Piacere |
(ingl. pleasure; ted. Lust; fr. plaisir) Esperienza di benessere puntuale e transitoria che prende avvio dalla soppressione del dolore o dispiacere. Piacere e dispiacere costituiscono i principi regolatori di base della vita psichica. A questo proposito i contributi più significativi sono stati offerti dalla psicoanalisi che ha parlato del piacere in diverse accezioni. 1. Principio di piacere. L'idea di fondare sul piacere il principio di regolazione dell'attività psichica è stata proposta da G.Th. Fechner che ha enunciato il «principio di piacere dell'azione» da intendersi non come finalità perseguita dall'azione umana come prevedono le teorie edonistiche, ma come effetto della rappresentazione dell'azione da compiere e delle sue conseguenze. Partendo da queste premesse, S. Freud definisce principio di piacere la riduzione della quantità di eccitazione, e dispiacere l'aumento di tale quantità. Come principio economico volto alla riduzione della tensione, il principio di piacere ha relazione: a) con il principio di -► costanza (§ 2), già formulato da Fechner come «principio di stabilità» e poi ripreso da W.B. Cannon che lo ha riformulato nel più ampio concetto di -► omeostasi, dove sotteso è il principio secondo cui «l'apparato psichico si sforza di mantenere più bassa possibile, o quanto meno costante, la quantità di eccitamento presente nell'apparato stesso» (1932, p. 185); b) col principio del -► nirvana, che poi Freud riformula come figura della pulsione di morte, in quanto questo principio prevede la riduzione a zero della tensione: «L'aver riconosciuto come tendenza dominante della vita psichica, e forse della vita nervosa in genere, lo sforzo che si esprime nel principio di piacere, sforzo inteso a ridurre, a mantenere costante, a eliminare la tensione interna provocata dagli stimoli (il "principio del Nirvana" [...]) è in effetti uno dei più forti motivi che ci inducono a credere nell'esistenza delle pulsioni di morte» (1920, p. 241). Il principio di piacere è pensato da Freud in opposizione al principio di -► realtà (§ 3) nel senso che dapprima le pulsioni tendono a una scarica immediata e, se impossibile, allucinando nel sogno o nella fantasia l'esaudimento del desiderio; in seguito, sperimentando la realtà, imparerebbero a conseguire un soddisfacimento procrastinato nel tempo con un comportamento meno allucinatorio e più adattivo. 2. Piacere d'organo e piacere di funzione. È una dicotomia introdotta da Freud per spiegare la sessualità infantile dove il piacere propriamente sessuale dapprima è appoggiato (-► anaclisi, § 1) al piacere di una funzione, come ad esempio il piacere dell'alimentazione, e poi da questa si autonomizza come ricerca del piacere d'organo, nel nostro esempio della zona erogena buccolabia- le. indipendentemente dal bisogno di alimentazione. Nel piacere d'organo, la pulsione parziale trova soddisfacimento nel luogo stesso in cui si realizza indipendentemente dal soddisfacimento di altre zone: «Per caratterizzare in forma generale le pulsioni sessuali, si può enunciare quanto segue: esse sono molteplici, traggono origine da svariate fonti organiche, si comportano dapprima con reciproca autonomia e soltanto in seguito pervengono contemporaneamente a una sintesi più o meno completa. La meta, cui mira ciascuna di queste pulsioni, è il conseguimento del "piacere d'organo", e soltanto dopo che è stata raggiunta la loro sintesi, esse si pongono al servizio della funzione riproduttiva, diventando con ciò universalmente riconoscibili come pulsioni sessuali» (1915b, p. 21). Il concetto di piacere di funzione viene oggi esteso anche all'esercizio delle proprie capacità e lo si suppone alla base delle successive ripetizioni che si osservano soprattutto nei bambini. 3. Piacere preliminare e piacere terminale. Sono denominazioni che Freud introduce per distinguere il piacere associato con la tensione crescente (piacere preliminare) e il piacere associato all'effetto di scarica (piacere terminale). Il piacere d'organo in cui si conclude la sessualità infantile diventa preliminare nella sessualità adulta dove adempie la «nuova funzione» che non è più quella di scaricare l'eccitamento, ma di creare una tensione sufficiente per rendere possibile il raggiungimento della soddisfazione genitale. «Sulla via della copula vi sono certe relazioni intermedie con l'oggetto sessuale, come il toccamento e la contemplazione del medesimo, che sono riconoscibili come mete sessuali provvisorie. Queste operazioni sono da un lato collegate esse stesse al piacere, dall'altro aumentano l'eccitamento, che deve durare fino a che venga raggiunta la meta sessuale definitiva» (1905a, p. 463-464). L'arresto al piacere preliminare, o l'eccessivo indugio, è considerato da Freud perversione: «Le perversioni sono: a) o prevaricazioni anatomiche delle regioni del corpo destinate all'unione sessuale, o b) indugi in relazioni intermedie con l'oggetto sessuale, che normalmente debbono essere rapidamente sorpassate sulla via della meta sessuale finale» (1905a, p. 464). |