DORAFRAMMENTO DI UN'ANALISI D'ISTERIA1901 |
Premessa Con l'esposizione dettagliata di un caso clinico e del suo trattamento mi accingo oggi, dopo lungo intervallo, a corroborare le affermazioni da me formulate nel 1895 e 1896 circa la patogenesi dei sintomi isterici e i processi psichici nell'isteria. In quest'occasione, ritengo necessaria una premessa destinata da una parte a giustificare, sotto diversi aspetti, la mia condotta, dall'altra a ridurre a proporzioni più modeste le aspettative cui il mio lavoro potrà dar adito. Era stato certamente arduo per me dover pubblicare risultati di ricerche, per giunta così sorprendenti e poco lusinghieri, che non potevano essere controllati da parte dei miei colleghi. Ma non è meno arduo, ora, accingermi a sottoporre al giudizio generale una parte del materiale da cui quei risultati vennero tratti. Sfuggire al biasimo mi è in ogni caso impossibile; giacché se allora mi si obiettò che nulla comunicavo deimiei malati, oggi mi si rimprovererà di dire di essi cose di cui si deve tacere. Io spero che a farmi l'uno e l'altro rimprovero, mutando in tal modo di pretesto, siano le stesse persone; rinuncio allora sin da adesso e per sempre a disarmare critici di questo genere. Ma, anche non dandomi cura dell'incomprensione e del malanimo di costoro, la pubblicazione dei miei casi clinici resta per me un compito difficile. Le difficoltà sono in parte d'ordine tecnico, in parte derivano dalla natura stessa delle circostanze. Se è vero che la causa delle malattie isteriche va trovata nella intimità della vita psicosessuale del malato e che i sintomi isterici sono l'espressione dei suoi più segreti desideri rimossi, la spiegazione di un caso d'isteria non potrà non svelare allora quell'intimità e tradire quei segreti. È certo che i malati non avrebbero mai parlato se fosse passata loro per la mente la possibilità di una utilizzazione scientifica delle loro confessioni, ed è ugualmente certo che invano si sarebbe chiesta loro l'autorizzazione a pubblicarle. In simili circostanze, persone delicate o solo timide porrebbero in primo piano il dovere della discrezione da parte del medico e si rammaricherebbero di non potere, in questo caso, prestar servigio alla scienza. Io però ritengo che il medico si è assunto dei doveri non soltanto verso il singolo malato ma anche verso la scienza; e verso la scienza significa, in ultima analisi, verso i molti altri che soffrono o soffriranno dello stesso male. Render di pubblica ragione ciò che si crede di sapere sulle cause e sulla struttura dell'isteria diviene un dovere, e vergognosa viltà il non farlo se solo si può evitare un danno diretto e personale al singolo malato. Io ritengo di aver fatto tutto il possibile per evitare alla mia paziente un danno di questo genere. Ho scelto una persona la cui vita non si è svolta a Vienna, ma in una remota cittadina di provincia e le cui vicende personali debbono, pertanto, essere praticamente sconosciute a Vienna. Ho serbato sin dall'inizio così scrupolosamente segreta la cura che soltanto uno dei miei colleghi, persona completamente degna di fiducia,1 potrebbe riconoscere in questa giovinetta una mia paziente. Concluso il trattamento, ho differito ancora per quattro anni la pubblicazione, fino a quando non sono venuto a sapere di un mutamento nella vita della mia paziente, tale da farmi presumere che il suo interesse personale per gli avvenimenti e i processi psichici, qui riferiti, potesse ora risultare molto affievolito. Va da sé che nella mia esposizione non ho lasciato nessun nome che potesse mettere sulla traccia un lettore profano; d'altronde, la pubblicazione su di una rivista specializzata e strettamente scientifica dovrebbe metterci al riparo dai lettori non competenti. Non posso naturalmente impedire che la mia paziente provi una sensazione penosa se le capiterà fortuitamente tra le mani la storia del suo caso. Ma essa non ne apprenderà nulla che già non sappia, e potrà domandarsi chi altri mai potrebbe capire che si tratta di lei. So che, almeno in questa città, vi sono molti medici che — cosa abbastanza disgustosa — vorranno leggere un caso clinico di questo genere non già come un contributo alla psicopatologia delle nevrosi, ma come un romanzo a chiave destinato al loro divertimento. Avverto questa specie di lettori che tutti i casi clinici che avrò eventualmente occasione di pubblicare saranno protetti dalla loro perspicacia con analoghe garanzie di segretezza, anche se, per questo motivo, l'utilizzazione del mio materiale dovrà subire una limitazione davvero straordinaria. Nel presente caso clinico, l'unico che abbia finora potuto far sfuggire alle restrizioni imposte dalla discrezione professionale e dalle circostanze sfavorevoli, le relazioni sessuali vengono discusse con tutta franchezza, gli organi e le funzioni della vita sessuale vengono chiamati col loro nome, e il lettore pudico si avvedrà, leggendo, ch'io non mi sono peritato di trattare tali argomenti, in un tale linguaggio, con una giovinetta. Debbo dunque giustificarmi anche da questa accusa? Mi limiterò a rivendicare gli stessi diritti del ginecologo — o meglio, diritti molto più modesti — e a rilevare che sarebbe segno di una ben strana e perversa lascivia il supporre che conversazioni del genere possano costituire un buon mezzo per eccitare o soddisfare appetiti sessuali. Questa citazione mi sembra peraltro adatta a rendere il mio pensiero al riguardo (R. Schmidt, Beirrage zur indischen Erotik (1902), prefazione): "È deplorevole dover far posto, in un'opera scientifica, a proteste e dichiarazioni di questo genere; ma non se ne faccia rimprovero a me, si accusi piuttosto lo spirito dell'epoca, che ci ha felicemente condotti al punto che nessun libro serio è più sicuro di vìvere." Dirò ora come ho superato le difficoltà tecniche connesse alla relazione di questo caso clinico. Tali difficoltà sono assai notevoli per il medico, che deve svolgere quotidianamente sei od otto di questi trattamenti psicoterapeutici e che, durante la seduta col malato, non può prendere appunti, per non suscitare la diffidenza del paziente e non disturbare il proprio intendimento del materiale da raccogliere. Inoltre, non ho ancora risolto il problema di come fissare, per esporla in seguito, la storia di un trattamento di lunga durata. Nel caso presente mi sono venute in aiuto due circostanze: in primo luogo, la breve durata del trattamento — non più di tre mesi — e, in secondo luogo, il fatto che gli elementi atti a chiarire il caso si raggrupparono intorno a due sogni (riferiti uno alla metà, l'altro alla fine della cura), di cui presi nota letterale immediatamente dopo le sedute e che fornirono un sicuro sostegno alla trama delle interpretazioni e dei ricordi che ad essi si accompagna. Ho steso la relazione del caso a memoria, subito dopo la fine della cura, quando però il ricordo era ancora fresco e stimolato dal mio interesse per la pubblicazione. Il resoconto non è, quindi, di una fedeltà assoluta, fonografica, ma può ambire a un grado elevato di attendibilità. Nulla di sostanziale è stato mutato; solo in alcuni punti ho variato la successione delle spiegazioni, per dare all'esposizione un ordinamento migliore. Voglio sin d'ora precisare ciò che si troverà in questa relazione e ciò che vi farà difetto. Essa era originariamente intitolata Sogno e isteria, perché mi appariva particolarmente adatta a dimostrare come l'interpretazione dei sogni si innesti nella storia del trattamento e come, grazie ad essa, sia possibile colmare le amnesie e chiarire i sintomi. Non senza buoni motivi feci precedere, nel 1900, un laborioso e approfondito studio sul sogno ai lavori che mi proponevo di pubblicare sulla psicologia delle nevrosi; dall'accoglienza che gli venne fatta potei d'altra parte vedere quanto poco i colleghi dimostrino ancora di capire simili sforzi. In questo caso, inoltre, non si poteva fondatamente obiettare che la sottrazione del materiale rendesse impossibile controllare le mie affermazioni; infatti ognuno può sottoporre i propri sogni a un'indagine analitica, e la tecnica dell'interpretazione onirica si impara facilmente, seguendo le indicazioni e gli esempi da me forniti. Io debbo ribadire, oggi come allora, che l'approfondimento dei problemi del sogno è condizione indispensabile per intendere i processi psichici nell'isteria e nelle altre psiconevrosi, e che nessuno avrà la possibilità di avanzare in questo campo neppure di pochi passi se si vorrà risparmiare questo lavoro preparatorio. Poiché, dunque, il presente caso clinico presuppone la conoscenza dell'interpretazione onirica, la sua lettura risulterà assai poco soddisfacente per chi ne sia privo. Invece dei lumi desiderati, quel lettore vi troverà soltanto motivo di stupore e sarà certo portato a proiettare la causa del proprio sconcerto sull'autore fantasioso. In realtà, tale carattere stupefacente è inerente agli stessi fenomeni della nevrosi; è solo la nostra abitudine di medici a tenerlo nascosto, ma esso riappare nei tentativi di spiegazione; esso verrebbe totalmente abolito solo se riuscissimo a far derivare completamente la nevrosi dai fattori che già ci sono noti. Con ogni probabilità, invece, dallo studio della nevrosi riceveremo impulso ad accogliere molte cose nuove che poi, a poco a poco, potranno divenire oggetto di più sicura conoscenza. E il nuovo ha sempre suscitato stupore e resistenza. Sarebbe un errore ritenere che i sogni e la loro interpretazione abbiano in tutte le psicoanalisi un posto così preponderante come nell'esempio presente. Ma se il caso clinico che riferirò appare favorito quanto all'utilizzazione del materiale onirico, sotto altri aspetti esso è risultato più povero di quel che avrei desiderato. Le sue deficienze dipendono però direttamente da quelle stesse circostanze che ne hanno reso possibile la pubblicazione. Ho già detto della mia incapacità a dominare il materiale relativo a un trattamento durato, poniamo, per oltre un anno. Questo trattamento di soli tre mesi si lascia abbracciare e ricordare nel suo insieme; ma i suoi risultati sono rimasti incompleti sotto più di un riguardo. Esso non venne condotto fino alla meta prefissa, ma interrotto per volontà della paziente, allorché si giunse a un particolare momento. In quella fase certi problemi del caso non erano stati ancora neppure abbordati, altri erano risolti solo imperfettamente, mentre continuando il lavoro si sarebbe certamente pervenuti al maggiore chiarimento possibile di tutti i suoi punti. Di conseguenza, posso presentare qui soltanto un frammento di analisi. Forse qualche lettore cui sia familiare la tecnica dell'analisi esposta negli Studi sull'isteria si stupirà che in tre mesi non sia stato possibile risolvere completamente perlomeno i sintomi presi in esame. Ma ciò diverrà comprensibile qualora io dica che, dalla data della pubblicazione degli Studi in poi, la tecnica psicoanalitica ha subito una radicale trasformazione. Allora il lavoro partiva dai sintomi e si poneva come obiettivo quello di risolverli l'uno dopo l'altro. In seguito ho abbandonato questa tecnica, poiché del tutto inadeguata alla struttura molto complessa della nevrosi; io lascio ora decidere allo stesso malato il tema del lavoro quotidiano e parto così, ogni volta, da quel qualsiasi elemento superficiale che l'inconscio in lui presenta alla sua attenzione. In tal modo, però, ciò che si riferisce alla soluzione di un sintomo viene raccolto per frammenti, inseriti in diversi contesti e distribuiti in epoche assai distanziate. Nonostante questo apparente svantaggio, la nuova tecnica è assai superiore alla vecchia ed è, incontestabilmente, l'unica possibile. Di fronte all'incompiutezza dei miei risultati analitici non mi restava che seguire l'esempio di quei ricercatori che hanno la ventura di portare alla luce, dalla loro lunga sepoltura, mutilate, ma non per questo meno preziose, reliquie dell'antichità. Ho fatto cioè delle aggiunte a ciò che risultava incompleto secondo i modelli migliori a me noti da altre analisi, ma, come un archeologo coscienzioso, non ho trascurato di indicare in ogni caso dove la mia ricostruzione veniva ad apporsi alla parte autentica. Di un'altra specie di incompiutezza sono stato io stesso, e di proposito, la causa. In generale non ho esposto il lavoro d'interpretazione condotto sulle associazioni e comunicazioni della paziente, ma solo i suoi risultati. A parte quanto riguarda i sogni, dunque, la tecnica del lavoro analitico è stata svelata soltanto in pochi punti. In questo caso clinico tenevo soltanto a mostrare la determinazione dei sintomi e l'intimo assetto della nevrosi; se avessi tentato di adempiere contemporaneamente anche l'altro compito ne sarebbe risultata un'enorme confusione. Per giustificare le regole tecniche, per la maggior parte trovate empiricamente, sarebbe stato in realtà necessario raccogliere il materiale di molti trattamenti. Non si creda tuttavia che l'omissione della tecnica abbia abbreviato in modo considerevole l'esposizione di questo caso. Con la mia paziente non entrò in causa proprio la parte più difficile del lavoro tecnico, giacché il momento della "traslazione", di cui si dirà al termine del caso, non venne considerato durante il breve trattamento. Né la malata né l'autore sono responsabili di una terza manchevolezza di questa relazione. È abbastanza evidente che un solo caso clinico, anche se fosse completo e non lasciasse dubbi, non potrebbe dar risposta a tutte le domande poste dal problema dell'isteria; non ci potrebbe insegnare a conoscere tutti i tipi di malattia, tutte le forme assunte dalla struttura interna della nevrosi, tutti i possibili modi di interconnessione tra psichico e somatico nell'isteria. Non si può ragionevolmente pretendere da un unico caso più di quello che esso può offrire. Chi non ha voluto finora credere alla validità generale ed esclusiva dell'etio-logia psicosessuale per l'isteria, difficilmente potrà persuadersene dalla conoscenza di un solo caso clinico, ma forse, nel migliore dei casi, rinvierà il suo giudizio fino a quando non si sarà, col proprio lavoro, conquistato il diritto a un proprio convincimento.1 Note 4 [Nota aggiunta nel 1923 nel vol. 8 delle Gesammelte Schriften (1924), dove erano raccolti gli altri casi clinici qui ricordati e, inoltre, quelli dell'uomo dei topi e dell'uomo dei lupi.] Il presente trattamento venne interrotto il 31 dicembre 1899 [in realtà, 1900]; la relazione fu stesa nelle due settimane successive [gennaio 1901], ma pubblicata solo nel 1905. Non ci si aspetterà certo che due decenni e più di lavoro continuo non abbiano aggiunto nulla da modificare nella concezione ed esposizione di un caso del genere, ma sarebbe evidentemente assurdo voler ora, mediante correzioni e ampliamenti, aggiornarlo e adattarlo alla luce delle nostre conoscenze attuali. Ho lasciato dunque il testo sostanzialmente inalterato, correggendo soltanto alcune sviste e inaccuratezze su cui ebbero a richiamare la mia attenzione i miei eccellenti traduttori inglesi, il signor James Strachey e sua moglie. Le osservazioni critiche che mi sono apparse giustificate le ho aggiunte in nota, il lettore potrà quindi considerare tuttora valide per me le opinioni espresse nel testo, a meno che non siano contraddette nelle note. Quanto al problema della discrezione professionale, di cui ho trattato in questa premessa, esso non si presenta negli altri casi clinici contenuti in questo volume [vedi qui sotto]. Tre di essi sono stati pubblicati con l'espresso consenso dei pazienti 0, nel caso del piccolo Hans, con quello del padre; in un caso (Schreber), oggetto dell'analisi non è propriamente una persona ma un libro da essa scritto. Nel caso di Dora, il segreto è stato serbato fino a quest'anno. Ho appreso recentemente che la paziente, che da tempo avevo persa di vista, si è nuovamente ammalata per altre cause e ha rivelato al suo medico di essere stata in gioventù analizzata da me: questa rivelazione ha permesso facilmente al bene informato collega di riconoscere in lei la Dora del 1899 [del 1900]. Nessun giudice imparziale potrà imputare alla terapia analitica il fatto che i tre mesi del mio trattamento abbiano potuto servire solo a risolvere il conflitto di allora, senza stabilire una difesa contro successivi malanni. 1. Lo stato clinico Nella Interpretazione dei sogni da me pubblicata nel 1900 ho dimostrato che i sogni sono in generale interpretabili e che, compiuto il lavoro di interpretazione, è possibile sostituirli con pensieri correttamente congegnati e tali da poter essere inseriti in un dato punto del contesto psichico. Nelle pagine seguenti vorrei ora dare un esempio dell'unica applicazione pratica che la tecnica dell'interpretazione onirica sembra ammettere. Già nel mio libro ho indicato come io mi sia imbattuto nei problemi del sogno.1 Li trovai sul mio cammino mentre tentavo di guarire le psiconevrosi mediante uno speciale procedimento della psicoterapia, in quanto i malati mi riferivano, tra gli altri fatti della loro vita psichica, anche sogni che sembrava richiedessero di essere inseriti nella lunga fila di connessioni tra il sintomo morboso e l'idea patogena. Appresi allora come si dovesse tradurre il linguaggio del sogno nel modo d'espressione immediatamente intelligibile del linguaggio del nostro pensiero. Devo rilevare che questa conoscenza è indispensabile agli psicoanalisti, poiché il sogno costituisce una delle vie per cui può giungere alla coscienza quel materiale psichico che, in forza della ripulsione suscitata dal suo contenuto, è stato isolato dalla coscienza, rimosso ed è quindi diventato patogeno. Il sogno è, in breve, una delle vie indirette per aggirare la rimozione, uno dei mezzi principali del cosiddetto "modo figurativo indiretto" nel campo psichico. Il presente frammento della storia del trattamento di una giovinetta isterica dovrebbe mostrare come l'interpretazione onirica intervenga nel lavoro analitico. Esso mi permetterà altresì per la prima volta di sostenere pubblicamente, con un'ampiezza che non permetterà più malintesi, una parte delle mie vedute sui processi psichici e sulle condizioni organiche dell'isteria. Di tale ampiezza non ho certo più bisogno di scusarmi, giacché si ammetterà che le grandi esigenze poste dall'isteria al medico e al ricercatore non possono essere soddisfatte da un disdegnoso spregio, ma solo da uno studio amorevole e approfondito. Invero: Nicht Kunst und Wissenschaft allein, Geduld will bei dem Weike sein! [Non solo perizia e dottrina, Pazienza esige un tal lavoro!]2 [Goethe, Faust, parte prima, La cucina della strega.] L'esposizione preliminare della storia clinica nella sua forma compiuta e perfetta porrebbe il lettore fin dall'inizio in condizioni del tutto diverse da quelle dell'osservatore medico. Quanto viene riferito dai congiunti del malato — nel nostro caso, dal padre della diciottenne — dà in generale un quadro molto confuso del corso della malattia. Per parte mia, comincio il trattamento invitando la paziente a narrarmi tutta la storia della sua vita e della malattia, ma ciò che vengo a sapere non è ancora sufficiente a orientarmi. Questa prima narrazione è paragonabile a un fiume non navigabile il cui corso ora è ostruito da rocce, ora deviato e impoverito da banchi di sabbia. Non posso altro che provare meraviglia per i casi clinici d'isteria così esatti e forbiti quali figurano nelle opere dei maestri; in realtà, i malati sono incapaci di fornire simili resoconti di sé stessi. Essi possono, sì, dare al medico informazioni sufficienti e coerenti su questa o quell'epoca della loro vita, ma seguono poi periodi per i quali la loro relazione si fa superficiale, lascia lacune ed enigmi, e poi ancora periodi completamente oscuri sui quali il malato non fornisce alcuna informazione che permetta di rischiararli. Le interconnessioni, anche solo apparenti, sono quasi sempre spezzate, la successione dei diversi avvenimenti è incerta; durante la stessa narrazione l'ammalata corregge ripetutamente un'affermazione, una data, per poi, dopo lunghe esitazioni, ritornare forse alla prima dichiarazione. L'incapacità della malata di riferire ordinatamente la storia della sua vita, in quanto essa coincida con la storia della malattia, non soltanto è caratteristica della nevrosi,1 ma ha anche una grande importanza teorica. Tale deficienza deriva dalle seguenti cause: in primo luogo, l'ammalata nasconde coscientemente e di proposito una parte di quello che le è perfettamente noto e dovrebbe raccontare, per motivi non ancora superati di timidezza e di vergogna (o di discrezione quando si tratta di terze persone); questa è la parte dell'insincerità cosciente. In secondo luogo, una parte del suo sapere anamnestico, di cui la malata abitualmente dispone, rimane esclusa dalla narrazione senza che ella si prefigga intenzionalmente di sottrarla; è questa la parte dell'insincerità inconscia. In terzo luogo, non mancano mai le vere amnesie, le lacune della memoria, cui sono soggetti non soltanto ricordi antichi, ma anche recentissimi; né mancano le paramnesie formatesi secondariamente per colmare quelle lacune.2 Quando gli avvenimenti stessi sono ritenuti dalla memoria, lo scopo cui mirano le amnesie viene invece raggiunto, in modo altrettanto sicuro, attraverso l'abolizione di un nesso: la connessione viene lacerata nella maniera più sicura alterando la successione cronologica degli avvenimenti. Tale successione, pertanto, appare sempre l'elemento più vulnerabile del patrimonio mnestico, quello che per primo soggiace alla rimozione. Molti ricordi si incontrano per così dire in un primo stadio di rimozione e si mostrano in preda al dubbio; qualche tempo dopo, a questo dubbio si sostituiranno dimenticanza o falsificazione della memoria.3 Questa particolare maniera di porsi dei ricordi riferentisi alla storia della malattia si trova in necessaria e teoricamente richiesta correlazione coi sintomi morbosi. Nel corso del trattamento, il malato aggiunge alla narrazione ciò che aveva nascosto o ciò che, benché egli lo avesse sempre saputo, non gli era venuto in mente; le illusioni mnestiche si dimostrano insostenibili, le lacune della memoria si colmano. Verso la fine del trattamento, e solo allora, è possibile avere la visione completa di una storia clinica conseguente, intelligibile e non lacunosa. Se scopo pratico del trattamento è quello di eliminare tutti i possibili sintomi sostituendoli con pensieri coscienti, ci si può porre anche un fine teorico, quello di correggere tutte le deficienze mnemoniche del malato. I due fini coincidono; quando si raggiunge l'uno si raggiunge anche l'altro e la stessa strada conduce a entrambi. Dalla natura stessa di ciò che costituisce il materiale della psicoanalisi consegue che nelle nostre storie cliniche dobbiamo prestare alle condizioni puramente umane e sociali dei malati altrettanta attenzione che ai dati somatici e ai sintomi morbosi. Innanzitutto ci interesseremo delle situazioni familiari dei pazienti e ciò, come vedremo, da diversi punti di vista e non soltanto da quello della ricerca dei fattori ereditari. La famiglia della mia paziente, ragazza di 18 anni, si componeva dei suoi genitori e di un fratello, maggiore di lei di un anno e mezzo. Personalità dominante era il padre, tanto per la sua intelligenza e le qualità del suo carattere, quanto per le circostanze della sua vita, che forniscono il quadro entro cui si svolge la storia dell'infanzia e della malattia della paziente. All'epoca in cui presi in cura la giovane egli era un uomo di oltre quarantacinque anni, di attività e capacità poco comuni, grande industriale in condizioni economiche eccellenti. La figlia gli era molto affezionata e il suo precoce senso critico rimaneva perciò tanto più sfavorevolmente colpito da certe sue azioni e da certi aspetti del suo carattere. La tenerezza di lei si era ancora accresciuta per le molte e gravi malattie cui il padre era andato soggetto sin da quando ella ebbe compiuto 6 anni. A quell'epoca, il padre si era ammalato di tubercolosi e la famiglia si era quindi trasferita in una cittadina delle nostre province meridionali, climaticamente più favorevole. L'affezione polmonare migliorò rapidamente; tuttavia, essendo necessario che il padre continuasse a riguardarsi, nei successivi dieci anni tanto i genitori che i figli seguitarono ad abitare prevalentemente in questa località, che indicherò con B. Quando la salute glielo permetteva, il padre si assentava temporaneamente per visitare i suoi stabilimenti; in piena estate la famiglia soggiornava in una stazione climatica di montagna. Quando la fanciulla aveva circa io anni, un distacco della retina obbligò il padre a una cura dell'oscurità ed ebbe come conseguenza un indebolimento permanente della vista. La malattia più grave si manifestò circa due anni dopo: un accesso di confusione mentale, accompagnato da fenomeni di paralisi e da leggeri disturbi psichici. Un suo amico, di cui dovremo riparlare, indusse allora il malato, che stentava a riprendersi, a recarsi a Vienna insieme al suo medico per consultarmi. Per un momento mi chiesi se non si trattasse di una paralisi di origine tabetica; mi decisi infine a diagnosticare un'affezione vascolare diffusa e, poiché il malato ammise un'infezione specifica contratta prima del matrimonio, gli prescrissi un'energica cura antiluetica, in seguito alla quale tutti i disturbi regredirono. Debbo senza dubbio a questo felice intervento se il padre, quattro anni più tardi, mi presentò la figliola divenuta chiaramente nevrotica e se, dopo altri due anni, me l'affidò per un trattamento psicoterapeutico. Nel frattempo avevo avuto occasione di conoscere a Vienna anche una sorella del paziente, di poco più anziana, la quale presentava una grave forma di psiconevrosi senza sintomi caratteristici d'isteria. Questa signora, la cui vita era stata amareggiata da un matrimonio infelice, morì in seguito a un marasma ad evoluzione rapida e i cui sintomi non furono mai pienamente chiariti. Un fratello maggiore del malato, che incontrai una volta per caso, era uno scapolo ipocondriaco. Le simpatie della ragazza, divenuta mia paziente a diciotto anni, si erano sempre rivolte al lato paterno della famiglia e, da quando si era ammalata, aveva visto nella zia testé menzionata il proprio modello. Mi appariva d'altronde indubbio che la giovane apparteneva piuttosto al ceppo paterno, sia per le sue doti e la precocità intellettuale che per la sua predisposizione patologica. Non ho conosciuto la madre. Da quanto mi dissero padre e figlia, ho potuto farmi l'idea di una donna di poca cultura e soprattutto di poca testa, che specialmente dopo la malattia del marito e l'estraneità che ne era seguita concentrava tutti i suoi interessi sulle faccende domestiche, offrendo così un esempio di quella che potrebbe definirsi la "psicosi della casalinga". Senza capire gli interessi più vivi dei figli, era tutto il giorno intenta a fare pulizia e a tenere in ordine l'appartamento, i mobili e le suppellettili, al punto che usarne e goderne diveniva pressoché impossibile. Non si può non accostare questo stato, di cui troviamo indizi abbastanza frequenti nelle normali donne di casa, alle varie forme di coazione al lavacro e alla pulizia in genere; tuttavia queste donne, come anche la madre della nostra paziente, difettano completamente di ogni consapevolezza del proprio stato patologico e manca, quindi, un elemento essenziale della "nevrosi ossessiva". I rapporti tra madre e figlia erano da anni ben poco amichevoli. La figlia non teneva alcun conto della madre, la criticava aspramente e si era completamente sottratta alla sua influenza.4 L'unico fratello della giovane, maggiore di lei di un anno e mezzo, aveva costituito, in passato, il modello a cui ella avrebbe ambito di rassomigliare; ma negli ultimi anni le relazioni tra i due si erano allentate. Il giovane cercava di sottrarsi il più possibile ai disaccordi familiari, ma, quando era costretto a prendere partito, si metteva dalla parte della madre. La consueta attrazione sessuale aveva così ravvicinato da una parte padre e figlia, dall'altra madre e figlio. La nostra paziente, che chiamerò col nome di Dora, presentava sintomi nervosi già all'età di 8 anni. Aveva sofferto allora di permanente difficoltà di respiro, talora con accessi acuti, la quale si era presentata per la prima volta dopo una breve gita in montagna e che perciò venne attribuita a sforzo eccessivo. Essa scomparve gradualmente nel corso di sei mesi grazie al riposo e ai riguardi prescritti. Sembra che il medico di famiglia diagnosticasse senza la minima esitazione un disturbo puramente nervoso, escludendo ogni causa organica della dispnea, ma evidentemente egli giudicò questa diagnosi compatibile con l'etiologia dello sforzo eccessivo.5 La bambina superò senza conseguenze le abituali malattie infettive dell'infanzia. La paziente mi narrò (con intenzione simbolizzante!) che di solito il fratello contraeva per primo la malattia, ma in forma leggera, mentre dopo lei presentava sintomi più gravi. Verso i 12 anni la paziente cominciò a soffrire di cefalgie di tipo emicranico e di accessi di tosse nervosa che, dapprima, si manifestavano simultaneamente; poi i due sintomi si separarono, seguendo un'evoluzione diversa. L'emicrania si fece più rara e scomparve all'età di 16 anni. Gli accessi di tosse nervosa, iniziatisi sicuramente con un comune catarro, rimasero. Quando la paziente, a 18 anni, venne a farsi curare da me, tossiva nuovamente in modo caratteristico. Il numero delle crisi non potè essere stabilito, la loro durata variava da tre a cinque settimane e, una volta, si protrasse per diversi mesi. Nella prima metà di un accesso di questo tipo — almeno negli ultimi anni — il sintomo più molesto era una perdita totale della voce. Una diagnosi era stata formulata da lungo tempo: anche qui si trattava di "nervosismo"; le molteplici cure abituali, tra cui l'idroterapia e le applicazioni elettriche locali, non dettero risultati. La fanciulla che, cresciuta in queste condizioni, era divenuta una ragazza matura e dal giudizio molto indipendente, si abituò a farsi beffa degli sforzi dei medici e, alla fine, a rinunciare alle loro cure. Essa era sempre stata restia, del resto, a consultare il medico, pur non avendo alcuna avversione personale per il medico di famiglia. Ogni proposta di consultare un nuovo medico incontrava la sua opposizione, e anche da me venne solo per ordine del padre. La prima volta che la vidi di prima estate, la ragazza aveva 16 anni: soffriva di tosse e di raucedine e già allora proposi una cura psichica, che non venne intrapresa in quanto anche questa crisi, durata piuttosto a lungo, cessò spontaneamente. L'inverno dell'anno successivo, dopo la morte della sua zia diletta, ella si trovava a Vienna in casa dello zio e delle cugine, quando si ammalò con febbre; il medico diagnosticò un'appendicite.6 L'autunno seguente la famiglia lasciò definitivamente la stazione climatica di B., poiché la salute del padre sembrava consentirlo, e si stabilì prima nella località in cui si trovava lo stabilimento del padre, poi, appena un anno dopo, permanentemente a Vienna. Dora intanto, divenuta una florida ragazza dai lineamenti intelligenti e attraenti, dava gravi preoccupazioni ai genitori. Sintomi principali del suo stato morboso erano ora la depressione e un'alterazione del carattere. Era evidentemente scontenta di sé e dei suoi, trattava il padre sgarbatamente e non s'intendeva più affatto con la madre, che voleva assolutamente indurla a prendere parte ai lavori domestici. Cercava di evitare le relazioni sociali; per quanto glielo permettevano la stanchezza e la difficoltà a concentrarsi di cui si lamentava, occupava il proprio tempo assistendo a conferenze per signore e dedicandosi a studi più o meno severi. Un giorno i genitori si spaventarono trovando sopra la scrivania della ragazza o in un cassetto una lettera, in cui ella prendeva congedo da loro affermando di non poter più sopportare la vita.7 In realtà, il padre, non certo sprovvisto di acume, ritenne che la ragazza non fosse in preda a un serio proposito suicida, tuttavia ne rimase impressionato e quando un giorno, dopo una banale discussione tra padre e figlia, quest'ultima fu per la prima volta colta da svenimento8 (episodio che in seguito soggiacerà ad amnesia), venne deciso, nonostante la sua opposizione, che la ragazza dovesse sottoporsi a un mio trattamento. Il caso clinico quale l'ho fin qui abbozzato non sembrerebbe, tutto considerato, degno di comunicazione: "petite hystérie" con tutti i sintomi somatici e psichici più comuni: dispnea, tosse nervosa, afonia, fors'anche emicrania; e insieme depressione, insociabilità isterica e un taedium vitae probabilmente non del tutto sincero. Sicuramente sono stati pubblicati casi d'isteria più interessanti e molto spesso più minutamente descritti, poiché infatti noi non parleremo nemmeno, nel seguito, di stigmate della sensibilità cutanea, di riduzione del campo visivo o di altri fenomeni del genere. Mi permetto solo di osservare che tutte le collezioni di fenomeni strani e sorprendenti nell'isteria non ci hanno fatto progredire molto nella conoscenza di questa malattia, sempre enigmatica. Ciò di cui abbiamo bisogno è proprio una spiegazione dei casi più comuni e dei loro sintomi più frequenti e tipici. Sarei stato lieto se le circostanze mi avessero permesso di chiarire completamente questo caso di piccola isteria. Non dubito, in base alla mia esperienza di altri malati, che i miei mezzi analitici sarebbero stati sufficienti allo scopo. Nel 1896, poco dopo la pubblicazione dei miei Studi sull'isteria in collaborazione col dottor Josef Breuer, chiesi a un eminente collega il suo giudizio sulla teoria psicologica dell'isteria là esposta. Egli rispose francamente che la considerava una generalizzazione ingiustificata di conclusioni che avrebbero potuto esser valide solo per alcuni casi. Da allora ho visto numerosi casi di isteria, ho seguito ogni caso per giorni, settimane o anni e neppure in un solo caso ho mancato di rilevare quelle condizioni psichiche postulate negli Studi: trauma psichico, conflitto di affetti e — come aggiunsi in pubblicazioni successive — l'implicazione della sfera sessuale. Naturalmente, quando si tratta di cose divenute patogene per la loro tendenza a nascondersi, non ci si deve attendere che i malati vengano a offrirle spontaneamente al medico, né accontentarsi del primo "no" che si opponga all'indagine.9 Nel caso della mia paziente Dora, grazie alla già più volte rilevata intelligenza del padre, non ebbi bisogno di cercare l'aggancio fra le circostanze della sua vita e l'insorgere della malattia, almeno per l'ultima forma assunta da essa. Il padre mi riferì che sia lui che la sua famiglia avevano stretto, a B., un'intima amicizia con una coppia colà residente da parecchi anni. La signora K. lo aveva curato durante la sua grave malattia, acquistando così diritto alla sua perenne riconoscenza. Il signor K. si era mostrato sempre amabile verso sua figlia Dora; faceva passeggiate con lei, le offriva piccoli regali, senza che in ciò nessuno trovasse nulla di male. Dora si era occupata con gran zelo dei due bambini dei K., comportandosi con loro come una madre. Quando mi avevano visitato due anni prima, in estate, padre e figlia erano appunto in viaggio per raggiungere i signori K., che trascorrevano la villeggiatura sulle rive di uno dei nostri laghi alpini. Dora avrebbe dovuto rimanere in casa dei K. parecchie settimane, mentre il padre sarebbe ritornato dopo pochi giorni. Il signor K. si sarebbe trattenuto al lago. Ma quando il padre si accinse a ripartire, la ragazza dichiarò improvvisamente e molto decisamente che sarebbe venuta via con lui, e riuscì a spuntarla. Solo qualche giorno dopo chiarì il suo strano comportamento, raccontando alla madre — perché essa lo riferisse al padre — che durante una passeggiata, dopo una gita sul lago, il signor K. si era permesso di farle delle proposte amorose. La prima volta che lo videro, il padre e lo zio della ragazza chiesero spiegazioni all'accusato; questi negò nel modo più assoluto di aver fatto nulla che potesse meritare una simile interpretazione e mise in dubbio la sincerità della ragazza che, a quanto diceva la signora K., s'interessava solo di cose sessuali e nella casa sul lago aveva letto persino la Fisiologia dell'amore del Mantegazza e altri libri del genere. Era perciò probabile che la ragazza, eccitata da una di quelle letture, "si fosse immaginata" tutta la scena da essa raccontata. "Non dubito — mi disse il padre — che a questo incidente siano da addebitare la depressione di Dora, la sua irritabilità e le sue idee suicide. Ella pretende che io rompa la mia relazione col signor K. e soprattutto con la signora K., che prima ella venerava addirittura. Ma io non posso farlo, in primo luogo perché io stesso ritengo che il racconto di Dora delle proposte indecenti del signor K. non sia altro che una fantasia che le è penetrata nella mente, in secondo luogo perché sono legato alla signora K. da una sincera amicizia e non potrei darle questo dispiacere. La povera donna è molto infelice col marito, di cui del resto io non ho grande stima; anche lei soffre molto di nervi e ha in me il suo unico appoggio. Dato il mio stato di salute, non ho certo bisogno di assicurarLe che in questa relazione non v'è nulla di illecito. Siamo due povere creature che, per quanto è possibile, si danno reciproco conforto con un'amichevole comprensione. Lei sa che mia moglie non mi dà niente. Eppure Dora, che ha ereditato la mia testardaggine, non si lascia dissuadere dal suo odio per i K. La sua ultima crisi si è verificata dopo un colloquio in cui mi ha ripetuto la stessa richiesta. Veda Lei, ora, di riportarla su una strada migliore." Queste dichiarazioni, però, non concordavano del tutto col fatto che, in altre conversazioni, il padre aveva cercato di addossare la responsabilità del carattere intollerabile della figlia alla madre, le cui singolarità rendevano a tutti insopportabile la vita in famiglia. Ma io mi ero già da tempo proposto di rimandare il mio giudizio sullo stato reale delle cose fino a quando non avessi ascoltato anche l'altra parte in causa. Nell'esperienza con il signor K. (le profferte e la conseguente offesa nell'onore) consisterebbe dunque, per la nostra paziente Dora, il trauma psichico che Breuer e io a suo tempo abbiamo indicato quale precondizione indispensabile per la formazione dello stato patologico isterico. Questo nuovo caso presenta peraltro tutte le difficoltà che successivamente mi hanno indotto a superare quella teoria,12 e inoltre una difficoltà nuova di carattere particolare. Il trauma a noi noto nella vita passata della paziente, infatti, come tanto spesso accade nei casi d'isteria, non è atto a spiegare le caratteristiche particolari dei sintomi né a determinarle; non ci saremmo trovati in condizioni diverse per cogliere il contesto se invece della tosse nervosa, dell'afonia, della depressione e del taedium vitae fossero derivati dal trauma sintomi diversi. Bisogna poi aggiungere che una parte di questi sintomi — la tosse e la perdita della voce — erano stati prodotti dalla malata già alcuni anni prima del trauma, e che le loro prime manifestazioni appartenevano anzi all'infanzia, essendosi avute all'età di otto anni. Pertanto, se non vogliamo abbandonare la teoria traumatica, dobbiamo retrocedere fino all'infanzia, per cercarvi influenze o impressioni che abbiano potuto agire in modo analogo a un trauma; e allora diventa davvero importante rilevare come anche l'indagine di casi i cui primi sintomi non si sono prodotti nell'infanzia mi ha sollecitato a risalire nella storia dell'ammalato fino ad anni ancor precedenti la fanciullezza.10 Superate le prime difficoltà della cura, Dora mi riferì una precedente esperienza con il signor K., persino più idonea ad agire come trauma sessuale. Ella aveva allora 14 anni; il signor K. aveva dato appuntamento per il pomeriggio a lei e alla moglie nella sua azienda commerciale sulla piazza principale di B., per assistere da lì a una cerimonia religiosa. Ma egli aveva poi convinto la moglie a rimanere a casa, aveva congedato i commessi e, quando la giovane arrivò, si trovava solo nel locale. Avvicinandosi il momento dell'arrivo della processione, egli pregò la ragazza di attenderlo presso la porta che bisognava attraversare per raggiungere la scala conducente al piano superiore, mentre egli stesso avrebbe abbassato le serrande. Tornato che fu, invece di varcare la porta aperta, strinse improvvisamente a sé la ragazza e la baciò sulle labbra. La situazione era certamente atta a suscitare una sensazione netta di eccitazione sessuale in una ragazza di quattordici anni che non aveva mai avuto esperienze del genere. Dora però provò in quel momento una nausea violenta, si svincolò dall'uomo e si precipitò verso la scala e di lì verso la porta d'uscita dell'edificio. L'amicizia con il signor K. tuttavia non fu interrotta; nessuno dei due fece mai cenno alla breve scena e Dora afferma di averla tenuta segreta fino a quando non me la confessò nel corso della cura. Del resto ella evitò in seguito ogni occasione di trovarsi sola con il signor K. I K. avevano poco prima progettato una gita di parecchi giorni cui Dora avrebbe dovuto prendere parte: dopo il bacio nel negozio, ella rifiutò l'invito senza dare spiegazioni. In questa scena, seconda in ordine di menzione ma prima in ordine di tempo, il comportamento della ragazza quattordicenne è già nettamente isterico. Non esito infatti a considerare isterici tutti coloro in cui un'occasione di eccitamento sessuale provoca soprattutto o soltanto sentimenti spiacevoli, e ciò indipendentemente dal fatto che il soggetto sia o no in grado di produrre sintomi somatici. Chiarire il meccanismo di questo capovolgimento degli affetti rimane uno dei compiti più importanti e al tempo stesso più difficili della psicologia delle nevrosi. Io ritengo di aver ancora molto cammino da compiere per raggiungere tale meta; nei limiti di questa comunicazione, inoltre, potrò pubblicare soltanto una parte di ciò che mi consta su questo argomento. Mettere in rilievo il capovolgimento degli affetti non è di per sé sufficiente a caratterizzare il caso della nostra paziente; è necessario anche dire che si era prodotto uno spostamento della sensazione. Invece della sensazione genitale, che non sarebbe certo mancata in una ragazza sana in circostanze analoghe,11 abbiamo qui quella sensazione spiacevole relativa al tratto di mucosa con cui si inizia il canale digerente: la nausea. Certo, l'eccitamento delle labbra attraverso il bacio ha influito su questa localizzazione; credo però di poter anche riconoscere l'effetto di un altro fattore.15 La nausea provata allora non divenne in Dora un sintomo permanente e anche all'epoca del trattamento essa esisteva in modo, per così dire, soltanto potenziale. La paziente mangiava con difficoltà e provava una leggera avversione per i cibi. Per contro quella scena aveva lasciato un'altra conseguenza, un'allucinazione sensitiva che riappariva, di tanto in tanto, anche durante la sua narrazione. Ella affermava di provare ancora sulla parte superiore del corpo la pressione di quell'abbraccio. In base a certe regole valide nella formazione dei sintomi, che ho imparato a conoscere, e alla luce di altre singolarità della malata altrimenti inesplicabili (quale quella di non voler passare vicino ad alcun uomo in colloquio animato o tenero con una donna), ho così ricostruito lo svolgimento di quella scena. Io ritengo che la ragazza abbia avvertito, durante il focoso abbraccio, non soltanto il bacio sulle labbra, ma anche la pressione del membro eretto contro il suo corpo. Questa percezione che l'aveva sconvolta era stata eliminata dalla memoria, rimossa e sostituita con l'innocua sensazione di pressione al torace, che traeva dalla sua fonte rimossa la propria esagerata intensità. Un nuovo spostamento, dunque, dalla parte inferiore a quella superiore del corpo.16 La coazione nel 15 II disgusto di Dora non era sicuramente dovuto a cause accidentali, giacché in tal caso ella le avrebbe immancabilmente ricordate e menzio nate. Conobbi per caso il signor K., giacché fu lui ad accompagnare da me il padre della paziente; era un uomo ancora piuttosto giovane, di aspetto attraente. 16 Simili spostamenti non vengono supposti solo per fornire questa sin gola spiegazione, ma si presentano come condizione essenziale per spie gare un gran numero di sintomi. Lo stesso effetto di terrore causato da un abbraccio (senza bacio) venne da me successivamente riscontrato in una giovane che si era rivolta a me dopo un improvviso raffreddamento (ac compagnato da grave depressione) nei confronti del suo fidanzato di cui comportamento della paziente si costituì invece come se provenisse dal ricordo inalterato: ella non voleva passare accanto a uomini che credeva in istato di eccitamento sessuale, perché non voleva rivederne un'altra volta il segno somatico. È importante rilevare come in questo caso tre sintomi — la nausea, il senso d'oppressione alla parte superiore del corpo e l'orrore per uomini impegnati in teneri colloqui — derivano da un'unica esperienza e che solo la correlazione fra i tre segni rende possibile capire la maniera di formazione dei sintomi. La nausea corrisponde al sintomo di rimozione relativo alla zona erogena delle labbra (viziata, come vedremo, dal ciucciare infantile). La pressione del membro eretto ha probabilmente avuto per effetto un'analoga modificazione del corrispondente organo femminile, la clitoride, e l'eccitamento di questa seconda zona erogena è venuto a fissarsi, mediante spostamento, sulla contemporanea sensazione di pressione al torace. L'orrore per gli uomini in presumibile stato di eccitamento sessuale segue il meccanismo di una fobia, ed è inteso a mettere al sicuro il soggetto da una ripetizione della percezione rimossa. Per provare la possibilità di questa integrazione, domandai nel modo più prudente alla malata se sapesse nulla circa i segni corporei che rivelano l'eccitazione dell'uomo. Essa rispose di sì, per quanto si riferiva all'oggi, ma soggiunse che non credeva di averne saputo niente all'epoca dell'incidente. Con questa paziente ho sin dall'inizio evitato con ogni cura di ampliare le sue cognizioni nel campo della vita sessuale, e questo non per scrupolo, ma perché volevo sottoporre le mie ipotesi in proposito a una rigorosa verifica. Chiamavo perciò le cose col loro nome soltanto quando le allusioni anche troppo chiare della paziente facevano apparire assai poco arrischiata l'espressione diretta. La sua risposta pronta e sincera veniva regolarmente a confermare che la cosa le era già nota, ma di dove le derivasse questa conoscenza costituiva un mistero che i ricordi della malata era prima profondamente innamorata. Potei facilmente riportare lo spavento all'erezione del membro virile, percepita dalla paziente ma eliminata dalla coscienza. 3.17 ^--------------------------------------------------- ■***--- X->IF^-------------------------------------- UIUIVIIUVUIU XU jr»V- venienza di ogni cognizione del genere.17 Se la mia ricostruzione della scena del bacio svoltasi nel negozio non è arbitraria, ne deriva la seguente deduzione per quanto riguarda la nausea.18 Sembra che tale sensazione di disgusto costituisca, originariamente, una reazione all'odore (più tardi anche alla vista) degli escrementi. Le funzioni escretorie possono d'altronde essere richiamate alla mente dai genitali e in particolare dal membro virile, in quanto l'organo serve oltre che alla funzione sessuale anche a quella della minzione. Questa funzione è anzi quella nota per prima e l'unica conosciuta nel periodo presessuale. In tal modo il disgusto prende posto tra le espressioni affettive della vita sessuale. L'"inter urinas et faeces nascimur", secondo l'espressione del Padre della Chiesa, è inerente alla vita sessuale e non se ne lascia separare nonostante tutti gli sforzi di idealizzazione. Tengo tuttavia a mettere in rilievo che, secondo il mio punto di vista, il problema non deve essere considerato risolto con la scoperta di questa via d'associazione. Il fatto che questa associazione possa essere provocata non spiega perché essa venga provocata effettivamente. In circostanze ordinarie, l'associazione non avviene. La conoscenza delle vie non rende superflua la conoscenza delle forze che le percorrono.19 Del resto non mi era facile dirigere l'attenzione della mia paziente sui suoi rapporti col signor K. Ella dichiarava di non aver più nulla a che fare con quella persona. Lo strato superiore di tutte le sue associazioni durante le sedute, tutto ciò che le diveniva facilmente cosciente che ella ricor- 17 Vedi il secondo sogno. la In questo come in altri casi del genere è necessario prendere in considerazione l'esistenza non di una sola causa, ma di più cause, ossia di una "sovradeterminazione". "Tutte queste osservazioni contengono molti elementi tipici e di validità generale per l'isteria. Il tema dell'erezione chiarisce alcuni dei sintomi isterici più interessanti. L'attenzione prestata dalla donna ai contorni dei genitali maschili percepibili attraverso i vestiti diviene, dopo la sua rimozione, motivo di molti casi di ritrosia e di timore della società. — Non si può immaginare quanto enorme sia l'importanza patogena dei numerosi legami che uniscono il sessuale all'escretorio, legami che sono alla base di un grandissimo numero di fobie isteriche. sempre al padre. Era vero che ella non poteva perdonare al padre la continuazione dei rapporti con il signor K. e soprattutto con la signora K. La sua opinione su questi rapporti era d'altronde diversa da quella che il padre avrebbe voluto che fosse; per lei non v'era alcun dubbio che quella che legava suo padre alla bella e giovane donna era una comune relazione amorosa. Nessun elemento atto a suffragare questa convinzione era sfuggito alla sua percezione, in ciò implacabilmente acuta, qui non vi era alcuna lacuna nella sua memoria. La conoscenza con i K. era cominciata già prima della grave malattia del padre; ma era divenuta intima soltanto quando, durante questa malattia, la giovane signora si era eretta a infermiera, mentre la moglie si era tenuta lontana dal letto del paziente. Durante la prima villeggiatura estiva dopo la guarigione avvennero cose che dovevano aver aperto a tutti gli occhi sulla vera natura di quell'"amicizia". Le due famiglie avevano affittato insieme una suite in un albergo, ed ecco che un giorno la signora K. dichiarò che non poteva più rimanere nella camera da letto che divideva con uno dei suoi bambini, e pochi giorni dopo anche il padre della paziente abbandonò la sua camera da letto e tutti e due si trasferirono in altre camere, al fondo, separate soltanto dal corridoio e che offrivano contro qualsiasi disturbo garanzie assai maggiori delle camere precedenti. Quando Dora, più tardi, mosse al padre rimproveri a proposito della signora K., egli soleva rispondere di non poter capire quell'ostilità e che anzi i figli avrebbero avuto ogni motivo di essere grati alla signora K. La mamma, cui la fanciulla si rivolse per avere chiarimenti su quell'oscuro discorso, le disse che il babbo era a quell'epoca così infelice che aveva voluto suicidarsi nel bosco; la signora K., sospettando il suo proposito, gli era andata dietro e con le sue preghiere l'aveva persuaso a non abbandonare i suoi. Dora naturalmente non credeva una parola di tutto questo; i due erano stati visti insieme nel bosco e il padre aveva inventato la storia del suicidio per giustificare quell'appuntamento.20 20 Vi è qui un nesso con la commedia del suicidio inscenata da lei stessa, che esprime perciò, in certo modo, l'aspirazione a un amore simile. Dopo il ritorno a B., il babbo si recava tutti i giorni dalla signora K. in date ore, quando il marito si trovava in ditta. Tutti parlavano della cosa e a lei stessa erano state rivolte in proposito domande significative. Anche il signor K. si era spesso lamentato amaramente con la mamma, risparmiando invece a Dora ogni allusione alla faccenda, comportamento che a lei sembrava di dover ascrivere alla sua delicatezza. Durante le passeggiate in comune, il babbo e la signora K. facevano regolarmente in modo da restare soli insieme. Non v'era dubbio che ella prendesse denaro da lui, poiché faceva spese che non avrebbe certo potuto permettersi con i mezzi suoi o del marito. Il babbo aveva anche cominciato a farle regali costosi, e per nascondere questo fatto si mostrava al tempo stesso particolarmente generoso verso la moglie e verso Dora stessa. La signora K., fino ad allora malaticcia così da essere stata perfino costretta a passare alcuni mesi in una casa di cura per malattie nervose perché non poteva camminare, adesso era perfettamente sana e piena di vita. Anche dopo aver lasciato B., la relazione, che durava ormai da parecchi anni, era continuata; il padre di tanto in tanto dichiarava che non poteva sopportare il clima del luogo e che doveva riguardarsi, cominciava a tossire e a lamentarsi e alla fine partiva improvvisamente per B., di dove poi scriveva lettere allegrissime. Tutti quei mali erano solo pretesti per rivedere la sua amica. Poi, un giorno, si seppe' che si sarebbero trasferiti a Vienna, e Dora cominciò a sospettare che ci fosse una qualche connessione. E infatti, nemmeno tre settimane dopo l'arrivo a Vienna ella sentì dire che anche i K. vi si erano trasferiti. Anche adesso vi si trovavano e Dora incontrava spesso il babbo per strada insieme alla signora K. Incontrava spesso anche il signor K., che la seguiva sempre con lo sguardo e che un giorno, incontrandola sola, l'aveva seguita per un buon tratto per vedere dove andasse e se per caso non avesse un appuntamento. Che il babbo non fosse sincero, avesse qualcosa di falso nel carattere, pensasse solo a sé stesso e avesse il dono di sistemare le cose come meglio gli convenissero, queste critiche, durante le sedute, si fecero particolarmente insistenti allorché il padre, sentendosi nuovamente peggio, partì per un soggiorno di parecchie settimane a B., e Dora, che non si lasciava sfuggire nulla, aveva presto scoperto che anche la signora K. era partita per la stessa località per far visita ai parenti. In generale non potevo contraddire la sua caratterizzazione del padre, né era difficile vedere quale delle accuse della paziente fosse maggiormente giustificata. Nei momenti di maggiore amarezza le s'imponeva l'idea di essere stata consegnata a K. come prezzo per la sua tolleranza della relazione tra suo padre e la moglie, e sotto la tenerezza di Dora per suo padre si poteva sentire l'indignazione per un simile impiego di sé stessa. In altri momenti, essa si rendeva conto di aver esagerato facendo affermazioni del genere. Evidentemente i due uomini non avevano mai concluso un patto formale in cui essa avesse costituito oggetto di scambio; di fronte a una proposta come quella, soprattutto il padre si sarebbe ritratto inorridito. Ma egli era di quegli uomini che sanno smussare un conflitto falsando il proprio giudizio su uno degli elementi in contraddizione. Avvertito del pericolo che avrebbe potuto sorgere per un'adolescente da rapporti costanti e non sorvegliati con un uomo che non trovava soddisfazione presso la propria moglie, egli avrebbe sicuramente risposto di aver piena fiducia in sua figlia, che un uomo come K. non avrebbe mai potuto divenire pericoloso e che comunque il suo amico sarebbe stato incapace di simili intenzioni; oppure avrebbe osservato che Dora era ancora una bambina e che K. la trattava come tale. Ma la verità era che ognuno dei due uomini evitava di trarre dal comportamento dell'altro conseguenze che sarebbero state d'ostacolo ai propri desideri. Per un anno intero, da quando stava nella stessa città, il signor K. aveva potuto mandare fiori a Dora tutti i giorni, cogliere ogni occasione per farle regali costosi e passare tutto il suo tempo libero in sua compagnia, senza che i suoi genitori avessero riconosciuto in quella condotta il carattere di un corteggiamento amoroso. Quando, durante il trattamento psicoanalitico, emerge una sequenza di pensieri ben fondata e irreprensibile, v'è per il medico un momento d'imbarazzo di cui il malato appro- fìtta per porre la domanda: "Non è tutto vero e giusto? che cosa vuol cambiare a ciò che ho raccontato?" Presto, però, ci si avvede che tali pensieri, inattaccabili dall'analisi, sono serviti al malato per nasconderne altri che vogliono sottrarsi alla critica e alla coscienza. Una serie di accuse contro altre persone lascia suppone una serie di autoaccuse dello stesso contenuto. Basta ritorcere ciascuno dei rimproveri contro la persona stessa che li formula. Questo modo di difendersi da un'autoaccusa rivolgendo lo stesso rimprovero contro altri presenta innegabilmente qualcosa di automatico. Ne vediamo il prototipo nelle accuse "di ritorno" dei bambini che, quando li accusiamo di dir bugie, rispondono senza esitazione: "Bugiardo sei tu." Un adulto, volendo ricambiare un'offesa, cercherebbe qualche reale punto debole del suo avversario e non si servirebbe principalmente della ritorsione dell'accusa di cui è stato oggetto. Nella paranoia questa proiezione del rimprovero su altri, senza modificazione del contenuto e quindi senza considerazione della realtà, si manifesta come processo di formazione del delirio. Anche le accuse mosse da Dora al padre erano accompagnate nel sottofondo, senza eccezione, da un contrappunto di autoaccuse dello stesso contenuto, come mostreremo in dettaglio. Essa aveva ragione di ritenere che il padre non volesse spiegarsi meglio la condotta di K. verso sua figlia per non essere disturbato nella sua relazione con la signora K. Ma Dora aveva fatto esattamente la stessa cosa. Si era fatta complice di quella relazione e aveva respinto tutti gli indizi che ne indicavano la vera natura; solo dall'epoca dell'avventura sul lago datavano la sua lucidità al riguardo e le inflessibili pretese presentate al padre. In tutti gli anni precedenti essa aveva favorito in tutti i modi possibili la relazione del padre con la signora K. Non si recava mai da quest'ultima quando pensava che ci si trovasse il padre; sapendo che in tale occasione i bambini erano stati allontanati, dirigeva i suoi passi in modo da incontrarli e se ne andava a passeggio con loro. C'era stato qualcuno, in casa, che già prima aveva voluto aprirle gli occhi sulla relazione tra suo padre e la signora K. e incitarla a prender partito contro quest'ultima. Si trattava dell'ulti- ma governante della ragazza, una signorina piuttosto anziana, assai istruita e di libere vedute.21 Istitutrice e allieva andarono perfettamente d'accordo per un certo tempo, finché Dora si guastò improvvisamente con lei e chiese che venisse licenziata. Fino a quando la governante ebbe influenza, se ne servì per suscitare malanimo contro la signora K. Alla madre di Dora ella dichiarava che tollerare una simile intimità tra suo marito e un'estranea era incompatibile con la sua dignità; richiamava inoltre l'attenzione di Dora su ogni evidente elemento di quella relazione. Ma i suoi sforzi rimanevano vani, giacché Dora restava profondamente affezionata alla signora K. e non voleva sapere nulla delle ragioni che avrebbero potuto far apparire scandalosa la relazione di costei col padre. Dora, d'altra parte, si rendeva benissimo conto dei motivi che spingevano la governante. Cieca da un lato, era abbastanza perspicace dall'altro. Si avvedeva che la governante era innamorata di suo padre; quando questi era presente sembrava un'altra persona: sapeva essere divertente e servizievole. Quando la famiglia viveva nella città industriale e la signora K. non figurava all'orizzonte, dirigeva la sua ostilità contro la madre di Dora, ora la sua diretta rivale. Ma Dora, fino a questo punto, non l'aveva presa a malvolere. Ella si irritò soltanto quando si accorse di essere completamente indifferente alla governante e che l'amore che questa sembrava rivolgerle, in realtà, era diretto a suo padre. Quando il padre era fuori città, la signorina non aveva tempo per Dora, non voleva andare a passeggio con lei, non si interessava alle sue attività; appena il padre tornava da B., ella ridiveniva tutta servizievole e piena di zelo. Allora Dora la lasciò perdere. Per colpa della povera signorina Dora era divenuta consapevole, con indesiderata chiarezza, di una parte del suo stesso comportamento. La governante si era comportata con Dora, in certi momenti, come Dora con i bambini del signor K. Presso questi bambini Dora aveva preso il posto 21 Questa governante leggeva ogni sorta di libri relativi alla vita sessuale e ne parlava alla ragazza chiedendole però disinvoltamente di tener nascosta la cosa ai genitori perché non si poteva sapere come l'avrebbero presa. Per un certo tempo ho ravvisato in questa signorina la fonte di tutte le cognizioni segrete di Dora, e forse non mi sbagliavo completamente. della madre, dava loro lezioni, li portava a passeggio, offriva loro un pieno sostituto dello scarso interesse che la vera madre mostrava per loro. Tra i coniugi K. si era spesso parlato di divorzio, che non ebbe luogo perché il marito, padre affezionato, non voleva rinunciare a nessuno dei due bambini. L'interesse comune per i bambini aveva costituito, fin dal principio, un legame tra il signor K. e Dora. Accudire ai bambini era evidentemente per Dora la copertura protettiva sotto cui nascondere a sé stessa e agli altri qualcosa d'altro. Dal comportamento di Dora con i bambini quale è stato chiarito alla luce del comportamento della governante con lei, derivava una conclusione quale poteva dedursi anche dal tacito assenso della malata alla relazione di suo padre con la signora K., e cioè: in tutti quegli anni, ella era stata innamorata di K. Quando enunciai questa deduzione la paziente non si mostrò d'accordo. Ella disse subito, è vero, che anche altre persone (come ad esempio una sua cugina che era stata per qualche tempo in visita a B.) le avevano detto: "Ma tu sei addirittura pazza per quell'uomo"; quanto a lei però, non poteva ricordarsi di aver nutrito sentimenti del genere. Più tardi, quando l'abbondanza degli elementi emersi rese più difficile un diniego, ella ammise di aver forse amato il signor K. a B., ma che tutto era finito dopo la scena sul lago.22 Ad ogni modo appariva chiaro che il rimprovero che essa aveva mosso al padre, di esser restato sordo a precisi doveri e di aver accomodato le cose nel modo più conveniente ai propri desideri amorosi, ricadeva su lei stessa.23 L'altra accusa, secondo cui le malattie del padre erano solo dei pretesti di cui si serviva, cela anch'essa tutta una parte della storia segreta di Dora. Essa si lamentò un giorno di un sintomo apparentemente nuovo, di acuti dolori allo stomaco. Le chiesi: "Chi sta imitando con questo?", e colpii 22 Vedi il secondo sogno. 23 Qui si pone una questione: se Dora amava il signor K., come si spiega il suo rifiuto nella scena del lago o almeno la forma brutale di quel ri fiuto, che fa supporre uno stato di esasperazione? Come poteva una ra gazza innamorata considerare offensive profferte che — come vedremo in seguito — non erano state affatto espresse in modo grossolano o indecente? giusto. Il giorno prima la malata aveva fatto visita alle cugine, figlie della defunta zia. La più giovane si era fidanzata e la maggiore, in quell'occasione, era stata colta da dolori allo stomaco e si era dovuto portarla al Semmering.24 Dora sosteneva che si trattava solo di invidia, che la cugina si ammalava tutte le volte che voleva ottenere qualche cosa e che adesso voleva andarsene di casa per non assistere alla felicità della sorella.25 Ma il mal di stomaco della stessa Dora indicava ch'ella si identificava con la cugina ritenuta una simulatrice, perché anche lei invidiava l'amore della cugina più fortunata, oppure perché vedeva il proprio caso rispecchiato in quello di sua sorella maggiore che, poco tempo prima, aveva avuto un affare di cuore infelicemente concluso.26 Ma Dora aveva anche imparato, osservando la signora K., come ci si possa servire utilmente delle malattie. Ogni volta che il signor K. rientrava da uno dei suoi viaggi (che lo tenevano lontano di casa per una parte dell'anno) trovava sofferente la moglie che pure, come Dora ben sapeva, era stata in ottima salute fino al giorno prima. Dora capì che la presenza del marito aveva un'azione maligna sulla moglie, e che per costei la malattia era la benvenuta in quanto le permetteva di sottrarsi agli odiati doveri coniugali. Un'osservazione fatta improvvisamente a questo punto, circa l'alternarsi di periodi di malattia a periodi di buona salute durante i primi anni della sua giovinezza a B., mi indusse a supporre che anche i suoi stati fossero da considerare in dipendenza da qualche cosa, come era per la signora K. È infatti regola della tecnica psicoanalitica che attraverso la contiguità, la vicinanza temporale delle associazioni, si manifesti una connessione interiore, ancora nascosta, esattamente come nella scrittura, se le lettere a e b sono collocate l'una accanto all'altra, significa che con esse va costruita la sillaba ab. Dora aveva avuto innumerevoli accessi di tosse con perdita della voce; che la presenza e l'assenza dell'amato avessero influito sull'apparire e scomparire 24 [Famosa località montana a un'ottantina di chilometri a sud di Vienna.] 29 Un fatto di tutti i giorni tra sorelle. 26Parlerò più avanti di un'altra deduzione che ho tratta da questo mal di stomaco. di questi fenomeni morbosi? In caso affermativo, sarebbe dovuta emergere in qualche punto una coincidenza che confermasse il fatto. Domandai alla paziente quale fosse la durata media delle crisi. Da tre a sei settimane circa. E quanto duravano le assenze del signor K.? Pure da tre a sei settimane, doveva riconoscerlo. Con la sua malattia, dunque, Dora dimostrava il suo amore per K. così come la moglie di questi la sua avversione. Soltanto, la sua condotta era l'inverso di quella della signora: Dora si ammalava durante l'assenza di K., guariva dopo il suo ritorno. E sembrava fosse stato effettivamente così, almeno per le crisi relative a un primo periodo; in seguito si affermò, certo, la necessità di cancellare la coincidenza tra accessi morbosi e assenze dell'uomo segretamente amato, al fine di non tradire il segreto attraverso la costanza della coincidenza. Solo la durata della crisi restò allora a indicare il suo primitivo significato. Ricordo di aver visto e sentito dire a suo tempo, alla clinica di Charcot, che nei soggetti affetti da mutismo isterico lo scrivere prende le veci del parlare e che essi scrivono più facilmente, più rapidamente e meglio degli altri e di quanto facessero prima. Lo stesso era accaduto nel caso di Dora; nei primi giorni di afonia, infatti, "scrivere riusciva sempre particolarmente facile". Questo particolare fenomeno, in quanto espressione di una funzione fisiologica sostitutiva, creata dalla necessità, non esigeva in sé stesso alcuna spiegazione psicologica; vale la pena tuttavia di notare che era facile offrirne una. Quando era in viaggio il signor K. le scriveva assai spesso, le mandava cartoline illustrate; a volte accadeva che lei sola fosse informata della data del suo ritorno, mentre la moglie lo vedeva arrivare di sorpresa. Che si corrisponda con un assente al quale non è possibile parlare, è del resto altrettanto ovvio del desiderio di farsi capire per iscritto quando manca la voce. L'afonia di Dora permetteva dunque la seguente interpretazione simbolica: quando l'amato era lontano, ella rinunciava alla parola, che non aveva più valore giacché non poteva parlare con lui. La scrittura acquistava viceversa importanza come l'unico mezzo di porsi in rapporto con l'assente. Affermerò ora, quindi, che in tutti i casi di afonia periodica si debba diagnosticare l'esistenza di un essere amato periodicamente assente? Non è certo questa la mia opinione. La determinazione del sintomo nel caso di Dora è troppo specifica perché si possa pensare a una ripetizione frequente della stessa etiologia accidentale. Ma che valore ha allora la spiegazione dell'afonia nel nostro caso? Non ci siamo forse lasciati ingannare da un giuoco d'arguzia? Non credo. Ci si deve ricordare, a questo punto, la questione, sollevata così spesso, se l'origine dei sintomi dell'isteria sia psichica o somatica e se, ammessa l'origine psichica, questa valga necessariamente per tutti i sintomi. Tale questione, come tante altre a cui gli studiosi cercano con assidui quanto infruttuosi sforzi di dar risposta, è male impostata. La realtà delle cose non si esaurisce in questa alternativa. Per quanto posso vedere, ogni sintomo isterico necessita l'apporto di ambedue le parti. Esso non può insorgere senza una certa compiacenza somatica, offerta da un processo normale o patologico in un organo o su un organo del corpo. Tale processo non si presenta più di una volta (laddove è propria del sintomo isterico la capacità di ripetizione) se esso non ha un significato psicologico, un senso. Questo senso il sintomo isterico non lo reca con sé; esso gli viene conferito, viene in certo modo a saldarsi con esso, e può essere diverso in ogni caso a seconda della natura dei pensieri repressi che lottano per esprimersi. Esiste tuttavia una serie di fattori agenti in modo da far si che le relazioni tra i pensieri inconsci e i processi somatici di cui essi dispongono per esprimersi siano meno arbitrari e si avvicinino ad alcune combinazioni tipiche. Per la terapia le determinazioni rilevabili del materiale psichico accidentale sono le più importanti; i sintomi vengono risolti ricercandone il significato psichico. Una volta sgombrato il terreno da quanto può essere eliminato per mezzo della psicoanalisi, sarà possibile farsi le idee più svariate, probabilmente esatte, sul fondamento somatico, normalmente organico e costituzionale dei sintomi. Anche per quanto riguarda gli accessi di tosse e di afonia di Dora noi non ci limiteremo all'interpretazione psicoanalitica, ma indicheremo, dietro a questa, il fattore organico da cui emanava la "compiacenza somatica" che permetteva di esprimere l'inclinazione per un essere amato periodicamente assente. E se il nesso tra espressione sintomatica e contenuto mentale inconscio dovesse stupirci, in questo caso, per il suo carattere di astuzia e artificiosità, ci sarà lieto sentire che tale nesso suole produrre la stessa impressione in tutti i casi, in tutti gli esempi possibili. Mi aspetto ora di sentirmi dire che si tratta di un vantaggio ben modesto della psicoanalisi se da noi la soluzione dell'enigma dell'isteria non sarà più ricercata nella "particolare labilità delle molecole nervose" o nella possibilità di stati ipnoidi, ma nella "compiacenza somatica". A quest'obiezione risponderò che il problema in questo modo non è solo spinto un passo indietro, ma fa anche un passo verso più piccole dimensioni. Non si tratta più di tutto il problema, ma solo di quella parte di esso in cui risiede il carattere particolare dell'isteria, che la distingue da altre psiconevrosi. Per un buon tratto i processi psichici sono gli stessi in tutte le psiconevrosi, finché a un certo punto entra in campo la "compiacenza somatica", che procura uno sfogo organico ai processi psichici inconsci. Quando questo fattore non interviene, dallo stato generale emerge qualcosa di diverso da un sintomo isterico e purtuttavia ad esso affine: una fobia, per esempio, oppure un'ossessione, in breve un sintomo psichico. Torniamo ora all'accusa di "simulazione" della malattia mossa da Dora a suo padre. Mi resi conto ben presto che a quest'accusa corrispondevano autoaccuse relative non soltanto a stati morbosi passati, ma anche a malattie presenti. A questo punto generalmente il medico ha il compito di indovinare e integrare ciò che l'analisi gli ha fornito soltanto in forma allusiva. Dovetti far osservare alla paziente che la sua malattia attuale era motivata e tendenziosa proprio come quella della signora K. di cui ella aveva capito il senso. Non v'era dubbio ch'ella mirava a uno scopo che sperava di raggiungere mediante la malattia, e questo scopo poteva essere solo quello di allontanare il padre dalla signora K. Non essendo riuscita a ottenere ciò con preghiere e argomenti, sperava forse di raggiungerlo spaventando suo padre (vedi lettera d'addio) o suscitandone la compassione (con gli svenimenti); se con tutto questo ella non arrivava a nulla, perlomeno si vendicava di lui. Essa sapeva bene — aggiunsi — che suo padre le era affezionato al punto da farsi venire le lacrime agli occhi ogni volta che gli si domandava della salute di sua figlia. Dissi poi d'essere pienamente convinto che sarebbe subito guarita se il padre le avesse dichiarato che sacrificava la signora K. alla sua salute; speravo, però, che egli non si sarebbe lasciato indurre a farlo, giacché in tal caso essa avrebbe appreso quale efficace strumento avesse nelle sue mani e non avrebbe certo mancato di servirsi in ogni occasione futura delle sue possibilità di malattia. Sapevo bene però che se il padre non le avesse ceduto, essa non avrebbe rinunciato tanto facilmente alla propria malattia. Tralascio i dettagli che mostrarono l'esattezza di tutto ciò, per aggiungere alcune osservazioni generali su come operano i motivi della malattia nell'isteria. I motivi per essere ammalati vanno nettamente distinti come concetto dalla suscettibilità di ammalarsi, dal materiale di cui sono formati i sintomi. I motivi non partecipano alla formazione dei sintomi, non sono neppure presenti all'inizio della malattia; si aggiungono ad essa solo secondariamente, e tuttavia solo con la loro apparizione la malattia è pienamente costituita.27 Si può essere certi della loro presenza in tutti i casi 27 [Nota aggiunta nei 1923] Ciò non è del tutto esatto. La tesi secondo cui i motivi della malattia non sarebbero presenti all'inizio della malattia stessa, ma sopraggiungerebbero più tardi, non può essere mantenuta. Già al capoverso che segue si farà menzione di motivi della malattia che esistevano prima dello scoppio del male e che vi hanno contribuito. Aderendo maggiormente alla realtà dei fatti, ho in seguito introdotto una distinzione tra tornaconto primario e tornaconto secondario della malattia. Il motivo della malattia non è altro che l'intenzione di realizzare un tornaconto. Quanto affermerò più oltre in questo paragrafo è esatto per quanto riguarda il tornaconto secondario della malattia; ma in ogni nevrosi dev'essere riconosciuta anche la presenza di un tornaconto primario. Già il fatto di ammalarsi risparmia uno sforzo psichico; costituisce la soluzione economicamente più comoda nel caso di un conflitto psichico (fuga nei/a malattia), quantunque l'inadeguatezza di tale via d'uscita appaia inequivocabilmente, più tardi, nella maggior parte dei casi. Questa parte di tornaconto primario può essere definita parte interna, psicologica; essa è, per di sofferenza reale e di una certa durata. Il sintomo è in un primo tempo un ospite sgradito della vita psichica, ha tutto contro di sé e anche per questo scompare così facilmente da solo, almeno in apparenza, per influsso del tempo. Non trova in principio alcun impiego utile nell'economia domestica della psiche, ma assai sovente finisce col trovarlo in un secondo tempo: qualche corrente psichica può trovar comodo servirsi del sintomo, e in tal modo questo acquista una funzione secondaria, rimanendo come ancorato alla vita psichica. Chi vuol guarire il malato urta allora, con sua grande sorpresa, in una forte resistenza, la quale dimostra come l'intenzione del malato di rinunciare alla sua sofferenza non è poi così assoluta, così seria come pareva.28 Si immagini un operaio, per esempio un conciatetti, che in seguito a una caduta sia diventato storpio e ora campi alla meglio mendicando agli angoli delle strade. Gli si presenta un taumaturgo e gli promette di rendergli dritta e sana la gamba storpia. Orbene, io credo che non ci si dovrà attendere di veder apparire sul suo viso un'espressione di eccessiva beatitudine. Certo, al momento dell'infortunio, egli s'era sentito estremamente infelice, al pensiero che non avrebbe mai più potuto lavorare e che avrebbe dovuto far la fame o vivere d'elemosina. Ma in seguito, ciò che dapprima l'aveva reso incapace di guadagnarsi da vivere si è trasformato in un mezzo di sostentamento; egli vive della sua infermità. Levategli questa, e lo lascerete forse senza risorsa alcuna; nel frattempo egli ha dimenticato il suo mestiere, ha perduto le sue abitudini di lavoro, si è abituato all'ozio e forse anche al bere. I motivi per essere ammalati operano spesso già nell'infanzia. La bimba avida d'amore, che malvolentieri spartisce le tenerezze dei genitori con fratelli e sorelle, si accorge che queste rifluiscono interamente su di lei quando i geni-così dire, costante. Inoltre, fattori esterni — come nell'esempio nel [capoverso seguente del] testo la situazione di una donna oppressa dal marito — possono fornire motivi di malattia, costituendo in tal modo la parte esterna del tornaconto primario. 28 Arthur Schnitzler, uno scrittore che è del resto anche medico, ha dato espressione molto appropriata a questo fatto nella sua commedia Paracelso. tori sono preoccupati per una sua malattia. Essa conosce ora un mezzo per attirare l'amore dei genitori e se ne servirà non appena avrà a disposizione il materiale psichico necessario per produrre la malattia. Quando la bimba è diventata donna e, in contrasto completo con le esigenze della sua infanzia, si trova sposata con un uomo che ha poche cure di lei, opprime la sua volontà, sfrutta senza riguardi il suo lavoro e non le dedica né tenerezza né il proprio denaro, la malattia diviene la sua unica arma per affermarsi nella vita. Essa le procura il desiderato riposo, costringe il marito a sacrifici finanziari e a premure che non avrebbe avuto per la moglie sana, lo obbliga a un trattamento prudente in caso di guarigione giacché altrimenti è già pronta la ricaduta. L'apparenza di obiettività, di involontarietà dello stato morboso, di cui anche il medico curante darà garanzia, permette alla malata di valersi opportunamente, senza rimorsi coscienti, di un mezzo che aveva trovato efficace negli anni d'infanzia. Eppure, questa malattia è intenzionalmente prodotta. Gli stati morbosi sono in genere destinati a una certa persona e quindi scompaiono con la partenza di questa persona. Il giudizio rozzo, banale che sentiamo dare sulle malattie degli isterici dai parenti poco colti e da infermiere, è in certo senso giusto. È vero che la paralitica salterebbe giù dal letto se la camera andasse a fuoco, che la moglie viziata si scorderebbe di tutti i mali se il suo bambino si ammalasse gravemente o se una catastrofe minacciasse la sua casa. Quelli che parlano così dei malati hanno ragione ma trascurano un punto importante, la distinzione psicologica tra conscio e inconscio, ciò che è forse ancora ammissibile per quanto riguarda il bambino, ma che non lo è più nell'adulto. Per questa ragione, non serve a nulla assicurare il malato che tutto dipende dalla sua volontà, incoraggiarlo o ingiuriarlo; è attraverso le vie dell'analisi che bisogna prima cercare di convincerlo dell'esistenza in lui dell'intenzione di essere ammalato. In generale è nella lotta contro i motivi della malattia che risiede la debolezza di ogni terapia dell'isteria, ivi compresa quella psicoanalitica. Per il destino è più facile: non ha bisogno di affrontare né la costituzione né il materiale patogeno del malato; elimina un motivo di malattia e il malato è temporaneamente, talora anche permanentemente, liberato dal suo male. Quante meno guarigioni miracolose e scomparse spontanee di sintomi dovremmo registrare noi medici nell'isteria, se ci fosse dato più sovente accesso a quegli interessi vitali dei malati che invece ci vengono tenuti nascosti! In un caso si tratta di una data che è trascorsa, in un altro sono venuti a cessare i riguardi per una certa persona, in un altro ancora una certa situazione, per eventi esterni, è radicalmente mutata: ed ecco che il male, fino ad allora così ostinato, è eliminato di colpo: in apparenza spontaneamente, in realtà perché gli è stato sottratto il motivo più forte, una delle funzioni che assolveva nella vita del malato. In tutti i casi pienamente sviluppati si riscontreranno probabilmente motivi che sostengono la malattia. Ma vi sono casi in cui si tratta di motivi puramente interiori, come ad esempio l'autopunizione, cioè il pentimento e la penitenza. Allora il problema terapeutico sarà risolto con maggior facilità che non nei casi in cui la malattia è in relazione al conseguimento di uno scopo esterno. Per Dora questo scopo era evidentemente quello di intenerire il padre e di allontanarlo dalla signora K. Nessuna delle azioni del padre, del resto, sembrava averla tanto esasperata quanto la sua prontezza nel ritenere la scena del lago un prodotto della sua fantasia. Solo al pensare di essersi potuta immaginare una cosa simile Dora andava fuori di sé. Non riuscii per molto tempo a indovinare quale autoaccusa si celasse dietro quell'appassionata ripulsa di quella spiegazione. Ero in diritto di supporre qualcosa di nascosto, poiché un rimprovero ingiustificato non offende in modo duraturo. D'altronde ero giunto alla conclusione che il racconto di Dora dovesse assolutamente corrispondere al vero! Una volta capite le intenzioni del signor K., ella non lo aveva lasciato finir di parlare, l'aveva schiaffeggiato ed era fuggita. All'uomo rimasto solo la sua condotta apparve allora non meno incomprensibile di quanto appare a noi; da molto tempo infatti egli doveva aver concluso, da innumerevoli piccoli indizi, che poteva esser certo dell'in- clinazione della ragazza per lui. Nella discussione sul secondo sogno troveremo sia la soluzione di questo problema sia quella dell'autoaccusa da me cercata invano sinora. Poiché le lamentele contro il padre continuavano a ripetersi con fastidiosa monotonia e poiché anche la tosse persisteva, fui indotto a pensare che il sintomo potesse avere un significato in rapporto col padre. Comunque, le esigenze ch'io mi riservo solitamente di soddisfare con la spiegazione di un sintomo erano lungi dall'essere esaurite. Secondo una regola di cui avevo trovato sempre nuova conferma ma che non avevo avuto ancora il coraggio di elevare a principio generale, il sintomo è il raffiguramento — la realizzazione — di una fantasia a contenuto sessuale, significa cioè una situazione sessuale; o, per meglio dire, almeno uno dei significati di un sintomo corrisponde al raffiguramento di una fantasia sessuale, mentre per gli altri significati tale delimitazione di contenuto non sussiste. Dedicandosi al lavoro psicoanalitico, ci si avvede infatti ben presto che un sintomo ha più di un significato, che esso serve nello stesso tempo a raffigurare parecchi processi ideativi inconsci. Vorrei anzi aggiungere che a mio parere un singolo processo ideativo inconscio, una sola fantasia, non è quasi mai sufficiente a produrre un sintomo. L'occasione di interpretare la tosse nervosa mediante una situazione sessuale fantasticata si presentò assai presto. Quando Dora mi sottolineò ancora una volta che la signora K. amava suo padre solo perché questi era un potente industriale mi accorsi, da certe particolarità del suo modo d'esprimersi (particolarità che qui tralascio, così come la maggior parte degli aspetti puramente tecnici dell'analisi); che dietro quella proposizione si celava il suo contrario: ossia che il padre era invece impotente. Ciò poteva avere soltanto un senso sessuale: il padre era impotente come uomo. Dora confermò quest'interpretazione da parte della sua conoscenza consapevole, e le feci allora notare ch'ella si contraddiceva, giacché da un lato sosteneva che la relazione con la signora K. era una comune relazione amorosa, dall'altro che il padre era impotente, e perciò incapace di intrattenere una simile relazione. Dalla sua risposta risultò ch'ella non trovava necessario ammettere la contraddizione. 4.17 Sapeva bene — mi disse — che c'è più di un modo di soddisfacimento sessuale. Anche in questo caso, peraltro, la fonte di questo sapere non era per lei rintracciabile. Quando le domandai s'ella si riferisse all'uso di organi diversi dai genitali per il rapporto sessuale, mi rispose affermativamente, e io soggiunsi allora ch'ella pensava dunque proprio a quelle parti del corpo che in lei si trovavano in uno stato di irritazione: gola e cavità orale. Naturalmente, non voleva saperne di attribuirsi pensieri del genere, ma appunto l'insorgenza del sintomo poteva esser resa possibile solo da una sua relativa mancanza di chiarezza al riguardo. Era comunque inevitabile concludere che con la sua tosse per accessi, riferita, come è normale, a un senso di prurito alla gola, la paziente si rappresentava una situazione di appagamento sessuale per os tra le due persone i cui rapporti amorosi la preoccupavano costantemente. Pochissimo tempo dopo questa spiegazione tacitamente accettata, la tosse scomparve, e questo concordava appieno con la mia deduzione; non volli però annettervi eccessivo valore, dato che questa sparizione già tante volte si era verificata spontaneamente. Questo brano d'analisi potrebbe aver provocato nel medico che legge non soltanto una legittima incredulità, ma anche sorpresa e orrore: io però sono pronto a esaminare queste due reazioni per vedere se sono giustificate. Penso che la sorpresa sarà motivata dalla mia audacia nel discorrere di cose così scabrose e nefande con una giovinetta o, genericamente, con una donna sessualmente matura. L'orrore si riferirà certo al fatto che una giovane illibata possa conoscere certe pratiche e occuparsene con l'immaginazione. Su ambedue i punti vorrei consigliare moderazione e riflessione. Né per il primo né per il secondo v'è motivo di indignarsi. Si può parlare con adolescenti e con donne di tutte le questioni sessuali senza nuocere loro e senza rendersi sospetti, in primo luogo facendolo in un certo modo e in secondo luogo potendo suscitare in loro la convinzione che è inevitabile. Anche il ginecologo si permette, nelle stesse condizioni, di far spogliare le sue pazienti quando è opportuno. La maniera migliore per trattare questi argomenti è quella secca, diretta; essa è al tempo stesso la più lontana dalla lubricità con cui gli stessi argomenti vengono trattati in "società", lubricità alla quale ragazze e donne sono assai bene abituate. Io chiamo organi e funzioni col loro nome tecnico, e rendo noto io stesso questo nome alla malata se, per caso, non lo conosce. J'appelle un chat un chat [letteralmente: chiamo gatto il gatto]. So bene che vi sono persone, medici e non medici, che si scandalizzano di una terapia in cui corrono conversazioni di questo genere e che sembrano invidiare a me o ai miei pazienti le sensazioni pruriginose che secondo loro essa dovrebbe procurare. Ma conosco troppo bene l'onestà di questi signori per prendermela a cuore. Vincerò la tentazione di scriverne una satira. Solo una cosa voglio ricordare, cioè che ho spesso la soddisfazione con le mie pazienti, che in principio trovavano tutt'altro che facile la franchezza nelle cose sessuali, di sentirle esclamare: "Ma veramente, la sua cura è molto più decente che non la conversazione del signor X." Prima di intraprendere un trattamento d'isteria è necessario convincersi che è inevitabile abbordare argomenti sessuali, o perlomeno esser pronti a lasciarsi convincere dall'esperienza. Pour faire une omelette il faut casser des oeufs [per fare una frittata bisogna rompere le uova], si dovrebbe dire a sé stessi. Gli stessi pazienti si lasciano convincere con facilità, e nel corso di un trattamento se ne presentano anche troppe occasioni. Non bisogna farsi scrupolo a trattare con essi fatti della vita sessuale normale o anormale. Se il medico ha un minimo di prudenza, non farà che tradurre nella coscienza dei malati ciò che essi già sanno nel loro inconscio; e tutta l'efficacia della cura risiede appunto nel-l'aver compreso che gli affetti di un'idea inconscia operano in modo più intenso e, poiché essa non può essere inibita, più dannoso di quelli di un'idea cosciente. Il rischio di corrompere giovinette inesperte è inesistente, giacché i sintomi dell'isteria non si manifestano quando il soggetto non ha alcuna nozione, neppure nell'inconscio, dei processi sessuali. Quando c'è isteria, non può più parlarsi di "innocenza di pensiero" nel senso in cui l'intendono genitori ed educatori. Della validità, senza eccezioni, di questa affermazione, ho trovato conferma in ragazzi di dieci, dodici, quattordici anni, maschi e femmine. Per quanto riguarda la seconda reazione emotiva che non si rivolge più contro di me ma, nel caso io abbia ragione, contro la paziente, ritenendo orrido il carattere perverso delle sue fantasie, vorrei sottolineare che una simile passionalità di giudizio non si addice a un medico. Trovo tra l'altro superfluo che il medico, che nei suoi scritti si occupa delle aberrazioni della pulsione sessuale, colga ogni occasione per intercalare nel testo l'espressione del suo orrore personale per cose tanto ripugnanti. Qui si tratta di realtà a cui spero che, reprimendo i nostri gusti particolari, riusciremo a fare l'abitudine. Di ciò che chiamiamo perversioni sessuali — prevaricazioni della funzione sessuale relativamente alla zona corporale e all'oggetto sessuale — dobbiamo saper parlare senza indignazione. I troppo zelanti dovrebbero calmarsi sol che considerassero l'indeterminatezza dei confini della vita sessuale cosiddetta normale rispetto alle diverse razze e alle diverse epoche. Non dobbiamo dimenticare che quella che è per noi la più ripugnante delle perversioni, l'amore carnale dell'uomo per l'uomo, era, in una civiltà assai superiore alla nostra, come la greca, non soltanto tollerata, ma anzi investita di importanti funzioni sociali. Ciascuno di noi oltrepassa di un breve tratto nella sua vita sessuale, in una direzione o in un'altra, i ristretti confini normali. Le perversioni non sono né bestialità né degenerazioni nel senso passionale della parola. Esse costituiscono lo sviluppo di germi, tutti contenuti nella disposizione sessuale indifferenziata del bambino, la cui repressione o volgimento verso fini asessuali più alti — la "sublimazione" — è destinata a fornire le energie per gran parte dei nostri contributi alla civiltà. Quando dunque un soggetto sembra divenuto grossolanamente e manifestamente perverso, è più giusto dire che esso è rimasto tale, che esso rappresenta uno stadio di inibizione evolutiva. Gli psiconevrotici sono tutte persone dalle tendenze perverse fortemente marcate, ma rimosse e rese inconsce nel corso dello sviluppo. Le loro fantasie inconsce presentano pertanto esattamente lo stesso contenuto delle azioni autentiche dei perversi, anche se non hanno letto la Psychopathìa sexualis di von Krafft-Ebing che, secondo alcuni ingenui, avrebbe tanta colpa nella formazione delle tendenze perverse. Le psiconevrosi costitui- scono, per così dire, la negativa delle perversioni. La costituzione sessuale, in cui sono incorporati i fattori ereditari, agisce nel nevrotico insieme alle influenze accidentali della vita che turbano lo svolgimento della sessualità normale. Le acque che trovano un ostacolo nel letto di un fiume rifluiscono in corsi più antichi, già destinati ad essere abbandonati. Le forze motrici per la formazione dei sintomi isterici vengono fornite non soltanto dalla sessualità normale rimossa, ma anche dai moti perversi inconsci.29 Le meno ripugnanti tra le cosiddette perversioni sessuali godono di grandissima diffusione presso la nostra popolazione, come tutti sanno a eccezione dei medici che scrivono su questo argomento; o meglio, lo sanno anche loro, ma si sforzano di dimenticarlo nel momento in cui prendono la penna in mano per scriverne. Non vi è dunque da meravigliarsi se la nostra isterica, quasi30 diciannovenne, che aveva sentito parlare di un tal rapporto sessuale (succhiamento del membro maschile) sviluppasse una simile fantasia inconscia e l'esprimesse attraverso il senso di irritazione alla gola e la tosse. E non sarebbe neppure strano se Dora, come ho potuto accertare con sicurezza in altre malate, fosse giunta a questa fantasia senza chiarimenti dall'esterno. La precondizione somatica per creare in modo autonomo tale fantasia, coincidente col modo d'agire dei perversi, era fornita, nel caso della mia paziente, da un dato di fatto che merita di essere rilevato. Ella ricordava assai bene che da bimba era stata una "ciucciatrice"; anche il padre ricordava di averle fatto perdere tale abitudine, protrattasi fino all'età di quattro o cinque anni. Dora stessa aveva serbato nella sua memoria una chiara immagine ove si vedeva, bambina piccola, seduta per terra in un angolo, ciucciandosi il pollice sinistro mentre con la mano destra tirava il lobo dell'orecchio del fratello che le sedeva placi- 29 Queste affermazioni sulle perversioni sessuali sono state scritte alcuni anni prima della pubblicazione dell'eccellente libro di I. Bloch, Beitrage zur ÀtioJogie der Psychopathia sexualis (2 voli., Dresda 1902-05). Vedi an che i Tre saggi sulla teoria sessuale pubblicati quest'anno [190;; soprat tutto nel primo saggio sono ripetuti e ampliati gli argomenti di quest'ul timo capoverso]. 30 [Parola aggiunta nel 1924.] damente accanto. Abbiamo qui nella sua interezza il modo di autosoddisfacimento mediante l'atto del ciucciare, modo di cui mi hanno parlato anche altre pazienti, divenute più tardi anestetiche e isteriche. Da una di tali malate ho ricevuto un'informazione che getta chiara luce sull'origine di questa strana abitudine. La giovane — che del resto non aveva mai perso l'abitudine di succhiarsi le dita — serbava il seguente ricordo infantile, che sembrava risalisse alla prima metà del secondo anno di vita: lei che succiava al seno della nutrice e al tempo stesso le tirava ritmicamente il lobo dell'orecchia. Ritengo che nessuno contesterà che la mucosa delle labbra e della bocca debba essere considerata come "zona erogena" primaria, dato che essa ha in parte conservato questo significato nel bacio, atto considerato normale. Un'attività intensa e iniziata per tempo di questa zona erogena costituisce dunque la condizione per l'ulteriore compiacenza somatica da parte del tratto di mucosa che ha inizio con le labbra. Così, allorché poi è già noto il vero oggetto sessuale, il membro maschile, se si producono circostanze che accrescono nuovamente l'eccitamento della zona orale rimasta erogena non occorrono grandi sforzi inventivi per sostituire al capezzolo originario, o al dito che ne teneva il posto, l'oggetto sessuale attuale, il pene, nella situazione atta al soddisfacimento. Dunque questa fantasia quanto mai ripugnante e perversa di succhiare il pene ha l'origine più innocente; essa è la riproduzione variata di un'impressione che può dirsi preistorica, quella del succhiare il seno materno o della nutrice, impressione in genere ravvivata, in seguito, dalla vista di bimbi che vengono allattati. Perlopiù la mammella della mucca è servita da adeguata rappresentazione intermedia tra il capezzolo materno e il pene. Dalla esposta interpretazione dei sintomi relativi alla gola della mia paziente può derivare un'altra osservazione. Ci si potrà chiedere in che modo questa situazione sessuale fantasticata concordi con l'altra spiegazione, secondo cui la comparsa e scomparsa dei fenomeni morbosi riprodurrebbe l'assenza e presenza dell'uomo amato ed esprimerebbe dunque, tenendo conto del comportamento della moglie di lui, il pensiero: "se io fossi sua moglie l'amerei in modo del tutto diverso, sarei malata (di nostalgia, diciamo) quando è lontano, sarei sana (di gioia) quando è di nuovo a casa". La mia esperienza in fatto di soluzione dei sintomi isterici mi consente di rispondere che non è necessario che i diversi significati di un sintomo siano tra loro conciliabili, ossia si integrino così da formare un contesto coerente; è sufficiente che questo contesto sia fornito dal tema che ha dato origine a tutte le diverse fantasie. Del resto, nel nostro caso non è da escludere la conciliabilità; uno dei significati si riferisce più alla tosse, l'altro più all'afonia e all'alternarsi degli stati; un'analisi più approfondita avrebbe probabilmente consentito di ampliare notevolmente la mentaliz-zazione dei dettagli della malattia. Abbiamo già visto che un sintomo corrisponde senza eccezione a più significati contemporaneamente; aggiungiamo ora che esso può esprimere anche più significati successivamente. Col passare degli anni, il sintomo può modificare uno dei suoi significati o il suo significato principale, oppure il ruolo principale può passare da un significato all'altro. È come se vi fosse, nel carattere della nevrosi, un elemento conservatore, per cui il sintomo una volta costituito viene conservato, per quanto è possibile, anche quando il pensiero inconscio che in esso trovava la sua espressione ha perso la sua importanza. È peraltro facile spiegare meccanicisticamente questa tendenza alla conservazione del sintomo; la produzione di un simile sintomo è così difficile, la traduzione dell'eccitamento puramente psichico in termini fisici (da me denominata "conversione") dipende da tante condizioni favorevoli, la compiacenza somatica, necessaria alla conversione, è così difficile da avere, che la spinta a scaricare l'eccitamento proveniente dall'inconscio induce a contentarsi, per quanto è possibile, di una via di scarico già praticabile. La costituzione di rapporti associativi tra un nuovo pensiero, che ha bisogno di scaricarsi, e il vecchio, che ha perso tale bisogno, sembra assai più facile della creazione di una nuova conversione. Lungo la via così aperta l'eccitamento fluisce dalla sua nuova fonte \erso l'antico punto di scarico e il sintomo somiglia, nelle parole del Vangelo, a un vecchio otre riempito di vino nuovo. Ma anche se, da quanto precede, la parte somatica del sintomo isterico appare l'elemento più stabile, più difficile da rimpiazzare, mentre la parte psichica appare l'elemento più variabile e facilmente sostituibile, non si deve dedurre da questo confronto tra le due parti un relativo rapporto d'importanza. Per la psicoterapia la più importante è sempre la parte psichica. L'incessante ripetizione degli stessi pensieri circa i rapporti tra il padre e la signora K. offrì all'analisi, nel caso di Dora, l'occasione di ottenere altri materiali importanti. Un tale giro di pensieri può essere definito sovraintenso o meglio rinforzato, "sovravalente" nel senso di Wernicke.31 Malgrado il contenuto apparentemente corretto, il suo carattere patologico viene rivelato dalla peculiarità che, nonostante tutti gli sforzi coscienti e intenzionali, il soggetto non riesce né a spezzarlo né a sopprimerlo, laddove un giro normale di pensieri può essere eliminato qualunque ne sia l'intensità. Dora sentiva perfettamente che i suoi pensieri sul padre meritavano un giudizio particolare. "Non posso pensare ad altro", si lamentava ripetutamente. "Mio fratello mi dice, è vero, che noi ragazzi non abbiamo il diritto di criticare le azioni del babbo. Non ce ne dovremmo preoccupare e magari ci dovremmo rallegrare del fatto che egli abbia trovato una donna cui affezionarsi, dato che la mamma lo comprende così poco. Mi rendo conto di questo e vorrei pensarla come mio fratello, ma non posso. Non posso perdonargli."32 Che fare di fronte a un simile pensiero sovravalente, dopo aver preso conoscenza dei suoi motivi inconsci e delle obiezioni vanamente mosse contro di esso? Occorre dirsi che un tale giro di pensieri sovraintenso deve il suo rafforzamento all'inconscio. Esso non può essere risolto dall'attività mentale, o perché si spinge, con le sue radici, fino al materiale inconscio rimosso, o perché dietro ad esso si nasconde 31 [C. Wernicke, Grundriss dei Psychiafrie (Lipsia 1900) p. 140.] 32 Un simile pensiero sovravalente, oltre la profonda depressione, costi tuisce spesso l'unico sintomo di uno stato patologico generalmente deno minato "melanconia" ma che può essere risolto, tramite la psicoanalisi, come un'isteria. un altro pensiero inconscio. Quest'ultimo è perlopiù il suo opposto diretto. I pensieri opposti sono sempre strettamente legati gli uni agli altri e spesso appaiati in modo che mentre l'uno è conscio in modo sovraintenso, la sua controparte è rimossa e inconscia. Questo rapporto è un prodotto del processo di rimozione. La rimozione, infatti, viene spesso effettuata in modo che il pensiero opposto a quello da rimuovere venga rafforzato all'eccesso. Ho denominato questo fenomeno rafforzamento reattivo, e pensiero reattivo quello che si afferma con eccessiva intensità nella coscienza e che si mostra ineliminabile come fosse un pregiudizio. I due pensieri si comportano reciprocamente pressappoco come i due aghi di una coppia astatica di aghi magnetici.33 In virtù di un certo eccesso di intensità, il pensiero reattivo trattiene nella rimozione il materiale respinto; ma per ciò stesso è "sfumato" e protetto contro il lavoro mentale cosciente. La via per togliere al pensiero sovraintenso il suo rafforzamento è dunque quella di rendere cosciente il pensiero opposto rimosso. Non bisogna neppure escludere la possibilità di incontrare casi in cui sussiste non una soltanto, ma il concorso di entrambe le cause per la sovravalenza. Si possono presentare anche altre complicazioni che però si lasciano facilmente ricondurre ai casi precedenti. Verifichiamo innanzitutto, nell'esempio offertoci da Dora, la prima ipotesi, cioè che la radice della preoccupazione di tipo ossessivo per i rapporti tra il padre e la signora K. rimanga a Dora ignota perché la radice stessa risiede nel suo inconscio. Non è difficile indovinare, dalle circostanze e dalle manifestazioni di questo caso, la natura di tale radice. Con la sua condotta Dora superava, evidentemente, i limiti dell'interessamento filiale; ella sentiva e agiva piuttosto come una moglie gelosa, in un modo che sarebbe stato comprensibile nella madre. Ponendo al padre l'alternativa "lei o io", con le scene che gli faceva, con la minaccia di suicidio che gli aveva lasciato intravedere, ella si metteva 33 [Un "sistema astatico" per sottrarre un ago magnetico all'azione del magnetismo terrestre è costituito da due aghi rigidamente uniti e paralleli, ma con i poli omonimi da parti opposte.] chiaramente al posto della madre. D'altronde, se abbiamo indovinato il carattere di fantasticata situazione sessuale su cui è basata la tosse, in essa Dora si metteva al posto della signora K. Ella si identificava dunque con le due donne amate dal padre, l'una prima e l'altra ora. È facile concluderne che essa era assai più affezionata al padre di quanto ella stessa sapesse o fosse disposta a riconoscere, ossia che era innamorata del padre. Simili relazioni amorose inconsce tra padre e figlia, tra madre e figlio, riconoscibili dalle loro conseguenze abnormi, sono da considerare a mio avviso come un risveglio di germi infantili della sensibilità. Ho esposto altrove34 come per tempo si manifesti l'attrazione sessuale tra genitori e figli e come il mito di Edipo sia probabilmente da considerare una versione poetica dell'aspetto tipico di tali relazioni. Questo verificarsi per tempo dell'inclinazione della figlia per il padre, del figlio per la madre, di cui si può probabilmente riscontrare una chiara traccia nella maggior parte delle persone, deve essere ritenuto più intenso sin dall'inizio nei bambini costituzionalmente predisposti alla nevrosi, precoci e avidi di amore. Intervengono in seguito certe influenze (di cui non è da parlare in questa sede) che fissano il rudimentale moto amoroso o lo rafforzano al punto ch'esso divenga — già negli anni dell'infanzia o solo all'epoca della pubertà — qualcosa di equiparabile a un'inclinazione sessuale e che, come questa, implichi la partecipazione della libido.35 Le circostanze esterne, nel caso della nostra paziente, non erano affatto sfavorevoli a questa supposizione. Per la sua stessa disposizione ella era attratta dal padre e le ripetute malattie di lui dovevano aver accresciuto la sua tenerezza; molte volte il malato aveva ammesso lei sola a prestargli le piccole cure abituali; fiero della sua intelligenza precoce, il padre ne aveva fatto, ancora bambina, la sua confidente. Non era in verità la madre, ma lei, ad essere 34 Nella Interpretazione dei sogni (1899) cit., pp. 242 sgg. e nel terzo dei miei Tre saggi suila teoria sessuale (1905). 35 II fattore decisivo è con ogni probabilità costituito dall'apparizione per tempo di schiette sensazioni genitali, spontanee 0 provocate da seduzione 0 masturbazione (vedi oltre). stata cacciata da più d'una posizione dalla comparsa della signora K. Quando dissi a Dora che dovevo supporre che la sua inclinazione per il padre avesse già da tempo il carattere di un pieno innamoramento, ella rispose naturalmente come al solito di "non ricordarsi"; mi parlò però subito di un fatto analogo riguardante una sua cugina per parte di madre, di sette anni, in cui ella credeva spesso di vedere come un riflesso alla propria infanzia. La piccola era stata un giorno testimone ancora una volta di una violenta lite tra i genitori e aveva sussurato all'orecchio a Dora, giunta in visita poco dopo: "Non puoi credere quanto detesti quella donna! — (accennando alla madre). — E se un giorno muore io sposo papà!" In simili associazioni da cui risulta qualcosa che concorda con le mie affermazioni, io vedo generalmente una conferma data dall'inconscio. Non ci si può attendere un diverso "sì" dall'inconscio; un "no" inconscio non esiste.35 Per anni questo amore per il padre non si era manifestato; anzi Dora era stata per molto tempo in rapporti cordialissimi proprio con la donna che l'aveva soppiantata presso il padre e aveva persino favorito la sua relazione con il padre, come sappiamo dalle autoaccuse. Questo amore si era dunque ravvivato di recente e, se stanno così le cose, ci si deve chiedere a quale scopo. Evidentemente come sintomo reattivo, allo scopo di reprimere qualcosa d'altro, qualcosa, cioè, ancora potente nell'inconscio. Date le circostanze, non potevo non pensare in primo luogo che questa cosa repressa fosse l'amore per il signor K. Dovevo supporre che questo amore durasse ancora ma che dopo la scena del lago incontrasse, per motivi ignoti, una violenta opposizione interiore, e che la giovane avesse risvegliato e rafforzato la sua antica inclinazione per il padre per non dover più nulla riscontrare nella propria coscienza del suo amore di adolescente, divenutole penoso. Riuscii allora a comprendere un conflitto capace di sconvolgere la vita psi- 36 [Nota aggiunta ne] 1923] Ancora non conoscevo un'altra forma, assai singolare e assolutamente attendibile, di conferma da parte dell'inconscio. Si tratta delle esclamazioni del malato: "Non pensavo questo", o: "Non ci avevo pensato", che si debbono tradurre: "Sì, questo mi era inconscio." chica della paziente. Ella era da un lato piena di rimpianto per aver respinto le profferte di K., piena di nostalgia di lui e delle sue piccole manifestazioni di tenerezza; dall'altro, a questi sentimenti teneri e nostalgici si opponevano potenti motivi, tra i quali s'indovinava facilmente il suo orgoglio. Ella era così giunta a convincersi di averla finita con K. (e questo era il vantaggio che le procurava questo tipico processo di rimozione), mentre doveva d'altronde chiamare in aiuto ed esagerare l'inclinazione infantile per il padre, per difendersi dall'amore per K. che cercava costantemente di riaffiorare alla coscienza. Lo stato quasi costante di esasperata gelosia della malata sembrava peraltro essere determinato anche in un altro modo.37 Ero perfettamente preparato a sentire da Dora, allorché le esposi questa spiegazione, il più deciso diniego. Il "no" che il paziente ci oppone allorché presentiamo per la prima volta alla sua percezione cosciente il pensiero rimosso non fa che confermare la rimozione, e la decisione con cui è pronunciato è in certo modo una misura dell'intensità di essa. Se non consideriamo questo "no" come un giudizio imparziale, di cui il malato d'altronde è incapace, bensì passiamo oltre e continuiamo il nostro lavoro, incontriamo ben presto le prime prove del fatto che il "no", in un tal caso, significa il "sì" desiderato. Dora ammise che non poteva serbare al signor K. tutto il rancore che questi si sarebbe meritato. Mi raccontò che un giorno l'aveva incontrato per la strada, mentre era in compagnia d'una cugina che non lo conosceva, e che la cugina aveva esclamato: "Dora, che hai? Sei diventata pallida come un cencio!" Ella non si era affatto accorta di essere impallidita; io le spiegai però che il giuoco della fisionomia e l'espressione dell'affetto danno ascolto più all'inconscio che alla coscienza e tradiscono facilmente il primo.38 Un'altra volta, dopo parecchi giorni in 37 Ne parleremo poco sotto. Ruhig Icann ich euch erscheinen, Ruhig gehen sehen. [Tranquillamente posso vedervi apparire, Tranquillamente andare.] [Versi di Schiller, nella ballata del Cavaliere Toggenburg. Le parole sono dirette a un crociato dalla sua amata, che invano affetta indifferenza.] cui si era mostrata d'umore costante e lieto, ella venne da me in uno stato di profondo abbattimento, che lei stessa non sapeva spiegarsi. Oggi — mi disse — tutto le andava a rovescio; era il compleanno dello zio e non poteva risolversi a fargli gli auguri, senza saperne il perché. Le mie capacità interpretative in quel momento parevano piuttosto ottuse; la lasciai continuare ed ella ricordò improvvisamente che quel giorno ricorreva anche il compleanno del signor K., del che non mancai di servirmi contro di lei. Non era inoltre difficile capire perché i ricchi regali ch'ella aveva ricevuto qualche giorno prima per il proprio compleanno non le avessero procurato alcuna gioia. Un regalo mancava, quello del signor K., che in passato era stato evidentemente il più prezioso per lei. Dora continuò tuttavia per un po' di tempo a opporsi alle mie asserzioni, finché verso la fine dell'analisi una prova decisiva venne a dimostrarne l'esattezza. Devo ora parlare di un'altra complicazione, a cui certo non dedicherei spazio alcuno se fossi un artista che deve inventare un simile stato d'animo in un racconto, invece di un medico che ne deve fare la dissezione. L'elemento cui ora alluderemo non può che offuscare e dissolvere la bellezza, la poesia del conflitto che abbiamo dovuto ascrivere a Dora; esso verrebbe a buon diritto sacrificato dalla censura dell'artista che, del resto, quando appare nelle vesti di psicologo, semplifica e astrae. Ma nella realtà che io mi sforzo qui di descrivere, la complicazione dei motivi, il cumulo e la combinazione degli stati d'animo, in una parola la sovradeterminazione, costituiscono la norma. Sotto i pensieri sovravalenti che s'aggirano intorno alla relazione tra il padre e la signora K. si celava in effetti anche un moto di gelosia il cui oggetto era questa stessa donna; un moto, dunque, che poteva basarsi soltanto sopra un'inclinazione verso il suo stesso sesso. È noto da tempo ed è spesso stato messo in rilievo che nella pubertà ragazzi e ragazze mostrano chiari indizi, anche in casi normali, d'inclinazione verso il proprio sesso. L'amicizia entusiastica tra compagne di scuola, con giuramenti, baci e promesse di eterna corrispondenza e con tutte le suscettibilità proprie della gelosia, abitualmente precorre la prima vera passione per un uomo. In circostanze favorevoli la corrente omosessuale si esaurisce poi completamente; ma se il successivo amore per l'uomo non costituisce un'esperienza felice, spesso quella corrente viene risvegliata dalla libido negli anni seguenti ed elevata a un grado più o meno alto d'intensità. Se ciò può essere agevolmente costatato nelle persone sane, una disposizione anche maggiore all'omosessualità dovrà potersi accertare nella costituzione dei nevrotici, dato che in questi, come abbiamo precedentemente visto, si ha un maggiore sviluppo dei germi normali di perversione. Così dev'essere effettivamente, poiché non ho ancora effettuato una sola psicoanalisi di uomo o di donna senza imbattermi in una simile rilevante corrente omosessuale. Nelle adolescenti o donne isteriche in cui la libido sessuale diretta verso l'uomo ha subito un'energica repressione, si riscontra regolarmente la libido diretta verso la donna, rafforzata in sua vece e talora persino parzialmente conscia. Non mi attarderò qui su questo importante argomento, indispensabile soprattutto per capire l'isteria maschile, perché l'analisi di Dora fu interrotta prima che potesse far luce su questo aspetto del suo caso. Voglio però ricordare quella governante con cui Dora visse in intimo scambio d'idee finché non si accorse di essere accudita da lei e vezzeggiata non per sé stessa ma in ragione del padre; allora l'aveva costretta a lasciare la casa. Dora mi intrattenne anche ampiamente, con una frequenza e un'enfasi particolari, sulla storia di un'altra amicizia alienatasi per motivi rimasti a lei stessa misteriosi. Ella era sempre andata molto d'accordo con la sua cugina più giovane, quella che poi si era fidanzata, e le confidava tutti i propri segreti. Ora, quando il padre tornò per la prima volta a B. dopo la vacanza interrotta sul lago e Dora naturalmente non volle accompagnarlo, venne invitata la cugina a fare il viaggio con lui, e questa accettò. Dopo di allora Dora provò un senso di freddezza per la cugina e lei stessa si meravigliava di come le fosse divenuta indifferente, sebbene, doveva ammetterlo, non avesse grandi rimproveri da muoverle. Queste suscettibilità della paziente mi indussero a chiederle quali fossero stati i suoi rapporti con la signora K. fino al momento del dissidio. Appresi al- lora che la giovane donna e Dora, appena adolescente, avevano vissuto per anni nella maggiore intimità. Quando Dora abitava presso i K. ella divideva con la signora la camera da letto, da cui il marito veniva sloggiato. Era stata la confidente e la consigliera della moglie in tutte le difficoltà della sua vita coniugale; non v'era nulla di cui non avessero parlato. Medea era ben soddisfatta che Creusa attirasse a sé i due bambini; ed ella certo nulla faceva per disturbare la relazione del padre di quei bambini con la ragazza. Come Dora arrivasse ad amare l'uomo di cui la sua cara amica sapeva dirle tanto male, costituisce un interessante problema psicologico, che si può risolvere se si comprende che nell'inconscio i pensieri vivono fianco a fianco in modo particolarmente confortevole e persino i contrari si sopportano senza urti, uno stato di cose, questo, che permane abbastanza spesso anche nella coscienza. Quando Dora parlava della signora K., ne decantava "il candore affascinante del corpo", in un tono piuttosto da innamorata che da rivale sconfitta. Un'altra volta mi disse, con più mestizia che amarezza, di essere convinta che i regali che le portava il babbo erano stati scelti dalla signora K.; ella vi riconosceva il suo gusto. Un'altra volta ancora mi disse che certo per opera della signora K. le erano stati regalati gioielli in tutto simili a quelli che aveva visti presso di lei e di cui allora aveva espresso apertamente il desiderio. Debbo insomma dire che non ho mai udito una parola dura o irosa di Dora nei confronti della donna in cui ella, dal punto di vista dei suoi pensieri sovravalenti, avrebbe dovuto vedere la ragione prima della propria infelicità. Ella sembrava dunque comportarsi in modo non conseguente, ma questa inconseguenza apparente era proprio l'espressione di una corrente emotiva che complicava le cose. In effetti, come si era condotta nei suoi riguardi l'amica tanto entusiasticamente amata? Dopo che Dora ebbe formulato le sue accuse contro il signor K., il padre gli aveva scritto chiedendogli spiegazioni, e questi aveva risposto protestando anzitutto il proprio massimo rispetto e offrendosi di venire alla città industriale per chiarire ogni malinteso. Ma qualche settimana dopo, quando il padre s'incontrò col signor K. a B., non si parlò più di rispetto; K. parlò male di Dora e, come ultima carta, disse che una ragazza che leggeva certi libri e s'interessava a certe cose non poteva pretendere il rispetto di un uomo. Solo con la signora K. Dora aveva parlato del Mantegazza e di argomenti scabrosi; era stata dunque lei a tradirla e a denigrarla. Si ripeteva il caso della governante: anche la signora K. non l'aveva amata per lei stessa, ma per suo padre, l'aveva sacrificata senza esitazione per non essere disturbata nella sua relazione con lui. Forse quest'offesa l'aveva colpita più da vicino, aveva avuto su Dora un'azione più patogena dell'altra con cui ella cercava forse di mascherarla, l'offesa fattale dal padre sacrificandola. Un'amnesia così ostinatamente mantenuta circa la fonte delle sue conoscenze scabrose non era forse in diretto rapporto col valore sentimentale dell'accusa rivoltale e di conseguenza col tradimento dell'amica? Non credo dunque di ingannarmi presumendo che i pensieri sovravalenti di Dora, aggirantisi sulla relazione tra il padre e la signora K., non fossero destinati soltanto a reprimere l'amore, una volta cosciente, per il signor K., ma anche a mascherare l'amore per la signora K., inconscio nel senso più profondo. Con questa seconda corrente i pensieri su cui insisteva erano in totale contrasto: Dora si ripeteva senza tregua che il padre l'aveva sacrificata a quella donna, asseriva enfaticamente di invidiare a costei l'amore di suo padre, e in tal modo nascondeva a sé stessa il contrario, ossia ch'ella non poteva non invidiare al padre l'amore di quella donna e che non aveva potuto perdonare alla donna amata la delusione datale col suo tradimento. Il moto di gelosia della donna si accoppiava, nell'inconscio, a una gelosia quale avrebbe potuto essere provata da un uomo. Queste correnti virili, o per dir meglio ginecofìle, del sentimento sono da considerarsi tipiche della vita erotica inconscia delle adolescenti isteriche. Note1 Una volta un collega mi chiese di sottoporre a trattamento psicoterapeutico una sua sorella che — a quanto mi disse — era stata curata per anni, senza successo, d'isteria (dolori e disturbi della deambulazione). Le brevi informazioni datemi mi parvero bene accordarsi con la diagnosi, e nella prima seduta mi feci raccontare dalla stessa ammalata la sua storia. Poiché tale relazione, nonostante la singolarità dei fatti, era assolutamente chiara e ordinata, pensai che non poteva trattarsi di un caso d'isteria e iniziai immediatamente un'accurata visita somatica. Potei così diagnosticare una tabe moderatamente avanzata, che in seguito migliorò notevolmente per mezzo di iniezioni di mercurio ("oleum cinereum") praticate dal professor Lang. 2 Amnesie e paramnesie si trovano in rapporto complementare: dove sussistono più ampie lacune della memoria, si riscontrano poche illusioni mnestiche. Viceversa queste ultime possono nascondere completamente, a tutta prima, l'esistenza di amnesie. 3 Una regola, tratta dall'esperienza, insegna che in una esposizione accompagnata da dubbi bisogna prescindere completamente dal giudizio di colui che espone. Se questi esita tra due alternative si può in genere considerare la prima esatta, mentre la seconda è il prodotto della rimozione. 4 Non condivido l'opinione che unica etiologia delle nevrosi sia l'ereditarietà; vorrei tuttavia, in relazione a mie precedenti pubblicazioni (L'ereditarietà e i'etiologia delle nevrosi, 1896) in cui combattevo tale opinione, evitare l'impressione ch'io sottovaluti l'ereditarietà nell'etiologia dell'isteria o la consideri del tutto superflua. Nel caso della nostra paziente, quanto le è stato trasmesso da parte del padre e degli zii paterni costituisce una carica patologica sufficiente; e chi ritenga che anche stati patologici come quelli della madre non sono possibili senza una predisposizione ereditaria, potrà parlare, nel nostro caso, di ereditarietà convergente. A me sembra più importante, per la predisposizione ereditaria o meglio costituzionale della ragazza, un altro elemento. Ho già detto che il padre aveva contratto una sifilide prima del matrimonio. Ora, una percentuale notevolissima dei miei malati curati psicoanaliticamente discende da genitori affetti da tabe o da paralisi generale. A causa della novità del mio procedimento terapeutico, ho occasione di trattare soltanto i casi più difficili, già curati per anni senza alcun successo. In base alla teoria di Erb-Fournier, è possibile considerare la tabe o la paralisi del genitore come indicazione di un'infezione luetica anteriore, infezione che, in un certo numero di casi, ho io stesso potuto riscontrare direttamente. Nell'ultima discussione sulla discendenza dei luetici (13° Congresso internazionale di Medicina, tenutosi a Parigi dal 2 al 9 agosto 1900: relazioni di Finger, Tarnowsky, Jullien e altri) non trovo menzione di un fatto che la mia esperienza di neuropatologo mi obbliga ad ammettere, ossia che la sifilide dei genitori entra certamente in campo nell'etiologia della costituzione nevropatica dei figli. 5 Diremo più avanti della probabile causa occasionale di questa prima malattia. 6 Vedi in proposito l'analisi del secondo sogno. 7 Come ho già detto, questo trattamento e quindi la mia comprensione dei concatenamenti della storia clinica sono rimasti frammentari. Di conseguenza, non posso dare nessun chiarimento di certi punti o debbo limitarmi ad accenni e a supposizioni. Quando, durante una seduta, si venne a parlare di questa lettera, la ragazza chiese, mostrandosi stupita: "Come hanno potuto trovare la lettera? Eppure, era chiusa nella mia scrivania." Poiché però essa sapeva che i genitori avevano letto questa minuta di una lettera d'addio, ne dedussi che lei stessa l'aveva fatta cadere nelle loro mani, 8 Credo che questa crisi fosse accompagnata anche da convulsioni e deliri. Poiché tuttavia l'analisi non penetrò neppure fino a questo avvenimento, non dispongo in proposito di alcun ricordo sicuro. 9 Ecco un esempio del secondo caso. Uno dei miei colleghi viennesi — la cui convinzione circa l'irrilevanza dei fattori sessuali nell'isteria si è probabilmente consolidata attraverso esperienze come questa — si decise allo spinoso passo di chiedere a una ragazza di quattordici anni, sofferente di violento vomito isterico, se per avventura non avesse avuto una relazione amorosa. Costei, con uno stupore probabilmente ben simulato, rispose di no, e con parole poco riguardose raccontò poi alla madre: "Pensa un po', quell'idiota mi ha persino chiesto se ero innamorata." Essa fu poi affidata a me e si scoprì — naturalmente, non nel nostro primo colloquio — che era stata per lunghi anni dedita alla masturbazione, con forte leucorrea (che aveva stretta attinenza con il vomito); in seguito si era disabituata spontaneamente, ma nell'astinenza era tormentata da un intensissimo senso di colpa, tanto da interpretare come punizione divina del suo peccato tutte le disgrazie che capitavano alla famiglia. Era inoltre sotto l'influsso del romanzo di una sua zia, la cui gravidanza illegittima (secondo fattore determinante il vomito) le era stata tenuta nascosta, ma evidentemente senza successo. La paziente, che tutti consideravano "proprio una bambina", si rivelò informata di tutti gli aspetti essenziali delle relazioni sessuali. 10 Ho superato questa teoria senza abbandonarla; oggi, cioè, io non la considero erronea, ma incompiuta. Ho smesso soltanto di porre l'accento sul cosiddetto stato ipnoide che insorgerebbe nel malato in occasione del trauma e sulla cui base s'instaurerebbero i successivi accadimenti psichici abnormi. Se, riguardo a un lavoro in collaborazione, è permesso procedere retrospettivamente a una "separazione dei beni", vorrei qui dire che la tesi degli "stati ipnoidi", in cui alcuni hanno voluto vedere il nocciolo del nostro lavoro, era dovuta esclusivamente all'iniziativa di Breuer. Ritengo superfluo e atto a indurre in errore, l'interrompere, con questa denominazione, la continuità del problema della natura del processo psichico nella formazione dei sintomi isterici. "Vedi il mio articolo Etiologia dell'isteria (1896). 11 Queste circostanze verranno meglio valutate attraverso un chiarimento che darò più avanti. 2. Il primo sogno Eravamo sul punto di chiarire, mediante il materiale fornito dall'analisi, un episodio oscuro della sua infanzia, quando Dora mi riferì di aver fatto poche notti prima un sogno che costituiva l'esatta ripetizione di altri simili fatti precedentemente. Un sogno periodicamente ricorrente era già per questo suo carattere particolarmente adatto a risvegliare la mia curiosità; nell'interesse del trattamento, poi, si doveva tener presente come il sogno s'inserisse nel contesto dell'analisi. Decisi dunque di studiarlo con la massima attenzione. Primo sogno: "In una casa c'è un incendio,1 — mi raccontò Dora. — Mio padre è in piedi davanti al mio Ietto e mi sveglia. Mi vesto rapidamente. La mamma vorrebbe ancora salvare il suo scrigno dei gioielli, ma il babbo dice: 'Non voglio che io e i miei due bambini bruciamo a causa del tuo scrigno dei gioielli.' Scendiamo in fretta, e appena sono fuori mi sveglio." Poiché si tratta di un sogno ricorrente, mi vien naturale domandarle quando l'abbia fatto la prima volta. Risponde che non Io sa, ricorda però di averlo fatto per tre notti di seguito a L. (il paese sul lago, dove accadde la scena con K.); poi si era ripetuto qui [a Vienna] qualche giorno prima.2 Il nesso in tal modo stabilito tra il sogno e gli avvenimenti a L. rafforza, naturalmente, la mia speranza di poter spiegare il sogno stesso. Vorrei prima di tutto venire a sapere la causa, in particolare, della sua ultima ricomparsa e domando perciò a Dora (già addestrata all'interpretazione onirica, grazie a brevi sogni precedentemente analizzati) di scomporre il sogno pezzo per pezzo e di comunicarmi quello che le viene in mente al riguardo. — Mi viene in mente qualcosa — dice — ma non può ap- 1 "A casa nostra non c'è mai stato, in realtà, un incendio", mi disse poi Dora rispondendo a una mia domanda. 2 Dal contenuto del sogno si deduce che Dora l'aveva avuto a L. per /a prima volta. 5.17 partenere al sogno, perché è del tutto recente, mentre il sogno l'ho già avuto sicuramente in passato.
Ma ecco che Dora ha trovato il legame tra lo spunto recente del sogno e quello di allora, poiché aggiunge: — Quando papà e io arrivammo a L., egli disse esplicita mente di aver paura di un incendio. Arrivammo durante un violento temporale, vedemmo la casetta di legno e che non c'era parafulmine. La sua paura era quindi del tutto na turale. Devo ora cercare di scoprire la relazione tra gli avvenimenti di L. e gli analoghi sogni di quel periodo. Chiedo dunque: "Ha fatto quel sogno nelle prime notti a L. o nelle ultime prima della partenza, ossia prima o dopo la nota scena nel bosco [al lago]?" (sapevo infatti che la scena non era avvenuta il primo giorno, e che dopo di essa Dora era rimasta a L. ancora alcuni giorni, senza rivelare nulla dell'accaduto). Dora risponde dapprima che "non sa", ma dopo un momento aggiunge: "Credo dopo, però." Ora so dunque che il sogno costituiva una reazione a 3 Sottolineo queste parole perché mi stupiscono. Esse mi sembrano equivoche. Non si usa la stessa espressione per indicare certi urgenti bisogni corporali? Le parole equivoche sono come "scambi" nelle vie dell'associazione. Se si pone lo scambio in modo diverso da come sembrava esser messo nel contenuto del sogno, si arriva al binario su cui si muovono i pensieri cercati e ancora nascosti dietro al sogno. quella esperienza. Ma perché si era ripetuto tre volte a L.? Domandò ancora:
Invece di rispondere alla mia domanda5 Dora, che non contesta più la mia tesi, aggiunge:
4 Vedi quanto è detto a p. 20 circa il dubbio in un ricordo. 5 Doveva infatti affiorare altro materiale mnestico prima che potesse rispondere alla domanda da me posta. 6 Suppongo, senza dirlo ancora a Dora, che questo elemento sia stato raccolto dalla paziente a causa del suo significato simbolico. Nei sogni,
Interrompo il resoconto dell'analisi per confrontare questo brano d'interpretazione onirica con le mie proposizioni generali sul meccanismo di formazione del sogno. Ho detto nel mio libro sull'Interpretazione dei sogni (1899) che ogni sogno è un desiderio raffigurato come appagato, che il raffiguramento è una mascheratura quando si tratta di un desiderio rimosso, appartenente all'inconscio, e che, a eccezione dei sogni dei bambini, solo il desiderio inconscio o che si spinge fino all'inconscio possiede la forza necessaria a formare un sogno. Credo che avrei ottenuto più sicuramente il consenso generale se mi fossi limitato ad affermare che ogni sogno ha un senso, determinabile mediante un certo lavoro d'interpretazione, e che compiuto questo lavoro è possibile sostituire il sogno con pensieri che s'inseriscano Zimmer [camera] sta assai spesso per Frauenzimmer [letteralmente: camera delle donne, e quindi, donna, con termine leggermente spregiativo], e naturalmente non è indifferente se una donna sia "aperta" o "chiusa". È inoltre noto quale sia in questo caso la "chiave" che apre. in un punto facilmente riconoscibile della vita psichica della veglia. Avrei magari potuto aggiungere che il senso del sogno appare altrettanto vario del corso dei pensieri della veglia; che esso può essere una volta un desiderio adempiuto, un'altra una paura realizzata, un'altra ancora una riflessione protrattasi nel sogno, un proposito (come nel caso di Dora), un frammento di produzione mentale durante il sonno e così via. Questo modo di presentare la questione sarebbe potuto apparire affascinante per la sua semplicità e avrebbe potuto poggiare su un gran numero di esempi bene interpretati, come il sogno qui analizzato. Invece, ho formulato un'affermazione generale che limita il senso dei sogni a una singola forma di pensiero, al raffiguramento di desideri, e in tal modo ho attizzato l'universale propensione a contraddirmi. Devo però dire che non credevo di aver né il diritto né il dovere di semplificare un processo psicologico per renderlo più accettabile al lettore, quando questo processo si presentava, alla mia ricerca, di una complicazione possibilmente riducibile all'uniformità soltanto estendendo l'indagine a un altro punto. Ha dunque per me grande importanza il poter dimostrare che le eccezioni apparenti, come questo sogno di Dora che si presenta a tutta prima come una decisione formulata durante la vita protrattasi nel sonno, in realtà confermano la regola contestata. Dobbiamo però ancora interpretare una gran parte del sogno. Continuo a interrogare:
che non le piaceva, avrebbe fatto meglio a regalarlo a qualcun altro.
7 Espressione abituale della paziente per ammettere qualcosa di rimosso. 8 Questa osservazione, che dimostra un fraintendimento totale delle regole dell'interpretazione onirica che pure le erano prima ben note, insieme alle esitazioni e agli scarsi risultati delle associazioni relative allo scrigno dei gioielli, mi provarono che si trattava, qui, di materiale assai intensamente rimosso. 9 Modo frequentissimo di respingere una conoscenza che riaffiora dal rimosso. qualcosa aveva a che vedere con dei gioielli.10 Ora, si ricordi dello scrigno da gioielli regalatole dal signor K. Qui abbiamo l'inizio di una serie di pensieri paralleli in cui il signor K. è da mettere al posto di Suo padre, come nel caso della persona in piedi davanti al Suo letto. Il signor K. le ha regalato uno scrigno, Lei deve dunque regalargli il Suo scrigno; per questo poc'anzi parlavo di ricambiare il regalo. In questa serie di pensieri Sua madre deve essere sostituita dalla signora K., e quest'ultima sì che c'era, allora. Lei dunque è disposta a regalare al signor K. quello che sua moglie gli rifiuta. Ecco qui il pensiero che deve essere rimosso con tanto sforzo, quello che rende necessaria la metamorfosi di tutti gli elementi nel loro contrario. Il sogno conferma ulteriormente quanto le avevo già detto prima di questo sogno, ossia che Lei risveglia l'antico amore per Suo padre allo scopo di difendersi dall'amore per il signor K. Ma insomma che cosa provano questi Suoi sforzi? Non soltanto che Lei temeva il signor K., ma anche che Lei temeva ancora di più sé stessa, temeva la Sua tentazione di cedergli. Provano dunque quanto fosse intenso il Suo amore per lui.11 La paziente non fu naturalmente d'accordo su questa parte dell'interpretazione. Intanto avevo compiuto un altro passo innanzi nell'interpretazione onirica, che ritenevo indispensabile sia per l'anamnesi del caso che per la teoria del sogno. Promisi a Dora di parlargliene nella prossima seduta. Non potevo in effetti dimenticare l'indizio che sembrava derivare dalle già notate parole ambigue: "che si debba conei fuori; che di notte può succedere qualche disastro". A ciò si aggiungeva che la spiegazione del sogno mi appariva incompleta fino a quando non fosse stata adempiuta 10 Anche alle gocce di perle potremo dare in seguito un'interpretazione richiesta dal contesto. 11 Aggiunsi poi: "Dalla riapparizione del sogno in questi ultimi giorni debbo peraltro desumere che Lei ritiene che si sia rìpresentata una situa zione simile, e che Lei ha deciso di non sottoporsì più a una cura cui del resto la induce soltanto Suo padre." Quanto avvenne poi dimostrò l'esattezza della supposizione. La mia interpretazione sfiora qui il tema della "traslazione" (della massima importanza sia pratica che teorica), che nel presente lavoro non avrò molte possibilità di approfondire. una certa condizione, che io non pongo in modo assoluto ma a cui annetto comunque una grandissima importanza. Un sogno regolare si regge, per così dire, su due gambe, di cui una poggia su uno spunto recente essenziale, l'altra su qualcosa avvenuto negli anni dell'infanzia e gravido di conseguenze. Tra le due esperienze, quella dell'infanzia e quella attuale, il sogno stabilisce un collegamento, cerca di trasformare il presente sul modello di un lontano passato. Il desiderio che crea il sogno proviene in effetti sempre dall'infanzia, esso vuole sempre risuscitarla, rifarne una realtà, correggere il presente in base ad essa. Nel contenuto del sogno di Dora ritenevo di già identificare le parti suscettibili di essere ricomposte in modo da richiamarsi a un evento dell'infanzia. Cominciai la discussione su questo punto con un piccolo esperimento, che generalmente ha buon esito e riuscì anche questa volta. Sul tavolo si trovava per caso un grosso portafiammiferi. Chiesi a Dora di guardar bene e di dirmi se vedesse sul tavolo qualcosa che di solito non c'era. Non notò nulla. Poi le domandai se sapesse perché si proibisce ai bambini di giocare con i fiammiferi.
Dora non ne sapeva nulla. — Si teme che la notte bagnino il letto. Alla base di que sta credenza c'è probabilmente l'antitesi tra acqua e fuoco. Si pensa, più o meno, che sogneranno il fuoco e che cer cheranno di spegnerlo con l'acqua. Non so esattamente se la cosa stia così; vedo comunque che nel Suo sogno l'antitesi tra acqua e fuoco Le rende un eccellente servizio. La mam ma vuole salvare lo scrigno dei gioielli perché non bruci; nei pensieri onirici, invece, quello che conta è di non ba gnare lo scrigno. Ma il fuoco non è impiegato soltanto come contrario dell'acqua, serve anche come diretto riferimento all'amore, al fatto di essere innamorato, di bruciare d'amo re. Dal fuoco partono dunque due linee: una conduce, at traverso questo significato simbolico, alle idee d'amore; un'altra, attraverso il contrario (l'acqua), subisce prima una diramazione che conduce a un altro nesso con l'amore, che bagna anch'esso, poi continua per condurre altrove. Dove? Pensi alla Sua espressione: che di notte può succedere qualche disastro; che si debba correr fuori. Ma ciò non significa forse un bisogno fisico? e se Lei riferisce il 'disastro' all'infanzia, che altro può essere se non bagnare il letto? Ma che cosa si fa perché i bambini non bagnino il letto? Li si sveglia, non è vero? Proprio come nel sogno fa il babbo con Lei. Questo sarebbe dunque l'avvenimento reale che le dà il diritto di sostituire, al signor K. che la sveglia, Suo padre. Debbo dunque concludere che Lei ha sofferto di incontinenza notturna più a lungo di quanto accada ordinariamente ai bambini. Lo stesso deve essere stato per Suo fratello; Suo padre dice infatti: 'Non voglio che i miei due bambini muoiano.' Suo fratello altrimenti non ha nulla a che fare con la situazione attuale relativamente ai K., né si trovava con voi a L. Dunque, che le dice la memoria su tutto questo? — Quanto a me non so niente, — rispose, — ma mio fra tello ha continuato a bagnare il letto fino a sei o sette anni; certe volte gli succedeva pure di giorno. Stavo proprio per farle osservare quanto sia più facile ricordarsi, per certe cose, dei fratelli che di sé stessi, quando Dora, proseguendo nel ricordo recuperato, aggiunse:
L'interpretazione del sogno mi sembrava ora compiuta.13 nQuesto medico era il solo in cui la paziente avesse fiducia, perché in quest'occasione aveva potuto avvedersi che egli non aveva scoperto il suo segreto. Ogni altro medico di cui non aveva potuto ancora farsi un giudizio le dava un senso d'angoscia, di cui sappiamo il motivo: egli avrebbe potuto scoprire il suo segreto. 13 II nucleo del sogno si potrebbe tradurre così: "La tentazione è così Il giorno dopo la paziente mi portò un supplemento al sogno; aveva dimenticato di dire che ogni volta, appena svegliata, aveva sentito odore di fumo. Il fumo, certo, si accordava bene col fuoco, ma mostrava inoltre che il sogno aveva un rapporto particolare con la mia persona poiché, quando la paziente sosteneva che questa o quella cosa non dissimulavano nulla, usavo ripeterle: "Dove c'è fumo c'è fuoco." Ma a questa interpretazione esclusivamente personale Dora obiettò che tanto il signor K. che suo padre erano fumatori accaniti (come me, del resto). Anche la paziente aveva fumato quando era al lago, e il signor K. prima di cominciare con le sue infelici proposte le aveva arrotolato una sigaretta. Le pareva anche di ricordare con certezza di aver sentito l'odore di fumo non solo nell'ultima ripetizione del sogno ma anche nei tre sogni precedenti fatti a L. Poiché la paziente ricusava di darmi ulteriori informazioni, stava a me vedere come inserire questo supplemento nella trama del sogno. Poteva servirmi come punto d'appoggio il fatto che la sensazione del fumo mi era stata riferita in via supplementare e aveva perciò dovuto superare uno sforzo particolare della rimozione. Dunque tale sensazione apparteneva probabilmente ai pensieri più oscuramente adombrati e meglio rimossi nel sogno, ossia alla tentazione di concedersi volontariamente all'uomo. Non poteva quindi significare altro che il desiderio di un bacio, e quello di un fumatore sa necessariamente di fumo; ma un bacio era stato scambiato tra i due circa due anni prima14 e si sarebbe certo ripetuto più di una volta se la ragazza avesse ceduto alle profferte. Sembrava dunque che le idee di tentazione fossero risalite alla scena precedente e avessero risvegliato il ricordo del bacio, contro la cui seduzione la nostra "ciucciatrice" si era difesa a suo tempo col disgusto. Se infine riunisco tutti gli indizi che rendono plausibile una traslazione su di me (dato che anch'io fumo), giungo a credere che un giorno durante la seduta probabilmente le fosse venuto in mente di desiderare un bacio da me. Questo aveva motivato la ripetizione del sogno di avvertimento e la formulazione forte; caro papà, proteggimi ancora come ai tempi dell'infanzia, non farmi bagnare il letto!" 14 [Prima del 1924: "un anno prima".] del proposito, da parte della paziente, d'interrompere la cura. Tutto ciò concorda assai bene, ma a causa delle particolarità della "traslazione" si sottrae alla prova. Potrei ora essere incerto fra considerare dapprima i contributi forniti da questo sogno alla storia del caso clinico, oppure confutare l'obiezione che in base al sogno stesso potrebbe essere mossa alla mia teoria onirica. Sceglierò la prima alternativa. Mette conto di esaminare a fondo l'importanza dell'enuresi nella preistoria dei nevrotici. Per chiarezza di esposizione mi limito a mettere in rilievo che quello di Dora non era il caso comune di incontinenza. Il disturbo non soltanto si era protratto oltre il periodo considerato normale, ma — secondo la precisa dichiarazione della paziente — era dapprima scomparso, per poi riapparire relativamente tardi, dopo i sei anni. La causa più probabile di questo genere di incontinenza è a mio avviso la masturbazione, cui finora si è dato troppo poco posto nell'etiologia dell'enuresi. L'esperienza mi dimostra che gli stessi bambini sono ben consapevoli di questo rapporto, e che tutte le conseguenze psichiche che ne derivano stanno a indicare che esso non è mai stato dimenticato. Ora, al momento in cui il sogno venne riferito, la nostra indagine si stava avviando direttamente a una confessione di masturbazione in età infantile. Un istante prima la paziente mi aveva domandato perché quella malattia fosse toccata proprio a lei e ne aveva subito dopo, prima che io potessi risponderle, dato la colpa al padre. Dora non fondava questa sua accusa su pensieri inconsci ma su cognizioni coscienti; con mia meraviglia, ella sapeva di che genere fosse stata la malattia del padre. Quando questi era rincasato dopo la mia visita, la ragazza aveva colto una conversazione in cui si faceva il nome della malattia. Anni prima, al tempo del distacco della retina, l'oculista consultato doveva aver accennato all'etiologia luetica, perché la fanciulla, curiosa e inquieta, aveva sentito una vecchia zia dire alla madre: "Era certo malato già prima del matrimonio", e aggiungere qualcosa per lei impossibile da capire e che, più tardi, aveva giudicato doversi collocare tra le cose sconvenienti. Il padre dunque si era ammalato per la sua vita scostu- mata, ed essa riteneva che egli le avesse trasmesso, per via ereditaria, la sua cattiva salute. Mi guardai bene dal dirle che anch'io, come ho già detto,15 ritengo che la discendenza dei luetici sia molto particolarmente predisposta a neuropsicosi gravi. Questo filo di idee di accusa al padre proseguiva poi attraverso materiale inconscio. Per mezzo di piccoli sintomi e piccole particolarità, la paziente si identificò per alcuni giorni con sua madre, ciò che le dette modo di offrire esempi davvero ragguardevoli di condotta insopportabile, permettendomi peraltro di indovinare ch'ella pensava a un soggiorno a Franzensbad [in Boemia], località da lei visitata in compagnia della madre non ricordo più in che anno. La madre soffriva di dolori al basso ventre e di perdite — un catarro — che avevano resa necessaria la cura a Franzensbad. Dora riteneva — anche qui non a torto, probabilmente — che quell'affezione provenisse dal padre, che avrebbe trasmesso alla madre la sua malattia venerea. Era perfettamente concepibile che Dora confondesse a questo proposito — come del resto la maggior parte dei profani — gonorrea e sifilide, ereditarietà e contagio. La perseveranza della paziente nell'identificarsi con la madre mi impose, per così dire, di chiederle se anche lei non soffrisse di una malattia venerea; appresi così che ella era affetta da un catarro (leucorrea) di cui non ricordava le prime manifestazioni. Capivo che dietro i pensieri palesi di accusa al padre si celava come al solito un'autoaccusa, e le venni incontro dichiarandole che a mio parere la leucorrea nelle giovani indica primariamente la masturbazione, di fronte alla quale, secondo me, passano in seconda linea tutte le altre cause generalmente addotte.16 Aggiunsi che, ammettendo la masturbazione, probabilmente in età infantile, si sarebbe avvicinata a dar risposta alla sua domanda "perché quella malattia fosse toccata proprio a lei". Dora rispose recisamente di non potersi ricordare nulla di simile. Ma alcuni giorni dopo fece qualcosa che io ritenni di dover considerare un ulteriore passo verso la confessione. Aveva alla cintura, quel giorno, un borsellino di un tipo allora assai di moda (non 15 Vedi pp. 23 sg., n. 6. 16 [Nota aggiunta nel 1923] Opinione estrema che oggi non sosterrei. glielo avevo mai visto portare prima né in seguito) e mentre parlava stando sdraiata continuava a giocarci, aprendolo, introducendovi un dito, richiudendolo ecc. Stetti a guardarla un po', poi le spiegai che cosa sia un'azione sintomatica.17 Chiamo azioni sintomatiche gli atti eseguiti, come si suol dire, automaticamente, inconsciamente, senza farvi attenzione, come per passatempo; chi li compie vorrebbe negare loro ogni significato e, interrogato in merito, li dichiara del tutto indifferenti e casuali. Ma una più attenta osservazione mostra che tali azioni, di cui la coscienza nulla sa o nulla vuol sapere, esprimono pensieri e impulsi inconsci e quindi, in quanto espressioni tollerate dall'inconscio, sono importanti e significative. Si possono prendere due atteggiamenti consci di fronte a queste azioni sintomatiche: se si può trovar loro un motivo non strano, se ne prende cognizione; se invece manca alla coscienza un pretesto di questo tipo, allora di regola non ci si accorge affatto della loro esecuzione. Nel caso di Dora la giustificazione era facile: "Perché non dovrei portare questo tipo di borsellino, dato che è di moda?" Ma una simile spiegazione non esclude la possibilità di una provenienza inconscia dell'atto in questione. D'altra parte la provenienza e il senso attribuiti all'atto non possono essere provati in modo assoluto; bisogna accontentarsi di costatare che quel determinato senso concorda ottimamente con l'insieme della situazione in esame, con 1'"ordine del giorno" dell'inconscio. Esporrò in altra occasione una collezione di queste azioni sintomatiche osservabili nelle persone sane e nei nevrotici. La loro interpretazione è talora assai facile. Il borsellino "bivalve" di Dora non è altro che un raffiguramento del genitale; giocando con esso, aprendolo, introducendovi le dita, la paziente dava, in modo niente affatto imbarazzato ma inequivocabile, una comunicazione pantomimica di ciò ch'essa avrebbe voluto fare, ossia della masturbazione. Recentemente mi è capitato un caso analogo, piuttosto comico. Nel corso della seduta la mia cliente, una signora piuttosto anziana, tira fuori una piccola bomboniera d'osso, apparentemente per rinfrescarsi con un confetto, e tenta inutil- 4 17 Vedi la mia Psicopatologia della vita quotidiana (igoi) cap. g. mente di aprirla; poi la dà a me per mostrarmi quanto sia difficile da aprire. Io le esprimo il sospetto che la scatola abbia un significato particolare, giacché non gliel'ho mai vista prima sebbene la signora venga da me da più di un anno. Al che la paziente, precipitosamente: "Questa scatoletta la porto sempre con me, l'ho sempre con me, dovunque vada!" Si calmò soltanto quando le feci osservare, ridendo, che le sue parole potevano applicarsi benissimo anche a un altro significato. Come il borsellino, come lo scrigno dei gioielli, la scatola — [tedesco: Dose; inglese:] box; 7iv£is — ancora una volta non è altro che un sostituto della "conchiglia di Venere", dell'organo genitale famminile! Nella vita v'è molto simbolismo di tal genere, a cui passiamo accanto di solito senza accorgercene. Quando mi posi il compito di portare alla luce ciò che gli uomini nascondono, non mediante la costrizione dell'ipnosi ma servendomi di ciò che essi dicono e mostrano, ritenevo quel compito più difficile di quanto in realtà non sia. Chi ha occhi per vedere e orecchi per intendere si convince che ai mortali non è possibile celare nessun segreto. Chi tace con le labbra chiacchiera con la punta delle dita, si tradisce attraverso tutti i pori. Perciò il compito di render coscienti le cose più nascoste dell'anima è perfettamente realizzabile. L'azione sintomatica con il borsellino non precedeva immediatamente il sogno di Dora. La seduta in cui questo mi venne riferito era cominciata con un'altra azione consimile. Quando entrai nella camera in cui la paziente attendeva, ella nascose rapidamente una lettera che stava leggendo. Le domandai naturalmente di chi fosse, ma Dora si rifiuto dapprima di rispondermi. Risultò poi che la cosa era assolutamente indifferente e senza relazione alcuna con la cura. Si trattava di una lettera della nonna che la esortava a scriverle più spesso. Penso che la paziente volesse soltanto giocare ad avere "un segreto" con me e indicare che, ora, ella stava per lasciarsi strappare il suo segreto dal medico. Ecco che mi spiego il perché dell'avversione di Dora per tutti i medici nuovi: ella temeva che visitandola o interrogandola il medico potesse indovinare (costatando la leucorrea o apprendendo dell'enuresi) l'origine della sua malattia, scoprire cioè la masturbazione. Dopo, essa parlava sempre con gran disprezzo dei medici per cui aveva espresso prima la più grande ammirazione. Le accuse al padre di essere causa della sua malattia, e le autoaccuse che stanno dietro ad esse; la leucorrea; il giocare con il borsellino; l'incontinenza dopo il sesto anno; il segreto che la paziente non vuol lasciarsi strappare dai medici: tutti indizi che, a mio avviso, provano nel modo più completo la masturbazione da bambina. Nel caso di Dora avevo cominciato a sospettare la masturbazione fin da quando la paziente mi aveva parlato dei crampi allo stomaco della cugina (p. 41) e si era poi identificata con quest'ultima lamentando per diversi giorni le stesse sensazioni dolorose. È noto come i crampi allo stomaco siano frequenti appunto nei soggetti dediti alla masturbazione. A quanto m'informa Wilhelm Fliess, si tratta precisamente di quelle gastralgie che è possibile interrompere mediante applicazione di cocaina nel "punto gastrico" del naso, da lui scoperto, e guarire mediante la cauterizzazione dello stesso punto. Dora mi confermò coscientemente due cose: che lei stessa soffriva spesso di crampi allo stomaco, e che riteneva fondatamente che la cugina si masturbasse. Accade assai spesso che i malati riconoscano in altre persone una connessione il cui riconoscimento, in loro stessi, è reso impossibile da resistenze del sentimento. Inoltre la paziente non negava più, pur non ricordandosi ancora di nulla. Anche il fatto che l'incontinenza fosse continuata "fino a poco tempo prima dell'asma nervosa" mi appare significativo dal punto di vista clinico. I sintomi isterici non si manifestano quasi mai durante il periodo in cui il bambino si masturba, ma solo durante l'astinenza;18 essi costituiscono infatti un sostituto del soddisfacimento onanistico, di cui il desiderio resta intatto nell'inconscio fino a quando non intervenga un soddisfacimento diverso e più normale, quando questo sia ancora possibile. Quest'ultima condizione decide della possibilità di guarigione mediante il matrimonio e rapporti sessuali normali. Se nella vita coniugale il soddisfacimento è 18 Ciò vale in linea di principio anche per gli adulti; in essi è tuttavia sufficiente un'astinenza relativa, una limitazione della masturbazione; talché, se la libido è impetuosa, possono aversi allo stesso tempo masturbazione e isteria. nuovamente abolito — per coitus interruptus, estraniamento psichico ecc. — la libido ricerca di nuovo il suo antico alveo e si esprime ancora una volta nei sintomi isterici. Vorrei qui poter precisare quando e per quale particolare influenza la masturbazione venisse repressa nella mia paziente, ma l'incompiutezza dell'analisi mi costringe a presentare un materiale lacunoso. Sappiamo che l'enuresi si protrasse quasi fino alla prima manifestazione di dispnea. Ora, l'unica cosa che Dora seppe dirmi a chiarimento di questa prima manifestazione fu che essa ebbe luogo quando il babbo si trovava assente per la prima volta dopo il miglioramento del suo stato di salute. Questo frammento di ricordo doveva contenere un'allusione all'etiologia della dispnea. Alcune azioni sintomatiche della paziente e altri indizi mi dettero motivo di supporre che la fanciulla, che dormiva in una camera adiacente a quella dei genitori, si fosse accorta di una visita notturna del padre alla madre, udendo durante il coito l'ansimare dell'uomo, già normalmente di respiro corto. I bambini intuiscono in questi casi il carattere sessuale di questi rumori inquietanti. In essi, infatti, i movimenti che esprimono l'eccitamento sessuale esistono già in potenza, come meccanismi innati. Già anni fa ebbi a dire che la dispnea e le palpitazioni cardiache nell'isteria e nella nevrosi d'angoscia sono a mio avviso solo frammenti isolati dell'atto del coito, e in molti casi ho potuto collegare il sintomo della dispnea, dell'asma nervosa, alla stessa causa immediata rilevata nel caso di Dora, ossia a un accidentale ascolto di rapporti sessuali tra adulti. È ben possibile che l'eccitamento concomitante prodottosi allora nella fanciulla provocasse una brusca metamorfosi nella sua sessualità, per cui alla tendenza alla masturbazione venne a sostituirsi una tendenza all'angoscia. Poco tempo dopo, mentre il padre era assente e la fanciulla pensava a lui con nostalgia amorosa, ripetè l'impressione ricevuta sotto forma di crisi asmatica. Dalla causa occasionale di questa malattia conservata nella memoria della paziente, si può congetturare la sequenza di pensieri angosciosi che accompagnò l'accesso. Esso si era verificato, per la prima volta, dopo una gita in montagna, in cui Dora aveva fatto uno sforzo eccessivo provando probabilmente un po' di reale difficoltà di respiro. A ciò venne ad aggiungersi l'idea che al padre erano vietate le ascensioni, che egli non doveva affaticarsi troppo perché aveva il respiro corto; poi il ricordo di come il padre si fosse affaticato quella notte con la mamma, il pensiero che ciò potesse avergli fatto male; poi ancora la preoccupazione di avere forse lei stessa fatto uno sforzo eccessivo con la masturbazione, che parimenti provoca l'orgasmo sessuale accompagnato da una leggera dispnea; e infine si ebbe il ritorno della dispnea accentuata nella forma di sintomo. Una parte di questo materiale fui in grado di ricavarla dall'analisi; il resto dovetti aggiungerlo. Già a proposito della masturbazione, del resto, abbiamo visto che il materiale relativo a un tema può essere raccolto solo per frammenti, in tempi diversi e in diversi contesti.19 Si può porre ora una serie di domande importantissime sull'etiologia dell'isteria: se il caso di Dora sia da considerarsi tipico dal punto di vista etiologico, se esso rappresenti l'unico tipo possibile di determinazione, e così via. Ritengo peraltro giusto attendere, prima di rispondere, di aver reso noto un maggior numero di casi analizzati nello stesso modo. 19 Anche in altri casi la prova della masturbazione in età infantile può essere ottenuta in modo del tutto analogo. Essa si fonda perlopiù su un materiale consimile: cenni di leucorrea, enuresi, cerimoniale relativo alle mani (coazione a lavarsi) ecc. In base alla semeiotica del caso è sempre possibile dire con sicurezza se dell'abitudine del bambino si fossero o meno avvedute le persone che lo accudivano, se la pratica sessuale fosse stata abbandonata dopo un prolungato sforzo per disabituarsi o in seguito a un'improvvisa metamorfosi. Nel caso di Dora nessuno si era avveduto della masturbazione ed essa era scomparsa di colpo (segreto, paura dei medici, sostituzione con la dispnea). I malati contestano regolarmente la forza probante di questi indizi, persino quando è rimasto cosciente il ricordo del catarro o delle ammonizioni materne ("si diventa stupidi; è un veleno"). Ma dopo qualche tempo il ricordo così a lungo rimosso di questo pezzo della vita sessuale dell'infanzia riaffiora con certezza, e in tutti i casi. In una malata che soffriva di ossessioni, conseguenze dirette della masturbazione che aveva praticato da bambina, risultò che i fenomeni costituivano frammenti, conservati inalterati, dell'opera di dissuasione svolta dalla governante: si trattava di autodivieti, di autopunizioni, di non poter fare una cosa se non ne aveva fatta un'altra, d'un bisogno di non essere disturbata, della coazione a intercalare pause tra una faccenda (manuale) e l'altra, del suo lavarsi le mani ecc. L'ammonimento "vergogna! è un veleno" era l'unica cosa che la memoria avesse sempre ritenuto. Vedi in proposito i miei Tre saggi sulla teoria sessuale (1905) [secondo saggio, S 4]. 6.17 Dovrei inoltre cominciare, del resto, col riformulare correttamente le domande; invece di rispondere con un sì o un no a chi mi chiede se l'etiologia di questo caso sia da ricercare nella masturbazione dell'età infantile, dovrei innanzitutto discutere il concetto di etiologia nelle psiconevrosi. Risulterebbe allora che il punto di vista da cui potrei rispondere differisce fondamentalmente da quello da cui si parte ponendomi il quesito. Basti, per questo caso, giungere alla conclusione che qui la masturbazione in età infantile sussiste e che essa non può essere né accidentale né indiSerente per la formazione del quadro clinico.20 Capiremo ancora meglio i sintomi di Dora se terremo presente il significato della leucorrea da lei confessata. La parola "catarro", con cui Dora aveva appreso a designare la sua affezione quando una malattia analoga aveva costretto la madre a una cura a Franzensbad, costituisce anch'essa uno "scambio" che apriva la via all'espressione, nel sintomo della tosse, di tutta la serie di pensieri sulla responsabilità del padre nella malattia della figlia. Questa tosse, che aveva certamente avuto origine da un effettivo catarro banale, costituiva altresì un'imitazione del padre affetto da una malattia polmonare e poteva esprimere compassione e preoccupazione per lui. Ma oltre a tutto ciò, la tosse proclamava in certo senso al mondo intero qualcosa di cui allora forse non era ancora divenuta conscia: "Io sono la figlia del babbo. Ho un catarro come lui. Egli mi ha reso malata 20 II fratello della paziente deve aver avuto un qualche rapporto con l'abitudine a masturbarsi contratta da Dora. Essa mi raccontò infatti, sempre in questo contesto, con un'insistenza che tradiva un "ricordo di copertura", che il fratello le trasmetteva regolarmente tutte le sue malattie infettive, da lui contratte in forma leggera mentre in lei si manifestavano in forma più grave. Nel sogno, anche il fratello viene salvato dalla "brutta fine"; anch'egli aveva sofferto di enuresi, che era scomparsa però prima che nella sorella. In certo senso costituiva parimenti un "ricordo di copertura" la sua dichiarazione che fino all'epoca della prima malattia ella aveva potuto marciare di pari passo col fratello, mentre in seguito era rimasta indietro a lui negli studi. Come se fino ad allora fosse stata un maschio, per poi diventare femmina. Effettivamente, Dora era stata una piccola selvaggia fino al manifestarsi dell'"asma"; dopo era divenuta tranquilla e gentile. Questa malattia stabilì in lei il confine tra due fasi della vita sessuale, la prima a carattere maschile, la seconda femminile. come ha reso malata la mamma. Da lui ho ricevuto le cattive passioni che vengono punite dalla malattia."21 Cerchiamo ora di riunire le diverse determinanti da noi trovate per gli accessi di tosse e di raucedine. Nello strato più profondo è da supporre una reale irritazione della gola, organicamente determinata, il granello di sabbia, appunto, attorno a cui l'ostrica fabbrica la sua perla. Quest'irritazione è suscettibile di fissazione, perché riguarda una regione del corpo che in Dora ha conservato in alto grado il significato di zona erogena. L'irritazione è dunque atta a dar espressione alla libido eccitata. Viene fissata mediante un rivestimento psichico, il primo probabilmente: l'imitazione per simpatia del padre malato, e in seguito, mediante le autoaccuse motivate dal "catarro". Lo stesso gruppo di sintomi si dimostra inoltre atto a raffigurare i rapporti con il signor K., a esprimere il rammarico per la sua assenza e il desiderio di esser per lui una moglie migliore. Dopo che una parte della libido si è nuovamente rivolta verso il padre, il sintomo assume forse il suo ultimo significato, adombrando un rapporto sessuale col padre mediante l'identificazione di Dora con la signora K. Vorrei garantire al riguardo che questa serie non è affatto compiuta; purtroppo, quest'analisi incompiuta non permette di seguire cronologicamente lo scambio di significato né di chiarire la successione e la coesistenza dei diversi significati. Ciò si può pretendere da un'analisi compiuta. Non posso ora tralasciare l'esame di altre relazioni tra il catarro genitale e i sintomi isterici di Dora. All'epoca in cui si era ancora lontani da una spiegazione psicologica dell'iste- 21 Una eguale funzione ebbe la parola ["catarro"] nella storia clinica della ragazza quattordicenne brevemente riferito a p. 27 in nota. Le avevo fatto prendere alloggio in una pensione insieme con una signora intelligente che le faceva da infermiera per conto mio. Questa mi riferì che la giovane malata non tollerava la sua presenza mentre andava a letto, e che a letto tossiva in modo strano, cosa che non faceva durante il giorno. Quando chiesi alla ragazza di questi suoi sintomi, la sola cosa che le venne in mente fu che anche sua nonna tossiva in quel modo, e che si diceva che avesse un catarro. Era dunque chiaro che anche lei aveva un "catarro", e non voleva perciò esser guardata durante la toletta della sera. Il catarro, che grazie al nome era stato spostato dal basso in alto del corpo, si rivelò di insolita intensità. ria, ho udito colleghi più anziani e di grande esperienza sostenere che nelle isteriche sofferenti di leucorrea un peggioramento del catarro comporta regolarmente un aggravamento dei malanni isterici, soprattutto del disgusto al cibo e del vomito. Nessuno aveva le idee chiare circa questa connessione, ma credo si fosse propensi ad accettare la tesi dei ginecologi che, com'è noto, ammettono una larghissima influenza diretta, sotto forma di disturbo organico, delle affezioni genitali sulle funzioni nervose, benché manchi in genere il controllo dato dalla prova terapeutica. Anche allo stato attuale delle nostre conoscenze non si può escludere una simile influenza diretta e organica, ma il suo rivestimento psichico è comunque più facilmente dimostrabile. La donna è fiera dell'aspetto dei suoi genitali, elemento molto particolare della vanità femminile; quando questi sono affetti da malattie ritenute tali da suscitare ripulsione o addirittura schifo, ciò mortifica e ferisce in modo incredibile l'amor proprio della donna, che diviene irritabile, suscettibile e diffidente. Le secrezioni anormali della mucosa vaginale sono considerate capaci di suscitare disgusto. Ricordiamo che Dora, dopo il bacio del signor K., provò una viva sensazione di disgusto, e che noi avemmo motivo di completare la sua relazione della scena del bacio aggiungendo che nell'abbraccio ella doveva aver sentito contro il proprio corpo la pressione del membro eretto. Veniamo ora a sapere, inoltre, che quella stessa governante che la paziente aveva allontanato da sé per la sua infedeltà, le aveva detto, in base alla sua esperienza della vita, che gli uomini sono tutti libertini e infidi. Per Dora ciò doveva significare che tutti gli uomini erano come suo padre. D'altra parte essa considerava suo padre affetto da una malattia venerea, dato che aveva trasmesso il male sia a lei che alla madre: poteva dunque immaginarsi che tutti gli uomini soffrissero di una malattia venerea, e il suo concetto di tale malattia rispondeva naturalmente alla sua unica, personale esperienza. Per lei, ogni malattia venerea comportava una nauseabonda secrezione, e ciò non potrebbe ben costituire un'ulteriore causa del disgusto provato al momento dell'abbraccio? Questo disgusto, trasferito sul contatto dell'uomo, sarebbe dunque una sensazione proiettata secondo il già citato mecca- nismo primitivo (pp. 37 sg.), e si riferirebbe, in ultima analisi, alla leucorrea della stessa paziente. Suppongo che si tratti qui di processi inconsci di pensiero impiantati su rapporti organici preesistenti, un po' come festoni di fiori su un filo di ferro; per modo che in altra occasione è possibile trovare inserite altre linee di pensiero tra gli stessi punti di partenza e di arrivo. Eppure, la conoscenza dei collegamenti ideativi che hanno agito nel singolo caso è di valore incomparabile per la soluzione dei sintomi. Il fatto che nel caso di Dora siano occorse supposizioni e integrazioni è dovuto soltanto alla prematura interruzione dell'analisi. Quanto ho suggerito per colmare le lacune si appoggia senza eccezione, su altri casi analizzati compiutamente. Il sogno, dalla cui analisi abbiamo tratto le conclusioni ora esposte, corrisponde, come abbiamo visto, a un proposito che Dora portava con sé nel sonno. Esso si ripetè quindi ogni notte fino a quando il proposito non venne mandato a effetto, e riapparve anni dopo allorché si presentò l'occasione di formare un proposito analogo. Quest'ultimo può esprimersi coscientemente pressappoco così: "Via da questa casa, in cui, come ho visto, la mia verginità corre pericolo; partirò col babbo, e domattina prenderò le mie precauzioni per non essere sorpresa mentre mi vesto." Questi pensieri sono chiaramente espressi nel sogno; essi appartengono a una corrente divenuta cosciente e dominante allo stato di veglia. Dietro ad essi si può intravedere la traccia oscura di un filone di pensieri che corrisponde alla corrente contraria e che per questa ragione è caduto in preda alla rimozione. Esso culmina nella tentazione di concedersi all'uomo, per ringraziarlo dell'amore e delle attenzioni mostrate negli ultimi anni verso di lei, e risveglia forse il ricordo dell'unico bacio ricevuto da lui fino ad allora. Ma, secondo la teoria da me esposta nella mia Interpretazione dei sogni, tali elementi non sono sufficienti a formare un sogno. Un sogno non è un proposito di cui venga raffigurata l'esecuzione, ma un desiderio descritto come appagato, anzi se possibile un desiderio che deriva dall'infanzia. Ci corre l'obbligo di accertare se questa tesi non venga contraddetta dal nostro sogno. Il sogno contiene in effetti materiale che data dall'infanzia e che a prima vista non ha alcun rapporto intelligibile col proposito di fuggire la casa del signor K. e la tentazione da questi costituita. Perché è riemerso il ricordo di quando la fanciulla bagnava il letto e degli sforzi fatti allora dal padre per disabituamela? Si può rispondere che solo con l'aiuto di questo filo di pensieri la paziente poteva reprimere i pensieri intensi di tentazione e far trionfare il proposito preso contro di essi. La ragazza decide di fuggire con il padre; in realtà ella fugge verso il padre, per timore dell'uomo che la insidia; ella risveglia un'attrazione infantile per il padre, attrazione che deve proteggerla da quella recente per l'estraneo. Suo padre stesso è corresponsabile del presente pericolo, avendola abbandonata all'estraneo nell'interesse dei propri affari amorosi. Come era tutto più bello quando il padre non aveva persona più cara di lei e si sforzava di salvarla dai pericoli che allora la minacciavano! Il desiderio, infantile e attualmente inconscio, di porre il padre al posto dell'estraneo è una potenza capace di formare un sogno. Se si fosse data una situazione che, simile a una delle situazioni attuali, ne avesse però differito per tale sostituzione di persona, essa sarebbe divenuta la situazione principale del contenuto onirico. Una situazione siffatta era esistita: proprio come il signor K. il giorno precedente il sogno, il padre stava in passato accanto al letto della figlia e la risvegliava, forse con un bacio, come il signor K. aveva forse l'intenzione di fare. Il proponimento di abbandonare la casa non è dunque, di per sé stesso, capace di generare il sogno; diviene tale in quanto ad esso si associa un altro proponimento, fondato su desideri infantili. Il desiderio di sostituire il padre al signor K. fornisce la forza motrice al sogno. Ricordiamoci dell'interpretazione suggeritami dal rafforzamento dei pensieri che s'aggiravano intorno al rapporto del padre con la signora K.: in Dora qui era stata ridestata un'inclinazione infantile per il padre per poter mantenere nella rimozione l'amore rimosso per il signor K.; il sogno rispecchiava appunto questo mutamento improvviso nella vita psichica della paziente. In merito ai rapporti tra i pensieri della veglia che si protraggono nel sonno — i "residui diurni" — e il desiderio inconscio che plasma il sogno, ho formulato nella mia Interpretazione dei sogni alcune osservazioni che riporterò qui invariate giacché non ho nulla da aggiungervi, e l'analisi di questo sogno di Dora conferma la loro esattezza.22 "Sono disposto ad ammettere che esista tutta una serie di sogni provocati in prevalenza, o addirittura esclusivamente, dai residui della vita diurna, e ritengo che persino il mio desiderio di diventare finalmente Professor extraordi-narius23 avrebbe potuto lasciarmi dormire in pace quella notte, se la preoccupazione del giorno prima per la salute dell'amico non fosse stata ancora operante. Ma questa preoccupazione non avrebbe ancora provocato alcun sogno; la forza motrice necessaria al sogno doveva essere fornita da un desiderio; ed era compito della preoccupazione procurarsi un desiderio che fungesse da forza motrice del sogno. "Per usare un paragone: è ben possibile che un pensiero diurno faccia per il sogno la parte dell'imprenditore, ma l'imprenditore — il quale, come si suol dire, ha l'idea e la voglia di tradurla in azione — non può far nulla senza capitale, ha bisogno di un capitalista che sostenga le spese, e il capitalista che sostiene le spese psichiche del sogno è sempre e immancabilmente, qualunque possa essere il pensiero diurno, un desiderio proveniente dall'inconscio." Chi conosce la finezza strutturale di una creazione qual è il sogno, non si stupirà di trovare che il desiderio di Dora di vedere il padre sostituirsi all'uomo tentatore non risveglia il ricordo di un materiale qualsiasi dell'infanzia, ma precisamente di quello che sta nel più intimo rapporto con la repressione della tentazione. Giacché se Dora si sente incapace di cedere all'amore per l'uomo, se rimuove quest'amore invece di abbandonarvisi, questa decisione non dipende da nessun altro fattore più strettamente che dal precoce godimento sessuale e dalle sue conseguenze: l'enuresi, il catarro e la nausea. Secondo il diverso modo in cui si sommano le determinanti costituzionali, una preistoria 22 Interpretazione dei sogni (1899) cit., pp. ;o8 sgg. 23 Mi riferivo all'analisi di un sogno là riportato come esempio. di questo tipo può dar luogo nell'epoca della maturità a due diversi comportamenti nei confronti delle esigenze erotiche: un abbandono completo e incontrastato alla sessualità, prossimo alla perversione, ovvero una reazione di ripudio della sessualità nel quadro di una nevrosi. Nel caso della nostra paziente, la sua costituzione e l'alto livello dell'educazione intellettuale e morale avevano deciso in favore della seconda alternativa. Tengo inoltre a sottolineare che l'analisi di questo sogno ci ha consentito di accedere ad alcuni particolari delle esperienze rivissute in senso patogeno che, altrimenti, non sarebbero stati accessibili né al ricordo né, in ogni caso, alla riproduzione. Abbiamo visto infatti che il ricordo di quando da fanciulla bagnava il letto era già rimosso, e che i particolari della persecuzione da parte del signor K. non erano stati mai menzionati da Dora, non le erano mai venuti in mente. Ancora qualche osservazione utile alla sintesi di questo sogno.24 Il lavoro onirico si inizia nel pomeriggio del secondo giorno dopo la scena nel bosco, quando Dora si accorge di non poter più chiudere a chiave la camera. Ella si dice allora: "Qui mi minaccia un grave pericolo", e fa il proponimento di non restare più da sola nella casa e di partire col padre. Questo proponimento diviene atto a formare il sogno in quanto può prolungarsi nell'inconscio, dove ad esso corrisponde il fatto che la paziente chiama in difesa dell'attuale tentazione l'amore infantile per il padre. Il rivolgimento che si produce allora nella paziente si fissa e la porta a consolidare il corso d'idee sovravalente (gelosia verso la signora K. a causa del padre, come se la paziente fosse innamorata di lui). In Dora lottano da una parte la tentazione a cedere all'uomo che la sollecita, dall'altra una ribellione composita ad essa. La ribellione si compone di motivi di prudenza e costumatezza, di moti ostili derivanti dalle rivelazioni della governante (gelosia, orgoglio ferito, come vedremo più avanti) e di un elemento nevrotico, ossia 24 [Di qui sino alla fine del paragrafo il testo figurava come nota prima dell'edizione del 1924.] quel po' di avversione alla sessualità preesistente in lei e fondato sulla storia della sua infanzia. Da questa stessa storia proviene l'amore per il padre chiamato in soccorso contro la tentazione. Il proposito, radicatosi nell'inconscio, di fuggire verso il padre viene trasformato dal sogno in una situazione in cui appare esaudito il desiderio di poter essere salvata dal padre. Per far ciò era necessario metter da parte un pensiero che ostruiva il cammino, il pensiero che era stato proprio il padre a porla in quella situazione pericolosa. Vedremo come il moto ostile contro il padre, qui represso (desiderio di vendetta), sia una delle forze motrici del secondo sogno. Secondo le condizioni per la formazione dei sogni, la situazione fantasticata va scelta in modo da riprodurre una situazione dell'infanzia. È una specie di trionfo se si riesce a trasformare una situazione recente, magari proprio quella che costituisce lo spunto al sogno, in una situazione dell'età infantile. Nel nostro caso ciò riesce grazie a una disposizione puramente casuale del materiale. Come il signor K. sta davanti a lei e la sveglia, così aveva fatto il padre più volte durante la fanciullezza. Tutto il rivolgimento avvenuto in Dora si lascia simboleggiare a meraviglia mediante la sostituzione che essa fa del padre al signor K. in questa situazione. Il padre però la svegliava, in passato, perché non bagnasse il letto. Questo "bagnato" diventa determinante per l'ulteriore contenuto onirico, ove tuttavia è sostituito da una vaga allusione e dal suo contrario. Il contrario di "bagnato", "acqua", può essere con ogni verosimiglianza "fuoco", "bruciare". Il fatto casuale che il padre, all'arrivo in paese, avesse espresso il timore di un incendio contribuisce a decidere che il pericolo da cui il padre la salva sia appunto quello di un incendio. Su questo fatto accidentale e sul contrario del "bagnato" poggia la situazione scelta per l'immagine onirica: c'è un incendio, il padre sta davanti al letto di Dora per svegliarla. Le parole casuali del padre non avrebbero certo assunto quest'importanza nel contenuto onirico, se non si fossero accordate così perfettamente con la corrente emotiva vittoriosa che voleva vedere a tutti i costi nel padre il soccorritore e il salvatore. Il padre, aveva previsto il pericolo sin dall'arrivo, egli aveva avuto ragione! (In realtà era stato il padre a esporre la ragazza al pericolo.) Tra i pensieri onirici spetta al "bagnato", in base a rapporti facilmente ricostruibili, la funzione di punto d'intersezione tra diversi cerchi rappresentativi. Il "bagnato" non si riferisce solo all'incontinenza, ma anche al cerchio dei pensieri di tentazione sessuale che giacciono, repressi, dietro il contenuto onirico. Dora sa che anche nei rapporti sessuali vi è un bagnarsi, che l'uomo dona alla donna, nell'amplesso, qualcosa di liquido, in forma di gocce. Sa che appunto lì è il pericolo, che è suo compito proteggere il suo genitale dall'essere irrorato. Con "bagnato" e "gocce" si apre nello stesso tempo l'altro cerchio associativo, relativo al catarro ripugnante che, nell'adolescente, ha lo stesso significato umiliante che aveva per lei l'incontinenza nella fanciullezza. "Bagnato" ha qui lo stesso significato di "sporcato". I genitali che debbono rimanere puliti sono invece già stati sporcati dal catarro, tanto in lei quanto d'altronde nella mamma (p. 76). Dora sembra capire che la smania di pulizia della madre costituisce una reazione a questo insudiciamento. Questi due cerchi si sovrappongono in un punto: "la mamma ha avuto dal papà tutt'e due le cose: il 'bagnato' sessuale e la leucorrea che insudicia". La gelosia nei confronti della madre è inseparabile dal cerchio d'idee relativo all'amore infantile per il padre qui chiamato in soccorso. Questo materiale, però, non è ancora atto ad essere raffigurato; ma se si troverà un ricordo che si connetta ugualmente bene con l'uno o con l'altro cerchio relativo al "bagnato" e che non sia repellente, tale ricordo potrà assumersene la rappresentanza nel contenuto onirico. Un ricordo del genere l'abbiamo nell'episodio delle "gocce", il gioiello desiderato dalla madre. All'apparenza il nesso tra questa reminiscenza e i due cerchi relativi al bagnato sessuale e all'insudiciamento è estrinseco, superficiale, costruito soltanto dalle parole, in quanto "gocce", come parola equivoca, funge da "scambio", mentre "gioiello" evoca qual- cosa di "lindo"25 e costituisce così, pur se in modo un poco forzato, il contrario di "sporcato". In realtà, ci troviamo di fronte a nessi sostanziali e solidissimi. Il ricordo proviene dal materiale della gelosia verso la madre, che ha le sue radici nell'infanzia ma persiste assai al di là di questa. Mediante i due ponti verbali, tutto il significato inerente alle rappresentazioni dei rapporti sessuali tra i genitori, e della gonorrea e assillante smania di pulizia della madre, può essere trasferito sulla sola reminiscenza del "gioiello a gocce". Ma perché questo materiale comparisse nel contenuto onirico occorreva un ulteriore spostamento. Non sono le "gocce", più vicine al "bagnato" originario, ad essere accolte nel sogno, ma il "gioiello" che ne è più lontano. Quando perciò questo elemento viene inserito nella situazione onirica precedentemente fissata, esso avrebbe potuto suonare così: "la mamma vorrebbe ancora salvare i suoi gioielli". Nella successiva modificazione in "scrigno dei gioielli" si afferma, in via supplementare, l'influenza di elementi provenienti dal sottostante cerchio d'idee relativo alla tentazione suscitata dal signor K. Gioielli il signor K. non gliene ha regalati, ma uno "scrigno" per gioielli sì, che rappresenta tutti quei segni di predilezione e di tenerezza di cui, ora, ella dovrebbe essergli grata. E l'espressione composita così formata, "scrigno di gioielli", riveste un altro importante valore di rappresentanza. Non viene usata questa immagine per indicare il genitale immacolato, intatto della donna? E non è d'altronde un'espressione innocente, e dunque ottimamente idonea a nascondere e al tempo stesso alludere a pensieri sessuali che giacciono dietro al sogno? Troviamo così in due punti del contenuto onirico l'espressione "scrigno dei gioielli della mamma", e questo elemento sostituisce l'accenno alla gelosia infantile, alle gocce, e dunque al bagnato sessuale, all'insudiciamento prodotto dalla leucorrea, e, d'altra parte, ai pensieri attuali di tentazione a corrispondere all'amore dell'uomo, pensieri che caratterizzano la desiderata e insieme temuta situazione sessuale imminente. L'elemento "scrigno dei gioielli" costituisce, più 25 [In tedesco Schmuck è sia sostantivo (e significa tra l'altro "gioiello"), sia aggettivo e significa allora "grazioso", "lindo".] di qualunque altro, un prodotto di condensazione e spostamento, un compromesso tra opposte correnti. La sua origine multipla — da una fonte infantile e da una fonte recente — è indicata dalla sua duplice comparsa nel contenuto onirico. Il sogno costituisce la reazione a un'esperienza recente ed eccitante che deve necessariamente risvegliare il ricordo dell'unica esperienza analoga del passato. Tale ricordo è la scena del bacio nel negozio e il conseguente senso di nausea. Ma la stessa scena è associativamente accessibile anche da altri punti: dal cerchio d'idee relative al catarro (p. 83) e da quello relativo alla tentazione attuale. Di conseguenza essa fornisce al contenuto onirico un contributo proprio, che deve adattarsi alla situazione già formata: "c'è un incendio"; ...il bacio sapeva certo di fumo, Dora sente perciò in sogno odor di fumo e continua a sentirlo anche dopo essersi svegliata. Nell'analisi di questo sogno ho purtroppo lasciato una lacuna dovuta a inavvertenza. La paziente fa dire al padre: "Non voglio che i miei due bambini muoiano..." (qui si potrebbe aggiungere sulla base dei pensieri onirici: "in seguito alla masturbazione"). Discorsi simili si compongono generalmente, nel sogno, di parole reali, dette o sentite dire. Avrei dovuto informarmi dell'effettiva provenienza di queste parole; ciò avrebbe forse rivelato un'organizzazione del sogno ancor più ingarbugliata, ma al tempo stesso certamente penetrabile con maggiore facilità. Si deve supporre che il sogno fatto a L. e la sua ripetizione avvenuta durante la cura abbiano avuto esattamente lo stesso contenuto? Non necessariamente. L'esperienza mostra che la gente sostiene spesso di aver fatto più volte lo stesso sogno, mentre in realtà le singole apparizioni del sogno ricorrente si differenziano per numerosi dettagli e persino per ampie modificazioni. Così, per esempio, una delle mie pazienti mi riferisce di aver ripetuto, la notte precedente, il suo sogno prediletto che ritorna sempre nella stessa forma: ella nuota nel mare azzurro, fendendo con piacere le onde eccetera. Ma da un'indagine più minuziosa risulta che, sullo stesso sfondo, si presenta ora un particolare, ora un altro: una volta le era parso persino di nuotare nel mare gelato, tra gli iceberg. Altri sogni, che la stessa paziente non tenta più di considerare uguali al sogno ricorrente, si mostrano tuttavia intimamente legati a questo. Rimira ad esempio insieme (derivandole da una fotografia) la parte alta e la parte bassa dell'isola di Helgoland, grandi al vero, e sul mare una barca in cui si trovano due suoi amici d'infanzia eccetera. Certo è che il sogno fatto da Dora durante la cura aveva acquistato un nuovo significato attuale, pur conservando forse invariato il contenuto manifesto. I pensieri onirici di sfondo includevano un'allusione al mio trattamento e tutto il sogno corrispondeva al rinnovarsi del vecchio proposito di sottrarsi a un pericolo. Se la memoria non l'ingannava quando asseriva di avere sentito odore di fumo al momento del risveglio già a L., bisogna riconoscere che ella aveva assai abilmente collocato nella forma onirica compiuta il mio detto "dove c'è fumo c'è fuoco", ove sembra essere servito a sovradeterminare l'ultimo elemento. Era innegabilmente dovuto al caso il fatto che l'ultima occasione motivante — la chiusura della sala da pranzo da parte della madre, per cui il fratello restava bloccato in camera sua — avesse stabilito un legame con la persecuzione del signor K. a L., dove la paziente maturò la sua decisione quando si avvide di non poter chiudere la sua camera da letto. Forse nei sogni di allora il fratello ancora non compariva, talché le parole "i miei due bambini" si aggiunsero al contenuto onirico solo dopo l'ultima occasione motivante. 3. Il secondo sogno Poche settimane dopo il primo sogno intervenne il secondo, con la cui risoluzione l'analisi fu interrotta. Esso non può esser reso così trasparente quanto il primo, ma apportò una desiderabile conferma a una supposizione, resasi necessaria, sullo stato psichico della paziente, colmò una lacuna della memoria e permise di penetrare profondamente entro la genesi di un altro dei suoi sintomi. Dora raccontò: "Mi aggiro per una città che non conosco, vedo strade e piazze che non mi sono familiari.1 Giungo poi in una casa dove abito, vado nella mia camera e trovo lì una lettera della mamma. Mi scrive che poiché sono fuori di casa all'insaputa dei genitori, non aveva voluto scrivermi che il babbo era malato: 'adesso è morto e, se vuoi,2 puoi venire'. Allora vado alla stazione e domando un centinaio di volte: 'Dov'è la stazione?' Ricevo sempre la risposta: 'A cinque minuti.' Poi vedo davanti a me un fìtto bosco in cui mi addentro e mi rivolgo lì a un uomo che incontro. Mi dice: 'Altre due ore e mezzo.'3 Si offre di accompagnarmi. Rifiuto e vado da sola. Vedo la stazione davanti a me e non la posso raggiungere. Qui ho il solito senso d'angoscia che si prova nei sogni quando non si può andare avanti. Poi eccomi a casa; nel frattempo devo aver tatto il viaggio, ma non ne so nulla. Entro nella guardiola del portiere e gli chiedo del nostro appartamento. La cameriera mi apre e risponde: 'La mamma e gli altri sono già al cimitero.'"4 L'interpretazione del sogno procedette non senza difficoltà. In seguito alle particolari circostanze, connesse con il suo contenuto, in cui la cura fu interrotta, non tutto venne chiarito, e da ciò dipende anche il fatto che la mia memoria non è troppo sicura per quanto riguarda l'ordine delle diverse scoperte. Dirò innanzitutto quale argomento stessimo allora esaminando durante l'analisi, quando sopraggiunse il sogno. Da qualche tempo, Dora stessa faceva domande sui rapporti fra le sue azioni e i loro presumibili motivi. Una di queste domande era: "Perché ho taciuto i primi giorni dopo la scena sul lago?" Un'altra: "Perché poi ho raccontato improvvisamente la cosa ai miei genitori?" Secondo me, restava ancora e soprattutto da spiegare perché la giovinetta si fosse sentita tanto offesa dalle proposte 1 La paziente fece poi un'aggiunta importante: "In una piazza vedo un monumento." 2 Altra aggiunta successiva: "Dopo questa paroia c'è un punto interro gativo, così: vuoi?" 3 Raccontando un'altra volta il sogno, la paziente dice "due ore". 4Due aggiunte fatte nella seduta successiva: "Mi vedo in modo chiarissimo mentre salgo le scale", e: "Dopo la sua risposta vado in camera mia, ma niente affatto triste, e comincio a leggere un grosso libro che sta sul mio scrittoio." del signor K., tanto più che cominciavo a comprendere che anche per il signor K. quelle proposte non significavano soltanto un frivolo tentativo di seduzione. Quanto all'averne informato i genitori, si trattava, secondo me, di un atto già influenzato da un desiderio morboso di vendetta; una ragazza normale, io ritengo, sbriga da sola certe faccende. Presenterò il materiale fornito dall'analisi di questo sogno nello stesso ordine piuttosto confuso in cui mi riappare alla mente mentre scrivo. Dora vaga da sola in una città sconosciuta, vede strade e piazze. La paziente assicura che la città certamente non è B., come avevo subito pensato, ma una città in cui non è mai stata. Le faccio naturalmente osservare che potrebbe aver visto quadri o fotografie e averne tratto le immagini del sogno. In seguito a questa osservazione la paziente aggiunge il particolare del monumento sulla piazza e subito dopo scopre donde esso provenga. A Natale aveva ricevuto un album con vedute di una località climatica tedesca e aveva cercato questo album proprio il giorno precedente, per mostrarlo a certi parenti che erano loro ospiti. L'album stava in una scatola, e siccome non le riusciva di trovarla aveva chiesto alla madre: "Dov'è la scatola?"5 In una delle riproduzioni si vedeva una piazza con un monumento. L'album le era stato regalato da un giovane ingegnere che Dora aveva conosciuto di sfuggita nella città industriale. Il giovanotto, che per rendersi più rapidamente indipendente aveva accettato un impiego in Germania, non tralasciava occasione per farsi ricordare, ed era facile immaginare che quando la sua posizione fosse migliorata avrebbe chiesto la mano della ragazza. Ma bisognava aspettare, ci sarebbe voluto del tempo. La passeggiata attraverso la città sconosciuta era sovra-determinata. Era innanzitutto in rapporto con uno degli spunti occasionali del giorno prima: un giovane cugino era venuto a passare le feste a casa di Dora e la paziente aveva dovuto fargli visitare Vienna. Si trattava naturalmente di 'Nel sogno la paziente chiede: "Dov'è la stazione?" Da questo accostamento ho tratto la conclusione che esporrò tra breve. uno spunto del tutto insignificante; ma il cugino le aveva ricordato la sua prima visita a Dresda, durante la quale aveva girato per la città come una straniera senza trascurare naturalmente di visitare la celebre Pinacoteca. Un altro cugino, che l'accompagnava e che conosceva Dresda, si era offerto di farle da guida nella visita alla galleria. Ma ella aveva rifiutato ed era andata da sola, fermandosi davanti ai quadri che le piacevano. Davanti alla Sistina era rimasta due ore in estatica ammirazione. Quando le domandai che cosa le fosse tanto piaciuto in quel quadro, dapprima non seppe dirmi nulla di preciso, alla fine rispose: "La Madonna." È certo che queste associazioni appartengono al materiale formativo del sogno; esse includono particolari che ritroviamo inalterati nel contenuto onirico ("aveva rifiutato ed era andata da sola"; "due ore"). Si noti che gli elementi "figurativi" corrispondono a un punto nodale nella trama dei pensieri onirici (le vedute dell'album, i quadri di Dresda). Si ponga altresì mente al tema della "Madonna", la madre vergine, che esamineremo più oltre. Ma vedo innanzitutto che la paziente in questa prima parte del sogno s'identifica con un giovane uomo. Egli vaga in un paese straniero, si sforza di raggiungere una meta, ma viene trattenuto, deve avere pazienza, deve aspettare. Se Dora avesse pensato all'ingegnere, allora sarebbe stato appropriato che questa meta fosse il possesso di una donna, di lei stessa. Invece, la meta cercata è... una stazione, che d'altra parte possiamo sostituire con una scatola in base al rapporto esistente tra la domanda fatta nel sogno e la domanda fatta nella realtà. Scatola6 e donna: i due termini concordano già meglio. Domanda un centinaio di volte... Ciò ci conduce a un'altra causa immediata del sogno, meno indifferente. La sera prima, dopo che i visitatori se n'erano andati, il padre l'aveva pregata di portargli il cognac: se non aveva prima bevuto del cognac non poteva dormire. Dora aveva chiesto la chiave della dispensa alla madre, ma questa, assorta in una conversazione, non le rispondeva finché Dora aveva esclamato spazientita, esagerando: "Sono cento volte che ti 6 [In tedesco: Schachrel; questo termine viene usato anche in senso dispregiativo per "donna".] chiedo dov'è la chiave!" Naturalmente però gliel'aveva chie-" sta al massimo cinque volte.7 La domanda: "Dov'è la chiave?" mi sembra il corrispettivo virile dell'altra: "Dov'è la scatola?"8 Si tratta cioè di domande relative ai genitali. Nella stessa riunione familiare, qualcuno aveva brindato alla salute del padre di Dora, augurandogli lunga vita in buona salute ecc. La paziente aveva osservato sul volto stanco del padre uno strano sussulto e aveva capito quali pensieri in quel momento egli dovesse reprimere. Povero uomo malato! Chi avrebbe potuto dire quanto gli restava ancora da vivere? Con ciò giungiamo al contenuto della lettera nel sogno. Il padre era morto e Dora se ne era andata arbitrariamente da casa. A proposito di questa lettera, ricordai subito alla paziente la lettera d'addio ch'ella aveva inviato ai genitori, o perlomeno scritta per loro. Questa lettera era destinata a spaventare il padre per fargli lasciare la signora K., o almeno a vendicarsi di lui se non poteva indursi a farlo. Ci troviamo dunque di fronte al tema della morte di Dora e della morte del padre (vedi anche il cimitelo nell'ultima parte del sogno). Andremmo errati supponendo che la situazione costituente la facciata del sogno corrisponda a una fantasia di vendetta contro il padre? Le idee di compassione del giorno precedente vi si accorderebbero benissimo. Ora il senso della fantasia sarebbe: Dora lascia la casa e va all'estero; per il dolore e per la nostalgia, al padre si spezza il cuore. Così Dora sarebbe vendicata. Ella capiva benissimo che cosa mancasse al padre, che non poteva più dormire senza cognac.9 Prendiamo nota del desiderio di vendetta 7 Nel contenuto onirico il numero cinque compare nei "cinque minuti" di tempo. Nel mio libro sull'Interpretazione dei sogni [cit, pp. 380 sgg.] cito parecchi esempi della sorte che subiscono nel sogno i numeri ricor renti nei pensieri onirici; essi vengono spesso enucleati dal loro contesto e inseriti altrove. 8 Vedi il primo sogno, pp. 67 sg. ' Il soddisfacimento sessuale è indubbiamente il miglior soporifico, come l'insonnia è perlopiù conseguenza della sua mancanza. Il padre non dormiva perché gli mancavano i rapporti sessuali con la donna amata. Vedi anche poco sotto le parole [del signor K.]: "Mia moglie non mi dà niente." 7.17 quale nuovo elemento per una successiva sintesi dei pensieri onirici 1 Ma il contenuto della lettera ci conduce a ulteriori determinazioni. Donde proveniva l'aggiunta "se vuoi"? A questo punto venne in mente alla paziente che dopo la parola "vuoi" c'era un punto interrogativo, e allora si rammentò pure che l'espressione era contenuta nella lettera con cui la signora K. l'aveva invitata a recarsi a L., sul lago. In quella lettera, proprio nel mezzo della frase, dopo l'inciso "se tu vuoi venire", c'era un bizzarro punto interrogativo. Ritornavamo così alla scena del lago e ai punti oscuri ad essa connessi. Pregai Dora di descrivermi la scena in tutti i suoi particolari. Non ne emerse dapprima quasi nulla di nuovo. Il signor K. aveva cominciato con un preambolo piuttosto serio, ma lei non lo aveva lasciato finire; appena capito di che si trattava, lo aveva schiaffeggiato ed era fuggita. Domandai che cosa avesse detto di preciso il signor K. Dora ricordava solo questa spiegazione: "Lei sa che mia moglie non mi dà niente."10 Per non imbattersi di nuovo in lui, Dora aveva poi voluto ritornare a piedi a L. facendo il giro del lago, e aveva chiesto a un uomo incontrato quanto avrebbe dovuto camminare. Siccome questi le aveva risposto: "Due ore e mezzo", aveva cambiato idea ed era ritornata a prendere il battello che era partito subito dopo. A bordo c'era anche il signor K., che le si era avvicinato e l'aveva pregata di scusarlo e di non dir nulla dell'accaduto. Lei non aveva risposto. Il bosco del sogno è in tutto simile a quello del lago dove si era svolta la scena nuovamente raccontata, mi conferma la paziente. Aggiunge poi di aver visto un altro bosco uguale il giorno prima, in un quadro dell'esposizione dei Secessionisti; una fitta foresta sul cui sfondo si vedevano delle ninfe.11 A questo punto una mia supposizione diveniva certezza. 10 Queste parole ci permetteranno di risolvere uno dei punti oscuri. 11 Ecco una terza volta l'elemento "figurativo" (vedute di città, pina coteca di Dresda), ma in un nesso assai più significativo. Per via di ciò che appare nel quadro (bosco, ninfe), Bild [quadro] diviene Weibsbiid [quadro di donne, che nell'uso corrente significa: donnaccia]. Che "stazione"12 (Bahnhof) e "cimitero" (Friedhof) stessero a indicare i genitali femminili era già abbastanza singolare, ma sin d'allora aveva indirizzato la mia attenzione, già desta, verso un vocabolo analogamente costruito, "vestibolo" (Vorhof), che in anatomia sta a indicare una determinata parte del genitale femminile. Ma poteva trattarsi di un errore ingegnoso. Ora, ogni dubbio svaniva con l'intervento delle "ninfe" sullo sfondo della "fitta foresta". Una vera e propria geografia sessuale simbolica! Per "ninfe" — termine ignoto ai profani e poco usato dagli stessi medici — s'intendono infatti le piccole labbra situate sul fondo della "spessa foresta" del pelo pubico. Ma una persona che impiegava termini così strettamente tecnici come "vestibolo" e "ninfe" poteva averli attinti solo da un libro, ma non da un libro popolare, piuttosto da un testo d'anatomia o da un dizionario enciclopedico, abituale rifugio dei giovani divorati dalla curiosità sessuale. Se questa interpretazione era giusta, dietro la prima situazione onirica dunque si nascondeva una fantasia di deflorazione: un uomo che si sforza di entrare nel genitale femminile.13 Comunicai a Dora le mie conclusioni. L'impressione dovette essere assai efficace, perché apparve subito un frammento del sogno che aveva dimenticato: "va tranquillamente14 in camera sua dove comincia a leggere un grosso 12 La "stazione" serve del resto al Vertelir [traffico, e anche: commercio sessuale]. È questo il rivestimento psichico in alcune fobie del treno. 13 La fantasia di deflorazione è la seconda componente della situazione onirica. Il risalto dato all'impossibilità di avanzare e l'angoscia provata nel sogno alludono alla verginità, che il soggetto mette volentieri in ri lievo, e a cui si accenna altrove mediante la Sistina. Questi pensieri ses suali forniscono uno sfondo inconscio ai desideri forse ancora tenuti segreti relativi al pretendente che attendeva in Germania. La prima com ponente della situazione onirica è, come abbiamo visto, la fantasia di vendetta. Le due componenti non si sovrappongono perfettamente, ma solo in parte; troveremo più tardi tracce di un terzo ordine di idee, ancora più importante. 14 Un'altra volta la paziente dice, invece di "tranquillamente", "affatto triste" (vedi p. 94, n. 4). Questo sogno si può considerare una riprova della giustezza della tesi esposta nella Interpretazione dei sogni cit., pp. 470 sg., che le parti del sogno prima dimenticate e poi ricordate sono sempre le più importanti ai fini dell'intendimento del sogno. Traevo là la conclusione che anche l'oblio del sogno va spiegato mediante la resi- libro che sta sul suo scrittoio". Abbiamo qui due particolari salienti: "tranquillamente" e "grosso" (detto del libro). Domandai: "Aveva il formato di un dizionario?" Dora annuì. Ora, i bambini non leggono mai tranquillamente sul dizionario le cose proibite. Tremano, hanno paura, si guardano attorno inquieti perché temono che venga qualcuno; per certe letture, l'ostacolo principale sono i genitori. Ma la forza del sogno di appagare i desideri aveva radicalmente trasformato l'incomoda situazione. Il padre era morto e gli altri erano già andati al cimitero; Dora poteva leggere tranquillamente tutto quel che voleva. Uno dei suoi motivi di vendetta non poteva essere una rivolta contro la costrizione dei genitori? Se il padre era morto, ella poteva leggere o amare a suo piacimento. Dapprima la paziente non ricordava di aver mai consultato un dizionario; poi ammise che un ricordo del genere, ma dal contenuto più innocente, le tornava alla memoria. Quando la zia prediletta si era ammalata gravemente e si era deciso il viaggio a Vienna, arrivò una lettera di un altro zio che annunciava di non poter venire a Vienna perché uno dei suoi bambini (cioè un cugino di Dora) era stato colto da una grave appendicite. Dora consultò allora il dizionario enciclopedico per vedere quali fossero i sintomi dell'appendicite. Di quanto aveva letto le restavano ancora in mente i caratteristici dolori addominali. Rammentai allora che subito dopo la morte della zia la paziente aveva avuto a Vienna una pretesa appendicite. Fino ad allora non mi ero arrischiato ad annoverare questa malattia tra i sintomi isterici prodotti da Dora. Essa raccontò che i primi giorni aveva avuto la febbre alta e proprio quei dolori al basso ventre di cui aveva letto nel dizionario. Le avevano applicato compresse fredde, ma non le aveva sopportate; il secondo giorno intervennero, con acuti dolori, le mestruazioni, assai irregolari dall'epoca in cui avevano avuto inizio i suoi malesseri. Soffriva allora costantemente di costipazione intestinale. Non ritenevo giusto considerare puramente isterico questo stenza psichica interna. [La prima frase di questa nota fu aggiunta nel 1924.] stato. Sebbene esista indubbiamente una febbre isterica, nella fattispecie mi sembrava arbitrario attribuire la febbre di questa problematica malattia all'isteria anziché a una causa organica allora operante. Volevo abbandonare la pista, quando la stessa Dora mi venne in aiuto con quest'ultima aggiunta al sogno: "si vede in modo chiarissimo mentre sale le scale". Per questo dettaglio esigevo naturalmente una determinazione particolare. Dora obiettò, probabilmente senza troppa convinzione, che per andare nel suo appartamento sito al piano superiore doveva necessariamente fare le scale; ma io le feci osservare che se aveva potuto nel sogno raggiungere Vienna dalla città straniera omettendo il viaggio in ferrovia, avrebbe anche potuto fare a meno di salire le scale. La paziente mi raccontò ancora che dopo l'appendicite non le riusciva di camminare normalmente, ma doveva trascinare il piede destro. La difficoltà era continuata per parecchio tempo, così che evitava volentieri di salire le scale; ancora adesso trascinava il piede di tanto in tanto. I medici consultati per desiderio del padre si erano assai stupiti di questo insolito postumo di appendicite, tanto più che il dolore all'addome non si era più manifestato e in ogni caso non accompagnava affatto la difficoltà nella deambulazione.15 Si trattava dunque di un vero sintomo isterico. Anche se la febbre di allora fosse stata dovuta a cause organiche (per esempio a una di quelle malattie influenzali senza localizzazione particolare così frequenti), era però certo che la nevrosi aveva profittato dell'occasione per farla servire a una delle sue manifestazioni. Dora si era dunque fabbricata una malattia come quella di cui aveva letto i sintomi nel dizionario, per punirsi di quella lettura; ma dovette riconoscere che la punizione non poteva riferirsi alla lettura dell'innocente voce sull'appendicite, bensì essa era il risultato di uno " È da supporre che esista una connessione somatica tra i dolori addominali della cosiddetta "ovarite" e i disturbi della gamba omologa. Nel caso di Dora, tale connessione aveva subito un'interpretazione tutta speciale, divenendo oggetto di sovrapposizione e utilizzazione psichica. Si confrontino le analoghe osservazioni nell'analisi del sintomo della tosse e dei rapporti tra catarro e perdita d'appetito. spostamento dopo che una lettura più colpevole si era annessa alla prima e il cui ricordo si nascondeva ora sotto quello della contemporanea lettura innocente.16 Un'ulteriore ricerca permetterebbe forse di accertare che cosa essa aveva letto nella seconda occasione. Ma che significava quello stato, che voleva imitare una peritiflite? Il fatto di trascinare il piede, postumo che s'accordava tanto poco con una peritiflite, pareva piuttosto alludere al significato segreto, probabilmente sessuale del quadro morboso, e poteva dal canto suo — se chiarito — contribuire alla spiegazione desiderata. Tentai di trovare una via d'accesso alla soluzione dell'enigma. Diversi periodi di tempo figuravano nel sogno, e il tempo, certo, non è mai indifferente nei processi biologici. Domandai dunque a Dora quando si fosse verificata l'appendicite, se prima o dopo la scena al lago. La pronta risposta risolse d'un colpo ogni difficoltà: "Nove mesi dopo", un termine invero ben specifico. La pretesa appendicite aveva realizzato dunque una fantasia di parto con i modesti mezzi a disposizione della paziente: dolori e mestruazioni.17 Dora conosceva naturalmente il significato di quel termine e non potè negare di aver probabilmente letto sull'enciclopedia una voce relativa alla gravidanza e al parto. Ma, e il trascinare della gamba? Ora potevo permettermi una ipotesi. Si cammina così quando ci si è procurati una distorsione a un piede. Dora aveva dunque commesso un "passo falso", il che si accordava assai bene col fatto di poter "partorire" nove mesi dopo la scena del lago. Restava tuttavia da soddisfare una condizione; io credo che per la formazione di sintomi di questo genere sia indispensabile possedere un modello dall'età infantile. L'esperienza mi ha assolutamente convinto che i ricordi di impressioni posteriori non hanno la forza di affermarsi come sintomi. Pur ritenendo esatta questa teoria, non posso tuttavia darle ancora un valore assoluto, e perciò osavo appena sperare che la paziente mi avrebbe 16 Esempio tipico di come si originino dei sintomi sulla base di fattori che apparentemente nulla hanno a che vedere con la sessualità. 17 Ho già detto che la maggior parte dei sintomi isterici, se pienamente dispiegati, raffigurano una situazione immaginata della vita sessuale: una scena di rapporto sessuale, una gravidanza, un parto, un puerperio ecc. fornito il desiderato materiale proveniente dall'infanzia. In questo caso però la conferma giunse immediatamente: sì, un giorno Dora, allora fanciulla, si era storta un piede a B. inciampando in un gradino scendendo le scale; il piede — quello stesso che più tardi avrebbe trascinato — si era gonfiato, si era dovuto fasciarlo e tenerlo in riposo per qualche settimana. Questo le era successo poco tempo prima dell'asma nervosa, a otto anni. Dimostrata l'esistenza della fantasia di parto, bisognava ora utilizzarla. "Se Lei ha partorito nove mesi dopo la scena del lago e poi ha sopportato fino a oggi le conseguenze del suo passo falso, ciò significa che nell'inconscio Lei ha deplorato l'esito di quella scena. Lei, quindi, lo ha corretto nel suo pensiero inconscio. La premessa della Sua fantasia di parto è che allora qualche cosa sia successo,18 che Lei abbia allora vissuto e provato tutto ciò che più tardi avrebbe attinto dall'enciclopedia. Vede, allora, che il Suo amore per il signor K. non finì con quella scena, ma, come sostenevo io, è continuato fino a oggi, benché, certo, Lei ne fosse inconscia." La paziente non contestò più la mia affermazione.19 18 La fantasia di deflorazione viene così a riferirsi al signor K., ciò che chiarisce perché questa stessa parte del sogno contenga materiale relativo alla scena del lago (il rifiuto, le due ore e mezzo, il bosco, l'invito a L.). 19 Qualche interpretazione supplementare. La "Madonna" è evidente mente la stessa paziente: prima di tutto, per "l'adoratore" che le ha inviato l'album; in secondo luogo perché ella aveva conquistato l'amore del signor K. soprattutto grazie al suo atteggiamento materno verso i bambini di lui; e infine perché, pur vergine, aveva avuto un bambino, diretta allusione, questa, alla fantasia di parto. Del resto, la Madonna è una controrappresentazione prediletta delle giovani gravate da accuse ses suali, come appunto è il caso di Dora. Intuii per la prima volta questa connessione quando, essendo medico della Clinica psichiatrica, incontrai un caso di confusione allucinatoria a rapido decorso, che si rivelò una reazione a un rimprovero fatto alla paziente dal fidanzato. — Il desiderio materno di avere un bambino si sarebbe probabilmente rivelato, se l'analisi fosse continuata, un motivo oscuro ma potente del comportamento di Dora. — Le molte domande poste dalla paziente negli ultimi tempi ap paiono tardive derivazioni dei quesiti ispirati a curiosità sessuale, cui ella aveva cercato risposta nell'enciclopedia. È da supporre che queste sue let ture avessero per oggetto la gravidanza, il parto, la verginità e simili. — Una delle domande da inserire nel contesto della seconda situazione oni rica è stata dimenticata dalla paziente nel suo resoconto [nel punto re- Il lavoro d'interpretazione del secondo sogno aveva occupato due sedute. Quando, alla fine della seconda, espressi la mia soddisfazione per i risultati ottenuti, Dora rispose sprezzantemente: "E dove sarebbero questi gran risultati?" Mi preparai allora all'approssimarsi di altre rivelazioni. La terza seduta, la malata esordì con queste parole: — Sa, dottore, che oggi è l'ultima volta che sono qui?
lativo all'informazione chiesta al portinaio]. Non poteva trattarsi che della domanda: "Abita qui il signor ***?" oppure: "Dove abita il signor ***?". Deve evidentemente esserci una ragione perché la paziente dimenticasse questa domanda apparentemente innocua, dopo che in linea di massima l'aveva già accolta nel sogno. Questa ragione è, secondo me, il cognome stesso, un cognome che può indicare diversi oggetti e che può quindi essere assimilato a una parola "equivoca". Purtroppo non posso render noto questo cognome, per mostrare quanto bene si prestasse a indicare qualcosa di "equivoco", "sconveniente". Questa interpretazione è confermata dal fatto che in un'altra parte del sogno, in cui il materiale proviene dai ricordi relativi alla morte della zia, e precisamente nella frase "sono già andati al cimitero", si riscontra un analogo giuoco di parole relativo al cognome della zia. In queste parole sconvenienti avremmo l'indizio di una seconda sorgente di informazioni, orale, poiché tali parole non sono contenute nelle enciclopedie. Non mi sorprenderebbe se questa fonte fosse stata la stessa signora K., la calunniatrice di Dora. Dora avrebbe dunque risparmiato generosamente soltanto lei dal desiderio di vendetta e dal rancore che nutriva per tutti gli altri; dietro le congerie di spostamenti che si rivelano in tal modo, si potrebbe supporre un solo semplice fattore, l'amore omosessuale profondamente radicato per la signora K. 20 Era il 31 dicembre. non lo salutava, non gli rispondeva, se a tavola le chiedeva di passargli qualche cosa non si muoveva, insomma lo trattava come se non fosse esistito. Anche lui, però, non era troppo gentile con lei. Uno o due giorni prima della scena al lago, la ragazza mi prese da parte perché mi doveva dire una cosa. Mi raccontò che il signor K. in un periodo in cui la signora era stata assente per varie settimane le si era avvicinato, si era messo a farle una corte violenta e a supplicarla di accontentarlo; diceva che la moglie non gli dava niente eccetera.
Come sempre succede nel corso dell'analisi, venivano dunque alla luce altri fatti reali che contribuivano a risolvere i problemi posti precedentemente. Potei dire a Dora: — Adesso capisco il motivo dello schiaffo con cui Lei ri spose alle profferte del signor K. Non era un sentirsi offesa per la proposta ricevuta, ma una vendetta di gelosia. Quan do la governante le raccontò quella storia, Lei si valse ancora della Sua arte di non tener conto di tutto quello che non si accordasse coi Suoi sentimenti. Ma nel momento in cui il signor K., usando le stesse parole che aveva dette alla ragazza, le disse che "sua moglie non gli dava niente", Lei provò un sentimento nuovo, la goccia che fece traboccare il vaso: come si permetteva costui di trattarla come una governante, come una serva? L'orgoglio offeso si aggiungeva alla gelosia e a ragionevoli motivi coscienti; era veramente troppo.21 Per dimostrarle quanta influenza abbia ancora su di Lei la storia della governante, le mostrerò diverse identificazioni con costei sia nel sogno che nella sua condotta. Lei ha raccontato ai suoi genitori ciò che le era successo (cosa che fino ad ora non ci eravamo spiegati), proprio come la ragazza aveva scritto ai suoi. Lei si congeda da me col preavviso di quindici giorni, proprio come una governante. La lettera del sogno, con cui le si permette di tornare a casa, corrisponde alla lettera dei genitori alla governante, che glielo proibiscono.
21 Non era forse irrilevante il fatto che anche il padre usasse parole analoghe a proposito della moglie, di cui si era lamentato con me nello stesso modo. Dora poteva avergliele sentite dire ed era certo capace di capirne il senso. 22 Questo, il punto di contatto con 1"'ingegnere" che si nasconde die tro l'Io di Dora nella prima situazione del sogno. allora Lei sperasse ancora nel ripiego di indurlo, con la Sua accusa, a farlo venire dove stava Lei.
23L'attesa per raggiungere uno scopo è inclusa nel contenuto della pri ma situazione onirica; in questa fantasia di attesa per il fidanzato ravviso una parte della terza componente (cui accennai sopra) del sogno. 24 In particolare un discorso con cui il signor K. aveva accompagnato il suo regalo natalizio (un cofanetto per lettere) l'ultimo anno della loro permanenza a B. quanto a Suo padre Lei avrebbe ottenuto tutto quello che voleva. Certo se Lei a L. avesse ceduto alla tentazione, questa sarebbe stata l'unica soluzione possibile per tutti. Per questo — credo — le è tanto rincresciuto che l'esito sia stato diverso, e per questo lo ha corretto con la fantasia che si è espressa con l'appendicite. Dev'essere stata una grave delusione, per Lei, vedere che le Sue accuse, invece di portare a nuovi approcci da parte del signor K., provocavano da parte sua solo dinieghi e calunnie. Lei confessa che nulla la manda in collera più di sentire che qualcuno crede che la scena sul lago sia frutto della sua immaginazione. Adesso so che cosa Lei non vuole che le venga ricordato: che Lei si era immaginata che la corte del signor K. fosse una cosa seria e che egli non avrebbe desistito finché Lei non l'avesse sposato. Dora mi era stata a sentire senza contraddirmi, come faceva di solito. Sembrava commossa; col tono più amabile, si congedò facendomi i più calorosi auguri di buon anno e... non ritornò più. Il padre, che venne a trovarmi qualche altra volta, mi assicurò che sarebbe ritornata e che essa manifestamente desiderava continuare la cura. Ma il padre non era mai del tutto sincero. Fin quando aveva sperato che le mie chiacchiere avrebbero convinto Dora che tra lui e la signora K. non c'era altro che una buona amicizia, egli era stato favorevole al trattamento; ma quando aveva visto che fra le mie intenzioni non figurava questo proposito, il suo interesse per la cura era assai diminuito. Io sapevo che Dora non sarebbe ritornata. Era stato indubbiamente un atto di vendetta, quell'interrompere così bruscamente la cura demolendo tutte le mie speranze di condurla a buon esito, proprio quando quelle speranze divenivano più fondate. Anche la tendenza di Dora a farsi del male doveva aver avuto la sua parte in quel contegno. Chi come me risveglia, per combatterli, i peggiori dèmoni che solo imperfettamente domi vivono nell'animo dell'uomo, non deve attendersi d'essere risparmiato in questa lotta. Sarei riuscito a trattenere la ragazza se avessi sostenuto una parte? se avessi esagerato il valore che annettevo al suo ritorno? se avessi mostrato per lei un caldo interessamento che, malgrado l'attenuazione derivante dalla mia posizione di medico, avrebbe in certo modo potuto sostituire la tenerezza da lei tanto desiderata? Non so. Poiché alcuni dei fattori che si oppongono come resistenza rimangono in tutti i casi ignoti, ho sempre evitato di sostenere una parte, contentandomi di un'arte psicologica più modesta. Nonostante tutto l'interesse teorico, tutto il desiderio professionale di soccorrere il malato, io mi dico che ogni influenza psichica deve avere dei limiti e rispetto come tali anche la volontà e l'acume del paziente. Neppure so se il signor K. avrebbe potuto ottenere di più se gli fosse stato detto che quello schiaffo di Dora non significava affatto un "no" definitivo, ma era dovuto solo a una causa recente di gelosia, mentre nell'anima della ragazza prevaleva ancora la propensione per lui. Se non avesse tenuto conto di questo primo "no", se avesse continuato a manifestarle una passione convincente, l'amore l'avrebbe forse avuta vinta, nell'anima di Dora, su tutti gli ostacoli interiori. Ma ritengo altrettanto possibile che, al contrario, essa ne avrebbe tratto stimolo a soddisfare ancor più completamente il suo desiderio di vendetta. Non si può mai prevedere in che senso tenderà a decidersi il conflitto tra motivi contrastanti, se nel senso di un'abolizione della rimozione ovvero in quello di un suo rafforzamento. L'incapacità a soddisfare le esigenze erotiche reali è uno dei tratti caratteristici fondamentali della nevrosi; i malati sono dominati dal contrasto tra realtà e fantasia. Ciò a cui ambiscono più intensamente con l'immaginazione, essi lo fuggono allorché la realtà lo offre loro; e quando la realizzazione delle loro fantasie non è più da temere, tanto più volentieri si abbandonano ad esse. È pur vero che la barriera innalzata dalla rimozione può crollare sotto l'impeto di violenti eccitamenti provocati da una causa reale, e che la nevrosi può essere vinta dalla realtà; ma non è mai dato calcolare in generale in chi, o in che modo, una simile guarigione sia possibile.25 25 Ancora qualche osservazione su come è organizzato questo sogno, che non è possibile capire così a fondo da tentarne una sintesi. La fantasia di vendetta contro il padre può essere posta in risalto come parte prominente del sogno, simile a una facciata che s'impone sul resto: Dora si è allontanata da casa arbitrariamente; il padre è ammalato, poi morto...; ora ella 4. Posciitto Ho presentato questo lavoro come frammento di un'analisi; ma si sarà visto ch'esso è ben più incompleto di quanto il titolo lasciasse prevedere. È perciò opportuno ch'io tenti di spiegare il motivo delle sue lacune, tutt'altro che casuali. Un certo numero di risultati dell'analisi sono stati omessi, perché non erano abbastanza certi quando il trattamento fu interrotto, o perché sarebbe stato necessario continuarne l'esame fino a raggiungere una visione d'insieme. In altri punti, quando m'è parso ammissibile, ho additato gli sviluppi probabili di singole soluzioni. Ho tralasciato totalmente di esporre la tecnica, tutt'altro che di per sé evidente, che sola consente di estrarre dal materiale grezzo delle associazioni del paziente il puro filone delle preziose idee inconsce; ciò che comporta lo svantaggio di non permet- torna a casa, gli altri sono già tutti al cimitero; per nulla triste, va in camera sua e legge tranquillamente l'enciclopedia. Sotto a ciò due allusioni all'altro atto di vendetta ch'ella ha realmente commesso facendo trovare ai genitori una lettera d'addio: la lettera (nel sogno, quella della madre) e l'accenno al funerale della zia che le era sempre stata di modello. — Dietro questa fantasia si nascondono le idee di vendetta nei confronti del signor K., cui viene dato sfogo col comportamento verso di me. La persona di servizio, l'invito, il bosco, le due ore e mezzo ["due ore" nelle edizioni precedenti al 1924] provengono dal materiale connesso con gli eventi a L. Il ricordo della governante e della corrispondenza di questa con i genitori si fonde con l'elemento della lettera d'addio della stessa paziente, dando luogo alla lettera del sogno che le consente di tornare a casa. Il rifiuto di lasciarsi accompagnare, la decisione di andar da sola possono essere così tradotte: "Poiché tu mi hai trattato come una serva io ti lascio, vado sola per la mia strada, non mi sposo." — Coperto da queste idee di vendetta, si intravede altrove materiale proveniente dalle tenere fantasie relative all'amore per il signor K., che persiste nell'inconscio: "Ti avrei atteso sino a quando sarei divenuta tua moglie"; la deflorazione; il parto. — Infine a un quarto e più profondamente sepolto cerchio di pensieri, relativo all'amore per la signora K., sono dovute: la raffigurazione dal punto di vista maschile della fantasia della deflorazione (identificazione con l'ammiratore residente all'estero); le chiare allusioni, ripetute in due punti, alle parole equivoche ("Abita qui il signor ***?") e alla sorgente non verbale delle sue conoscenze sessuali (enciclopedia). Moti crudeli e sadici trovano parimenti il loro adempimento in questo sogno. tere al lettore di verificare la correttezza del mio procedimento nel corso dell'esposizione di questo caso. Ma trattare contemporaneamente la tecnica di un'analisi e l'intima struttura di un caso d'isteria mi si era rivelato assolutamente malpratico; per me sarebbe stato un compito quasi impossibile, per il lettore una lettura sicuramente ostica. La tecnica esige un'esposizione a parte, illustrata con numerosi esempi tratti dai casi più diversi e in cui sia consentito di prescindere dal risultato conseguito nei singoli casi. Neppure ho cercato di giustificare le premesse psicologiche implicite nelle mie descrizioni dei fenomeni mentali. Una giustificazione superficiale non servirebbe a nulla; una completa richiederebbe un lavoro a sé. Posso solo assicurare che ho intrapreso lo studio dei fenomeni rivelati dall'osservazione dei psiconevrotici senza essere legato ad alcun sistema psicologico determinato, e che ho poi rettificato le mie opinioni fino a quando non mi sono sembrate atte a dar ragione dell'insieme delle osservazioni. Non ripongo alcun orgoglio nell'aver evitato speculazioni; per contro il materiale su cui si fondano le mie ipotesi è stato il frutto della più ampia e laboriosa osservazione. La fermezza del mio punto di vista per quanto riguarda l'inconscio susciterà probabilmente particolare opposizione, poiché io tratto rappresentazioni inconsce, giri di pensieri e moti inconsci come se fossero oggetti della psicologia altrettanto veri e indubitabili di tutti i fenomeni consci; ma sono certo che chiunque prenda a indagare sullo stesso campo fenomenico con lo stesso metodo non potrà fare a meno, nonostante ogni protesta dei filosofi, di collocarsi nello stesso punto di vista. Quei colleghi che hanno considerato puramente psicologica la mia teoria dell'isteria, e quindi a priori inadatta a risolvere problemi patologici, potranno forse persuadersi in base al presente lavoro ch'essi, nella loro obiezione, trasferivano indebitamente sulla teoria un carattere che appartiene soltanto alla tecnica. Soltanto la tecnica terapeutica è puramente psicologica; la teoria non trascura affatto di indicare il fondamento organico delle nevrosi, pur se non lo ricerca in un'alterazione anatomo-patologica e pur sostituendo alle modificazioni chimiche, probabili, ma oggi ancora inafferrabili, il concetto provvisorio di funzione organica. Nessuno forse vorrà negare il carattere di fattore organico alla funzione sessuale, nella quale io ravviso il fondamento dell'isteria e delle psiconevrosi in genere. Sono d'accordo nel ritenere che una teoria della vita sessuale non possa non ammettere l'azione eccitante di certe sostanze sessuali. In effetti, tra tutti i quadri clinici che ci offre l'osservazione, i fenomeni dell'intossicazione e dell'astinenza, in connessione con l'uso di certi veleni cronici, sono i più simili alle psiconevrosi genuine. Ho fatto anche a meno di esporre quel che le nostre attuali conoscenze ci consentirebbero di dire sulla "compiacenza somatica", sui germi infantili delle perversioni, sulle zone erogene e sulla disposizione alla bisessualità, limitandomi a mettere in rilievo i punti in cui l'analisi si imbatteva in questi fondamenti organici dei sintomi. Non si sarebbe potuto far di più trattando di un caso particolare, e d'altra parte a una discussione superficiale di questi fattori si opponevano le considerazioni di cui è detto più sopra. V'è qui ricca materia per altri lavori, fondati su gran numero di analisi. Con questa pubblicazione tanto incompiuta ho voluto tuttavia raggiungere due scopi. In primo luogo integrare il mio precedente libro sull'interpretazione dei sogni, mostrando come tale arte, altrimenti inutile, possa essere impiegata per scoprire ciò che vi è di nascosto e di rimosso nella vita psichica; di tale tecnica interpretativa, affine alla psicoanalitica, ho pertanto tenuto conto nell'analisi dei due sogni qui riportati. In secondo luogo ho voluto destare interesse per una serie di rapporti, ancor oggi assolutamente ignorati dalla scienza perché identificabili soltanto con l'uso di questo particolare procedimento. Forse nessuno aveva potuto avere prima d'ora un'idea esatta della complessità dei processi psichici nell'isteria, della coesistenza dei moti più diversi, della connessione reciproca dei contrari, delle rimozioni e degli spostamenti e così via. Il rilievo dato da Janet all'idée fixe che si trasforma in sintomo è in realtà soltanto una povera schematizzazione. Non si può fare a meno di sospettare che gli eccitamenti cui si legano rappresentazioni alle quali fa difetto l'ammissibilità alla coscienza, reagiscono tra loro in modo diverso, hanno un corso diverso e modi di espressione diversi da quelli degli eccitamenti che chiamiamo "normali", il cui contenuto rappresentativo ci diviene cosciente. Se non si hanno più dubbi in merito, non v'è più difficoltà a capire una terapia che elimina i sintomi nevrotici trasformando le rappresentazioni del primo tipo in rappresentazioni normali. Ho anche voluto mostrare che la sessualità non è un deus ex machina che interviene isolatamente in un qualche punto del meccanismo caratteristico dei processi isterici, ma costituisce al contrario la forza motrice di ogni singolo sintomo e di ogni singola manifestazione di un sintomo. I fenomeni morbosi sono, per così dire, l'attività sessuale del malato. Un singolo caso non potrà mai dimostrare una tesi così generale; ma io non posso che ripetere in ogni occasione, perché in ogni occasione ne ho la riprova, che la sessualità è la chiave del problema delle psiconevrosi e delle nevrosi in genere. Chi la disdegna, non sarà mai in grado di forzare l'accesso. Attendo ancora notizie di ricerche che contraddicano questa tesi o ne limitino la portata; finora ho inteso al riguardo solo espressioni di malcontento o d'incredulità personali, cui è sufficiente ribattere con le parole di Charcot: "Ca n'empéche pas d'exister." Questo caso, della cui storia clinica e del cui trattamento ho qui pubblicato un frammento, non è neppure atto a porre nella sua giusta luce il valore della terapia psicoanalitica. Non soltanto la brevità del trattamento (appena tre mesi), ma anche un altro fattore inerente al caso hanno impedito che la cura terminasse con quel miglioramento, riconosciuto dal malato e dai parenti, che si ottiene in generale e che si avvicina più o meno alla guarigione completa. Risultati soddisfacenti di questo tipo vengono raggiunti quando i fenomeni morbosi sussistono solo in forza del conflitto interno tra gli impulsi connessi con la sessualità. In questi casi si riscontra un miglioramento del malato nella misura in cui si è contribuito a risolvere i suoi problemi psichici traducendo il materiale patogeno in materiale normale. Le cose vanno in modo diverso se i sintomi sono messi al servizio di motivi esterni, com'era accaduto nel caso di Dora negli ultimi due anni. Si rimane sorpresi e talora si può essere sfiduciati nel vedere che le condizioni del malato non si modificano in modo sensibile neppure ad analisi molto avanzata. Anche in questi casi, tuttavia, la realtà è meno brutta di quel che sembra; i sintomi, è vero, non scompaiono durante il lavoro analitico, ma se ne vanno qualche tempo dopo, quando ormai sono sciolti i rapporti col medico. Il rinvio della guarigione o del miglioramento, in realtà, è dovuto soltanto alla persona del medico. Debbo aggiungere qualcosa a spiegazione di questo dato di fatto. Si può affermare che, in tutti i casi, la formazione di nuovi sintomi cessa durante la cura psicoanalitica. Ma la capacità produttiva della nevrosi non è per questo affatto spenta; essa si esercita creando un particolare tipo di formazioni mentali, perlopiù inconsce, che possono denominarsi traslazioni. Che cosa sono le traslazioni? Sono riedizioni, copie degli impulsi e delle fantasie che devono essere risvegliati e resi coscienti durante il progresso dell'analisi, in cui però — e questo è il loro carattere peculiare — a una persona della storia precedente viene sostituita la persona del medico. In altri termini, un gran numero di esperienze psichiche precedenti riprendono vita, non però come stato passato, ma come relazione attuale con la persona del medico. Vi sono traslazioni il cui contenuto non differisce in nulla da quello del modello, se si eccettua la sostituzione della persona; queste sono allora, per seguire la metafora, vere e proprie "ristampe" o riedizioni invariate. Altre sono compiute con più arte, subiscono una mitigazione del loro contenuto, una sublimazione, come io la chiamo, e sono persino capaci di divenire consce appoggiandosi su una qualche particolarità reale, abilmente utilizzata, della persona del medico o del suo ambiente. In questo caso non si tratta più di ristampe, ma di rifacimenti. Se ci si inoltra nella teoria della tecnica analitica, si giunge alla conclusione che la traslazione è un requisito necessario. Ci si convince perlomeno che in pratica essa non può essere evitata con alcun mezzo, e che è necessario combattere quest'ultima creazione della malattia come le precedenti. Ora, questa parte del lavoro è decisamente la più difficile. L'interpretazione dei sogni, l'estrazione dei pensieri e dei ricordi inconsci dalle associazioni del malato e gli altri pro- cedimenti di traduzione sono facili da apprendere; in essi lo stesso paziente fornisce sempre il testo. La traslazione, invece, dev'essere intuita dal medico senza l'aiuto del malato, sulla base di piccoli indizi e guardandosi dai giudizi arbitrari. Non va però in alcun caso tralasciata, perché la traslazione viene utilizzata per la formazione di tutti gli ostacoli che rendono il materiale inaccessibile alla cura, e perché solo dopo che è stata sciolta il malato ha la sensazione di essere convinto dell'esattezza dei vari nessi costruiti dall'analisi. Si sarà portati a considerare un grave inconveniente del già scomodo procedimento analitico il fatto che sia il metodo stesso ad aumentare il lavoro del medico, creando una nuova specie di prodotti psichici patologici; anzi, si vorrà persino dedurre dall'esistenza delle traslazioni un peggioramento delle condizioni del malato nel corso della cura analitica. Ambedue queste considerazioni sono erronee. La traslazione non arreca al medico un aggravio di lavoro; per il medico è infatti indifferente che un certo impulso che deve vincere nel malato si riferisca a lui stesso o a un'altra persona. Né la cura, mediante la traslazione, impone al malato sforzi che altrimenti si sarebbero potuti risparmiare. La guarigione di nevrosi anche in cliniche in cui il trattamento psicoanalitico è escluso; l'affermazione che l'isteria non è guarita dai metodi bensì dal medico; quella specie di cieca dipendenza che, nelle cure per suggestione ipnotica, avvince stabilmente il malato al medico che l'ha liberato dai suoi sintomi: ecco tutti fatti la cui spiegazione scientifica può essere vista solo nelle "traslazioni" che il malato effettua sempre sulla persona del medico. La cura psicoanalitica non crea la traslazione, essa la scopre solamente, così come tutti gli altri processi psichici nascosti. La differenza risiede solo in questo: durante gli altri trattamenti, il malato si limita a evocare spontaneamente traslazioni affettuose e amichevoli che favoriscono la sua guarigione; quando questo è impossibile, il malato si distacca quanto più presto può dal medico che non gli è "simpatico", e senza esserne affatto influenzato. Nella psicoanalisi invece — e ciò per la differenza dei fattori su cui si basa — tutti gli impulsi, anche quelli ostili, vengono risvegliati e utilizzati dall'analisi col renderli coscienti, e in tal modo la traslazione viene continuamente annullata. La traslazione, destinata a divenire il più grave ostacolo per la psicoanalisi, diviene il suo migliore alleato se si riesce ogni volta a intuirla e a tradurne il senso al malato.1 Dovevo parlare della traslazione perché solo con questo fattore posso spiegare le particolarità dell'analisi di Dora. Ciò che costituisce la principale caratteristica di quest'analisi e che la rende adatta per una prima pubblicazione introduttiva, la sua particolare chiarezza, è in stretto rapporto con il suo grave difetto, quello che ne causò l'interruzione prematura. Non riuscii a rendermi tempestivamente padrone della traslazione; la prontezza con cui la paziente mise durante la cura a mia disposizione una parte del materiale patogeno, distolse la mia attenzione dai primi segni della traslazione ch'ella andava preparando con un'altra parte di quel materiale, a me ancora ignota. In principio era chiaro che nella sua fantasia Dora mi sostituiva al padre, cosa concepibile anche in vista della differenza d'età tra lei e me. Essa anche coscientemente mi paragonava sempre al padre, cercava ansiosamente di accertarsi s'io fossi veramente sincero con lei o non facessi invece come il padre che, diceva, "preferiva sempre i segreti e le vie traverse". Quando poi sopravvenne il primo sogno, in cui essa si persuadeva a lasciare la cura come, a suo tempo, la casa dei K., anch'io avrei dovuto esser messo sull'avviso e dirle: "Adesso Lei ha compiuto una traslazione dal signor K. a me. Ha notato qualcosa che le potrebbe far pensare a cattive intenzioni da parte mia, analoghe (direttamente o in forma sublimata) a quelle del signor K.? O l'ha colpita qualcosa in me, è venuta a sapere qualcosa di me che ha fatto convergere su me la Sua inclinazione, come già sul signor K.?" La sua attenzione si sarebbe portata allora su qualche particolare delle nostre relazioni, relativo alla mia persona o al mio ambiente, che avrebbe fatto schermo a qualcosa di analogo, ma di assai più importante, riguardante il signor K.; e lo scioglimento di questa traslazione avrebbe reso accessibile all'analisi nuovo 1 [Nota aggiunta nel 1923] Ho successivamente ampliato queste considerazioni nello scritto tecnico: Osservazioni sull'amore di traslazione U9M)- materiale, probabilmente composto da ricordi reali. Ma io trascurai questo primo avvertimento, mi dissi che c'era ancora tempo, dato che non si vedevano altri progressi della traslazione e che il materiale dell'analisi non era ancora esaurito. La traslazione potè quindi cogliermi alla sprovvista; a causa di un ignoto fattore per cui le ricordavo il signor K., la paziente si vendicò su di me come aveva voluto vendicarsi di lui e mi lasciò come egli stesso, secondo lei, l'aveva ingannata e lasciata. In tal modo ella mise in atto una parte essenziale dei suoi ricordi e delle sue fantasie, invece di riprodurla nella cura.2 Quale fosse questo fattore ignoto non posso naturalmente sapere; penso avesse a che vedere col denaro, o che fosse gelosia per un'altra mia paziente rimasta in rapporti dopo la guarigione con la mia famiglia. Quando si riesce a incorporare a tempo la traslazione nell'analisi quest'ultima diviene più lenta e meno chiara, ma meglio garantita da resistenze improvvise e invincibili. Nel secondo sogno di Dora la traslazione è presente in numerose e chiare allusioni. Quando la paziente me lo raccontò non sapevo ancora (lo appresi solo due giorni dopo) che avremmo avuto soltanto altre due ore per il nostro lavoro; lo stesso lasso di tempo che Dora aveva passato davanti alla Madonna di san Sisto, lo stesso ch'ella aveva preso a misura (correggendo in "due ore" il tempo prima indicato in "due ore e mezzo") del cammino che poi non percorse per fare il giro del lago. Lo sforzo di raggiungere una meta e la necessità di aspettare contenuti nel sogno, che erano in rapporto col giovanotto in Germania e provenivano dall'attesa necessaria per il matrimonio con il signor K., erano già stati espressi qualche giorno prima nella traslazione: la cura durava troppo, lei non avrebbe avuto la pazienza di aspettare tanto; mentre nelle prime settimane era stata ab- 2 [Freud introduce qui per la prima volta questo importante aspetto del comportamento dei pazienti durante la cura, e introduce altresì il termine agieren (da noi tradotto "mettere in atto"), termine parzialmente equivoco che accenna anche alla "teatralità" dell'atto. La designazione corrente nella letteratura internazionale è quella della traduzione inglese: to act out (donde acting out = messa in atto). L'argomento sarà discusso da Freud in un altro scritto tecnico: Ricordare, ripetere ed elaborare (i9M)-] stanza ragionevole da non protestare quando le dicevo che la guarigione avrebbe richiesto pressappoco un anno. Il rifiuto di farsi accompagnare, la decisione di andar sola che troviamo nel sogno, pure provenienti dalla visita alla galleria di Dresda, dovevo sperimentarli io stesso a tempo debito. Essi significavano: "Poiché tutti gli uomini sono così orribili, preferisco non sposarmi: questa è la mia vendetta."3 Quando impulsi di crudeltà e motivi di vendetta, già impiegati nella vita ordinaria per il mantenimento dei sintomi, si trasferiscono sul medico durante la cura, prima che questi abbia avuto tempo di distaccarli dalla sua persona riconducendoli alle loro fonti, non c'è da meravigliarsi se lo stato del malato non si lascia influenzare dagli sforzi terapeutici. Qual migliore vendetta per il malato che dimostrare al medico, con la sua stessa persona, quant'egli sia impotente e incapace? Ciononostante, ritengo che non si debba sottovalutare il valore terapeutico di trattamenti anche così frammentari come quello di Dora. Solo quindici mesi dopo la fine del trattamento e la stesura di questa mia relazione potei avere notizie dello stato di Dora e quindi dell'esito della cura. Il primo aprile, data non del tutto indifferente — sappiamo che tutto ciò che si riferiva al tempo non era mai per lei privo di significato, — ella si ripresentò da me per completare la sua storia e per 5 Più passa il tempo dopo la fine di quest'analisi e più mi pare probabile che il mio errore tecnico consistette nel non essermi avveduto, e nel non aver detto in tempo alla malata, che il suo impulso erotico omosessuale (ginecofilo) per la signora K. era la più forte delle sue correnti psichiche inconsce. Avrei dovuto intuire che non altri che la signora K. aveva potuto essere la sorgente principale delle sue conoscenze in materie sessuali, quella stessa signora K. che l'aveva poi accusata di troppo interesse per quegli argomenti. Infatti era troppo particolare il fatto che Dora conoscesse tutti gli argomenti più scabrosi e non volesse mai ricordarsi dove li aveva appresi. Avrei dovuto appigliarmi a questo enigma e cercare i motivi di questa singolare rimozione. Il secondo sogno me li avrebbe allora rivelati. Lo sfrenato desiderio di vendetta che si esprimeva in questo sogno era soprattutto inteso a nascondere la corrente contraria, la generosità con cui Dora perdonava il tradimento dell'amica amata nascondendo a tutti che era stata proprio lei a darle quelle cognizioni di cui più tardi ci si era serviti per denigrarla. Prima di riconoscere l'importanza della corrente omosessuale negli psiconevrotici mi sono spesso arenato nel corso del trattamento e mi sono smarrito completamente. chiedere nuovamente il mio aiuto; ma mi bastò guardarla in volto per capire che questa richiesta non andava presa sul serio. Disse che nelle quattro o cinque settimane successive alla fine della cura si era sentita "sottosopra"; poi era avvenuto un grande miglioramento, le crisi si erano fatte più rare, l'umore più sollevato. Nel maggio dell'anno precedente era morto uno dei bambini dei K., che era sempre stato malaticcio. Essa aveva colto l'occasione di questo lutto per fare una visita di condoglianze ai K., che l'avevano ricevuta come se nulla fosse successo negli ultimi tre anni. Allora si era conciliata con loro, si era presa la sua rivincita mettendo così termine alla faccenda in modo per lei soddisfacente. Alla signora, Dora aveva detto: "So bene che hai una relazione con mio padre", e quella non aveva negato. Quanto al marito, lo aveva indotto a riconoscere la verità della scena del lago sempre da lui contestata, e aveva poi informato il padre di questo riconoscimento che giustificava tutto il suo atteggiamento precedente. Non aveva riallacciato la relazione con quella famiglia. La paziente continuò a star bene fino alla metà di ottobre, quando fu colta da un nuovo accesso d'afonia che durò sei settimane. Stupito, le domandai se la crisi avesse avuto una causa precisa, e appresi che infatti era stata preceduta da un forte spavento. Aveva dovuto assistere all'investimento di un passante da parte di una carrozza. Dora si risolse poi a dirmi che l'incidente non era capitato ad altri che al signor K. L'aveva incontrato un giorno per via, le era venuto incontro in un punto di traffico intenso, era rimasto di fronte a lei come smarrito e si era lasciato cogliere, nella sua fissità attonita, da una carrozza che lo aveva gettato a terra.4 D'altronde si era persuasa subito che egli ne era uscito pressoché illeso. Mi disse pure che provava ancora un certo batticuore quando sentiva parlare dei rapporti tra il padre e la signora K., nei quali peraltro non s'immischiava più. Ora era assorta nei suoi studi, non pensava a sposarsi. Era venuta a chiedere il mio aiuto per una nevralgia facciale destra che la perseguitava giorno e notte. "Da quan- 4 Questo interessante episodio rientra in quei casi di indiretto tentato suicidio di cui mi sono occupato nella mia Psicopatologia della vita quotidiana (1901). do?" — "Esattamente da quindici giorni."5 Non potei trattenermi dal sorridere e le feci osservare che esattamente quindici giorni prima (eravamo nel 1902) doveva aver letto sui giornali una notizia che si riferiva a me; ella me ne dette conferma. La pseudonevralgia corrispondeva dunque a un'autopuni-zione, al rimorso per lo schiaffo dato a suo tempo al signor K. e per aver trasferito la sua vendetta su di me. Non so che specie di aiuto aveva voluto chiedermi la paziente; promisi comunque di perdonarla per avermi privato della soddisfazione di guarirla radicalmente. Sono passati anni da quella visita. Dora si è sposata, e precisamente — se non m'ingannano tutti gli indizi — con il giovane di cui si parlava nelle associazioni all'inizio dell'analisi del secondo sogno.6 Come il primo sogno indicava il distacco dall'uomo amato e il ritorno al padre, ossia la fuga dalla vita nella malattia, così questo secondo sogno preannunciava dunque che si sarebbe staccata da padre restituendosi alla vita. 5 Vedi nell'analisi del secondo sogno il significato di questo lasso di tempo e la sua relazione col tema della vendetta. 6 [Nelle edizioni del 1909, 1912 e 1921 figurava qui la nota: "Si trat tava, come appresi in seguito, di un'informazione errata."]
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