nell'opera che segue. G. Trumbull Ladd, un osservatore più recente di allucinazioni ipnagogiche, ha seguito le stesse direttive di Müller e Maury. Con un po' di esercizio egli fu in grado di svegliarsi improvvisamente senza aprire gli occhi, dai due ai cinque minuti dopo essersi gradatamente addormentato. Egli poteva così confrontare le sensazioni della retina che andavano dileguandosi e le immagini oniriche che restavano nella sua memoria. Egli afferma che era possibile in ogni caso riconoscere una relazione interna tra le due, poiché i punti luminosi e le linee della luce propria della retina fornivano quasi un disegno di contorno o uno schema delle figure percepite mentalmente nel sogno. Per esempio, una disposizione dei punti luminosi in linee parallele nella retina corrispondeva ad un sogno nel quale aveva visto, chiaramente disposte davanti a lui, delle righe stampate che era impegnato a leggere. Ora, per dirla con le sue parole, «la pagina chiaramente stampata che stavo leggendo nel sogno si sbiadì in un oggetto che appariva alla mia coscienza sveglia come la sezione di una vera e propria pagina di stampa, se visto attraverso un foro ovale in un foglio di carta, ad una distanza troppo grande per distinguere più che un frammento di parola, e anche quello confuso». Ladd è dell'opinione (anche se non sottovaluta l'importanza dei fattori centrali o cerebrali del fenomeno) che quasi nessun sogno nasca senza la partecipazione del materiale fornito dall'eccitazione interoculare della retina. Ciò si applica particolarmente ai sogni che si fanno subito dopo essersi addormentati in una stanza buia, mentre la fonte di stimolo per i sogni che si fanno al mattino prima del risveglio è la luce oggettiva che penetra negli occhi in una stanza che si sta rischiarando. Il carattere mutevole, che si sposta continuamente, dell'eccitazione della luce propria della retina corrisponde proprio alle successioni di immagini sempre in movimento che ci mostrano i nostri sogni. Chiunque dia credito a queste osservazioni di Ladd non sottovaluterà l'importanza di queste fonti soggettive di stimolo dei sogni, poiché, come sappiamo, le immagini visive costituiscono la principale componente dei nostri sogni. I contributi degli altri sensi, tranne l'udito, sono discontinui ed insignificanti. 3. Stimoli fisici, interni, organici Poiché siamo ora impegnati nella ricerca di fonti di sogni dentro l'organismo invece che fuori, dobbiamo tenere presente che quasi tutti i nostri organi interni, anche se in stato di salute raramente danno notizia delle loro attività, diventano una fonte di sensazioni per lo più dolorose quando sono in quello che chiamiamo stato di eccitazione o durante le malattie. Queste sensazioni devono essere equiparate agli sintomi sensori o dolorosi che ci vengono dall'esterno. Per esempio, l'esperienza di secoli è racchiusa nel commento di Strümpell sull'argomento: «Durante il sonno la mente raggiunge una coscienza sensoria dei fatti fisici molto più profonda ed ampia che da sveglia. E costretta a ricevere e sopportare le impressioni di stimoli provenienti da parti del corpo e da cambiamenti nel corpo, di cui da sveglia è completamente ignara». Uno scrittore così antico quale è Aristotele considerava abbastanza probabile il fatto che i sintomi di una malattia si avvertissero nei sogni, prima che si potessero notare nella vita da svegli, e questo grazie all'ingrandimento prodotto dai sogni sulle impressioni. Anche gli autori medici, che erano certamente lontani dal credere al potere profetico dei sogni, non hanno messo in dubbio il loro significato di premonitori di malattie. (Vedi Simon e molti altri autori antichi) (Oltre al valore diagnostico attribuito ai sogni (per esempio, nelle opere di Ippocra-te), bisogna tenere presente la loro importanza terapeutica nell'antichità. In Grecia c'erano gli oracoli onirici, che venivano regolarmente consultati dai pazienti in cerca di guarigione. L'ammalato entrava nel tempio di Apollo o Esculapio dove si sottoponeva a riti di purificazione, durante i quali veniva lavato, massaggiato e profumato d'incenso finché, giunto a uno stato di esaltazione, veniva disteso su una pelle di ariete sacrificato. Poi si addormentava e sognava i rimedi per la sua malattia. Questi gli venivano rivelati nella loro forma naturale o in simboli e immagini che dovevano essere interpretati dai sacerdoti.). Sembra che degli esempi del potere diagnostico dei sogni siano stati testimoniati in tempi più recenti. Per esempio, Tissié cita da Artigues la storia di una donna quarantatreenne che, mentre apparentemente era in perfetta salute, fu per anni tormentata da sogni angosciosi; esaminatala, i medici trovarono in lei i primi stadi di un'affezione cardiaca, della quale infine morì. Dei disordini avanzati degli organi interni ovviamente agiscono da eccitatori di sogni in un gran numero di casi. La frequenza di sogni angosciosi nelle malattie di cuore e dei polmoni è generalmente riconosciuta. In realtà questo aspetto della vita onirica è stato sottolineato da tante autorità di cui mi limito a citare la letteratura relativa: Rade-stock, Spitta, Maury, Simon, Tissié. Tissié è perfino dell'opinione che il particolare organo colpito dia un'impronta caratteristica al contenuto del sogno. Così i sogni degli ammalati di cuore sono generalmente brevi e hanno una fine terrificante al momento del risveglio; il loro contenuto include in genere una situazione che implica una terribile morte. Le persone che soffrono di malattie ai polmoni sognano soffocamenti, affollamenti, fughe, e sono notevolmente soggetti al noto incubo di soffocamento. (Si può rilevare, a proposito, che Borner è riuscito a provocare quest'ultimo caso sperimentalmente, giacendo a faccia in giù e coprendo gli orifizi respiratori). Nel caso di disturbi digestivi i sogni contengono idee connesse con il godimento del cibo o con la nausea. Infine l'influenza dell'eccitazione sessuale sul contenuto dei sogni può essere sufficientemente apprezzata da tutti per esperienza diretta e sostiene con il più valido appoggio la teoria che i sogni siano provocati da stimoli organici. Inoltre chiunque legga la letteratura sull'argomento noterà che alcuni autori, come Maury e Weygandt, sono stati portati a studiare i problemi dei sogni dall'effetto delle loro proprie malattie sul contenuto dei loro sogni. Tuttavia, anche se questi fatti sono assodati al di là di ogni dubbio, la loro importanza per lo studio delle fonti dei sogni non è così grande come si poteva sperare. I sogni sono fenomeni che capitano alle persone sane, forse a tutti, forse ogni notte, ed è ovvio che le malattie organiche noti possono essere considerate tra le condizioni indispensabili. E quello che ci interessa non è la fonte di alcuni sogni speciali, ma l'origine dei sogni ordinari delle persone normali. Dobbiamo solo fare un passo avanti, comunque, per arrivare ad una fonte di sogni più abbondante di tutte le altre finora considerate, una fonte che in realtà sembra inesauribile. Se è assodato che l'interno del corpo quando è in stato di malattia diventa una fonte di stimoli per i sogni, e se ammettiamo che durante il sonno la mente, estraniata dal mondo esterno, può prestare maggiore attenzione all'interno del corpo, allora sembra plausibile supporre che gli organi interni non abbiano bisogno di essere malati per provocare delle eccitazioni che raggiungano la mente addormentata: eccitazioni che sono poi in qualche modo trasformate in immagini oniriche. Quando siamo svegli siamo consapevoli di una diffusa sensibilità generale, ma solo come una vaga qualità del nostro stato d'animo; secondo l'opinione medica tutti i sistemi organici contribuiscono a formare questa sensazione, che, di notte, acquistando una potente influenza e agendo attraverso le sue varie componenti, diventa la fonte più forte o comune di immagini oniriche. Se questo è esatto, resta solo da indagare secondo quali leggi gli stimoli organici si trasformano in immagini oniriche. Abbiamo ora raggiunto la teoria dell'origine dei sogni preferita dalle autorità mediche. L'oscurità che nasconde il nucleo del nostro essere alla nostra conoscenza (il «moi splanchnique», come lo chiama Tissié) e l'oscurità che circonda l'origine dei sogni coincidono troppo bene per non essere messe in relazione. La corrente di pensiero che considera le sensazioni vegetative organiche come costruttrici di sogni presenta un altro fascino particolare per i medici, poiché permette una singola eziologia per i sogni e le malattie mentali, le cui manifestazioni hanno tanto in comune; infatti i mutamenti dei sentimenti comuni e gli stimoli provenienti dagli organi interni sono considerati ampiamente responsabili dell'origine delle psicosi. Non c'è da sorprendersi quindi se la teoria degli stimoli somatici è sorta da più fonti indipendenti l'una dall'altra. L'argomentazione sviluppata dal filosofo Schopenhauer nel 1851 ha avuto un'influenza decisiva su un gran numero di autori. La nostra visione del mondo, secondo lui, il nostro intelletto la raggiunge prendendo le impressioni che agiscono su di sé dall'esterno e riplasmandole in forme di tempo, spazio e causalità. Durante il giorno, gli stimoli provenienti dall'interno dell'organismo, dal sistema nervoso simpatico, esercitano tutt'al più un effetto inconscio sul nostro umore. Ma di notte, quando non siamo più assordati dalle impressioni del giorno, quelle che provengono dall'interno possono attirare l'attenzione - proprio come di notte possiamo udire il mormorio di un ruscello che è sommerso dai rumori di giorno. Ma come dovrebbe l'intelletto reagire a questi stimoli, se non compiendo la propria funzione particolare su di essi? Gli stimoli vengono dunque rimodellati in forme che occupano spazio e tempo e che obbediscono alle leggi della causalità, e così nasce il sogno. Scherner e dopo di lui Volkelt cercarono di studiare in dettaglio la relazione tra gli stimoli fisici e le immagini oniriche, ma mi riservo di fare le mie osservazioni su questi tentativi nella parte concernente le varie teorie sui sogni. Lo psichiatra Krauss, in un'indagine condotta con notevole coerenza, riporta l'origine dei sogni, dei deliri e delle allucinazioni allo stesso elemento, cioè alle sensazioni organicamente determinate. È quasi impossibile trovare qualche parte del corpo che non possa essere il punto di partenza di un sogno o di una allucinazione. Le sensazioni determinate organicamente «possono essere divise in due classi: 1, quelle che costituiscono l'umore generale (la sensibilità generale), e 2, le sensazioni specifiche immanenti nei principali sistemi della vita vegetativa. Tra queste ultime si distinguono cinque gruppi: a, sensazioni muscolari, b, respiratorie, e, gastriche, d, sessuali, e, periferiche». Il processo attraverso il quale le immagini oniriche sorgono sulla base degli stimoli fisici è per Krauss il seguente: la sensazione destata evoca un'immagine affine, secondo qualche legge associativa, e si combina con essa in una struttura organica, di fronte alla quale comunque la coscienza reagisce in modo anormale. Infatti essa non presta attenzione alla sensazione, ma si dedica tutta alle immagini che l'accompagnano; il che spiega perché la realtà è stata così a lungo fraintesa. Krauss dà anche un termine preciso a questo processo: la «transustanziazione» delle sensazioni in immagini oniriche. L'influenza degli stimoli fisici organici sulla formazione dei sogni è oggi quasi universalmente accettata; ma la questione delle leggi che regolano il loro rapporto viene spiegata in molti modi diversi e spesso anche con spiegazioni oscure. Partendo dalla teoria dell'eccitazione fisica, deve affrontare il problema particolare di ricondurre il contenuto del sogno agli stimoli organici che lo hanno provocato; e, se non si accettano le regole per l'interpretazione esposte da Scherner, ci si trova davanti allo strano fatto che l'unica cosa che riveli l'esistenza dello stimolo organico è proprio lo stesso contenuto dei sogni. C'è un certo accordo invece sull'interpretazione di varie forme di sogni descritte come «tipiche», poiché si verificano presso un gran numero di persone e con un contenuto molto simile. Tali sono i noti sogni del cadere da una altura, dei denti che cadono, del volare, dell'imbarazzo di essere nudi o poco vestiti. Quest'ultimo sogno è attribuito semplicemente all'accorgersi del dormiente di aver gettato via le coperte nel sonno e di giacere scoperto. Il sogno dei denti che cadono è ricondotto ad uno «stimolo dentale», senza che l'eccitazione dei denti però sia necessariamente patologica. Secondo Strümpell, il sogno di volare rappresenta l'immagine impiegata dalla mente come interpretazione dello stimolo prodotto dal sollevarsi ed abbassarsi dei lobi dei polmoni, quando la sensibilità cutanea del torace ha cessato di essere cosciente: è quest'ultima circostanza che dà la sensazione collegata all'idea del volare. Si dice che il sogno del cadere da un'altura sia dovuto ad un braccio che pende dal corpo o ad un ginocchio flesso che si estende improvvisamente, quando la sensibilità cutanea di pressione non è più cosciente; i movimenti in questione fanno diventare le sensazioni tattili di nuovo coscienti e il passaggio alla consapevolezza è rappresentato psichicamente dal sogno di cadere. L'ovvia debolezza di questi pur plausibili tentativi di spiegazione sta nel fatto che, senza alcun motivo apparente, possono fare successive ipotesi sull'inserimento o sulla scomparsa di questo o quel gruppo di sensazioni organiche dalla percezione mentale, finché si raggiunge una costellazione che affronta la spiegazione del sogno. Avrò in seguito occasione di ritornare sulla questione dei sogni tipici e della loro origine. Confrontando una serie di sogni simili, Simon ha cercato di dedurne alcune delle regole secondo le quali gli stimoli organici determinano i sogni. Egli afferma che se un apparato organico, che normalmente ha importanza nell'espressione di un'emozione, è portato da qualche causa estranea durante il sonno in quello stato di eccitazione generalmente prodotto dall'emozione stessa, allora il sogno conterrà immagini appropriate all'emozione in questione. Un'altra regola dice che se durante il sonno un organo è in uno stato di attività, eccitazione o disturbo, il sogno produrrà immagini riferite all'esecuzione della funzione svolta da tale organo. Mourly Vold ha voluto provare sperimentalmente in un campo specifico l'effetto sulla produzione dei sogni asserito dalla teoria dell'eccitazione organica. I suoi esperimenti consistevano nel mutare la posizione delle membra del dormiente e confrontare i sogni risultanti con i cambiamenti fatti. I suoi risultati sono così enunciati: 1. La posizione di un arto nel sogno corrisponde approssimativamente alla sua posizione nella realtà, cioè sogniamo la posizione dell'arto corrispondente a quella reale. 2. Se sogniamo un arto che si muove, allora una delle posizioni assunte per completare il movimento corrisponde invariabilmente alla posizione reale dell'arto. 3. La posizione dell'arto del sognatore può essere attribuita nel sogno a qualche altra persona. 4. Si può sognare che il movimento in questione venga impedito. 5. L'arto che si trova nella posizione in questione può sembrare nel sogno un animale o un mostro, nel qual caso si stabilisce tra i due una certa analogia. 6. La posizione dell'arto può far sorgere nel sogno pensieri che siano in qualche relazione con l'arto. Così, se si tratta di dita, sogniamo numeri. Sono portato a concludere da tali risultati che anche la teoria dell'eccitazione fisica non è riuscita a risolvere completamente l'apparente assenza di determinazione della scelta delle immagini oniriche da riprodurre. 4. Fonti di eccitazione psichiche Quando ci siamo occupati della relazione tra i sogni, la vita da svegli e la fonte del materiale onirico, abbiamo notato che i più antichi e i più recenti studiosi di sogni sono concordi nell'opinione che gli uomini sognano quello che fanno durante il giorno e quello che interessa loro mentre sono svegli. Un tale interesse, portato dalla vita da svegli nel sonno, sarebbe un legame psichico tra i sogni e la vita e ci fornirebbe un'ulteriore e non disprezzabile fonte di sogni. E in realtà, insieme agli interessi che sviluppano durante il sonno gli stimoli che agiscono sul dormiente, essa dovrebbe essere sufficiente a spiegare l'origine di tutte le immagini oniriche. Ma abbiamo anche udito l'opinione contraria, cioè che i sogni distolgono il dormiente dagli interessi del giorno e che in genere cominciamo a sognare le cose che ci hanno colpito durante il giorno solo quando hanno perduto l'attrattiva dell'attualità nella vita da svegli. Così, ad ogni passo che facciamo nella nostra analisi della vita onirica, sentiamo che è impossibile fare delle generalizzazioni senza ricorrere ad espressioni come «spesso», «in genere», o «nella maggior parte dei casi», e senza essere preparati ad ammettere la validità delle eccezioni. Se fossimo certi che gli interessi che abbiamo da svegli, insieme agli stimoli interni ed esterni del sonno, sono sufficienti ad esaurire l'eziologia dei sogni, dovremmo essere in condizioni di dare una soddisfacente spiegazione dell'origine di ogni elemento del sogno: l'enigma delle fonti dei sogni sarebbe risolto e resterebbe solo da definire la parte svolta rispettivamente dagli stimoli psichici e fisici in ogni singolo sogno. In realtà non è mai stata raggiunta una spiegazione così completa, e chiunque ci abbia provato ha trovato delle parti (generalmente molto numerose) del sogno, sulla cui origine non ha potuto dire nulla. Gli interessi del giorno non sono evidentemente fonti psichiche di sogni di così grande influenza, come ci si potrebbe aspettare dall'affermazione categorica che ognuno porta con sé nei sogni gli affari giornalieri. Non si conoscono altre fonti psichiche di sogni. Da ciò deriva che tutte le spiegazioni dei sogni date dalla letteratura sull'argomento -con l'eccezione probabile di quella di Scherner, che tratteremo più avanti - lasciano una grande lacuna quando si deve assegnare un'origine alle immagini rappresentative che costituiscono il materiale più caratteristico dei sogni. In questa situazione imbarazzante la maggior parte degli autori sono portati a ridurre al minimo il ruolo svolto dai fattori psichici nel provocare i sogni, dal momento che tali fattori sono così inaccessibili. È vero che essi dividono i sogni in due classi principali: quelli «dovuti a eccitazione nervosa» e quelli «dovuti ad associazione», gli ultimi dei quali hanno la loro fonte esclusiva nella riproduzione di materiale già sperimentato (Wundt). Tuttavia non possono eliminare il dubbio «se un sogno si manifesterebbe anche senza essere provocato da uno stimolo fisico» (Volkelt). È difficile descrivere anche i sogni meramente associativi: «Nei sogni associativi veri e propri non si può parlare di un nucleo così solido (derivante da eccitazione fisica). Perfino la parte più centrale del sogno è messa insieme senza coesione. I processi immaginativi, che in qualsiasi sogno non sono guidati dalla ragione o dal senso comune, qui non sono nemmeno più tenuti insieme da eccitazioni fìsiche o psichiche relativamente importanti, e sono così abbandonati ai loro mutamenti caleidoscopici e alla loro confusione». Anche Wundt cerca di minimizzare il fattore psichico nella provocazione dei sogni, asserendo che nulla giustifica il considerare i fantasmi dei sogni come pure allucinazioni; la maggior parte delle immagini oniriche sono probabilmente in realtà delle illusioni, poiché provengono da deboli impressioni sensorie, che non cessano mai durante il sonno. Weigandt ha adottato la stessa opinione e ne ha resa generale l'applicazione. Egli afferma di tutte le immagini oniriche che «le loro cause primarie sono gli stimoli sensori e che solo più tardi vi si collegano le associazioni riproduttive». Tis-sié va più oltre nel porre un limite alle fonti di stimolo psichiche: «I sogni di origine meramente psichica non esistono»; e «i pensieri dei nostri sogni ci vengono dall'esterno ...». Quegli autori, come l'eminente filosofo Wundt, che prendono una Posizione intermedia, non mancano di notare che nella maggior parte dei sogni gli stimoli fisici e gli stimoli psichici (sia riconosciuti che sconosciuti come interessi del giorno) lavorano in cooperazione. Scopriremo in seguito che l'enigma della formazione dei sogni si può risolvere attraverso la rivelazione di un'insospettata fonte di eccitazione psichica. Nel frattempo non ci meraviglieremo per la sopravvalutazione del ruolo svolto da quegli stimoli non provenienti dalla vita mentale nella formazione dei sogni. Infatti, non solo essi possono essere scoperti facilmente e perfino confermati sperimentalmente, ma la visione somatica dell'origine dei sogni è perfettamente allineata alla corrente di pensiero prevalente al giorno d'oggi in psichiatria. E vero che il dominio del cervello sull'organismo viene asserito con apparente sicurezza, ma tutto ciò che potrebbe dimostrare che la vita psichica è in qualunque modo indipendente da mutamenti organici dimostrabili, o che le sue manifestazioni sono in qualche modo spontanee, allarma il moderno psichiatra, come se il riconoscimento di tali cose dovesse riportarci inevitabilmente ai giorni della Filosofia della Natura e della visione metafisica della natura della mente. I sospetti degli psichiatri hanno messo, per così dire, la mente sotto tutela ed ora insistono che nessuno dei suoi impulsi può suggerire dei mezzi indipendenti. Questo loro comportamento mostra solo quanta poca fiducia abbiano realmente nella validità di una relazione causale tra l'elemento somatico e quello mentale. Anche quando l'indagine mostra che la causa primaria di eccitazione di un fenomeno è psichica, una ricerca più approfondita andrà più lontano e un giorno scoprirà una base organica per il fatto mentale. Ma se al momento non possiamo vedere al di là dell'elemento mentale, non è una buona ragione per negare la sua esistenza. (D) PERCHÉ I SOGNI SI DIMENTICANO DOPO IL RISVEGLIOÈ proverbiale che i sogni svaniscano al mattino. Possono naturalmente essere ricordati; infatti noi conosciamo i sogni per il ricordo che ne abbiamo quando siamo svegli. Ma spesso abbiamo l'impressione di aver ricordato il sogno solo in parte, e che fosse più lungo di notte; si può notare anche che il ricordo di un sogno, ancora vivo al mattino, si dileguerà durante il giorno, tranne pochi frammenti; spesso sappiamo di avere sognato, senza sapere che cosa abbiamo sognato; ci è così noto il fatto che i sogni possono essere dimenticati che non vediamo alcuna assurdità nella possibilità di aver sognato durante la notte e al mattino non essere consapevoli del contenuto del sogno o perfino di aver sognato. D'altra parte, accade a volte che i sogni mostrino una straordinaria persistenza nella memoria. Tra i miei pazienti ho analizzato sogni che avevano fatto venticinque e più anni prima; ed io stesso ricordo un mio sogno di almeno trentasette anni fa e tuttavia più fresco che mai nella mia memoria. Tutto ciò è assai strano e non immediatamente comprensibile. Strumpell ha fatto l'esposizione più dettagliata sul dimenticare i sogni. È evidentemente un fenomeno complesso, poiché Strumpell lo riporta non a una singola causa, ma a tutta una serie di cause. In primo luogo, tutte le cause che provocano dimenticanze nella vita da svegli agiscono anche sui sogni. Quando siamo svegli dimentichiamo regolarmente innumerevoli sensazioni e percezioni, perché erano troppo deboli o perché l'eccitazione mentale conseguente era insufficiente. Lo stesso vale per molte immagini oniriche: vengono dimenticate perché troppo deboli, mentre le immagini più forti che sono accanto a loro vengono ricordate. Del resto, il fattore intensità non è certo di per sé sufficiente a determinare che un'immagine onirica sia ricordata. Strümpell ammette, e con lui altri autori, che spesso dimentichiamo immagini oniriche che erano molto vivide, mentre tratteniamo nella memoria un gran numero di immagini confuse e insignificanti. Inoltre, quando siamo svegli, siamo portati a dimenticare facilmente un avvenimento che si verifica una volta sola e a ricordare più prontamente ciò che può essere percepito ripetutamente. Ora, la maggior parte delle immagini oniriche sono esperienze uniche; questa caratteristica contribuirà imparzialmente a farci dimenticare tutti i sogni. Maggiore importanza si deve attribuire alla terza causa del dimenticare. Affinché sensazioni, idee, pensieri, e così via, raggiungano un certo grado di suscettibilità di ricordo, è essenziale che non rimangano isolati, ma che vengano disposti in concatenazioni appropriate e raggruppamenti. Se un breve verso viene diviso nelle sue parole componenti e queste vengono mischiate, diventa molto difficile ricordare. «Se le parole vengono disposte in modo appropriato e messe in ordine logico, una parola aiuterà l'altra, e il tutto, fornito di significato, sarà facilmente ricordato per lungo tempo. È in genere altrettanto difficile ed insolito ricordare ciò che non ha senso, quanto ricordare ciò che è confuso e disordinato». Ma i sogni in genere sono privi di intelligibilità e ordine. Le composizioni che costituiscono i sogni sono prive di quelle qualità che renderebbero possibile ricordarli e vengano dimenticate perché in genere si scompongono un momento dopo. Radestock comunque sostiene che i sogni più strani vengano meglio ricordati, e questo, bisogna ammetterlo, non collima certo con quanto è stato detto. Strümpell ritiene che certi altri fattori derivanti dalla relazione tra i sogni e la vita da svegli siano di importanza ancora più grande nel causare la dimenticanza dei sogni. La facilità con la quale i sogni vengono dimenticati dalla coscienza della veglia è evidentemente solo una conseguenza del fenomeno prima menzionato, cioè che i sogni non prendono quasi mai ricordi ordinati dalla vita da svegli, ma solo dettagli, che strappano dal contesto psichico nel quale essi sono ricordati da svegli. Perciò la composizione del sogno non trova posto tra le serie psichiche che riempiono la mente. Niente può aiutarci a ricordarla. «In questo modo le strutture oniriche sono quasi sollevate dal terreno della nostra vita psichica e vagano nello spazio psichico come nuvole in cielo, disperse dal primo soffio di vento» (Strümpell). In più, dopo il risveglio, il mondo dei sensi incalza e s'impossessa dell' attenzione con una forza cui poche immagini oniriche possono resistere; cosicché anche qui c'è un elemento che si muove nella stessa direzione. I sogni cedono il posto davanti alle impressioni di un nuovo giorno come lo splendore delle stelle cede alla luce del sole. Ed infine, un altro fattore che probabilmente porta alla dimenticanza dei sogni è lo scarso interesse che la gente ha per i propri sogni. Chiunque, conducendo ricerche scientifiche, presti attenzione ai sogni per un determinato periodo di tempo, sognerà più del solito, il che vuol dire che ricorderà i sogni con più facilità e frequenza. Due ulteriori motivi della dimenticanza dei sogni, aggiunti, secondo Benini, da Bonatelli a quelli menzionati da Strümpell, sembrano in realtà compresi in questi ultimi: cioè, (1) che l'alterazione della sensibilità generale tra sonno e veglia non è favorevole alla loro riproduzione reciproca; (2) e che la differente disposizione del materiale rappresentativo nei sogni li rende quasi intraducibili alla coscienza da svegli. Date tutte queste ragioni favorevoli alla dimenticanza dei sogni, è in realtà notevole, come lo stesso Strümpell ripete, che così tanti sogni vengano trattenuti nella memoria. I ripetuti tentativi degli autori di determinare i princìpi che regolano il ricordo dei sogni valgono ad ammettere che anche qui siamo di fronte a qualcosa di complicato e di non spiegato. Recentemente sono state sottolineate giustamente alcune particolari caratteristiche del ricordo dei sogni (cfr. Radestock e Tissié), come il fatto che un sogno apparentemente dimenticato al mattino può essere ricordato durante il giorno, se il suo contenuto, anche se dimenticato, venga colpito da qualche percezione casuale. Ma il ricordo dei sogni in genere è aperto ad un'obiezione che inevitabilmente ne riduce il valore dinanzi all'opinione critica. Dal momento che una così grande proporzione di sogni viene perduta completamente, non possiamo fare a meno di dubitare che il nostro ricordo falsifichi ciò che ne rimane. Anche Strümpell ha espresso dubbi sull'esattezza della riproduzione dei sogni: «Infatti può facilmente accadere che la coscienza della veglia faccia involontariamente delle interpolazioni nel ricordo del sogno: ci convinciamo di aver sognato delle cose che in realtà non erano affatto contenute nei nostri sogni». Jessen scrive in proposito con particolare enfasi: «Inoltre, nell'indagine e nell'interpretazione di sogni coerenti e logici, viene data poca importanza, secondo me, ad una particolare circostanza. In tali casi la verità è quasi sempre oscurata dal fatto che, quando ricordiamo sogni di questo tipo, quasi sempre, senza intenzione e senza notarlo, riempiamo le lacune nelle immagini del sogno. Raramente o mai succede che un sogno coerente sia stato davvero tale come ci sembra nella memoria. Anche l'uomo più amante della verità non riesce a riferire un sogno strano senza delle aggiunte o abbellimenti. La tendenza della mente umana a vedere ogni cosa connessa è così grande che involontariamente nella memoria essa riempie ogni mancanza di coerenza che possa sussistere in un sogno incoerente...». Alcune annotazioni fatte da Egger, anche se conseguite indipendentemente, sembrano quasi una traduzione di queste parole di Jessen: «...L'osservazione dei sogni presenta le sue difficoltà particolari e il solo modo di evitare errori in tale materia è quello di scrivere senza il minimo ritardo ciò che si è appena provato o osservato, altrimenti viene subito l'oblio totale o parziale. L'oblio totale non è grave, ma l'oblio parziale è infido; infatti, se ci si mette a raccontare ciò che non si è dimenticato, si è portati a completare con la fantasia i frammenti incoerenti e disuniti forniti dalla memoria [...]; si diventa artisti a propria insaputa e il racconto ripetuto periodicamente s'impone alla credenza del suo autore, che in buona fede lo presenta come fatto autentico, debitamente stabilito secondo i buoni metodi [...]». Analogamente Spitta sembra credere che solo quando tentiamo di riprodurre un sogno, introduciamo un qualche ordine nei suoi elementi associati liberamente: noi «cambiamo le cose che sono meramente affiancate in sequenze o in catene causali, cioè introduciamo un processo di connessione logica che manca nel sogno». Poiché l'unico controllo che abbiamo sulla validità della nostra memoria è la conferma oggettiva, e poiché questa non si può ottenere dai sogni, che sono la nostra esperienza personale e la cui sola fonte è la nostra memoria, quale valore possiamo infine attribuire al nostro ricordo dei sogni? (E) LE CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE DISTINTIVE DEI SOGNILo studio scientifico dei sogni parte dalla supposizione che essi siano il prodotto della nostra attività mentale. Ciononostante il sogno compiuto ci colpisce come qualcosa di estraneo. Siamo così poco portati a riconoscere la nostra responsabilità, che diciamo altrettanto facilmente «mir hat getraumt» [«ho avuto un sogno»] che «ich habe getraumt» [«ho fatto un sogno»]. Qual è l'origine di questa sensazione che i sogni siano estranei alla nostra mente? Tenendo presente quanto abbiamo detto sulle fonti dei sogni, dobbiamo concludere che l'estraneità non può essere dovuta al materiale che si inserisce nel contenuto, dal momento che quel materiale è, per la maggior parte, comune alla vita del sogno e alla vita da svegli. Forse ci possono essere nei sogni delle modificazioni nei processi mentali che producono l'impressione di cui stiamo parlando; faremo quindi il tentativo di delineare un quadro degli attributi psicologici dei sogni. Nessuno ha messo più acutamente in rilievo le differenze essenziali tra la vita onirica e la vita da svegli, o tratto conclusioni più complete, di quanto abbia fatto G. T. Fechner in un passo del suo Elemente der Psychophysik. Secondo lui, «né l'abbassamento puro e semplice della yita psichica cosciente al di sotto della soglia principale», né il ritirarsi dell'attenzione dalle influenze del mondo esterno sono sufficienti a spiegare le caratteristiche della vita onirica rispetto alla vita da svegli. £g'i sospetta piuttosto che la scena d'azione dei sogni sia differente da quella della vita immaginativa da svegli. «Se la scena d'azione dell'attività psicofisica fosse la stessa durante il sonno e la veglia, i sogni, a mio avviso, potrebbero essere solo una continuazione a più basso grado d'intensità della vita immaginativa da svegli ed inoltre dovrebbero essere necessariamente dello stesso materiale e forma. Ma i fatti sono notevolmente differenti». Non è chiaro cosa intendesse Fechner parlando di questo mutamento di localizzazione dell'attività psichica; né, fino ad ora, per quanto ne so, qualcuno ha seguito la via indicata dalle sue parole. Penso che possiamo escludere la possibilità di dare alla frase un'interpretazione anatomica e di supporre che si riferisca ad una localizzazione cerebrale fisiologica o anche agli strati istologici della corteccia cerebrale. Tuttavia il suggerimento potrebbe provarsi arguto e fertile, se applicato ad un apparato mentale costituito di varie componenti disposte in serie una dopo l'altra. Altri autori si sono accontentati di attirare l'attenzione sulle caratteristiche distintive più evidenti della vita onirica e di prenderle come punti di partenza per tentativi di spiegazioni più ampie. È stato fatto notare giustamente che una delle principali particolarità della vita onirica compare proprio nel momento dell'addormentarsi e può essere descritta come un fenomeno che annuncia il sonno. Secondo Schleiermacher, ciò che caratterizza lo stato di veglia è il fatto che l'attività del pensiero si esplica in concetti e non in immagini. I sogni invece pensano essenzialmente per immagini e con l'avvicinarsi del sonno è possibile osservare che, mano mano che le attività volontarie diventano più difficili, nascono idee involontarie che ricadono tutte nella classe delle immagini. L'incapacità di lavoro immaginativo del tipo che sentiamo intenzionalmente voluto e l'apparizione di immagini, generalmente associate con tali stati di astrazione, sono le due caratteristiche che permangono nei sogni e che l'analisi psicologica ci costrìnge a riconoscere come elementi essenziali della vita onirica. Abbiamo già visto che queste immagini - le allucinazioni ipnagogiche -sono esse stesse identiche nel contenuto alle immagini oniriche (Silberer ha mostrato con ottimi esempi che, in uno stato di sonnolenza, anche i pensieri astratti si trasformano in raffigurazioni plastiche, che cercano di esprimere lo stesso significato. Avrò occasione di tornare su questa scoperta per altri riguardi). I sogni dunque pensano prevalentemente con immagini visive, ma non esclusivamente; essi infatti fanno uso anche di immagini auditive e, in misura minore, delle impressioni degli altri sensi. Molte cose si manifestano nei sogni (proprio come fanno nella vita da svegli) semplicemente come pensieri o idee, probabilmente cioè in forma di residui di rappresentazioni verbali. Tuttavia, ciò che è veramente caratteristico nel contenuto dei sogni sono quegli elementi che si comportano come immagini, cioè più simili a percezioni che a rappresentazioni della memoria. Tralasciando le argomentazioni, così note agli psichiatri, sulla natura delle allucinazioni, concorderemo con tutte le opinioni autorevoli sull'argomento nell'affermare che i sogni allucinano, che sostituiscono le allucinazioni ai pensieri. Sotto questo aspetto non c'è distinzione tra rappresentazioni visive e acustiche: è stato osservato che se uno si addormenta con una serie di note musicali in mente, il ricordo si trasforma in una allucinazione della stessa melodia; mentre se uno si sveglia di nuovo - e i due stati possono alternarsi più di una volta nel processo dell'addormentarsi - l'allucinazione dà luogo a sua volta alla rappresentazione mnestica, che è nello stesso tempo più debole e qualitativamente differente. La trasformazione delle idee in allucinazioni non è il solo caso in cui i sogni differiscono dai corrispondenti pensieri nella vita da svegli. I sogni costruiscono una situazione da queste immagini; essi rappresentano un avvenimento che sta realmente accadendo; «drammatizzano» un'idea, come si esprime Spitta. Ma questa caratteristica della vita onirica può essere compresa a fondo solo riconoscendo ancora che nei sogni - in generale, poiché ci sono eccezioni che richiedono un particolare esame - ci sembra non di pensare ma di vivere l'esperienza; cioè, crediamo in maniera completa alle allucinazioni. Solo quando ci svegliamo, sorge il commento critico che non abbiamo sperimentato nulla, ma abbiamo semplicemente pensato in un modo particolare, o, in altre parole, sognato. Questa caratteristica distingue i veri sogni dai sogni ad occhi aperti, che non si confondono mai con la realtà. Burdach riassume le caratteristiche della vita onirica che abbiamo finora considerato nelle seguenti frasi: «Appartengono alle caratteristiche essenziali dei sogni: a, l'attività soggettiva della nostra mente che nei sogni appare in forma oggettiva, poiché le nostre facoltà percettive considerano i prodotti della nostra immaginazione, come se fossero impressioni sensorie...; b, il sonno significa l'eliminazione dell'autorità dell'Io. Quindi l'addormentarsi porta con sé un certo grado di passività... Le immagini che accompagnano il sonno possono verificarsi solo a condizioni che l'autorità dell'Io venga attenuata». Devo poi cercare di spiegare la fiducia che la mente accorda alle allucinazioni oniriche, fiducia che può sorgere solo quando l'attività autoritaria dell'Io è cessata. Strümpell sostiene che in questo caso la mente esplica la sua funzione correttamente e in conformità col suo meccanismo. Lungi dall'essere mere rappresentazioni, gli elementi del sogno sono vere e reali esperienze dello stesso tipo di quelle che si verificano nella vita da svegli attraverso l'azione dei sensi. La mente sveglia produce idee e pensieri in immagini verbali e discorsi, mentre nel sogno si serve di immagini sensorie. Inoltre, c'è una consapevolezza spaziale nel sogno, poiché le sensazioni e le immagini vengono assegnate ad uno spazio esterno, proprio come da svegli. Bisogna quindi ammettere che nei sogni la mente si trova nella stessa relazione che da sveglia con le sue immagini e percezioni. Se in questo comportamento è comunque in errore, ciò avviene perché nello stato di sonno le manca il criterio che rende possibile la distinzione tra le percezioni sensorie provenienti dall'esterno e quelle provenienti dall'interno. Essa non è capace di sottoporre le immagini oniriche a quelle prove che possono dimostrare la loro realtà oggettiva. Inoltre trascura la distinzione tra immagini arbitrariamente interscambiabili ed altre in cui l'elemento del l'arbitrarietà non esiste. È ancora in errore perché non è capace di applicare la legge della causalità al contenuto dei suoi sogni. In breve, il fatto di essersi estraniata dal mondo esterno è anche la ragione che le fa credere al mondo soggettivo dei sogni. Delboeuf arriva alla stessa conclusione con argomentazioni psicologiche in qualche modo differenti. Noi crediamo nella realtà delle immagini oniriche, dice, perché nel sonno non abbiamo altre impressioni con le quali paragonarle, dal momento che siamo distaccati dal mondo esterno. Ma la ragione per cui crediamo nella verità di queste allucinazioni non è l'impossibilità di provarle all'interno del sogno: un sogno sembra poterci offrire delle prove - può farci toccare la rosa che vediamo - e tuttavia stiamo sognando. Secondo Delboeuf, c'è un unico criterio valido per stabilire se stiamo sognando o siamo svegli, ed è quello meramente empirico di svegliarsi, lo concludo che tutto quello che ho provato tra l'addormentarmi e il risvegliarmi è stato illusorio, quando, risvegliandomi, mi trovo a letto svestito. Durante il sonno ho considerato reali le immagini oniriche a causa del mio abito mentale (che non può addormentarsi) di presumere l'esistenza di un mondo esterno con il quale io metto in contrasto il mio Io (Haffner, come Delboeuf, cerca di spiegare l'attività onirica mediante l'alterazione che viene inevitabilmente prodotta dall'interpretazione di una condizione anormale in quello che è altrimenti il corretto funzionamento di un apparato psichico intatto; ma egli descrive diversamente quella condizione. Secondo lui, la prima caratteristica di un sogno è la sua indipendenza dallo spazio e dal tempo, cioè il fatto che la rappresentazione sia emancipata dalla posizione occupata dal soggetto nell'ordine spaziale e temporale degli eventi. A ciò si ricollega la seconda caratteristica fondamentale dei sogni, cioè il fatto che le allucinazioni, le fantasie e le combinazioni immaginarie si confondono con percezioni esterne. «Tutte le funzioni psichiche superiori, particolarmente la formazione di concetti e la facoltà di giudizio e di deduzione da un lato e la libera autodeterminazione dall'altro, sono collegate ad immagini sensorie e in cui trovano costante fondamento di tali immagini. Ne segue dunque che queste attività superiori partecipano anch'esse al disordine delle immagini oniriche. Dico "partecipano", perché in sé le nostre facoltà di giudizio e volontà non vengono affatto alterate nel sonno. Le nostre attività sono altrettanto chiaroveggenti e libere che nella veglia. Perfino in sogno l'uomo non può violare le leggi dei pensiero come tali, non può, ad esempio, considerare identiche le cose che gli appaiono contrarie ecc. Così anche nei sogni egli può desiderare solo ciò che considera buono (sub ratione boni). Ma nella sua applicazione delle leggi del pensiero e della volontà nei sogni, lo spirito umano viene sviato dalla confusione di una rappresentazione con un'altra. Così avviene che ci rendiamo colpevoli delle più grossolane contraddizioni nei sogni, mentre nello stesso tempo possiamo formulare i giudizi più acuti, fare le deduzioni più logiche e arrivare alle decisioni più virtuose e assennate... La mancanza di orientamento è la chiave del volo della nostra fantasia in sogno, e la mancanza di riflessione critica e di comunicazione con altre persone è la fonte principale della stravaganza sfrenata mostrata nei sogni dai nostri giudizi, dalle nostre speranze, dai nostri desideri».). Sembra che si debba considerare il distacco dal mondo esterno come il fattore determinante l'aspetto più marcato della vita onirica. È quindi opportuno citare alcune acute osservazioni fatte molto tempo fa da Burdach, che chiariscono la relazione tra la mente addormentata e il mondo esterno, e servono ad impedire che vengano sopravvalutate le conclusioni appena tratte. «Il sonno», egli scrive, «può manifestarsi solo a condizione che la mente non sia irritata da stimoli sensori [...]. Ma l'effettiva condizione del sonno non è tanto l'assenza di stimoli sensori, quanto la mancanza di interesse per essi. Alcune impressioni sensorie possono effettivamente essere necessarie per calmare la mente. Così il mugnaio può dormire solo finché sente il rumore del suo mulino; e chiunque crede che aggiungere un lumino sia una necessaria precauzione, trova impossibile addormentarsi al buio. Nel sonno la mente si isola dal mondo esterno e si ritira dalla sua stessa periferia... Però il legame non viene interrotto completamente. Se non potessimo udire o provare sensazioni durante il sonno, ma solo dopo il risveglio, sarebbe del tutto impossibile risvegliarci... La persistenza delle sensazioni è provata ancora più evidentemente dal fatto che ciò che ci sveglia non è sempre la mera forza di un'impressione, ma il suo contesto psichico: una parola qualunque non sveglia uno che dorme, ma se lo si chiama per nome egli si sveglia... Quindi la mente distingue le sensazioni nel sonno... È per questa ragione che l'assenza di uno stimolo sensorio può svegliare un uomo, se è collegata a qualcosa di importanza immaginativa per lui; così avviene che l'uomo con il lumino da notte si sveglia se questo si spegne e il mugnaio si sveglia se il suo mulino si ferma. Si sveglia, cioè, per il cessare di un'attività sensoria; e ciò implica che egli percepiva quell'attività, ma poiché gli era indifferente o abbastanza soddisfacente, non disturbava la sua mente». Anche se volessimo ignorare queste obiezioni che non sono affatto superficiali, dovremmo ammettere che le caratteristiche della vita onirica che abbiamo finora considerato, e che abbiamo attribuito al distacco dal mondo esterno, non sono sufficienti a spiegarne completamente l'eterogeneità. Poiché sarebbe possibile altrimenti ritrasformare le allucinazioni del sogno in idee e le sue situazioni in pensieri, e in quel modo risolvere il problema del. E ciò in effetti facciamo al risveglio, quando riproduciamo il sogno nella memoria; ma, anche se riusciamo a compiere questa ritraduzione completamente o in parte, il sogno continua ad essere enigmatico quanto prima. E infatti tutte le fonti autorevoli presumono senza esitazione che altre e più profonde modificazioni del materiale immaginativo della vita da svegli si verifichino nei sogni. Strùmpell ha cercato di circoscrivere una di queste allucinazioni nel seguente passo: «Con il cessare delle funzioni sensorie e della normale coscienza vitale, la mente perde anche il terreno sul quale sono radicati i suoi sentimenti, i suoi desideri, i suoi interessi e le sue attività. Gli stati psichici, anche sentimenti, interessi, valutazioni, che nella vita da svegli sono legati a immagini mnestiche, vengono sottoposti a... una pressione oscura, a seguito della quale il rapporto con quelle immagini si rompe; le immagini percettive di cose, persone, eventi ed azioni della vita da svegli vengono riprodotte separatamente in gran numero, ma nessuna porta con sé il suo valore psichico. Quel valore è distaccato da esse, che perciò fluttuano nella mente come vogliono...». Secondo Strümpell, il fatto che le immagini vengano private del loro valore psichico (che a sua volta viene ricondotto al distacco dal mondo esterno) ha un ruolo principale nel creare l'impressione di eterogeneità che distingue il sogno dalla vita reale nella nostra memoria. Abbiamo visto che l'addormentarsi implica immediatamente la perdita di una delle nostre attività mentali, e cioè del nostro potere di guidare discrezionalmente la sequenza delle nostre idee. Ora ci troviamo di fronte all'ipotesi, in ogni caso plausibile, che gli effetti dello stato di sonno si possano estendere su tutte le facoltà della nostra mente. Alcune di esse sembrano interamente sospese; ma ora ci si domanda se le altre continuino ad operare normalmente e se siano capaci di un lavoro normale in tali condizioni. E sorge ancora il dubbio se le caratteristiche distintive dei sogni possano essere spiegate con la diminuzione di efficienza psichica dello stato di sonno: nozione questa che trova sostegno nell'impressione prodotta dai sogni sul nostro giudizio da svegli. I sogni sono sconnessi, accettano le più violente contraddizioni senza la minima obiezione, ammettono cose impossibili, ignorano le nozioni che hanno grande peso per noi durante il giorno, ci rivelano come degli imbecilli etici e morali. Chiunque si comportasse da sveglio come nelle situazioni dei sogni, sarebbe considerato un pazzo; chiunque parlasse da sveglio come la gente parla nei sogni, o descrivesse le cose che succedono nei sogni, ci darebbe l'impressione di essere una persona confusa o un debole di mente. Ci sembra dunque di dire la verità quando esprimiamo la nostra modesta opinione sull'attività mentale nei sogni e asseriamo che nei sogni le più alte attività intellettuali in particolare sono sospese o comunque gravemente menomate. Gli autori hanno mostrato insolita unanimità - delle eccezioni parleremo in seguito - nell'esprimere opinioni di questo genere sui sogni; e i loro giudizi conducono direttamente ad una particolare teoria o spiegazione della vita onirica. Ma è giunto il momento di uscire dal generico e di presentare invece una serie di citazioni da vari scrittori -filosofi e medici - sulle caratteristiche psicologiche dei sogni. Secondo Lemoine, l'incoerenza delle immagini oniriche è l'unica caratteristica essenziale dei sogni. Maury è d'accordo con lui: «Non vi sono sogni assolutamente razionali e che non contengano qualche incoerenza, qualche anacronismo, qualche assurdità». Spitta afferma che secondo Hegel i sogni sono privi di coerenza oggettiva e logica. Dugas scrive: «Il sogno è l'anarchia psichica affettiva e mentale, è il gioco delle funzioni abbandonate a se stesse ed esercitantesi senza controllo e senza scopo; nel sogno lo spirito è un automa spirituale». Perfino Volkelt, la cui teoria è lungi dal considerare senza scopo l'attività psichica del sonno, parla di «vita rappresentativa slegata, incoerente e confusa, che nello stato di veglia è tenuta insieme dalla forza dell'ego centrale». L'assurdità delle associazioni di rappresentazioni che si verificano nei sogni potrebbe difficilmente essere criticata più acutamente di quanto abbia fatto Cicerone {De divinatione): «Nulla di tanto disordinato, di tanto insensato, di tanto mostruoso si può pensare, che non possiamo sognare». Fechner afferma: «È come se l'attività psicologica fosse stata trasportata dal cervello di un uomo ragionevole in quello di un pazzo». Radestock: «In realtà sembra impossibile trarre delle leggi fisse da questa folle attività. Sottraendosi allo stretto controllo esercitato dalla volontà razionale e dall'attenzione sul decorso delle idee da svegli, i sogni si fondono in un pazzo turbine di confusione caleidoscopica». Hildebrandt: «Quali straordinari salti può fare un sognatore nel condurre delle illazioni! Quanto tranquillamente è preparato a vedere capovolti i più saldi canoni dell'esperienza. Quali ridicole contraddizioni nelle leggi della natura e della società egli è pronto ad accettare, finché non si arriva all'esagerazione e l'eccessiva tensione del nonsenso lo risveglia. Noi così calcoliamo senza scrupolo che tre per tre fa venti; non ci sorprendiamo affatto se un cane recita dei versi, o se un morto cammina verso la sua tomba con le sue gambe, o se una roccia galleggia sull'acqua; ci dirigiamo seriamente per un'importante missione verso il ducato di Bernburg o il principato del Liechtenstein per ispezionare le loro forze navali; o siamo persuasi di arruolarci sotto Carlo xn poco prima della battaglia di Poltava». Binz, tenendo presente la teoria dei sogni che si basa su queste impressioni, scrive: «Il contenuto di almeno nove sogni su dieci non ha senso; mettiamo insieme in essi persone e cose che non hanno alcun nesso tra di loro. Un momento dopo c'è un cambiamento nel caleidoscopio e ci troviamo di fronte ad un nuovo raggruppamento, più insensato e folle, se possibile, di quello precedente. E così continua il gioco mutevole del cervello non completamente addormentato, finché ci svegliamo e portando le mani alla fronte ci domandiamo se siamo ancora capaci di immagini e pensieri razionali». Maury trova un parallelo alla relazione tra immagini oniriche e pensieri coscienti che sarà molto significativo per i medici: «La produzione di quelle immagini che nell'uomo sveglio sono spessissimo provocate dalla volontà corrisponde, per l'intelligenza, a ciò che sono Per la motilità certi movimenti che presentano la corea e le affezioni Paralitiche...». In seguito egli considera i sogni come «tutta una serie di degradazioni della facoltà pensante e raziocinante». E quasi inutile citare gli autori che condividono l'opinione di Maury riguardo alle diverse funzioni psichiche superiori. Striimpell, per esempio, fa notare che nei sogni, anche naturalmente dove non c'è un evidente nonsenso, mancano tutte le operazioni logiche della mente, che si basano su relazioni e nessi. Spitta dichiara che le rappresentazioni che si manifestano nei sogni sembrano completamente estranee alla legge di causalità. Radestock e altri autori insistono sulla debolezza di giudizio e di deduzione caratteristica dei sogni. Secondo Jodl, non c'è facoltà critica nei sogni, né facoltà di correggere una serie di percezioni da parte del contenuto generale della coscienza. Lo stesso autore nota che «ogni specie di attività cosciente si manifesta nei sogni, ma in maniera incompleta, inibita, isolata». Le contraddizioni nelle quali il sogno si pone con le nostre conoscenze da svegli vengono spiegate da Stricker e da molti altri considerando che molti fatti si dimenticano nei sogni e che le relazioni logiche tra le rappresentazioni scompaiono ecc. Comunque, gli autori che in genere hanno una bassa opinione delle funzioni psichiche nei sogni ammettono che un certo residuo di attività mentale rimanga in essi. Ciò è dichiarato esplicitamente da Wundt, le cui teorie hanno avuto un'influenza determinante su tanti studiosi in questo campo. Ci si può domandare quale sia la natura del residuo della normale attività mentale che persiste nei sogni. Con accordo abbastanza generale si afferma che la facoltà riproduttiva, la memoria, sembra aver sofferto di meno e in realtà mostra una certa superiorità rispetto alla stessa funzione nella vita da svegli (vedi Sezione B), anche se sembra che parte delle assurdità dei sogni si debbano spiegare con la loro scarsa memoria. Secondo Spitta, la parte della psiche che non viene alterata dal sonno è la vita affettiva ed è questa che dirige i sogni. Con «sentimento» («Gernut») egli intende «lo stabile complesso di sentimenti che costituiscono la più intima essenza soggettiva di un essere umano». Scholz ritiene che una delle attività mentali che operano nel sogno sia la tendenza a sottoporre il materiale onirico a «reinterpretazione in termini allegorici». Anche Siebeck vede nei sogni un'attività interpretativa d'integrazione che viene esercitata su tutte le sensazioni e percezioni. Si trova una particolare difficoltà nel definire la posizione nel sogno di ciò che è chiaramente la sua più alta funzione psichica, la coscienza. Poiché tutto ciò che conosciamo dei sogni deriva dalla coscienza, non c'è dubbio che essa si conservi nel sonno; tuttavia Spitta ritiene che ciò che si conserva nei sogni sia solo la coscienza e non l'autocoscienza. Delboeuf confessa però di non essere capace di cogliere la distinzione. Le leggi dell'associazione, che regolano la sequenza delle rappresentazioni, hanno valore anche per le immagini oniriche ed anzi il loro dominio è espresso ancora più chiaramente e fortemente nei sogni. I sogni» dice Strümpell, «si svolgono, a quanto pare, secondo le leggi delle rappresentazioni pure, o degli stimoli organici che accompagnano tali rappresentazioni, cioè senza essere in alcun modo influenzati dalla riflessione o dal senso comune, dal gusto estetico o dal giudizio etico». Gli autori di cui riferisco le opinioni immaginano nel modo seguente il processo di formazione dei sogni. La totalità degli stimoli sensori, generati durante il sonno dalle varie fonti che ho già descritto (vedi Sezione C), fanno sorgere nella mente in primo luogo un certo numero di rappresentazioni che appaiono sotto forma di allucinazioni o più propriamente, secondo Wundt, di illusioni, data la loro provenienza da stimoli interni ed esterni. Queste rappresentazioni si uniscono tra di loro secondo le note leggi dell'associazione e, per le stesse leggi, richiamano una nuova serie di rappresentazioni (o immagini). Poi tutto questo materiale viene elaborato, per quanto possibile, da quelle facoltà organizzative e ideative della mente che sono ancora in attività. (Vedi per esempio, Wundt e Weigandt). Resta da scoprire il criterio secondo cui le immagini provenienti da fonti non esterne seguiranno una determinata catena di associazioni o un'altra. È stato spesso notato, comunque, che le reciproche associazioni tra le immagini oniriche appartengono ad una speciale categoria e differiscono da quelle che agiscono sul pensiero della veglia. Volkelt scrive, ad esempio: «Nei sogni sembra che le rappresentazioni giochino a rincorrersi secondo somiglianze casuali e connessioni appena percettibili. Tutti i sogni sono pieni di associazioni disordinate e superficiali di questo tipo». Maury attribuisce grande importanza a questo caratteristico modo di collegarsi delle idee nei sogni, poiché ciò gli permette di trarre una stretta analogia tra la vita onirica e certi disordini mentali. Egli specifica due principali caratteristiche di «delirio»: «1. un atto psichico spontaneo e quasi automatico; 2. un'associazione di idee non valida e irregolare». Maury stesso riferisce due eccellenti esempi di sogni, in cui le immagini oniriche erano collegate unicamente attraverso l'assonanza delle parole. Egli sognò una volta di andare in pellegrinaggio (pèlerinage) a Gerusalemme o alla Mecca: dopo molte avventure si trovò presso il chimico Pelletier, che, dopo una conversazione, gli dette una pala {pelle) di zinco; nella parte seguente del sogno, questa si trasformò in una grande spada. In un altro sogno egli camminava per una strada e leggeva il numero dei chilometri sulle pietre miliari; poi si trovò da un droghiere, dove c'era una grande bilancia e un uomo vi metteva sopra pesi da un chilo per pesare Maury; il droghiere allora gli disse: «Lei non è a Parigi, ma nell'isola di Ghilolo». Seguirono varie altre scene, nelle quali vide un fiore di Lobelia e il generale Lopez, di cui aveva appena appreso la morte. Infine si svegliò mentre giocava al lotto (In seguito arriveremo a comprendere il significato dei sogni come questo, che presentano molte allitterazioni e le cui sillabe iniziali hanno lo stesso suono). Saremo senza dubbio preparati a scoprire, comunque, che questa svalutazione del funzionamento psichico nei sogni non è riuscita a passare senza contestazioni, anche se la contestazione su questo punto non sembra affatto facile. Ad esempio, Spitta, uno dei denigratori della vita onirica, insiste che le stesse leggi psicologiche che regolano la vita da svegli vigono anche nei sogni; e ancora, Dugas dichiara che «il sogno non è irragionevolezza e neppure mero delirio». Ma queste affermazioni hanno poco peso, finché i loro autori non cercano di conciliarle con le loro stesse descrizioni dell'anarchia psichica e del dissolversi di tutte le funzioni psichiche durante i sogni. Ad alcuni autori è venuta l'idea che la follia del sogno potrebbe non essere senza metodo e potrebbe perfino essere simulata, come quella del principe danese al quale fu attribuito questo acuto giudizio. Questi ultimi autori non possono aver giudicato dall'apparenza; o l'apparenza presentata loro dai sogni deve essere stata diversa. Cosi Havelock Ellis, senza indugiare sull'apparente assurdità dei sogni, ne parla come di «un mondo arcaico di vaste emozioni e pensieri imperfetti », il cui studio ci potrebbe rivelare gli stadi primitivi dell'evoluzione della vita psichica. James Sully esprime la stessa concezione in un modo nello stesso tempo più ampio e più penetrante. Le sue parole meritano maggior attenzione, se consideriamo che egli era più fermamente convinto forse di tutti gli altri psicologi che i sogni avessero un significato nascosto. «Now our dreams are a means of conserving these successive [earlier] personalities. When asleep we go back to the old ways of looking at things and of feeling about them, to impulses and activities which long ago dominated us». L'arguto Delboeuf, pur mettendosi dalla parte del torto poiché non confuta il materiale che contraddice la sua tesi, dichiara: «Nel sonno, tranne la percezione, tutte le facoltà dello spirito, intelligenza, immaginazione, memoria, volontà, moralità, restano intatte nella loro essenza; però si applicano a degli oggetti immaginari e mobili. Il sognatore è un attore che a sua volontà recita la parte dei pazzi e dei saggi, dei carnefici e delle vittime, dei nani e dei giganti, dei demoni e degli angeli». Il più accanito oppositore di quelli che cercano di svalutare le funzioni psichiche nei sogni è probabilmente il marchese d'Hervey de Saint-Denys, con il quale Maury intrecciò una vivace polemica; nonostante tutti i miei sforzi, non sono riuscito a procurarmi il suo libro. Maury scrive di lui: «Il marchese d'Hervey attribuisce all'intelligenza durante il sonno tutta la sua libertà d'azione e d'attenzione e sembra che per lui il sonno consista solo nell'occlusione dei sensi, nella loro chiusura al mondo esterno; di modo che l'uomo che dorme non si distingue affatto, secondo il suo modo di vedere, dall'uomo che ottunde i propri sensi e lascia vagare i pensieri; la sola distinzione tra il pensiero ordinario e quello del dormiente è che per quest'ultimo l'idea assume una forma visibile, oggettiva, e assomiglia, tanto da poterci ingannare, alla sensazione determinata dagli oggetti esterni; il ricordo riveste l'apparenza del fatto presente». A questo Maury aggiunge che «c'è un'altra differenza fondamentale, cioè che le facoltà intellettuali dell'uomo addormentato non offrono l'equilibrio che mantengono nell'uomo sveglio». Vaschide ci dà un'esposizione più chiara del libro di Hervey de Saint-Denys e cita un brano sull'apparente incoerenza dei sogni: «L'immagine del sogno è la copia dell'idea. L'idea è la cosa principale; la visione non è che accessoria. Stabilito questo, bisogna saper seguire il cammino delle idee, bisogna saper analizzare il tessuto dei sogni; la coerenza diventa allora comprensibile, le concezioni più fantastiche diventano dei fatti semplici e perfettamente logici... Anche i sogni più bizzarri trovano una spiegazione del tutto logica, quando sappiamo analizzarli». Johan Stärcke ha fatto notare che una simile spiegazione dell'incoerenza dei sogni era già stata avanzata da un vecchio autore a me sconosciuto, Wolf Davidson: «I notevoli salti fatti dalle nostre rappresentazioni nei sogni hanno tutti il loro fondamento nella legge dell'associazione; a volte, però, questi nessi si manifestano nella mente così oscuramente che spesso ci sembra che le nostre rappresentazioni abbiano fatto un salto mentre in realtà esso non c'è stato affatto». La letteratura su questo argomento mostra quindi una scala molto ampia di valutazione dei sogni come prodotti psichici. Questa scala si estende dalla più profonda riduttività, del tipo che ci è noto, attraverso intuizioni di un valore non ancora scoperto, fino ad una sopravvalutazione che colloca i sogni molto più in alto di tutte le funzioni della vita da svegli. Hildebrandt che, come abbiamo visto, ha sintetizzato tutte le caratteristiche psicologiche della vita onirica in tre antinomie, riassume nel suo terzo paradosso i due estremi della scala di valutazione: «È un contrasto tra un'intensificazione della vita mentale, un aumento che spesso arriva al virtuosismo, e, d'altra parte, un deterioramento ed un indebolimento che spesso si abbassano al di sotto del livello umano. Per quanto riguarda la prima parte, chi non potrebbe confermare con la propria esperienza che di tanto in tanto emergono nella creazione e nello sviluppo del genio onirico una profondità e intimità di emozioni, una tenerezza di sentimenti, una chiarezza di visione, una sottigliezza di osservazione ed una acutezza di spirito che non potremmo mai vantare al nostro comando nella vita da svegli? 11 sogno ha una meravigliosa poesia, un'efficace allegoria, un incomparabile umorismo, una rara ironia. Il sogno vede il mondo in una luce di strano idealismo e spesso rafforza gli effetti di ciò che vede attraverso la sua profonda comprensione dell'essenza delle cose. Ci presenta davanti agli occhi la bellezza terrestre in uno splendore veramente celestiale e mostra il sublime nella sua maestà più alta, ci mostra le nostre paure di ogni giorno nella forma più orrenda e muta il nostro divertimento in scherzi incredibilmente pungenti. E spesso, quando ci svegliamo e siamo ancora sotto l'influsso di una di queste impressioni, non possiamo non riconoscere che mai nella nostra vita il mondo reale ci ha offerto il suo eguale». Possiamo ben domandarci se i commenti sprezzanti, citati nelle pagine precedenti, e questo elogio entusiasta si riferiscano proprio alla stessa cosa. Forse alcuni hanno trascurato i sogni insensati e altri quelli profondi e sottili? E se si manifestano sogni dello stesso tipo, sogni che giustificano entrambe le valutazioni, non è una perdita di tempo cercare delle caratteristiche psicologiche distintive dei sogni? Non sarà sufficiente dire che nei sogni qualsiasi cosa è possibile, dalla più profonda degradazione della vita psichica alla sua esaltazione, che è rara nella vita da svegli? Per quanto conveniente potrebbe essere una soluzione di questo genere, ciò che la contrasta è il fatto che tutti gli sforzi di ricerca intorno al problema dei sogni sembrano basati sulla convinzione che qualche caratteristica distintiva esista realmente, che sia universalmente valida nei suoi tratti essenziali e possa eliminare queste apparenti contraddizioni. Non c'è dubbio che le capacità psichiche dei sogni venivano riconosciute più prontamente e calorosamente nel periodo intellettuale che è ora stato superato, quando la filosofia, e non le scienze naturali esatte, dominava la mente umana. Affermazioni come quella di Schubert, che i sogni sono una liberazione dello spirito dal potere del mondo esterno e dell'anima dai legami dei sensi, e gli analoghi commenti di Fichte Junior e di altri che presentano i sogni come l'elevazione della vita psichica ad un livello più alto, ci sembrano ora difficilmente comprensibili, e oggi li ripetono solo i devoti ed i mistici (L'acuto mistico Du Prel, uno dei pochi autori ai quali desidererei esprimere le mie scuse per averli trascurati nelle precedenti edizioni di questo libro, afferma che la chiave della metafisica, per quanto riguarda gli uomini, non si trova nella veglia ma nel sogno.). Con l'affermarsi della mentalità scientifica, si è verificata anche una reazione nella valutazione dei sogni. Gli autori medici in special modo tendono a considerare l'attività psichica dei sogni insignificante e priva di valore; mentre i filosofi e gli osservatori non professionisti - psicologi dilettanti -, il cui contributo su questo particolare non è disprezzabile, hanno continuato a credere, in accordo con il sentimento popolare, nel valore psichico dei sogni. Chiunque sia portato ad avere una modesta opinione delle funzioni psichiche dei sogni preferirà naturalmente assegnarne l'origine allo stimolo fisico; mentre chi crede che la psiche che sogna mantenga gran parte delle sue facoltà della veglia non ha ragione di negare che lo stimolo del sogno possa scaturire autonomamente dalla stessa psiche sognante. Tra le facoltà superiori che anche con un semplice confronto si può volere attribuire alla vita onirica, la più notevole è quella della memoria; abbiamo già parlato a lungo dell'evidenza non insolita a favore di questa opinione. Un altro punto di superiorità della vita onirica, spesso lodato dagli scrittori più antichi per il fatto che prescinde dalle distanze di tempo e di spazio, mostra facilmente la sua infondatezza. Come Hildebrandt fa notare, questo vantaggio è illusorio; infatti il sogno prescinde dallo spazio e dal tempo esattamente come il pensiero della veglia, e proprio per il fatto che è una forma di pensiero. È stato anche sostenuto che i sogni godono di un ulteriore vantaggio sulla vita da svegli in relazione al tempo, che sono cioè indipendenti dal passare del tempo anche in un altro senso. Sogni come quello della ghigliottina fatto da Maury sembrano provare che un sogno può condensare in un lasso di tempo molto breve un contenuto percettivo molto più grande del contenuto di pensiero di cui è capace la mente nello stato di veglia. Questa conclusione è stata comunque avversata con diverse argomentazioni; dai lavori di Le Lorrain e Egger sull'apparente durata dei sogni si è sviluppata una lunga e interessante discussione sull'argomento, ma sembra improbabile che sia stata detta l'ultima parola su questa sottile questione e sulle profonde conseguenze che essa implica. La testimonianza di numerosi casi e la raccolta di esempi fatta da Chabaneix sembrano porre fuori discussione il fatto che i sogni possono continuare il lavoro intellettuale del giorno e portarlo a conclusioni che non erano state raggiunte nel corso di esso, che possono risolvere dubbi e problemi ed essere fonte di ispirazione per poeti e compositori. Ma sebbene il/atto possa essere fuori discussione, ciò che esso implica apre molti dubbi, che sollevano questioni di principio. Infine, si ritiene che i sogni abbiano il potere di predire il futuro. Qui c'è un conflitto tra uno scetticismo quasi insuperabile e delle affermazioni tenacemente ripetute. Senza dubbio agiremo giustamente evitando di negare ogni fondamento a questa opinione, poiché è possibile che tra non molto un certo numero di casi citati possa trovare una spiegazione nei limiti della psicologia naturale. (F) IL SENSO MORALE DEI SOGNIPer motivi che diventeranno evidenti solo dopo aver preso in considerazione le mie indagini sui sogni, ho isolato dalla psicologia dei sogni un problema particolare: se e fino a che punto le disposizioni e le sensazioni morali si estendano alla vita del sogno. Anche qui ci troviamo di fronte alle stesse opinioni contraddittorie che abbiamo visto i vari autori adottare riguardo a tutte le altre funzioni della mente durante i sogni. Alcuni affermano che i dettami della moralità non trovano posto nei sogni, mentre altri sostengono altrettanto decisamente che il carattere morale dell'uomo permane nella sua vita onirica. Facendo appello all'esperienza dei sogni, sembra fuori dubbio l'esattezza della prima di queste due opinioni. Jessen scrive: «Non diventiamo migliori, né più virtuosi nel sonno, anzi la coscienza sembra muta, poiché non proviamo compassione e possiamo compiere i peggiori crimini, furto, violenza, assassinio, con completa indifferenza e senza alcun rimorso successivo». Radestock: «Bisognerebbe tenere presente che le associazioni si manifestano e le rappresentazioni si uniscono nei sogni senza il minimo riguardo per la riflessione, per il buon senso, per il gusto estetico o per il giudizio etico. Il giudizio è estremamente debole e l'indifferenza etica regna sovrana». Volkelt: «Nei sogni la condotta è particolarmente sfrenata, come tutti sappiamo, riguardo agli argomenti sessuali. Il sognatore è estremamente spudorato e privo di ogni sentimento o giudizio morale; inoltre, egli vede tutti gli altri, anche quelli per i quali ha il più profondo rispetto, impegnati in atti che sarebbe per lui orrendo associare con essi da sveglio, anche solo nei suoi pensieri». Posizione diametralmente opposta a queste è quella di Schopenhauer, il quale afferma che tutti agiscono e parlano in completo accordo con il proprio carattere. K. P. Fischer, citato da Spitta, sostiene che i sentimenti soggettivi e i desideri, o gli affetti e le passioni, si rivelano nella libertà della vita del sogno, e che le caratteristiche morali delle persone si riflettono nei loro sogni. Haffner: «Tranne rare eccezioni... un uomo virtuoso sarà tale anche nei suoi sogni; egli si terrà lontano dall'odio, dall'invidia, dall'ira e dagli altri vizi, e resisterà alle tentazioni. Ma il peccatore troverà in genere nei suoi sogni le stesse immagini che aveva davanti agli occhi quando era sveglio». Scholz: «Nei sogni è la verità: nei sogni impariamo a conoscere noi stessi nonostante tutte le maschere, nobili o vili, che mostriamo al mondo... L'uomo onesto non può commettere un delitto neppure in sogno o, se lo fa, ne resta inorridito come di qualcosa di estraneo alla sua natura. L'imperatore romano, che mandò a morte un uomo che aveva sognato di assassinare l'imperatore, fu giustificato nella sua azione poiché pensò che i pensieri che uno ha in sogno, li ha anche da sveglio. L'espressione comune "Non sognerei mai una cosa simile" ha un significato doppiamente esatto, quando si riferisce a qualcosa che non ha posto nel nostro cuore o nella nostra mente». (Platone, al contrario, pensava che gli uomini migliori fossero quelli che sognano solo ciò che altri uomini fanno da svegli). Pfaff, citato da Spitta, altera le parole di un detto popolare: «Raccontami qualcuno dei tuoi sogni e ti dirò chi sei». Hildebrandt, nel suo volumetto che ho già citato tante volte, poiché fra tutti i contributi sullo studio dei sogni di cui sono a conoscenza è il più accurato nella forma e il più ricco di idee, assume come centro d'interesse il problema della moralità nei sogni. Anche Hildebrandt afferma come regola che quanto più pura è la vita, tanto più puro è il sogno, e quanto più impura è l'una, tanto più impuro è l'altro. Egli ritiene che la natura morale dell'uomo permanga nei sogni. «Mentre», egli scrive, «anche i più grossolani errori di calcolo, o la più romantica rivoluzione delle leggi scientifiche, o il più ridicolo anacronismo non ci turbano né sollevano i nostri sospetti, mai perdiamo di vista la distinzione tra il bene e il male, tra il giusto e l'ingiusto, tra la virtù e il vizio. Per quanto molto di ciò che ci accompagna durante il giorno possa scivolar via nelle ore di sonno, l'imperativo categorico di Kant è un compagno che ci segue così da vicino che non possiamo liberarcene nemmeno nel sonno... Ma questo si può spiegare solo con il fatto che ciò che è fondamentale nella natura dell'uomo, il suo essere morale, è troppo fermamente radicato per essere influenzato dal caleidoscopico rimescolamento cui si sottomettono l'immaginazione, la ragione, la memoria e altre simili facoltà nei sogni». Mentre la discussione dell'argomento procede, comunque, entrambi i gruppi di autori cominciano a mostrare notevoli cambiamenti e incoerenze nelle loro posizioni. Quelli che ritengono che la personalità morale dell'uomo cessi di agire nei sogni dovrebbero, a rigor di logica, perdere ogni interesse per i sogni immorali. Essi potrebbero negare ogni tentativo di ritenere il sognatore responsabile dei suoi sogni, o di dedurre dalla malvagità dei suoi sogni una traccia di malvagità nel suo carattere, con la stessa sicurezza con la quale respingerebbero il tentativo analogo di dedurre dall'assurdità dei sogni che la sua attività intellettuale nella vita da sveglio è priva di valore. L'altro gruppo, che crede che «l'imperativo categorico» si estenda ai sogni, dovrebbe logicamente accettare la responsabilità incondizionata per i sogni immorali. Possiamo solo sperare per loro che non facciano mai dei sogni così riprovevoli da turbare la salda fiducia nel loro stesso carattere morale. Sembra però che nessuno sappia con sicurezza fino a che punto è buono o cattivo, e che nessuno possa negare il ricordo di sogni immorali. Infatti gli autori di entrambi i gruppi, ignorando il loro conflitto di opinioni sulla moralità nei sogni, si sforzano di scoprire l'origine dei sogni immorali; e un nuovo contrasto di opinioni si sviluppa, a seconda che la loro origine venga ricercata tra le funzioni della mente, o tra gli effetti deleteri prodotti su questa da cause somatiche. Così la forza compulsiva dei fatti costringe i sostenitori della responsabilità e dell'irresponsabilità della vita onirica ad unirsi nel riconoscere che l'immoralità dei sogni ha una specifica fonte psichica. Quelli che credono che la moralità si estenda ai sogni, tuttavia, evitano attentamente di assumere piena responsabilità dei loro sogni. Haffner, ad esempio, scrive: «Non siamo responsabili dei nostri sogni, poiché ì nostri pensieri e la nostra volontà sono stati privati di quell'unica base sulla quale la nostra vita possiede verità e realtà... Per quella ragione né desideri né azioni nei sogni possono essere virtuosi o peccaminosi». Tuttavia, egli continua, gli uomini sono responsabili dei loro sogni peccaminosi, in quanto li causano indirettamente. Essi hanno il dovere di purificare moralmente le loro menti non solo nella vita da svegli, ma più ancora prima di andare a dormire. Hildebrandt ci presenta con un'analisi molto più profonda questo miscuglio di rifiuto e di accettazione della responsabilità del contenuto morale dei sogni. Egli argomenta che nel considerare l'apparenza immorale dei sogni, bisogna tener debito conto della forma drammatica nella quale sono presentati, della compressione dei più complicati processi di riflessione in brevissimi periodi di tempo, e, ancora, del modo in cui gli elementi rappresentativi del sogno, come egli stesso ammette, vengono confusi l'uno con l'altro e perdono il loro significato. Egli confessa di essere estremamente esitante, nonostante tutto questo, nel ritenere che si possa respingere integralmente la responsabilità dei peccati e degli errori nei sogni. «Quando siamo ansiosi di discolparci da qualche ingiusta accusa, specialmente se si riferisce ai nostri scopi e alle nostre intenzioni, usiamo spesso la frase "non me lo sognerei nemmeno". In tal modo esprimiamo, da una parte, la sensazione che la regione dei sogni sia la più remota e l'ultima in cui rispondiamo per i nostri pensieri, poiché i pensieri in quella regione sono così debolmente collegati con il nostro vero Io da potere difficilmente essere considerati nostri; ma d'altra parte, poiché ci sentiamo obbligati a negare espressamente l'esistenza di tali pensieri in questa regione, ammettiamo nello stesso tempo indirettamente che la nostra autogiustificazione non sarebbe completa se non si estendesse a quel punto. E credo che a questo punto stiamo parlando, anche se inconsciamente, il linguaggio della verità». È impossibile pensare a qualsiasi azione di un sogno il cui motivo originario non sia passato, in un modo o nell'altro, come desiderio, come passione, o come impulso, attraverso la mente sveglia». Dobbiamo ammettere, prosegue Hildebrandt, che questo impulso originario non è stato inventato dal sogno; il sogno lo ha semplicemente copiato e sviluppato, ha solo elaborato in forma drammatica un frammento di materiale storico che ha trovato in noi; ha meramente drammatizzato le parole dell'apostolo: «Chi odia suo fratello è un assassino». E anche se, dopo che ci siamo svegliati, consci della nostra forza morale, possiamo sorridere di tutta l'elaborata struttura del sogno peccaminoso, non ci farà però sorridere il materiale originario da cui è derivata quella struttura. Ci sentiamo responsabili degli errori del sognatore, non di tutto il loro complesso, ma di una certa percentuale. «In breve, se comprendiamo in questo senso difficilmente discutibile la parola di Cristo "dal cuore vengono i cattivi pensieri" non possiamo sfuggire la convinzione che un peccato commesso in sogno porti con sé almeno un minimo oscuro di colpa». Quindi Hildebrandt trova la fonte dell'immoralità dei sogni nei germi e nei cenni di impulsi cattivi che, sotto forma di tentazioni, passano attraverso le nostre menti durante il giorno, ed egli non esita a includere questi elementi immorali nella valutazione del valore morale di una persona. Questi stessi pensieri, come sappiamo, e questa stessa loro valutazione hanno condotto le persone pie e sante in ogni tempo a confessarsi miserabili peccatori (È piuttosto interessante conoscere l'atteggiamento dell'Inquisizione di fronte al nostro problema. Nel Tractatus de officio sanctissimae lnquisitionis dì Cesare Carena, nel 1659, si trova il seguente paragrafo: «Se qualcuno dice eresie in sogno, l'Inquisitone deve indagare sul suo modo di vita, poiché ciò che impegna l'uomo durante il giorno, ritorna in sogno».). Non ci può essere dubbio naturalmente riguardo all'esistenza generale di tali idee incompatibili; esse si manifestano presso la maggior parte delle persone ed in sfere diverse da quella etica. A volte, tuttavia, sono state giudicate meno seriamente. Spitta cita alcune osservazioni di Zeller, che sono importanti a questo riguardo: «La mente è raramente così ben organizzata da possedere completo dominio in ogni momento e da non essere costantemente interrotta nel corso dei suoi pensieri da rappresentazioni non solo insignificanti, ma anche decisamente ridicole e insensate. In realtà, i più grandi pensatori hanno dovuto lamentarsi di questo tumulto di rappresentazioni quasi oniriche, moleste e inopportune, che disturbava le loro più profonde meditazioni e i loro pensieri più solenni e più seri». Un'altra osservazione di Hildebrandt chiarisce maggiormente la posizione psicologica di questi pensieri incompatibili, affermando che i sogni ci offrono uno sguardo occasionale nelle profondità e nei recessi della nostra natura che ci sono generalmente inaccessibili nella nostra vita da svegli. Kant esprime la stessa idea in un passo della sua Antropologia in cui dichiara che i sogni sembrano esistere proprio per mostrarci la nostra natura nascosta e per rivelarci non quello che siamo, ma quello che avremmo potuto essere se fossimo stati allevati differentemente. Anche Radestock afferma che i sogni molto spesso non fanno altro che rivelarci ciò che noi non vorremmo ammettere, e che è quindi sleale da parte nostra stigmatizzarli come bugiardi e ingannatori. Erdmann scrive: «I sogni non mi hanno mai mostrato che cosa dovrei pensare di un uomo; ma a volte ho imparato da un sogno che cosa io effettivamente penso di un uomo e quale è il mio atteggiamento verso di lui». Analogamente Fichte: «La natura dei nostri sogni ci dà un riflesso molto più veritiero della nostra posizione, di quanto potremmo apprendere dall'auto-osservazione nella vita da svegli». Vedremo che l'emergere di impulsi estranei alla nostra coscienza morale è semplicemente analogo al fatto, che già conosciamo, che i sogni hanno accesso al materiale rappresentativo, il quale manca nel nostro stato di veglia o vi ha solo un piccolo ruolo. Benini scrive, ad esempio: «Certe nostre inclinazioni, che si credevano soffocate e spente da un pezzo, si ridestano; passioni vecchie e sepolte rivivono; cose e persone a cui non pensiamo mai ci vengono dinanzi». E Volkelt: «Anche le rappresentazioni che sono entrate nella coscienza della veglia quasi senza essere notate, e che probabilmente non verranno mai richiamate alla memoria, annunciano attraverso i sogni la loro presenza nella mente». A questo punto possiamo infine ricordare l'affermazione di Schleiermacher, che l'atto di addormentarsi è accompagnato dalla presenza di « rappresentazioni involontarie» o immagini. Possiamo quindi riunire insieme come «rappresentazioni involontarie» tutto il materiale rappresentativo, il cui emergere nei sogni immorali e in quelli assurdi provoca in noi tanto smarrimento. Esiste comunque un'importante differenza: le rappresentazioni involontarie nella sfera etica contraddicono il nostro abituale atteggiamento, mentre le altre ci colpiscono solo come estranee. Nessun passo è stato fatto finora verso una conoscenza più profonda che possa risolvere questa distinzione. Ora sorge un nuovo problema riguardo al significato della presenza di rappresentazioni involontarie nei sogni, e riguardo ai possibili chiarimenti sulla psicologia della mente nella veglia e in sogno, dati dall'emergere di questi impulsi moralmente incompatibili durante la notte. E qui troviamo una nuova varietà di opinioni e un altro differente raggruppamento di autori. La linea di pensiero adottata da Hildebrandt e da altri che condividono la sua posizione fondamentale conduce inevitabilmente all'opinione che gli impulsi immorali possiedono un certo grado di influenza anche nella vita da svegli; ma si tratta di un'influenza che non riesce a diventare azione. Inoltre nel sonno viene a mancare qualcosa che agisce come inibizione durante il giorno e ci impedisce di renderci conto dell'esistenza di tali impulsi. Perciò i sogni rivelerebbero la vera natura dell'uomo, sebbene non tutta la sua natura, e costituirebbero un mezzo atto a rendere accessibile alla nostra conoscenza ciò che è celato nell'interno della mente. Solo su queste premesse Hildebrandt può attribuire ai sogni un potere ammonitore, che attira la nostra attenzione sulle tare morali della nostra mente, proprio come i medici ammettono che i sogni possano fare notare delle malattie fisiche inosservate. Così anche Spitta dev'essere della stessa opinione quando, parlando delle fonti di eccitazione che agiscono sulla mente (durante la pubertà, ad esempio), consola il sognatore assicurando che avrà fatto tutto ciò che è in suo potere se conduce una vita virtuosa da sveglio e se si cura di sopprimere i pensieri peccaminosi quando si manifestano, prevenendo il loro maturarsi e realizzarsi. Secondo questa concezione, potremmo definire le «rappresentazioni involontarie» come rappresentazioni che sono state «represse» durante il giorno e dovremmo considerare il loro sorgere come fenomeno esclusivamente psichico. Altri autori, comunque, ritengono che quest'ultima conclusione non sia giustificata. Jessen, ad esempio, ritiene che le rappresentazioni involontarie sia in sogno che da svegli e in stati febbrili e deliranti «abbiano il carattere di un'attività della volontà messa a riposo e di una successione più o meno meccanica di immagini e rappresentazioni provocata da impulsi interni». Tutto ciò che un sogno immorale dimostra per quanto riguarda la vita mentale del sognatore è, secondo Jessen, che in qualche occasione essa ha preso nota del contenuto rappresentativo in questione; ma non è certo un impulso mentale proprio del sognatore. Per quanto riguarda un altro autore, Maury, sembrerebbe che egli attribuisca alla condizione di sogno una capacità non di arbitraria distruzione dell'attività mentale, ma di analisi delle sue singole componenti. Egli scrive quanto segue sui sogni che oltrepassano i limiti della moralità: «Sono le nostre inclinazioni che parlano e ci fanno agire, senza che la coscienza ci trattenga, anche se a volte ci avverte. Io ho i miei difetti e le mie tendenze viziose; nello stato di veglia cerco di lottare contro di essi e mi succede abbastanza spesso di non soccombere. Ma nei miei sogni soccombo sempre o, per meglio dire, agisco secondo il loro impulso senza timore e senza rimorsi... Evidentemente le visioni che si svolgono davanti al mio pensiero e che costituiscono il sogno mi vengono suggerite dalle eccitazioni che sento e che la mia volontà assente non cerca di reprimere». Nessuno che creda nella capacità dei sogni di rivelare una tendenza immorale del sognatore, realmente presente ma rimossa e nascosta, potrebbe esprimere la sua opinione più acutamente di Maury: «In sogno l'uomo si rivela dunque tutto intero a se stesso nella sua nudità e miseria originaria. Dal momento in cui sospende l'esercizio della sua volontà diventa preda di tutte le passioni contro le quali, allo stato di veglia, la coscienza, il sentimento d'onore ed il timore ci difendono». In un altro passo leggiamo invece queste parole: «Nel sogno si rivela soprattutto l'uomo istintivo... Quando sogna, l'uomo ritorna per così dire allo stato di natura; ma quanto meno le idee acquisite sono penetrate nel suo spirito, tanto più le inclinazioni in disaccordo con esse conservano ancora su di lui l'influenza nel sogno». Poi prosegue riferendo come esempio che nei suoi sogni egli è spesso vittima proprio di quella superstizione che combatte con particolare veemenza nei suoi scritti. Queste acute riflessioni di Maury, comunque, perdono il loro valore nello studio della vita onirica, per il fatto che egli considera i fenomeni osservati con tanta attenzione come prove di un «automatismo psicologico», che secondo lui domina i sogni e che considera esattamente l'opposto dell'attività psichica. Stricker scrive: «I sogni non consistono unicamente in illusioni. Se, per esempio, si ha paura dei ladri in sogno, i ladri sono davvero immaginari, ma la paura è reale». Questo attira la nostra attenzione sul fatto che gli affetti in sogno non possono essere giudicati alla stessa stregua del resto del contenuto; e ci troviamo di fronte al problema di quale parte dei processi psichici che si manifestano nei sogni debba essere considerata reale, cioè abbia il diritto di essere inserita tra i Processi psichici della vita da (G) TEORIE E FUNZIONI DEL SOGNOQualsiasi enunciazione sui sogni che cerchi di spiegare il più possibile le loro caratteristiche osservate da un particolare punto di vista, e che nello stesso tempo definisca la posizione occupata dai sogni in una sfera più ampia di fenomeni, merita di essere chiamata teoria onirica. Ci si accorgerà che le varie teorie differiscono nel fatto che scelgono l'una o l'altra caratteristica del sogno come essenziale e la prendono come punto di partenza per le loro spiegazioni e correlazioni. Non si trae necessariamente una funzione del sogno (utilitaria o altro) dalla teoria. Tuttavia, poiché siamo portati a cercare spiegazioni teleologiche, accetteremo più prontamente teorie che siano collegate all'attribuzione di una funzione al sognare. Abbiamo già fatto conoscenza di varie posizioni che meritano più o meno di essere chiamate teorie oniriche in questo senso. La credenza degli antichi che i sogni fossero mandati dagli dèi per guidare le azioni degli uomini era una teoria onirica completa, che spiegava tutto quello che valeva la pena di sapere. Da quando i sogni sono diventati oggetto di ricerche scientifiche, si è sviluppato un numero considerevole di teorie, comprese alcune estremamente incomplete. Senza tentare un'enumerazione esauriente, possiamo cercare di dividere le teorie dei sogni, grosso modo, nei tre gruppi seguenti, a seconda delle fondamentali premesse riguardo la qualità e la natura dell'attività psichica nei sogni. 1. Ci sono teorie, come quella di Delboeuf, secondo le quali tutta l'attività psichica continua nei sogni. Esse ritengono che la mente non dorma ed il suo apparato resti intatto; ma, poiché si trova nelle condizioni dello stato di sonno, che differiscono da quelle della veglia, il suo funzionamento normale necessariamente produce risultati differenti durante il sonno. Da queste teorie sorge un problema, se esse siano in grado di dedurre tutte le differenze tra i sogni e il pensiero da svegli dalle condizioni dello stato di sonno. Inoltre non c'è possibilità che suggeriscano una funzione del sognare; non danno alcuna ragione del perché dovremmo sognare, del perché il complicato meccanismo dell'apparato mentale dovrebbe continuare ad operare anche se posto in situazioni per le quali non sembra designato. Fare un sonno senza sogni o svegliarsi, se intervengono degli stimoli che disturbano, sembrerebbero le uniche reazioni convenienti, piuttosto che la terza alternativa di sognare. 2. Ci sono teorie che, al contrario, presumono che i sogni implichino una diminuzione dell'attività psichica, un allentamento delle correlazioni e un impoverimento del materiale accessibile. Queste teorie comportano l'attribuzione al sonno di caratteristiche abbastanza differenti, per esempio, da quelle suggerite da Delboeuf. Il sonno, secondo tali teorie, ha un'influenza estesa sulla mente; non è che la mente si chiuda semplicemente al mondo esterno, ma piuttosto il sonno penetra nel meccanismo psichico e lo mette temporaneamente fuori uso. Se posso osare un paragone dalla sfera della psichiatria, il primo gruppo di teorie costruisce sogni sul modello della paranoia, mentre il secondo li fa rassomigliare a stati di debolezza e confusione mentale. La teoria secondo la quale solo un frammento dell'attività mentale trova espressione nei sogni, poiché essa è stata paralizzata dal sonno, è di gran lunga la più popolare fra gli autori medici e nel mondo scientifico in genere. Nei limiti in cui si può supporre che esista un interesse generale nella spiegazione dei sogni, questa si può considerare la teoria dominante. Si deve notare la facilità con cui questa teoria evita il peggiore ostacolo sulla via della spiegazione dei sogni, la difficoltà cioè di affrontare le contraddizioni che vi sono implicate. Essa considera i sogni come il risultato di una veglia parziale, «una veglia graduale, parziale, e nello stesso tempo fortemente anormale», per citare un'osservazione di Herbart sui sogni. Così questa teoria può servirsi di una serie di condizioni di veglia sempre crescente fino allo stato di veglia completa, per spiegare la serie di variazioni di efficienza dei funzionamento mentale nei sogni, dall'inefficienza rivelata dalla loro occasionale assurdità fino al funzionamento intellettuale pienamente concentrato. Coloro che non possono fare a meno di una definizione in termini fisiologici, o che ritengono più scientifica una definizione in tali termini, saranno soddisfatti dalla spiegazione di Binz: «Questa condizione [di torpore] si avvia alla fine nelle prime ore del mattino, ma solo gradualmente. I prodotti della fatica che si sono accumulati nell'albumina cerebrale diminuiscono gradualmente; una quantità sempre maggiore viene decomposta o eliminata dall'incessante flusso dì sangue che scorre. Qui e là gruppi separati di cellule cominciano a svegliarsi, mentre lo stato di torpore persiste ancora intorno a loro. Il lavoro isolato di questi gruppi separati appare ora alla nostra coscienza annebbiata senza il controllo delle altre parti del cervello che regolano il processo di associazione. Per questo motivo le immagini prodotte, che corrispondono per la maggior parte a impressioni materiali del passato più recente, vengono messe insieme in maniera incoerente e disordinata. La quantità di cellule cerebrali liberate aumenta costantemente e l'insensatezza dei sogni diminuisce corrispondentemente». Questa concezione del sognare come di uno stato di risveglio incompleto e parziale si può trovare certamente negli scritti di tutti i moderni fisiologi e filosofi. La più elaborata esposizione ce la presenta Maury: spesso sembra che quell'autore immagini che lo stato di veglia e lo stato di sonno possano essere spostati da una regione anatomica all'altra, essendo ogni particolare regione anatomica legata ad una particolare funzione psichica. Voglio far notare a questo punto solo che, anche se la teoria del risveglio parziale venisse confermata, i suoi dettagli resterebbero ancora molto confusi. Questa concezione naturalmente non rende possibile l'assegnazione di una qualsiasi funzione al sognare. La conclusione logica che ne segue riguardo la posizione ed il significato dei sogni è stata correttamente definita da Binz: «Tutti i fatti osservati ci spingono a concludere che i sogni devono essere caratterizzati come processi somatici, che sono in ogni caso inutili ed in molti casi decisamente patologici...». L'applicazione del termine «somatico» ai sogni, messo in corsivo dallo stesso Binz, ha più di un significato. Si riferisce in primo luogo all'enologia dei sogni che sembrava particolarmente plausibile a Binz, quando studiava la produzione sperimentale dei sogni mediante l'uso di sostanze tossiche. Infatti le teorie di questo genere implicano la tendenza a limitare per quanto è possibile l'origine dei sogni a cause somatiche. Messa nella forma più estrema sarebbe la concezione: una volta che ci siamo addormentati escludendo tutti gli stimoli, non c'è bisogno né occasione di sognare fino al mattino, quando il processo del graduale risveglio attraverso l'influsso dei nuovi stimoli potrebbe rispecchiarsi nel fenomeno del sogno. Tuttavia è impossibile mantenere il nostro sonno lontano dagli stimoli; essi agiscono sul dormiente da tutte le parti, come i germi vitali di cui si lamentava Mefistofele, dall'esterno, dall'interno e perfino da parti del corpo che passano inosservate nella vita da svegli. Così il sonno viene disturbato; prima un angolo della mente viene bruscamente svegliato, poi un altro; la mente funziona per un attimo con la sua parte sveglia, poi è felice di riaddormentarsi di nuovo. I sogni sono una reazione al disturbo del sonno provocato da uno stimolo, reazione, tra l'altro, abbastanza superflua. Ma descrivere il sogno, che dopo tutto quanto è stato detto e fatto resta una funzione della mente, come un processo somatico, implica anche un altro significato. Si vuole cioè mostrare che i sogni non meritano la dignità di processi psichici. Il sognare è stato spesso paragonato «alle dieci dita di un uomo che non sa nulla di musica, che vagano sulla tastiera di un pianoforte»; e questo paragone mostra meglio di ogni altro la specie di opinione che hanno del sogno i rappresentanti delle scienze esatte in genere. Secondo questa concezione un sogno sarebbe qualcosa di completamente ininterpretabile; infatti come potrebbero le dieci dita di un suonatore che ignora la musica produrre un brano musicale? Anche nel lontano passato non sono mancati i critici della teoria della veglia parziale. Così Burdach scrisse: «Quando si dice che i sogni sono un risveglio parziale, non si chiarisce né la veglia né il sonno, e si dice solo che alcune forze mentali sono attive nei sogni mentre altre sono a riposo. Ma una variabilità di questo tipo si verifica durante tuttala vita». Questa teoria dominante, che considera i sogni come un processo somatico, contiene in sé un'ipotesi davvero interessante, avanzata per la prima volta da Robert nel 1886. Essa è particolarmente attraente poiché è in grado di suggerire una funzione, uno scopo utile al sognare. Robert basa la sua teoria su due fatti dell'osservazione che abbiamo già considerato nel corso del nostro esame del materiale onirico, e cioè che sogniamo così spesso le impressioni più insignificanti del giorno e che molto raramente portiamo nei sogni i nostri interessi importanti del giorno. Robert dichiara universalmente vero che le cose su cui abbiamo riflettuto fino in fondo non diventano mai fonti di sogni, ma solo quelle che sono nella nostra mente in una forma incompleta o che sono state appena sfiorate dai nostri pensieri di sfuggita: «La ragione per cui è generalmente impossibile spiegare i sogni è precisamente che essi sono provocati da impressioni sensorie del giorno precedente che non hanno attirato a sufficienza l'attenzione del sognatore». Perciò la condizione che determina se un'impressione entrerà in un sogno è che il processo di elaborazione dell'impressione sia stato interrotto, o che l'impressione sia troppo insignificante per essere elaborata del tutto. Robert descrive i sogni come «un processo somatico di eliminazione del quale diventiamo consapevoli nella nostra reazione mentale ad esso». I sogni sono eliminazioni di pensieri che sono stati soffocati sul nascere. «Un uomo privo della capacità di sognare diventerebbe col passare del tempo malato di mente, poiché una gran massa di pensieri incompleti e non elaborati e di impressioni superficiali si accumulerebbe nel suo cervello, e sarebbe costretto dal loro peso ad eliminare i pensieri che dovrebbero essere assimilati nella sua memoria come entità complete». I sogni servono come una valvola di sicurezza per il cervello sovraccarico. Essi possiedono un potere terapeutico e ristoratore. Fraintenderemmo Robert se gli chiedessimo come mai la mente si risolleva attraverso le rappresentazioni oniriche. Ciò che Robert sta chiaramente facendo è dedurre da queste due caratteristiche del materiale onirico che in un modo o nell'altro un'espulsione di impressioni insignificanti si ottiene durante il sonno come processo somatico e che il sognare non è uno speciale tipo di processo psichico, ma semplicemente l'informazione che riceviamo di quell'espulsione. Inoltre l'eliminazione non è il solo fenomeno che si verifica durante la notte nella mente. Lo stesso Robert aggiunge che, oltre a questo, gli spunti del giorno precedente vengono elaborati e che «tutto il materiale grezzo che non viene espulso viene cucito in un insieme ben rifinito da fili di pensiero presi in prestito dall'immaginazione e così inserito nella memoria come un innocuo quadro fantastico». Ma la teoria di Robert è diametralmente opposta a quella dominante nella valutazione della natura delle fonti dei sogni. Secondo quest'ultima, non si sognerebbe affatto se la mente non venisse costantemente svegliata da stimoli sensori interni ed esterni. Ma secondo Robert l'impulso a sognare proviene dalla mente stessa, dal suo diventare sovraccarica e richiedere sollievo; ed egli conclude con perfetta logica che le cause derivanti dalle condizioni somatiche hanno un ruolo secondario nel determinare i sogni e che tali cause sarebbero completamente incapaci di provocare sogni in una mente in cui non ci fosse materiale per la loro costruzione derivato dalla coscienza vigile. La sola concessione che fa è di ammettere che le immagini fantastiche che sorgono nel sogno dalle profondità della mente possano essere influenzate da stimoli nervosi. Dopotutto, quindi, Robert non considera i sogni come completamente dipendenti da fenomeni somatici. Tuttavia, nella sua concezione i sogni non sono processi psichici, non hanno posto tra i processi psichici della vita da svegli; sono processi somatici che si verificano ogni notte nell'apparato dell'attività mentale ed hanno come funzione il compito di proteggere quell'apparato da eccessiva tensione o, per cambiare la metafora, di pulire la mente. Un altro autore, Yves Delage, basa la sua teoria sulle stesse caratteristiche del sogno, quali sono rivelate dalla scelta del materiale; ed è istruttivo osservare come una sottile variazione nella concezione delle stesse cose lo porti a conclusioni di portata completamente diversa. Delage racconta di aver sperimentato su di sé, in occasione della morte di una persona cara, il fatto che noi non sogniamo ciò che ha impegnato i nostri pensieri durante il giorno, almeno fino a quando ha ceduto il posto ad altre preoccupazioni. Le sue indagini presso altre persone gli hanno confermato la generalità di questo fatto. Egli fa un'osservazione interessante, se è generalmente valida, riguardo i sogni delle coppie di sposi novelli: «Se erano fortemente innamorati, non hanno quasi mai sognato l'uno dell'altro prima del matrimonio o durante la luna di miele; e se hanno sognato l'amore è stato per essere infedeli con qualche persona indifferente o odiosa». Allora che cosa sogniamo? Delage identifica il materiale che si presenta nei nostri sogni nei frammenti e residui d'impressioni dei giorni precedenti e di tempo prima. Tutto ciò che appare nei sogni, anche se al principio siamo portati a considerarlo una creazione della nostra vita onirica, si rivela, quando viene esaminato più attentamente, una riproduzione non riconosciuta (di materiale già vissuto), un «ricordo inconscio». Ma questo materiale rappresentativo possiede una caratteristica comune: proviene dalle impressioni che probabilmente hanno colpito i nostri sensi più fortemente della nostra intelligenza, o dalle quali la nostra attenzione è stata distolta subito dopo il loro sorgere. Quanto meno consapevole e nello stesso tempo più potente è stata un'impressione, tante più probabilità ha di entrare nel prossimo sogno. Qui abbiamo quelle che sono essenzialmente le stesse due categorie di impressioni sottolineate da Robert: quelle insignificanti e quelle che non sono state elaborate. Delage, comunque, dà una svolta differente alla situazione, poiché sostiene che tali impressioni non diventano idonee al sogno non perché insignificanti ma perché non elaborate. Anche le impressioni marginali, in un certo senso, non sono state completamente elaborate. Anche esse sono per loro natura come impressioni nuove, «tante molle tese» che si distenderanno nel sogno. Un'impressione potente, che per caso ha incontrato qualche ostacolo nell'essere elaborata o che è stata intenzionalmente respinta, ha più diritto di entrare nei sogni che un'impressione debole e quasi inosservata. L'energia psichica, che è stata accumulata durante il giorno per inibizioni e repressioni, diventa di notte la forza motrice dei sogni. Il materiale psichico che è stato represso viene alla luce nei sogni (Anatole France esprime esattamente la stessa idea in Le lys rouge: «Ciò che vediamo di notte sono i miseri resti di quello che abbiamo trascurato durante la veglia. Il sogno è spesso la vendetta di ciò che disprezziamo o il rimprovero degli esseri abbandonati».). A questo punto sfortunatamente il corso di pensiero di Delage si interrompe. Egli può attribuire ad un'attività psichica indipendente solo un piccolissimo contributo nei sogni; e allinea quindi la sua teoria a quella dominante della veglia parziale del cervello: «Insomma il sogno è il prodotto del pensiero errante, senza scopo e senza direzione, che si fissa successivamente sui ricordi che hanno conservato intensità sufficiente per porsi sulla strada e fermarlo al passaggio, stabilendo tra di essi un legame a volte debole e indeciso, a volte più forte e più stretto, a seconda che in quel momento l'attività del cervello sia più o meno abolita dal sonno». 3. Possiamo collocare in un terzo gruppo quelle teorie che attribuiscono alla mente che sogna la capacità e la tendenza a svolgere particolari attività psichiche che nella veglia è parzialmente o totalmente incapace di compiere. Il mettere in opera queste facoltà generalmente fornisce al sognare una funzione utile. La maggior parte delle valutazioni sul sogno degli psicologi più antichi ricadono in questa categoria. Mi basterà comunque citare un passo da Burdach. Sognare, egli scrive, «è un'attività naturale della mente che non viene limitata dal potere dell'individualità, che non viene interrotta dall'autocoscienza, né diretta dall'autodeterminazione, ma che è la vitalità dei centri sensori che operano liberamente». Questa baldoria della mente nel libero uso delle sue forze è evidentemente considerata da Burdach e dagli altri come la condizione in cui la mente si ristora e raccoglie nuove forze per il lavoro del giorno, dunque una specie di vacanza. Per questo Burdach cita approvandole le affascinanti parole con le quali il poeta Novalis loda il regno dei sogni: «I sogni sono uno scudo contro la solita monotonia della vita; essi liberano l'immaginazione dalle sue catene ed essa sovverte tutte le immagini del giorno e irrompe nella costante serietà degli adulti con i giochi allegri di un fanciullo. Senza i sogni invecchieremmo certamente prima; perciò possiamo considerarli forse non come un dono dall'alto, ma come un prezioso svago, come affabili compagni nel nostro pellegrinaggio alla tomba» {Heinrich von Ofterdingerì). La funzione vivificante e benefica dei sogni viene descritta con ancor maggiore insistenza da Purkinje: «Queste funzioni vengono eseguite proprio dai sogni produttivi: essi sono semplici giochi dell'immaginazione e non hanno alcun nesso con gli avvenimenti del giorno. La mente non ha voglia di prolungare le tensioni della vita da svegli, anzi vuole rilassarsi e riprendersi. Produce quindi soprattutto condizioni contrarie a quelle della veglia, cura il dolore con la gioia, le preoccupazioni con la speranza e con immagini di allegro svago, l'odio con l'amore e l'amicizia, la paura con il coraggio e la fiducia; allevia il dubbio con la convinzione e la ferma fede, l'attesa vana con la soddisfazione. Molte delle ferite dello spirito che vengono costantemente riaperte durante il giorno sono guarite dal sonno, che le copre e le protegge da nuove offese. L'azione terapeutica del tempo è basata in parte su questo». Abbiamo tutti la sensazione che il sonno abbia un effetto benefico sulle attività mentali, e l'oscura intuizione del sentimento popolare rifiuta di lasciarsi privare dell'opinione che i sogni siano uno dei modi in cui il sonno dispensa i suoi benefici. Il tentativo più originale e più approfondito di spiegare i sogni come una particolare attività della mente, capace di libera espansione solo durante lo stato di sonno, è stato intrapreso da Scherner nel 1861. Il suo libro è scritto in uno stile confuso e altisonante ed è ispirato da un entusiasmo quasi delirante per l'argomento, che ripugna chiunque non condivida il suo fervore. Egli rende così difficile l'analisi dei contenuti che ci rivolgiamo con sollievo all'esposizione più chiara e più breve che il filosofo Volkelt ha fatto delle dottrine di Scherner. «Suggestivi bagliori di significato avanzano come vampate di luce da questi agglomerati mistici, da queste nubi di gloria e di splendore -ma non illuminano il sentiero del filosofo». Con queste parole sono stati giudicati gli scritti di Scherner perfino dai suoi discepoli. Scherner non è tra quelli che credono che le capacità della mente restino integre nella vita del sogno. Egli stesso dimostra che il centro più intimo dell'Io, la sua energia spontanea, venga privata della sua forza nervosa nei sogni, che come risultato di questa decentralizzazione i processi della conoscenza, del sentimento, della volontà e dell'immaginazione vengono modificati, e che i resti di queste funzioni psichiche non possiedono più un carattere veramente spirituale, ma non diventano altro che meccanismi. D'altra parte, l'attività mentale che può essere descritta come «immaginazione», liberata dal dominio della ragione e da ogni controllo moderatore, s'innalza ad una posizione di sovranità illimitata. Anche se l'immaginazione del sogno si serve dei recenti ricordi della veglia come materiale di costruzione, essa li erige in strutture che non hanno la più remota rassomiglianza con quelle della veglia; essa rivela nei sogni di possedere poteri non solo riproduttivi ma anche produttivi. Sono le sue caratteristiche che danno un'impronta particolare al sogno. Essa mostra una preferenza per ciò che è smisurato, esagerato e mostruoso. Ma nello stesso tempo, essendo liberata dagli ostacoli delle categorie concettuali, ci guadagna in duttilità, agilità e versatilità. E sensibile nella maniera più sottile alle tenere sfumature del sentimento ed alle emozioni passionali, ed inserisce immediatamente la nostra vita intima in immagini plastiche esterne. L'immaginazione del sogno non possiede il linguaggio concettuale; deve esprimere visivamente ciò che ha da dire e, dal momento che non ci sono concetti che esercitino un'influenza attenuante, si serve con piena forza dell'espressione pittorica. Perciò, per quanto il discorso possa essere chiaro, è ampolloso, malfatto e goffo. La chiarezza del linguaggio viene diminuita particolarmente per la sua avversione a rappresentare un oggetto con la sua propria immagine e perché preferisce qualche immagine estranea che esprimerà solo quel particolare attributo dell'oggetto che vuole rappresentare. Questa è l'attività «simbolizzante» dell'immaginazione... Un altro fatto molto importante è che l'immaginazione del sogno non rappresenta le cose completamente, ma solo nei contorni e anch'essi nella maniera più vaga. Per questo motivo i suoi dipinti sono schizzi geniali. Non si ferma, tuttavia, alla mera rappresentazione di un oggetto; ma si trova nella necessità interiore dì legare in misura maggiore o minore l'Io del sogno all'oggetto creando quindi un intreccio. Per esempio, un sogno causato da uno stimolo visivo può rappresentare monete d'oro nella strada; il sognatore le raccoglierà beato e se le porterà via. Il materiale con il quale l'immaginazione del sogno compie il suo lavoro artistico è principalmente, secondo Scherner, fornito da quegli stimoli somatici organici che sono così oscuri durante il giorno. Quindi le ipotesi eccessivamente fantastiche avanzate da Scherner e le dottrine forse esageratamente aride di Wundt e di altri fisiologi, che sono agli antipodi sotto altri aspetti, coincidono nell'ipotesi delle fonti e degli stimoli dei sogni. Secondo la teoria fisiologica, tuttavia, la reazione mentale agli stimoli somatici interni si esaurisce all'evocare determinate rappresentazioni appropriate agli stimoli; queste rappresentazioni, per associazione, ne fanno sorgere altre e a questo punto la ricerca degli eventi psichici nei sogni sembra essere arrivata alla fine. Secondo Scherner, d'altra parte, gli stimoli somatici non fanno altro che fornire alla mente il materiale di cui essa si può servire per i suoi scopi rappresentativi. La formazione dei sogni, per Scherner, comincia solo nel punto che gli altri autori considerano la fine. Naturalmente ciò che l'immaginazione del sogno fa con gli stimoli somatici non si può considerare di alcuna utilità. Gioca con essi e raffigura la fonte organica, dalla quale si originano in una specie di simbolismo plastico. Scherner è dell'opinione (anche se a questo punto Volkelt ed altri si rifiutano di seguirlo) che l'immaginazione del sogno prediliga in particolare un modo di rappresentare l'organismo nel suo complesso: mediante l'immagine di una casa. Fortunatamente, però, non sembra limitata a quest'unico metodo di rappresentazione. Può servirsi, al contrario, di un'intera fila di case per indicare un unico organo; per esempio, una strada molto lunga affiancata da case Può rappresentare uno stimolo intestinale. Altre volte, parti separate di una casa possono indicare diverse parti del corpo; così, in un sogno causato dal mal di testa, la testa può essere rappresentata dal soffitto di una stanza coperto di ragni disgustosi che assomigliano a rospi. Tralasciando questo simbolismo della casa, qualsiasi altro oggetto può essere usato per rappresentare le parti del corpo dalle quali è venuto lo stimolo al sogno. «Così i polmoni che respirano saranno rappresentati simbolicamente da una fornace infuocata, le cui fiamme fanno il rumore dei passaggio dell'aria; il cuore sarà rappresentato da scatole o cestini vuoti, la vescica da oggetti rotondi, a forma di borsa o, più generalmente, cavi. Un sogno causato da stimoli provenienti dall'organo sessuale maschile fa sì che il sognatore trovi in strada la parte superiore di un clarinetto o il fornello di una pipa, e accanto una pelliccia. Qui il clarinetto e la pipa rappresentano approssimativamente l'organo maschile e la pelliccia i peli del pube. Nel caso del sogno sessuale in una donna, lo spazio stretto fra le cosce chiuse può essere rappresentato da uno stretto cortile circondato da case, mentre la vagina può essere simbolizzata da un sentiero soffice, scivoloso e molto angusto che attraversa il cortile, lungo il quale la sognatrice deve passare per portare, per esempio, una lettera ad un uomo». È particolarmente importante che alla fine di sogni con uno stimolo somatico, come questi, l'immaginazione del sogno spesso getta via il suo velo, rivelando quasi apertamente l'organo in questione o la sua funzione. Così il sogno con «uno stimolo dentario» generalmente termina con il sognatore che si estrae un dente. L'immaginazione del sogno, comunque, può non rivolgere l'attenzione solo alla forma dell'organo stimolatore, e simbolizzare egualmente bene la sostanza contenuta in quell'organo. In tal modo, un sogno con uno stimolo intestinale può condurre il sognatore per strade infangate, oppure uno con uno stimolo urinario può condurlo ad una corrente schiumosa. O possono essere rappresentati simbolicamente lo stimolo in sé, la natura dell'eccitazione che produce, o l'oggetto desiderato. Oppure l'Io del sogno può entrare in un rapporto concreto con i simboli del proprio stato; per esempio, nel caso di stimoli dolorosi il sognatore può intraprendere una lotta disperata con cani feroci o con tori infuriati, mentre una donna in un sogno sessuale può trovarsi inseguita da un uomo nudo. Tralasciando la ricchezza dei mezzi impiegati, l'attività simbolizzante dell'immaginazione resta il fulcro di ogni sogno. Volkelt tentò nelle pagine del suo libro di penetrare più profondamente nella natura dell'immaginazione e di collocarla in un sistema di pensiero filosofico. Ma, anche se scritto bene e con calore, il libro resta eccessivamente difficile da comprendere a chiunque la precedente educazione non abbia preparato un intuito sensibile agli schemi concettuali filosofici. Non c'è alcuna funzione utile collegata all'immaginazione simbolizzante di Scherner. La mente gioca nel suo sonno con gli stimoli che la colpiscono. Si potrebbe quasi sospettare che giochi con essi maliziosamente. Ma mi si potrebbe anche domandare se il mio dettagliato esame della teoria dei sogni di Scherner possa servire a qualche scopo utile, dato che il suo carattere arbitrario e la sua disobbedienza a tutte le regole di ricerca sono fin troppo evidenti. Potrei replicare protestando contro l'arroganza che vorrebbe liquidare la teoria di Scherner senza averla esaminata. Essa si basa sulle impressioni prodotte dai sogni in un uomo che li considerava con la più grande attenzione e che sembra aver avuto una significativa attitudine personale per la ricerca sui fenomeni oscuri della mente. Inoltre essa tratta di un argomento che per millenni è stato considerato dall'uomo misterioso ma, senza dubbio, anche importante in sé e per le sue conseguenze: un argomento alla cui delucidazione la scienza esatta, per propria ammissione, ha contribuito ben poco, tranne un tentativo (in diretta opposizione con il sentimento popolare) di negargli qualsiasi significato. Ed infine si può dire onestamente che nel tentativo di spiegare i sogni è difficile evitare di essere fantasiosi. Anche le cellule del cervello possono essere fantastiche. Il passo citato prima, di uno scrittore sobrio e misurato quale Binz, che descrive il modo in cui l'aurora del risveglio sorprende la massa di cellule addormentate nella corteccia cerebrale, non è meno fantastico e meno improbabile dei tentativi di interpretazione di Scherner. Spero di poter dimostrare che dietro questi ultimi esiste un elemento di realtà, anche se è stato percepito solo vagamente e manchi del carattere di universalità che dovrebbe caratterizzare una teoria dei sogni. Intanto il contrasto tra la teoria di Scherner e quella medica ci mostrerà gli estremi tra i quali le spiegazioni della vita onirica oscillano dubbiosamente ancora oggi. (H) RAPPORTO TRA I SOGNI E LE MALATTIE MENTALIQuando parliamo dei rapporti tra i sogni e le malattie mentali, possiamo riferirci a tre cose: 1. nessi etiologi e clinici, per esempio quando un sogno rappresenta uno stato psicotico, o lo inizia, o lo segue; 2. modificazioni alle quali è soggetta la vita onirica in caso di malattia mentale; 3. nessi intrinseci tra sogni e psicosi, analogie dovute alla loro essenziale affinità. Queste numerose relazioni tra i due gruppi di fenomeni sono state l'argomento preferito degli studiosi medici in tempi passati, e lo sono di nuovo oggi, come dimostrano le bibliografie sull'argomento raccolte da Spitta, Radestock, Maury e Tissié. Piuttosto recentemente Sante De Sanctis ha rivolto la sua attenzione a questo tema. Sarà sufficiente per la mia tesi sfiorare appena questo importante argomento. Per quanto riguarda i nessi clinici ed etiologici tra i sogni e le psicosi, possono servire da esempio le seguenti osservazioni. Honbaum, citato da Krauss, riferisce che la prima esplosione di follia spesso ha origine da un sogno angoscioso o terrificante e che l'idea dominante è collegata al sogno. Sante De Sanctis riporta osservazioni simili in casi di paranoia e dichiara che alcuni di questi sogni sono la «vera causa determinante della follia». La psicosi, dice de Sanctis, può presentarsi improvvisamente con l'apparire del sogno operativo che porta alla luce il materiale allucinativo; o può svilupparsi lentamente attraverso una serie di sogni ulteriori, che devono ancora superare molti dubbi. In uno dei suoi casi il sogno perturbatore era seguito da leggeri attacchi isterici e poi da uno stato di melanconia ansiosa. Féré (citato da Tissié) racconta un sogno che ebbe come conseguenza una paralisi isterica. In questi casi i sogni sono rappresentati come l'etiologia del disordine mentale; ma resteremmo ugualmente nel vero dicendo che il disordine mentale ha fatto la sua prima apparizione nella vita onirica, che dapprima si è insinuato in un sogno. In alcuni casi i sintomi patologici sono contenuti nella vita onirica, o la psicosi è limitata alla vita onirica. Così Thomayer attira l'attenzione su certi sogni angosciosi che secondo lui dovrebbero essere considerati come equivalenti di attacchi epilettici. Allison (citato da Radestock) ha descritto una «pazzia notturna», nella quale il paziente appare completamente sano durante il giorno, mentre di notte è regolarmente soggetto ad allucinazioni, crisi di furore ecc. Osservazioni simili sono state riferite da de Sanctis (un sogno paranoico in un paziente etilista, formato da voci che accusavano la moglie di infedeltà) e da Tissié. Quest'ultimo dà numerosi esempi recenti in cui atti di natura patologica (condotta delirante, impulsi coatti) derivavano da sogni. Guislain descrive un caso in cui il sonno era sostituito da una pazzia intermittente. Non c'è dubbio che, parallelamente alla psicologia del sogno, i medici dovranno un giorno rivolgere la loro attenzione ad una psicopatologia del sogno. In casi di guarigione da malattie mentali si può spesso osservare chiaramente che, mentre le funzioni sono sane durante il giorno, la vita onirica rimane sotto l'influenza della psicosi. Secondo Krauss, Gregory fu il primo ad attirare l'attenzione su questo fatto. Macario, citato da Tissié, racconta di un soggetto maniacale che, una settimana dopo la sua completa guarigione, era ancora soggetto nei suoi sogni alla fuga di idee e alle violente passioni che erano caratteristiche della sua famiglia. Ben poche ricerche sono state finora condotte sulle modificazioni che si verificano nella vita onirica durante le psicosi croniche. D'altra parte da lungo tempo è stata richiamata l'attenzione sull'affinità intima tra sogni e malattie mentali, che si rivela nell'ampia concordanza delle loro manifestazioni. Maury dice che il primo a rilevarla fu Ca-banis e dopo di lui Lélut, J. Moreau e, in particolare, il filosofo Maine de Biran. Senza dubbio il confronto risale a tempi ancora più lontani. Radestock inizia il capitolo nel quale ne tratta con delle citazioni che stabiliscono un'analogia tra i sogni e la pazzia. Kant dice in un punto: « Il pazzo è un sognatore sveglio». Krauss dichiara che «la pazzia è un sogno sognato mentre i sensi sono svegli». Schopenhauer chiama i sogni una breve follia e la follia un lungo sogno. Hagen descrive il delirio come vita onirica prodotta non dal sonno ma da malattia. Wundt scrive: «Noi stessi, in realtà, possiamo sperimentare nei sogni quasi tutti quei fenomeni che si verificano nei manicomi». Spitta, in maniera molto analoga a Maury, enumera i diversi punti di concordanza che costituiscono la base per questo confronto, secondo quanto segue: «1. l'autocoscienza viene sospesa o almeno rallentata, dal che deriva la mancanza di consapevolezza del nostro stato, con conseguente incapacità di sentirsi sorpresi e perdita di coscienza morale; 2. la percezione degli organi sensori viene modificata: in genere diminuisce nei sogni, ma aumenta notevolmente nella pazzia; 3. la relazione interna fra le rappresentazioni segue esclusivamente le leggi dell'associazione e della riproduzione, il che comporta la formazione di serie automatiche cui consegue uno squilibrio di rapporti fra le rappresentazioni (esasperazioni, fantasmi). Da tutto ciò deriva: 4. un' alterazione o in alcuni casi un'inversione di personalità e occasionalmente delle peculiarità del carattere (perversioni)». Radestock aggiunge alcune altre caratteristiche, qualche analogia nel materiale in entrambi i casi: «La maggioranza delle allucinazioni e delle illusioni si verifica nel campo della vista, dell'udito e della sensibilità generale. Come per i sogni, l'olfatto e il gusto danno pochissimi elementi. Sia nei deliri dell'ammalato febbricitante che nei sogni, ritornano ricordi del lontano passato; gli uomini addormentati e quelli malati ricordano cose che gli uomini svegli e quelli sani sembrano aver dimenticato». L'analogia tra i sogni e le psicosi è apprezzata pienamente solo quando si estende ai dettagli del movimento espressivo e a particolari caratteristiche dell'espressione del viso. «Un uomo tormentato da sofferenze fisiche e mentali ottiene dai sogni ciò che la realtà gli nega: la salute e la felicità. Così anche nella malattia mentale ci sono allegre immagini di felicità, nobiltà e ricchezza. Il presunto possesso di beni e l'immaginaria soddisfazione dei desideri, il cui rifiuto o il cui annullamento hanno fornito effettivamente la base psicologica della pazzia, spesso costituiscono il contenuto principale del delirio. Una donna che ha perso il figlio amato prova le gioie della maternità nel suo delirio; un uomo che ha perso il suo denaro si crede immensamente ricco; una fanciulla che è stata ingannata si sente teneramente amata». (Questo brano di Radestock è il riassunto di un'acuta osservazione di Griesinger, che dimostra abbastanza chiaramente che le idee nei sogni e nelle psicosi hanno in comune la caratteristica di essere Vappagamento dei desideri. Le mie stesse ricerche mi hanno insegnato che in questo fenomeno giace la chiave per una teoria psicologica dei sogni e delle psicosi insieme). «La principale caratteristica dei sogni e della pazzia si trova nelle eccentriche serie di pensieri e nella loro debolezza di giudizio». In entrambi gli stati troviamo una sopravvalutazione delle attività mentali del soggetto, che sembra assurda a un giudizio obiettivo; la rapida sequenza di rappresentazioni nei sogni corrisponde alla fuga di idee nelle psicosi. In entrambe manca completamente il senso del tempo. Nel sogno la personalità può essere spaccata in due, per esempio quando la conoscenza del sognatore è divisa fra due persone e quando, nel sogno, l'Io estraneo corregge quello vero. Questo è precisamente equivalente alla scissione di personalità che ci è nota nella paranoia allucinatoria; anche il sognatore sente i suoi pensieri pronunciati da voci estranee. Perfino le idee deliranti fisse hanno la loro analogia con i sogni patologici ricorrenti stereotipati (le rive obsédant). Non accade raramente che, guariti da un delirio, i pazienti dicano che tutto il periodo della malattia è sembrato loro un sogno non spiacevole: anzi riferiranno a volte che perfino durante la malattia hanno occasionalmente avuto la sensazione di essere solo imprigionati in un sogno, come accade spesso nei sogni veri. Dopo tutto questo, non sorprende che Radestock riassuma le sue opinioni e quelle di molti altri dichiarando che «la pazzia, fenomeno patologico anormale, deve essere considerata un'intensificazione della normale condizione del sogno, periodicamente ricorrente». Krauss ha cercato di stabilire, tra i sogni e la pazzia, quella che è forse una relazione ancora più stretta di quanto possa essere dimostrato mediante l'analogia tra queste manifestazioni esteriori. Egli individua questa relazione nella loro eziologia o piuttosto nella fonte del loro stimolo. L'elemento fondamentale comune ai due stati, secondo lui, come abbiamo visto, consiste nelle sensazioni organicamente determinate, nelle sensazioni derivate da stimoli somatici, nella sensibilità generale, che si basa sul contributo di tutti gli organi. L'indiscutibile analogia tra i sogni e la follia, così come si estende ai dettagli in particolare, è uno dei più potenti sostegni della teoria medica della vita onirica, che considera il sognare come un inutile processo disturbatore e come l'espressione di un'attività ridotta dalla mente. Tuttavia non ci si deve aspettare che troveremo la definitiva spiegazione dei sogni partendo dai disturbi psichici; infatti è generalmente riconosciuto l'insoddisfacente stato della nostra conoscenza riguardo all'origine di questi ultimi. È abbastanza probabile, al contrario, che un cambiamento di atteggiamento riguardo ai sogni influenzerà nello stesso tempo le nostre opinioni sul meccanismo interno dei disordini mentali, e che lavoreremo per la spiegazione delle psicosi mentre stiamo cercando di chiarire il mistero dei sogni. Poscritto del 1909 Il fatto che io non abbia esteso l'esame della letteratura sui problemi del sogno al periodo intercorso tra la prima e la seconda edizione del mio libro richiede una spiegazione. Forse non sarà soddisfacente per il lettore, ma per me è stata decisiva. I motivi che mi avevano indotto ad esporre la trattazione del sogno degli autori precedenti si sono esauriti con questo capitolo introduttivo; continuare questo lavoro sarebbe stata per me una grande fatica ed il risultato sarebbe stato molto poco utile o istruttivo. Infatti i nove anni trascorsi non hanno prodotto niente di nuovo o di valido riguardo ai dati di fatto o alle opinioni che avrebbero potuto chiarire l'argomento. Nella maggior parte delle pubblicazioni che sono apparse durante l'intervallo il mio lavoro non è stato citato né preso in considerazione. Ha ricevuto naturalmente ancor meno attenzione da parte di quelli che sono impegnati nella cosiddetta «ricerca» sui sogni, dando così un brillante esempio dell'avversione ad imparare qualcosa di nuovo che è caratteristica degli uomini di scienza. Con parole ironiche Anatole France dice: «Les savants ne sont pas curieux» [I saggi non sono curiosi]. Se nel mondo della scienza esistesse il diritto di rivalsa, sarei certamente giustificato a mia volta a trascurare la letteratura che è apparsa dalla pubblicazione di questo libro. Le poche notizie apparse nelle riviste scientifiche mostrano una tale mancanza di comprensione e tanti malintesi che potrei solo rispondere ai critici suggerendo loro di rileggere il mio libro, o forse solo di leggerlo. Moltissimi sogni sono stati pubblicati e analizzati secondo le mie indicazioni negli scritti di quei medici che hanno deciso di adottare il procedimento terapeutico psicoanalitico e di altri autori. Nella misura in cui questi scritti sono andati al di là della mera conferma delle mie opinioni, ho incluso i loro risultati nel corso della mia esposizione. Ho aggiunto una seconda bibliografia alla fine del volume contenente una lista dei più importanti lavori che sono apparsi da quando questo libro è stato pubblicato per la prima volta. L'ampia monografia sui sogni di Sante De Sanctis, di cui è apparsa una traduzione in tedesco subito dopo l'edizione originale, è stata pubblicata quasi contemporaneamente alla mia Interpretazione dei sogni, e quindi né io né l'autore italiano abbiamo potuto commentare reciprocamente il nostro lavoro. Sfortunatamente non ho potuto fare a meno di concludere che il suo coscienzioso lavoro manca totalmente di idee, al punto che non farebbe nemmeno sospettare l'esistenza dei problemi che ho trattato. Due sole pubblicazioni voglio citare, che si sono avvicinate al mio modo di trattare i problemi dei sogni. Hermann Swoboda, un giovane filosofo, ha intrapreso il compito di estendere agli eventi psichici la scoperta di una periodicità biologica (in periodi di 23 e 28 giorni) fatta da Wilhelm Fliess. Nel corso del suo lavoro assai fantasioso, egli ha cercato di usare questa chiave per la soluzione, tra gli altri problemi, del mistero del sogno. I suoi risultati sembrano sottovalutare il significato dei sogni; il contenuto di un sogno, secondo lui, si deve spiegare come un accumularsi di tutti i ricordi che, nella notte del sogno, completano per la prima volta o per l'ennesima volta uno di questi periodi biologici. Una personale comunicazione dell'autore mi fece supporre al principio che egli stesso non prendesse più sul serio questa teoria, ma sembra che questa fosse una conclusione sbagliata da parte mia. Più avanti riferirò delle osservazioni che ho fatto in merito ai suggerimenti di Swoboda, ma che non mi hanno portato ad alcuna convincente conclusione. Mi ha fatto più piacere scoprire per caso una concezione dei sogni che coincide interamente con il nucleo della mia teoria. E impossibile per motivi cronologici che tale posizione sia stata influenzata dal mio libro. Devo quindi salutarla come l'unico esempio accessibile nella letteratura di un pensatore indipendente che sia d'accordo con l'essenza della mia teoria dei sogni. Il libro che contiene il brano sui sogni di cui ho parlato è apparso nella sua seconda edizione nel 1900 con il titolo Phantasien eines Reali-sten di «Lynkeus». (Prima edizione, 1899). Poscritto del 1914La precedente apologia è stata scritta nel 1909. Devo ammettere che da allora la situazione è cambiata; il mio contributo al non viene più trascurato dagli altri autori. Il nuovo stato di cose, comunque, esclude per me la possibilità di estendere la precedente esposizione bibliografica. ha sollevato tutta una serie di nuove considerazioni e problemi che sono stati discussi in molti modi. Non posso dunque riferirmi a questi lavori prima di aver esposto le mie teorie sulle quali essi si basano. Tratterò quindi di tutto ciò che mi sembra abbia valore nella letteratura più recente nel corso dell'esposizione seguente. La precedente apologia è stata scritta nel 1909. Devo ammettere che da allora la situazione è cambiata; il mio contributo al non viene più trascurato dagli altri autori. Il nuovo stato di cose, comunque, esclude per me la possibilità di estendere la precedente esposizione bibliografica. ha sollevato tutta una serie di nuove considerazioni e problemi che sono stati discussi in molti modi. Non posso dunque riferirmi a questi lavori prima di aver esposto le mie teorie sulle quali essi si basano. Tratterò quindi di tutto ciò che mi sembra abbia valore nella letteratura più recente nel corso dell'esposizione seguente.
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