Oggetto |
(ingl. object; ted. Objekt; fr. objet) Termine ricorrente nel linguaggio psicoanalitico dove è impiegato nelle accezioni qui di seguito elencate. Oggetto e pulsione. A proposito della -► Pulsione (§ 1, d) S. Freud distingue una spinta che è la carica energetica che fa tendere organismo verso una meta, una fonte che è 'a zona somatica sede dell'eccitazione, ad esempio la bocca, una meta che è la soddisfazione della tensione pulsionale, ad esempio l'incorporazione, e un oggetto che è ciò attraverso cui la soddisfazione si compie, ad eserripio il seno. Dell'oggetto Freud dice che l' elemento più variabile della pulsione non è originariamente collegato ad essa, ma le è assegnato soltanto in forza della sua proprietà di rendere possibile il soddisfacimento. Non è necessariamente un oggetto estraneo, ma può essere altresì una parte del corpo del soggetto. Può venir mutato infinite volte durante le vicissitudini che la pulsione subisce nel corso della sua esistenza. A questo spostamento della pulsione spettano funzioni importantissime. Può accadere che lo stesso oggetto serva al soddisfacimento di più pulsioni, producendo ciò che Alfred Adler chiama un "intreccio pulsionale". Un attaccamento particolarmente forte della pulsione al suo oggetto viene messo in rilievo come "fissazione" della pulsione. La fissazione si produce spesso in periodi remotissimi dello sviluppo pulsionale, e pone fine alla mobilità della pulsione opponendosi vigorosamente al suo staccarsi dall'oggetto» (1915a. p. 18-19). Da questa e da altre definizioni di Freud è possibile dedurre che l'impiego della parola «oggetto» avviene seguendo due serie contrapposte, nelle quali si raggruppano i vari significati: la prima serie distingue tra oggetto esterno, sia nel senso che appartenga al mondo esterno sia che si riferisca a una parte del corpo del bambino vissuta come esterna, e oggetto interno che è la rappresentazione dell'oggetto a cui il soggetto reagisce come di fronte all'oggetto esterno da cui è derivato mediante introiezione. La seconda serie distingue tra oggetto parziale che è tanto una parte del corpo (seno, feci, pene) quanto un suo equivalente simbolico (oggetto parziale può essere anche una persona nella sua totalità, come la madre, ma visualizzata come se fosse un oggetto che esiste solo per soddisfare i propri bisogni); e oggetto totale che è la persona con cui il soggetto entra in rapporto, percependola come altro da sé, con cui è possibile instaurare una relazione psicologica. All'oggetto parziale fanno riferimento le pulsioni parziali, ossia le pulsioni in cerca ciascuna della propria soddisfazione perché ancora devono trovare un centro intorno a cui organizzarsi. Tale centro è la genitalità (-► genitale, § 2), per cui pulsioni e oggetti parziali si riferiscono alle fasi -► pregenitali. Freud ha messo in evidenza: gli spostamenti che si stabiliscono tra i vari oggetti parziali come nella sequenza bambino-pene- feci-denaro-dono, o come nel caso della donna che passa dal desiderio del pene al desiderio dell'uomo, con la possibilità di una regressione dall'uomo al pene come oggetto del suo desiderio, e le fissazioni a un oggetto, dette anche costanza d'oggetto, come nel caso del feticismo e in tutti quei casi in cui il soggetto rifiuta i sostituti di un oggetto familiare. 2. Oggetto e affettività. Rientrano in questo gruppo tutti i correlati dell'amore e dell'odio che caratterizzano la relazione tra una persona totale o istanza dell'Io e un'altra persona, entità o ideale percepito come oggetto totale. Tali oggetti si incontrano quando si è raggiunta la fase genitale, e con essi il soggetto ha un rapporto non più biologico, ma propriamente psicologico. Alla scelta oggettuale, che riconosce l'altro nella sua alterità e non solo come strumento di soddisfazione dei propri bisogni, si perviene dopo aver superato lo stadio narcisistico (-► narcisismo) che assume come oggetto d'amore il proprio corpo. Questo stadio, scrive Freud, «consiste nel fatto che l'individuo nel corso del suo sviluppo, mentre unifica le pulsioni sessuali già agenti autoeroticamente al fine di procurarsi un oggetto d'amore, assume anzitutto sé stesso, vale a dire il proprio corpo come oggetto d'amore, prima di passare alla scelta oggettuale di una persona estranea» (1910c, p. 386). 3. Oggetto e conoscenza. C'è infine una terza connotazione della parola oggetto, relativa alla psicologia della conoscenza, che si riferisce a ciò che si offre con caratteri fissi e permanenti, e quindi tale da poter essere riconosciuto da tutti, indipendentemente da pulsioni, desideri e opinioni individuali. L'aggettivo corrispondente all'oggetto della conoscenza è oggettivo, mentre l'aggettivo corrispondente all'oggetto dell'affettività è oggettuale, per cui si parla di «conoscenza oggettiva» (-► realtà, § 2) e di «scelta oggettuale» per i correlati dell'affettività. 4. La relazione oggettuale. Dopo Freud la psicoanalisi ha preferito al termine «oggetto» l'espressione «relazione oggettuale» volendo sottolineare l'originarietà della relazione rispetto all'individuo considerato nel suo isolamento. La relazione è propriamente un'interrelazione, nel senso che non si limita a indicare il modo con cui il soggetto costituisce i suoi oggetti, ma anche il modo in cui questi agiscono su di lui. Tale è ad esempio la posizione di M. Klein secondo la quale gli oggetti proiettati e introiettati esercitano un'azione persecutoria o rassicurante sul soggetto (-► kleiniana, teoria, § 1). Le relazioni oggettuali si riferiscono: in psicoanalisi ai momenti evolutivi come la relazione oggettuale orale, anale, fallica; in psicopatologia alle forme di estraneazione come, ad esempio, la relazione oggettuale melanconica, maniacale eccetera. 5. La scissione dell'oggetto. Concetto introdotto dalla Klein secondo la quale l'oggetto verso cui convergono le pulsioni erotiche e distruttive è scisso in oggetto «buono» e in oggetto «cattivo» che subiscono destini diversi nel gioco delle proiezioni e delle introiezioni. La scissione è un primitivo meccanismo di -► difesa (§ 2) contro l'angoscia e si riferisce nella posizione schizoparanoidea a oggetti parziali, e in quella depressiva all'oggetto totale. Per effetto dell'introiezione degli oggetti, anche l'Io viene scisso in «buono» e «cattivo» (-► kleiniana, teoria, § 1). 6. Oggetto transizionale. Termine introdotto da D.W. Winnicott per indicare un oggetto materiale, come può essere un lembo della coperta o un pupazzo, che il bambino, tra i quattro e i dodici mesi, tiene presso di sé per addormentarsi. E un fenomeno normale che consente al bambino di passare dalla prima relazione con la madre alla relazione oggettuale. L'oggetto transizionale, pur costituendo un momento di passaggio verso la percezione di un oggetto nettamente separato dal soggetto, non perde la sua funzione nel periodo successivo, dove riappare specialmente in occasione di fasi depressive. Secondo Winnicott, l'oggetto transizionale appartiene a quel campo intermedio dell'esperienza che è il campo dell'-► illusione i cui contenuti non sono riconducibili né alla realtà interna, né alla realtà esterna. Essa costituisce la parte più importante dell'esperienza del bambino e il suo protrarsi nell'età adulta è alla base della successiva vita immaginativa. |