Perversione |
(ingl. perversion; ted. Perversion; fr. perversion) Comportamento psicosessuale che si esprime in forme atipiche rispetto alla norma. L'estensione di questo concetto è dunque strettamente dipendente dal tipo di norma che si assume come criterio di riferimento. S. Freud, che assume come criterio di riferimento il completo sviluppo della -► libido che, dopo aver percorso la fase -► orale, -► anale e -► fallica, si esprime nella fase -► genitale come relazione etero- sessule, definisce perversa ogni condotta che si discosta dalla norma o in ordine &VCoggetto sessuale come nel caso dell'-► omosessualità, della pedofilia, della -► zooerastia, o in ordine alla zona corporea quando il piacere sessuale è raggiunto con parti del corpo di per sé non deputate all'esercizio della sessualità, o in ordine alla meta sessuale che può essere raggiunta solo in presenza di condizioni di per sé estrinseche come nel caso del -► feticismo, del travestitismo, della -► scopofilia, dell'-► esibizionismo, del -► sadomasochismo e simili. Da questo repertorio risulta che Freud limita il concetto di perversione alla sfera sessuale, non perché non riconosca altri istinti al di fuori della sessualità, ma perché ritiene che le loro deviazioni, come nel caso dei disturbi dell'alimentazione, dipenda dalle ripercussioni della sessualità sulle funzioni nutritive. Assunta come norma l'organizzazione genitale, tutte le forme di regressione o di fissazione a stadi precedenti, in cui la sessualità si esprime attraverso pulsioni parziali strettamente legate alle diverse zone erogene, sono considerate perverse. Naturalmente, se si considera la sessualità originariamente «perversa» in quanto non si stacca mai completamente dalla sua origine, quando il piacere non era cercato in un'attività specifica, ma annesso ad attività dipendenti da altre funzioni come l'alimentazione, la defecazione ecc. (-► anaclisi), allora è perversa ogni attività sessuale che non si sia definitivamente staccata dalla -► polimorfia che caratterizza la sessualità infantile. Freud definisce la perversione come il negativo della -► nevrosi nel duplice senso a) che il perverso mette in atto impulsi che il ne; vrotico rimuove (-► rimozione), b) che di fronte all'angoscia il perverso si difende regredendo a forme di sessualità infantile, mentre il nevrotico adotta altre forme di difesa successive o sostitutive della regressione. Per converso è possibile leggere la sintomatologia nevrotica come un'espressione mascherata delle stesse tendenze espresse in modo manifesto nelle perversioni. La natura essenzialmente tecnica della norma assunta da Freud sottrae la condotta perversa alla sfera del giudizio morale per consegnarla a un arresto o a un regresso nell'itinerario dello sviluppo della libido: «L'organizzazione sessuale costituzionale del bambino [...] merita di essere definita "perversa polimorfa", e da questa disposizione, attraverso la rimozione di determinate componenti, deriva il cosiddetto comportamento normale della funzione sessuale. [...] La normalità risulta dalla rimozione di certe pulsioni parziali e di componenti della disposizione naturale infantile [...] sotto il primato della zona genitale in servizio della funzione riproduttiva; le perversioni corrispondono a disturbi in questo processo di unificazione provocati dal prepotente e coattivo sviluppo di alcune di queste pulsioni parziali; e la nevrosi si riferisce a una troppo estesa rimozione delle tendenze libidiche» (1905c, p. 222-223). Il concetto di perversione si allarga se si assume come norma l'ordinamento sociale dominante i cui valori vengono interiorizzati dall'individuo attraverso il processo educativo. In questo caso, ogni incapacità a contenere i propri impulsi meno socializza- bili è fonte di condotte definite perverse i cui tratti sono così descritti da G. Jervis: «a) il soggetto ha, da sempre, difficoltà a trattenersi dal soddisfare i propri impulsi; b) ha costanti difficoltà a valutare la discrepanza dei propri atti rispetto alle norme dominanti e, insieme, ha difficoltà a valutare le conseguenze di questi atti; c) di fatto procura con questi atti imprevisti seri danni (anche psicologici) a se stesso e/o significative sofferenze ad altre persone; d) è di intelligenza normale, e non presenta chiari disturbi nevrotici, né reali disturbi psicotici; e) tende a reiterare stabilmente forme di comportamento disapprovate dalla moralità dominante, spesso - non sempre - a contenuto sadico» (1975, p. 293). |