5. Il materiale e le fonti dei sogni |
Quando l'analisi del sogno dell'iniezione a Irma ci mostrò che un sogno poteva essere l'appagamento di un desiderio, ci interessammo esclusivamente al problema dell'universalità o meno di tale caratteristica dei sogni e reprimemmo per il momento la nostra curiosità per tutti gli altri problemi scientifici che potevano sorgere nel corso del lavoro di interpretazione. Avendo seguito quella via fino alla fine, possiamo ora ritornare indietro e scegliere un altro punto di partenza per i nostri vagabondaggi attraverso i problemi della vita onirica: per il momento possiamo lasciare da parte l'argomento della soddisfazione del desiderio, anche se non lo abbiamo ancora esaurito. Ora che l'applicazione del nostro sistema per l'interpretazione dei ogni ci permette di scoprire un contenuto latente di gran lunga più significativo di quello manifesto, si solleva all'improvviso la pressante incombenza di riesaminare uno per uno i diversi problemi dei sogni per vedere se siamo ora in grado di trovare soluzioni soddisfacenti per gli enigmi e le contraddizioni che sembravano inaccessibili quando eravamo a conoscenza del solo contenuto manifesto. Nel primo capitolo ho dato un resoconto dettagliato delle opinioni di fonti autorevoli sulla relazione intercorrente tra i sogni e la vita da svegli e sull'origine del materiale onirico. I miei lettori ricorderanno senza dubbio anche le tre caratteristiche della memoria nei sogni, che sono state tanto spesso citate, ma mai spiegate: 1. I sogni mostrano una palese preferenza per le impressioni dei giorni immediatamente precedenti (Robert, Strümpell, Hildebrandt, Hallarn e Weed). 2. Essi compiono la loro selezione secondo princìpi diversi da quelli della memoria della veglia: infatti non ricordano ciò che è essenziale ed importante, ma ciò che è secondario e inosservato. 3. Hanno a loro disposizione le primissime impressioni dell'infanzia e ripresentano dei dettagli di quel periodo della nostra vita che di nuovo ci sembrano insignificanti e che, quando siamo svegli, siamo convinti di aver dimenticato da lungo tempo. (L'opinione di Robert che lo scopo dei sogni sia di scaricare la nostra memoria delle impressioni inutili del giorno è chiaramente insostenibile, se delle immagini mnesti-che indifferenti dell'infanzia appaiono frequentemente nei sogni. Altrimenti potremmo solo concludere che i sogni eseguono la loro funzione molto inadeguatamente.) Tutte queste caratteristiche che i sogni mostrano nella scelta del materiale sono state evidentemente studiate dagli autori precedenti solo in relazione al loro contenuto manifesto. (A) MATERIALE RECENTE ED INDIFFERENTE NEI SOGNISe esamino la mia esperienza personale riguardo all'origine degli elementi compresi nel contenuto del sogno, devo cominciare con l'affermare che è possibile trovare in ogni sogno un punto di contatto con le esperienze del giorno precedente. Questa opinione mi viene confermata da ogni sogno che esamino, sia mio che di altri. Tenendo presente questo, posso, all'occorrenza, cominciare l'interpretazione di un sogno cercando l'avvenimento del giorno precedente che lo ha provocato; anzi, in molti casi questo è il metodo più semplice. Nei due sogni che ho analizzato, in particolare negli ultimi capitoli (il sogno dell'iniezione a Irma e il sogno di mio zio con la barba gialla) la relazione con il giorno precedente è così evidente da non richiedere ulteriori osservazioni. Ma, per dimostrare con quale regolarità una tale relazione si può rintracciare, sfogherò la mia raccolta di sogni e farò qualche esempio. Citerò solo quella parte del sogno sufficiente ad indicare la fonte che stiamo cercando: 1. Andavo a far visita in una casa dove ebbi difficoltà ad essere ammesso...; nel frattempo facevo attendere una signora. Fonte: la sera prima avevo conversato con una parente e le avevo detto che avrebbe dovuto attendere, per un acquisto che voleva fare, fino a... ecc. 2. Avevo scritto una monografia su una certa (indistinta) specie di piante. Fonte: quella mattina avevo visto una monografia sul genere ciclamino nella vetrina di una libreria. 3. Vidi due donne per la strada, madre e figlia, di cui l'ultima era mia paziente. Fonte: una mia paziente mi aveva raccontato la sera prima che la madre faceva difficoltà alla continuazione della cura. 4. Nella libreria di S. e R. facevo l'abbonamento ad un periodico che costava venti fiorini all'anno. Fonte: il giorno prima mia moglie mi aveva ricordato che le dovevo ancora venti fiorini per le spese settimanali di casa. 5. Ricevevo una comunicazione dal comitato socialdemocratico che si rivolgeva a me come se ne fossi un membro. Fonte: avevo ricevuto contemporaneamente delle comunicazioni dal Comitato Elettorale Liberale e dal Consiglio della Lega Umanitaria di cui ero effettivamente membro. 6. Un uomo su uno scoglio in mezzo al mare, alla maniera di BÖCKLIN. Fonte: Dreyfus sull 'Isola del Diavolo; e nello stesso tempo avevo ricevuto notizie dei miei parenti in Inghilterra ecc. Ci si può chiedere se siano inevitabilmente i fatti del giorno immediatamente precedente che stabiliscono il punto di contatto con il sogno o se ci si possa riferire ad impressioni provenienti da un tempo più lontano dell'immediato passato. È improbabile che questa questione abbia importanza teorica; tuttavia per conto mio deciderei in favore dell'esclusività dei diritti del giorno immediatamente precedente il sogno, di cui parleremo come del «giorno del sogno». Ogni volta che sembrava a prima vista che la fonte del sogno fosse un'impressione di due o tre giorni prima, un'indagine approfondita mi ha convinto che l'impressione era stata richiamata alla mente il giorno precedente e che era quindi possibile dimostrare che una riproduzione dell'impressione, avvenuta il giorno prima, si poteva inserire tra il giorno originale dell'evento ed il momento del sogno; e inoltre mi è stato possibile ritrovare l'occasione che, il giorno precedente, mi ha fatto ricordare l'antica impressione. D'altra parte, non sono convinto che ci sia un intervallo regolare di rilevanza biologica tra l'impressione provocatrice del giorno e il suo ricorrere nel sogno. (Swoboda ha parlato a riguardo di un periodo iniziale di 18 ore). (Come ho detto in un poscritto al primo capitolo, Hermann Swoboda ha fatto un'ampia applicazione in campo psichico degli intervalli biologici di 23 e 28 giorni scoperti da Wilhelm Fliess. Ha asserito in particolare che questi periodi determinano la comparsa di elementi nel sogno. Se questo fenomeno venisse dimostrato, non implicherebbe delle modifiche fondamentali all'interpretazione dei sogni; apporterebbe solo una nuova fonte per l'origine del materiale onirico. Tuttavia ho fatto recentemente delle indagini sui mìei sogni per vedere fino a che punto si può applicare la teoria delle «periodicità». A questo scopo ho scelto alcuni elementi onirici ben delineati, di cui potevo stabilire con certezza il periodo di comparsa nella mia vita reale. I. Sogno dell'1-2 ottobre, 1910 (Frammento)... Da qualche parte in Italia. Tre figlie mi stavano mostrando delle piccole curiosità, come se stessimo in un negozio di antiquariato, e mi si erano sedute in grembo. Osservai a proposito di uno degli oggetti: «Ma quello ve l'ho dato io», e vidi chiaramente davanti a me un piccolo rilievo di profilo con i tratti ben delineati di Savonarola. Quando avevo visto l'ultima volta un ritratto di Savonarola? Il mio diario di viaggio diceva che ero stato a Firenze il 4 e il 5 settembre. Quando mi trovavo lì, pensai di mostrare al mio compagno di viaggio il medaglione con il ritratto del monaco fanatico, lasciato sul selciato di piazza della Signoria, che indica il luogo in cui egli fu bruciato. Glielo mostrai, credo, il mattino del 3. Tra questa impressione e la sua ricomparsa nel sogno passarono 27+1 giorni, il «periodo femminile» di Fliess. Sfortunatamente però questo esempio non è conclusivo, poiché devo aggiungere che il giorno del sogno mi venne a trovare (per la prima volta da quando ero tornato) un mio collega molto abile, ma dall'aspetto tetro, che anni prima avevo soprannominato «rabbino Savonarola». Egli mi presentò un paziente che subiva le conseguenze di un incìdente sul treno di Pontebba, sul quale io stesso avevo viaggiato una settimana prima, e quindi i miei pensieri si rivolsero al mio recente viaggio in Italia. La presenza nel contenuto del sogno dell'elemento «Savonarola» è quindi spiegata dalla visita del mio collega il giorno del sogno e l'intervallo di 28 giorni perde il suo significato. II. Sogno del 10-11 ottobre, 1910 Ero ancora una volta impegnato con dei lavori di chimica nel laboratorio dell'Università. Il consigliere L. mi invitò ad andare da qualche parte e camminò davanti a me lungo il corridoio, tenendo una lampadina o qualche altro oggetto nella sua mano alzata e con la testa in avanti in una posizione particolare, e lo sguardo acuto (volto lontano?). Poi attraversammo uno spazio aperto... (Il resto è dimenticato). Il punto più rilevante nel contenuto di questo sogno era il modo in cui il consigliere L. teneva la lampada (o lente d'ingrandimento) davanti a sé, mentre gli occhi scrutavano lontano. Erano passati molti anni da quando l'avevo visto l'ultima volta; ma sapevo dal principio che era solo un sostituto di un altro personaggio, qualcuno più grande di lui: Archimede, la cui statua si trova vicino alla fontana di Aretusa a Siracusa proprio in quella posizione, tenendo in mano la lente e scrutando verso l'esercito dei Romani che avevano posto l'assedio. Quando avevo visto quella statua per la prima (e ultima) volta? Secondo il mio diario era stato la sera del 17 settembre; e tra quella data e il giorno del sogno erano passati 13+10 = 23 giorni, il «periodo maschile» di Fliess. Sfortunatamente, se approfondiamo l'interpretazione di questo sogno, scopriamo di nuovo che la coincidenza perde in parte il suo valore. Lo spunto del sogno era stato la notizia ricevuta il giorno del sogno che la clinica, nella cui sala io potevo fare le mie conferenze, sarebbe stata trasferita tra breve in un'altra località. Davo per scontato che la nuova situazione sarebbe stata molto scomoda e mi dicevo che in tal caso sarebbe stato come non avere affatto una sala a disposizione. Da quel punto i miei pensieri devono essere risaliti al principio della mia carriera universitaria, quando in realtà non avevo una sala per fare lezione e i miei sforzi per averne una non trovarono favore da parte dei potenti consiglieri e professori. In tale circostanza ero andato da L., che a quel tempo era decano della facoltà e che pensavo fosse ben disposto nei miei riguardi, per lamentarmi delle mie difficoltà. Egli promise di aiutarmi, ma non si fece più sentire. Nel sogno egli era Archimede, che mi dava un punto di appoggio e mi conduceva personalmente alla nuova località. Chiunque sia esperto di interpretazioni immaginerà che i pensieri del sogno non erano del tutto immuni da idee di vendetta e di autocompiacimento. In ogni caso mi sembra chiaro che senza questo spunto Archimede diffìcilmente sarebbe entrato nel mio sogno quella notte; né sono persuaso che l'impressione forte e ancora recente della statua di Siracusa non avrebbe potuto produrre il suo effetto dopo un intervallo di tempo diverso. III. Sogno del 2-3 ottobre, 1910 (Frammento)... Qualcosa circa il professor Oser, che mi aveva personalmente fatto il menu, il che aveva un effetto molto consolante... (Qualche altra cosa dimenticata). Questo sogno era una reazione ad un disturbo digestivo di quel giorno, che mi aveva fatto pensare che avrei dovuto andare da un mio collega per farmi prescrivere una dieta. Il motivo per cui avevo scelto Oser, che era morto nel corso dell'estate, a tale scopo, si ricollegava alla morte di un altro professore universitario che ammiravo molto, avvenuta poco tempo prima (il primo ottobre). Quando era morto Oser? e quando avevo saputo della sua morte? Secondo i giornali era morto il 22 agosto. In quel periodo io ero in Olanda e mi facevo inviare regolarmente il giornale da Vienna; quindi devo aver letto della sua morte il 24 o 25 agosto. Ma qui l'intervallo non risale ad alcuno dei due periodi. Esso ammonta a 7 + 30 + 2 = 39 giorni, o forse 40. Non ricordo di aver parlato di Oser o pensato a lui nel frattempo. Degli intervalli come questo, che non si possono adattare alla teoria della periodicità senza ulteriori manipolazioni, ricorrono molto più frequentemente nei miei sogni di quelli che si possono adattare. L'unica relazione che secondo me si verifica regolarmente è quella su cui ho insistito nel testo e che collega il sogno con qualche impressione del giorno precedente.) Anche Havelock Ellis ha rivolto la sua attenzione a riguardo ed ha dichiarato di non essere stato capace di trovare una simile periodicità nei suoi sogni, pur avendola cercata. Egli racconta di un sogno in cui si trovava in Spagna e voleva andare in un posto chiamato Daraus, Varaus o Zaraus. Al risveglio non riuscì a ricordare alcuna località con un simile nome ed accantonò il sogno. Pochi mesi dopo scoprì che Zaraus era effettivamente il nome di una stazione sulla linea tra San Sebastiano e Bilbao, per la quale era passato in treno 250 giorni prima del sogno. Ritengo quindi che l'elemento ispiratore di ciascun sogno si debba trovare tra le esperienze sulle quali non si è ancora «dormito sopra». Quindi i rapporti del contenuto di un sogno con le impressioni del passato più recente (con l'unica eccezione del giorno immediatamente precedente il sogno) non differiscono in alcun modo dai rapporti con le impressioni di un passato più lontano. I sogni possono scegliere il loro materiale da qualunque parte della vita del sognatore, purché ci sia un'associazione di pensieri che leghi l'esperienza del giorno del sogno (le impressioni «recenti») con quelle più lontane. Ma perché sussiste questa preferenza per le impressioni recenti? Chiariremo questo punto, sottoponendo ad una analisi più completa uno dei sogni della serie che ho appena citata. A questo proposito sceglierò il: Sogno della monografìa botanica Avevo scritto una monografia su una certa pianta. Il libro era davanti a me e in quel momento stavo voltando una tavola a colori ripiegata. In ogni copia c'era anche un esemplare essiccato della pianta, come se fosse stato preso da un erbario. Analisi Quella mattina avevo visto un nuovo libro nella vetrina di una libreria, dal titolo Il genere dei ciclamini, evidentemente una monografia su quella pianta. I ciclamini, riflettei, sono i fiori preferiti di mia moglie e mi rimproverai per ricordarmi così raramente di portarle dei fiori, cosa che le fa piacere. «Portare fiori» mi ricordò un aneddoto che avevo di recente raccontato ad un gruppo di amici e che avevo usato a sostegno della mia teoria, per cui dimenticare è molto spesso determinato da un motivo inconscio e permette sempre di dedurre le intenzioni segrete della persona che dimentica. Una giovane donna era abituata a ricevere un mazzo di fiori dal marito il giorno del suo compleanno. Un anno questo simbolo di affetto non comparve ed ella scoppiò in lacrime. Il marito non aveva idea del motivo per cui piangesse, finché lei non gli disse che era il suo compleanno. Egli portò le mani alla fronte ed esclamò: «Mi dispiace tanto, ma me ne ero completamente dimenticato. Uscirò subito per comprarti dei fiori». Ma lei non si poteva consolare, perché la dimenticanza del marito le dimostrava di non occupare più il posto di prima nei suoi pensieri. Questa signora, Frau L., aveva incontrato mia moglie due giorni prima del sogno e le aveva detto che si sentiva abbastanza bene e aveva chiesto di me. Qualche anno prima si era fatta curare da me. Ed ora partiamo da un altro punto. Mi ricordai che una volta avevo effettivamente scritto qualcosa come una monografìa su una pianta, cioè una dissertazione sulla coca, che aveva attirato l'attenzione di Karl Koller sulle proprietà anestetiche della cocaina. Io stesso avevo indicato questa applicazione dell'alcaloide nella mia pubblicazione, ma non avevo approfondito ulteriormente l'argomento. Questo mi faceva venire in mente che la mattina del giorno seguente il sogno (non avevo avuto il tempo di interpretarlo che la sera) avevo pensato alla cocaina in una specie di sogno ad occhi aperti. Se mai avessi un glaucoma, avevo pensato, andrei a Berlino in incognito e mi farei operare in casa di un amico da un chirurgo raccomandato da lui. Il chirurgo, che non avrebbe la minima idea della mia identità, si vanterebbe ancora una volta della facilità con la quale si possono fare tali operazioni grazie all'introduzione della cocaina; ed io non farei il minimo accenno al mio contributo alla scoperta. Questa fantasia mi aveva fatto poi riflettere su quanto sia imbarazzante per un medico farsi curare dai colleghi. L'oculista di Berlino non mi riconoscerebbe ed io dovrei pagare il suo onorario come chiunque altro. Solo quando ebbi ricordato questo sogno ad occhi aperti, mi resi conto che dietro di esso c'era un ricordo ben preciso. Poco dopo la scoperta di Koller, mio padre si era effettivamente ammalato di glaucoma; un mio amico, il dr. Königstein, che era oculista, lo aveva operato. Il dr. Koller si era occupato dell'anestesia con la cocaina ed aveva osservato in tale occasione che si erano trovati riuniti tutti e tre gli uomini che avevano avuto una parte nell'introduzione della cocaina. Poi i miei pensieri si rivolsero all'occasione in cui mi ero ricordato per l'ultima volta dell'affare della cocaina. Era stato pochi giorni prima, mentre guardavo una copia di un Festschrift in cui gli allievi grati avevano celebrato il giubileo del loro maestro e direttore di laboratorio. Tra i meriti del laboratorio, enumerati in questo libro, avevo trovato menzione del fatto che Koller aveva fatto lì la sua scoperta delle proprietà anestetiche della cocaina. Allora mi resi improvvisamente conto che il mio sogno era collegato ad un avvenimento della sera precedente. Ero tornato a casa proprio con il dr. Königstein e mi ero messo a parlare di un argomento che non manca mai di eccitare i miei sentimenti. Mentre parlavo con lui nell'atrio, ci avevano raggiunto il prof. Gärtner [ = «giardiniere»] e la moglie; non potei fare a meno di congratularmi con entrambi per il loro aspetto fiorente. Ma il prof. Gärtner è uno degli autori del Festschrift e può avermelo ricordato. Inoltre, la Frau L., di cui ho descritto il disappunto in occasione del compleanno era stata nominata nella mia conversazione con il dr. Königstein, anche se per altri riguardi. Cercherò di interpretare anche gli altri elementi del contenuto del sogno. C'era un esemplare essiccato della pianta incluso nella monografia, come se fosse un erbario. Mi venne in mente un ricordo che risaliva ai tempi del liceo. Il nostro preside chiamò una volta i ragazzi delle classi superiori e diede loro l'erbario della scuola perché lo esaminassero e lo pulissero. Vi erano penetrati dei piccoli vermi, vermi di libro. Egli evidentemente non aveva troppa fiducia nel mio aiuto, per cui mi diede solo pochi fogli. Ricordo ancora che includevano delle Crocifere. Non avevo mai avuto un contatto diretto con la botanica. Nell'esame preliminare di botanica avevo dovuto anche identificare una Crocifera, ma non c'ero riuscito. I risultati non sarebbero stati troppo brillanti se non mi avesse aiutato la conoscenza teorica. Proseguii dalle Crocifere alle Composite. Mi venne in mente che i carciofi sono Composite ed anzi potrei ben considerarli i miei fiori preferiti. Essendo più generosa di me, mia moglie mi porta spesso dal mercato questi fiori preferiti. Vidi la monografia che avevo scritto davanti a me. Anche questo mi fece ripensare a qualcosa. Avevo ricevuto una lettera dal mio amico di Berlino il giorno prima, nella quale mostrava una certa preveggenza: «Sono molto impegnato con il tuo libro sui sogni. Lo vedo davanti a me finito e ne sfoglio le pagine». Come ho invidiato la sua capacità di veggenza! Se anch'io potessi vederlo finito davanti a me! La tavola a colori ripiegata. Quando ero studente di medicina, ero costantemente vittima dell'impulso di studiare solo su monografìe. Nonostante i miei mezzi limitati, riuscivo ad entrare in possesso di numerosi volumi degli atti di società mediche e rimanevo incantato dalle loro tavole a colori. Ero orgoglioso della mia brama di approfondire. Quando io stesso avevo cominciato a pubblicare dei lavori, ero stato costretto a farmi da solo i disegni per illustrarli e ricordo che uno di essi era così misero che un mio caro collega mi prese in giro. Seguì, non so come, un ricordo dell'infanzia. Un giorno mio padre si era divertito a dare a me e ad una mia sorella più piccola un libro con tavole a colori (il racconto di un viaggio attraverso la Persia), perché lo distruggessimo. Difficile da giustificarsi da un punto di vista educativo! Io avevo allora cinque anni e mia sorella non ne aveva ancora tre; e l'immagine di noi due che beatamente facevamo a pezzi il libro (foglio per foglio, come un carciofo, scoprii che stavo dicendo), era quasi l'unico ricordo plastico che avessi di quel periodo della mia vita. Poi, quando fui studente, diventò per me una passione raccogliere e possedere libri, analoga a quella per lo studio delle monografie: l'hobby preferito. (L'idea di «preferito» era già apparsa in relazione ai ciclamini e ai carciofi). Ero diventato un topo di biblioteca. Da quando ho cominciato a riflettere su me stesso, ho sempre ricollegato questa mia passione a quel ricordo dell'infanzia. O piuttosto, ho riconosciuto nella scena d'infanzia un «ricordo di copertura» per la mia successiva bibliofilia. E avevo scoperto presto, naturalmente, che le passioni spesso portano dei dispiaceri. Quando avevo diciassette anni, avevo un grosso conto dal libraio e nulla con cui pagarlo, né mio padre aveva accettato come giustificazione il fatto che i miei interessi avrebbero potuto fare una scelta peggiore. Il ricordo di questa esperienza degli anni più avanzati della mia giovinezza mi riportò subito alla mente la conversazione con il mio amico, il dr. Königstein. Infatti mi aveva anch'egli rimproverato di dedicarmi troppo ai miei hobby preferiti. Per ragioni non inerenti all'argomento, non continuerò l'interpretazione di questo sogno, ma ne indicherò semplicemente l'orientamento. Nel corso del lavoro di analisi da più punti di vista mi è venuta in mente la conversazione con il dr. Königstein, che mi ha aperto più di una direzione. Il significato del sogno mi diventa comprensibile, se prendo in considerazione gli argomenti toccati nella conversazione. Tutte le associazioni di pensiero sviluppatesi dal sogno, i pensieri sui fiori preferiti da me e da mia moglie, sulla cocaina, sulle difficoltà dell'assistenza medica tra colleghi, sulla mia preferenza per lo studio di monografie, sulle mie lacune in certi rami della scienza come la botanica, se approfondite portavano in ultima analisi all'uno o all'altro aspetto della mia conversazione con il dr. Königstein. Ancora una volta il sogno, come quello analizzato prima dell'iniezione a Irma, si rivela una autogiustificazione, un'apologia dei miei diritti. Anzi, porta l'argomento sollevato dal sogno precedente ad uno stadio più avanzato e lo discute servendosi del nuovo materiale creatosi nell'intervallo tra i due sogni. Perfino la forma di espressione, apparentemente indifferente, del sogno, risulta avere un significato. Voleva dire: «Dopo tutto, sono l'uomo che ha scritto l'opera preziosa e nota (sulla cocaina)», proprio come nel sogno precedente avevo detto a mia discolpa: «Sono uno studente coscienzioso e diligente». In entrambi i casi insistevo: «Me lo posso permettere». Non c'è comunque alcuna necessità di continuare l'interpretazione di questo sogno, poiché il mio unico scopo, nel raccontarlo, era di mostrare con un esempio il nesso tra il contenuto di un sogno e l'esperienza del giorno precedente che lo ha provocato. Finché ero consapevole unicamente del contenuto manifesto del sogno, mi sembrava che esso si riferisse ad un singolo evento del giorno. Ma una volta compiuta l'analisi, emergeva una seconda fonte del sogno da un'altra esperienza dello stesso giorno. La prima di queste due impressioni collegate al sogno era indifferente, una circostanza secondaria: avevo visto un libro nella vetrina di una libreria, il cui titolo aveva attirato la mia attenzione per un attimo, ma il cui argomento non mi poteva interessare. La seconda esperienza aveva avuto un altro grado di importanza psichica: avevo avuto una vivace conversazione di più di un'ora con il mio oculista, nel corso della quale gli avevo dato delle informazioni che ci avrebbero toccato molto da vicino ed avevo ridestato in me dei ricordi che mi hanno variamente turbato. Inoltre, la conversazione era stata interrotta prima della sua conclusione perché ci avevano raggiunto dei conoscenti. Ora dobbiamo chiederci quale fosse la relazione che legava le due impressioni del giorno del sogno l'una all'altra ed entrambe al sogno della notte seguente. Nel contenuto manifesto del sogno c'era riferimento solo all'impressione indifferente, il che sembra confermare l'asserzione che i sogni preferiscono servirsi dei dettagli insignificanti della vita da svegli. Tutti i fili dell'interpretazione portano, invece, all'esperienza significativa che a ragione aveva agitato i miei sentimenti. Se il senso del sogno viene giudicato nell'unica maniera giusta, cioè mediante il contenuto latente rivelato dall'analisi, un nuovo fatto significativo viene inaspettatamente alla luce. L'enigma del perché i sogni riguardino solo dei frammenti insignificanti della vita da svegli sembra perdere tutto il suo significato; né si può ulteriormente sostenere che la vita diurna non continui nei sogni e che quindi i sogni siano un'attività psichica sprecata su del materiale irrisorio. È vero il contrario: i nostri pensieri nei sogni sono dominati dallo stesso materiale che ci tiene impegnati durante il giorno, e ci preoccupiamo di sognare solo quelle cose che ci hanno dato ragione di riflettere durante il giorno. Perché allora ho sognato effettivamente qualcosa di indifferente, anche se lo spunto del sogno era un'impressione che mi aveva giustamente turbato durante il giorno? La spiegazione più ovvia è senza dubbio che ci troviamo ancora una volta di fronte al fenomeno della deformazione nel sogno, che nel capitolo precedente ho ricondotto ad una forza psichica agente come censura. Il mio ricordo della monografia sul genere dei ciclamini sarebbe dunque stato un'allusione alla conversazione con il mio amico, proprio come il «salmone affumicato», nel sogno della cena che non si poteva fare, era un'allusione della sognatrice al pensiero dell'amica. L'unico problema riguarda ora le associazioni intermedie che hanno posto l'impressione della monografia in rapporto allusivo con la conversazione con l'oculista, dal momento che a prima vista non c'è un nesso evidente tra le due. Nel caso della cena mancata, il nesso si vedeva subito: il «salmone affumicato» era il piatto preferito dell'amica e quindi una immediata determinante del gruppo di rappresentazioni che la personalità di tale amica avrebbe fatto sorgere nella mente della sognatrice. In quest'ultimo esempio, ci sono due impressioni separate, accomunate solo dall'essersi verificate nello stesso giorno: avevo visto la monografia di mattina e la sera avevo avuto la conversazione. L'analisi ci ha permesso di risolvere il problema come segue: nessi di questo tipo, quando non sono evidenti a prima vista, sono intrecciati retrospettivamente tra il contenuto rappresentativo di un'impressione e quello dell'altra. In questo esempio ho già richiamato l'attenzione sulle associazioni intermedie mediante le parole scritte in corsivo nella stesura dell'analisi. Se non ci fossero state altre interferenze, credo che l'idea della monografia sui ciclamini avrebbe condotto all'idea dei fiori preferiti di mia moglie e forse al mancato mazzo di fiori di Frau L. Stento a credere che questi pensieri sottintesi sarebbero sufficienti a provocare un sogno. Come leggiamo in Amleto: Non occorre, signore, uno spettro venuto dalla tomba Per dirci questo. Ma, pensa e ripensa, mi ero ricordato nell'analisi che l'uomo che aveva interrotto la nostra conversazione si chiamava Gärtner (giardiniere) e che avevo pensato che sua moglie fosse fiorente. E perfino ora che scrivo queste parole, mi viene in mente che una delle mie pazienti, che ha il bel nome di Flora, è stata per un certo tempo il centro della nostra discussione. Queste devono essere state le associazioni intermedie, provenienti dal gruppo di rappresentazioni botaniche, che hanno formato un ponte tra le due esperienze del giorno, quella indifferente e quella significativa. Poi si è stabilita un'ulteriore serie di nessi, quelli riguardanti l'idea della cocaina, che avevano ogni diritto di costituire un legame tra la figura del dr. Königstein e la monografia botanica che ho scritto; e queste relazioni hanno rafforzato la fusione tra le due sfere di rappresentazione, in modo che una parte della prima esperienza ha potuto servire da allusione all'altra. Sono pronto ad accettare le obiezioni basate sul fatto che questa spiegazione sia arbitraria o artificiosa. Mi si potrebbe chiedere che cosa sarebbe successo se il professor Gärtner e sua moglie dall'aspetto fiorente non si fossero avvicinati a noi, o se la paziente di cui parlavamo si fosse chiamata Anna e non Flora. La risposta è semplice. Se fossero mancate queste associazioni di pensiero, senza dubbio ne sarebbero state scelte delle altre. È abbastanza facile costruire tali associazioni, e ce lo mostrano i giochi di parole e gli indovinelli con i quali la gente si diverte giornalmente. Il regno del motto di spirito non conosce frontiere. Oppure, per arrivare ad uno stadio più avanzato, se non ci fosse stata la possibilità di creare sufficienti associazioni intermedie tra le due impressioni, il sogno sarebbe stato semplicemente diverso. Un'altra impressione indifferente dello stesso giorno, come infinite altre che entrano nella nostra mente e poi vengono dimenticate, avrebbe preso il posto della «monografia» nel sogno, si sarebbe collegata all'argomento della conversazione e l'avrebbe rappresentato nel contenuto del sogno. Dal momento che solo la monografia e non un'altra rappresentazione era stata scelta per questa funzione, dobbiamo supporre che si adattava meglio per l'associazione. Non c'è bisogno di imitare Hänschen Schlau di Lessing e meravigliarsi che «solo i ricchi posseggono la maggior parte dei soldi». Il processo psicologico mediante il quale, secondo la nostra teoria, le esperienze indifferenti prendono il posto di quelle psichicamente rilevanti non può non suscitare dubbio e meraviglia. In un capitolo successivo, sarà nostro compito rendere più comprensibili le caratteristiche di questa operazione apparentemente irrazionale. Per ora dobbiamo solo occuparci degli esiti di un processo del quale sono arrivato a presumere l'esistenza per il suo ricorrere ripetutamente e regolarmente nell'analisi dei sogni. Sembrerebbe che si verifichi una specie di «spostamento» di enfasi psichica, potremmo dire, per mezzo delle associazioni intermedie; in tal modo, rappresentazioni che inizialmente avevano una debole carica di intensità acquistano carica da altre originariamente molto intense ed infine ottengono abbastanza energia da penetrare nella coscienza. Spostamenti di questo genere non ci sorprendono quando si tratta di cariche affettive o di attività motorie in genere. Quando una vecchia zitella sola trasferisce il suo affetto sugli animali, o un celibe diventa un collezionista fanatico, quando un soldato difende col suo sangue un pezzo di stoffa colorata, la bandiera, quando una pressione un po' più lunga in una stretta di mano fa la felicità suprema dell'amante, o quando, nell’Otello, un fazzoletto perduto provoca uno scoppio d'ira, tutti questi sono esempi di spostamenti psichici sui quali non c'è nulla da obiettare. Ma quando sentiamo che nella stessa maniera e secondo gli stessi princìpi si raggiunge la decisione che riguarda ciò che dovrà entrare nella coscienza e ciò che dovrà restarne fuori, in breve ciò che penseremo, abbiamo l'impressione che sia un fatto patologico, e, se ci succede nella vita da svegli, lo riteniamo un errore di pensiero. Voglio anticipare le conclusioni cui arriveremo in seguito e suggerire che il processo psichico, che agisce nello spostamento del sogno, anche se non si può considerare un disturbo patologico, differisce tuttavia dal normale ed è un processo di natura più primaria. Quindi il fatto che il contenuto dei sogni includa i residui delle esperienze insignificanti si deve spiegare come una manifestazione della deformazione nei sogni (mediante spostamento); e si ricorderà che siamo arrivati alla conclusione che la deformazione nel sogno è il prodotto della censura operante nel passaggio tra due forze psichiche. C'è da aspettarsi che l'analisi di un sogno rivelerà regolarmente la sua vera fonte psichicamente rivelante nella vita da svegli, anche se l'enfasi è stata spostata dal ricordo di quella fonte su quello di una indifferente. Con questa spiegazione ci troviamo in pieno conflitto con la teoria di Robert, che cessa di avere per noi alcuna utilità. Infatti il fenomeno che Robert vuole spiegare non esiste. La sua concezione è basata su un malinteso, poiché ha mancato di sostituire il contenuto apparente dei sogni con il loro contenuto effettivo. Un'altra obiezione può essere sollevata alla teoria di Robert: se fosse davvero compito dei sogni liberare la nostra memoria delle «scorie» dei ricordi diurni attraverso una speciale attività psichica, il nostro sonno sarebbe più tormentato e faticoso di quanto lo sia la nostra vita mentale nella veglia. Infatti la quantità di impressioni indifferenti da cui si dovrebbe proteggere la nostra memoria è chiaramente enorme: la notte non sarebbe abbastanza lunga per venirne a capo. È molto più probabile che il processo d'oblio delle impressioni indifferenti vada avanti senza l'intervento attivo delle nostre forze psichiche. Tuttavia non dobbiamo affrettarci a tralasciare le idee di Robert senza fare ulteriori considerazioni. Non abbiamo ancora spiegato come mai una delle impressioni indifferenti della vita da svegli, una, per di più, che risale al giorno precedente il sogno, invariabilmente contribuisca ai contenuto di questo. Il nesso tra questa impressione e la vera fonte del sogno nell'inconscio non è sempre lì già pronto: come abbiamo visto, può essere stabilito solo retrospettivamente nel corso del lavoro onirico, come funzionale allo spostamento voluto. Ci deve quindi essere una forza che spinga a stabilire dei rapporti proprio con un'impressione recente, anche se indifferente; e quest'ultima deve possedere qualche qualità che la renda particolarmente adatta allo scopo. Perché se così non fosse, sarebbe altrettanto facile per i pensieri del sogno trasferire la loro enfasi su un elemento insignificante nel proprio gruppo di rappresentazioni. Le seguenti osservazioni potranno aiutarci a chiarire questo punto. Se nel corso di un solo giorno abbiamo due o più esperienze adatte a provocare un sogno, questo farà riferimento ad un tutto unico; esso è costretto a farne un'unità. Ecco un esempio. Un pomeriggio d'estate entrai in uno scompartimento ferroviario dove incontrai due miei conoscenti, che non si conoscevano tra loro. Uno era un famoso medico e l'altro era un membro di una distinta famiglia, col quale avevo rapporti professionali. Li presentai, ma per tutto il lungo viaggio condussero la conversazione per mio tramite, cosicché mi trovai a discutere di vari argomenti alternativamente con l'uno e con l'altro. Chiesi al mio amico medico di usare la sua influenza per una comune conoscenza, che cominciava allora l'esercizio della professione medica. Il dottore rispose che non aveva dubbi sulle capacità del giovane, ma che il suo aspetto dimesso gli avrebbe reso difficile l'ingresso tra le famiglie di classi più elevate; al che io risposi che proprio per quel motivo aveva bisogno di un aiuto influente. Rivolgendomi all'altro mio compagno di viaggio, mi informai della salute di una sua zia, la madre di una mia paziente, che allora era gravemente ammalata. Nella notte seguente il viaggio, sognai che il mio giovane amico, la cui causa avevo perorato, sedeva in un elegante salotto tra persone distinte e facoltose di mia conoscenza e, con il fare disinvolto di un uomo di mondo, teneva un'orazione funebre sulla vecchia signora (che era già morta, per quanto riguardava il mio sogno), la zia del mio secondo compagno di viaggio. (Devo confessare che non ero in buoni rapporti con questa signora). Quindi il mio sogno aveva, ancora una volta, elaborato i rapporti tra le due serie di impressioni del giorno precedente e le aveva unite in un'unica situazione. Molte simili esperienze mi spingono ad asserire che il lavoro onirico si trova quasi nella necessità di riunire tutte le fonti che hanno agito come stimoli del sogno in una unità. Cercherò di scoprire ora se la fonte di un sogno, rivelata dall'analisi, debba essere inevitabilmente un fatto recente (e significativo), o se un'esperienza interiore, cioè il ricordo di un fatto psichicamente importante, una associazione di idee, possa assumere il ruolo di stimolo del sogno. La risposta, basata su un gran numero di analisi, è decisamente a favore della seconda ipotesi. Un sogno può essere provocato da un processo interiore che, in un certo senso, è diventato un fatto recente a causa del lavorio mentale odierno. Questo sembra il momento adatto per classificare le varie condizioni cui sono soggette le fonti dei sogni. La fonte può essere: a. un'esperienza recente e psichicamente rilevante, che viene rappresentata direttamente nel sogno. (Come nel sogno dell'iniezione di Irma e nel sogno di mio zio con la barba gialla.); b. diverse esperienze recenti e significative, che vengono composte in unità dal sogno. (Come nell'orazione funebre del giovane medico); c. una o più esperienze recenti e significative, che vengono rappresentate nel contenuto del sogno da un'esperienza contemporanea ma indifferente (Come nel sogno della monografia botanica.); d. un'esperienza interiore significativa (ad esempio, un ricordo o un'associazione), che in questo caso viene regolarmente rappresentata nel sogno da un'impressione recente ma indifferente (La maggior parte dei sogni dei miei pazienti durante l'analisi sono di questo tipo). Vediamo dunque che nell'interpretazione dei sogni una condizione viene sempre soddisfatta: una componente del contenuto del sogno è la ripetizione di un'impressione recente del giorno precedente. Questa parte, che deve essere rappresentata nel sogno può appartenere essa stessa al gruppo di rappresentazioni che circondano l'effettivo stimolo del sogno, una parte essenziale o insignificante di esso, o può provenire dall'ambito di un'impressione indifferente che è stata collegata alla sfera dello stimolo del sogno mediante associazioni più o meno numerose. L'apparente molteplicità di condizioni dipende in realtà solo dal verificarsi o meno dello spostamento; e vale la pena di osservare che questa alternativa ci permette di spiegare la serie di contrasti tra sogni diversi, allo stesso modo in cui riesce a farlo la teoria medica tramite l'ipotesi del diverso grado di risveglio possibile nelle cellule del cervello. Si può anche osservare, considerati i quattro possibili casi, che un elemento psichico significativo ma non recente (un'associazione di pensiero, un ricordo) può essere sostituito, allo scopo di formare un sogno, da un elemento recente ma indifferente, se sono soddisfatte due condizioni: 1. il contenuto del sogno deve essere collegato ad un'esperienza recente; 2. lo stimolo del sogno deve sempre essere un processo psichicamente significativo. In un unico caso (a) entrambe le condizioni vengono soddisfatte da un'unica impressione. Bisogna notare, inoltre, che le impressioni indifferenti che possono essere usate per costruire il sogno finché sono recenti perdono la loro idoneità dopo un giorno (o al massimo pochi giorni). Dobbiamo quindi concludere che la freschezza di un'impressione le dà un certo valore psichico per la costruzione del sogno, equivalente in qualche modo a ricordi e associazioni di carattere emotivo. Il fondamento del valore attribuito alle impressioni recenti in relazione alla formazione del sogno diventerà evidente solo nel corso delle prossime discussioni psicologiche. A questo proposito si noterà poi che durante la notte si verificano dei mutamenti, inosservati dalla nostra coscienza, nell'ambito del nostro materiale di ricordi e di rappresentazioni. Spesso ci viene consigliato di non prendere una decisione prima di averci «dormito sopra» e questo consiglio è evidentemente giustificato. Ma qui stiamo passando dalla psicologia dei sogni a quella del sonno, né questa è l'ultima occasione in cui saremo tentati di farlo. (Pöztl ha apportato notevoli contributi al tema dell'importanza del materiale recente per la formazione dei sogni, in un suo scritto che implica numerose conseguenze. In una serie di esperimenti, Pöztl ordinò ai pazienti di fare un disegno di ciò che avevano afferrato coscientemente di un'immagine vista al tachistoscopio. Poi rivolse l'attenzione ai sogni fatti da quelle persone la notte seguente e chiese ancora una volta che facessero dei disegni di parti appropriate di questi sogni. Ne risultava sempre che i particolari dell'immagine esposta che non erano stati notati dal paziente avevano fornito il materiale per la formazione del sogno, mentre quelli che erano stati percepiti coscientemente e riportati nel disegno non si ripresentavano nel contenuto manifesto del sogno. Il materiale preso dal lavoro onirico era da esso modificato per gli scopi della formazione del sogno nella solita maniera «arbitraria» (o meglio, «autocratica»). I problemi sollevati dall'esperimento di Pötzl vanno molto al di là della sfera dell'interpretazione dei sogni che viene svolta in questo volume. Tuttavia, vale la pena di osservare il contrasto tra questo nuovo metodo di studiare la formazione dei sogni sperimentalmente e la precedente, rozza tecnica, che consisteva nell'introdurre nel sogno degli stimoli che interrompevano il sonno del paziente). Tuttavia si può sollevare un'obiezione che minaccia di sconvolgere queste ultime conclusioni. Se le impressioni indifferenti possono inserirsi in un sogno solo se sono recenti, come mai il contenuto dei sogni include anche gli elementi di un periodo di vita precedente, che nel tempo in cui erano recenti, per usare le parole di Strümpell, non possedevano alcun valore psichico e avrebbero dovuto quindi essere dimenticati da tanto, elementi cioè che non sono né recenti né psichicamente rilevanti? Quest'obiezione può essere respinta riferendosi ai risultati della psicoanalisi dei nevrotici. La spiegazione sta nel fatto che lo spostamento che sostituisce al materiale psichicamente importante materiale indifferente (come nel sognare e nel pensare) si è verificato in tali casi in precedenti periodi di vita e si è da allora fissato nella memoria. Questi particolari elementi, che in origine erano indifferenti, non lo sono più, poiché hanno assunto (mediante lo spostamento) il valore di materiale psichicamente rilevante. Ciò che è realmente rimasto indifferente non può essere prodotto in un sogno. Dalle precedenti asserzioni il lettore concluderà giustamente che sto affermando che non ci sono stimoli di sogni indifferenti, e di conseguenza non ci sono sogni «innocenti». Queste sono le mie opinioni nel senso più rigoroso e più assoluto, se lasciamo da parte i sogni dei bambini e forse le brevi reazioni oniriche a sensazioni provate durante la notte. A parte questo, ciò che sogniamo o si riconosce in modo manifesto come psichicamente significativo, o è deformato e non può essere giustificato finché il sogno non è stato interpretato, dopo di che ancora una volta risulta essere significativo. I sogni non riguardano mai delle sciocchezze; non permettiamo infatti che il nostro sonno venga turbato da inezie. (Havelock Ellis, un amichevole critico di questo libro, scrive: «È a questo punto che molti di noi non sono più in grado di seguire Freud». Havelock Ellis, però, non ha fatto analisi di sogni e si rifiuta di credere che è impossibile basare il proprio giudizio sul contenuto manifesto.). I sogni apparentemente innocenti si rivelano essere l'opposto quando si prende la cura di interpretarli. Si potrebbe dire che sono lupi in veste d'agnelli. Dal momento che questo è un altro punto sul quale mi aspetto delle obiezioni e poiché mi fa piacere avere l'opportunità di mostrare la deformazione in opera, sceglierò dei sogni «innocenti» dalla mia raccolta e li sottoporrò ad analisi. I. Una giovane donna colta ed intelligente, dal comportamento molto riservato, raccontò quanto segue: Ho sognato che arrivavo tardi al mercato e non potevo comprare più nulla né dal macellaio né dall 'erbivendolo. Senza dubbio è un sogno innocente; ma i sogni non sono così semplici, perciò le chiesi di raccontarmelo con più dettagli. Allora fece questa esposizione. Aveva sognato che andava al mercato con la cuoca, che portava il cesto. Aveva chiesto qualcosa al macellaio, ma questi aveva detto: «Non ce n'è più», e le aveva offerto qualcos'altro, aggiungendo: «Anche questo è buono». Ella aveva rifiutato ed era andata dall'erbivendolo, che aveva cercato di farle comprare una verdura particolare legata in fasci ma di colore nero. Ella aveva detto: «Non la conosco, non la prendo». Il nesso nel sogno con il giorno precedente era abbastanza chiaro. Era effettivamente andata tardi al mercato e non aveva trovato niente. La situazione sembrava identificarsi nella frase «Die Fleischbank war schon geschlossen» [«la macelleria era chiusa»]. Questa frase attirò la mia attenzione: non era forse quello, o meglio il suo opposto, un volgare modo di dire per indicare una certa trascuratezza nell'abito di un uomo? Comunque la sognatrice non aveva usato la frase; forse aveva evitato di usarla. Cerchiamo quindi di interpretare i dettagli del sogno. Quando qualcosa nel sogno ha carattere di discorso diretto, cioè quando è detto o sentito e non semplicemente pensato (ed in genere è facile fare la distinzione con sicurezza), allora deriva da qualcosa effettivamente detto nella vita da svegli, anche se certamente questo qualcosa è semplicemente trattato come materia grezza e può essere tagliato, leggermente modificato o perfino separato dal suo contesto. Nello svolgere l'interpretazione, un metodo è quello di partire da discorsi di questo tipo. Qual era l'origine dell'osservazione del macellaio: «Non ce n'è più». La risposta era che proveniva da me stesso. Pochi giorni prima avevo spiegato alla paziente che le primissime esperienze dell'infanzia «non c'erano più come tali» ma venivano sostituite nell'analisi da «traslazioni» e sogni. Ero quindi io il macellaio ed ella stava respingendo queste traslazioni nel presente di antichi modi di pensare e di sentire. E ancora, quale era l'origine della sua stessa osservazione nel sogno «Non la conosco, non la prendo»? Per lo scopo dell'analisi questa si dovette dividere in due. «Non la conosco» era qualcosa detto il giorno prima alla cuoca, con la quale aveva avuto una discussione, e poi aveva aggiunto: «Si comporti bene!». A questo punto c'era stato chiaramente uno spostamento. Delle due frasi che aveva usato nella discussione con la cuoca, aveva scelto quella insignificante per includerla nel sogno. Ma era quella repressa, «Si comporti bene!», che si adattava al resto del contenuto del sogno: queste sarebbero state le parole giuste da dire, se qualcuno avesse avventatamente fatto proposte fuori luogo e avesse dimenticato di «chiudere la bottega». Le allusioni dell'episodio con l'erbivendola confermavano che l'interpretazione proseguiva nella giusta direzione. Un legume che si vende legato in fasci (lunghi, come la paziente aggiunse in seguito), e per di più nero, potrebbe solo essere una combinazione di asparagi e ravanelli neri (spagnoli) fatta dal sogno. Nessuna persona intelligente chiederà l'interpretazione degli asparagi. Ma l'altro legume, «Schwarzer Rettig» [«ravanello nero»], si può prendere per un'esclamazione, «Schwarzer, rett' dich!» [«Negro, va' via!»], che sembra accennare allo stesso argomento sessuale che abbiamo sospettato al principio, quando siamo stati tentati di introdurre la frase della macelleria chiusa nell'esposizione originale del sogno. Non c'è bisogno di indagare sul significato completo del sogno. Quanto sappiamo è abbastanza chiaro: esso aveva un significato e questo significato non era certo innocente. (Per i curiosi posso aggiungere che il sogno celava una fantasia in cui io mi comportavo in modo sconveniente e sessualmente provocante e la paziente si difendeva dalla mia condotta. Se questa interpretazione sembra incredibile, basta ricordare i numerosi casi in cui dei medici vengono accusati in modo analogo da donne isteriche. Ma in tali casi la fantasia arriva alla coscienza senza maschera, sotto forma di allucinazione, invece di essere deformata e apparire solo come un sogno. La paziente fece questo sogno al principio del trattamento psicoanalitico. Solo in seguito appresi che in esso aveva ripetuto il trauma iniziale dal quale era sorta la sua nevrosi. Da allora mi è capitato lo stesso comportamento anche da parte di altre pazienti; avendo subito un attentato sessuale nella loro infanzia, cercano forse di ripeterlo nei loro sogni). II Ecco un altro sogno innocente, della stessa paziente, in un certo senso un completamento del precedente. Il marito le chiese: «Non credi che dovremmo far accordare il piano?». Ed ella rispose: «Non ne vale la pena; in ogni caso bisogna far riparare i martelletti». Anche questa era la ripetizione di un fatto reale del giorno precedente. Il marito le aveva fatto questa domanda e lei aveva dato una risposta simile. Ma quale era la spiegazione del sogno? Mi disse che il piano era una disgustosa vecchia cassa, che faceva un brutto rumore, che era in possesso del marito da prima del loro matrimonio, e così via. Ma la chiave della soluzione consisteva nelle sue parole: «Non ne vale la pena». Queste derivavano da una visita che aveva fatto il giorno prima ad una amica. Era stata invitata a togliersi la giacca, ma aveva rifiutato, dicendo: «Grazie, ma non ne vale la pena; posso fermarmi solo un minuto». Mentre mi raccontava questo, ricordai che durante l'analisi del giorno prima aveva improvvisamente portato le mani alla giacca, dove si era slacciato un bottone. Era come se dicesse: «Per favore, non guardi; non ne vale la pena». Allo stesso modo «cassa» [«.Kasten»] era una sostituzione per «torace» [«Brustkasten»], e l'interpretazione del sogno ci portò al tempo del suo sviluppo fisico, quando aveva incominciato ad essere insoddisfatta del suo aspetto. Probabilmente ci avrebbe riportati a tempi ancora più lontani, se avessimo preso in considerazione le parole «disgustoso» e «brutto rumore», tenendo presente poi come spesso nelle allusioni e nei sogni gli emisferi più piccoli del corpo della donna vengono usati al posto di quelli più grandi, come contrapposto o sostituto. III. Interromperò per un momento questa serie e inserirò un breve sogno innocente di un giovane. Egli sognò che si stava infilando di nuovo il suo soprabito invernale, il che era terribile. Lo spunto evidente del sogno era il ritorno improvviso del freddo. Ma un'osservazione più attenta ci mostrerà che le due brevi parti del sogno non sono in perfetta armonia. Perché che cosa ci sarebbe di terribile nell'indossare un cappotto pesante e spesso, con il maltempo? Inoltre l'innocenza del sogno fu decisamente sconvolta dalla prima associazione che venne in mente al giovane durante l'analisi. Ricordò che una signora gli aveva confidato il giorno prima che il suo ultimo figlio doveva la sua esistenza ad un preservativo rotto. Su quella base egli potè ricostruire i suoi pensieri. Un preservativo sottile era pericoloso, ma uno spesso era scadente. Il preservativo si poteva ben rappresentare come un cappotto, perché si indossano entrambi. Ma un avvenimento come quello che le aveva descritto la signora sarebbe certamente «terribile» per uno scapolo. Ed ora torniamo alla nostra innocente sognatrice. IV. Stava mettendo una candela in un candeliere; ma la candela si ruppe e così non si reggeva dritta. Le bambine a scuola dissero che lei era goffa, ma la signora disse che non era colpa sua. Ancora una volta lo spunto del sogno era un fatto reale. Il giorno prima aveva effettivamente messo una candela nel candeliere, ma non si era rotta. In questo sogno c'era un simbolismo trasparente. La candela è un oggetto che può eccitare i genitali femminili e se si rompe, in modo da non potersi reggere, significa che l'uomo è impotente. («Non era colpa sua»). Ma poteva questa giovane donna, allevata con molta cura e tenuta lontana dall'influenza di qualsiasi bruttura, conoscere un simile uso della candela? Per caso, ella potè indicarmi il modo in cui ne era venuta a conoscenza. Una volta si trovavano in battello sul Reno e una barca con degli studenti li aveva sorpassati. Erano di ottimo umore e cantavano, o meglio urlavano, una canzone: Quando la regina di Svezia A finestre chiuse, Con candele Apollo... Ella non aveva udito o non aveva compreso le ultime parole e se le era fatte spiegare dal marito. Il verso era stato sostituito nel contenuto del sogno da un innocente ricordo di qualche incombenza eseguita a scuola goffamente, e la sostituzione era stata possibile grazie al comune elemento delle finestre chiuse. Il nesso tra gli argomenti della masturbazione e dell'impotenza è abbastanza ovvio. L'«Apollo» nel contenuto latente del sogno lo collegava ad un sogno precedente in cui appariva la vergine Pallade. Tutto ciò non è certo innocente. v. Affinché non siamo tentati di trarre troppo facilmente conclusioni sulla vita reale del sognatore dai suoi sogni, aggiungerò un altro sogno della stessa paziente, anch'esso innocente all'apparenza. «Ho sognato» mi disse, «quello che ho realmente fatto ieri: ho riempito un piccolo baule con così tanti libri che non riuscivo a chiuderlo ed ho sognato proprio quello che è accaduto». In questo caso la narratrice stessa aveva sottolineato l'accordo tra il sogno e la realtà. Tutti questi giudizi e commenti su di un sogno, anche se hanno trovato un posto tra i pensieri da svegli, appartengono sempre in realtà al contenuto latente del sogno, e ne avremo conferma in seguito mediante altri esempi. Ci veniva dunque detto che il sogno descriveva ciò che era realmente accaduto il giorno prima. Sarebbe troppo lungo spiegare perché mi è venuto in mente di servirmi della lingua inglese per questa interpretazione. Si trattava comunque ancora una volta di una scatola, «box» (vedi il sogno del bambino morto nella «scatola»), così piena che non ci poteva entrare più niente dentro. Comunque questa volta niente di male. In tutti questi sogni «innocenti» il motivo di censura è ovviamente il fattore sessuale. Questo, comunque, è un argomento di grande importanza che devo lasciare da parte. (B) IL MATERIALE INFANTILE COME FONTE DI SOGNI In accordo con tutti gli altri autori, tranne Robert, ho indicato come terza caratteristica del contenuto dei sogni la possibilità che ci siano delle impressioni che risalgono alla primissima infanzia e che non sembrano accessibili alla memoria della veglia. È naturalmente difficile determinare con quale ritmo ciò avvenga, dal momento che l'origine degli elementi di un tale sogno non si riconosce al risveglio. La dimostrazione che si tratta di impressioni infantili deve essere quindi data dall'evidenza esteriore e raramente se ne ha l'opportunità. Un esempio particolarmente convincente, riferito da Maury, è quello dell'uomo che decise un giorno di andare a rivedere la sua vecchia casa, dalla quale mancava da più di venti anni. La notte precedente la partenza sognò di trovarsi in un posto completamente ignoto e di parlare con un uomo che non conosceva. Quando arrivò alla vecchia casa, scoprì che il posto sconosciuto esisteva davvero nei dintorni della sua città natale e che l'uomo era un amico del padre defunto e viveva ancora lì. Questa era una prova convincente che aveva visto sia il luogo che l'uomo nella sua infanzia. Questo sogno deve essere anche interpretato come un sogno di impazienza, quello della bimba cui il padre aveva promesso una gita ad Hameau, ed altri simili. Il motivo per cui il sognatore riproduce una particolare impressione dell'infanzia e non un'altra logicamente non si può scoprire senza l'analisi. Un tale che seguiva un mio ciclo di conferenze e si vantava che i suoi sogni molto raramente subivano deformazioni mi raccontò che non molto tempo prima aveva sognato di vedere il suo antico precettore a letto con la governante, che era stata in casa loro fino al suo undicesimo anno di età. Nel sogno aveva identificato il luogo nel quale si verificava la scena. Il suo interesse si era destato ed egli aveva raccontato il sogno al fratello maggiore, che ridendo gli aveva confermato la verità di quanto aveva sognato. Il fratello lo ricordava molto bene, poiché allora aveva sei anni. Gli amanti avevano l'abitudine di far ubriacare il ragazzo più grande, quando le circostanze erano favorevoli per un rapporto notturno. Il ragazzo più giovane, il sognatore, che allora aveva tre anni e dormiva con la governante, non era considerato un ostacolo. Anche in un altro caso è possibile stabilire con sicurezza che un sogno contiene elementi infantili, senza l'aiuto dell'interpretazione. Ciò avviene quando i sogni sono «ricorrenti», cioè quando un sogno fatto per la prima volta durante l'infanzia riappare di tanto in tanto nel sonno adulto. Ai noti esempi di tali sogni posso aggiungerne alcuni dalle mie raccolte, anche se personalmente non mi sono mai capitati. Un medico trentenne mi disse che dalla prima infanzia fino a quel momento appariva spesso nei suoi sogni un leone giallo; egli era in grado di farne una descrizione particolareggiata. Questo leone un giorno prese forma davanti ai suoi occhi nella veste di un ninnolo di porcellana scomparso da tempo. Il giovane apprese poi dalla madre che questo oggetto era stato il suo giocattolo preferito durante la prima infanzia, cosa che egli aveva dimenticato. Se ora ci rivolgiamo dal contenuto manifesto dei sogni ai pensieri dei sogni che solo l'analisi rivela, scopriremo con meraviglia che le esperienze infantili hanno una parte anche in quei sogni il cui contenuto non lo avrebbe mai fatto supporre. Devo allo stimato collega del leone giallo un esempio particolarmente piacevole ed istruttivo di un sogno di questo tipo. Dopo aver letto il racconto della spedizione polare di Nansen, aveva sognato di essere in un campo di ghiaccio e di fare una galvanizzazione all'ardito esploratore che soffriva di un attacco di sciatica. Nel corso dell'analisi del sogno, pensò ad un episodio dell'infanzia che da solo, tra l'altro, rendeva comprensibile il sogno. Un giorno, quando aveva tre o quattro anni, ascoltava gli adulti che parlavano di viaggi di esplorazione e aveva chiesto al padre se si trattava di una malattia grave. Evidentemente aveva confuso «viaggiare» [«Reisen»] con «dolori di sciatica» [«Reissen»] e i suoi fratelli avevano fatto in modo che non si dimenticasse di questo imbarazzante errore. Similmente nel corso dell'analisi del sogno sulla monografia dei ciclamini, mi ero stupito di fronte al ricordo infantile di mio padre che dava a me, di cinque anni, un libro illustrato con tavole colorate da distruggere. Ci si può forse chiedere se questo ricordo abbia realmente avuto importanza nella determinazione della forma assunta dal contenuto del sogno o se non sia stato piuttosto il processo di analisi a costruire il nesso in seguito. Ma le numerose catene associative che si intersecano ci garantiscono l'accettazione della prima alternativa: ciclamini, fiore preferito, cibo preferito, carciofi; sfogliare come un carciofo, foglia per foglia (frase che ci risuona costantemente nelle orecchie a proposito dello smembramento dell'impero cinese), erbario, vermi di libri (topi di biblioteca) il cui cibo preferito sono i libri. Inoltre posso assicurare i miei lettori che il significato ultimo del sogno, che non ho rivelato, è strettamente collegato alla scena infantile. Nel caso di un altro gruppo di sogni, l'analisi ci mostra che il vero desiderio che ha provocato il sogno, e il cui appagamento è costituito dal sogno stesso, deriva dall'infanzia; così scopriamo con nostra sorpresa che il bambino con i suoi impulsi continuava a vivere nei sogni. A questo punto prenderò in considerazione ancora una volta l'interpretazione di un sogno che abbiamo già trovato istruttivo, il sogno in cui il mio amico R. era mio zio. Abbiamo seguito la sua interpretazione fino al punto in cui si riconosce chiaramente che uno dei suoi motivi era il mio desiderio di essere nominato professore; e abbiamo spiegato l'affetto provato nel sogno per il mio amico R. come il risultato dell'opposizione e della ribellione contro le diffamazioni sui due colleghi contenute tra i pensieri onirici. Il sogno era mio personale; posso quindi continuare l'analisi dicendo che non mi sentivo ancora soddisfatto della soluzione raggiunta. Sapevo che, da sveglio, il mio giudizio sui colleghi così bistrattati dai pensieri del sogno sarebbe stato molto diverso; e l'intensità del mio desiderio di non dividere il loro destino per quanto riguardava la nomina mi sembrava insufficiente a spiegare la contraddizione tra la valutazione da sveglio e quella del sogno. Se era proprio vero che il mio desiderio di avere un altro titolo fosse così forte, esso mostrava un'ambizione patologica che non riconoscevo in me stesso e che mi sembrava estranea. Non sapevo come mi avrebbero giudicato a questo riguardo le persone che credevano di conoscermi. Forse ero davvero ambizioso; ma la mia ambizione si è trasferita da lungo tempo su cose abbastanza diverse dal titolo e ruolo di professor extraordinarius. Allora quale potrebbe essere stata la causa che ha prodotto in me il sogno? A questo punto mi ricordai di un aneddoto che avevo spesso sentito nella mia infanzia. Al tempo della mia nascita una vecchia contadina aveva predetto a mia madre orgogliosa che, con il suo primo figlio, aveva dato al mondo un grande uomo. Profezie di questo tipo devono essere molto comuni: ci sono tante madri piene di grandi speranze e tante contadine anziane ed altre che compensano la perdita del potere di controllo sulla vita attuale concentrandosi sul futuro. Né la profetessa può averci perso nulla con le sue parole. Poteva essere questa la fonte della mia sete di grandezza? Ma ciò mi ricordava un'altra esperienza, dell'infanzia più avanzata, che forniva una spiegazione ancora migliore. Quando avevo undici o dodici anni, i miei genitori avevano l'abitudine di portarmi al Prater con loro. Una sera, mentre eravamo in uno dei ristoranti, fummo colpiti da un uomo che andava da un tavolo all'altro e, per un piccolo compenso, improvvisava dei versi su qualsiasi argomento richiestogli. Io fui mandato a chiamare il poeta al nostro tavolo ed egli mostrò la sua gratitudine al messaggero. Prima di informarsi sull'argomento scelto, mi dedicò dei versi e dichiarò nella sua ispirazione che probabilmente sarei diventato un ministro. Ricordo ancora bene l'impressione che mi fece questa seconda profezia. Quelli erano i giorni del ministero «Bürger». Poco tempo prima, mio padre aveva portato a casa i ritratti dei professionisti borghesi Herbst, Giskra, Unger, Berger e di altri, ed avevamo illuminato la casa in loro onore. Ci dovevano essere anche degli ebrei tra di essi. Infatti da allora ogni studente ebreo in gamba portava un portafoglio da ministro nella sua cartella. Gli avvenimenti di quel periodo mi influenzarono al punto che fino a poco prima di iscrivermi all'università avevo intenzione di studiare legge; solo all'ultimo momento cambiai idea. La carriera ministeriale è definitivamente chiusa per un medico. Ma ora torniamo al sogno. Cominciai a pensare che esso mi aveva trasportato da questo tetro presente alle allegre speranze dei giorni del ministero «Bürger» e che aveva fatto del suo meglio per soddisfare un desiderio che risaliva a quei tempi. Nel bistrattare i due colti e stimati colleghi perché erano ebrei e nel trattarli uno da semplicione e l'altro da delinquente, mi stavo comportando come se fossi il ministro, mi ero messo al posto del ministro. Avevo capovolto la situazione vendicandomi contro Sua Eccellenza! Egli aveva rifiutato di nominarmi professore straordinario ed io mi ero vendicato nel sogno mettendomi al suo posto. In un'altra occasione divenne evidente che, anche se il desiderio che provoca il sogno è un desiderio presente, esso è fortemente sostenuto da lontani ricordi infantili. Ciò che ho in mente è una lunga serie di sogni basati sul desiderio di andare a Roma. Per molto tempo a venire, senza dubbio dovrò continuare a soddisfare quel desiderio nei miei sogni, poiché per ragioni di salute devo evitare Roma nella stagione in cui mi è possibile viaggiare. (Ho scoperto da molto tempo che ci vuole solo un po' di coraggio per realizzare desideri che fino allora sono stati considerati irraggiungibili; e da allora sono diventato un perenne pellegrino diretto a Roma.). Per esempio, sognai una volta che guardavo dal finestrino del treno il Tevere e il ponte di Castel S. Angelo. Il treno cominciò a muoversi e mi resi conto di non aver messo piede nella città. Il panorama visto nel sogno era preso da una ben nota stampa, che avevo visto per un momento il giorno prima nel salotto di un paziente. Un'altra volta qualcuno mi condusse sulla cima di un colle e mi mostrò Roma mezza avvolta nella nebbia; era così lontana che mi sorpresi della chiarezza della vista. C'era altro nel contenuto di questo sogno che non intendo esporre, comunque il tema della «terra promessa vista da lontano» era evidente. La città che vidi per la prima volta in questo modo, avvolta nella nebbia, era Lubecca e l'immagine del colle era nel Gleichenberg. In un terzo sogno ero finalmente andato a Roma, come mi informava lo stesso sogno; ma ero deluso perché il panorama non aveva affatto un aspetto cittadino. C'era uno stretto ruscello con acque scure; da un lato c'erano rocce nere e dall'altro dei prati con grandi ilori bianchi. Notai un certo signor Zucker (che conoscevo vagamente) e decisi di chiedergli come si arrivava in città. Stavo facendo un vano tentativo di vedere nel mio sogno una città che non avevo mai visto da sveglio. Scomponendo il paesaggio del sogno nei suoi elementi, scoprii che i fiori bianchi mi riportavano a Ravenna, che ho visitato e che almeno per una volta aveva preso il posto di Roma come capitale d'Italia. Nelle paludi intorno a Ravenna vedemmo bellissime ninfee che crescevano nell'acqua nera. Poiché avemmo una gran difficoltà nel coglierle dall'acqua, il sogno le fece crescere nel prato come i narcisi nella mia Aussee. La roccia nera così vicina all'acqua mi ricordò chiaramente la valle di Tepl vicino Karlsbad. «Karlsbad» mi permise di spiegare il curioso particolare dell'incontro con Herr Zucker. Il materiale del sogno includeva a questo punto due divertenti aneddoti ebrei, di quelli che contengono tanta saggezza profonda e spesso amaramente umana, e che a noi piace tanto citare nei nostri discorsi e nelle nostre lettere. Ecco il primo, la storia della «costituzione». Un ebreo squattrinato si era infilato senza biglietto nel veloce treno che porta a Karlsbad. Veniva scoperto ad ogni controllo di biglietti, portato via dal treno e trattato sempre più severamente. Ad una delle stazioni del suo calvario, incontrò un conoscente che gli chiese dove stesse andando. Egli rispose: «A Karlsbad, se la mia costituzione resiste». Poi ricordai un'altra storia di un ebreo che non sapeva il francese, cui era stato raccomandato di farsi indicare la rue Richelieu, una volta arrivato a Parigi. Anche Parigi era stata per molti anni il centro dei miei desideri e la beatitudine provata, quando per la prima volta misi piede sul suo selciato, mi sembrò una garanzia che anche gli altri miei desideri si sarebbero realizzati. «Farsi indicare la via», inoltre, era una diretta allusione a Roma, poiché si sa che tutte le strade portano a Roma. E poi, il nome Zucker [«zucchero»] era una nuova allusione a Karlsbad, poiché generalmente mandavamo in quel luogo tutti i sofferenti di diabete costituzionale. Lo stimolo di questo sogno era stato la proposta fatta dal mio amico di Berlino di incontrarci a Praga a Pasqua. Ciò che avremmo discusso includeva un nuovo rapporto tra «zucchero» e «diabete». Un quarto sogno, fatto subito dopo quest'ultimo, mi portò di nuovo a Roma. Vidi un angolo di strada davanti a me e mi sorpresi di trovarvi affissi tanti manifesti in tedesco. Avevo scritto al mio amico con profetica lungimiranza il giorno prima, dicendogli che pensavo che Praga non sarebbe stata il posto ideale per il soggiorno di un tedesco. Quindi il sogno esprimeva nello stesso tempo il desiderio di incontrarlo a Roma invece che in una città boema e quello, che risaliva forse ai tempi in cui ero studente, che a Praga si tollerasse di più la lingua tedesca. Tra l'altro, devo aver compreso la lingua ceca nella primissima infanzia, poiché sono nato in una piccola città della Moravia con popolazione slava. Una filastrocca ceca per bambini, che udii quando avevo diciassette anni, si è impressa nella mia memoria così facilmente che ancora oggi sono in grado di ripeterla, anche se non ho idea di cosa significhi. Quindi anche in questi sogni non mancava il nesso con la prima infanzia. Solo durante il mio ultimo viaggio in Italia, che tra l'altro mi portò anche sul lago Trasimeno, scoprii finalmente, dopo aver visto il Tevere ed essere tristemente tornato indietro a sole cinquanta miglia da Roma, come la mia aspirazione per la città eterna venisse rafforzata da impressioni infantili. Stavo progettando di passare per Roma l'anno seguente e di andare a Napoli, quando mi venne in mente una frase che devo aver letto in uno dei nostri classici (L'autore in questione deve essere stato senza dubbio Jean Paul). «È discutibile chi dei due abbia camminato su e giù per il proprio studio con maggiore impazienza dopo aver fatto il progetto di andare a Roma, se il vice direttore Winckelmann, o il comandante supremo Annibale». In realtà avevo seguito le tracce di Annibale. Come lui, ero destinato a non vedere Roma; e anche lui era andato in Campania, quando tutti lo aspettavano a Roma. Ma Annibale, cui somigliavo sotto questi aspetti, era stato il mio eroe preferito degli ultimi anni di scuola. Come molti ragazzi di quell'età, nelle guerre puniche avevo parteggiato per i cartaginesi e non per i romani. E quando nelle classi superiori cominciai a comprendere per la prima volta che cosa significasse appartenere ad una razza straniera, e i sentimenti antisemitici degli altri ragazzi mi avvertirono che dovevo assumere una posizione decisa, la figura del generale semita crebbe ancora di più nella mia stima. Per la mia giovane mente Annibale e Roma simbolizzavano il conflitto tra la tenacia degli ebrei e l'organizzazione della Chiesa cattolica. E la crescente importanza degli effetti del movimento antisemita sulla nostra vita emotiva mi aiutò a fissare i pensieri e i sentimenti di quel tempo. Quindi il desiderio di andare a Roma era diventato nella mia vita onirica la maschera e il simbolo di numerosi altri ardenti desideri, che si dovevano realizzare mediante la perseveranza e la sincerità del cartaginese, anche se al momento questa loro realizzazione sembrava tanto poco probabile quanto il desiderio di Annibale, durato tutta la vita, di entrare in Roma. A quel punto mi trovai di fronte all'avvenimento della mia infanzia che mostrava ancora la sua influenza in questi sentimenti e sogni. Avrò avuto dieci o dodici anni, quando mio padre incominciò a portarmi con sé a fare delle passeggiate e a rivelarmi le sue opinioni sulle cose del mondo. In una di queste occasioni, mi raccontò una storia per dimostrarmi che ora le cose andavano molto meglio che ai suoi tempi. «Da giovane», disse, «andai a fare una passeggiata un sabato, per le strade della tua città natale; ero ben vestito ed avevo in testa un berretto di pelliccia nuovo. Mi si avvicinò un cristiano e con un solo colpo buttò il mio berretto nel fango e urlò: "Ebreo, via dal marciapiede!"». «E tu che facesti?», gli chiesi. «Andai in strada e raccolsi il mio berretto», fu la sua calma risposta. Questa non mi sembrava una condotta eroica da parte del grande e forte uomo che teneva per mano il ragazzino. Misi a confronto questa situazione con un'altra che si adattava meglio ai miei sentimenti: la scena in cui il padre di Annibale, Amilcare Barca (Nella prima edizione appariva il nome di Asdrubale: strano errore che ho spiegato nella mia Psicopatologia della vita quotidiana), faceva giurare al figlio davanti all'altare di famiglia che si sarebbe vendicato dei romani. Da allora Annibale aveva avuto un posto nelle mie fantasie. Credo di poter trovare l'origine del mio entusiasmo per il generale cartaginese ancor più lontano nella mia infanzia; sarebbe quindi ancora una volta solo questione di traslazione di un rapporto affettivo già formato, su un altro oggetto. Uno dei primi libri che mi capitò fra le mani, quando imparai a leggere, fu la storia del Consolato e dell'impero di Thiers. Ricordo ancora che attaccavo etichette con i nomi dei marescialli di Napoleone sulle schiene piatte dei miei soldatini di legno. A quel tempo il mio preferito era già chiaramente Massena (o, in ebraico, Manasseh). (Senza dubbio questa preferenza era dovuta in parte anche al fatto che il mio compleanno cadeva nello stesso giorno del suo, esattamente un secolo dopo). Napoleone stesso si ricollega ad Annibale, poiché entrambi hanno attraversato le Alpi. E forse questo ideale guerriero si può ritrovare in un'infanzia ancora più lontana, quando, a tre anni, ero in stretto rapporto, a volte amichevole, a volte battagliero, con un bambino più grande di un anno; da tale rapporto devono essersi destati dei desideri in me, che ero il più debole. Quanto più si approfondisce l'analisi di un sogno, tanto più si rintracciano esperienze infantili, che hanno avuto parte tra le fonti del contenuto latente del sogno. Abbiamo già visto che raramente un sogno riproduce dei ricordi in modo tale che essi costituiscano, senza abbreviazioni o alterazioni, il complesso del suo contenuto manifesto. Tuttavia ciò si è senza dubbio verificato, ed io posso aggiungere qualche esempio che si riferisce, ancora una volta, a scene infantili. Un sogno presentò una volta ad un mio paziente la riproduzione quasi non deformata di un episodio sessuale, che egli riconobbe immediatamente come un ricordo fedele. La memoria mai completamente perduta, nella sua coscienza, anche se fortemente ottenebrata, ed il suo risveglio erano una conseguenza del lavoro compiuto precedentemente dall'analisi. A dodici anni, il sognatore era andato a trovare un compagno di scuola che era a letto e che, forse per un movimento involontario, si era scoperto. Alla vista dei genitali dell'amico, il mio paziente, come vinto da un impulso, si era scoperto anche lui ed aveva afferrato il membro dell'amico. Questi lo aveva guardato con sdegno e meraviglia, ed egli, imbarazzato, aveva lasciato andare. Questa scena si era ripetuta nel sogno ventitré anni dopo, con tutti i particolari delle sensazioni provate quella volta. Era modificata comunque nella misura in cui il sognatore assumeva il ruolo passivo invece di quello attivo, mentre la figura del compagno di scuola era sostituita da una conoscenza della sua vita attuale. È vero però che, in genere, la scena infantile viene rappresentata nel contenuto manifesto del sogno solo attraverso un'allusione, e non la si può scoprire che mediante l'interpretazione del sogno. Questi esempi non sono molto convincenti, perché in genere non c'è alcuna prova dell'effettiva esistenza di queste esperienze infantili: se poi risalgono ad un'età molto tenera non sono più riconosciute come ricordi. Nel lavoro psicoanalitico l'esistenza di esperienze infantili nei sogni viene giustificata da un gran numero di fattori reciprocamente coerenti e quindi sufficientemente degni di fiducia. Se separo dal loro contesto queste esperienze infantili dedotte e le comunico ai fini di un'interpretazione del sogno, esse probabilmente faranno ben poca impressione, specialmente poi perché non posso nemmeno citare tutto il materiale su cui si basava l'interpretazione. Ma tutto questo non mi tratterrà dal riferirle. I. Tutti i sogni di una mia paziente erano caratterizzati dal suo «aver fretta»: doveva, per esempio, andare in gran fretta da qualche parte per non perdere un treno, e così via. In un sogno, stava per andare a far visita ad un'amica; la madre le disse di prendere una vettura e di non andare a piedi; ma lei invece si mise a correre e continuava a cadere. Il materiale emerso dall'analisi riportava a ricordi di corse infantili. Un altro sogno particolare le fece venire in mente un gioco che piace ai bambini in cui si dice una frase «Die Kuh rannte, bis siefiel» [«la mucca corre finché cade»] tanto velocemente che sembra una sola parola, senza senso, in realtà un'altra corsa. Ella ricordava tutti questi innocenti giochi precipitosi con le sue amichette, poiché ne sostituivano altri meno innocenti. II. Ed ecco il sogno di un'altra paziente: Si trovava in una stanza con diversi tipi di macchine, all'incirca come immaginava che fosse un istituto ortopedico. Le fu detto che io non avevo tempo e che avrebbe dovuto fare la cura con altri cinque. Tuttavia si rifiutò di mettersi sul letto o su qualunque cosa le fosse destinata, e restò in un angolo ad aspettare che io le dicessi che non era vero. Frattanto gli altri ridevano di lei e ironizzavano sul suo modo di «comportarsi». Nello stesso tempo, le sembrava di fare tanti piccoli quadrati. La prima parte di questo sogno si riferiva alla cura ed era una traslazione su di me. La seconda conteneva un'allusione ad una scena infantile. Le due parti erano collegate dalla menzione del letto. L'istituto ortopedico si riferiva ad un mio commento, in cui avevo paragonato la cura, per la sua lunghezza e per la sua natura, ad una cura ortopedica. All'inizio della cura ero stato costretto a dirle che per il momento non avevo molto tempo per lei, anche se in seguito avrei potuto dedicarle un'ora intera ogni giorno. Questo aveva stimolato la sua antica sensibilità, che è la caratteristica principale dei bambini che tendono all'isteria: essi sono insaziabili di affetto. La mia paziente era la più piccola di una famiglia con sei bambini (da cui: insieme ad altri cinque) ed era la prediletta del padre; ma anche così sembra che abbia avuto l'impressione che il padre adorato le dedicasse troppo poco tempo ed attenzione. Il suo aspettare che io le dicessi che non era vero aveva la seguente origine. L'apprendista di un sarto le aveva portato un vestito e lei gli aveva dato il denaro. Poi aveva chiesto al marito se avrebbe dovuto pagare di nuovo nel caso che il ragazzo avesse perso il denaro. Il marito, per prenderla in giro, aveva annuito (il prendere in giro nel sogno). Lei aveva continuato a chiederglielo e aspettava che lui dicesse finalmente che non era vero. Era quindi possibile dedurre che nel contenuto latente del sogno aveva pensato che forse avrebbe dovuto pagarmi il doppio se le avessi dedicato il doppio del tempo, pensiero questo avaro o sporco. (La mancanza di pulizia dell'infanzia viene spesso sostituita in sogno dall'avarizia; il legame tra le due è costituito dalla parola «sporco»). Se la parte in cui aspettava che io dicessi ecc. doveva essere nel sogno una perifrasi per la parola «sporco», allora il suo «stare in un angolo» e «non mettersi a letto» si adatterebbe ad esso come elementi di una scena della sua infanzia: una scena in cui aveva sporcato il letto e, per punizione, era stata messa in un angolo, con la minaccia che il padre non le avrebbe più voluto bene e che i fratelli e le sorelle avrebbero riso di lei, ecc. I piccoli quadrati si riferivano alla nipotina, che le aveva mostrato un trucco aritmetico per sistemare le prime nove cifre in nove quadrati (spero che questo sia esatto) in modo che addizionati in tutte le direzioni dessero quindici. III. Un uomo sognò quanto segue: Vide due ragazzi che facevano la lotta, garzoni di bottaio, a giudicare dagli arnesi che erano lì intorno. Uno dei ragazzi fece cadere l'altro; il ragazzo che stava per terra aveva degli orecchini con pietre blu. Egli si affrettò verso l'aggressore con il suo bastone alzato, per punirlo. Quest'ultimo scappò a rifugiarsi da una donna che stava presso uno steccato di legno e sembrava sua madre. Apparteneva alla classe operaia e voltava le spalle al sognatore. Infine si rivoltò e gli dette un'occhiata così terribile che egli fuggì spaventato. Dalle palpebre inferiori sporgeva la carne rossa. Il sogno si era servito abbondantemente di eventi insignificanti del giorno precedente. Egli aveva davvero visto due ragazzi per la strada, dei quali uno aveva gettato a terra l'altro. Quando si era affrettato per fermarli erano scappati entrambi. Garzoni di bottaio. Questo trovava spiegazione in un sogno seguente in cui aveva usato la frase «sfondare una botte». Per esperienza riteneva che gli orecchini con pietre blu fossero portati principalmente da prostitute. Poi gli venne in mente un verso di una ben nota filastrocca dei due ragazzi: «L'altro ragazzo si chiamava Maria» (era una ragazza). La donna in piedi. Dopo la scena con i ragazzi, era andato a fare una passeggiata lungo la riva del Danubio ed aveva profittato di un luogo solitario per orinare contro uno steccato di legno. Più oltre, un'anziana signora vestita in modo rispettabile gli aveva sorriso molto amichevolmente ed aveva voluto dargli il suo biglietto da visita. Poiché la donna del sogno era nella posizione che aveva lui, mentre orinava, doveva trattarsi di una donna che orinava. Ciò collima con lo sguardo terribile e con la carne rossa sporgente, che poteva solo riferirsi all'apertura dei genitali, causata dalla posizione curva. Questa, vista nell'infanzia, ritornava nel periodo posteriore come «carne crescente», come una ferita. Il sogno univa due occasioni che aveva avuto da bambino di vedere i genitali delle bambine gettandole a terra mentre orinavano. E dall'alba parte del contesto emergeva anche il ricordo di essere punito o minacciato dal padre per la curiosità sessuale mostrata in queste occasioni. IV. Dietro al seguente sogno (di una signora anziana) si cela una gran quantità di ricordi di infanzia, uniti, per quanto possibile, in un'unica fantasia. Con una fretta tremenda andò a fare delle commissioni. Nel Graben si piegò sulle ginocchia, come se stesse per accasciarsi. Molte persone sì riunirono intorno a lei, specialmente vetturini; ma nessuno l'aiutava ad alzarsi. Fece vari tentativi, ma alla fine dovette riuscirci, perché la misero in una vettura che doveva portarla a casa. Qualcuno le gettò dietro, attraverso il finestrino, un pesante cesto pieno (come un cesto per la spesa). Questa era la stessa signora che aveva sempre «fretta» nei sogni, così come, da bambina, correva e giocava da tutte le parti. La prima scena del sogno derivava evidentemente dalla vista di un cavallo caduto: similmente l'accasciarsi si riferiva alle corse di cavalli. Da giovane aveva cavalcato e senza dubbio, quando era ancora più giovane, aveva giocato a fare il cavallo. L'accasciarsi si riferiva ad un ricordo della prima infanzia, riguardante il diciassettenne figlio del portiere che era caduto in strada per un attacco epilettico ed era stato riportato a casa in carrozza. Lei naturalmente ne aveva solo sentito parlare, ma l'idea di attacchi epilettici (dell'«epilessia») aveva fatto presa sulla sua immaginazione ed in seguito aveva influenzato la forma dei suoi attacchi isterici. Se una donna sogna di cadere, ciò ha sempre un significato sessuale: essa immagina di essere una «donna caduta». Questo sogno poi non lasciava dubbi in proposito, poiché il posto dove la paziente era caduta era il Graben, parte di Vienna nota per la passeggiata delle prostitute. Il cesto della spesa [Korb] portava a più d'una interpretazione. Le ricordava i numerosi rifiuti [Korbe] opposti ai suoi corteggiatori, così come quelli che lei stessa aveva ricevuti in seguito. Ciò si collegava anche al fatto che nessuno l'aiutava ad alzarsi, cosa che lei stessa spiegava come un rifiuto. Il cesto della spesa le ricordava inoltre quelle sue fantasie, già emerse dall'analisi, di essersi sposata al di sotto della sua condizione sociale e di dover andare di persona a fare la spesa. Ed infine poteva servire come indicazione di donne di servizio. A questo punto emersero altri ricordi dell'infanzia. In primo luogo si ricordò di una cuoca che fu licenziata perché rubava e che era caduta in ginocchio chiedendo di essere perdonata. La paziente a quel tempo aveva dodici anni. Poi le venne in mente una cameriera, licenziata per un affare amoroso con il cocchiere della famiglia (che del resto la sposò in seguito). Quindi questo ricordo era anche una delle origini dei vetturini del sogno (i quali, al contrario del cocchiere reale, non sollevarono la donna caduta). Restava da spiegare il fatto che il cesto le era stato gettato dietro e attraverso il finestrino. Questo le ricordava la consegna dei bagagli da spedire per ferrovia, l'abitudine degli innamorati in campagna di arrampicarsi fino alla finestra della loro ragazza, ed altri piccoli episodi della sua vita in campagna: un gentiluomo che aveva gettato delle prugne blu ad una signora attraverso la finestra della sua camera, la sua sorellina minore che si era spaventata perché l'idiota del paese aveva guardato attraverso la sua finestra. Un vago ricordo cominciò poi ad emergere, di quando aveva dieci anni, di una governante che in campagna aveva avuto dei rapporti amorosi (che la ragazzina forse aveva visto) con un servitore di casa e che, insieme all'amante, era stata mandata via, gettata fuori (contrario dell'immagine del sogno «gettata dentro»), una storia che abbiamo già avvicinato da parecchie altre direzioni. Il bagaglio o la valigia di un servitore vengono sprezzantemente chiamati a Vienna «sette prugne»: «riunisci le tue sette prugne e vattene!». La mia raccolta naturalmente include un gran numero di sogni di pazienti, la cui analisi ha condotto ad impressioni vaghe o completamente dimenticate dell'infanzia, spesso dei primi tre anni di vita. Ma le conclusioni tratte dai loro sogni non sarebbero valide in generale, poiché riguardano in ogni caso dei nevrotici ed in particolare degli isterici: ed è possibile che l'importanza delle scene infantili nei loro sogni sia stata determinata dalla natura della loro nevrosi e non dall'essenza dei sogni. Tuttavia, nell'analisi dei miei propri sogni, analisi che non faccio certo per spiegare evidenti sintomi patologici, non mi succede meno raramente di trovare nel contenuto latente di un sogno una scena dell'infanzia; e mi succede che tutta una serie di sogni si ricolleghi alle associazioni che si diramano da qualche esperienza infantile. Ho già fatto alcuni esempi di questo fenomeno e ne farò ancora altri. Forse non posso concludere meglio questa sezione che raccontando qualche mio sogno, in cui spunti recenti ed esperienze infantili dimenticate da tempo si sono uniti come fonti di sogno. I. Stanco ed affamato dopo un viaggio, andai a letto e le maggiori necessità vitali cominciarono a farsi sentire nel sonno; sognai quanto segue: Andai in cucina in cerca di un po' di dolce. C'erano tre donne; una era l'albergatrice e stava maneggiando qualcosa, come se stesse facendo gli gnocchi. Rispose che dovevo aspettare che finisse. (Queste parole non erano chiare). Ero impaziente e andai via offeso. Mi infilai un soprabito, ma il primo che provai era troppo lungo per me. Me lo levai, piuttosto sorpreso di vederlo bordato di pelliccia. Il secondo che indossai aveva una lunga striscia con sopra un disegno turco. Uno sconosciuto col viso lungo ed il pizzetto mi si avvicinò e cercò di impedirmi di indossarlo, dicendo che era suo. Allora gli feci vedere che era tutto ricamato su un disegno turco. Egli chiese: «Che cosa c'entrano i turchi (disegni, strisce...) con lei?». Ma poi facemmo amicizia. Quando incominciai l'analisi di questo sogno pensai, in modo del tutto inaspettato, al primo romanzo letto in vita mia (forse quando avevo tredici anni); in realtà cominciai dalla fine del primo volume. Non ho mai saputo il titolo del romanzo o il nome del suo autore; ma ricordo vivamente la fine. L'eroe impazzì e continuava a gridare i nomi delle tre donne che gli avevano dato la più grande felicità ed il più grande dolore. Uno di questi nomi era Pélagie. Ancora non sapevo dove mi avrebbe portato nell'analisi questo ricordo. In relazione alle tre donne, pensai alle Parche che filano il destino dell'uomo e sapevo che una delle tre donne, l'albergatrice nel sogno, è la madre che dà la vita e inoltre (come nel mio caso) dà il primo nutrimento. Amore e fame, pensai, si incontrano al seno di una donna. Una storia dice che un giovane, grande ammiratore della bellezza femminile, parlando della bella balia che lo aveva allattato da piccolo, osservò: «Mi dispiace di non aver approfittato dell'occasione». Avevo l'abitudine di citare questo aneddoto per spiegare «l'azione differita» nel meccanismo delle psiconevrosi. Una delle Parche, dunque, si stava sfregando i palmi delle mani, come se stesse facendo gnocchi: una buffa occupazione per una Parca, che richiedeva urgentemente spiegazione. Questa mi venne da un altro ricordo ancora più lontano nell'infanzia. Quando avevo sei anni e mia madre mi dava il primo insegnamento, avrei dovuto credere che siamo tutti fatti di terra e dobbiamo quindi tornare alla terra. Ciò non mi soddisfaceva ed espressi i miei dubbi sulla teoria. Allora mia madre si sfregò i palmi delle mani l'uno con l'altro, come se stesse facendo gnocchi, solo che non c'era pasta fra le mani, e mi mostrò le squamette nerastre dell'epidermine prodotte dalla frizione, come una prova che siamo fatti di terra. La mia meraviglia a questa dimostrazione visiva non conobbe limiti e mi calmai nella convinzione che in seguito trovai espressa nelle parole «tu devi alla natura una morte». (Entrambe le emozioni collegate a queste scene infantili, lo stupore e la rassegnazione all'inevitabile, erano comparse in un sogno fatto poco tempo prima, che per primo mi aveva ricordato questo episodio infantile). Qundi erano davvero Parche quelle che trovai in cucina, quando ero affamato, mentre mia madre vicino al fuoco mi ammoniva che dovevo aspettare che il pranzo fosse pronto. Ed ora gli gnocchi, i Knödel! Almeno uno dei miei professori universitari, precisamente quello a cui devo le mie nozioni istologiche (epidermiche), alla parola «Knodel» si ricorderebbe certamente di una persona contro la quale aveva dovuto procedere legalmente, perché aveva plagiato i suoi scritti. L'idea di plagiare, di appropriarsi di qualunque cosa, anche se appartenente a qualcun altro, portava chiaramente alla seconda parte del sogno, in cui ero stato trattato come quel ladro di soprabiti che per qualche tempo aveva esercitato la sua professione nelle sale universitarie. Avevo scritto la parola «plagiare» senza pensarci, poiché mi era venuta in mente; ma poi notai che poteva formare un ponte (Brücke) tra diverse parti del contenuto manifesto del sogno. Una catena di associazioni [Magie-plagiare-plagiostomi (Di proposito ho evitato di soffermarmi sui plagiostomi; mi ricordavano uno spiacevole episodio in cui mi ero messo in cattiva luce presso questo stesso professore universitario) o squalin(Haifische)-vescica natatoria di pesce (Fischblase)] collegavano il vecchio romanzo con il caso di Knodl e con i soprabiti, che chiaramente si riferivano agli strumenti della tecnica sessuale. (Cfr. i sogni allitterativi di Maury). Certamente era una catena di pensieri molto artificiosa ed insensata; ma non avrei mai potuto costruirla da sveglio, se non fosse stata prima elaborata dal lavoro onirico. E, come se la necessità di stabilire dei nessi forzati nulla considerasse sacro, il nome onorato di Briicke (vedi sopra il ponte di parole) mi ricordava l'Istituto nel quale avevo passato le ore più felici della mia vita di studente, senza altri desideri Così attaccato al seno della sapienza Ci troverete ogni giorno maggiore piacere in pieno contrasto con i desideri che mi tormentano ora nei miei sogni. Infine mi venne in mente un altro stimato professore il cui nome, Fleischl («Fleisch» = «carne»), ha il suono di qualcosa da mangiare, come «Knodl», ed una scena penosa che includeva squame di epidermide (mia madre e l'albergatrice), la pazzia (il romanzo) e una droga che toglie la fame, la cocaina. Potrei ulteriormente seguire le intricate serie di pensieri lungo queste linee e spiegare completamente la parte del sogno che non ho analizzato; ma a questo punto devo desistere perché il sacrificio personale richiesto sarebbe troppo grande. Raccoglierò solo un filo, che è in grado di portarci direttamente ad uno dei pensieri del sogno sottostanti alla confusione. Lo sconosciuto con il viso lungo ed il pizzetto, che aveva cercato di impedirmi di indossare il soprabito, aveva i lineamenti di un negoziante di Spalato, dal quale mia moglie aveva comprato una gran quantità di roba turca. Egli si chiamava Popovic, nome ambiguo sul quale l'umorista Stettenheim ha già fatto un commento allusivo: «Mi disse il suo nome e arrossendo mi strinse la mano». Ancora una volta scoprii che stavo facendo uso improprio dei nomi, come avevo già fatto con Pélagie, Knodl, Brücke e Fleischl. Non si potrebbe negare che giocare sui nomi è una malizia infantile. Ma se v'indugiavo, era un atto di vendetta, perché il mio nome troppo spesso è stato vittima di questo sciocco umorismo. Goethe ha fatto delle osservazioni sulla sensibilità della gente riguardo al proprio nome: sembra che ci siamo cresciuti dentro come nella pelle. Disse questo a proposito di un verso scritto da Herder sul suo nome. Tu che discendi dagli dei (Götter), dai Goti (Gothen), o dal fango (Kot). Così anche voi, immagini divine, siete diventate polvere. Osservai che questa digressione sull'uso improprio dei nomi voleva solo concludersi con la mia lamentela. Ma qui devo interrompere. L'acquisto fatto da mia moglie a Spalato mi ricordava un altro acquisto, fatto a Cattaro, per il quale fui troppo cauto e persi così l'occasione di fare ottime spese. (Vedi l'occasione persa con la balia). Infatti uno dei miei pensieri che la fame introduceva nel sogno era: «Non si dovrebbe mai lasciar sfuggire un'occasione, ma afferrare sempre ciò che si può, anche se questo comporta un poco di cattiveria. Non si dovrebbe mai lasciar sfuggire un'occasione, perché la vita è breve e la morte inevitabile». Poiché questa lezione di carpe diem aveva tra l'altro un significato sessuale e poiché il desiderio espresso non si fermava davanti alla cattiveria, c'era motivo di temere la censura e quindi la necessità di celarsi dietro un sogno. Allora vengono espressi tutti i pensieri di significato opposto: ricordi di quando il sognatore era soddisfatto del cibo spirituale, pensieri inibitori di ogni specie e perfino minacce delle più terribili punizioni sessuali. Il. Quest'altro sogno richiede una premessa piuttosto lunga: ero andato alla Stazione Ovest per prendere il treno che mi avrebbe portato ad Aussee per le vacanze estive, ma ero arrivato sulla pensilina mentre c'era ancora un altro treno, che andava a Ischl. Lì avevo visto il conte Thun, che andava a Ischl per un'udienza con l'imperatore. Nonostante piovesse, era arrivato su una carrozza aperta. Era entrato direttamente attraverso l'ingresso per i treni locali. Il controllore al cancello non lo aveva riconosciuto ed aveva cercato di vedere il suo biglietto, ma egli lo aveva scansato con un breve cenno della mano, senza dare spiegazioni. Partito il treno per Ischl, avrei dovuto lasciare la pensilina e tornare nella sala d'aspetto; e mi costò fatica fare in modo che mi lasciassero sostare sulla pensilina. Avevo passato il tempo cercando di vedere se arrivava qualcuno e di ottenere uno scompartimento riservato, esercitando una qualche «pressione». Intendevo in tal modo protestare energicamente: cioè reclamare parità di diritti. Nel frattempo mormoravo tra me un motivo, che riconobbi essere l'aria di Figaro dalle Nozze di Figaro: Se vuol ballare, signor contino, Il chitarrino le suonerò. (Dubito che altri avrebbero riconosciuto il motivo). Tutta la sera ero stato di buon umore e battagliero. Mi ero preso gioco del cameriere e del vetturino, senza offenderli, spero. Ed ora ogni sorta di idee insolenti e rivoluzionarie mi passavano per la niente, al passo con le parole di Figaro e con il ricordo della commedia di Beaumarchais, che avevo visto recitata dalla Comédie francaise. Pensai alla battuta sui gran signori che si sono presi la pena di nascere, al diritto del padrone che il conte Almaviva cercava di esercitare su Susanna. Pensai anche ai nostri maligni giornalisti dell'opposizione, che giocano sul nome del conte Thun, chiamandolo «conte Nicthsthum» (= «conte Farniente»). Non che io lo invidiassi. Lo aspettava una difficile udienza con l'imperatore, e il vero conte Nichtshum ero io, che partivo per le vacanze. Molti divertenti progetti a tale proposito. A questo punto arrivò un signore sulla pensilina, riconobbi in lui l'ispettore del Governo agli esami di medicina, che per le sue attività in tali occasioni si era procurato il soprannome lusinghiero di «compagno di letto del Governo». Egli chiese un mezzo scompartimento di prima classe in virtù della sua posizione ufficiale, ed io sentii un ferroviere che diceva ad un altro: «Dove dobbiamo metterlo il signore con il mezzo biglietto di prima classe?». Questo, pensai, era un bell'esempio di favoritismi; dopo tutto io avevo pagato la tariffa intera di prima classe. Ed in realtà io ottenni uno scompartimento ma non in una carrozza con corridoio, cosicché non sarebbe stato disponibile un gabinetto durante la notte. Mi lamentai con un funzionario, senza successo; ma mi presi la rivincita, proponendo che avrebbe potuto far fare un buco sul pavimento dello scompartimento per andare incontro agli eventuali bisogni dei passeggeri. E infatti mi svegliai alle due e tre quarti di mattina con l'impellente bisogno di orinare, dopo aver fatto il seguente sogno: Una folla di gente, una riunione di studenti. Un conte (Thun o Taaffe) stava parlando. Era stato sfidato a dire qualcosa sui Tedeschi ed aveva dichiarato con un gesto di disprezzo che il loro fiore preferito era il farfaro e si era messo una specie di foglia lacerata, anzi lo scheletro schiacciato di una foglia, all'occhiello. Io scattai, dunque scattai (Questa ripetizione si è insinuata nella mia stesura del sogno, apparentemente per distrazione; ma l'ho lasciata perché l'analisi ha mostrato che era importante), anche se ero sorpreso per aver assunto tale atteggiamento. (Poi, meno distintamente:) Era come se mi trovassi nella Aula Magna, le entrate erano controllate e dovevamo fuggire. Mi aprii il varco per una serie di stanze ben arredate, evidentemente appartamenti ministeriali o pubblici, con gli arredi di un colore tra il marrone e il violetto; infine arrivai in un corridoio, dove sedeva una governante, un 'anziana signora tarchiata. Evitai di parlare, ma evidentemente pensò che avessi l'autorizzazione di passare, poiché mi chiese se doveva accompagnarmi con la lampada. Le indicai con una parola o con un gesto che si doveva fermare sulla scala; mi sentivo molto furbo, nell'evitare in tal modo il controllo all'uscita. Scesi le scale e trovai un sentiero stretto e ripido in salita, lungo il quale mi diressi. (Di nuovo indistinto)... Sembrava che il secondo problema fosse quello di uscire dalla città, proprio come il primo era stato di uscire dalla casa. Ero su una carrozza e ordinai al vetturino di portarmi alla stazione. «Non posso andare con lei lungo la linea ferroviaria» dissi, dopo che aveva sollevato qualche obiezione, come se l'avessi stancato. Era come se io avessi già viaggiato con lui per parte della distanza che generalmente si percorre in treno. Le stazioni erano controllate. Non sapevo se sarei andato a Krems o a Znaim, ma pensai che ci sarebbe stata la Corte e optai per Graz, o qualche posto simile. Ora sedevo in uno scompartimento, che assomigliava ad una carrozza della Stadtbahn (la sotterranea); all'occhiello avevo uno strano lungo oggetto pieghettato con sopra delle viole di colore violetto marrone, fatte di stoffa rigida. Questo colpiva molto la gente. (A questo punto la scena s'interrompeva). Di nuovo ero di fronte alla stazione, ma questa volta in compagnia di un signore anziano. Pensai ad un piano per non essere riconosciuto e poi vidi che questo piano era stato già realizzato. Sembrava che pensare e sperimentare fossero un'unica cosa. Egli sembrava cieco, almeno da un occhio, ed io gli porgevo un orinale di vetro (che dovevamo comprare o avevamo comprato in città). Quindi io ero un infermiere e dovevo dargli l'orinale perché egli era cieco. Se il controllore ci avesse visto in quelle condizioni, ci avrebbe certamente lasciato passare, senza notarci. A questo punto apparivano informa plastica l'atteggiamento dell'uomo ed il suo membro che orinava. (Qui mi svegliai sentendo il bisogno di orinare). Nell'insieme il sogno dà l'impressione di essere una fantasia in cui il sognatore è ritornato ai tempi della rivoluzione del 1848. Mi è venuto in mente quell'anno forse per il Giubileo del 1898 e forse anche per un breve viaggio fatto nella Wachau, nel corso del quale avevo anche visitato Emmersdorfl (Un errore, ma non di distrazione questa volta. Solo in seguito ho appreso che Emmersdorf nella Wachau non si deve identificare con il luogo dallo stesso nome che fu il rifugio del rivoluzionario Fischhof), il luogo dove si rifugiò il capo degli studenti Fischhof, al quale potrebbero alludere alcuni elementi del contenuto manifesto del sogno. Le mie associazioni poi mi portarono all'Inghilterra e alla casa di mio fratello. Egli prendeva spesso in giro la moglie «Fifty Years Ago» (dal titolo di una poesia di Lord Tennyson), che i bambini correggevano sempre con «fifteen years ago». Questa fantasia rivoluzionaria, comunque, che derivava dalle idee suscitate in me dalla vista del conte Thun, era come la facciata di una chiesa italiana, che non ha nessuna relazione organica con la struttura retrostante. Ma era tuttavia differente da quelle facciate, poiché era disordinata e piena di lacune e alcune parti della costruzione interna traspaiono in molti punti. La prima situazione nel sogno era una fusione di parecchie scene, che io posso separare. L'insolente atteggiamento del conte nel sogno era copiato da una scena avvenuta al ginnasio quando avevo quindici anni. Avevamo complottato contro un maestro antipatico e ignorante e l'animatore del complotto era stato un compagno, che fin da allora aveva preso ad esempio Enrico VIII di Inghilterra. Il comando dell'attacco principale era stato assegnato a me ed il segnale dell'aperta ribellione era una discussione sul valore del Danubio per l'Austria (cfr. Wachau). Uno dei compagni di congiura era l'unico ragazzo aristocratico della classe, chiamato «giraffa» per la notevole lunghezza delle gambe. Egli era in piedi, come il conte nel sogno, essendo stato preso di mira dal tiranno della scuola, l'insegnante di tedesco. Il fiore preferito e il mettere all'occhiello qualcosa di simile ad un fiore (che poi mi fece pensare a delle orchidee che avevo portato quello stesso giorno ad un'amica e anche alla rosa di Gerico) mi ricordavano vivamente la scena di un lavoro storico di Shakespeare {Enrico vi) che rappresentava l'inizio della guerra della Rosa Bianca e della Rosa Rossa. (Il nome di Enrico VIII aveva aperto la strada a questo ricordo). Di lì era breve il salto ai garofani rossi e bianchi. (A questo punto si inseriscono nell'analisi due versetti, uno in tedesco e l'altro in spagnolo: Rosen, Tulpen, Nelken, Alle Blumen welken. (Rose, tulipani, garofani, tutti i fiori appassiscono). Isabelita, no llores, Que se marchitan las flores. (Isabelita, non piangere che i fiori appassiscono). (Il versetto spagnolo riportava a Figaro). Qui a Vienna i garofani bianchi sono diventati un simbolo di antisemitismo e quelli rossi il simbolo della socialdemocrazia. Inoltre c'era il ricordo di una provocazione antisemita durante un viaggio in treno attraverso la bella campagna della Sassonia (vedi Anglo-sassone). La terza scena, che contribuiva alla formazione della prima situazione del sogno, risaliva ai primi tempi in cui ero studente. C'era una discussione in un'associazione di studenti tedeschi sul rapporto tra la filosofia e le scienze naturali. Io ero un ragazzino imberbe, imbevuto di teorie materialistiche, e mi esposi ad esprimere un punto di vista estremamente unilaterale. Allora qualcuno più anziano e a me superiore, qualcuno che ha mostrato da allora la sua abilità a guidare gli uomini e ad organizzare le masse (e che, tra l'altro, porta un nome derivato dal regno animale), si alzò e ci fece una buona predica: disse che anche lui aveva dato da mangiare ai maiali da giovane ed era tornato pentito a casa dal padre. Io scattai (come avevo fatto nel sogno) e risposi volgarmente che, ora che sapevo che aveva nutrito porci in gioventù, non mi sarei più meravigliato del tono dei suoi discorsi. (Nel sogno ero meravigliato del mio atteggiamento tedesco nazionalista). Ci fu una protesta generale e fui invitato da molte parti a ritirare la mia osservazione, ma mi rifiutai. L'uomo che avevo insultato era troppo maturo per considerare l'incidente una sfida, e lasciò cadere la cosa. Gli altri elementi della prima situazione del sogno provenivano da strati più profondi. Qual era il significato dell'affermazione del conte, sul farfaro? Per trovare la risposta seguii una serie di associazioni: farfara [«Huflattich»] lattuga-insalata-cane che non gode di una cosa e non permette che ne godano altri [«Salathund», letteralmente «cane da insalata»]. E qui c'era un'intera raccolta di termini ingiuriosi: «Giraffe» [«Affé» in tedesco vuol dire scimmia], «maiale», «cane», e sarei anche potuto arrivare ad «asino» se avessi fatto un altro giro di parole ed insultato nuovamente un insegnante accademico. Inoltre avevo tradotto «farfaro», non so se a torto o a ragione, con il francese «pisse-en-lit». Questa informazione mi veniva dal Germinai di Zola, in cui un bambino deve cogliere un po' di quella verdura per l'insalata. Il termine francese per «cane» - «chien» - mi ricordava la funzione più importante («chier» in francese, paragonato a «pisser» per quella minore). Presto, pensai, avrei colto esempi di sconvenienza in tutti e tre gli stati della materia, solido, liquido e gassoso; infatti questo stesso libro Germinal, che ha a che fare con la rivoluzione futura, contiene l'esposizione di un tipo di gara molto particolare, quella della produzione di emissioni gassose, conosciute come «flatus». (In realtà non nel Germinai, ma in La terre: errore che ho notato solo dopo aver portato a termine l'analisi. È da notare il ricorrere delle stesse lettere in Huflattich e flatus). Ora mi rendevo conto che la strada per arrivare a «flatus» era preparata già da tempo: dai fiori, attraverso i versetti spagnoli, Isabelita, Isabella e Ferdinando, Enrico VIII, la storia inglese e l'Armada che navigava contro VInghilterra, dopo la cui sconfitta fu coniata una medaglia, con l'iscrizione «Flavit et dissipati sunt» (Un solerte biografo, il dr. Fritz Wittels, mi ha accusato di aver omesso il nome di Geova da questo motto. La medaglia inglese porta il nome della divinità in ebraico su una nuvola nello sfondo. È collocata in modo da poter essere considerata sia parte del disegno che dell'iscrizione), poiché la tempesta aveva disperso la flotta spagnola. Avevo pensato di usare queste parole come titolo semischerzoso di un capitolo sulla terapia, se fossi mai riuscito a fare un resoconto dettagliato della mia teoria e del trattamento dell'isteria. Passando ora al secondo episodio del sogno, non sono in grado di approfondirlo nei dettagli, e proprio per riguardo alla censura. Infatti mi ero messo al posto di un esaltato personaggio di quei tempi rivoluzionari, che aveva anche avuto un'avventura con un'aquila (Adler) e che si dice abbia sofferto di incontinenza ecc. Pensai che non sarei riuscito a oltrepassare la censura a questo punto, anche se la maggior parte della storia mi era stata raccontata da un Hofrat (un consiliarius aulicus, consigliere di corte - vedi Aula). La serie di stanze pubbliche nel sogno deriva dalla carrozza salone di Sua Eccellenza, alla quale ero riuscito a dare un'occhiata. Ma le «stanze» (Zimmer) significavano anche «donne» (Frauenzimmer) come spesso succede nei sogni, in questo caso «donne pubbliche». Con la figura della governante, mostravo la mia mancanza di gratitudine per un'anziana signora spiritosa e mal ripagavo la sua ospitalità e le molte belle storie che mi aveva raccontato durante il mio soggiorno in casa sua. L'allusione alla lampada si riferiva a Grillparzer, che inserì un delizioso episodio analogo, che gli era effettivamente capitato, nella sua tragedia su Ero e Leandro, Des Meeres und der Liebe Wellen (Le onde del mare e dell'amore - L'Armada e la tempesta). (In un interessante scritto, Silberer ha cercato di dimostrare con questa parte del mio sogno che il lavoro onirico può riuscire a riprodurre non solo i pensieri del sogno latenti, ma anche i processi psichici che si verificano durante la formazione dei sogni. Ma credo che egli trascuri il fatto che «i processi psichici che si verificano durante la formazione del sogno» sono, come tutto il resto, parte del materiale dei miei pensieri. In questo sogno pieno di vanterie ero evidentemente fiero di aver scoperto questi processi). Devo anche rinunciare ad una dettagliata analisi degli altri due episodi del sogno. Prenderò in considerazione solo quegli elementi che conducono alle due scene infantili, dal momento che proprio a questo scopo ho intrapreso la discussione del sogno. Si sospetterà giustamente che è il materiale sessuale che mi spinse a fare questa soppressione: ma non conviene accontentarsi di questa spiegazione. Dopo tutto ci sono molte cose che vanno mantenute in segreto di fronte alla gente, ma che non sono un segreto per se stesse; e il problema da risolvere qui non riguarda il perché sono costretto a nascondere la soluzione, ma riguarda i motivi della censura interna che mi ha tenuto nascosto il vero significato del sogno. Devo quindi spiegare che l'analisi di questi ultimi tre episodi li mostra come un impertinente vanagloriarsi, l'espressione di un'assurda megalomania, che da tempo avevo eliminato nella vita da sveglio, le cui ramificazioni erano in parte penetrate perfino nel contenuto manifesto del sogno (mi sentii molto furbo) e che inoltre spiegava la mia esuberanza della sera precedente il sogno. La vanagloria si estendeva a tutte le sfere; per esempio, la menzione di Graz si ricollegava all'espressione in gergo «Quanto costa Graz?» che esprime l'autocompiacimento di una persona che si sente in ottime condizioni. II primo episodio del sogno può anche venir incluso tra le vanterie da chi ricorda l'incomparabile racconto del grande Rabelais sulla vita e le azioni di Gargantua e Pantagruel. Ed ecco il materiale che si riferisce alle due scene infantili, promesso ai miei lettori. Avevo comprato un nuovo baule per il viaggio, di un colore tra il marrone e il viola. Questo colore appare più di una volta nel sogno: le violette marrone-viola fatte di stoffa rigida ed inoltre una cosa nota come «Màdchenfànger» («acchiappafanciulle»), e i mobili negli appartamenti ministeriali. I bambini credono generalmente che qualsiasi cosa nuova colpisca la gente. La seguente scena della mia infanzia mi è stata raccontata, e il ricordo del racconto si è sostituito al ricordo della scena in sé: quando avevo due anni bagnavo ancora il letto di tanto in tanto e, quando venivo rimproverato per questo, consolavo mio padre promettendogli di comprargli un bel letto rosso nuovo di qualsiasi grandezza a N., la città più vicina. (Questa era l'origine della frase incidentale del sogno per cui avevamo comprato o dovevamo comprare l'orinale in città: bisogna mantenere le promesse). (Si noti anche la giustapposizione nel simbolismo dell'orinale maschile o della valigia o scatola femminile). Questa mia promessa esprimeva tutta la megalomania dell'infanzia. Abbiamo già visto quanto siano importanti nei sogni le difficoltà dei bambini connesse con l'orinare. Dalla psicoanalisi di soggetti nevrotici abbiamo anche dedotto lo stretto rapporto tra l'enuresi ed il carattere ambizioso. Un'altra scena domestica, che posso ricordare molto chiaramente, avvenne quando avevo sette o otto anni. Una sera, prima di andare a letto, ignorai le regole imposte dal pudore e obbedii ai richiami della natura nella camera da letto dei miei genitori, mentre essi erano presenti. Nel corso della ramanzina, mio padre lasciò cadere queste parole: «Questo ragazzo non concluderà mai nulla». Questo dev'essere stato un colpo tremendo per la mia ambizione, poiché nei miei sogni ci sono ancora dei riferimenti alla scena e sono sempre collegati con l'enumerazione dei miei risultati e successi, come se volessi dire: «Vedi, ho combinato qualcosa». Questa scena fornì poi il materiale per l'ultimo episodio del sogno, nel quale, naturalmente per vendetta, i ruoli erano invertiti. Era il vecchio uomo (chiaramente mio padre, dal momento che la cecità ad un occhio si riferiva al suo glaucoma unilaterale) (C'è un'altra interpretazione. Egli aveva un occhio solo come Odino, il padre degli dèi. La consolazione che gli offrivo nella prima scena infantile era quella di comprargli un letto nuovo) che orinava ora davanti a me, come io davanti a lui quando ero bambino. Riferendomi al suo glaucoma, gli ricordavo la cocaina, che lo aveva aiutato nell'operazione, come se in quel modo avessi mantenuto la mia promessa. Inoltre mi burlavo di lui; dovevo tenergli l'orinale perché era cieco e rivelavo per allusioni le mie scoperte in relazione alla teoria dell'isteria, di cui ero così orgoglioso. (Ed ecco dell'altro materiale di interpretazione: porgergli il recipiente di vetro mi ricordava la storia del contadino dall'ottico, che provava un paio di occhiali dietro l'altro e tuttavia non riusciva a leggere. («Bauernfànger» = «acchiappa-contadini», «truffatore»; «Màdchenfànger» = «acchiappa-fanciulle», nell'episodio precedente del sogno). Il modo in cui veniva trattato il padre dai contadini dopo essere diventato scemo, in La terre di Zola. La tragica vendetta che consisteva nel fatto che mio padre sporcava il letto come un bambino durante gli ultimi giorni della sua vita; ciò spiega la mia presenza nel sogno come infermiere. «Era come se pensare e sperimentare fossero la stessa cosa». Questo mi ricordava un dramma rivoluzionario di Oskar Panizza, in cui Dio Padre viene trattato in modo ignobile, come un vecchio paralitico. Nel suo caso volontà e azione erano la stessa cosa, ed uno dei suoi arcangeli, una specie di Ganimede, doveva impedirgli di bestemmiare e maledire, poiché le imprecazioni si sarebbero realizzate subito. Il mio fare progetti era un rimprovero verso mio padre, che risaliva ad un periodo precedente. Ed anzi tutto il contenuto ribelle del sogno, con la sua maestà lesa e con il disprezzo delle autorità superiori, risaliva alla ribellione contro mio padre. Il principe è noto come il padre del suo paese; il padre è l'autorità più antica, la prima e, per i bambini, l'unica; dal suo potere autocratico si sono sviluppate le altre autorità sociali nel corso della storia della civiltà umana (eccetto le limitazioni richieste dal «matriarcato» per questa affermazione). La frase «pensare e sperimentare erano la stessa cosa» si riferiva alla spiegazione dei sintomi isterici, e ad essa si riferiva anche l'orinale maschile. Non c'è bisogno di spiegare ad un viennese il principio del «Gschnas». Consiste nel costruire oggetti apparentemente rari e preziosi con materiale triviale, e preferibilmente umoristico e privo di valore (per esempio, fare armature con pentole, manciate di paglia e panini), uno dei passatempi preferiti alle feste di artisti, qui a Vienna. Io avevo notato che questo è proprio ciò che fanno i soggetti isterici; accanto a ciò che è accaduto loro realmente, costruiscono inconsciamente dei fatti immaginari spaventosi o perversi, con il materiale più innocente e comune della loro esperienza. Ed è a queste fantasie che i loro sintomi sono in primo luogo collegati, non a ricordi di fatti reali, siano essi gravi o egualmente innocui. Questa scoperta mi ha aiutato a superare numerose difficoltà e mi ha dato un piacere particolare. Ed ecco come avevo potuto riferirmi a tutto questo mediante l'elemento onirico dell'orinale maschile: mi era stato detto che all'ultima serata «Gschnas» era stato mostrato un calice avvelenato appartenuto a Lucrezia Borgia, costituito principalmente da un'orinale maschile di quelli che si usano negli ospedali). Le due scene sull'orinale prese dalla mia infanzia erano in ogni caso strettamente collegate all'argomento della megalomania; ma il loro emergere mentre viaggiavo per Aussee fu ulteriormente incoraggiato dal fatto che non c'era gabinetto annesso al mio scompartimento e che avevo ragione di anticipare la situazione spiacevole che in effetti si verificò la mattina dopo. Mi svegliai con le sensazioni di un bisogno fisico. Qualcuno potrebbe supporre che queste sensazioni abbiano costituito il vero agente provocatorio del sogno; ma io preferisco un'altra teoria, e cioè che esso sia stato provocato dai pensieri del sogno. Molto raramente il mio sonno viene disturbato da bisogni fisici di qualsiasi genere, specialmente poi all'ora in cui mi ero svegliato in quell'occasione, le due e tre quarti del mattino. E posso anche rispondere ad un'altra obiezione, osservando che durante viaggi più comodi non ho sentito il bisogno di orinare nemmeno quando mi sono svegliato presto. Ma in ogni caso non ci recherà danno lasciare questo punto in sospeso. La mia esperienza nell' analisi dei sogni mi ha insegnato che le serie di pensieri che risalgono alla primissima infanzia emergono anche da quei sogni che a prima vista sembrano completamente interpretati, poiché le loro fonti e il desiderio stimolante sono stati scoperti senza difficoltà. Mi sono quindi dovuto chiedere se questa caratteristica possa essere un'ulteriore condizione essenziale del sognare. Per una definizione generale, si dovrebbe dire che ogni sogno è legato alle esperienze recenti nel suo contenuto manifesto, mentre si ricollega alle esperienze più lontane nel suo contenuto latente. Ed in realtà sono stato in grado di dimostrare, nella mia analisi dell'isteria, che queste antiche esperienze sono rimaste recenti, nel senso proprio della parola, fino all'immediato presente. È ancora estremamente difficile dimostrare la verità di questa supposizione; e dovrò tornare, per un altro riguardo, a considerare la probabile parte svolta dalle prime esperienze dell'infanzia nella formazione dei sogni. Delle tre caratteristiche della memoria nei sogni enumerate al principio di questo capitolo, una, cioè la preferenza per il materiale non essenziale nel contenuto dei sogni, è stata spiegata in modo soddisfacente mediante la deformazione onirica. Siamo stati in grado di confermare l'esistenza delle altre due, la preminenza cioè del materiale infantile e di quello recente, ma non siamo riusciti a spiegarle sulla base dei motivi che inducono a sognare. Dobbiamo tener presenti queste due caratteristiche, la cui spiegazione e valutazione non è ancora stata scoperta; dobbiamo cercare la loro collocazione in altri punti, o nella psicologia dello stato di sonno, o nella discussione della struttura dell'apparato mentale cui ci dedicheremo in seguito, dopo aver appreso che l'interpretazione dei sogni è come una finestra attraverso la quale si può dare uno sguardo all'interno di quell'apparato. Voglio però subito richiamare l'attenzione su di un'altra deduzione, che deriva da queste ultime analisi di sogni. I sogni spesso sembrano avere più di un significato. Essi, come hanno mostrato i nostri esempi, includono parecchie soddisfazioni di desideri, l'una accanto all'altra; inoltre, una successione di significati o di soddisfazioni di desideri può essere sovrapposta ad un'altra, dove quella più profonda è la soddisfazione di un desiderio della prima infanzia. E qui ci si dovrebbe chiedere di nuovo se non sia più esatto asserire ciò che avviene «sempre», piuttosto che «spesso». (II fatto che i significati dei sogni siano disposti in strati sovrapposti costituisce uno dei più delicati ma anche dei più interessanti problemi dell'interpretazione dei sogni. Chiunque dimentichi questa possibilità, andrà facilmente fuori strada e arriverà a fare delle affermazioni insostenibili sulla natura dei sogni. Purtroppo in realtà si sono fatte ben poche indagini a questo riguardo. Finora l'unica ricerca completa è stata quella di Otto Rank sulla stratificazione piuttosto regolare dei simboli nei sogni provocati dal bisogno di orinare). (C) LE FONTI SOMATICHE DEI SOGNI Se si cerca di interessare un profano colto ai problemi onirici e, a tal fine, gli si chiede quali siano secondo lui le fonti del sogno, si vede generalmente che egli sarà convinto di possedere la risposta a questa parte del problema. Egli pensa subito agli effetti prodotti sulla costruzione dei sogni da disturbi digestivi - «i sogni vengono dall'indigestione » -, da posizioni casuali del corpo e da altri piccoli incidenti che si verificano durante il sonno. Non gli viene mai in mente, a quanto pare, che, una volta presi in considerazione tutti questi fattori, ci sia ancora qualcosa da spiegare. Ho già parlato a lungo nel capitolo iniziale (Sezione C) dell'importanza assegnata dalla scienza alle fonti somatiche di stimolo nella formazione dei sogni; quindi è ora sufficiente ricordare i risultati di quell'inchiesta. Abbiamo visto che si devono distinguere tre differenti tipi di fonti somatiche di stimolo: gli stimoli sensori oggettivi provenienti da oggetti esterni, gli stati di eccitazione interna degli organi sensori aventi solo un fondamento soggettivo e gli stimoli somatici provenienti dall'interno del corpo. Abbiamo inoltre osservato che gli autori tendono a mettere da parte o ad escludere interamente qualsiasi eventuale fonte psichica di sogni, a confronto con questi stimoli somatici. A seguito dell'esame delle dichiarazioni fatte sul conto delle fonti somatiche di stimolo, abbiamo tratto le seguenti conclusioni. Il valore delle eccitazioni somatiche degli organi sensori (che consistono in parte in stimoli casuali del sonno ed in parte in eccitazioni tali che non possono non turbare la mente, anche se addormentata) è stato determinato da numerose osservazioni ed è stato confermato sperimentalmente. Il ruolo delle eccitazioni sensorie soggettive sembra dimostrato dal ricorrere nei sogni di immagini sensorie ipnagogiche. Ed infine appare che anche se è impossibile dimostrare che le immagini e le rappresentazioni oniriche sono riconducibili a stimoli somatici interni nella misura in cui ciò si sostiene, tuttavia questa origine è rafforzata dall'influenza, ampiamente riconosciuta, che gli stati di eccitazione dei nostri organi digestivi, urinari e sessuali esercitano sui nostri sogni. Sembrerebbe allora che «stimoli nervosi» e «stimoli somatici» siano le fonti somatiche dei sogni, cioè, secondo molti scrittori, la loro unica fonte. Tuttavia sono stati già espressi molti dubbi, che sembrano criticare non l'esattezza, ma l'adeguatezza della teoria degli stimoli somatici. Per quanto possano essere sicuri i sostenitori di questa teoria sul suo effettivo fondamento - specie per quanto riguarda gli stimoli nervosi accidentali ed esterni, dal momento che si possono rintracciare senza alcuna fatica nel contenuto del sogno - nessuno di essi può non rendersi conto che è impossibile attribuire solo a stimoli nervosi esterni l'abbondanza di materiale rappresentativo dei sogni. Miss Mary Whiton Calkins ha esaminato i suoi sogni e quelli di un'altra persona per sei settimane, nell'intento di risolvere questa questione. Ha scoperto che rispettivamente solo nel 13,2% e nel 6,7% di essi si potevano rintracciare gli elementi della percezione sensoria esterna, mentre solo due casi potevano derivare da sensazioni organiche. Qui abbiamo la conferma statistica di quanto sospettavo da un affrettato sguardo alle mie esperienze personali. Spesso è stato proposto di separare i «sogni dovuti a stimoli nervosi» da altre forme di sogni come una sottospecie che sia stata interamente esaminata. Per esempio, Spitta divide i sogni in «sogni dovuti a stimoli nervosi» e «sogni dovuti ad associazioni». Questa soluzione era comunque destinata a restare insoddisfacente finché non era possibile dimostrare il legame tra le fonti somatiche di un sogno ed il suo contenuto rappresentativo. Quindi, in aggiunta alla prima obiezione, cioè l'insufficiente frequenza di fonti di stimolo esterne, ce n'è un'altra: l'insufficiente spiegazione dei sogni fornita da queste fonti. Abbiamo il diritto di ottenere dai sostenitori di questa teoria spiegazioni su due punti: primo, perché lo stimolo esterno del sogno non viene percepito nella sua vera natura, ma viene sempre frainteso (vedi i sogni della sveglia); e, secondo, perché la reazione di questi stimoli fraintesi da parte della mente che percepisce dovrebbe produrre dei risultati così imprevedibilmente vari. Nella sua risposta a queste domande, Strümpell afferma che, poiché la mente si estrania dal mondo esterno durante il sonno, non riesce ad interpretare correttamente gli stimoli sensori oggettivi ed è costretta ad elaborare delle illusioni sulla base di un impulso indeterminato. Per citare le sue parole: «Appena una sensazione o un complesso di sensazioni o un sentimento o un processo psichico di qualsiasi genere nasce nella mente e viene da essa percepito durante il sonno, in seguito ad uno stimolo nervoso intemo od estemo, quel processo richiama le immagini sensorie dall'ambito delle esperienze rimaste nella mente dalla veglia, cioè percezioni precedenti, che sono nude, o accompagnate dal loro giusto valore psichico. Si potrebbe dire che tale processo raccoglie un numero più o meno grande di immagini di questo tipo e attraverso di esse l'impressione proveniente dallo stimolo nervoso acquista il suo valore psichico. A questo punto parliamo (come facciamo generalmente nel caso del comportamento da svegli) della mente addormentata "che interpreta" le impressioni provocate dagli stimoli nervosi. Il risultato di questa interpretazione è ciò che chiamiamo un "sogno dovuto a stimoli nervosi", cioè un sogno le cui componenti sono determinate da uno stimolo nervoso che produce i suoi effetti psichici sulla mente secondo le leggi della riproduzione». Wundt dice qualcosa di essenzialmente identico quando afferma che le rappresentazioni del sogno derivano, in massima parte, dagli stimoli sensori, specialmente da quelli della sensibilità generale, e sono quindi soprattutto illusioni fantastiche e probabilmente, solo in minima parte, pure rappresentazioni mnestiche intensificate fino all'allucinazione. Strümpell ha trovato il paragone adatto per la relazione che sussiste tra il contenuto del sogno ed i suoi stimoli in questa teoria, affermando che «è come se le dieci dita di un uomo che non conosce la musica vagassero per la tastiera di un piano». Quindi il sogno non è, secondo questa concezione, un fenomeno mentale basato su motivi psichici, ma il risultato di uno stimolo fisiologico che viene espresso in sintomi psichici, poiché l'apparato sul quale agisce lo stimolo non è capace di una diversa forma di espressione. Su una simile supposizione si basa, per esempio, la famosa analogia mediante la quale Meynert cercò di spiegare le rappresentazioni ossessive: l'analogia del quadrante di un orologio, sul quale alcuni numeri spiccano in rilievo. Per quanto ben accetta possa essere divenuta la teoria degli stimoli somatici dei sogni e per quanto possa apparire attraente, il suo punto debole è facilmente individuabile. Ogni stimolo somatico che richieda interpretazione da parte dell'apparato mentale addormentato mediante la costruzione di un'illusione, può dare origine ad un numero illimitato di tali tentativi di interpretazione, cioè può venir rappresentato nel contenuto del sogno da una grandissima varietà di rappresentazioni. (Mourly Vold ha raccolto in due volumi i resoconti dettagliati e precisi di una serie di sogni indotti sperimentalmente. Consiglio la lettura di questo lavoro a chiunque voglia convincersi di quanto poco il contenuto dei sogni individuali venga chiarito dalle condizioni degli esperimenti ivi descritti e di quanto poco contribuiscano in realtà questi esperimenti alla comprensione dei problemi del sogno). Ma la teoria presentata da Strümpell e Wundt è incapace di creare alcun motivo che regoli la relazione tra lo stimolo estemo e la rappresentazione del sogno, scelta per la sua interpretazione; è incapace, cioè, di spiegare ciò che Lipps chiama la «singolare scelta spesso fatta» da questi stimoli «nel corso della loro attività produttiva». Sono poi state fatte delle obiezioni contro il presupposto su cui si tutta la teoria delle illusioni, il presupposto che la mente addormentata sia incapace di riconoscere la vera natura degli stimoli sensori oggettivi. Il fisiologo Burdach ci ha dimostrato da molto tempo che anche nel sonno la mente è in grado di interpretare correttamente le impressioni sensorie che la raggiungono e di reagire secondo quella corretta interpretazione; egli si è infatti riferito al fenomeno per cui determinate impressioni sensorie, che sembrano importanti al dormiente, possono essere sottratte al generale disinteresse cui sono soggette durante il sonno (come nel caso della madre o della balia che allattano), e al fatto che il dormiente si sveglia più sicuramente al suono del proprio nome che per un'altra impressione auditiva indifferente: e tutto questo implica che la mente distingue le sensazioni durante il sonno. Burdach prosegue deducendo da queste osservazioni che nello stato di sonno non sussiste un'incapacità di interpretare gli stimoli sensori, ma mancanza di interesse per essi. Le stesse argomentazioni, presentate da Burdach nel 1830, sono state impiegate di nuovo, senza alcuna modifica, da Lipps nel 1883 nella sua critica alla teoria degli stimoli somatici. Quindi la mente sembra agire come il dormiente nell'aneddoto: quando uno gli chiese se stesse dormendo egli rispose: «No». Ma quando il suo interlocutore disse: «Allora prestami dieci fiorini», egli volle schermirsi con un sotterfugio e rispose: «Sto dormendo». L'insufficienza della teoria degli stimoli somatici del sogno si può dimostrare in altri modi. L'osservazione dimostra che gli stimoli esterni non mi spingono necessariamente a sognare, anche se tali stimoli appaiono nel contenuto del mio sogno, se e quando sogno. Supponiamo che io sia soggetto ad uno stimolo tattile mentre dormo. Ho la possibilità di molte reazioni diverse. Posso ignorarlo e quando mi sveglio posso, per esempio, accorgermi che la mia gamba è scoperta o che sul mio braccio c'è una pressione; la patologia fornisce numerosi esempi in cui diversi stimoli sensori e motori fortemente potenti possono restare inefficaci. O ancora, posso essere consapevole della sensazione nel sonno, essere, per così dire, consapevole «attraverso» il sonno (cosa che succede in genere nel caso di stimoli dolorosi), e non inserire il dolore in un sogno. E, in terzo luogo, posso reagire allo stimolo svegliandomi e liberandomene. (Vedi Landauer sul comportamento durante il sonno. Chiunque può osservare persone addormentate che compiono atti che evidentemente hanno un significato. Un uomo addormentato non diventa un perfetto idiota; anzi, è capace di compiere atti logici e deliberati.) Solo come quarta possibilità lo stimolo nervoso può spingermi a sognare. Tuttavia le altre possibilità vengono realizzate almeno altrettanto frequentemente che quest'ultima. E questo non potrebbe accadere se il motivo del sogno non si trovasse al di fuori delle fonti somatiche di stimolo. Certi altri autori, Scherner e Volkelt, il filosofo che ha adottato le concezioni di Scherner, hanno valutato esattamente le lacune che ho mostrato nella spiegazione dei sogni ottenuta mediante gli stimoli somatici. Questi autori hanno cercato di definire più precisamente le attività mentali che portano alla produzione di immagini oniriche così varie dagli stimoli somatici; in altre parole, hanno cercato di considerare il sognatore ancora una volta come qualcosa di essenzialmente mentale, come, un'attività psichica. Scherner non ha solo descritto le caratteristiche psichiche connesse alla produzione dei sogni in termini poeticamente rivissuti, ma ha anche creduto di aver scoperto il principio secondo il quale la mente affronta gli stimoli che le si presentano. Secondo lui, il lavoro onirico, quando l'immaginazione si libera dalle catene del giorno, cerca di dare una rappresentazione simbolica della natura dell'organo da cui proviene lo stimolo e della natura dello stimolo stesso. Da ciò deriva una specie di «libro dei sogni» da usare come guida per l'interpretazione dei sogni, che rende possibile dedurre dalle immagini oniriche le sensazioni somatiche, lo stato degli organi ed il carattere degli stimoli in questione. «Così l'immagine di un gatto esprime uno stato di irritato malumore, l'immagine del pane infornato rappresenta la nudità fisica» (Volkelt). Il corpo umano nel suo insieme viene descritto dall'immaginazione onirica come una casa ed i singoli organi del corpo come parti di una casa. Nei «sogni da stimolo dentario», un ingresso con soffitto a volta corrisponde alla cavità orale ed una scala al passaggio tra la gola e l'esofago. «Nei sogni dovuti a mal di testa, la sommità della testa è rappresentata dal soffitto di una stanza coperto di disgustosi ragni, simili a rospi». I sogni si servono di una gran varietà di simboli per rappresentare lo stesso organo. «Il polmone che respira sarà rappresentato simbolicamente da una fornace fiammeggiante, dove le fiamme fanno il rumore del vento; il cuore sarà rappresentato da scatole o cestini vuoti, la vescica da oggetti rotondi, a forma di borsa o generalmente concavi». «È particolarmente importante notare che alla fine del sogno l'organo in questione o la sua funzione vengono spesso rivelati apertamente, e in genere sono riferiti proprio al corpo del sognatore. Quindi un sogno con uno stimolo dentario generalmente termina con la descrizione del sognatore che si toglie un dente dalla bocca». Non si può dire che questa teoria di interpretazione dei sogni sia stata accettata favorevolmente dagli altri studiosi. La sua maggiore caratteristica sembra essere la sua stravaganza; e si è perfino esitato a riconoscerle quelle giustificazioni che merita. Essa implica, come si è visto, il risveglio dell'interpretazione dei sogni mediante il simbolismo, lo stesso metodo impiegato nell'antichità, tranne per il fatto che il campo da cui si raccolgono le interpretazioni è ristretto nei limiti del corpo umano. La mancanza di qualsiasi tecnica di interpretazione che possa essere afferrata scientificamente limita enormemente l'applicazione della teoria di Scherner. Essa sembra lasciare via libera alle interpretazioni arbitrarie, in modo particolare, poiché lo stesso stimolo può essere rappresentato nel contenuto del sogno in molti modi diversi. Così perfino il discepolo di Scherner, Volkelt, non è riuscito a confermare la concezione del corpo rappresentato da una casa. Ci saranno inevitabilmente delle obiezioni sul fatto che ancora una volta la mente sarebbe gravata dal lavoro onirico per una funzione inutile e priva di scopo; infatti, secondo la teoria di cui stiamo parlando, la mente si contenta di fare delle fantasie sullo stimolo che la occupa, senza il minimo accenno a liberarsi dello stimolo. C'è una critica particolare, tuttavia, che danneggia gravemente la teoria della simbolizzazione degli stimoli somatici di Scherner. Questi stimoli esistono sempre e si sostiene generalmente che durante il sonno la mente sia più accessibile ad essi che nella veglia. Ma allora è diffìcile comprendere come mai la mente non sogna continuamente per tutta la notte e anzi perché non sogna ogni notte tutti gli organi. Si potrebbe tentare di evitare questa critica aggiungendo, come ulteriore condizione dell'attività onirica, il procedere di stimoli particolari dagli occhi, dalle orecchie, dai denti, dagli intestini ecc. Ma allora sorge la difficoltà di provare la natura oggettiva di questa intensificazione degli stimoli, il che è possibile solo in pochi casi. Se i sogni di volare fossero la simbolizzazione dell'alzarsi e abbassarsi dei lobi dei polmoni, allora, come ha già fatto osservare Striimpell, o tali sogni dovrebbero essere molto più frequenti, o sarebbe necessario provare l'aumentata intensità del respiro nel loro corso. C'è una terza possibilità, che è la più probabile, cioè che motivi particolari potrebbero agire temporaneamente, dirigendo l'attenzione sulle sensazioni viscerali, che sussistono in modo costante. Tuttavia questa possibilità ci porta al di là dei limiti della teoria di Scherner. Il valore delle opinioni di Scherner e Volkelt consiste nell'aver attirato l'attenzione su numerose caratteristiche del contenuto del sogno, che richiedono una spiegazione e sembrano promettere nuove scoperte. È perfettamente vero che i sogni contengono simbolizzazioni di organi e funzioni corporee, che l'acqua nel sogno spesso rivela uno stimolo ad orinare e che i genitali maschili possono essere rappresentati da un bastone eretto o da una colonna ecc. Nel caso di quei sogni il cui campo visivo è pieno di movimento e di colori vivaci, in contrasto con il grigiore di altri sogni, è quasi impossibile non considerarli «sogni da stimolo visivo»; né si può negare l'importanza delle illusioni nel caso dei sogni caratterizzati da rumore e confusione di voci. Scherner racconta un sogno in cui due file di bei ragazzi biondi stanno l'una di fronte all'altra su un ponte e si attaccano reciprocamente e poi ritornano alle loro posizioni originarie, finché alla fine il sognatore vede se stesso seduto sul ponte estrarsi un lungo dente dalla mascella. Analogamente Volkelt racconta un sogno i cui protagonisti sono due. file di cassetti di un armadio e che finisce ancora una volta con il sognatore che si estrae un dente. Le formazioni oniriche di questo tipo, riferite in gran numero dai due autori, ci impediscono di liquidare la teoria di Scherner come vana invenzione, senza cercarne il nocciolo di verità. Il compito che ci si presenta sarà dunque quello di cercare una spiegazione diversa per la presunta simbolizzazione di quello che viene considerato uno stimolo dentario. Per tutto il corso di questa trattazione sulla teoria delle fonti somatiche dei sogni, ho evitato di servirmi di una argomentazione tratta dalle mie analisi di sogni. Se si può dimostrare, mediante un procedimento non impiegato dagli altri autori sul loro materiale onirico, che i sogni possiedono un valore proprio come atti psichici, che i desideri sono il motivo della loro formazione e che le esperienze del giorno precedente forniscono il materiale immediato per il loro contenuto, allora qualsiasi altra teoria dei sogni che trascuri un così importante procedimento di ricerca, e di conseguenza rappresenti il sogno come una reazione psichica complicata ed inutile contro stimoli somatici, resta condannata senza bisogno di critiche specifiche. Altrimenti, e questo sembra altamente improbabile, ci dovrebbero essere due differenti specie di sogni, di cui l'una sarebbe capitata esclusivamente sotto la mia osservazione, e l'altra sarebbe stata studiata dagli autori precedenti. Restano quindi solo da inserire nella mia teoria dei sogni i fatti sui quali si basa questa teoria degli stimoli somatici. Abbiamo già fatto un passo in questa direzione presentando la tesi che il lavoro onirico è costretto ad unificare tutti gli stimoli del sogno che agiscono contemporaneamente. Abbiamo visto che, quando due o più esperienze capaci di creare un'impressione avanzano dal giorno precedente, i desideri che ne derivano si uniscono in un unico sogno e, analogamente, che l'impressione psichicamente significativa e le esperienze indifferenti del giorno precedente si fondono nel materiale onirico, ammettendo sempre che si possano stabilire tra di loro rappresentazioni comunicanti. Quindi il sogno è una reazione a tutto ciò che è contemporaneamente presente nella mente che dorme, come materiale attuale. Per quanto abbiamo finora analizzato del materiale dei sogni, lo abbiamo visto come una raccolta di residui psichici e di frammenti di ricordi, ai quali abbiamo attribuito (a causa della preferenza mostrata per il materiale recente e per quello infantile) la qualità finora indeterminata di «attuali». Possiamo quindi prevedere, senza grande difficoltà, ciò che accadrà nel momento in cui nuovo materiale in forma di sensazioni si aggiunge durante il sonno a questi ricordi attuali. È proprio per il loro essere attuali che queste eccitazioni sensorie sono importanti per il sogno; esse si uniscono all'altro materiale psichico attuale per fornire ciò che è necessario alla formazione del sogno. In altre parole, gli stimoli che nascono durante il sonno vengono elaborati in una soddisfazione di desiderio, le cui altre componenti sono i noti residui psichici del giorno. Non è necessario che avvenga questa unione; come ho già fatto notare, c'è più di una reazione possibile, durante il sonno, agli stimoli somatici. Quando l'unione avviene, vuol dire che è stato possibile trovare del materiale rappresentativo tale, nel formare il contenuto del sogno, da poter rappresentare entrambe le fonti del sogno, quella somatica e quella psichica. L'essenza del sogno non viene alterata dal fatto che il materiale somatico venga aggiunto alle sue fonti psichiche: il sogno resta la soddisfazione di un desiderio, indipendentemente dal modo in cui l'espressione di quella soddisfazione di desiderio viene determinata dal materiale attuale. A questo punto voglio far luogo a certi particolari elementi che sono in grado di far variare l'importanza degli stimoli esterni in relazione ai sogni. Secondo me, una combinazione di elementi individuali, fisiologici e accidentali, prodotti dalle circostanze del momento, determina il modo in cui la persona si comporterà nei casi particolari di stimoli oggettivi relativamente intensi durante il sonno. La profondità abituale o casuale del suo sonno, unita all'intensità dello stimolo, farà in modo che in un caso egli sopprima lo stimolo in modo da non interrompere il sonno, nell'altro caso egli sia costretto a svegliarsi o cerchi di superare lo stimolo inserendolo in un sogno. Secondo queste diverse combinazioni possibili, gli stimoli oggettivi esterni troveranno espressione in un sogno con maggiore o minore frequenza a seconda delle persone. Nel mio caso, dal momento che ho buon sonno e che mi rifiuto ostinatamente di permettere che qualsiasi cosa disturbi il mio sonno, accade molto raramente che delle cause di stimolo esterne si inseriscano nei miei sogni; mentre i motivi psichici ovviamente mi fanno sognare con grande facilità. Anzi ho notato un unico sogno in cui sia riconoscibile una fonte di stimolo oggettiva e dolorosa; e sarà davvero istruttivo esaminare l'effetto prodotto dallo stimolo esterno su questo sogno particolare. Stavo cavalcando un cavallo grigio, in modo esitante e goffo al principio, come se mi stessi solo appoggiando. Incontrai un mio collega, che sedeva impettito su un cavallo, con indosso un abito di tweed, e che attirava la mia attenzione su qualcosa (probabilmente sul mio brutto modo di stare in sella). Intanto cominciavo a sentirmi seduto sempre più stabilmente e comodamente sul mio cavallo molto intelligente e notai che mi sentivo proprio a mio agio lassù. La mia sella era una specie di cuscino che riempiva completamente lo spazio tra il collo e la groppa. Così passai stretto stretto fra due carri. Dopo aver percorso un tratto di strada, tornai indietro e cercai di scendere, prima di fronte ad una piccola cappella aperta lungo la strada. In realtà poi scesi davanti ad un 'altra cappella vicina alla precedente .Il mio albergo era nella stessa strada; avrei potuto lasciare che il cavallo ci tornasse da solo, ma preferii portarcelo io. Sembrava che dovessi vergognarmi di arrivarci cavalcando. Un fattorino era davanti all'albergo; mi mostrò una mia annotazione, che era stata trovata e mi prese in giro. Sulla nota c'era scritto e sottolineato due volte: «Niente cibo» e poi un'altra osservazione (indistinta) come: «Niente lavoro», insieme alla vaga sensazione di essere in una città sconosciuta dove non stavo lavorando. A prima vista non si immaginerebbe che questo sogno è sorto sotto l'influenza, o piuttosto sotto la costrizione, di uno stimolo doloroso. Per qualche giorno avevo avuto dei foruncoli che mi torturavano ad ogni movimento; e infine un foruncolo della grandezza di una mela si era formato alla base dello scroto, provocando un dolore insopportabile ad ogni passo. Oltre ai dolori, contribuivano a deprimermi una stanchezza febbrile, mancanza di appetito e il duro lavoro che continuavo a fare nonostante tutto. Non riuscivo ad adempiere bene ai miei doveri di medico. C'era comunque una particolare attività che, data la natura e la localizzazione del mio male, non sarei certo riuscito ad esercitare ed era il cavalcare. Ed è proprio in questa attività che mi colloca il sogno: la negazione del dolore, attuata nel modo più energico che si potesse immaginare. Infatti io non so cavalcare e, a parte questo caso, non ho mai sognato di cavalcare. Ci ho provato una volta sola in vita mia, senza sella, e non mi è piaciuto. Ma in questo sogno io stavo cavalcando come se non avessi un foruncolo sul perineo, o piuttosto perché non volevo averlo. La mia sella, a giudicare dalla descrizione, era il cataplasma che mi aveva permesso di addormentarmi. Sotto la sua azione calmante probabilmente non avevo sentito dolore durante le prime ore di sonno. Poi si erano fatte sentire le sensazioni dolorose e avevano cercato di svegliarmi; quindi era venuto il sogno e aveva detto per consolarmi: «No, continua a dormire! Non c'è bisogno che ti svegli. Tu non hai un foruncolo, infatti stai cavalcando ed è certo che non potresti cavalcare se avessi un foruncolo proprio in quel punto». Ed il sogno ebbe successo: il dolore si calmò ed io continuai a dormire. Ma il sogno non si era accontentato di eliminare il foruncolo insistendo ostinatamente con una rappresentazione con esso incompatibile e comportandosi quindi come la pazzia allucinatoria della madre che ha perso il suo bambino o del mercante che ha perso i suoi beni (Cfr. il brano a riguardo di Griesinger e le mie osservazioni nel mio secondo scritto sulle neuropsicosi da difesa), il sogno si era anche servito dei dettagli della sensazione, come mezzi per connettere altro materiale attivo in quel momento nella mente con la situazione del sogno e per dare una rappresentazione a quel materiale. Io stavo cavalcando un cavallo grigio, il cui colore corrispondeva esattamente al sale e pepe dell'abito che indossava il mio collega P. quando lo avevo incontrato l'ultima volta in campagna. La causa dei miei foruncoli era stata attribuita alla mia alimentazione piccante, eziologia che era almeno preferibile allo zucchero (diabete) che potrebbe anche manifestarsi con i foruncoli. Il mio amico P. aveva assunto un'aria di superiorità (montava a cavallo) nei miei confronti, da quando mi era succeduto nella cura di una mia paziente, con la quale avevo portato a termine brillanti imprese. (Nel sogno avevo cominciato a cavalcare tangenzialmente, come un cavallerizzo provetto). Ma in realtà, come il cavallo dell'aneddoto del cavaliere domenicale, mi aveva portato dove voleva lei. Quindi il cavallo acquistò il significato simbolico di una paziente. (Era molto intelligente nel sogno). «Ero davvero a mio agio lassù» si riferiva alla posizione occupata in casa della paziente prima di essere stato rimpiazzato da P. Non molto tempo prima, uno dei miei pochi protettori tra i grandi medici di questa città aveva osservato proprio riguardo a questa casa: «Mi sembrava che fosse saldo in sella». Era stata un'impresa notevole anche compiere il mio lavoro psicoterapeutico per otto o dieci ore al giorno, mentre avevo un tale dolore. Ma sapevo che non sarei potuto andare avanti a lungo con il mio lavoro particolarmente difficile se non fossi stato in ottima salute fisica; ed il mio sogno era pieno di cupe allusioni alla situazione in cui mi sarei trovato in tal caso. (Il biglietto che i nevrastenici portano al dottore; niente lavoro, niente cibo). Approfondendo l'interpretazione, vidi che il lavoro onirico era riuscito a trovare la strada dalla situazione di desiderio di cavalcare a delle scene di litigio avvenute probabilmente nella prima infanzia tra me e mio nipote, maggiore di un anno, che attualmente vive in Inghilterra. Inoltre il sogno aveva tratto alcuni suoi elementi dai miei viaggi in Italia: la strada nel sogno era composta di impressioni di Verona e Siena. Un'interpretazione ancora più approfondita portava a pensieri onirici sessuali, e mi ricordai del significato che avevano i riferimenti all'Italia nel sogni di una paziente che non aveva mai visto quel bel paese: «gen Italien [verso l'Italia]» - «Genitalien [genitali]»; e questo si ricollegava anche alla casa in cui avevo preceduto il mio amico P. come medico e anche alla collocazione del mio foruncolo. In un altro sogno riuscii analogamente a proteggere il mio sonno da una minacciata interruzione, proveniente questa volta da uno stimolo sensorio. In questo caso fu solo accidentalmente comunque che riuscii a scoprire il nesso tra il sogno ed il suo stimolo accidentale e quindi a comprendere il sogno. Una mattina in piena estate, in un paese di montagna del Tirolo, mi svegliai sapendo che avevo sognato che il Papa era morto. Non riuscii ad interpretare questo sogno, che era privo di elementi visivi, e ricordai come unico punto di accostamento ad esso di aver letto su un giornale poco tempo prima che Sua Santità soffriva di una leggera indisposizione. Tuttavia, nel corso della mattina, mia moglie mi chiese se avevo udito il terribile fracasso fatto dal rintocco delle campane quel mattino. Io non me n'ero accorto per niente, ma ora comprendevo il sogno. Era stata una reazione da parte del mio bisogno di sonno al rumore con il quale i pii tirolesi avevano cercato di svegliarmi. Io mi ero vendicato traendo la deduzione che formava il contenuto del sogno ed avevo continuato a dormire senza prestare più attenzione al rumore. Tra i sogni citati nei capitoli precedenti, ce ne sono parecchi che potrebbero servire da esempi dell'elaborazione dei cosiddetti stimoli nervosi. Un esempio è il mio sogno di bere acqua a grandi sorsi. Apparentemente lo stimolo somatico era la sua unica fonte ed il desiderio derivato dalla sensazione (cioè la sete) era apparentemente il suo unico motivo. Lo stesso succede in altri semplici sogni in cui uno stimolo somatico sembra in grado di formare da solo un desiderio. Il sogno della paziente che gettò via dalla sua guancia l'apparecchio refrigerante durante la notte presenta un insolito metodo di reazione ad uno stimolo doloroso con una soddisfazione di desiderio: sembra che la paziente sia riuscita a prodursi temporaneamente un'analgesia, attribuendo i suoi dolori a qualcun altro. Il mio sogno delle tre Parche è chiaramente un sogno da fame. Ma è riuscito a spostare il bisogno di nutrimento al desiderio del bimbo per il seno materno e si è servito di un desiderio innocente come schermo per un altro più serio, che non poteva essere mostrato apertamente. Il mio sogno sul conte Thun ha dimostrato come un bisogno fisico casuale possa essere collegato ai più intensi (ma nello stesso tempo i più intensamente repressi) impulsi mentali. E un caso come quello raccontato da Garnier, del primo console che inserì il rumore di una bomba che cadeva in un sogno di battaglia prima di svegliarsi, rivela con notevole chiarezza la natura dell'unico motivo che spinge l'attività mentale ad occuparsi delle sensazioni durante il sonno. Un giovane avvocato, terminata la sua prima importante causa di bancarotta, si addormentò un pomeriggio e si comportò proprio come il grande Napoleone. Egli sognò un certo G. Reich di Husyatin (una città della Galizia) che aveva incontrato in un caso di fallimento! Il nome «Husyatin» continuò a reclamare la sua attenzione, finché si svegliò e scoprì che la moglie (che soffriva di catarro bronchiale) era in preda ad un violento attacco di tosse (in tedesco «husten»). Confrontiamo questo sogno di Napoleone I (che tra l'altro aveva un sonno molto profondo) con quello dello studente assonnato, che, svegliato dalla padrona di casa per andare in ospedale, sognò che era a letto in ospedale e quindi continuò a dormire con la scusa che dal momento che era già in ospedale non c'era nessun bisogno di alzarsi e andarci. Quest'ultimo è chiaramente un sogno di comodità. Il sognatore non mascherava il motivo del sogno; ma nello stesso tempo il sogno rivelava uno dei segreti dei sogni in genere. Tutti i sogni sono in un certo senso sogni di comodità: essi servono allo scopo di prolungare il sonno invece del risveglio. I sogni sono i custodi del sonno e non i suoi disturbatori. Avremo in seguito occasione di giustificare questa concezione in relazione ai fattori psichici che provocano il risveglio; ma siamo già in grado di osservare che essa è applicabile al ruolo svolto dagli stimoli oggettivi esterni. O la mente non presta attenzione a tutte le occasioni di sensazioni durante il sonno, se può comportarsi in tal modo nonostante l'intensità degli stimoli ed il valore che riconosce in essi; o si serve del sogno per negare lo stimolo; o, in terzo luogo, se è costretta a riconoscerli, cerca un'interpretazione che renda la sensazione attuale parte componente di una situazione desiderata e compatibile con il dormire. La sensazione attuale viene intessuta in un sogno, per toglierle realtà. Napoleone poteva continuare a dormire, con la convinzione che ciò che cercava di disturbarlo (Le due fonti dalle quali ho conosciuto questo sogno lo raccontano diversamente) era solo un ricordo onirico del tuono dei cannoni di Arcole. Quindi il desiderio di dormire (sul quale si concentra l'Io conscio e che, insieme alla censura del sogno ed alla «elaborazione secondaria» di cui parlerò in seguito, costituisce il contributo dell'Io conscio al sognatore) deve essere considerato in ogni caso uno dei motivi della formazione dei sogni ed ogni sogno riuscito è una soddisfazione di quel desiderio. Parleremo altrove del rapporto tra questo universale, inevitabile ed immutevole desiderio di dormire e gli altri desideri, di cui ora l'uno ora l'altro viene soddisfatto dal contenuto del sogno. Ma in questo desiderio di dormire abbiamo trovato il fattore che può riempire la lacuna della teoria di Strümpell e Wundt e che può spiegare la maniera perversa e capricciosa in cui vengono interpretati gli stimoli esterni. L'interpretazione esatta, che la mente addormentata è perfettamente in grado di compiere, richiederebbe un interesse attivo e imporrebbe l'interruzione del sonno; per questo motivo, tra tutte le interpretazioni possibili, sono ammesse solo quelle compatibili con la severa censura esercitata dal desiderio di dormire. «È l'usignolo e non l'allodola». Perché se fosse l'allodola significherebbe la fine della notte d'amore. Tra le interpretazioni dello stimolo che sono dunque ammesse, viene scelta quella che può fornire il migliore collegamento con gli impulsi di desideri che si celano nella mente. Così nulla è ambiguamente determinato e nulla viene lasciato ad una decisione arbitraria. L'interpretazione sbagliata non è un'illusione ma, si potrebbe dire, un'evasione. Anche qui tuttavia, come quando per obbedienza alla censura del sogno viene effettuata una sostituzione mediante spostamento, dobbiamo ammettere che ci troviamo di fronte ad una flessione dai normali processi psichici. Quando gli stimoli nervosi esterni e gli stimoli somatici interni sono abbastanza intensi da richiamare a sé l'attenzione psichica, allora, se il loro risultato è un sogno e non il risveglio, servono da punto fisso per la formazione del sogno, da nucleo per il suo materiale; dunque si cercherà una soddisfazione di desiderio che corrisponda a questo nucleo, proprio come si cercano rappresentazioni intermedie tra due stimoli psichici. Entro certi limiti è vero che in molti sogni il contenuto e determinato dall'elemento somatico. In un caso estremo può perfino accadere che un desiderio non attuale in quel momento venga destato per la formazione di un sogno. Il sogno comunque non ha alternative, ma deve rappresentare un desiderio nella sua realizzazione; deve quasi affrontare il problema di cercare un desiderio che possa essere rappresentato come realizzato dalle sensazioni ora attuali. Se questo materiale attuale è doloroso e penoso, ciò non significa necessariamente che esso non possa essere usato per la formazione del sogno. La mente ha a sua disposizione desideri la cui realizzazione implica dispiacere. Questo sembra contraddittorio, ma diventa comprensibile se teniamo presente che ci sono due forze psichiche ed una censura fra di esse. Come abbiamo visto, ci sono dei desideri «rimossi» nella mente, che appartengono al primo sistema e la cui realizzazione viene ostacolata dal secondo sistema. Dire che esistono tali desideri non va inteso in senso storico, per cui essi esistevano una volta ed in seguito sono stati eliminati. La teoria della rimozione, che è essenziale per lo studio delle psiconevrosi, afferma che questi desideri rimossi esistono ancora, anche se una simultanea inibizione li tiene indietro. Il linguaggio corrente colpisce nel segno, parlando di «repressione» di impulsi. L'organizzazione psichica che rende tali impulsi realizzabili è in piena efficienza. Se comunque un desiderio represso di questo tipo giungesse ad effetto e l'inibizione da parte del secondo sistema (il sistema che porta alla coscienza) venisse sconfitta, questa sconfitta si esprimerebbe con un dispiacere. In conclusione: se da fonti somatiche nascono sensazioni spiacevoli durante il sonno, il lavoro onirico si serve di quel fatto per rappresentare la realizzazione di qualche desiderio generalmente represso, pur continuando più o meno intensamente l'azione della censura. Questo stato di cose rende possibile un gruppo di sogni di angoscia, strutture oniriche queste poco favorevoli dal punto di vista della teoria del desiderio. Un secondo gruppo rivela un differente congegno; infatti l'angoscia nei sogni può essere angoscia psiconevrotica: può provenire da eccitazioni psicosessuali, nel qual caso l'angoscia corrisponde alla libido rimossa. In tali casi, l'angoscia e tutto il sogno d'angoscia hanno il valore di sintomo nevrotico e arriviamo al limite in cui lo scopo di soddisfazione del desiderio del sogno crolla. Ma ci sono dei sogni di angoscia (quelli del primo gruppo) in cui la sensazione di angoscia è determinata somaticamente, dove per esempio c'è difficoltà di respirazione per una malattia di cuore o di polmoni, e in tali casi l'angoscia viene utilizzata per aiutare la realizzazione nel sogno di desideri energicamente repressi che, se fossero stati sognati per motivi psichici, avrebbero prodotto un'analoga liberazione dall'angoscia. Ma non è difficile ricollegare questi due gruppi apparentemente discordanti. Ci sono in entrambi i gruppi due agenti psichici: una tendenza affettiva ed un contenuto rappresentativo che sono intimamente connessi l'uno con l'altro. Se l'uno è attuale, richiama anche l'altro in sogno; in un caso l'angoscia determinata somaticamente richiama il contenuto rappresentativo represso, nell'altro il contenuto rappresentativo con le sue eccitazioni sessuali, essendosi liberato dalla repressione, richiama una scarica d'angoscia. Possiamo dire che nel primo caso un affetto somaticamente determinato riceve un'interpretazione psichica; mentre nell'altro caso, anche se il tutto è determinato psichicamente, il contenuto che è stato represso viene facilmente sostituito da un'interpretazione somatica adatta all'angoscia. Le difficoltà che qui si presentano alla nostra comprensione non hanno niente a che fare con i sogni: esse sorgono dal fatto che stiamo accennando al problema dell'origine dell'angoscia e al problema della rimozione. Non c'è dubbio che la sensibilità generale diffusa sia tra gli stimoli somatici interni che possono influenzare il contenuto dei sogni. L'influenza non consiste nel fornire il contenuto del sogno, ma nell'imporre ai pensieri del sogno una scelta di materiale, da rappresentare nel contenuto, facendo avanzare una parte di materiale, adatta al suo carattere, e trattenendone un'altra parte. Inoltre la sensibilità generale, rimasta dal giorno precedente, si unisce certamente con i residui psichici che sono tanto importanti per i sogni. Questo umore generale può restare inalterato nel sogno o può essere dominato e così, se è spiacevole, può essere trasformato nel suo opposto. Dunque, secondo me, le fonti somatiche di stimolo durante il sonno (cioè le sensazioni del sonno), a meno che non abbiano un'intensità insolita, hanno la stessa importanza nella formazione dei sogni delle impressioni recenti ma indifferenti del giorno precedente. Credo cioè che esse vengano accolte per contribuire alla formazione di un sogno se si adattano opportunamente al contenuto rappresentativo proveniente dalle fonti psichiche del sogno, in caso contrario no. Esse vengono trattate come materiale a buon mercato sempre a portata di mano, che viene usato quando ce n'è bisogno, a differenza del materiale prezioso che prescrive da sé il modo in cui deve venir impiegato. Se, per fare un esempio, un mecenate porta ad un artista una pietra rara, un'onice, e gli chiede di farne un'opera d'arte, allora la grandezza della pietra, il suo colore e le sue venature contribuiranno a decidere quale testa o quale scena vi sarà rappresentata. Mentre, nel caso di materiale uniforme e abbondante, come il marmo o la pietra arenaria, l'artista segue semplicemente qualche idea che ha in mente. Mi sembra che solo in questo modo possiamo spiegare il fatto che il contenuto onirico fornito da stimoli somatici non particolarmente intensi non appaia in ogni sogno né ogni notte. (Rank ha mostrato in numerosi scritti che certi sogni di risveglio prodotti da stimoli organici (sogni con uno stimolo urinario e sogni di polluzione) sono particolarmente adatti a dimostrare la lotta tra il bisogno di dormire e le esigenze organiche, ed anche l'influenza di queste ultime sul contenuto dei sogni). Forse posso meglio illustrare ciò che intendo dire mediante un esempio, che inoltre ci riporterà all'interpretazione dei sogni. Un giorno avevo cercato di scoprire il significato delle sensazioni di sentirsi inibiti, di non potersi muovere da un posto, di non riuscire a combinare qualcosa e così via, che si manifestano così spesso nei sogni e sono così affini all'angoscia. Quella notte feci il seguente sogno: Ero vestito molto sommariamente e da un appartamento al pianterreno stavo salendo ad un piano più alto. Facevo tre gradini per volta ed ero deliziato della mia agilità. Improvvisamente vidi una domestica che scendeva le scale, veniva verso di me. Mi vergognai e cercai di affrettarmi, ma a questo punto si inserì la sensazione di essere inibito: ero incollato ai gradini e non potevo muovermi. Analisi La situazione del sogno è presa dalla realtà di ogni giorno. Abito in due appartamenti a Vienna, che sono collegati solo mediante la scala esterna. La mia sala di consultazione e lo studio sono al primo piano, mentre l'abitazione è al piano di sopra. Quando, a tarda sera, finisco il mio lavoro, salgo le scale per andare in camera da letto. La sera prima del sogno, avevo effettivamente fatto questo percorso con gli abiti in disordine, cioè mi ero tolto il colletto, la cravatta e i polsini. Nel sogno questo si era trasformato in un grado di nudità maggiore, ma, come sempre, indeterminata. Generalmente salgo le scale a due o tre gradini per volta e nel sogno questa era una soddisfazione di desiderio: la mia agilità mi rassicurava sul funzionamento del cuore. Inoltre questo modo di salire le scale era davvero in contrasto con l'inibizione della seconda parte del sogno. Mi mostrava, cosa che non aveva bisogno di prove, che i sogni non hanno difficoltà a rappresentare atti motori eseguiti a perfezione. (Basta solo ricordarsi i sogni di volare). La scala che stavo salendo non era comunque quella di casa mia. Sul principio non riuscii a riconoscerla e fu solo l'identità della persona che mi veniva incontro che mi chiarì la località. Questa persona era la cameriera di un'anziana signora che visitavo due volte al giorno per farle delle iniezioni e la scala era proprio uguale a quella della sua casa, che percorrevo due volte al giorno. Ora, come sono entrate nel mio sogno questa scala e questa figura femminile? La sensazione di vergogna per non essere completamente vestito è indubbiamente di natura sessuale; ma la cameriera che avevo sognato era più vecchia di me, scontrosa e per niente attraente. Questa fu l'unica soluzione che mi venne in mente: quando facevo le mie visite di mattina a questa casa, mi prendeva generalmente il desiderio di liberare la gola mentre salivo le scale e il prodotto della mia espettorazione finiva sulla scala. Infatti a nessun piano c'era una sputacchiera; e la mia opinione era che la pulizia della scala non dovesse essere mantenuta a mie spese, ma dovesse essere resa possibile dall'uso di una sputacchiera. La portiera, una donna altrettanto anziana e scontrosa (ma di istinti puliti, ero pronto ad ammetterlo), considerava la faccenda da un punto di vista diverso. Mi aspettava per vedere se mi fossi preso ancora quella libertà per le scale e, se lo facevo, la sentivo brontolare ad alta voce; e poi per parecchi giorni, incontrandomi, non mi avrebbe salutato. Il giorno precedente il sogno, il partito della portiera aveva ricevuto rinforzi da parte della cameriera. Avevo come al solito concluso la mia affrettata visita alla paziente, quando la cameriera mi fermò nell'ingresso ed osservò: «Avreste potuto asciugarvi gli stivali, prima di entrare in camera oggi, dottore. Avete sporcato di nuovo tutto il tappeto rosso con i vostri piedi». Questo era l'unico diritto che la scala e la cameriera vantavano per apparire nel mio sogno. C'era un nesso interno tra il mio correre su per le scale ed il mio sputare per le scale. La faringite e i disturbi di cuore sono entrambi considerati punizioni del vizio di fumare. Ed a causa di questa abitudine non sono rinomato per la pulizia nemmeno presso le autorità di casa mia, proprio come nell'altra casa; nel sogno entrambe si sono fuse in unità. Devo rimandare l'ulteriore interpretazione di questo sogno a quando avrò spiegato l'origine dei sogni tipici di non essere completamente vestiti. Sottolineo solo, come conclusione provvisoria da trarsi da questo sogno, che la sensazione di un movimento inibito nei sogni viene prodotta solo quando un determinato contesto lo richiede. La causa del contenuto di questa parte del sogno non può essere stata qualche particolare modifica del mio potere di movimento avvenuta nel sonno, poiché solo un momento prima mi ero visto (come per confermare questo fatto) mentre correvo con agilità per le scale. (D) SOGNI TIPICI In genere non siamo in grado di interpretare i sogni di un'altra persona, a meno che essa non sia preparata a comunicare i pensieri inconsci che si celano dietro al suo contenuto. L'applicazione pratica del nostro metodo di interpretazione dei sogni è di conseguenza strettamente limitata. (L'affermazione che il nostro metodo di interpretazione dei sogni non si può applicare se non si ha accesso al materiale associativo del sognatore richiede un'aggiunta: la nostra attività interpretativa è indipendente da queste associazioni quando il sognatore si è servito di elementi simbolici nel contenuto del sogno. In tali casi possiamo servirci di quello che è a rigore un secondo metodo, ausiliario, di interpretazione dei sogni). Abbiamo visto che in genere ogni persona ha la facoltà di costruire il suo mondo onirico secondo le proprie caratteristiche individuali, rendendolo così incomprensibile agli altri. Appare evidente, comunque, che in contraddizione con questo, ci sono certi sogni simili per tutti e che si presume abbiano lo stesso significato per tutti. Un interesse particolare è collegato a questi sogni tipici, poiché essi presumibilmente sorgono dalle stesse fonti in ogni caso e quindi sembrano particolarmente qualificati a chiarire le fonti del sogno. Sarà quindi con aspettative particolari che cercheremo di applicare la nostra tecnica di interpretazione a questi sogni tipici e sarà con grande riluttanza che dovremo confessare che la nostra arte delude le nostre aspettative proprio riguardo a questo materiale. Se cerchiamo di interpretare un sogno tipico, il sognatore non riesce in genere a produrre le associazioni che in altri casi ci avrebbero portato alla sua comprensione, o le sue associazioni diventano vaghe ed insufficienti, in modo che non riusciamo a risolvere il problema con il loro aiuto. Scopriremo in seguito perché ciò avvenga e in che modo possiamo compensare questa mancanza della nostra tecnica. I miei lettori scopriranno anche perché al momento sono in grado di occuparmi solo di pochi sogni del gruppo dei sogni tipici e perché devo rimandare la trattazione degli altri ad uno stadio più avanzato dell'opera. 1. Sogni imbarazzanti di essere nudi I sogni di essere nudi o poco vestiti davanti agli estranei a volte si presentano con l'ulteriore carattere della completa assenza di vergogna da parte del sognatore. Qui, tuttavia, ci riguardano solo quei sogni di essere nudi in cui si prova vergogna e imbarazzo e si cerca di fuggire o nascondersi, dove subentra una strana inibizione che impedisce di muoversi e fa sentire l'incapacità di mutare la situazione penosa. Solo quando ha questo carattere, il sogno è tipico; senza di esso, il nucleo del contenuto può essere inserito in una grande varietà di contesti o può essere trasformato per aggiunte personali. L'essenza (nella sua forma tipica) consiste nella sensazione penosa di vergogna e nel desiderio di nascondere la propria nudità, generalmente attraverso il movimento, senza riuscirci. Credo che la maggioranza dei miei lettori si sia trovata in questa situazione nei sogni. La natura del denudamento in genere non è affatto chiara. Il sognatore può dire «ero in camicia», ma raramente questa è una visione chiara. In genere si esprime in un'alternativa: «Ero in camicia o in sottoveste». Di regola l'insufficienza di abbigliamento del sognatore non è così grave da giustificare la vergogna cui dà luogo. Nel caso di un uomo che abbia portato l'uniforme militare, la nudità è spesso sostituita da qualche infrazione alle regole di abbigliamento: «Camminavo per la strada senza la mia sciabola e vidi degli ufficiali che avanzavano», o «Ero senza cravatta», o «Indossavo pantaloni borghesi a quadri» ecc. Le persone alla presenza delle quali si ha vergogna sono quasi sempre degli sconosciuti, con i lineamenti indeterminati. Nel sogno tipico non succede mai che l'abbigliamento che provoca imbarazzo venga additato e nemmeno notato dagli altri. Al contrario, essi assumono un'espressione indifferente o (come ho notato in un sogno particolarmente chiaro) un'espressione solenne e rigida. Questo è un punto significativo. L'imbarazzo del sognatore e l'indifferenza dei presenti ci offrono, nell'insieme, una contraddizione, di quelle così comuni nei sogni. Dopo tutto ci sarebbe maggiore coerenza con le sensazioni del sognatore, se gli sconosciuti lo guardassero con stupore o con derisione, o con indignazione. Ma questo aspetto di scandalo della situazione è stato secondo me superato dalla soddisfazione del desiderio, mentre qualche forza trattiene gli altri aspetti; le due parti del sogno, di conseguenza, non sono armoniche tra loro. Possediamo un'interessante testimonianza del fatto che il sogno, nella sua forma parzialmente deformata dalla soddisfazione del desiderio, non è stato compreso esattamente. Infatti è diventata la base di una fiaba, che tutti conosciamo nella versione di Andersen, I vestiti nuovi dell'imperatore, e che è stata recentemente messa in versi da Ludwig Fulda nel suo Der Talisman. La fiaba di Hans Andersen racconta che due impostori intessono per l'imperatore un prezioso indumento che, dicono, sarà visibile solo alle persone virtuose e oneste. L'imperatore esce con questo invisibile abito e tutti i presenti, intimoriti dal potere di pietra di paragone del tessuto, fanno finta di non notare la nudità dell'imperatore. Questa è proprio la situazione dei nostri sogni. Non è troppo avventato presumere che l'incomprensibilità del sogno, così come è nella memoria, abbia provocato una nuova forma, destinata a dar senso alla situazione. Quella situazione, comunque, nel processo viene privata del significato originale ed impiegata per un uso estraneo. Ma, come vedremo in seguito, è un fenomeno comune, per l'attività del pensiero conscio di un secondo sistema psichico, fraintendere il contenuto di un sogno in questo modo; quindi questo fraintendimento deve essere considerato uno dei fattori che determinano la forma finale assunta dai sogni. Inoltre apprenderemo che fraintendimenti analoghi (che si verificano di nuovo nella stessa personalità psichica) hanno un ruolo importante nella formazione di ossessioni e fobie. Nel caso dei nostri sogni, siamo in grado di indicare il materiale sul quale si basa questa errata interpretazione. L'impostore è il sogno e l'imperatore è il sognatore stesso; lo scopo moraleggiante del sogno rivela una vaga conoscenza del fatto che il contenuto latente del sogno riguarda desideri proibiti che sono diventati vittima della rimozione. Infatti il contesto in cui appaiono sogni di questa specie, nelle mie analisi di nevrotici, non lascia dubbio che i sogni siano basati su ricordi della primissima infanzia. Solo nell'infanzia ci facciamo vedere seminudi da membri della famiglia e da estranei, governanti, cameriere, ospiti; e solo allora non ci vergogniamo della nostra nudità. (Nella fiaba anche un bambino ha una parte; infatti è un bimbo che improvvisa-rnente esclama: «Ma non ha niente addosso!»). Possiamo ora osservare che lo spogliarsi ha un effetto quasi inebriante su molti bambini, anche quando sono più grandi, invece di far loro provare vergogna. Ridono e saltano da tutte le parti e si colpiscono, mentre la madre o chiunque sia presente li rimprovera, dicendo: «Vergognati, questo non si fa!». I bambini spesso manifestano il desiderio di esibirsi. Passando per un Paese da queste parti è difficile non incontrare qualche bimbo di due o tre anni che si alza la camicia davanti al passante, forse in suo onore. Un mio paziente ha un ricordo cosciente di una scena del suo ottavo anno di età, quando, all'ora di andare a letto, voleva andare a danzare nella stanza vicina dove dormiva la sorellina, in camicia da notte, ma la governante glielo aveva impedito. Nella prima storia dei nevrotici, ha importanza l'esposizione a bambini dell'altro sesso; nei paranoici, l'idea delirante di essere osservati mentre si vestono e si svestono si deve riportare a esperienze di questo tipo; mentre tra le altre persone che sono rimaste allo stadio di perversione, c'è una categoria in cui questo impulso infantile ha raggiunto il grado di un sintomo, la classe degli «esibizionisti». Se ci voltiamo a considerare questo periodo privo di vergogna, ci sembra un paradiso; ed il paradiso stesso non è altro che una fantasia collettiva dell'infanzia dell'individuo. Ecco perché l'umanità era nuda in paradiso e non c'era vergogna, finché arrivò il momento in cui si risvegliarono la vergogna e l'angoscia, seguì la cacciata e cominciarono la vita sessuale e il compito della civiltà. Ma noi possiamo riconquistare questo paradiso ogni notte nei nostri sogni. Ho già espresso il sospetto che queste impressioni della primissima infanzia (cioè dall'epoca preistorica fino alla fine del terzo anno di età) si sforzano di ottenere la riproduzione, per la loro stessa natura e forse indipendentemente dal loro effettivo contenuto, e la loro ripetizione rappresenta la soddisfazione di un desiderio. (Ferenczi ha raccontato numerosi interessanti sogni di nudità fatti da donne: non è stato difficile ricondurli al desiderio infantile di esibizione; ma sotto certi aspetti essi differiscono dai sogni di nudità tipici di cui ho parlato nel testo). Il nucleo di un sogno di esibizione si trova nella figura stessa del sognatore (non come era bambino, ma nel suo aspetto attuale) e nel suo insufficiente abbigliamento (che appare indistinto, o per gli strati sovrapposti di numerosi successivi ricordi di nudità o per effetto della censura). In aggiunta a ciò, ci sono le figure delle persone alla cui presenza il sognatore prova vergogna. Non so di alcun caso in cui gli effettivi spettatori della scena di esibizione infantile siano apparsi nel sogno; un sogno non è quasi mai un semplice ricordo. È strano, ma la gente che aveva attirato il nostro interesse sessuale nell'infanzia è esclusa da tutte le riproduzioni che si verificano nei sogni, nell'isteria e nelle nevrosi ossessive. Solo nella paranoia questi spettatori riappaiono e, anche se restano invisibili, la loro presenza viene dedotta con convinzione fanatica. Ciò che prende il loro posto nei sogni, i molti sconosciuti che non si curano dello spettacolo offerto loro, non è altro che il contrario del desiderio dell'unica persona ben nota, davanti alla quale il sognatore si esibiva. Del resto, «i molti sconosciuti» appaiono spesso nei sogni per altri riguardi e rappresentano sempre, in antitesi al nostro desiderio, la «segretezza». Anche nella paranoia, quando lo stato originale di cose viene riprodotto, si può osservare questo cambiamento nel contrario. Il soggetto sente di non essere più solo, non ha dubbi di essere osservato, ma gli osservatori sono «molti sconosciuti», la cui identità resta stranamente vaga. Oltre a ciò, anche la rimozione ha importanza nei sogni di esibizione; infatti la pena provata in tali sogni è una reazione da parte del secondo sistema contro il contenuto della scena di esibizione, espresso nonostante la sua interdizione. Per evitare la pena, la scena non avrebbe mai dovuto essere rivissuta. Torneremo in seguito alla sensazione di inibizione. Essa serve a meraviglia nei sogni per rappresentare un conflitto di volontà, oppure una negazione. Il fine inconscio richiede il proseguimento dell'esibizione, la censura ne richiede l'interruzione. E fuori dubbio che i rapporti tra i sogni tipici, le fiabe ed altri scritti creativi non sono pochi, né casuali. A volte accade che lo sguardo acuto di un poeta si renda conto analiticamente del processo di trasformazione, del quale generalmente egli non è altro che uno strumento. In tal caso egli può seguire il processo nella direzione inversa e quindi riportare la poesia al sogno. Un mio amico ha richiamato la mia attenzione sul seguente brano di Der grüne Heinrich di Keller: « Spero, mio caro Lee, che tu non debba mai apprendere dall'esperienza personale la verità strana e piccante della situazione di Ulisse, quando apparve nudo e coperto di fango a Nausica e alle sue ancelle! Devo dirti come può accadere ciò? Prendiamo un esempio. Se stai vagando in terra straniera, lontano da casa e da tutte le cose care, se hai visto e sentito molte cose, se hai conosciuto il dolore e la preoccupazione e sei infelice e disperato, allora senza dubbio sognerai una notte che ti stai avvicinando a casa; la vedrai luccicare e risplendere dei colori più belli e le forme più dolci, più care e più amate si muoveranno verso di te. Allora improvvisamente ti renderai conto di essere uno straccione, nudo e polveroso. Sarai afferrato da un'indicibile vergogna e paura, cercherai di trovare un rifugio e di nasconderti e ti sveglierai in un bagno di sudore. Questo, finché gli uomini respireranno, sarà il sogno del vagabondo infelice; e Omero ha tratto l'immagine di questa situazione dalla natura più profonda ed eterna dell'uomo». La natura più profonda ed eterna dell'uomo che il poeta conta di solito di ridestare nei suoi uditori si trova in quegli impulsi della mente che hanno le loro radici nell'infanzia e che da allora sono diventati preistorici. I desideri repressi e proibiti dell'infanzia penetrano nel sogno dietro ai desideri irreprensibili dell'esilio, che sono capaci di entrare nella coscienza; ed ecco perché il sogno, che trova espressione concreta nella leggenda di Nausica, termina in genere come sogno di angoscia. Il mio sogno di correre per le scale e trovarmi subito dopo incollato ai gradini è ugualmente un sogno di esibizione, poiché ne ha le caratteristiche essenziali. Sarebbe possibile quindi riferirlo alle esperienze della mia infanzia che, se scoperte, dovrebbero permetterci di giudicare fino a che punto il comportamento della domestica nei miei confronti - l'accusa di sporcare il tappeto - contribuisse ad assegnarle il suo posto nel mio sogno. Posso, come al solito, fornire i dettagli necessari. Nella psicoanalisi si impara ad interpretare la contiguità temporale come connessione oggettiva. Due pensieri che si susseguono immediatamente senza un nesso apparente compongono in realtà un'unità che deve essere scoperta; allo stesso modo, se scrivo una «a» e una «b» di seguito, devono essere pronunciate come un'unica sillaba, «ab». Lo stesso vale per i sogni. Il sogno della scala, che ho raccontato, rientrava in una serie di sogni, e sono riuscito a comprendere l'interpretazione degli altri elementi della serie. Dal momento che questo sogno particolare era circondato dagli altri, deve aver trattato dello stesso argomento. Ora, questi altri sogni erano basati su di un ricordo di una governante alle cui cure ero stato affidato da quando ero un lattante fino all'età di due anni e mezzo. Ho ancora perfino un vago ricordo cosciente di lei. Secondo quanto mi ha detto poco tempo fa mia madre, era vecchia e brutta, ma molto acuta ed efficiente. Da quanto posso dedurre dai miei sogni, non mi trattava troppo amabilmente e le sue parole potevano essere dure, se non raggiungevo il livello di pulizia richiesto. E quindi la cameriera, poiché aveva intrapreso il compito di continuare quest'opera educativa, aveva acquistato il diritto di essere considerata nel sogno una reincarnazione della preistorica vecchia governante. È ragionevole supporre che il bimbo amasse la vecchia donna che gli insegnò queste cose, nonostante fosse da lei trattato male. (Ed ecco una sovrainterpretazione dello stesso sogno: poiché «spuken» = «aggirarsi di spiriti», «spucken» = «sputare» (sulle scale) si potrebbe rendere con «esprit d'escalier». Quest'ultima espressione equivale a mancanza di pronta replica, mancanza dì cui sono in realtà colpevole. Era forse la mia bambinaia egualmente priva di tale qualità?) 2. Sogni della morte di persone care al sognatore Un altro gruppo di sogni tipici riguarda la morte di qualche caro parente, per esempio di un genitore, di un fratello o di una sorella, di un figlio. Fra tali sogni, bisogna subito distinguere due categorie: quella in cui il sognatore non prova dolore, per cui al risveglio è stupito della propria mancanza di sensibilità, e quella in cui il sognatore prova un grande dolore per la morte e può perfino piangere amaramente nel sonno. Non ci occuperemo dei sogni appartenenti alla prima categoria, poiché non si possono considerare «tipici». Se li sottoporremo ad analisi, scopriremo che hanno un significato diverso da quello apparente e che sono destinati a nascondere qualche altro desiderio, come per esempio il sogno della zia che vide l'unico figlio della sorella nella bara. Non significava che essa desiderava la morte del nipotino; come abbiamo visto, nascondeva semplicemente il desiderio di vedere una particolare persona che le era molto cara e che non aveva visto per molto tempo, una persona che un'altra volta, dopo un intervallo di tempo altrettanto lungo, aveva visto presso la bara di un altro nipote. Questo desiderio, che costituiva il vero contenuto del sogno, non dava spunto al dolore, ed infatti nel sogno non c'era dolore. Si noterà che la sensazione affettiva contenuta nel sogno appartiene al suo contenuto latente e non a quello manifesto e che il contenuto affettivo del sogno è rimasto inalterato dalla deformazione che ha dominato il suo contenuto rappresentativo. Sono molto diversi i sogni dell'altra categoria, quelli cioè in cui il sognatore immagina la morte di un caro parente e nello stesso tempo ne prova un forte dolore. Il significato di questi sogni, come indica il loro contenuto, è il desiderio che la persona in questione muoia. E poiché mi aspetto che i sentimenti di tutti i miei lettori e di quanti abbiano fatto sogni simili si ribellino contro la mia asserzione, devo cercare di fornire una dimostrazione più ampia possibile. Ho già parlato di un sogno che ci ha insegnato che i desideri che il sogno soddisfa non sono sempre desideri attuali. Possono anche essere desideri del passato che sono stati abbandonati, ricoperti da altri, rimossi, e ai quali dobbiamo attribuire una specie di continuazione di esistenza solo a causa del loro rivivere in un sogno. Essi sono morti nel senso che diamo noi alla parola, ma solo nel senso delle ombre dell' Odissea, che si risvegliavano ad una certa forma di vita appena bevevano del sangue. Nel sogno del bambino morto nella scatola, si trattava di un desiderio attuale quindici anni prima, di cui era stata francamente ammessa l'esistenza. Posso aggiungere, e questo può avere importanza per la teoria del sogno, che dietro a questo desiderio giaceva un ricordo della primissima infanzia della sognatrice. Quando era molto piccola, non si è potuta ricostruire con sicurezza la data, aveva sentito che la madre aveva avuto un periodo di forte depressione durante la gravidanza ed aveva ardentemente desiderato che il bimbo morisse. Quando la sognatrice si trovò adulta e incinta, seguì semplicemente l'esempio di sua madre. Se qualcuno sogna, con tutte le espressioni di dolore, che il padre o la madre o un fratello o una sorella muoiono, non impiegherei mai il sogno come prova che egli desidera la morte di quella persona in quel momento. La teoria dei sogni non richiede tanto; le basta la deduzione che questa morte è stata desiderata una volta o l'altra durante l'infanzia del sognatore. Temo comunque che questa limitazione non calmerà gli oppositori; essi negheranno la possibilità di aver mai avuto tale pensiero con la stessa energia con la quale insistono di non avere al momento simili desideri. Devo quindi ricostruire una parte della vita mentale infantile, ormai sommersa, sulla base delle prove del presente. (Cfr. la mia «Analisi della fobia di un bambino di cinque anni» e il mio scritto «Teorie sessuali infantili»), Consideriamo in primo luogo il rapporto che lega i bambini con i loro fratelli e sorelle. Non so perché si presuma che questo rapporto debba essere affettuoso; infatti, esempi di ostilità tra fratelli e sorelle adulti si impongono all'esperienza di tutti e spesso è possibile assodare che la disarmonia sia iniziata durante l'infanzia o sia sempre esistita. Ma è anche vero che moltissimi adulti, che sono in termini affettuosi con i fratelli e le sorelle e sono oggi pronti a sostenerli, hanno passato l'infanzia in termini burrascosi di inimicizia. Il bambino più grande maltratta il più piccolo, maligna su di lui e gli prende i giocattoli; mentre il più piccolo si rode di rabbia impotente con il maggiore, lo invidia e lo teme, o affronta l'oppressore con i primi impulsi di amore per la libertà e senso di giustizia. I genitori si lamentano che i bambini non vanno d'accordo e non riescono a scoprire il perché. È facile vedere che il carattere di un bambino, anche se buono, non è quello che desidereremmo trovare in un adulto. I bambini sono completamente egoisti; essi sentono intensamente le loro necessità e lottano spietatamente per soddisfarle, specialmente contro i rivali, gli altri bambini, e prima e soprattutto contro i fratelli e le sorelle. Ma non per questo diciamo che quel bambino è cattivo, lo consideriamo impertinente; egli non è responsabile delle sue cattive azioni davanti al nostro giudizio, come non lo è agli occhi della legge. Ed è giusto che sia così, poiché possiamo aspettarci che, prima della fine del periodo cosiddetto dell'infanzia, si risveglieranno nel piccolo egoista impulsi altruisti e una moralità, e che un nuovo lo si sovrapporrà al primo e lo inibirà. È certamente vero che la moralità non si inserisce simultaneamente su tutta la linea e che la durata dell'infanzia amorale varia a seconda degli individui. Se questa moralità non si sviluppa, allora parliamo di «degenerazione», anche se in realtà ci troviamo di fronte ad una inibizione dello sviluppo. Dopo che al carattere primario si è sovrapposto l'ulteriore sviluppo, il primo può affiorare di nuovo, almeno parzialmente, nel caso di malattie isteriche. C'è una rassomiglianza davvero straordinaria tra ciò che intendiamo per carattere isterico ed il carattere di un bambino cattivo. La nevrosi ossessiva, al contrario, corrisponde ad una ipermoralità imposta come rafforzativo contro il nuovo ridestarsi del carattere primario. Molte persone, quindi, che amano i fratelli e le sorelle e che si sentirebbero desolate per la loro morte, nutrono contro di essi desideri cattivi nell'inconscio da moltissimo tempo; e questi desideri possono essere realizzati dai sogni. È particolarmente interessante, comunque, osservare il comportamento dei bambini fino a due o tre anni, o poco più, nei confronti dei fratelli e delle sorelle più piccoli. Ecco un esempio di un bambino che era stato fino allora figlio unico, ed ora gli si diceva che la cicogna aveva portato un altro bambino. Esaminò il nuovo arrivato da tutte le parti e poi dichiarò decisamente: «La cicogna se lo può riportare via!». (Hans, di tre anni e mezzo (la cui fobia è stata argomento dell'analisi menzionata nella nota precedente), esclamò poco dopo la nascita della sorella, mentre era ancora febbricitante per un mal di gola: «Non voglio una sorellina!». Durante la sua nevrosi, un anno e mezzo più tardi, confessò sinceramente che aveva desiderato che la madre lasciasse cadere la piccola nel bagno e che questa morisse. Nello stesso tempo Hans era un bambino affettuoso e di indole buona, che presto si affezionò alla sorella e volle prenderla sotto la sua protezione.) Ritengo piuttosto seriamente che un bambino possa valutare con esattezza gli inconvenienti che deve aspettarsi da parte del piccolo sconosciuto. Una mia conoscente, attualmente in ottimi rapporti con la sorella più giovane di quattro anni, mi ha raccontato che salutò in questo modo la notizia del suo arrivo: «In ogni caso non le darò il mio cappello rosso». Anche se il bambino si rende conto della situazione solo più tardi, l'ostilità comincia da quel momento. Conosco il caso di una bambina di meno di tre anni che cercò di strangolare il neonato nella culla, perché pensava che la sua costante presenza non le promettesse nulla di buono. I bambini in quel periodo della loro vita sono capaci di gelosia a qualunque gradazione d'intensità ed evidenza. Se succede che il neonato sparisce davvero dopo poco, il bimbo più grande avrà di nuovo l'affetto della famiglia concentrato su di lui. Se in seguito la cicogna porta ancora un altro neonato, sembra logico che il piccolo favorito nutra il desiderio che il nuovo concorrente subisca lo stesso destino del precedente, in modo che egli stesso possa essere felice come era in origine e come è stato nel periodo intermedio. (Le morti che avvengono così durante l'infanzia possono essere prontamente dimenticate in famiglia, ma la ricerca psicoanalitica dimostra che esse hanno un'influenza molto importante sulle successive nevrosi.) In genere, naturalmente, questo atteggiamento di un bambino verso il fratello o la sorella minore è semplicemente in funzione della differenza di età. Quando l'intervallo è abbastanza lungo, una bimba più grandicella proverà già l'impulso dell'istinto materno verso l'indifeso neonato. I sentimenti ostili tra fratelli e sorelle devono essere molto più frequenti nell'infanzia di quanto possa osservare l'occhio cieco dell'adulto. (Dopo la pubblicazione di questo lavoro sono state fatte e pubblicate numerose osservazioni sull'atteggiamento originariamente ostile dei bambini nei confronti dei loro fratelli e di uno dei genitori. Lo scrittore e poeta Spitteler ci ha raccontato in modo particolarmente ingenuo e vero questo atteggiamento infantile, riferendosi alla propria infanzia: «Inoltre c'era un secondo Adolfo; una creaturina che sostenevano fosse mio fratello, anche se io non riuscivo a vederne l'utilità né potevo capire perché facessero tante storie intorno a lui e intorno a me. Io ero autosufficiente, per quanto mi riguardava; perché avrei dovuto desiderare un fratello? E non solo egli era inutile, ma certamente era un ostacolo. Quando io davo fastidio alla nonna, anche lui voleva tormentarla. Quando mi portavano fuori nella carrozzina, egli sedeva di fronte a me e occupava metà del posto, cosicché eravamo costretti a darci dei calci con i piedi».) Nel caso dei miei figli, che sono nati a breve distanza l'uno dall'altro, ho trascurato l'opportunità di fare osservazioni di questo genere; ma ora sto cercando di compensare la mia trascuratezza, osservando un nipotino il cui dominio assoluto, dopo una durata di quindici mesi, è stato sconvolto dalla comparsa di una rivale. È vero, a quanto mi dicono, che il giovanotto si comporta molto cavallerescamente nei riguardi della sorellina, che le bacia la mano e l'accarezza; ma ho potuto convincermi che anche prima della fine del suo secondo anno di età si è servito delle sue capacità discorsive per criticare una persona che non poteva non considerare superflua. Quando la conversazione la riguardava, egli interveniva sempre per dichiarare con petulanza: «Troppo piccola, troppo piccola!». Durante gli ultimi mesi la crescita della bimba è stata tale da eliminare questa ragione di disprezzo ed il bambino ha cercato una base diversa per sostenere che non merita tanta attenzione: ad ogni occasione opportuna, egli richiama l'attenzione sul fatto che non ha denti. (II piccolo Hans, quando aveva tre anni e mezzo, fece una critica distruttiva della sorella con le stesse parole. Egli pensava che a causa della mancanza di denti essa non potesse parlare.) Noi tutti ricordiamo ora che la figlia maggiore di un'altra mia sorella, quando aveva sei anni, passò mezz'ora con tutte le zie ad insistere che concordassero con lei: «Lucie non lo può ancora capire, vero?», continuava a chiedere. Lucie era la sua rivale, più piccola di lei di due anni e mezzo. Per esempio, non c'è una tra le mie pazienti che non abbia sognato la morte di un fratello o di una sorella, il che coincide con un aumento di ostilità. Ho trovato un'unica eccezione, ed è facile interpretarla come una conferma della regola. Una volta, durante una seduta analitica, spiegavo ad una signora questo argomento, poiché in relazione ai suoi sintomi sembrava che sarebbe stato importante discuterne. Con mio stupore mi rispose che non aveva mai fatto un sogno simile. Aveva fatto però un altro sogno, che apparentemente non aveva alcun nesso con l'argomento, un sogno fatto per la prima volta quando aveva quattro anni ed era allora la più piccola della famiglia; da allora lo aveva sognato ripetutamente: Moltissimi bambini, tutti suoi fratelli, sorelle e cugini e cugine, giocavano su un prato. Improvvisamente avevano tutti le ali, volarono via e scomparvero. Non aveva idea del significato del sogno; ma non è diffìcile riconoscere che nella sua forma originaria era stato il sogno della morte di tutti i fratelli e le sorelle ed era stato solo leggermente influenzato dalla censura. Potrei arrischiarmi a suggerire la seguente interpretazione. In occasione della morte di uno di questi bambini (in questo caso i figli di due fratelli erano stati cresciuti insieme con un'unica famiglia) la sognatrice, che non aveva ancora quattro anni, deve aver chiesto a qualche saggio adulto che succedeva ai bambini quando morivano. La risposta deve essere stata: «Gli crescono le ali e diventano degli angioletti». Nel sogno, seguito a questa informazione, tutti i fratelli e le sorelle della sognatrice avevano ali come angeli e - ed è questo l'importante - volavano via. La nostra piccola infanticida restava sola, strano a dirsi; l'unica superstite di tutto il gruppo! È difficile sbagliarsi nel presumere che il fatto che i bambini giochino nel prato prima di volare via si riferisca alle farfalle. E come se la bimba avesse seguito la stessa associazione di idee degli antichi, i quali immaginano l'anima con ali di farfalle. A questo punto qualcuno forse interromperà: «Concesso che i bambini abbiano impulsi ostili verso i loro fratelli e sorelle, come può la mente del bambino raggiungere un tale grado di depravazione da desiderare la morte dei suoi rivali e dei suoi compagni di gioco più forti di lui, come se la pena di morte fosse l'unica punizione per qualsiasi reato?». Chiunque parli in questo modo non ha tenuto presente che nel bambino l'idea di essere «morto» non ha molto in comune con la nostra, tranne il termine. I bambini ignorano gli orrori della decomposizione, del gelo nella tomba fredda, dei terrori del nulla eterno, idee che gli adulti trovano così difficili da sopportare, come provano i miti di una vita futura. La paura della morte non ha senso per il bambino; ecco perché egli gioca con la parola tremenda e la usa come minaccia contro il compagno: «Se lo fai ancora, morirai come Franz!». Frattanto la povera madre rabbrividisce e ricorda, forse, che più della metà della razza umana non sopravvive agli anni dell'infanzia. È stato effettivamente possibile che un bambino di circa otto anni, tornato a casa dopo aver visitato il museo di storia naturale, dicesse alla madre: «Ti voglio tanto bene, mamma: quando muori ti farò impagliare e ti terrò in questa stanza, così ti posso vedere sempre». Ecco quanta poca rassomiglianza c'è tra la nostra rappresentazione della morte e quella dei bambini. (Sono rimasto sbalordito nel sentire un bambino molto intelligente di dieci anni osservare dopo l'improvvisa morte del padre: «Ho capito che papà è morto, ma non posso capire perché non torni a casa per cena».) Per i bambini, cui, d'altra parte, si risparmia la vista delle scene di sofferenza che precedono la morte, essere «morti» significa all'incirca essere «via», non dar più fastidio ai sopravvissuti. Il bambino non fa distinzioni riguardo al modo in cui si produce questa assenza, se per un viaggio, per licenziamento, per allontanamento o per morte. (Un padre che aveva delle nozioni di psicoanalisi potè stabilire il momento effettivo in cui la sua bambina di quattro anni, molto intelligente, percepì la distinzione tra «essere via» e «essere morti». La bambina era stata irrequieta a tavola e aveva notato che una delle cameriere della pensione la guardava di traverso. «Vorrei che Josefine morisse», aveva osservato al padre. «Perché morta?», disse il padre, calmandola, «non sarebbe lo stesso se andasse via?». «No» rispose la bambina, «perché allora tornerebbe». L'illimitato amore di sé (il narcisismo) dei bambini considera qualsiasi interferenza un atto di lesa maestà; i loro sentimenti richiedono (come il codice draconiano) che tale crimine riceva l'unica forma di punizione che non ammette gradazioni.) Se, durante l'epoca preistorica del bambino, la sua governante è stata licenziata e poco dopo sua madre è morta, l'analisi rivela che questi due fatti si sovrappongono in un'unica serie nella memoria. Quando una persona è assente, il bambino non ne sente intensamente la mancanza; molte madri lo hanno appreso con dispiacere quando, dopo essere state lontane da casa per qualche settimana per le vacanze estive, si sono sentite dire che i bambini non avevano chiesto nemmeno una volta della mamma. Se la mamma è davvero partita per quel «paese inesplorato, da cui confini nessun viaggiatore ritorna», sembra che al principio i bambini la dimentichino, e solo in seguito cominciano a richiamare alla mente la madre morta. Quindi se un bambino ha motivo di desiderare l'assenza di un altro, nulla lo trattiene dal dare al desiderio la forma della morte dell'altro bambino. E la reazione psichica verso i sogni che contengono desideri di morte dimostra che, nonostante il diverso contenuto nel caso dei bambini, essi sono in un modo o nell'altro simili ai desideri espressi negli stessi termini dagli adulti. Se allora il desiderio del bambino della morte dei fratelli e delle sorelle si spiega con l'egoismo infantile, che glieli presenta come dei rivali, come si possono spiegare i desideri di morte nei confronti dei genitori, che lo circondano di affetto e soddisfano le sue necessità, che anzi per il suo stesso egoismo dovrebbe desiderare di mantenere in vita? Si può intanto osservare che i sogni di morte dei genitori si applicano con maggiore frequenza al genitore dello stesso sesso del sognatore: cioè, gli uomini sognano soprattutto la morte del padre, le donne quella della madre. Non posso pretendere che ciò sia universalmente vero, ma lo è nella maggioranza dei casi, in modo così evidente da richiedere una spiegazione basata su un elemento che abbia validità generale. (La situazione è spesso mimetizzata dalla comparsa di un impulso di autopunizione che minaccia il sognatore, mediante una reazione morale, della perdita del genitore che ama.) Grosso modo, è come se si provasse nei primi anni una preferenza sessuale: come se i ragazzi considerassero i padri e le ragazze le madri dei rivali in amore, la cui eliminazione non potrebbe non avvantaggiarli. Prima di rifiutare questa idea per la sua mostruosità, è bene anche in questo caso prendere in considerazione gli effettivi rapporti intercorrenti questa volta tra genitori e figli. Dobbiamo distinguere tra ciò che le convenzioni culturali di devozione filiale richiedono da questo rapporto e ciò che l'osservazione di ogni giorno ci presenta come realtà. Più di uno spunto per l'ostilità si cela dietro al rapporto tra i genitori e i figli, un rapporto che apre le più ampie opportunità per il sorgere di desideri che la censura non lascia passare. Prendiamo in considerazione dapprima il rapporto tra padre e figlio. Credo che la santità che attribuiamo alle regole del Decalogo abbia attutito il nostro potere di percezione della realtà. Sembra che non osiamo nemmeno renderci conto del fatto che la maggioranza dell'umanità disobbedisce al quarto comandamento. Nei più bassi come nei più alti strati della società umana, la devozione filiale generalmente cede il posto ad altri interessi. Le vaghe informazioni che ci provengono dalla mitologia e dalle leggende dell'età primordiale della società umana ci danno un quadro sgradevole dell'autorità dispotica del padre e della spietatezza con cui ne faceva uso. Crono divorò i suoi figli, come il verro divora la figliata della scrofa; Giove evirò il padre e si mise al suo posto a governare. (O almeno, così dicono alcuni miti. Secondo altri, l'evirazione è stata solo compiuta da Crono su suo padre Urano. Per il valore mitologico di questo argomento cfr-Rank.) Quanto più illuminato era il potere del padre nell'antica famiglia, tanto più il figlio, suo successore predestinato, deve essersi trovato nella posizione del nemico e tanto più deve essere stato impaziente di diventare egli stesso il dominatore mediante la morte del padre. Perfino nelle nostre famiglie borghesi, i padri di famiglia tendono a negare ai figli l'indipendenza ed i mezzi necessari ad ottenerla, nutrendo così la crescita del germe di ostilità inerente al loro rapporto. Il medico ha spesso occasione di notare che il dolore del figlio per la perdita del padre non riesce a soffocare la soddisfazione per aver infine conseguito la sua libertà. Nella nostra società di oggi, i padri cercano di afferrarsi disperatamente a quello che rimane ormai di una tristemente antiquata potestas patris familias; ed un autore come Ibsen che nelle sue opere pone l'accento sulla lotta eterna tra padri e figli può essere sicuro di produrre il suo effetto. Le occasioni di conflitto tra la figlia e la madre sorgono quando la figlia comincia a crescere e a desiderare la libertà sessuale, mentre si trova sotto la tutela della madre; e per la madre, d'altra parte, la crescita della figlia è l'avvertimento che è venuta per lei l'ora di abbandonare le sue pretese di soddisfazioni sessuali. Questo è evidente per tutti. Ma non ci aiuta nel tentativo di spiegare i sogni di morte di un genitore, presso quelle persone la cui devozione filiale verso i genitori è stata da tempo inequivocabilmente assodata. Le precedenti discussioni, inoltre, ci hanno preparato ad ammettere che il desiderio della morte dei genitori risale alla primissima infanzia. Nel caso di psiconevrotici soggetti all'analisi, questa supposizione trova conferma con certezza assoluta. Apprendiamo da essi che i desideri sessuali del bambino, se così si possono chiamare al loro stato embrionale, si risvegliano molto presto, che il primo affetto della bambina si rivolge al padre e che i primi desideri infantili del bambino sono rivolti alla madre. Di conseguenza, il padre diventa un rivale fastidioso per il bambino e la madre lo diventa per la bambina; ed ho già dimostrato, nel caso di fratelli e sorelle, quanto facilmente questi sentimenti possano provocare un desiderio di morte. Anche i genitori dimostrano in genere una parzialità sessuale: una predilezione naturale fa in genere in modo che l'uomo tenda a viziare le sue figliolette, mentre la madre prende la parte dei maschietti; ciò anche se entrambi, quando il loro giudizio non è turbato dalla magia del sesso, controllano severamente l'educazione dei loro figli. Il bambino è ben consapevole di questa parzialità e si ribella contro quello dei genitori che ad essa si oppone. L'essere amato da un adulto non solo porta al bambino la soddisfazione di una particolare esigenza ma anche la certezza che si cederà alla sua volontà in tutto il resto. Così egli seguirà il suo stinto sessuale e nello stesso tempo rafforzerà la preferenza mostrata dai genitori, se la sua scelta coincide con la loro. Le tracce di queste preferenze infantili vengono in genere trascurate; tuttavia alcune di esse vengono osservate anche dopo i primi anni di infanzia. Una bambina di otto anni che conosco approfitta dell'occasione, se la madre si allontana dalla tavola, per proclamarsi successore: «Sarò io la mamma ora. Vuoi ancora verdura, Karl? Bene, serviti allora!», e così via. Una bimba vivace e particolarmente dotata, di quattro anni, in cui è particolarmente evidente questa parte della psicologia infantile, dichiarò del tutto apertamente: «La mamma se ne può andare ora. Così papà mi potrà sposare ed io sarò sua moglie». Questo desiderio del bambino non è affatto incompatibile con il suo tenero affetto per la madre. Se al bambino si permette di dormire vicino alla madre quando il padre è in viaggio ed al suo ritorno lo si rimanda nella stanza dei bambini da qualcuno cui è molto meno affezionato, è facile che egli comincerà a desiderare che il padre sia sempre fuori, in modo che egli possa prendere il suo posto vicino alla cara adorata mamma. Un ovvio sistema per ottenere questo desiderio sarebbe la morte del padre; infatti il bambino ha appreso con l'esperienza una cosa, che cioè i «morti», come il nonno, sono sempre lontano e non tornano mai. Anche se le osservazioni di questo genere sui bambini piccoli si adattano perfettamente all'interpretazione che ho suggerito, esse non offrono quell'intensità di convinzione che il medico trova nelle psicoanalisi degli adulti nevrotici. In quest'ultimo caso, i sogni del genere di cui stiamo parlando vengono introdotti nell'analisi in un contesto tale che è impossibile non interpretarli come sogni di desiderio. Un giorno una mia paziente era molto abbattuta e pronta alle lacrime. Mi disse: «Non voglio mai più vedere i miei parenti, devono avere orrore di me». Poi continuò quasi senza posa a dirmi che ricordava un sogno, anche se naturalmente non poteva capire cosa significasse. Quando aveva quattro anni aveva sognato che una lince o una volpe camminava sul tetto; poi era caduto qualcosa o lei stessa era caduta; e infine avevano portato fuori di casa sua madre morta e lei aveva pianto disperatamente. Le dissi che il significato del sogno doveva essere che da bambina aveva desiderato vedere la madre morta e che, a causa di questo sogno, lei credeva che i parenti avrebbero avuto orrore di lei. Avevo appena detto questo, che fornì del materiale per spiegare il sogno. «Occhio di lince» era stato un insulto lanciatole da un monello di strada quando era molto piccola. Quando aveva tre anni, una tegola sul tetto era caduta sulla testa della madre e l'aveva fatta sanguinare moltissimo. Una volta ebbi l'occasione di fare uno studio dettagliato su una paziente che passò per diversi stati psichici. La sua malattia cominciò con uno stato di confusa eccitazione, durante il quale mostrò un'avversione particolare per la madre, e la colpiva e la insultava se si avvicinava al suo letto, mentre nello stesso tempo era docile ed affettuosa nei confronti di una sorella che era molto più grande di lei. A questo seguì uno stato di lucidità, ma in certo modo anche di apatia; inoltre non riusciva a dormire bene. Durante questa fase cominciai a curarla e ad analizzare i suoi sogni. Una grande quantità di questi sogni riguardava, in modo più o meno celato, la morte della madre: una volta era andata al funerale della madre, un'altra volta lei e la sorella sedevano a tavola vestite a lutto. Non c'era dubbio sul significato di questi sogni. Mentre il suo stato continuava a migliorare, si sviluppavano delle fobie isteriche. La più assillante era la paura che fosse successo qualcosa alla madre. Era costretta ad affrettarsi a casa, dovunque fosse, per convincersi che la madre era ancora viva. Questo caso, insieme agli altri appresi da altre fonti, era altamente istruttivo; mostrava, come in una traduzione in varie lingue, i diversi modi in cui l'apparato psichico reagiva alla stessa eccitante rappresentazione. Nello stato confusionale in cui, secondo me, la seconda forza psichica veniva sopraffatta dalla prima generalmente repressa, la sua ostilità inconscia nei confronti della madre aveva trovato una potente espressione motoria. Quando si stabilì uno stato di calma, quando la ribellione venne repressa e il dominio della censura ristabilito, l'unica possibilità rimasta alla sua ostilità di realizzare il desiderio della morte della madre era il sognare. Quando si ristabilì più saldamente uno stato di normalità, la conseguenza fu la sua preoccupazione esagerata per la madre come controreazione isterica e fenomeno difensivo. Secondo questo quadro non è più difficile comprendere perché le ragazze isteriche sono così spesso attaccate alla madre con un affetto tanto esagerato. Un'altra volta ebbi l'opportunità di osservare in modo approfondito la vita psichica inconscia di un giovane, la cui esistenza era resa quasi impossibile da una nevrosi ossessiva. Egli non poteva uscire per la strada perché era tormentato dal timore che avrebbe ucciso chiunque incontrava. Passava i giorni a preparare un alibi nel caso che lo accusassero di uno degli omicidi commessi in città. È superfluo aggiungere che era un uomo di grande moralità e cultura. L'analisi (che tra l'altro lo guarì) mostrò che la base di questa penosa ossessione era l'impulso di assassinare il padre troppo severo. Questo impulso era stato espresso coscientemente, con sua grande sorpresa, quando aveva sette anni, ma naturalmente la sua origine risaliva a tempi ancora precedenti. Dopo la dolorosa malattia e morte del padre, quando il paziente aveva trentuno anni, apparvero gli auto-rimproveri ossessivi, sotto forma di una fobia rivolta agli sconosciuti. Egli pensava che una persona capace di voler spingere il padre nel precipizio dalla cima di una montagna non avrebbe rispettato le vite di persone a lui estranee; aveva quindi ragione di rinchiudersi nella sua stanza. In base alla mia esperienza, che è già molto grande, i genitori hanno la parte più importante nella vita psichica di tutti i bambini che diventeranno psiconevrotici. L'amore per un genitore e l'odio per l'altro sono le componenti essenziali del gruppo di impulsi psichici che si forma in quel periodo e che è tanto importante per la determinazione dei sintomi della successiva nevrosi. Non credo, comunque, che gli psico-nevrotici differiscano notevolmente sotto questo aspetto dagli altri esseri umani che restano normali, che cioè siano in grado di creare qualcosa di assolutamente nuovo e caratteristico. È molto più probabile, e ce lo conferma l'osservazione occasionale di bambini normali, che si distinguano solo per l'esibizione ingrandita di sentimenti di amore e odio nei confronti dei loro genitori, che si manifestano meno ovviamente e meno intensamente nella mente di quasi tutti i bambini. Questa scoperta è confermata da una leggenda, tramandataci dall'antichità classica: una leggenda il cui potere profondo e universale di commuovere si può comprendere solo ammettendo che l'ipotesi da me avanzata a proposito della psicologia infantile abbia una validità ugualmente universale. Intendo parlare della leggenda di Edipo e della tragedia di Sofocle che porta il suo nome. Edipo, figlio di Laio, re di Tebe, e di Giocasta, venne abbandonato ancora lattante, perché un oracolo aveva avvertito Laio che il bimbo non ancora nato avrebbe ucciso il padre. Il bimbo venne salvato e crebbe da principe presso una corte straniera, finché, dubbioso sulla sua origine, interrogò l'oracolo, che lo ammonì di evitare la sua casa poiché era destinato ad assassinare il padre e a sposare la madre. Sulla strada che lo portava lontano da quella che egli credeva la sua patria, incontrò il re Laio e per un'improvvisa lite l'uccise. Poi arrivò a Tebe e risolse l'enigma presentatogli dalla Sfinge, che gli sbarrava la strada. Per gratitudine, i tebani lo elessero loro re e gli diedero in sposa la madre. Egli regnò a lungo in pace e tra gli onori, e colei che era sua madre, a lui sconosciuta, gli diede due figli e due figlie. Ma poi scoppiò una peste ed i tebani interrogarono ancora una volta l'oracolo. A questo punto inizia la tragedia di Sofocle. I messaggeri portano la risposta che la peste finirà quando l'assassino di Laio sarà cacciato dal paese. Ma lui, dov'è lui? Dove si troverà ora la prova sbiadita di questa colpa antica? L'azione della tragedia non consiste in altro che nel processo di rivelazione, con abili ritardi e crescente eccitazione - processo che si può paragonare a quello della psicoanalisi - del fatto che Edipo stesso è l'assassino di Laio e che inoltre è il figlio dell'assassinato e di Giocasta. Terrorizzato dal fatto abominevole commesso involontariamente, Edipo si acceca e abbandona la sua patria. L'oracolo si è avverato. L'Edipo re è quella che si suol definire una tragedia del fatto. Si dice che il suo effetto tragico consista nel contrasto esistente tra la volontà suprema degli dèi ed i vani tentativi degli uomini di sfuggire i mali minacciati. Si dice che la lezione che dovrebbe apprendere lo spettatore profondamente commosso dalla tragedia sia la sottomissione alla volontà divina e la consapevolezza della propria impotenza. I drammaturghi moderni hanno quindi cercato di ottenere un simile effetto tragico, intessendo lo stesso contrasto in una nuova trama. Ma gli spettatori sono rimasti impassibili, mentre si verificava una maledizione o un oracolo, nonostante tutti gli sforzi di qualche innocente: le successive tragedie del fato non hanno alcun effetto. Se Edipo re commuove l'uomo moderno non meno del greco di allora, l'unica spiegazione possibile è che il suo effetto non si trova nel contrasto tra il destino e la volontà umana, ma si deve ricercare nella natura particolare del materiale impiegato per esemplificare questo contrasto. Ci deve essere qualcosa dentro di noi che ci fa subito riconoscere la forza costrittiva del destino di Edipo, mentre possiamo respingere come meramente arbitrarie le stesse disposizioni presentate nel Die Ahnfrau o in altre moderne tragedie del fato. Ed un elemento di questo genere è davvero contenuto nella storia del re Edipo. Il suo destino ci colpisce solo perché avrebbe potuto essere il nostro, perché l'oracolo ha decretato a noi, come a lui, la stessa maledizione prima della nostra nascita. È forse il destino di tutti noi quello di rivolgere il nostro primo impulso sessuale verso nostra madre ed il nostro primo odio e desiderio di assassinio verso nostro padre. I nostri sogni ce ne convincono. Re Edipo, che uccise suo padre Laio e sposò sua madre Giocasta, ci mostra semplicemente la soddisfazione dei nostri desideri infantili. Ma, essendo più fortunati, siamo nel frattempo riusciti, a meno che non siamo diventati degli psiconevrotici, a distogliere i nostri impulsi sessuali dalle nostre madri e a dimenticare la nostra gelosia per i nostri padri. Davanti alla persona in cui si sono realizzati i desideri primordiali della nostra infanzia noi rabbrividiamo con tutta la forza della rimozione che ha respinto in noi da allora quei desideri. Mentre il poeta, scavando nel passato, porta alla luce la colpa di Edipo, e ci costringe a riconoscere il nostro intimo, in cui quegli stessi impulsi, anche se repressi, si possono ancora trovare. Il contrasto che il coro di chiusura ci presenta: [...] Fissate lo sguardo su Edipo che ha risolto l'oscuro enigma, il più nobile campione ed il più saggio. Come una stella la sua invidiata felicità ascese splendente, grande e lontana: ora egli annega in un mare d'angoscia, sommerso dalla corrente infuriata [...] sembra un avvertimento per noi stessi e per il nostro orgoglio, per noi che dalla nostra infanzia siamo diventati così saggi e così potenti ai nostri occhi. Come Edipo, viviamo nell'ignoranza di questi desideri, che ripugnano alla morale, che ci sono stati imposti dalla natura; e quando ci vengono rivelati, possiamo ben cercare di chiudere gli occhi sulle scene della nostra infanzia. (Nessuna delle scoperte della ricerca psicoanalitica ha provocato dei dinieghi così aspri, un'occupazione così feroce, o delle deformazioni così divertenti da parte dei critlci, quanto questo accenno agli impulsi di incesto infantile che permangono nell'inconscio. Recentemente è stato perfino fatto il tentativo, nonostante tutta l'esperienza, di considerare l'incesto solo «simbolicamente». Ferenczi ha suggerito un'ingegnosa «interpretazione» del mito di Edipo, basata su un brano di una lettera di Schopenhauer. Studi successivi mostrano che il «complesso edipico», che è stato sfiorato per la prima volta in questi paragrafi della Interpretazione dei sogni, è di importanza inaspettata per la storia dell'umanità.) Nello stesso testo della tragedia di Sofocle c'è un inequivocabile indizio della provenienza della leggenda di Edipo da qualche primordiale contenuto onirico riguardante il penoso fastidio nel rapporto tra figlio e genitori, dovuto al primo risveglio della sessualità. In un punto in cui Edipo non ha ancora scoperto la verità, ma comincia a sentirsi turbato dal ricordo dell'oracolo, Giocasta lo consola riferendosi ad un sogno, fatto da molte persone, che secondo lei non ha significato: Molti uomini prima d'ora si sono uniti in sogno Con la madre - ma facilmente sopporta la vita Chi tutto ciò considera nulla. Oggi, proprio come allora, molti uomini sognano di avere rapporti sessuali con la madre e ne parlano con sdegno e meraviglia. Ciò è chiaramente la chiave della tragedia ed il complemento del sogno della morte del padre del sognatore. La storia di Edipo è la reazione dell'immaginazione a questi due sogni tipici. E proprio come questi sogni, quando sono fatti da adulti, si accompagnano a sentimenti di repulsione, così anche la leggenda deve contenere orrore ed autopunizione. La sua successiva modifica deriva da una seconda elaborazione sbagliata del materiale, che ha cercato di utilizzarlo per scopi teologici. (Cfr. il materiale dei sogni di esibizione, pp. 192 sgg). Il tentativo di armonizzare l'onnipotenza divina con la responsabilità umana è naturalmente destinato a fallire in questo come in qualsiasi altro caso. Lo stesso argomento dell'Edipo re è di base ad un'altra grande opera tragica, l'Amleto di Shakespeare. L'assoluta diversità della vita psichica di due periodi culturali tanto distanti tra loro, così come il continuo progredire della rimozione nella vita affettiva dell'uomo, si palesano però nella diversa trattazione d'uno stesso tema. Nell'Edipo l'infantile fantasia di desiderio su cui l'opera si accentra viene evidenziata e portata a compimento come nel sogno; nell'Amleto resta rimossa e la sua presenza ci è rivelata unicamente, come avviene in una nevrosi, dagli effetti inibitori che ne sono la conseguenza. L'effetto profondo prodotto dall'Amleto non esclude il fatto che si possa ignorare del tutto la personalità dell'eroe del dramma, che è costruito sulla sua riluttanza a compiere il gesto di vendetta assegnatogli; l'opera non ci dice quale sia il motivo di questa esitazione, né i più disparati tentativi di interpretazione hanno potuto indicarcelo. Stando alla concezione ancor oggi prevalente, che dobbiamo a Goethe, Amleto starebbe a raffigurare il tipo d'uomo nel quale il soffocante lavorio della mente neutralizza l'impulso ad agire («II pallore del pensiero infetta il colore acceso della risolutezza»). Secondo altri il poeta ha voluto descriverci un carattere introverso, irresoluto, senz'altro tipico del nevrastenico; la finzione drammatica ci mostra però nel complesso un Amleto niente affatto incapace d'agire. Infatti per ben due volte lo vediamo prendere iniziative drastiche, la prima quando, trascinato da un moto istintuale, uccide l'uomo che sta origliando dietro il tendaggio, la seconda allorché, con tutta la spregiudicatezza e la macchinosa perfidia del principe rinascimentale, manda i due cortigiani alla morte destinata a lui stesso. Cos'è quindi che lo frena dall'adempimento del compito assegnatogli dallo spettro del padre? Qui la spiegazione è chiara: la particolare natura di questo compito. Amleto può tutto fuorché compiere la vendetta su colui che ha eliminato il padre prendendone il posto, sull'uomo che ha realizzato i suoi desideri infantili rimossi. Lo sdegno che dovrebbe spronarlo alla vendetta si tramuta in lui in autorimproveri e scrupoli che lo portano a considerare come lui stesso, in fin dei conti, non sia migliore del reo a cui dovrebbe infliggere la punizione. Ho così reso in termini di vita cosciente quel che per l'eroe deve restare inconscio. Se si volesse definire Amleto un isterico, potrei accettare tale definizione solo come conseguente alla mia interpretazione, alla quale si accorda agevolmente l'avversione sessuale che il principe rivela poi nel colloquio con Ofelia, la stessa avversione che sempre più negli anni a venire si impossessò dell'animo del poeta sino alle sue estreme evidenze nel Timone d'Atene. È ovvio che quella che noi intravediamo nell'Amleto potrebbe essere la vita interiore dello stesso poeta. Dall'opera di Georg Brandes su Shakespeare (G. Brandes, Shakespeare, Copenaghen, 1895-96) rilevo che il dramma è stato scritto subito dopo la morte del padre dell'autore (1601), dunque nel colmo del lutto, nel riaffiorare - è lecito supporlo - delle sensazioni infantili al cospetto del padre Si sa inoltre che il figlio di Shakespeare, morto in giovane età, si chiamava Hamnet (simile ad Hamlet). Come il rapporto figlio-genitori è il tema dell'Amleto, così la mancanza dei figli è quello su cui si accentra il Macbeth, composto subito dopo. Comunque, così come le manifestazioni nevrotiche, ed il sogno stesso, sono suscettibili di varie interpretazioni, anzi le richiedono per essere compresi appieno, ogni vera creazione poetica nasce da più di un motivo, da più di un impulso nell'animo del poeta, e accetta più di un'interpretazione. Io ho soltanto tentato di interpretare lo strato più profondo di impulsi intravisto nella psiche del poeta. (Questi cenni per la comprensione analitica dell'Amleto sono stati poi sviluppati e sostenuti in opposizione a concezioni diverse esposte in altri studi da E. Jones, «Amer. f- Psychol.», vol. 21,72 (1910). Per la verità, successivamente ho esitato ad accettare il Presupposto di cui sopra, cioè che l'autore delle opere di Shakespeare sia l'uomo di Stratford. Per ulteriori tentativi di analisi del Macbeth si veda un mio saggio: Alcuni tipi di carattere tratti dal lavoro psicoanalitico (1916) , e L. Jekels, «Imago», vol. 5, 170(1917).) Non posso abbandonare l'argomento dei sogni tipici della morte di persone care senza aggiungere qualche altra osservazione per chiarire la loro importanza nei confronti della teoria dei sogni in generale. In questi sogni si verifica una condizione molto rara per cui il desiderio rimosso elude completamente la censura e passa nel sogno senza alterazione. Ci devono essere dei particolari elementi in azione che rendono possibile questo fenomeno, e credo che il verificarsi di questi sogni sia facilitato da due di questi elementi. In primo luogo, non c'è desiderio che ci sembri più lontano da noi: «non potremmo nemmeno sognare» - così pensiamo - di desiderare una cosa simile. Per questa ragione la censura del sogno non è preparata ad affrontare tale mostruosità, come il codice penale di Solone non contemplava la punizione per il parricidio. Inoltre in questo caso il desiderio rimosso e insospettato si incontra molto spesso a mezza strada con un residuo del giorno precedente, che ha la forma di una preoccupazione per la vita della persona in questione. Questa preoccupazione può penetrare nel sogno solo servendosi del corrispondente desiderio, mentre il desiderio può mascherarsi dietro alla preoccupazione che è diventata attiva durante il giorno. Potremmo ritenere che le cose siano più semplici di così e che si continui a pensare durante la notte e nei sogni semplicemente quanto ci è passato per la mente durante il giorno; ma in tal modo lasceremmo in sospeso i sogni della morte di persone care al sognatore, senza alcun nesso con la nostra spiegazione dei sogni in generale, e quindi resteremmo senza alcuna necessità legati ad un enigma che è invece perfettamente suscettibile di soluzione. È anche istruttivo prendere in considerazione il rapporto di questi sogni con i sogni d'angoscia. Nei sogni di cui abbiamo parlato, un desiderio rimosso trova il modo di eludere la censura e la deformazione che la censura comporta. È concomitante che nel sogno si provino sensazioni dolorose. Allo stesso modo, i sogni di angoscia si verificano solo se la censura è stata totalmente o parzialmente vinta; e, d'altra parte, la vittoria sulla censura è facilitata, se l'angoscia è stata già prodotta come sensazione attuale proveniente da una fonte somatica. Possiamo quindi vedere chiaramente lo scopo per cui la censura esercita la sua funzione: per impedire cioè il prodursi di angoscia o di altre forme affettive penose. Ho parlato prima dell'egoismo delle menti infantili e posso ora aggiungere, accennando ad una possibile relazione tra i due fenomeni, che i sogni hanno la stessa caratteristica. Sono tutti completamente egoistici: in tutti appare il caro Io, anche se può essere mascherato. I desideri soddisfatti sono sempre desideri dell'Io e, se un sogno sembra provocato da un interesse altruistico, è solo l'apparenza che inganna. Ecco alcune analisi di casi che sembrano contraddire questa affermazione. I. Un bambino di meno di quattro anni racconta di aver sognato che aveva visto un grande piatto con un grosso pezzo di arrosto e della verdura. Poi improvvisamente il pezzo di arrosto era stato mangiato tutto e senza essere tagliato a fette. Egli non aveva visto la persona che lo aveva mangiato. (La presenza nel sogno di cose grandi e in grandi quantità, e dell'esagerazione in genere, può essere un'altra caratteristica infantile. I bambini non hanno desiderio più ardente di quello di essere grandi e adulti e di ottenere la stessa quantità di cose che ottengono gli adulti. E difficile che siano soddisfatti, non conoscono la parola «basta» e chiedono insaziabili la ripetizione di tutto ciò che è loro piaciuto. E solo l'influenza dell'educazione che insegna loro la moderazione, l'accontentarsi, il rassegnarsi. Si sa che i nevrotici sono usualmente inclini all'eccesso e alla immoderatezza.) Chi può essere stato lo sconosciuto il cui sontuoso banchetto di carne fu l'argomento del sogno del bimbo? Le sue esperienze del giorno del sogno ci devono illuminare sull'argomento. Per prescrizione del dottore in quei giorni era stato tenuto a dieta a base di latte. La sera del sogno era stato cattivo e per punizione era stato mandato a letto senza cena. Aveva sopportato molto coraggiosamente già un'altra volta questa cura della fame. Sapeva che non avrebbe ottenuto nulla, ma non permetteva a se stesso di dimostrare che aveva fame nemmeno con una parola. L'educazione cominciava ad avere i suoi effetti su di lui: si esprimeva in questo sogno, che mostra il principio della deformazione onirica. Non v'è dubbio che egli stesso fosse la persona i cui desideri erano concentrati su di un pasto così abbondante, proprio di carne. Ma poiché sapeva di non poterlo avere, non osava nemmeno sedersi a tavola egli stesso, come fanno in genere i bambini affamati nei sogni (cfr. il sogno delle fragole della mia figlioletta Anna). La persona che mangiava rimase anonima. II. Sognai una notte di vedere nella vetrina di una libreria un nuovo volume di una serie di monografie per conoscitori che ho l'abitudine di comprare, monografie su grandi artisti, sulla storia mondiale, su città famose ecc. La nuova serie si intitolava «Oratori (o discorsi) celebri» ed il primo volume portava il nome del dr. Lecher. Quando lo analizzai, mi sembrava improbabile che mi riguardasse, nei miei sogni, la fama del dr. Lecher, l'oratore senza sosta degli ostruzionisti-tedesco-nazionalisti in parlamento. In realtà, pochi giorni prima avevo accettato dei nuovi pazienti per cura psicologica ed ero ora costretto a parlare per dieci o undici ore al giorno. Quindi ero io l'oratore senza sosta. III. Un'altra volta avevo sognato che un professore dell'università mi diceva: «Mio figlio, il Miope». Seguiva un dialogo fatto di brevi osservazioni e repliche. Dopo di questo, c'era ancora una terza parte del sogno in cui apparivo con i miei figli. Per quanto riguardava il contenuto latente del sogno, il professor M. e figlio erano semplicemente figure di copertura per me e mio figlio maggiore. Tornerò su questo sogno in seguito, per spiegare un'altra sua caratteristica. IV. Il sogno che segue è un esempio di sentimenti egoistici molto vili, nascosti dietro un'affettuosa preoccupazione. Il mio amico Otto sembrava malato. La sua faccia era scura e aveva occhi sporgenti. Otto è il medico di famiglia e gli devo più di quanto possa mai sperare di ripagare: ha sorvegliato la salute dei miei bambini per molti anni, li ha curati con successo quando si sono ammalati e inoltre, quando le circostanze gli hanno fornito il pretesto, ha fatto loro dei regali. Era venuto a trovarci il giorno del sogno e mia moglie aveva osservato che sembrava stanco e teso. Quella notte feci il sogno che lo mostrava con alcuni sintomi del morbo di Basedow. Chiunque interpreti il sogno senza osservare le mie regole, concluderà che ero preoccupato per la salute del mio amico e che questa preoccupazione si realizzava nel sogno. Questo sarebbe in contraddizione non solo con la mia affermazione che i sogni sono soddisfazioni di desideri, ma anche con l'altra mia affermazione che i sogni sono accessibili solo ad impulsi egoistici. Ma sarei grato se chiunque, interpretando il sogno in questo modo, volesse essere tanto cortese da spiegarmi perché le mie preoccupazioni sullo stato di Otto avrebbero dovuto concentrarsi sulla malattia di Basedow, diagnosi del tutto esclusa dal suo effettivo aspetto. La mia analisi, invece, raccolse il seguente materiale da un fatto avvenuto sei anni prima. Alcuni di noi, tra cui il professore R., passavamo in carrozza per la foresta di N. nella più completa oscurità, a qualche ora di distanza dal nostro luogo di villeggiatura. Il vetturino, che non era completamente sobrio, fece ribaltare la carrozza, buttandoci giù per un pendio, e fu solo per miracolo che restammo illesi. Tuttavia, fummo costretti a passare la notte in una taverna dei dintorni; lì la notizia del nostro incidente ci procurò molta simpatia. Un gentiluomo, con i segni inequivocabili del morbo di Basedow - tra l'altro aveva come nel sogno il colorito bruno e gli occhi sporgenti, ma non il gozzo - si mise a nostra completa disposizione e ci chiese cosa poteva fare per noi. Il professor R. rispose con la sua aria decisa: «Nulla tranne che prestarmi una camicia da notte». Al che, il fine signore replicò: «Mi dispiace, non posso farlo», e lasciò la stanza. Mentre continuavo la mia analisi, mi venne in mente che Basedow non era solo il nome di un medico, ma anche di un famoso educatore. (Da sveglio non ne ero più troppo sicuro). Ma il mio amico Otto era la persona cui avevo chiesto di sorvegliare l'educazione fisica dei miei bambini, particolarmente nell'età della pubertà (di qui la camicia da notte), nel caso mi accadesse qualcosa. Dando al mio amico Otto nel sogno i sintomi del nostro nobile soccorritore, stavo evidentemente dicendo che nel caso mi fosse successo qualcosa, egli avrebbe fatto altrettanto poco per i miei figli, quanto aveva fatto quella volta il barone L. nonostante la sua gentile offerta di aiuto. Questa mi sembra una prova evidente della struttura egoistica del sogno. (Nel corso di una conferenza scientifica di Ernest Jones sull'egoismo dei sogni, davanti ad un pubblico americano, una signora colta si oppose a questa generalizzazione poco scientifica, dicendo che l'autore di questo libro poteva solo giudicare i sogni degli austriaci e non aveva il diritto di parlare dei sogni degli americani. Da parte sua era certa che i suoi sogni fossero del tutto altruistici. Per giustificare questa signora patriottica, posso osservare che non si deve fraintendere l'osservazione secondo la quale i sogni sono completamente egoistici. Poiché qualsiasi cosa che si trovi nel pensiero preconscio può passare nel sogno (sia nel suo contenuto manifesto che nei pensieri latenti del sogno), tale possibilità resta egualmente aperta agli impulsi altruistici. Allo stesso modo, un impulso affettivo o erotico verso qualcun altro, se presente nell'inconscio, può apparire in un sogno. La validità dell'affermazione fatta nel testo è limitata quindi al fatto che tra le tendenze inconsce di un sogno si trovano molto spesso degli impulsi egoistici, che apparentemente sono stati superati nella vita da svegli). Ma dove si deve cercare la soddisfazione del desiderio? Non nella mia vendetta sul mio amico Otto, il cui destino sembra quello di essere maltrattato nei miei sogni, ma nella seguente considerazione. Nello stesso momento in cui rappresentavo Otto nel sogno come il barone L., identificavo me stesso con un'altra persona, cioè con il professor R.; infatti come nell'episodio R. aveva fatto una richiesta al barone L., così io avevo fatto una richiesta a Otto. E questo è il punto. Il professor R., con il quale non oserei mai paragonarmi generalmente, mi rassomigliava nell'aver seguito un cammino indipendente al di fuori del mondo accademico ed aveva ottenuto il ben meritato titolo in età avanzata. Così ancora una volta volevo essere un professore! Anzi le parole «in età avanzata» erano di per sé una soddisfazione di desiderio; infatti implicavano che sarei vissuto abbastanza a lungo da far superare io stesso ai bambini il periodo della pubertà. 3. Altri sogni tipici Debbo solo alla psicoanalisi quant'altro ho da aggiungere circa altri sogni tipici quali quello di volare con tutta naturalezza o di cadere dall'alto con vivo senso di paura, in quanto non ne ho esperienza personale. Da quel che se ne può dedurre, si deve concludere che anche in questi sogni riaffiorano impressioni infantili, cioè si riferiscono a quei giochi movimentati tanto ricercati dai bambini. Non c'è zio che non abbia fatto volare un bambino sorreggendolo in una corsa a braccia aperte, o non abbia simulato per gioco una caduta dalle ginocchia allungando improvvisamente una gamba, o non lo abbia lanciato in aria lasciandolo senza sostegno per qualche attimo. I bambini sono pazzi di questi giochi e ne richiedono ripetutamente la ripetizione, soprattutto se comportano un minimo di spavento e di vertigine. Anni dopo se ne creano la ripetizione nel sogno obliando le mani che li hanno sorretti, così che volano e cadono liberamente. La predilezione dei piccoli per giochi di questo tipo è nota, così come per il dondolo e l'altalena, e il ricordo ne è ancor più ravvivato dai giochi acrobatici dei circo. (Attraverso l'indagine analitica ci è stato possibile intuire che i bambini prediligono gli esercizi ginnici e li ripetono negli attacchi isterici perché, oltre che riceverne un piacere organico, questi richiamano in loro l'immagine mnestica, spesso inconscia, del rapporto sessuale osservato tra uomini o animali.) In alcuni ragazzi la crisi isterica non è altro, in seguito, che la riproduzione di tali esercizi, che essi eseguono con abilità sorprendente. Non è raro il caso in cui sensazioni sessuali iniziali si sono presentate proprio in questi giochi d'azione di per sé innocenti. (Un giovane collega, psichicamente del tutto normale, mi ha riferito in proposito: «Posso dire per esperienza personale che una volta, mentre ero sull'altalena e proprio Dell'attimo in cui il volo di discesa raggiungeva il suo punto più basso, provavo una particolare sensazione ai genitali che, anche se non era del tutto piacevole, posso definire come una sensazione di godimento». Tra i miei pazienti molti mi hanno spesso raccontato che le loro prime erezioni con sensazioni di piacere di cui abbiano memoria si sono verificate quando erano ragazzi, nell'atto di arrampicarsi. Dall'indagine psicoanalitica appare con indubbia chiarezza che le prime emozioni di origine sessuale si manifestano spesso durante le zuffe tra ragazzi.) A voler usare una sola parola per tutte queste manifestazioni potremmo dire che è il divertimento (Hetzen) dell'infanzia che si ripresenta nei sogni in cui si vola, si cade, si prova vertigine ecc., e le sensazioni ad esso legate, allora gradevoli, si mutano ora in angoscia. Ma come ogni mamma ben sa, anche il divertimento dei bambini piuttosto spesso, in verità, finisce in pianti e litigi. Sono quindi più che valide le ragioni che mi inducono a respingere la teoria secondo cui sarebbero le sensazioni cutanee durante il sonno, quelle di movimento dei nostri polmoni, e così via, a determinare i sogni di volo e di caduta. Faccio rilevare che anche dette sensazioni sono riprodotte in base al ricordo cui il sogno si ricollega, e che quindi sono il contenuto e non la causa del sogno. Comunque, non nego di non essere in grado di dare una esauriente spiegazione di tale serie di sogni tipici. In questo caso il materiale a mia disposizione non mi è di alcun aiuto. Quindi mantengo il punto di vista generale, secondo il quale tutte le sensazioni, cutanee e di movimento, di questi particolari sogni affiorano non appena un qualche motivo interiore ne abbia necessità e vengono trascurate quando detta necessità non si presenti. Anche il loro riallacciarsi ad esperienze infantili mi è apparso del tutto accettabile da risultanze di analisi di psiconevrotici. Non sono però in grado di chiarire se e quali altri significati - forse diversi da individuo a individuo, nonostante l'apparenza tipica di questi sogni - possano essere connessi, nel corso della vita, al ricordo di quelle sensazioni e vorrei poter colmare tale lacuna mediante l'analisi accurata di casi idonei. Per coloro che si stupissero delle mie lagnanze circa la mancanza di materiale adatto nonostante la frequenza dei sogni di volare, cadere, strappare i denti e così via, aggiungo che non ho esperienza personale di tali sogni da che ho rivolto la mia attenzione alla loro interpretazione. Ho a disposizione solo sogni di nevrotici, che però non sempre sono interamente interpretabili e spesso non sin nel profondo del loro scopo recondito. Una particolare forza psichica, partecipante inizialmente alla strutturazione della nevrosi e insorgente nuovamente nella soluzione di questa, ostacola un'interpretazione spinta fino all'ultimo enigma. 4. Sogni di esami Chiunque abbia passato gli esami di maturità, alla fine del liceo, si lamenta della perseveranza con cui viene perseguitato da sogni di angoscia, di essere stato bocciato, o di essere costretto a ripetere l'esame ecc. Nel caso di coloro i quali abbiano raggiunto una qualifica universitaria, questo sogno tipico viene sostituito da un altro che lo rappresenta come respinto all'esame di laurea; ed è inutile obiettare che si esercita la professione medica da anni, o che si insegna all'università o che si è direttori. Gli indelebili ricordi delle punizioni sofferte per i nostri misfatti si ridestano dentro di noi e si collegano ai due punti cruciali dei nostri studi, il «dies irae, dies Ma» dei nostri esami più difficili. L'«angoscia dell'esame» dei nevrotici deve la sua intensificazione alle stesse paure infantili. Quando non siamo più scolari, le punizioni non ce le infliggono più i nostri genitori o coloro che ci hanno allevato, prima, i nostri maestri, poi. L'inesorabile catena causale della vita reale si prende cura della nostra successiva educazione e noi sogniamo la maturità o la laurea (e chi non ha tremato in tali occasioni, anche se era ben preparato?) ogni volta che, avendo fatto qualcosa di male o non avendo fatto bene qualcosa, ci aspettiamo la punizione del caso: ogni volta insomma che sentiamo il peso della responsabilità. Per un'ulteriore chiarificazione dei sogni di esami devo ringraziare un collega pieno di esperienza, che una volta ad una riunione scientifica ha dichiarato che, per quanto gli risultava, i sogni della maturità li fanno solo quelle persone che l'hanno superata brillantemente e mai quelle che sono state respinte. Sembra quindi che l'angoscioso sogno d'esame (che, come è stato molte volte confermato, si verifica quando il sognatore deve compiere il giorno seguente qualche atto di responsabilità e teme un fiasco) cerchi qualche occasione nel passato in cui una grande angoscia si sia rivelata ingiustificata e sia stata contraddetta dai fatti. Questo sarebbe un esempio molto evidente del fraintendimento del contenuto del sogno da parte dell'istanza vigile. Ciò che sembra una protesta sdegnata contro il sogno: «Ma io sono già dottore ecc.» sarebbe in realtà la consolazione fornita dal sogno e suonerebbe quindi così: «Non aver paura per domani! Pensa a quanto eri preoccupato prima della maturità, eppure non ti è successo niente. Tu sei già dottore ecc.». E l'angoscia attribuita al sogno deriverebbe davvero dai residui del giorno. Le prove di questa spiegazione fatte su me stesso e su altre persone, anche se non abbastanza numerose, hanno confermato la sua validità. Per esempio, io sono stato respinto all'esame di medicina legale, quando ho fatto gli esami finali; ma non mi è mai capitato questo argomento nei sogni, mentre sono stato esaminato spesso in botanica, zoologia o chimica. Mi presentai a questi esami con paura ben fondata, ma, per grazia del destino o dei miei esaminatori, sfuggii alla punizione. Nei miei sogni di esami scolastici venivo sempre esaminato in storia, in cui me la cavai brillantemente, ma solo perché il mio cortese maestro (il benefattore con un occhio solo di un altro sogno) non mancò di notare che sul foglio con le domande, che gli avevo restituito, avevo cancellato con l'unghia la domanda centrale delle tre, per avvertirlo di non insistere su quella in particolare. Un mio paziente, che decise di rimandare l'esame di maturità e in seguito lo superò, e che fu poi bocciato all'esame militare e non ottenne mai un incarico, mi ha raccontato di sognare spesso il primo esame e mai l'ultimo. L'interpretazione dei sogni di esame deve affrontare la difficoltà che ho già riferito come caratteristica della maggioranza dei sogni tipici. Molto raramente il materiale che il sognatore fornisce mediante le associazioni è sufficiente per interpretare il sogno. Solo raccogliendo un numero considerevole di esempi di tali sogni possiamo arrivare a meglio comprenderli. Non molto tempo fa sono arrivato alla conclusione che l'obiezione «Tu sei già dottore ecc.» non nasconde semplicemente una consolazione, ma viene ad essere anche un rimprovero. Varrebbe per: «Sei abbastanza grande ora, ad uno stadio avanzato della vita, e continui a fare queste cose sciocche e infantili». Questo misto di autocritica e consolazione corrisponderebbe quindi al contenuto latente dei sogni d'esame. In tal caso, non sarebbe strano che gli autorimproveri per essere «stupidi» e «infantili» in questi ultimi esempi si riferissero alla ripetizione di atti sessuali biasumevoli. |