Sull'etiologia dell'isteria1896 |
Signori, allorché ci accingiamo a formarci un'opinione sul meccanismo causale di uno stato patologico quale l'isteria, cominciamo con l'adottare il metodo della ricerca anamnestica: interroghiamo il paziente, o coloro che gli sono vicini, per sapere a quali influssi nocivi attribuiscano il fatto di aver contratto la malattia e di presentare questi sintomi nevrotici. Ciò che veniamo a sapere in questa maniera, ovviamente, è falsato da tutti quei fattori che impediscono al paziente stesso una vera conoscenza del proprio stato; la mancanza di una comprensione scientifica dei fattori etiologici, la fallacia del post hoc ergo propter hoc, la riluttanza a far mente locale su taluni agenti patogeni o traumi e a riferirli. Pertanto, nel condurre un'indagine anamnestica, ci atteniamo al principio di non accogliere le opinioni del paziente, senza prima sottoporle al vaglio di un'esauriente disamina critica, impedendo che tali opinioni determinino in nostra vece il nostro concetto scientifico dell'etiologia delle nevrosi. Pur ammettendo, da un lato, la veridicità di talune affermazioni continuamente ripetute, quali il fatto che la condizione isterica è un durevole effetto postumo di un'emozione provata in passato, noi abbiamo, d'altro canto, introdotto nell'etiologia dell'isteria un fattore che il paziente non esprime mai spontaneamente e del quale riconosce la validità solo con notevole riluttanza, ossia la disposizione ereditaria, derivatagli dagli ascendenti. Come loro sanno, secondo le vedute dell'influente scuola di Charcot, è all'ereditarietà soltanto che andrebbe riconosciuto il ruolo di causa reale dell'isteria, mentre tutti gli altri agenti patogeni, quale che ne sia la natura e l'intensità, avrebbero soltanto il ruolo di cause accidentali, di agents provocateurs. Lor Signori non avranno difficoltà ad ammettere che sarebbe un'ottima cosa disporre di un secondo metodo per giungere a conoscere l'etiologia dell'isteria, metodo che ci facesse sentire meno dipendenti dalle dichiarazioni dei pazienti. Per esempio, un dermatologo può riconoscere la natura luetica di un'ulcera dall'aspetto dei suoi margini, dalla crosta che la ricopre e dalla forma, senza farsi trarre in inganno dalle proteste del paziente, che nega ogni possibile fonte di infezione; un medico legale può arrivare alla causa di una lesione persino se non ottiene alcun ragguaglio dal ferito. Anche nell'isteria si dà analoga possibilità di arrivare alla conoscenza delle cause in base alla sintomatologia. Però, al fine di illustrare i rapporti esistenti tra il metodo che a questo scopo e il precedente metodo dell'inchiesta anamnestica, desidero esporre loro una similitudine tratta dai progressi effettivamente realizzati in un altro campo di indagine. Immaginino un esploratore che giunge in una regione mal conosciuta, ove il suo interesse sia destato da una distesa di rovine, avanzi di mura, frammenti di colonne e tavolette con iscrizioni semicancellate e illeggibili. Egli può limitarsi ad esaminare ciò che si trova esposto alla vista, a interrogare gli abitanti, popolo forse semibarbaro, che vivono nei pressi, sulle tradizioni che rimangono loro, sulla storia e il significato dei resti archeologici, ad annotare ciò che gli abitanti gli dicono, e poi a riprendere il viaggio. Ma si può anche comportare differentemente. Può essersi portato picconi, vanghe e pale e può mettere gli abitanti a lavorare con questi strumenti. Insieme con loro può mettersi al lavoro sulle rovine, asportando i detriti per scoprire, partendo dai resti visibili, ciò che era interrato. Se il lavoro avrà successo, la spiegazione verrà da sé: le mura in rovina sono i contrafforti di un palazzo o della camera del tesoro; i frammenti di colonne possono essere ricomposti a formare un tempio; le numerose iscrizioni, che, per buona fortuna, erano bilingui, una volta decifrate e tradotte, forniscono impensabili notizie su eventi della remota antichità, a ricordo dei quali erano stati eretti i monumenti. Saxa lo-quuntur! Se, in modo approssimativamente simile, vogliamo ottenere che i sintomi di un'isteria facciano intendere la loro voce di testimoni della storia dell'origine della malattia, dovremo prendere le mosse dall'importante scoperta di Josef Breuer: i sintomi dell'isteria (a prescindere dalle stigmate) sono determinati da talune esperienze del paziente, che hanno avuto un 'azione traumatizzante e si riproducono nella sua vita psichica sotto forma di simboli mnemonici. Quel che dobbiamo fare è applicare il metodo di Breuer, o altro che sia essenzialmente lo stesso, in modo da riportare l'attenzione del paziente dai sintomi all'accaduto, durante il quale, e per via del quale, i sintomi sono insorti, e, dopo avere in tal modo localizzato la scena, dovremo eliminare i sintomi realizzando, con la riproduzione della scena traumatizzante, una successiva correzione dell'andamento psichico degli avvenimenti che ebbero luogo in quei tempo. Oggi non è mia intenzione trattare la difficile tecnica di questo metodo terapeutico o le scoperte psicologiche che abbiamo ottenuto grazie ad esso. Sono dovuto partire da esso solo per il fatto che le analisi condotte secondo gli intendimenti di Breuer sembrano aprirci nel contempo la via che conduce alle cause dell'isteria. Se sottoponiamo un elevatissimo numero di sintomi di moltissimi soggetti a detta analisi, perverremo, naturalmente, alla conoscenza di un numero altrettanto elevato di avvenimenti traumatizzanti. Fu proprio nel corso di queste esperienze che entrò in azione la causa efficiente dell'isteria. Pertanto, dallo studio di queste scene traumatizzanti possiamo sperare di scoprire quali siano i fattori che producono i sintomi isterici, e in qual maniera li provocano. La nostra aspettativa si è rivelata legittima, né può essere fallace, giacché le tesi di Breuer, messe alla prova in un gran numero di casi, si sono rivelate esatte. Ma il cammino dai sintomi all'etiologia dell'isteria è più faticoso e rivela molte più interazioni di quanto si potrebbe pensare. Perciò dovremo essere molto chiari su questo punto. Il riferire un sintomo isterico a una scena traumatizzante giova alla nostra comprensione solo se la scena ottempera a due condizioni: deve possedere una sufficiente idoneità quale fattore causale e la necessaria energia traumatizzante. Anziché una spiegazione concettuale, fornirò un esempio. Supponiamo che il sintomo allo studio sia il vomito; in tal caso avremo la sensazione di essere in grado di comprendere la causa, tolto un certo residuo, se l'analisi avrà riportato il sintomo a un'esperienza che produsse ragionevolmente un notevole disgusto, come, per esempio, la vista di un cadavere in decomposizione. Ma se, invece, l'analisi dimostra che il vomito è insorto in seguito a un forte spavento, per esempio un incidente ferroviario, non ci riterremo soddisfatti e dovremo domandarci come mai la paura abbia portato il particolare sintomo del vomito. Una tale derivazione non appare idonea quale determinante. Avremo un altro caso di spiegazione insufficiente, se il vomito sarà insorto, diciamo, per aver mangiato un frutto parzialmente marcio. In questo caso il vomito è determinato, è vero, dal disgusto, ma non possiamo capire come il disgusto sia diventato talmente potente da perpetuarsi attraverso un sintomo isterico; l'esperienza vissuta è priva di energia traumatizzante. E ora poniamo mente fino a che punto le scene traumatizzanti dell'isteria rivelateci dall'analisi soddisfino, in un gran numero di sintomi e di casi, ai due requisiti che ho enunciato. Qui incontriamo la prima, grande delusione. Infatti è vero che, certe volte, il fatto traumatizzante, da cui traggono origine i sintomi, è in possesso di entrambe le qualità - idoneità quale causa determinante ed energia traumatizzante - che esigiamo onde riuscire a comprendere il sintomo, ma, molto più spesso, infinitamente più spesso, vediamo che sussiste solo una delle tre altre possibilità, che sono talmente sfavorevoli alla nostra comprensione. La scena che ricostruiamo attraverso l'analisi, nella quale i sintomi sono comparsi per la prima volta, non ci sembra idonea a determinare il sintomo; oppure l'esperienza, che viene definita traumatica, pur avendo un rapporto col sintomo, risulta essere un'impressione che di regola è innocua e, solitamente, incapace di provocare alcun effetto; o, infine, la «scena traumatizzante» è deludente sotto entrambi questi aspetti, risultando e innocua e priva di rapporti con le caratteristiche del sintomo isterico. (A questo punto posso rilevare, di passaggio, che la opinione di Breuer sull'origine dei sintomi isterici non è scossa dalla scoperta di scene traumatizzanti legate a esperienze di per sé insignificanti, in quanto Breuer, seguendo Charcot, presumeva che persino un'esperienza innocente può essere innalzata alla dignità di trauma, producendo una energia determinante, se il soggetto la vive mentre si trova in una particolare condizione psichica, descritta col nome di stato ipnoide. Però io trovo che, spesse volte, non vi è alcun fondamento per supporre la presenza di questo stato ipnoide. Inoltre, il fatto decisivo è che la teoria degli stati ipnoidi non apporta alcun contributo alla soluzione delle altre difficoltà, cioè che le scene traumatizzanti tanto spesso mancano della capacità di essere cause determinanti.) Per di più, Signori, questa prima delusione, che ci attende quando applichiamo il metodo di Breuer, è seguita immediatamente da un'altra, che può essere particolarmente penosa per noi medici. Quando il nostro procedimento ci porta a fare, come nei casi citati, delle scoperte, che sono insufficienti a spiegare sia l'idoneità della causa, sia l'efficacia traumatica, anche i progressi terapeutici sono nulli. I sintomi permangono immodificati, nonostante il risultato iniziale ottenuto dall'analisi. Comprenderanno facilmente quanto sia grande, a questo punto, la tentazione di non andare avanti in un lavoro, in ogni caso assai gravoso. Forse, però, tutto quello che ci serve è un'idea nuova che ci aiuti a cavarci da questo dilemma e ad ottenere risultati apprezzabili. Ecco l'idea. Come ci è noto da Breuer, i sintomi isterici possono essere risolti se, partendo da essi, riusciamo a ripercorrere il cammino che conduce al ricordo di un'esperienza traumatizzante. Se il ricordo che abbiamo evocato non risponde alla nostra attesa, può darsi che si debba seguire lo stesso cammino ancora per un po'; forse dietro la prima scena traumatizzante si cela il ricordo di una seconda scena, che risponde meglio alle nostre esigenze e la cui rievocazione ha un effetto terapeutico migliore, per cui la scena che è stata scoperta per prima ha soltanto il significato di un anello di congiunzione nella catena delle associazioni. Talvolta questa situazione torna a ripetersi: troviamo interpolate diverse scene prive di efficacia, quali elementi di passaggio necessari al processo di riproduzione, finché non abbiamo percorso tutto il cammino che conduce dal sintomo isterico all'avvenimento realmente efficace, che ci soddisfa sotto tutti i rispetti, terapeutici e analitici. Ebbene, Signori, tale supposizione è esatta. Se la scena scoperta per prima non è soddisfacente, noi diciamo al paziente che la sua esperienza non spiega nulla, che dietro ad essa deve celarsene una più significativa, e più antica. Poi, sempre con la stessa tecnica, dirigiamo la sua attenzione al nesso associativo che collega i due ricordi: quello che è stato scoperto e quello che ancora deve essere scoperto. Allora il proseguimento dell'analisi porta, in tutti i casi, alla rievocazione di nuove scene aventi le caratteristiche che attendevamo. Prendiamo di nuovo, per esempio, il caso del vomito isterico che ho già citato, e che l'analisi ha fatto risalire, a tutta prima, a un incidente ferroviario, fatto privo di idoneità quale causa determinante. Il proseguimento dell'analisi ci ha rivelato che questo incidente aveva suscitato nel paziente il ricordo di un precedente incidente, non subito dal paziente, ma che aveva fatto sì che egli'avesse sperimentato la macabra e rivoltante vista di un cadavere. È come se l'azione combinata delle due scene rendesse possibile il realizzarsi del nostro presupposto, in quanto una scena fornì, con la paura, l'energia traumatizzante, e l'altra, per il suo contenuto, l'effetto causale. L'altro caso, in cui il vomito risaliva all'aver mangiato una mela parzialmente guasta, fu amplificato dall'analisi suppergiù in questo modo:mentre il soggetto raccoglieva, in un frutteto, le mele buttate giù dal vento, si era accidentalmente imbattuto in un animale morto e in condizioni rivoltanti. Non ritornerò più su questi esempi, perché devo confessare che non sono presi da nessun caso da me studiato, ma si tratta di invenzioni. Persino io considero impossibili tali soluzioni dei sintomi isterici. Però mi sono veduto, per varie ragioni, costretto a imbastire degli esempi fittizi, e una di queste ragioni può essere esposta immediatamente. Gli esempi autentici sono tutti infinitamente più complessi: a volerne citare anche uno solo con tutti i particolari, mi ci vorrebbe tutto il tempo a disposizione per questa conferenza. La catena di associazioni si compone sempre di più di due anelli e le scene traumatizzanti non si dispongono secondo una serie unica, come un filo di perle, ma sono ramificate e intricate come alberi genealogici, di modo che ad ogni nuova esperienza ne entrano in gioco, sotto forma di reminiscenze, altre due, o più, di data anteriore. A farla breve, per fare il resoconto della soluzione di un solo sintomo, si finirebbe col sobbarcarci della fatica di riportare l'intera storia di un caso. Ma non posso mancare di far notare una conclusione cui sono stato condotto, senza aspettarmelo, dal lavoro analitico secondo queste concatenazioni di ricordi. Ho appreso che nessun sintomo può insorgere in seguito a una sola esperienza reale, ma che, in tutti i casi, il ricordo di esperienze antecedenti, associato a quella attuale, ha la sua parte nel determinismo dei sintomi, e se, come io credo, questa enunciazione è valida senza eccezioni, essa ci indica, inoltre, la base sulla quale erigere una teoria psicologica dell'isteria. Loro potrebbero supporre che i rari casi in cui l'analisi riesce a riportare direttamente il sintomo a un evento traumatizzante, pienamente idoneo quale causa determinante e dotato di energia traumatica, ed è contemporaneamente capace, grazie a questa ricostruzione, di eliminare il sintomo stesso, nel modo descritto da Breuer nella storia del caso di Anna O., potrebbero supporre, dico, che tali casi, in ultima analisi, rappresentino fortissime obiezioni contro la validità generale dell'assunto da me testé enunciato. E certamente questa è l'apparenza, pero debbo assicurare lor Signori che dispongo di validissime ragioni per supporre che, persino in questi casi, esista una catena di reminiscenze attive che si prolunga ben oltre il primo evento traumatizzante, anche se la sola rievocazione di quest'ultimo può essere in grado di eliminare il sintomo. Secondo me è veramente stupefacente che i sintomi isterici possano insorgere soltanto con il concorso dei ricordi, soprattutto se poniamo mente al fatto che tali ricordi, secondo il consenso unanime degli stessi pazienti, non emersero nella loro coscienza nel momento in cui il sintomo fece la sua comparsa per la prima volta. Questo è un importante incentivo alla meditazione, ma tali problemi non debbono, per ora, distoglierci dalla trattazione dell'etiologia dell'isteria. Piuttosto, faremmo bene a chiederci: dove arriveremo, seguendo la catena di ricordi associati, svelataci dall'analisi? Fin dove si prolunga questa catena? Arriverà a un termine naturale? Forse ci condurrà ad esperienze in certo qual modo simili tra di loro, sia quanto a contenuto che quanto al periodo della vita in cui si sono realizzate, così che ci sia possibile ravvisare, in questi fattori genericamente simili, quell'etiologia dell'isteria di cui siamo alla ricerca? Le conoscenze da me finora acquisite mi consentono di rispondere a queste domande. Se prendiamo un caso che presenta diversi sintomi, partendo da ciascuno di essi arriviamo, per mezzo dell'analisi, a una serie di esperienze i cui ricordi sono collegati tra di loro per associazione. Inizialmente le catene di ricordi risalgono nel passato mantenendosi separate, ma, come ho detto, si ramificano. Partendo da un unico evento, si risale contemporaneamente a due o più ricordi, dai quali si distaccano a loro volta catene collaterali i cui singoli anelli possono nuovamente collegarsi per associazione con gli anelli facenti parte della catena principale. Invero, non è affatto fuori di luogo il confronto con l'albero genealogico di una famiglia i cui membri si siano anche sposati fra di loro. Un'altra complicazione dei collegamenti reciproci tra le varie catene sta nel fatto che un singolo avvenimento può essere rievocato parecchie volte nell'ambito di una stessa catena, in quanto la sua correlazione con un avvenimento successivo è multipla, presentando con questo sia un collegamento diretto, sia un collegamento stabilitosi tramite anelli intermedi. In breve, tale concatenazione è ben lungi dall'essere semplice e il fatto che le scene vengano rievocate secondo un ordine cronologico inverso - ciò che giustifica il confronto tra il nostro lavoro e l'escavazione di rovine disposte a strati - certamente non contribuisce affatto a rendere più rapida la comprensione di ciò che è accaduto. Se l'analisi viene portata oltre, insorgono nuove complicazioni. Le catene associative, partenti dai diversi sintomi, cominciano ad assumere rapporti reciproci; l'albero genealogico si fa intricato. Per esempio, un determinato sintomo appartenente alla catena di reminiscenze legata al sintomo del vomito, non soltanto rievoca precedenti anelli, appartenenti alla sua propria catena, ma rievoca anche un ricordo facente parte di un'altra catena, correlata a un altro sintomo, quale la cefalea. Pertanto, questa esperienza appartiene a entrambe le serie e, in tal modo, viene a costituire un punto nodale. In ogni analisi si trovano parecchi punti nodali. La loro correlazione, nell'ambito del quadro clinico, può consistere nel fatto che, a partire da un determinato momento, i due sintomi appaiono insieme, simbioticamente, senza, di fatto, avere alcuna interdipendenza intrinseca. Risalendo ancora più oltre, giungiamo a punti nodali di natura differente. Qui convergono le catene associative separate. Troviamo delle esperienze dalle quali si sono sviluppati due o più sintomi: una catena si è collegata a un particolare della scena, la seconda catena a un altro particolare. Ma la scoperta più importante, alla quale si giunge se l'analisi viene proseguita validamente fino a questo punto, è la seguente: quali che siano il caso o il sintomo che scegliamo come punto di partenza, alla fine entriamo immancabilmente nel campo dell'esperienza sessuale. Pertanto ci sembra di aver individuato, qui per la prima volta, una condizione preliminare etiologica dei sintomi isterici. Posso prevedere, in base alla pregressa esperienza, che l'opposizione di lor Signori si appunterà esattamente contro questa affermazione o contro la sua validità universale. Forse sarebbe meglio dire: la loro inclinazione ad opporsi, dato che nessuno di loro, certamente, dispone per ora dei risultati di ricerche, fondate sullo stesso procedimento, che abbiano portato a un risultato differente. Per ciò che riguarda l'argomento della controversia in sé, farò semplicemente rilevare che l'isolamento del fattore sessuale nell'etiologia dell'isteria, quanto meno, non scaturisce da alcun preconcetto da parte mia. I due studiosi, dei quali essendo allievo intrapresi i miei studi sull'isteria, Charcot e Breuer, erano ben lontani dal supporre una cosa simile e, infatti, avevano per essa un'avversione personale, che inizialmente anch'io condividevo. Soltanto le più laboriose e minuziose ricerche mi hanno convertito, peraltro alquanto lentamente, alle opinioni che oggi sostengo. Se sottoporranno a severa disamina la mia affermazione che l'etiologia dell'isteria sta nella vita sessuale, si avvedranno che essa è suffragata dal fatto che, in ben diciotto casi di isteria, io sono riuscito a evidenziare tale connessione per ciascun sintomo preso separatamente, e, laddove le circostanze me lo hanno consentito, a darne conferma tramite il successo della terapia. Certamente possono sollevare l'obiezione che la diciannovesima o la ventesima analisi forse dimostreranno che i sintomi isterici possono anche avere altre origini, riducendo in tal modo la validità universale dell'etiologia sessuale all'ottanta per cento. In ogni modo, aspettiamo e vedremo, ma, siccome questi diciotto casi sono anche tutti i casi nei quali mi è stato possibile eseguire il lavoro analitico e poiché essi non furono selezionati da nessuno a bella posta per me, lor Signori ammetteranno che è comprensibile come io non condivida tale previsione, ma, anzi, mi confermi nella mia opinione, grazie alla forza dell'evidenza fornitami dalle osservazioni che ho potuto raccogliere finora. Inoltre, sono spinto anche da un altro motivo, che per ora ha un valore semplicemente soggettivo. Nell'unico tentativo di spiegazione del meccanismo psichico e psicologico dell'isteria, da me compiuto allo scopo di coordinare le mie osservazioni, sono giunto a considerare la partecipazione delle forze motrici sessuali come una premessa indispensabile. Alla fine, dunque, dopo che le concatenazioni di ricordi sono arrivate a convergere, entriamo nel campo della sessualità per trovare un piccolo numero di esperienze, accadute, in massima parte, nello stesso periodo della vita, ossia durante la pubertà. Secondo me la causa dell'isteria va cercata in queste esperienze ed è per mezzo di esse che dobbiamo imparare a capire l'origine dei sintomi isterici. Qui, però, troviamo una nuova delusione, e molto grave. E' vero che queste esperienze, che sono state scoperte tanto a fatica e sono state isolate da tutto il resto del materiale mnemonico, e che sembravano essere le esperienze traumatizzanti fondamentali, hanno in comune le due caratteristiche di essere sessuali e di manifestarsi alla pubertà; però, sotto tutti gli altri aspetti, sono l'una differente dall'altra, e ciò sia per la qualità che per l'importanza. Certamente, in taluni casi abbiamo a che fare con esperienze da considerarsi alla stregua di gravi traumi, traumi, come, per esempio, una tentata violenza, che rivela d'improvviso all'immatura fanciulla tutta la brutalità del desiderio sessuale, o l'aver assistito involontariamente ad atti sessuali tra i genitori, che svelano un'insospettata bruttezza e, nel contempo, feriscono la sensibilità infantile e quella morale, ecc. Ma in altri casi le esperienze sono stranamente banali. In una mia paziente, la nevrosi traeva origine dal fatto che un ragazzo suo conoscente le aveva stretto affettuosamente la mano e, un'altra volta, le aveva premuto col ginocchio contro la gonna quando erano seduti accanto a tavola, mentre la sua espressione le dimostrava che stava facendo qualcosa di proibito. In un'altra signorina, l'aver semplicemente ascoltato un gioco di parole che suggeriva una risposta oscena, era stato sufficiente a scatenare il primo attacco d'angoscia dando inizio alla malattia. Certe osservazioni evidentemente non sono favorevoli alla comprensione del meccanismo causale dei sintomi isterici. Se i traumi causali dell'isteria sono riconoscibili in avvenimenti sia gravi che di poco momento, e non soltanto in esperienze agenti sulla persona fisica del soggetto, ma anche in impressioni visive e in informazioni ricevute tramite l'udito, possiamo allora sentirci tentati di avanzare la spiegazione che gli isterici sono individui dalla costituzione singolare, dipendente con probabilità da una disposizione ereditaria o da un'atrofia degenerativa, nei quali quella certa ritrosia nei confronti della sessualità, che di solito ha una certa importanza nella pubertà, raggiunge un livello patologico e perdura indefinitamente, per cui si tratterebbe, in effetti, di individui inadatti a far fronte - psichicamente - alle esigenze della sessualità. Ovviamente, questa concezione dell'isteria mette fuori questione l'isteria maschile. Ma anche in mancanza di obiezioni formidabili come questa, noi non ci sentiremo soddisfatti di questa soluzione. Siamo pienamente coscienti, da un punto di vista intellettuale, che c'è qualcosa che è stata capita solo a metà, poco chiara e insufficiente. Fortunatamente per la nostra spiegazione, certe esperienze sessuali della pubertà si rivelano inadeguate anche sotto un altro aspetto, il che vale a spronarci a proseguire nel nostro lavoro analitico. Infatti capita a volte che anche queste non siano adeguate quali cause determinanti, per quanto un tal caso sia di gran lunga più raro rispetto alle scene traumatizzanti appartenenti agli anni successivi. Così, prendiamo, quale esempio, i due casi, di cui ho appena parlato, di pazienti le cui esperienze puberali erano veramente innocenti. A causa di queste esperienze le pazienti erano state colpite da sensazioni particolarmente dolorose alle parti sessuali, che avevano assunto il ruolo di sintomi essenziali della nevrosi. Non mi riuscì di trovare alcun indizio di avvenimenti, del tempo della pubertà o successivi, che potessero aver provocato i sintomi, però non si trattava certamente di sensazioni organiche normali o di segni di eccitazione sessuale. Quindi ci sembrò ovvio dire a noi stessi che le cause di questi sintomi andavano ricercate in altre esperienze, ancor più remote, per cui dovevamo attenerci alla giusta concezione che ci aveva, già in precedenza, guidato, partendo dalla prima scena traumatizzante, attraverso le concatenazioni di ricordi che si trovavano dietro ad essa. Ciò facendo, si arriva senza meno al periodo della prima infanzia, periodo antecedente allo sviluppo della vita sessuale, il che comporterebbe l'abbandono dell'etiologia sessuale. Però non siamo autorizzati a presumere che l'età dell'infanzia sia esente da sia pur lievi eccitazioni sessuali e che il successivo sviluppo sessuale non sia influenzato, e forse in maniera decisiva, dalle esperienze infantili. Le lesioni subite da un organo ancora immaturo, gli insulti subiti da una funzione in via di sviluppo, spesso possono provocare effetti più gravi e duraturi di quelli che si avrebbero in età più avanzata. Forse la reazione abnorme di fronte ad impressioni sessuali, che ci coglie di sorpresa nei soggetti isterici all'età della pubertà, si fonda, in modo assai generale, su esperienze del genere appartenenti all'infanzia, nel quel caso si deve trattare di esperienze simili, per natura, le une alle altre, e importanti. Se così è, una nuova prospettiva si apre per noi, cioè quel che sembrava collegato a una predisposizione ereditaria, tuttora inesplicabile, in realtà può essere ritenuto un'acquisizione dell'età infantile. E siccome le esperienze infantili a contenuto sessuale, in ultima analisi, potrebbero esercitare il loro effetto soltanto tramite le loro tracce mnemoniche, non potrebbe tale concezione costituire una ben accetta estensione di quella scoperta della psicoanalisi, secondo la quale i sintomi isterici non possono insorgere se non con l'aiuto dei ricordi? 2. Lor Signori avranno senz'altro intuito che non mi sarei spinto tanto a fondo in questa linea di pensiero, se non perché desidero prepararli all'idea che solo essa ci condurrà, dopo tanta attesa, alla meta. Adesso, infatti, siamo veramente alla conclusione del nostro pesante e difficile lavoro analitico, e qui troveremo l'adempimento di tutte le affermazioni e di tutte le aspettative, di cui finora abbiamo parlato. Se avremo la costanza di spingerci con l'analisi fino alla più remota infanzia, fin dove è capace di arrivare la memoria umana, otterremo in tutti i casi dal paziente la rievocazione di esperienze che, sia per le loro particolari caratteristiche, sia per i rapporti con i sintomi della successiva malattia, devono essere considerate come la causa, che stavamo cercando, della nevrosi. Anche queste esperienze infantili hanno un contenuto sessuale, pur essendo di un tipo più uniforme rispetto agli avvenimenti della pubertà, già scoperti in antecedenza. Non si tratta più di impressioni sessuali suscitate da questa o quella sensazione, bensì di esperienze sessuali che coinvolgono la stessa persona del soggetto, di rapporti sessuali (nella più ampia accezione). Loro ammetteranno che l'importanza di questi avvenimenti non esige ulteriori prove. A questo va aggiunto che, in ogni caso, nei particolari di questi avvenimenti potranno individuare quei fattori determinanti che potevano mancare negli altri avvenimenti, quelli, cioè, che sono accaduti più tardi e sono stati rievocati precedentemente. Pertanto io avanzo la tesi che alla base di tutti i casi di isteria vi sono uno o più casi di esperienze sessuali precoci, che risalgono ai primissimi anni dell'infanzia e che, pure, possono essere rievocate grazie al lavoro psicoanalitico, nonostante i decenni che sono trascorsi. Io penso che questa sia una scoperta importante, il ritrovamento di un caput Nili della neuropatologia. Non so, però, da che parte cominciare per continuare la mia discussione sull'argomento. Devo presentare loro il materiale effettivo che ho ricavato dalle mie analisi? Oppure dovrei prima tentare di far fronte alla massa di obiezioni e dubbi che, sono certo, si è impadronita della loro mente? Mi appiglierò a questo secondo partito e poi, forse, potremo riprendere con più calma l'esame dei fatti. a. Chi si opponga risolutamente a una concezione psicologica dell'isteria, e non desideri rinunciare alla speranza che, un giorno o l'altro, sia possibile riferirne i sintomi a «sottili alterazioni anatomiche», e respinga l'opinione secondo cui i fondamenti materiali delle alterazioni isteriche devono necessariamente essere della stessa natura dei processi mentali normali; chi, dico, assuma un tale atteggiamento, non potrà, è ovvio, nutrire alcuna fiducia nei risultati delle nostre analisi. Però la divergenza fondamentale tra le sue premesse e le nostre ci esime dall'obbligo di convincerlo sui singoli punti. Ma anche altre persone, anche se meno avverse alle teorie psicologiche dell'isteria, saranno tentate, nel considerare le nostre osservazioni analitiche, di chiedere quale sia il grado di certezza offerto dall'applicazione della psicoanalisi. Non è forse possibilissimo che il medico imponga tali scene ai suoi docili pazienti, sostenendo che si tratta di ricordi, o che i pazienti raccontino ai medici cose inventate o immaginate di sana pianta, che egli prende per vere? Ebbene, la mia risposta è che questo dubbio generico sull'attendibilità del metodo psicoanalitico può essere vagliato ed eliminato solo quando si disponga di un quadro completo della tecnica e dei risultati. Però i dubbi sull'autenticità degli avvenimenti sessuali infantili possono essere privati subito della loro forza con diverse argomentazioni. In primo luogo, il comportamento dei pazienti, mentre rievocano queste esperienze infantili è assolutamente incompatibile con il presupposto che le scene non siano una realtà sentita con angoscia e rievocata con la massima riluttanza. I pazienti nulla sapevano di queste scene, prima che riemergessero nel corso dell'analisi, anzi, di solito si indignano se li avvertiamo che queste scene stanno per riemergere. Soltanto la fortissima costrizione indotta dal trattamento, può determinare in loro la rievocazione. Mentre richiamano alla coscienza queste esperienze infantili, soffrono le sensazioni più violente, se ne vergognano e cercano di celarle e, anche dopo averle rivissute in maniera tanto convincente, cercano tuttavia di non prestare loro fede, insistendo sul fatto che, a differenza di altri materiali dimenticati, non hanno la sensazione di ricordare quegli avvenimenti. Ci sembra che questo modo di comportarsi fornisca la prova conclusiva. Perché mai i pazienti dovrebbero assicurarmi con tanto calore di non credere in questi avvenimenti, se ciò che vogliono far apparire come falso, per qualsivoglia motivo, fosse qualcosa inventata da loro stessi? È meno facile confutare l'idea che sia il medico stesso a insinuare queste reminiscenze nella mente del malato, influenzandolo, con il suo potere suggestivo, a inventarle ed esprimerle. Ciononpertanto, la cosa mi sembra altrettanto insostenibile. Finora non sono mai riuscito a insinuare in un paziente una scena che mi aspettavo di trovare, in modo tale che questi credesse di riviverla con tutti i sentimenti che la accompagnano. Altri, forse, ci riuscirà meglio. Ma ci sono anche molti argomenti che depongono a favore della realtà delle scene sessuali infantili. Innanzi tutto, esse presentano una certa uniformità di dettagli, che è la conseguenza necessaria del fatto che le condizioni basali di tali esperienze sono sempre della stessa natura, a meno che non si voglia credere che vi sia una segreta connivenza tra i diversi pazienti. In secondo luogo, i pazienti descrivono come insignificanti avvenimenti di cui, naturalmente, non comprendono l'importanza, che, altrimenti, ne proverebbero orrore. O, infine, descrivono certi particolari, senza annettere loro importanza, dato che solo chi abbia esperienza della vita può comprenderne e apprezzarne le sottili caratteristiche che ne testimoniano la realtà. Questi fatti ci confermano nella nostra impressione che i pazienti devono aver realmente vissuto ciò che rievocano sotto la costrizione dell'analisi e che si tratti di scene dell'infanzia. Ma un'altra, più valida prova, ci è data dal rapporto tra queste scene infantili e il contenuto di tutto il resto della storia. E' proprio come ricomporre un gioco di pazienza: dopo molti tentativi, alla fine acquistiamo la certezza assoluta che quel dato pezzo va proprio a riempire quella determinata lacuna. Infatti solo quel pezzo completa il quadro e, nel contempo, combacia con i suoi margini irregolari con i margini di altri pezzi, così da non lasciare spazi vuoti e da non dar luogo a sovrapposizioni. Nello stesso modo, i contenuti delle scene infantili si rivelano come supplementi indispensabili allo schema associativo e logico della nevrosi, la cui inserzione rende per la prima volta evidente il corso evolutivo di questa o addirittura, come molte volte possiamo dire, evidente di per se stesso. Pur senza voler dare eccessiva importanza alla cosa, aggiungerò che in molti casi è possibile addurre una prova di ordine terapeutico all'autenticità delle scene infantili. Vi sono casi in cui si riesce ad ottenere una guarigione completa o parziale senza dover addentrarsi tanto nelle esperienze infantili, mentre vi sono altri casi nei quali non si consegue alcun successo finché l'analisi non sia giunta alla conclusione spontanea attraverso la scoperta dei traumi originari. Secondo me, nei casi del primo tipo non ci siamo assicurati contro le ricadute, in quanto io mi attendo una guarigione assoluta dell'isteria solo da una psicoanalisi completa. Ma non dobbiamo lasciarci andare a precorrere le lezioni dell'esperienza. Vi sarebbe un'altra prova, veramente inattaccabile, dell'autenticità delle esperienze sessuali infantili, qualora le affermazioni di chi è sottoposto all'analisi siano confermate da altra persona, sotto trattamento oppure no. Queste due persone debbono aver partecipato alla stessa esperienza durante l'infanzia, forse avendo avuto rapporti sessuali tra di loro. Tali relazioni tra bambini non sono affatto rare, come dimostrerò loro tra breve. Per di più accade molto spesso che entrambi gli interessati si ammalino, in seguito, di nevrosi. Eppure considero un caso fortunato il fatto che, su diciotto casi, io sia riuscito ad avere questa conferma in due casi. Nel primo fu il fratello (rimasto sano) a confermare, da parte sua, non proprio le sue prime esperienze sessuali con la sorella (la paziente), ma, quanto meno, scene del genere, risalenti a una fase più avanzata dell'infanzia, e il fatto che, in precedenza, vi erano stati dei rapporti sessuali. Nell'altro caso, avvenne che due donne, che avevo in cura, avessero avuto, da bambine, rapporti sessuali con lo stesso uomo, rapporti che, talora, erano stati à trois. In entrambe le donne si era instaurato un particolare sintomo, nato da questi eventi dell'infanzia, a riprova di ciò che esse avessero vissuto in comune. b. Le esperienze sessuali dell'infanzia, rappresentate da stimolazioni dei genitali, atti simili al coito, ecc., debbono dunque, in ultima analisi, essere riconosciute quali traumi che hanno provocato, durante la pubertà, una reazione isterica agli eventi, determinando l'instaurarsi dei sintomi isterici. Certamente a questa affermazione verranno opposte, da direzioni differenti, due obiezioni, vicendevolmente in contrasto. Taluni diranno che atti illeciti sessuali di questo genere, praticati su bambini o tra bambini, sono troppo rari per essere considerati la causa determinante di una nevrosi comune come l'isteria. Altri, forse, obietteranno che, al contrario, dette esperienze sono frequentissime, troppo frequenti per attribuire loro un significato etiologico. Essi sosterranno, inoltre, che, facendo qualche inchiesta, è facile trovare persone che ricordano scene di seduzioni sessuali e abusi sessuali risalenti agli anni dell'infanzia, ma che, ciononpertanto, non sono mai state isteriche. Infine ci verrà detto, quale argomentazione di un certo peso, che negli strati inferiori della popolazione l'isteria non è certo più diffusa che in quelli superiori, mentre tutto tende a dimostrare che l'imperativo di salvaguardare l'infanzia dal punto di vista sessuale è trasgredito molto più spesso nel caso di bambini appartenenti al proletariato. Iniziamo la nostra difesa con la parte più facile del nostro compito. Mi sembra certo che i nostri bambini sono soggetti agli attacchi sessuali molto più spesso di quanto non ci aspetteremmo in base alle poche precauzioni prese dai genitori. Quando feci le mie prime indagini su ciò che si sapeva sull'argomento, appresi dai colleghi che vi sono parecchie pubblicazioni di pediatri che stigmatizzano la frequenza di pratiche sessuali, da parte di balie e bambinaie, su bambini addirittura in fasce e, in queste settimane, mi è capitato di leggere un articolo sul «Coito nell'infanzia» del Dott. Stekel (1895) di Vienna. Mi è mancato il tempo di raccogliere dalla letteratura altre prove, ma, fossero pure insufficienti, è prevedibile che l'aumentato interesse per l'argomento confermerà ben presto la notevole frequenza delle esperienze sessuali e dell'attività sessuale nell'infanzia. Infine, le scoperte della mia analisi sono tali da parlare da sole. In tutti e diciotto i casi (casi di isteria pura e di isteria combinata con ossessioni, comprendenti sei uomini e dodici donne) sono riuscito a evidenziare, come ho detto, esperienze di questo tipo, relative all'infanzia. A seconda dell'origine della stimolazione sessuale, i miei casi sono classificabili in tre gruppi. Nel primo si tratta di assalti, ossia di casi unici, o almeno isolati, di violenza, perpetrata per lo più su bambine da adulti estranei, i quali peraltro, sapevano come evitare di provocare gravi danni materiali. In queste violenze il consenso del fanciullo era fuori causa, e il primo effetto dell'esperienza era prevalentemente lo spavento. Il secondo gruppo comprende quei casi, assai più numerosi, in cui un adulto, incaricato della sorveglianza del piccolo (assistenti d'asilo, governanti, tutori o, purtroppo, molto di frequente, parenti stretti) ha iniziato il bambino ai rapporti sessuali, mantenendo con lui una regolare relazione amorosa, dotata per di più di un aspetto psichico, durata a volte lunghi anni. Il terzo gruppo, infine, comprende i rapporti veri e propri tra bambini, ossia relazioni sessuali tra fanciulli di diverso sesso, per lo più fratello e sorella, che spesso si protraggono oltre la pubertà ed hanno le conseguenze più gravi per la coppia. Ho rilevato che, nella maggioranza dei miei casi, erano presenti due o più di questi fattori causali. In alcuni casi era veramente stupefacente il cumulo di esperienze sessuali di varia origine. In ogni modo, sarà facile comprendere questa caratteristica particolare delle mie osservazioni, se lor Signori vorranno tener presente che i pazienti, che avevo in cura, erano tutti affetti da gravi malattie nevrotiche, che minacciavano di rendere la vita impossibile. Nei casi di rapporti tra due bambini, a volte sono riuscito a scoprire che il maschietto, il quale, anche qui, aveva la parte dell'aggressore, era stato precedentemente sedotto da una donna adulta, e che, dopo di ciò, sotto l'impulso di una libido destatasi prematuramente e spinto dal ricordo, tentava di ripetere con la bambina le stesse pratiche apprese dalla donna, senza apportare, da parte sua, alcuna modifica al tipo di attività sessuale. Ciò posto, siamo portati a ritenere che i bambini non sanno trovare il modo di compiere aggressioni sessuali, a meno che non siano stati a loro volta sedotti. Pertanto il seme della nevrosi sarebbe sempre gettato nei bambini dagli adulti, e gli stessi bambini si trasmetterebbero fra di loro la disposizione a contrarre, successivamente, l'isteria. Chiederò a lor Signori di soffermarsi ancora per un momento sulla particolare frequenza con cui i rapporti sessuali dell'infanzia intervengono proprio tra fratelli e tra cugini, a cagione delle numerose occasioni di trovarsi insieme. Supponendo, dunque, che, dopo dieci, quindici anni, parecchi membri della generazione più giovane della famiglia risultino ammalati, questa comparsa di una nevrosi apparentemente familiare non può indurre alla erronea presunzione che sussista una predisposizione ereditaria, laddove vi è soltanto una pseudo-eredità, in quanto, in realtà, vi è stato un contagio, un'infezione nell'infanzia? E ora occupiamoci dell'altra obiezione, basata appunto sull'ammissione che le esperienze infantili sono frequenti e sull'osservazione che molte persone, che ricordano avvenimenti di questo genere, non sono diventate isteriche. La nostra prima risposta è che l'eccessiva frequenza di un fattore causale non può assolutamente essere presa come un'obiezione contro la sua importanza etiologica. Forse che il bacillo della tubercolosi non è ubiquitario e non è introdotto nelle vie respiratorie di molti più individui di quanti si ammalino di tubercolosi? Forse che la sua importanza etiologica è diminuita dal fatto che, ovviamente, altri fattori devono entrare in gioco prima che si possa instaurare la tubercolosi, ossia l'effetto specifico? Basterà, al fine di stabilire che il bacillo è l'agente etiologico specifico, dimostrare che la tubercolosi non può instaurarsi senza il suo intervento. Lo stesso criterio è certamente valido per il nostro problema. Non importa se molti individui hanno avuto esperienze sessuali infantili senza diventare isterici, a patto che tutti quelli che diventano isterici abbiano vissuto quelle esperienze. Si può benissimo ammettere che la zona ricoperta da un fattore etiologico sia più ampia di quella dei suoi effetti, mentre non può essere più ristretta. Non tutti quelli che vengono in contatto o si avvicinano a un vaioloso contraggono il vaiolo; cionondimeno, l'infezione proveniente da un vaioloso è l'unica causa conosciuta della malattia. E' vero che se le attività sessuali infantili fossero un fatto pressoché universale, dimostrarne la presenza in tutti i casi non avrebbe alcun peso, ma, innanzitutto, affermare una tal cosa sarebbe un'esagerazione grossolana e, in secondo luogo, l'attribuzione di un valore causale agli avvenimenti dell'infanzia non si fonda soltanto sulla costante presenza di questi nell'anamnesi degli isterici, ma, soprattutto, sull'evidente esistenza di legami associativi e logici tra detti avvenimenti e i sintomi isterici, cosa che risulterebbe chiara come il sole per lor Signori, se potessero prendere in esame la storia integrale di un caso. Quali saranno gli altri fattori di cui la «etiologia specifica» dell'isteria ancora necessita onde provocare effettivamente la nevrosi? Questo, Signori, costituisce di per sé un problema, in cui non intendo addentrarmi. Per oggi mi basta segnalare il punto di contatto ove si articolano i due elementi: l'etiologia specifica e quella ausiliaria. È certo che si dovrà tener conto di moltissimi altri fattori. Vi sarà la costituzione ereditaria e individuale, l'importanza intrinseca delle esperienze sessuali dell'infanzia e, soprattutto, il loro numero: un rapporto di breve durata con un fanciullo estraneo, che dopo torni ad essere indifferente, eserciterà un effetto meno intenso su di una bambina che non abbia rapporti sessuali, della durata di anni, con il fratello. Nell'etiologia delle nevrosi le condizioni preliminari quantitative sono tanto importanti quanto quelle qualitative. Vi sono dei valori soglia che devono essere superati prima che la malattia possa manifestarsi. Inoltre, io stesso non considero completa questa serie etiologica, che non risolve l'enigma del perché l'isteria non sia più comune nelle classi inferiori. (A questo proposito, loro ricorderanno quanto sia sorprendentemente elevata l'incidenza dell'isteria secondo Charcot, tra i maschi della classe operaia). Potrei anche ricordare loro che qualche anno fa io stesso indicai un fattore, in precedenza poco considerato, al quale attribuisco un'importanza preminente nel determinismo dell'isteria dopo la pubertà. Espressi, allora, l'opinione che l'insorgenza dell'isteria può essere quasi costantemente riportata a un conflitto psichico insorto a causa di una idea incompatibile che promuoveva uno stato di difesa da parte dell'Io, imponendo la necessità della rimozione. In quel tempo non fui in grado di dire quali siano le circostanze in cui uno sforzo difensivo di questo genere ottiene l'effetto patologico di respingere efficacemente nell'inconscio il ricordo angoscioso per l'Io e di creare al suo posto un sintomo isterico. Ma oggi posso rimediare a questa omissione. La difesa ottiene lo scopo di rigettare dalla coscienza l'idea incompatibile se nel soggetto (finora normale) sussistono avvenimenti sessuali infantili sotto forma di ricordi inconsci e se l'idea che deve essere rimossa può assumere un legame logico od associativo con un'esperienza infantile del genere. Poiché gli sforzi dell'Io intesi alla difesa dipendono dallo sviluppo complessivo morale e intellettuale del soggetto, il fatto che l'isteria è, nelle classi inferiori, molto più rara di quanto si penserebbe in base all'etiologia specifica, non è più del tutto incomprensibile. E ora, Signori, ritorniamo all'ultimo gruppo di obiezioni, la risposta alle quali ci ha condotto tanto lontano. Abbiamo sentito e abbiamo riconosciuto che vi sono molte persone che hanno un ricordo assai chiaro delle esperienze sessuali infantili e che, ciononostante, non soffrono di isteria. Questa obiezione non ha importanza, però ci offre l'occasione per un'interessante osservazione. Secondo la nostra concezione della nevrosi, queste persone non dovrebbero essere affatto isteriche o, quanto meno, isteriche in conseguenza delle scene che ricordano coscientemente. Nei nostri pazienti questi ricordi non sono mai coscienti, mentre li guariamo dall'isteria trasformando i ricordi inconsci degli avvenimenti infantili in ricordi coscienti. Non c'era nulla che avremmo potuto o dovuto fare per quanto riguarda il fatto che essi hanno vissuto tali esperienze. Da ciò lor Signori comprenderanno che non si tratta solo dell'esistenza di esperienze sessuali, ma che entra anche in gioco una condizione psicologica preliminare. Le scene devono sussistere sotto forma di ricordi inconsci, e solo in quanto, e fino a quando, rimangono inconsce, sono in grado di provocare e mantenere i sintomi isterici. Però, che cosa faccia sì che tali esperienze producano dei ricordi coscienti o inconsci (sia che ciò dipenda dal contenuto delle esperienze, o dal tempo in cui sono accadute, o da influenze successive) è un problema diverso che, prudentemente, eviteremo. Mi si consenta semplicemente di ricordare che l'analisi è giunta a una prima conclusione: i sintomi isterici sono i derivati di ricordi che operano a livello inconscio. c. Pertanto, è nostra opinione che le esperienze sessuali infantili sono la condizione preliminare basale dell'isteria, poiché costituiscono effettivamente la predisposizione ad essa, e che sono esse a creare i sintomi isterici, ma non in maniera immediata, in quanto dapprima sono prive di effetto ed esercitano un'attività patogena solo più tardi, quando, dopo la pubertà, si riaffacciano sotto forma di ricordi inconsci. Se ci atteniamo a questa concezione, dovremo trovare una spiegazione delle frequenti osservazioni che dimostrano che la malattia isterica può manifestarsi già nell'infanzia o prima della pubertà. Però questa difficoltà viene appianata non appena esaminiamo più attentamente i dati raccolti dalle analisi sulla cronologia delle esperienze infantili. Allora ci avvediamo che, nei casi gravi, la formazione dei sintomi isterici comincia - non in casi eccezionali, ma, anzi, di regola - ad otto anni e che le esperienze sessuali, che non hanno effetto immediato, sono sempre anteriori, risalendo al terzo o al quarto, talora addirittura al secondo anno di vita. Poiché nemmeno in un singolo caso, la catena delle esperienze efficaci si interrompe a otto anni, devo pensare che questa età, in cui ha luogo la seconda dentizione, rappresenti la linea di confine dell'isteria, dopo la quale la malattia non può più essere provocata. Da questa età in poi, un individuo che non abbia avuto precedenti esperienze sessuali non potrà più acquisire una predisposizione all'isteria e un individuo, che abbia avuto delle esperienze in precedenza, è già atto a manifestare i sintomi isterici. I casi isolati di comparsa dell'isteria dall'altro lato della linea di demarcazione (vale a dire prima degli otto anni) possono essere intesi come esempi di maturità precoce. Molto probabilmente, l'esistenza di questa linea di demarcazione è legata ai processi di sviluppo del sistema sessuale. Di frequente si osserva una precocità dello sviluppo sessuale, ed è persino probabile che questo sia attivatoda stimolazioni sessuali troppo precoci. In questo modo scopriamo un indizio, secondo il quale è necessaria una certa condizione infantile delle funzioni psichiche, così come del sistema sessuale, affinché una esperienza sessuale verificatasi in questo periodo possa, più tardi, sotto forma di ricordo, provocare un effetto patologico. Ma, per il momento, non mi arrischio a fare alcuna affermazione più precisa sulla natura di questo infantilismo psichico o sui suoi limiti cronologici. d. Un'altra obiezione può essere sollevata contro il presupposto che il ricordo delle esperienze sessuali infantili ha un'efficacia patologica talmente grande, mentre l'esperienza in sé non ne ha nessuna, e, invero, non siamo adusi all'idea di energie emananti da un'immagine mnemonica e che invece mancano del tutto all'impressione reale. Inoltre, lor Signori noteranno con quale costanza si realizzi nell'isteria l'assunto che i sintomi traggono origine esclusivamente da ricordi. Nessun episodio successivo, in occasione del quale insorgono i sintomi, è quello efficace, mentre le esperienze realmente efficaci non hanno alcuna conseguenza immediata. Ma qui ci troviamo di fronte a un problema che, per molte buone ragioni, possiamo tenere distinto dal nostro argomento. E' pur vero che ci vediamo costretti a fare una sintesi quando esaminiamo le numerose condizioni importanti che abbiamo imparato a conoscere: il fatto che, perché si instauri un sintomo isterico, deve sussistere uno sforzo di difesa contro un'idea angosciosa; che tale idea deve avere una connessione logica, o tramite associazione, con un ricordo inconscio, attraverso pochi o molti anelli intermedi, i quali sono anch'essi inconsci nel momento attuale; che il ricordo inconscio deve avere un contenuto sessuale; che questo contenuto deve essere un'esperienza verificatasi in un periodo infantile della vita. Comunque non possiamo non domandarci come mai il ricordo di un'esperienza, che fu innocua al tempo in cui accadde, dovrebbe produrre, a posteriori, l'effetto abnorme di portare un processo psichico, quale la difesa, a un risultato patologico, mentre esso stesso rimane inconscio. Ma dovremmo dire a noi stessi che si tratta di una questione meramente psicologica, la cui soluzione forse può richiedere talune ipotesi sui processi psichici sessuali e sul ruolo che, in questi, ha la coscienza; ma, per adesso, la si può lasciare irrisolta, senza, per questo, nulla togliere all'importanza dell'approfondimento, raggiunto fino a questo punto, dell'etiologia dei fenomeni isterici. 3. Signori, il problema, di cui abbiamo or ora posto le premesse, riguarda il meccanismo di formazione dei sintomi isterici. Perciò ci vediamo costretti a descrivere le modalità casuali di quei sintomi senza tener conto del meccanismo, il che comporta, inevitabilmente, una perdita quanto alla completezza e alla chiarezza della nostra trattazione. Ritorniamo al ruolo avuto dalle scene sessuali infantili. Temo di aver tratto lor Signori nell'inganno di sopravvalutare la loro capacità di formare sintomi. Perciò mi si permetta di insistere ancora una volta sul fatto che tutti i casi di isteria presentano dei sintomi provocati da esperienze non infantili, ma più tarde, spesso recenti. Altri sintomi, invece, risalgono alle esperienze più remote per cui fanno parte, così per dire, della più antica nobiltà. In questi ultimi rientrano precipuamente le frequenti e diverse sensazioni e parestesie agli organi genitali e altre parti del corpo, sensazioni e parestesie che corrispondono semplicemente al contenuto sensoriale delle esperienze infantili, riprodotto in maniera allucinatoria e spesso dolorosamente intensificata. Dalle mie analisi risulta che un'altra serie di fenomeni isterici, quanto mai comuni (bisogno doloroso di mingere, sensazioni che si accompagnano alla defecazione, disturbi intestinali, senso di soffocazione e vomito, dispepsia e disgusto per gli alimenti), rappresenta, con sorprendente regolarità, i derivati delle medesime esperienze infantili, per cui sono stati spiegati senza difficoltà grazie a certe caratteristiche invariabili di tali esperienze. Infatti, l'idea di queste scene sessuali infantili è quanto mai ripugnante per i sentimenti dell'adulto sessualmente normale; esse comprendono tutti gli abusi noti ai viziosi e agli impotenti, tra i quali la cavità orale e il retto vengono impiegati indebitamente a scopo sessuale. Quanto ai medici, lo stupore dà ben presto luogo a una completa comprensione. Non si può pretendere che gli individui che non esitano a soddisfare i loro impulsi sessuali su fanciulli si orientino verso metodi più delicati per ottenere il loro piacere, e l'impotenza sessuale, propria dei bambini, li costringe inevitabilmente a compiere le stesse azioni sostitutive cui si abbassano gli adulti diventati impotenti. Tutte le particolari condizioni, in cui la malassortita coppia esercita le sue relazioni amorose - da un lato l'adulto, che non può sottrarsi alla sua parte di reciproca dipendenza che una simile relazione necessariamente comporta, e che, peraltro, gode di assoluta autorità e del diritto di punire, e può mutare un ruolo con un altro al fine di soddisfare senza inibizioni i suoi capricci; dall'altro lato, il fanciullo che, nella sua debolezza, è alla mercé di questa volontà arbitraria, ed è prematuramente iniziato a ogni genere di sensibilità ed esposto a ogni sorta di delusioni, e la cui espletazione di attività sessuali imposte spesso è interrotta dall'imperfetto controllo delle necessità naturali - tutte queste grottesche, e pur tragiche, incongruenze appaiono impresse nello sviluppo successivo dell'individuo e della sua nevrosi, attraverso innumerevoli effetti permanenti, che meritano di essere descritti in tutti i particolari. Nel caso che la relazione sia tra due bambini, il carattere delle scene sessuali non è meno repellente, dato che ogni relazione del genere tra bambini presuppone la precedente seduzione di uno di essi da parte di un adulto. Le conseguenze psichiche di questi rapporti infantili arrivano molto lontano: i due individui rimangono legati da un nodo invisibile per tutta la durata della vita. Talora alcune caratteristiche accidentali di queste scene sessuali infantili acquisiscono, negli anni successivi, una influenza determinante sui sintomi della nevrosi. Così, in uno dei miei casi, il fatto che il bambino fosse obbligato a stimolare i genitali di una donna col piede bastò a fissare la sua attenzione nevrotica per anni sulle gambe, provocando, alla fine, una paraplegia isterica. In un altro caso, una paziente, affetta da attacchi di angoscia che tendevano a manifestarsi in determinate ore della giornata, non poteva essere tranquillizzata se non aveva accanto a sé per tutto il tempo una particolare sorella delle molte che aveva. Perché le cose stessero così sarebbe rimasto un enigma se l'analisi non avesse rivelato che l'uomo, che aveva perpetrato delle violenze su di lei, era solito informarsi, ad ogni sua visita, se fosse in casa quella tale sorella, dalla quale temeva di essere interrotto. Può accadere che il potere causale degli avvenimenti infantili sia talmente occultato che, in un'analisi superficiale, finisca con l'essere trascurato. In tal caso ci illudiamo di trovare la spiegazione di un dato sintomo nel contenuto di uno degli avvenimenti più recenti, sinché, nel corso del lavoro incontriamo il medesimo contenuto in una delle scene infantili, e così, alla fine, siamo costretti ad ammettere che, in fin dei conti, la scena posteriore deve la sua capacità di provocare sintomi alla sua congruenza con la scena precedente. Non intendo dire, con questo, che il secondo episodio sia privo di importanza. Se fosse mio dovere enunciare i princìpi che regolano la formazione dei sintomi isterici, dovrei includere tra detti princìpi il fatto che l'idea selezionata per la produzione di un sintomo è tale che diversi fattori in combinazione l'hanno evocata, traendo origine da diverse direzioni a un tempo. Altrove ho tentato di esprimere questo concetto con la formula: i sintomi isterici sonoKsovradeterminati. Ancora una cosa, Signori. E' vero che prima ho lasciato da parte, quale argomento distinto, il rapporto tra l'etiologia recente e quella infantile. Ciononostante, non posso terminare il mio dire, senza fare almeno un'osservazione su questa decisione. Loro saranno d'accordo con me che vi è un fatto, soprattutto, che ci fa fuorviare dalla comprensione psicologica dei fenomeni isterici e che sembra metterci in guardia contro la tendenza a misurare con lo stesso metro le attività psichiche degli isterici e quelle dei normali. Questo fatto consiste nell'incongruenza tra stimoli psichicamente eccitanti e reazioni psichiche, quali osserviamo nei soggetti isterici. Noi cerchiamo di rendercene ragione supponendo che in essi esista una sensibilità genericamente anormale agli stimoli e, spesso, ci sforziamo di spiegarla su basi fisiologiche, come se in questi pazienti taluni organi cerebrali, destinati alla trasmissione degli stimoli, si trovassero in una condizione chimica particolare (forse simile a quella in cui si trovano i centri spinali della rana dopo inoculazione di stricnina) o come se questi organi cerebrali si fossero sottratti all'influenza di centri inibitori superiori (come negli animali sottoposti a vivisezione per esperimento). In singoli casi l'uno o l'altro di questi concetti può rappresentare una validissima spiegazione dei fenomeni isterici. Non lo metto in discussione. Però, la maggior parte del fenomeno (consistente in una reazione isterica, abnorme ed esagerata, agli stimoli psichici) ammette una diversa spiegazione, la quale è corroborata da infiniti esempi tratti dall'analisi dei pazienti. Tale spiegazione è la seguente: la reazione degli isterici è esagerata solo in apparenza; essa necessariamente ci sembra esagerata perché conosciamo soltanto una piccola parte dei motivi che la provocano. In realtà, tale reazione è proporzionata allo stimolo eccitatorio e, pertanto, è normale e psicologicamente comprensibile. Ce ne accorgiamo, non appena l'analisi aggiunge ai motivi evidenti, dei quali il paziente è conscio, quegli altri motivi, che hanno agito senza che egli se ne rendesse conto, di modo che non può comunicarceli. Potrei passare delle ore a dimostrare la validità di questo importante assunto nell'intero ambito delle attività psichiche nell'isteria, ma qui mi debbo limitare ad alcuni esempi. Loro rammenteranno l'«ipersensibilità» mentale, tanto frequente negli isterici, che li costringe a reagire al più piccolo segno di scarso apprezzamento come se avessero ricevuto un'ingiuria mortale. Ora, che cosa penserebbero lor Signori se capitasse loro di osservare un così alto livello di suscettibilità, di facilità ad offendersi alla minima occasione, in due persone normali, come, per esempio, un marito e una moglie? Sicuramente ne dedurrebbero che la scenata coniugale, cui hanno assistito, non era solamente conseguenza dell'ultima, banale occasione, ma che il materiale infiammabile si andava accumulando da molto tempo e che tutta questa massa ha preso fuoco in seguito all'ultima provocazione. Vorrei pregarli di applicare questo modo di pensare ai pazienti isterici. Non è l'ultima offesa, in sé insignificante, che provoca la crisi di pianto, l'attacco di disperazione o il tentativo di suicidio, in spregio all'assioma che l'effetto deve essere proporzionato alla causa. Lo sfregio attuale ha risvegliato e attivato il ricordo di moltissimi fatti, più importanti, del passato, dietro ai quali si trova inoltre il ricordo della grave offesa subita nell'infanzia e che non è mai stata superata. Ancora: prendiamo il caso di una giovanetta, che si rimprovera acerbamente per essersi lasciata stringere la mano in segreto da un ragazzo e che, da quel momento, è stata colta dalla nevrosi. Naturalmente si potrebbe risolvere l'enigma definendola soggetto anormale, eccentrico e ipersensibile. Ma lor Signori la penseranno diversamente dopo che l'analisi avrà rivelato che il contatto con quella mano le ha fatto ricordare un altro contatto analogo, che risale alla remota fanciullezza, e che faceva parte di un insieme meno innocente, di modo che quegli autorimproveri in realtà sono rimproveri rivolti a quel più antico avvenimento. Infine, anche il problema dei punti isterogeni rientra nella stessa categoria. Toccando un punto particolare, si fa una cosa che non era nelle nostre intenzioni: si risveglia un ricordo che può dare il via a un accesso convulsivo e, poiché nulla sappiamo di questo collegamento psichico, attribuiamo l'accesso direttamente al fatto di aver toccato quel punto. I pazienti si trovano in un analogo stato di ignoranza, per cui cadono in errori consimili. Essi stabiliscono sempre delle «false connessioni» tra la causa più recente, della quale hanno coscienza, e l'effetto, che dipende da molti collegamenti intermedi. Però, se il medico è riuscito a riunire insieme i motivi coscienti e quelli inconsci allo scopo di spiegare una reazione isterica, egli si vedrà quasi sempre costretto a riconoscere che la reazione apparentemente esagerata è congrua, essendo anormale solo nella forma. Però, si può sollevare, a buon diritto, un'obiezione contro questa giustificazione della reazione isterica agli stimoli psichici, dicendo che la reazione, in tutti i modi, non è normale. Infatti, perché le persone sane si comportano differentemente? Perché in queste non si riattivano tutte le eccitazioni del lontano passato, allorché ha luogo una nuova, attuale eccitazione? Invero, si ha l'impressione che negli isterici è come se tutte le esperienze pregresse, di fronte alle quali essi hanno già avuto frequenti e, per di più, violente reazioni, mantenessero la loro efficacia, quasi che questi individui fossero privi della capacità di sbarazzarsi dei loro stimoli psichici. Molto probabilmente, è effettivamente lecito presupporre qualcosa del genere. Non bisogna dimenticare che, quando, negli isterici, si dà una causa scatenante attuale, anche le vecchie esperienze entrano in gioco sotto forma di ricordi inconsci. È come se la difficolta di sbarazzarsi di un'impressione attuale, l'impossibilità di trasformarla in un ricordo destituito di efficacia, si ricollegasse proprio al carattere dell'inconscio psichico. Loro comprenderanno che il resto della questione rientra ancora nel campo della psicologia e, quel che più conta, di un genere di psicologia, nei confronti della quale i filosofi ben poco hanno fatto per sgombrarci la via. Io debbo fare di nuovo riferimento a questa psicologia, a questa futura psicologia delle nevrosi, che deve ancora essere creata onde soddisfare le nostre esigenze, nel dire loro, a guisa di conclusione, una cosa che potrà, a tutta prima, spaventarli e turbare la nostra comprensione dell'etiologia dell'isteria, comprensione tuttora ai suoi albori. Infatti, io devo affermare che l'importanza etiologica dell'esperienza sessuale infantile non è limitata all'isteria, ma è parimenti valida per la grande nevrosi ossessiva e forse anche per le diverse forme di paranoia cronica e di altre psicosi funzionali. Su questo punto mi esprimo con minore precisione, in quanto per ora ho analizzato molti meno casi di nevrosi ossessiva che di isteria, e, per quanto riguarda la paranoia, dispongo soltanto di un'unica analisi completa e di alcune analisi frammentarie. Però, ciò che ho osservato in questi casi mi è parso attendibile e mi ha colmato della fiduciosa aspettativa di altri casi. Forse rammenteranno che, già in precedenza, io avevo suggerito di riunire insieme l'isteria e le ossessioni sotto la denominazione di nevrosi di difesa, ancora prima di rendermi conto della loro comune etiologia infantile. Ora, per quanto non si tratti necessariamente di un fatto generale, devo aggiungere che tutti i miei casi di ossessione presentavano un substrato di sintomi isterici, per lo più sensazioni e dolori, che erano precisamente riferibili alle prime esperienze dell'infanzia. Qual'è, dunque, la causa che fa sì che gli episodi sessuali dell'infanzia, rimasti inconsci, debbano più tardi, allorché vengono a sovrapporsi gli altri fattori patogeni, scatenare una nevrosi isterica od ossessiva, o persino una paranoia? Questo allargamento delle nostre conoscenze sembra, come possono vedere, mettere in forse il valore etiologico di quegli episodi, dato che è venuta meno la specificità del rapporto causale. Ora come ora, Signori, non sono in grado di fornire una risposta soddisfacente a questo interrogativo. I casi da me analizzati non sono in numero sufficiente e i loro fattori causali non erano abbastanza variati. Finora, l'analisi mi ha permesso di osservare che le ossessioni possono essere, quasi di regola, il travestimento e la trasformazione di autorimproveri per atti di aggressione sessuale risalenti all'infanzia, più facili a ritrovarsi negli uomini che nelle donne, dato che gli uomini si ammalano più frequentemente di ossessioni anziché di isteria, dal che potrei dedurre che le caratteristiche degli episodi infantili (siano essi stati vissuti con piacere o solo passivamente) hanno un'influenza determinante sulla scelta della nevrosi, ma non voglio sottovalutare l'importanza dell'età, alla quale si sono verificati tali episodi, come pure quella di altri fattori. Per illuminare questi si rende necessario l'esame di altre analisi, ma quando sarà chiaro quali siano i fattori decisivi per la scelta tra le forme possibili di neuropsicosi di difesa, la questione di quale sia il meccanismo, per cui viene a manifestarsi quella determinata forma, risulterà ancora una volta di ordine puramente psicologico. E con ciò sono arrivato al termine di quanto avevo da dire oggi, ma, poiché sono aduso ad incontrarmi con la contraddizione e l'incredulità, vorrei dire ancora una cosa a favore delle mie vedute. Devo chiedere loro di non considerare le conclusioni cui sono pervenuto come il frutto di un'oziosa speculazione, qualunque sia la loro opinione su di esse. Le mie conclusioni poggiano su un attento esame individuale dei pazienti, che ha richiesto, nella maggior parte dei casi, fino a un centinaio di ore di lavoro e anche più. Per me, più del valore che lor Signori vorranno annettere ai miei risultati, conta l'attenzione che hanno prestato al procedimento da me adottato, procedimento nuovo e di difficile applicazione, ma che, ciononpertanto, è insostituibile nelle sue finalità scientifiche e terapeutiche. Sono certo che si renderanno conto che non si ha il diritto di rifiutare i risultati di questa modifica del procedimento di Breuer, fino a che, astenendosi da essa, ci si limita ad avvalersi del solito sistema di interrogatorio dei pazienti, perché ciò corrisponderebbe a un tentativo di rifiuto delle scoperte ottenute con la tecnica istologica, basato sull'esame macroscopico. Il nuovo metodo di indagine permette largamente l'accesso a un nuovo elemento nell'ambito degli avvenimenti psichici, vale a dire a quei processi mentali che sono rimasti inconsci, essendo «inammissibili per la coscienza», per usare l'espressione di Breuer. Esso, dunque, ci dà la speranza di conseguire un nuovo e migliore intendimento di tutte le turbe psichiche funzionali, dato che mi rifiuto di credere che la psichiatria debba rifuggire ancora per molto dall'avvalersi di questa nuova via verso la conoscenza. |