Punizione

(ingl. punishment; ted. Bestrafung; fr. punition)

Evento avversativo applicato al fine di eliminare o modificare una condotta. Il suo significato varia a seconda dei campi di applicazione.

1. Psicologia sperimentale. La punizione può assumere la forma di un mancato rinforzo positivo (-► ricompensa) o di uno stimolo negativo per estinguere modi comportamentali acquisiti o per facilitare l'acquisizione di nuovi, come dimostrano le indagini sull'-►- apprendimento (§ I) differenziato eseguite sui ratti. La durezza di una punizione è misurata in termini di intensità, durata e frequenza; la sua efficacia dipende dalla vicinanza spazio-temporale tra comportamento e punizione, oltre che dalla proporzionalità tra la gravità del comportamento e la gravità della punizione, perché altrimenti si ottiene il cosiddetto «effetto paradossale» dove una punizione sproporzionata rinforza, invece di inibire, un comportamento che si intende estinguere. I risultati ottenuti nell'ambito della psicologia sperimentale hanno trovato applicazione in quelle terapie del comportamento denominate «avversative» (-► comportamento, § 5, e).

2. Psicologia sociale. La punizione è una risposta di difesa della società nei confronti di comportamenti giudicati pericolosi o dannosi. In questo ambito occorre distinguere tra la sanzione giuridica che punisce in base all'oggettività del fatto, e la sanzione sociale che ha in vista il riscatto morale del soggetto a cui è stata inflitta la punizione. Un particolare rilievo assume la punizione in ambito pedagogico dove coloro che ne sostengono l'efficacia raccomandano la sua eccezionalità per evitare che sia controproducente, che non sia mortificante per non ridurre l'autostima del soggetto, che sia data da chi ha con l'educando un buon rapporto affettivo, che sia tempestiva perché evidente appaia il rapporto colpa-punizione, e che sia seguita da atteggiamenti chiarificatori e rassicuranti per evitare una rottura definitiva con l'adulto. Sull'efficacia educativa della Punizione esistono pareri controversi, soprattutto in ordine alla formazione di un atteggiamento morale autonomo o eteronomo, fondato cioè sulla relazione di dipendenza da premi o punizioni, che non favorisce il senso di responsabilità personale e l'autonomia della condotta (-► autonomia- eteronomia).

3. Psicoanalisi. In questo ambito si parla di bisogno di punizione (-► autopunizione) come esigenza interna a cercare situazioni penose e umilianti e a compiacersene in modo masochistico (-► masochismo). Questo bisogno si manifesta nei sogni come tributo pagato alla censura per l'appagamento di un desiderio, nelle nevrosi ossessive (-► ossessione, § 2), e nella terapia come desiderio inconscio di non liberarsi dalla propria sofferenza (-► resistenza). A questo proposito S. Freud scrive che «l'impressione più importante che si ha delle resistenze nel corso del lavoro analitico è quella di una forza che si oppone con ogni mezzo alla guarigione, ancorandosi con determinazione assoluta alla malattia e alla sofferenza» (1937a, p. 525). Freud spiega i comportamenti autopunitivi ipotizzando un conflitto tra un Super-io particolarmente esigente e l'Io: «Certi soggetti danno l'impressione di essere moralmente inibiti in misura eccessiva, di assoggettarsi al dominio di una coscienza morale particolarmente suscettibile, pur non essendo consapevoli affatto di questa ipermoralità. A un esame più attento ci rendiamo conto della differenza che passa tra una siffatta prosecuzione inconscia della moralità e il masochismo morale. Nel primo caso l'accento cade sull'aumentato sadismo con cui il Super-io infierisce sull'Io, nel secondo invece sul masochismo proprio dell'Io, che vuol essere punito sia dal Super-io sia dai poteri parentali esterni» (1924a, p. 14-15).