Rimozione |
(ingl. repression; ted. Verdrängung; fr. refoulement) Termine psicoanalitico che si riferisce a un processo inconscio che consente di escludere dalla coscienza determinate rappresentazioni connesse a una pulsione il cui soddisfacimento sarebbe in contrasto con altre esigenze psichiche. In quanto processo inconscio, la rimozione va distinta dalla -► repressione che è cosciente; inoltre ciò che viene rimosso non è la pulsione, ma il suo -► rappresentante ideativo, mentre l'affetto a esso connesso viene spostato (-► spostamento) o soppresso. S. Freud distingue nella rimozione tre fasi: 1) la rimozione originaria che previene l'accesso alla coscienza dei rappresentanti ideativi (pensieri, immagini, ricordi) della pulsione. Questa prima forma di rimozione costituisce il nucleo inconscio che agisce come polo di attrazione nei confronti degli elementi da rimuovere. Ciò spiega anche perché Freud parli spesso dell'inconscio come del «rimosso»; 2) la rimozione secondaria, che è la rimozione propriamente detta, ossia la repulsione da parte dell'Io o del Super-io di rappresentazioni incompatibili con le proprie esigenze; 3) il ritorno del rimosso, dove gli elementi rimossi, che non vengono mai soppressi dalla rimozione, tendono a ricomparire in forma deformata tramite i meccanismi dello -►- spostamento, della condensazione e della conversione, assumendo il tratto tipico dei sintomi. La rimozione originaria e quella secondaria sono tra loro connesse secondo una modalità che Freud così descrive: «Abbiamo dunque motivo di supporre l'esistenza di una rimozione originaria, e cioè di una prima fase della rimozione che consiste nel fatto che alla "rappresentanza" psichica (ideativa) di una pulsione viene interdetto l'accesso alla coscienza. [...] Il secondo stadio della rimozione, la rimozione propriamente detta, colpisce i derivati psichici della rappresentanza rimossa, oppure quei processi di pensiero che pur avendo una qualsiasi altra origine sono incorsi in una relazione associativa con la rappresentanza rimossa. In forza di tale relazione queste rappresentazioni incorrono nello stesso destino di ciò che è stato originariamente rimosso. La rimozione propriamente detta è perciò una post-rimozione. E inoltre erroneo dar rilievo soltanto alla ripulsa che viene esercitata dalla coscienza su quanto ha da esser rimosso. Entra pur sempre in giuoco anche l'attrazione che il rimosso originario esercita su tutto ciò con cui può collegarsi. E probabilmente la tendenza rimovente non raggiungerebbe il suo scopo se queste due forze non agissero congiuntamente, se cioè non vi fosse un rimosso anteriore, pronto ad accogliere quanto la coscienza allontana da sé» (1915c, p. 38-39). Secondo Freud lo sviluppo dell'Io e l'adattamento all'ambiente dipendono dalla rimozione originaria, senza la quale le pulsioni verrebbero scaricate immediatamente tramite l'esaudimento allucinatorio del desiderio. Nello stesso tempo, una rimozione secondaria eccessiva conduce a uno sviluppo difettoso dell'Io e alla comparsa di sintomi. Sulla nozione freudiana di rimozione ritorna J. Lacan che la reinterpreta come «quella sorta di discordanza tra il significato e il significante, determinata da ogni censura d'origine sociale» (1954, p. 364) che è responsabile di quella scissione, per Lacan incomponibile, tra natura e cultura (-► lacaniana, teoria, § 8). |