Colpa |
(ingl. guilt; ted. Schuld; fr. culpabilité) Termine di provenienza giuridica impiegato per indicare l'infrazione involontaria di una norma in contrapposizione a delitto (dolus) che è un'infrazione volontaria e progettata. Tale è la definizione di I. Kant: «Una trasgressione involontaria ma imputabile si chiama colpa; una trasgressione volontaria (cioè unita con la coscienza che si tratta proprio di trasgressione) si chiama delitto» (1797, p. 400). 1. Filosofia: La colpa come condizione ontologica dell'esistenza. M. Heidegger ha elevato la colpa a condizione originaria e ineliminabile dell'esistenza umana nel senso che se l'uomo può essere imputato di colpa, vuol dire che la possibilità d'esser colpevole appartiene alla sua essenza: «Questo esser-colpevole costituisce la condizione ontologica della possibilità dell'Esserci di poter, esistendo, divenire colpevole. Questo esser-colpevole essenziale è cooriginariamente la condizione esistenziale della possibilità del bene e del male "morale", cioè della moralità in generale e della possibilità delle sue modificazioni particolari. L'esser-colpevole originario non può esser determinato in base alla moralità perché questa lo presuppone come tale» (1927, p. 424-425). Il concetto heideggeriano di colpa è connesso a un «non»: il non potersi comprendere dell'uomo nel «donde e nel dove» in quanto l'uomo è «gettato» nel mondo in vista di un «progetto» che, per realizzarsi, chiede il non progettarsi su altre possibilità. La colpa si radica quindi nell'infondatezza dell'esistenza: «Per esser-colpevole l'Esserci non ha bisogno di accollarsi una "colpa" mediante azioni o omissioni, esso non deve che essere autenticamente quel "colpevole" che, essendo, esso è» (1927, p. 426). L'ineliminabilità della colpa e la sua originaria appartenenza alla natura umana ritornano anche in K. Jaspers che rubrica la colpa tra le situazioni-limite dell'esistenza: «Nella mia situazione sono responsabile di ciò che accade per non essere intervenuto, e se non faccio ciò che posso fare, mi rendo colpevole delle conseguenze che derivano dalla mia astensione. Pertanto, sia l'azione sia la non; azione implicano delle conseguenze, per cui in ogni caso io sono inevitabilmente colpe vole. In questa situazione-limite divento consapevolmente responsabile di ciò che accade, senza che io l'abbia propriamente voluto. Se chi agisce è consapevole di queste conseguenze diventa insicuro perché, nel compiere l'azione, egli pensava ad altre conseguenze. Nella situazione-limite egli si sente responsabile della sua azione. Responsabilità significa esser disposti ad assumere le colpe. In questo modo l'esistenza, manifestandosi, si trova immediatamente sotto una pressione ineliminabile» (1932, p. 725-726). Considerata insieme all'-► angoscia (§ 1) come espressione ontologica della condizione umana, la colpa, connessa al sentimento di separazione da un'unità originaria, si attiva, a parere di Jaspers, ogni volta che il soggetto abbandona una certa forma di sicurezza con il dubbio di non poterla più ritrovare (-► psicologia sociale, § 2). 2. Psichiatria: la colpa come tratto costitutivo della depressione. I contributi di Heidegger e di Jaspers sono stati messi a frutto dall'orientamento fenomenologico della psichiatria che nell'esperienza della colpa ha colto uno dei motivi della depressione endogena il cui quadro è così delineato da E. Borgna: «Le espressioni di colpa depressive si possono distinguere in colpa morale (quando ci sia la coscienza di avere violato norme fondamentali su istanze comuni al contesto sociale e culturale in cui si vive), in colpa religiosa (quando si abbia la coscienza di non avere rispettato norme legate ai contesti di fede in cui si crede) e in colpa esistenziale (quando il vivere è sentito come fonte di colpa insostenibile)» (1988, p. 135). La fenomenologia della colpa, che è al centro della condizione depressa, si lascia spiegare heideggerianamente in base alla sensazione di chiusura al futuro che fa del passato, in cui la colpa presunta o reale è stata commessa, un tempo inoltrepassabile e quindi assoluto: «La colpa - scrive ancora Borgna - non si cancella dunque dalla coscienza malinconica: si fa avvenimento che si inserisce, una volta per tutte, nella storicità evenemenziale del paziente; nella misura in cui si dissolve ogni speranza nel riscatto della colpa e scompare dall'orizzonte temporale la dimensione del futuro che, sola, consente di sorpassare (di oltrepassare) gli eventi del passato: trascinandoli nel vortice del divenire e 'Emergendoli in una significazione altra da Quella che essi hanno avuto nel passato. La e°lpa non si trasforma nella sua risonanza Aggettiva e nella sua prospettiva morale; e Questo in connessione strutturale con la permanenza della depressione» (1988, p. 140). 3. Psicoanalisi: la colpa come conflitto tra istanze egoiche e superegoiche. In questo ambito non si parla di colpa ma di senso di colpa, cioè di un'-►emozione che segue la violazione di un precetto. Il senso di colpa può essere conscio o inconscio; in entrambi i casi esso deriva, secondo S. Freud, dal conflitto tra il Super-io e i desideri sessuali e aggressivi infantili, conflitto che è una rappresentazione interiorizzata e una perpetuazione dei conflitti tra il bambino e i suoi genitori. Siccome poi si suppone che il Super-io derivi la sua energia dall'aggressività stessa del bambino, il senso di colpa risulta direttamente influenzato dal grado in cui l'individuo esprime i suoi sentimenti aggressivi, rivolgendoli contro di sé in condanna morale. Il senso di colpa inconscio è alla base delle attitudini masochistiche, dalla propensione agli incidenti alle condotte delittuose, in cui sembra che il soggetto agisca in modo da procurarsi delle sofferenze o delle punizioni «come se - afferma Freud - il poter collegare il senso di colpa inconscio a qualche cosa di reale e attuale fosse avvertito [...] come un sollievo» (1922b, p. 514). La dinamica del senso di colpa è differente nelle varie forme nevrotiche: mentre nella nevrosi ossessiva, ad esempio, l'Io tenta di difendersi dalle condanne del Super-io che avverte come ingiustificate perché rivolte agli impulsi aggressivi rimossi di cui egli non è consapevole, nella depressione l'Io si sottomette alla colpa perché l'oggetto a cui si rivolgono le accuse del Super-io è entrato a far parte, in seguito a una identificazione, dell'Io. Ciò spiega perché il malinconico può giungere al suicidio, mentre il nevrotico ossessivo non adotta mai questa soluzione. Essendo direttamente connesso al Super-io, il senso di colpa acquista rilievo solo dopo la formazione di questa istanza, cioè verso il quinto, sesto anno di vita, ed essendo il Super-io costituito dalle immagini parentali interiorizzate, si ritiene che la sua rigidità, e conseguentemente l'entità del senso di colpa, sia strettamente legata all'educazione che, quanto più è autoritaria, tanto più determina un Super-io punitivo ed eccessivi sensi di colpa. Da queste premesse consegue che l'apparente mancanza di senso di colpa che caratterizza ad esempio la personalità psicopatica (-►- psicopatia) derivi o da disturbi psichici nella formazione del Super-io, o da un Super-io formato sulla base di modelli patologici. Le difese contro il senso di colpa possono andare dalla negazione alla proiezione della colpa sull'altro, dalla richiesta indiretta di perdono attraverso un'eccessiva gentilezza alla richiesta di punizione attraverso un comportamento scortese e provocatorio. Significativa è infine la distinzione tra senso di colpa persecutorio e senso di colpa depressivo introdotta da Roger Money-Kyrie. Il primo è collegato alla paura della punizione, il secondo al dispiacere per il danno recato; ne consegue nel primo caso la tendenza alla propiziazione dell'immagine persecutoria, nel secondo la tendenza alla riparazione. A questa seconda istanza faceva riferimento Freud quando parlava dell'istanza morale connessa al senso di colpa e del «senso creativo della colpa». |