Pulsione |
(ingl. drive; ted. Trieb; fr. pulsion) Il termine è impiegato: 1) in psicologìa sperimentale dove nomina la componente psicologica di quello stato fisiologico che è il -► bisogno (§ 1-2) e 2) in ambito psicoanalitico dove è usato sistematicamente da S. Freud e tenuto opportunamente separato dal concetto di -► istinto e da quello di -► stimolo. L'istinto è concepito da Freud come un comportamento animale fissato dall'ereditarietà, caratteristico della specie, preformato nel suo svolgimento e adattato al suo oggetto; la pulsione invece è una costituente psichica che produce uno stato di eccitazione che spinge l'organismo all'attività, anch'essa geneticamente determinata ma suscettibile di essere modificata dall'esperienza individuale. Nei confronti dell'istinto, scrive Freud, «la pulsione si differenzia per il fatto che trae origine da fonti di stimolazione interne al corpo, agisce come una forza costante e la persona non le si può sottrarre con la fuga, come può fare di fronte allo stimolo esterno. Nella pulsione si possono distinguere: fonte, oggetto e meta. La fonte è uno stato di eccitamento nel corpo, la meta l'eliminazione di tale eccitamento; lungo il percorso dalla fonte alla meta la pulsione diviene psichicamente attiva. Noi ce la rappresentiamo come un certo ammontare di energia, che preme verso una determinata direzione. Da questo premere le deriva il nome di "pulsione"» (1932a, p.205). 1. Teoria delle pulsioni. Per Freud «la "pulsione" appare come un concetto limite tra lo psichico e il somatico, come il rappresentante psichico degli stimoli che traggono origine dall'interno del corpo e pervengono alla psiche, come una misura delle operazioni che vengono richieste alla sfera psichica in forza della sua connessione con quella corporea» (1915a, p. 17). Nella pulsione è possibile individuare una spinta, una fonte, una meta e un oggetto, che Freud così definisce. a) La spinta. «Per spinta di una pulsione s'intende l'elemento motorio di questa, la somma di forze o la misura delle operazioni richieste che essa rappresenta. Il carattere dell'esercitare una spinta è una proprietà gene- i rale delle pulsioni, è addirittura la loro es- I senza. Ogni pulsione è un frammento di attività; quando nel linguaggio corrente si parla di pulsioni passive, ciò non può significare altro che pulsioni aventi una meta passiva» (1915a,p. 18). b) La fonte. «Per fonte della pulsione s'interi de quel processo somatico che si svolge il un organo o parte del corpo il cui stimolo i rappresentato nella vita psichica dalla pul sione. Non si sa se questo processo sia sem pre di natura chimica, o se invece possa an-che corrispondere allo sprigionamento di altre forze, ad esempio meccaniche. Lo studio delle fonti pulsionali non appartiene più alla psicologia: benché la sua provenienza dalla fonte somatica la condizioni certamente in modo decisivo, la pulsione non ci è nota nella vita psichica che attraverso le sue mete. La conoscenza precisa delle fonti pulsionali non è sempre indispensabile per gli scopi dell'indagine psicologica. Talvolta ci è data la possibilità di risalire dalle mete della pulsione alle sue fonti. [...] Ciò che differenzia le prestazioni psichiche delle singole pulsioni può esser fatto risalire alla varietà delle fon-li pulsionali» (1915a, p. 19). c) La meta. «La meta di una pulsione è in ogni caso il soddisfacimento che può essere raggiunto soltanto sopprimendo lo stato di stimolazione alla fonte della pulsione. Ma, seppure questa meta finale di ogni pulsione rimane invariata, più vie possono condurre alla stessa meta finale; perciò per una pulsione possono darsi molteplici mete prossime o intermedie le quali si combinano o si scambiano tra loro. L'esperienza ci autorizza a parlare altresì di pulsioni "inibite nella meta" quando si tratta di processi che si svolgono per un tratto nella direzione del soddisfacimento pulsionale, ma che subiscono a un certo punto una inibizione o una deviazione. È da supporre che un soddisfacimento parziale si ottenga anche in relazione a processi di questo tipo» (1915a, p. 18). d) L'oggetto. «Oggetto della pulsione è ciò in relazione a cui, o mediante cm, la pulsione può raggiungere la sua meta. E l'elemento più variabile della pulsione, non è originariamente collegato ad essa, ma le è assegnalo soltanto in forza della sua proprietà di rendere possibile il soddisfacimento. Non è necessariamente un oggetto estraneo, ma può essere altresì una parte del corpo del soggetto. Può venir mutato infinite volte durante le vicissitudini che la pulsione subisce nel corso della sua esistenza. A questo spostamento della pulsione spettano funzioni importantissime. Può accadere che lo stesso ogggetto serva al soddisfacimento di più pulsioni, producendo ciò che Alfred Adler chiama "intreccio pulsionale". Un attaccamento particolarmente forte della pulsione al suo ogggetto viene messo in rilievo come "fissazione" della pulsione. La fissazione si produce spesso in periodi remotissimi dello sviluppo pulsionale, e pone fine alla mobilità Iella pulsione opponendosi vigorosamente il suo staccarsi dall'oggetto» (1915a, p. 18-19;-►oggetto,!) 1). e) Le vicissitudini. Secondo Freud la pulsione può andare incontro a quattro vicissitudini: 1) il capovolgimento nell'opposto (-► opposti. § 1, a) che può avvenire o nella forma della sostituzione di un ruolo attivo (ad esempio il sadismo) con quello passivo (masochismo) o nell'inversione di contenuto come nel caso dell'amore che si trasforma in odio; 2) il volgersi sul soggetto utilizzato come oggetto pulsionale con conseguente conversione della meta pulsionale attiva in meta pulsionale passiva (-► riflessione, § 3); 3) la -► rimozione che include tutti i meccanismi di -► difesa (§ 2); 4) la -► sublimazione dove l'energia pulsionale si scarica in attività che conservano solo un nesso simbolico con la meta primaria della pulsione. f) L'ambivalenza. Nell'età infantile si assiste a una tendenza delle pulsioni con meta attiva a essere associate con pulsioni antitetiche a meta passiva, come il desiderio di mangiare e di essere mangiato. In seguito si ha una -► defusione delle pulsioni, e il persistere dell'-► ambivalenza (§ 2) nell'età adulta è considerato un residuo infantile. Detto fenomeno è noto anche come fenomeno della pulsione complementare (-► complementarità, § 2). g) Il dualismo. Secondo Freud le pulsioni si possono catalogare in due gruppi che, essendo antagonisti tra loro, sono responsabili dei conflitti e quindi delle nevrosi. Questa teoria ha subito un'evoluzione storica che può essere distinta in quattro fasi. Prima fase (1894-1911). Freud accoglie la distinzione, diffusa tra i biologi, tra pulsione di autoconservazione (-► conservazione, § 2) o pulsione dell'Io (-► Io, pulsione dell') mirante alla conservazione dell'individuo, e pulsione sessuale diretta alla conservazione della specie. Seconda fase (1911-1914). L'introduzione del concetto di -► narcisismo (§ 3) oscura la distinzione tra pulsioni sessuali e pulsioni dell'Io, mantenendola solo in relazione all'oggetto sul quale la libido è diretta che può essere o un oggetto esterno o il proprio Io. In questa fase Freud pensa ancora che, oltre alla pulsione libidica dell'Io, ve ne sia un'altra non libidica, che egli denomina interesse (-► Io, interesse dell'). Terza fase (1915-1920). L'aggressività, prima ritenuta una componente della pulsione sessuale, particolarmente evidente nel sadismo, viene ora assegnata alle pulsioni non libidiche dell'Io, e intesa come una pulsione diretta al controllo del mondo esterno. Quarta fase (1920-1939). L'antitesi tra pulsioni sessuali e aggressive viene conservata, ma esse entrano a far parte di entità più ampie che sono rispettivamente le pulsioni di vita e le pulsioni di morte (-► Eros-Thanatos). Le pulsioni di autoconservazione sono accomunate alle pulsioni sessuali come parte delle pulsioni di vita, mentre l'aggressività viene letta come figura delle pulsioni di morte. 2. Definizioni delle singole pulsioni. Freud ha sempre mostrato un atteggiamento critico nei confronti di ogni teoria delle pulsioni che porti a stabilirne un catalogo postulando tante pulsioni quanti sono i tipi noti di attività. Ciò non gli ha impedito di aggettivare determinate pulsioni nel percorso di assestamento di quel dualismo pulsionale che sopra abbiamo descritto. a) Pulsione d'aggressione (Aggressionstrieb). Questo concetto è stato introdotto da A. Adler insieme a quello di -► «intreccio pulsionale». Freud lo assume a partire dal 1920 per inscriverlo nella più ampia dicotomia delle pulsioni di vita e delle pulsioni di morte come una figura di queste ultime, che si caratterizza per la sua meta che è la distruzione dell'oggetto (-► aggressività, § 5). b) Pulsione di distruzione (Destruktionstrieb). Figura della pulsione di morte distinta dalla pulsione di aggressione perché quest'ultima è rivolta verso l'esterno, mentre la pulsione di distruzione prevede anche l'autodistruzione (Selbstdestruktion; -» distruttività, § 1). c) Pulsione d'impossessamento (Bemachtigungstrieb). Pulsione non sessuale, che può unirsi alla sessualità, ma che ha per meta specifica il dominio dell'oggetto con la forza (-► impossessamento). d) Pulsione sessuale (Sexualtrieb). Spinta interna che Freud vede operare in un campo più ampio di quello dell'attività sessuale, prima come pulsione parziale legata alle singole zone erogene e poi, attraverso un'evoluzione, nella sua organizzazione finale sotto il primato della genitalità. L'aspetto psichico di questa pulsione è designato con il termine -► libido, che costituisce un polo del conflitto psichico ed è oggetto privilegiato della rimozione. Contrapposta, nella prima teoria delle pulsioni, alle pulsioni di autoconservazione, nella seconda formulazione della teoria la pulsione sessuale viene assimilata alle pulsioni di vita o Eros, e in questo modo contrapposta alle pulsioni di morte o Thanatos. Pensata inizialmente come sottoposta al principio di -► piacere (§ 1) e sempre pronta a minacciare l'equilibrio psichico, la pulsione sessuale viene in seguito riformulata come forza che tende al legame e alla costituzione, nonché al mantenimento di unità vitali (-► sessualità, § 2). e) Pulsione parziale (Partialtrieb). Sottodeterminazione della pulsione sessuale che, prima di esprimersi nell'organizzazione finale che si raggiunge con la genitalità (-► genitale, § 2) propria dell'età puberale, si manifesta in modo anarchico e polimorfo nelle pulsioni parziali che si differenziano per la loro fonte ancorata a una determinata zona erogena (orale, anale, fallica) e per la specificità della loro meta. Le pulsioni parziali esprimono la sessualità infantile, e nell'adulto si manifestano nelle forme preliminari (-► piacere, § 3) dell'atto sessuale e nelle -► perversioni: «La pulsione sessuale, la cui espressione dinamica nella vita psichica chiamiamo libido, si compone di pulsioni parziali nelle quali essa può nuovamente frammentarsi e che soltanto gradualmente convergono a unità in determinate organizzazioni. Fonte di queste pulsioni parziali sono gli organi del corpo, in particolare alcune ben precise zone erogene; ma anche tutti gli importanti processi funzionali che si svolgono nel corpo danno alla libido il loro contributo. In un primo tempo le singole pulsioni parziali tendono all'appagamento l'una indipendentemente dall'altra, ma nel corso dello sviluppo vengono sempre maggiormente riunite e concentrate» (1922a, p. 448). f) Pulsione d'autoconservazione (Selbsterhal-tungstrieb). Pulsione legata alle funzioni somatiche necessarie alla conservazione della vita dell'individuo, come ad esempio la fame. Assimilata alle pulsioni dell'Io, in un primo tempo fu contrapposta alle pulsioni sessuali e successivamente unificata a queste ultime nell'ambito delle pulsioni di vita contrapposte alle pulsioni di morte (-► Eros-Thanatos). g) Pulsione dell'Io (Ichtrieb). Pulsione la cui energia è posta al servizio dell'Io nel conflitto difensivo. Assimilata alla pulsione di autoconservazione, fu dapprima contrapposta alle pulsioni sessuali e in seguito, con queste unificata, contrapposta alla pulsione di morte (-► Io, pulsione dell'). h) Pulsione di morte (Todestrieb). Nell'ultima formulazione della teoria delle pulsioni, elaborata nel 1920, la pulsione di morte viene contrapposta alla pulsione di vita in quanto tende alla riduzione di tutte le tensioni fino a ricondurre l'essere vivente allo stato inorganico, agendo dapprima verso l'interno come autodistruzione e poi versi l'esterno come pulsione di aggressione e di, distruzione (-► morte, § 2). i) Pulsione di vita (Lebenstrieb). Contropolo della pulsione di morte, la pulsione di vita, denominata anche col termine Eros, comprende, nell'ultima teoria freudiana delle pulsioni, le pulsioni sessuali e le pulsioni di autoconservazione che tendono a instaurare unità di vita sempre più grandi e a mantenerne la coesione (-► vita, § 4). |