Rappresentazione |
(ingl. representation; ted. Vorstellung-, fr. représentation) Termine che indica sia l'atto con cui la coscienza riproduce un oggetto esterno come può essere una cosa, o interno come uno stato d'animo o un prodotto fantastico, sia il contenuto di tale operazione riproduttiva. In filosofia questo concetto ha fatto sorgere un problema gnoseologico che ha visto divisi quanti, come R. Descartes, ritengono che la coscienza sia una scena in cui trovano un'esistenza di secondo grado (iterum praesens) gli oggetti della realtà, e quanti, come E. Husserl, considerano la rappresentazione come il mezzo con cui la coscienza si rivolge intenzionalmente agli oggetti, che pertanto sono presenti alla coscienza in modo immediato e non duplicato. In psicologia si intende per rappresentazione il rinnovarsi dell'esperienza percettiva in assenza dello stimolo sensoriale. Come tale, la rappresentazione occupa uno spazio intermedio tra la particolarità della percezione e l'universalità del concetto a cui si perviene per astrazione. Oltre a questa significazione generale, il termine rappresentazione ha un uso specifico in psicoanalisi e in psicologia sociale. 1. Psicoanalisi. Il concetto di rappresentazione ricorre in S. Freud in tre accezioni, ciascuna delle quali rinvia a tre contesti della sua teoria. a) Rappresentazione e affetto. La rappresentazione è ciò che dell'oggetto viene trascritto nei «sistemi mnestici» (-► engramma, § 1). Questi sistemi, che legano le tracce mnesti- che per simultaneità, causalità, successione cronologica, vengono riattivati dall'-► investimento o dal controinvestimento affettivo (-► affetto, § 1), che ne consente la rievocazione: «Nelle funzioni psichiche bisogna distinguere qualcosa (importo d'affetto, somma di eccitazione) [...J che può essere aumentato, diminuito, spostato, scaricato e che si stende sulle tracce mnestiche delle rappresentazioni quasi come una carica elettrica sulla superficie dei corpi» (1887-1902, p. 141). Così, nella nevrosi ossessiva l'importo d'affetto viene spostato dalla rappresentazione legata all'evento traumatico a un'altra rappresentazione insignificante, mentre nell'isteria l'importo d'affetto viene convertito in energia somatica e la rappresentazione spostata su una zona o un'attività somatica. La rimozione interessa esclusivamente la rappresentazione, perché l'importo d'affetto non viene rimosso, ma propriamente represso (-► repressione). b) Rappresentazione di cosa e rappresentazione di parola. La prima è essenzialmente visiva ed è tipica del sistema inconscio, la seconda è acustica ed è tipica del sistema precon- scio-conscio perché suppone il sistema di verbalizzazione. Il legame tra rappresentazione di parola e rappresentazione di cosa è stabilito dal sistema conscio regolato dal processo secondario, mentre la rappresentazione della sola cosa, non necessariamente in se stessa, ma nei sistemi mnestici in cui per qualche sua qualità è inserita, come dimostrano le catene associative, è propria del sistema inconscio regolato dal processo primario: «La rappresentazione conscia comprende la rappresentazione della cosa più la rappresentazione della parola corrispondente, mentre quella inconscia è la rappresentazione della cosa e basta» (1915a, p. 85). Nel sogno e nella schizofrenia le rappresentazioni di parole sono trattate come rappresentazioni di cose. c) Rappresentazione finalizzata. Con questa espressione Freud si riferisce all'orientamento seguito dalle rappresentazioni sia consce che inconsce, il cui concatenamento non è regolato solo da leggi meccaniche, ma dall'attrazione che una rappresentazione privilegiata esercita su altre rappresentazioni. Nel caso di pensieri consci, l'attrazione è esercitata dalla rappresentazione della meta perseguita, mentre nell'inconscio ad esercitare l'attrazione è la rappresentazione del desiderio che proviene dall'esperienza del soddisfacimento. 2. Psicologia analitica. C.G. Jung non tematizza il concetto di rappresentazione se non nell'accezione di rappresentazione collettiva, come si può leggere alla voce -► antropologia (§ 2). 3. Psicologia sociale. Il concetto di rappresentazione sociale è stato elaborato a partire dalla nozione di «rappresentazione collettiva» (-► collettivo) elaborata da E. Durkheim in opposizione alle rappresentazioni individuali. La sua funzione è, come scrive S. Moscovici, quella di «definire sistemi di valori, idee e pratiche con una doppia funzione: innanzitutto quella di stabilire un ordine che permetta alla persona di orientarsi nel suo mondo sociale materiale e di padroneggiarlo, e in secondo luogo quella di facilitare la comunicazione tra i membri di una comunità fornendo loro un codice al fine di chiamare e classificare i vari aspetti del loro mondo e la loro storia individuale e di gruppo» (1961, p. 54). Coordinando gli elementi dell'ambiente sociale e dando loro una coerenza, la rappresentazione sociale conferisce significato al comportamento, integrandolo in un sistema comportamentale e relazionale più esteso, I processi che mettono capo alla rappresentazione sociale sono l'oggettivazione in jmmagini di quell'entità altrimenti astratta che è il sistema sociale, e l'ancoraggio di ogni elemento sociale nella rete di categorie della società, per rendere ciò che altrimenti sarebbe difficilmente percettibile. |