Frustrazione |
(ingl. frustration; ted. Versagung; fr. frustration) Situazione interna o esterna che non consente di conseguire un soddisfacimento o di raggiungere uno scopo. Il termine è stato introdotto da S. Freud che riteneva la frustrazione utile per lo sviluppo dell'Io e per il suo adattamento alla realtà. Oltre una certa soglia la frustrazione è considerata dannosa perché innesca meccanismi o aggressivi come nel caso di chi raccoglie tutte le sue energie per raggiungere la soddisfazione indipendentemente dalle regole dell'ambiente che lo circonda, o regressivi con ritiro dell'energia frustrata dagli oggetti reali per tornare a forme fantastiche in cui sono le tracce di formazioni precedenti. La frustrazione non dipende solo dal mondo esterno, ma anche da quello interno, come può essere un divieto del Super-io al raggiungimento del soddisfacimento: tale è il caso citato da Freud di soggetti che si ammalano nel momento in cui raggiungono il successo: «Sorprenderà e addirittura turberà noi medici la constatazione che le persone talvolta si ammalano proprio quando è stato appagato un loro desiderio profondamente radicato e da lungo tempo accarezzato. Si ha davvero l'impressione che costoro non siano in grado di sopportare la loro felicità, dal momento che la connessione causale fra successo e malattia risulta inequivocabile» (1916a, p. 635). Queste ipotesi di Freud sono sostanzialmente accolte dalla psicologia sperimentale che ha posto l'accento su tre fattori: la natura dell'evento frustrante, la forza della motivazione sottostante allo scopo frustrato e la personalità del soggetto frustrato che, combinandosi fra loro, possono determinare, secondo l'ipotesi di J. Dollard un atteggiamento aggressivo (-► aggressività, § 3), secondo l'ipotesi di R. Barker un atteggiamento regressivo, e secondo l'ipotesi di I.E. Färber un atteggiamento di fissazione, per cui anche quando lo scopo è raggiungibile, non si assiste a un'attivazione per il suo raggiungimento. In ordine all' apprendimento, la frustrazione, secondo J.S. Brown e Färber, può provocare due effetti: un aumento del livello generale di motivazione, o una reazione di fuga e di allontanamento, ribadendo così la nozione di «soglia» già evidenziata da Freud. In ordine alle pulsioni. Freud distingue quelle di autoconservazione che, siccome richiedono per il loro soddisfacimento un oggetto esterno, sono suscettibili di frustrazioni, e quelle sessuali che possono sempre trovare soddisfazione in termini auto-erotici o fanta- smatici. La frustrazione è alla base della regola d'-» astinenza (§ 2) nel trattamento analitico dove il paziente non deve trovare soddisfacimenti sostitutivi ai suoi sintomi, per cui l'atteggiamento frustrante dell'analista è ritenuto più terapeutico di quello gratificante. |