Wundt, Wilhelm Max

W. M. Wundt (1832-1920) nacque a Neckerhau, nei pressi di Mannheim, e conobbe un'infanzia e adolescenza austere e dedite quasi esclusivamente allo studio, con un padre pastore luterano e un vicario precettore. Si laureò in medicina a Heidelberg, nel 1856, e fu assistente del celebre fisiologo H. von Helmholtz. Nel 1874 divenne professore di filosofia a Zurigo, e nel 1875 si trasferi presso l'Università di Lipsia, ove insegnò, scrisse ininterrottamente e formò allievi di ogni parte del mondo. A Lipsia, nel 1879, istituì il primo laboratorio di psicologia, inaugurando la tradizione della psicologia sperimentale.

Nel 1873-74 Wundt aveva pubblicato Elementi di psicologia fisiologica, il primo trattato psicologico di carattere scientifico della storia. Malgrado il titolo dell'opera, nel laboratorio wundtiano non si effettuarono esperimenti di tipo fisiologico o psicofisiologico, come oggi li intendiamo; la denominazione «fisiologica» alludeva piuttosto allo studio dell'uomo in generale, di cui la nuova disciplina esaminava attività mentali ritenute universali - la sensazione, la percezione, l'attenzione, ecc. - proprio come la fisiologia studiava la circolazione del sangue, la respirazione, l'attività nervosa, ecc., che sono comuni a tutti gli uomini. Inoltre, questa denominazione serviva ad accreditare la psicologia come nuovo sapere ufficiale, ponendola sotto l'egida accademica di una disciplina, la fisiologia, che aveva raggiunto un grado di autorevolezza assai elevato nella Germania della seconda metà dell'800, con personaggi come J. Muller e H. von Helmholtz, ambedue maestri di Wundt.

Proprio Von Helmholtz, autore di un magistrale Trattato di ottica fisiologica (1867), aveva fornito importanti contributi, nell'ambito della percezione, alla costituenda psicologia sperimentale, soprattutto misurando con accuratezza vari fenomeni visivi e acustici; ma lo aveva fatto in forma incidentale, come appendice alle sue ricerche di fisiologia. E altri autori, fisiologi e non, allo stesso modo avevano fornito contributi chiaramente psicologici, ma senza la consapevolezza o la volontà di costituire su di essi una nuova disciplina. In particolare, G. Th. Fechner (1860), dopo aver ripreso e approfondito il contributo di E. Weber, aveva addirittura enunciato una relazione matematica fra l'intensità dello stimolo fisico e l'intensità della sensazione; ma aveva inquadrato questa scoperta, pur inequivocabilmente e strettamente psicologica, nel con testo di una sua filosofia spiritualistica, che mirava a distinguere nettamente l'anima dal corpo. Anche i filosofi legati alla tradizione empirista (da Locke a Mill) avevano fornito importanti squarci sul funzionamento mentale, soprattutto in relazione ai processi associativi, ma lo avevano fatto restando all'interno delle loro concezioni filosofiche generali, senza neppure abbozzare l'idea di una psicologia indipendente dalla filosofia. Anche l'evoluzionismo di Ch. Darwin conteneva importanti implicazioni psicologiche, che io stesso studioso tentò di esplicitare (1872): ma il quadro di riferimento restava biologico e, in via subordinata, filosofico-teologico, in autori come H. Spencer (1870-1872), fautore di una psicologia evoluzionistica di carattere metafisico e, soprattutto, nei suoi accaniti avversari religiosi, sostenitori del creazionismo biblico. Wundt, avvalendosi di una straordinaria cultura sia umanistica che scientifica, estesa anche al di là dell'orizzonte tedesco, e di una straordinaria capacità di lavoro, svolgendo la ricerca sperimentale in prima persona, con numerosi e selezionati allievi, riuscì a raccogliere i tanti rivoli sparsi della psicologia (dalla filosofia alla fisiologia, per citare due «estremi», dalla filosofia empirica inglese all'evoluzionismo, dalla psicofisica all'estetica) e a riunirli in un «nuovo fiume», conferendo alla nascente disciplina un volto unitario e legittimato. Il suo trattato del 1873-74, continuamente aggiornato, la costituzione del laboratorio e la fondazione, nel 1881, della rivista ufficiale del laboratorio stesso, «Philosophische Studien», furono i solidi pilastri istituzionali della nuova disciplina.

Di ciò che stava facendo, Wundt, a differenza dei suoi predecessori, ebbe piena consapevolezza, tanto da definire la propria opera come un tentativo di delineare un nuovo campo della scienza. E di questa nuova scienza Lipsia divenne la «mecca», cui approdarono studiosi e ricercatori da molti paesi europei e dagli Stati Uniti - che poi sarebbero stati il paese del vero decollo della psicologia -, fra cui soprattutto G. Hall, fondatore del primo laboratorio psicologico nordamericano, e J. Cattell, assistente di Wundt e grande iniziatore della psicologia applicata nordamericana. In Italia, il principale allievo di Wundt fu F. Kiesow, di origine polacca, direttore per molti anni dell'Istituto di psicologia di Torino, in cui effettuò molteplici esperimenti soprattutto sulle sensazioni gustative, tattili, termiche e dolorifiche, nonché sui tempi di reazione. Oltre che mediante il suo lavoro di «raccolta e sintesi», Wundt conferì autonomia epistemologica alla nuova disciplina, mediante la netta affermazione del suo carattere di sapere indipendente dalle tradizionali questioni filosofico-metafisiche relative alla natura spirituale e immortale dell'anima individuale. Una semplice indipendenza, tuttavia, non una negazione ateistica dell'anima, come esigeva l'ideologia positivistica dell'epoca, e come fece con veemenza, per esempio, l'iniziatore della psicologia italiana R. Ardigò. Infatti, Wundt, figlio di un pastore luterano ed educato religiosamente da un vicario che fu per lui un riferimento essenziale, rimase tutta la vita assai sensibile alle tematiche di carattere spirituale ed etico, e scrisse un ponderoso trattato di Etica (1886), così come scrisse anche un imponente trattato di Logica (1880-83). In sostanza, egli propugnò una psicologia indipendente dalla filosofia e da qualsiasi altro tipo di sapere o di credenza, ma non per questo limitò alla psicologia stessa il proprio orizzonte di pensiero, o fece di essa una chiave interpretativa di tutto il sapere sull'uomo (al contrario di quanto avrebbero fatto alcune delle scuole che dal lavoro di Wundt avrebbero tratto origine, in primis il comportamentismo nordamericano). Tuttavia, presumendo di non violare il principio dell'indipendenza della nuova disciplina, egli trattò in psicologia anche il tema della «volontà personale» (feudo tradizionale della riflessione filosofica), e affermò l'esistenza del «libero arbitrio», empiricamente verificabile nei soggetti sperimentali (e quindi, a suo parere, non solo oggetto filosofico) come una serie di stati d'animo «risolutivi», organizzati in una specifica successione temporale. Ma questa «trasgressione» non gli venne perdonata dai suoi stessi allievi, e le nozioni di volontà e di libero arbitrio scomparvero dalla psicologia postwundtiana, in quanto ritenute pericolosamente vicine a quella filosofia da cui egli, per primo, aveva inteso liberare la psicologia. In particolare, E. Titchener, stretto allievo di Wundt e iniziatore della scuola dello strutturalismo, assai vicina alla psicologia wundtiana, tradusse in inglese l'opera del suo maestro epurandone però di proposito qualsiasi riferimento alla filosofia; e gettò così le basi per una linea generale successiva, che trionfò negli Stati Uniti durante il periodo neopositivistico e comportamentistico (fra il 1920 e il 1960 circa), ma che è ancora assai viva sulla scena odierna, sebbene venga contestata dalla nuova «psicologia postmoderna», che si batte per un riavvicinamento fra i due saperi (appunto la psicologia e la filosofia) lungamente tenuti separati e contrapposti.

Maggior fortuna, invece, ha avuto un altro concetto filosofico-psicologico wundtiano: quello del «parallelismo psicofisico», secondo cui, nell'uomo, né i processi mentali causano i processi fisici (o neurofisiologici), né i processi fisici (o neurofisiologici) causano i processi mentali, bensì fra i primi e i secondi sussiste un rapporto di corrispondenza in parallelo, per cui a ciascun mutamento dei primi corrisponde un preciso mutamento dei secondi, e viceversa. Questo concetto, infatti, è stato variamente ripreso o modificato da alcune scuole postwundtiane (ci riferiamo, in particolare, al concetto di «isomorfismo» nella psicologia della Gestalt), e oggi ricompare, fra le possibili soluzioni, nel dibattito interdisciplinare relativo al rapporto fra mente e corpo-cervello. A parte pochi principi ispiratori, manca nell'opera psicologica di Wundt un filo conduttore, una «teoria», nell'accezione contemporanea del termine, e si potrebbe persino dire che nella sua opera vi sia tutto e il contrario di tutto ciò che è seguito nella storia della psicologia, per cui quasi tutti gli psicologi propugnatori di teorie, fra loro antagoniste, hanno potuto dire di avere un precursore in Wundt. Per esempio, sicuramente Wundt attribuì molta importanza al «criterio elementistico», che consiste nello scindere l'oggetto di studio psicologico nei suoi componenti più semplici, e in questo anticipò lo strutturalismo e il comportamentismo, per altri versi fra loro antitetici. Ma, d'altra parte, egli elaborò il concetto di «sintesi creativa», secondo cui la combinazione degli elementi semplici produce proprietà che sono diverse da quelle degli elementi semplici stessi (come nel caso dell'acqua, combinazione di idrogeno e ossigeno), e in questo egli anticipò la psicologia della Gestalt, strenua avversaria dello strutturalismo e del comportamentismo. Tra i pochi - ma importanti - principi ispiratori, rileviamo anzitutto la definizione wundtiana della psicologia come scienza dell'esperienza umana diretta, in quanto distinta dall'esperienza umana indiretta, che è oggetto delle scienze fisiche. Esemplificando, quando vedo un colore, o vivo un'emozione, la mia esperienza è diretta, mentre quando dico «questo tavolo è lungo due metri» la mia esperienza è indiretta, perché è mediata dal costrutto teorico convenzionale della «scala di misura». Questa definizione wundtiana della psicologia è rimasta in auge fino ad oggi, ed è stata particolarmente approfondita dalla concezione fenomenologica della psicologia della Gestalt, che ha sviscerato tutte le implicazioni dell'esperienza immediata. Secondo Wundt, l'esperienza diretta coincide con la coscienza, e lo scopo della psicologia consiste nello studio dei suoi contenuti, partendo da quelli elementari, e nello scoprire le leggi delle loro combinazioni, che danno luogo ai contenuti complessi. I contenuti elementari dell'esperienza cosciente sono le sensazioni e i sentimenti. Wundt classificò le sensazioni umane (visive, uditive, tattili, olfattive, gustative) secondo la loro intensità e durata, e ritenne che le immagini mentali fossero solo un residuo delle sensazioni, per cui non le considerò un oggetto distinto della ricerca psicologica. Quanto ai sentimenti, egli ritenne che essi fossero una sorta di complemento delle sensazioni, ma li distinse nettamente da queste ultime, in quanto privi di riferimento a specifici organi sensoriali. Secondo la sua cosiddetta «teoria tridimensionale del sentimento», quest'ultimo si svolge lungo un continuum che va dal gradevole allo sgradevole, dalla tensione al rilassamento, e dall'eccitazione alla calma. I contenuti più complessi della coscienza nascono dalla multiforme combinazione fra sensazioni e sentimenti. Il secondo principio ispiratore wundtiano, di grande importanza per la successiva storia della psicologia, si riferisce al metodo della ricerca psicologica. Il principale metodo utilizzato da Wundt, su soggetti adulti appositamente addestrati, fu l'introspezione sperimentale. Wundt codificò con rigore le regole dell'esperimento psicologico di laboratorio (quindi il tipo più «specifico» ed esigente di esperimento, che non va confuso con la ricerca sul campo, con il test o con l'analisi statistica), distinguendo fra variabili indipendenti e variabili dipendenti, individuando le possibili fonti di errore, ricorrendo sistematicamente alla misurazione precisa e al controllo di tutte le variabili in gioco, utilizzando al massimo le risorse degli strumenti tecnologici dell'epoca (come il metronomo, il cronoscopio, il cronografo, il pendolo acustico, il tachistoscopio, e altri) e dettando tutta una serie di cautele per il buon «laboratorista». Questo metodo sperimentale articolato, ulteriormente perfezionato ed esposto in forma didattica dal suo allievo Titchener (1909-10), divenne la base della formazione richiesta, per lo psicologo ricercatore, da tutte le scuole postwundtiane, anche quando fra loro contrapposte negli oggetti della ricerca. Quindi Wundt, oltre a costituire la psicologia come disciplina indipendente, pose le premesse per l'unificazione almeno metodologica - in una forma fortemente naturalistico-fisicalista, cioè «scientifica» nel senso tradizionale del termine - di una parte cospicua e autorevole della psicologia stessa: quella, appunto, sperimentale. Un'unificazione, abbiamo detto, «almeno» metodologica: l'unica che è stata realizzata, nel panorama storico di una psicologia da sempre, e ancora oggi, lacerata fra teorie, e persino fra scelte di paradigma, diverse e contrapposte. Per cui la tradizionale enfasi sullo sperimentalismo wundtiano, da parte di ricercatori, epistemologi e storici della psicologia, può essere letta come una sorta di «compensazione» per la mancanza dell'unificazione teorica e paradigmatica. Quasi che il «metodo» sperimentale diventasse anche «teoria», e addirittura «superteoria» o «paradigma».

Con il suo sperimentalismo, Wundt si contrappose a un suo importante contemporaneo, F. Brentano, fautore di una «psicologia empirica» basata sull'osservazione, anziché sulla sperimentazione di laboratorio, e sullo studio degli atti o processi mentali intenzionali, anziché dei contenuti statici della coscienza così com'essa veniva intesa da Wundt. Wundt vinse la sfida, a causa dell'indubbio maggior fascino del suo approccio naturalistico, in epoca positivistica, rispetto allo «sfuggente» e filosofeggiante intenzionalismo di Brentano. Tuttavia, quest'ultimo non morì affatto, ed è rimasto sempre presente, come polo dialettico, nel successivo sviluppo della psicologia; fino a divenire, in questi ultimi anni, un elemento ispiratore essenziale della cosiddetta «psicologia postmoderna», che è antisperimentalistica.

Gli esperimenti compiuti nel protolaboratorio psicologico di Lipsia vennero quasi interamente pubblicati sulla rivista «Philosophische Studien», che, per molti anni, ospitò anche gli esperimenti compiuti, in altre parti del mondo, dagli allievi di Wundt. Solo nei primi vent'anni di vita del laboratorio, vennero pubblicati oltre cento esperimenti. Questo materiale, e le relative aree d'indagine - sensazione, percezione, tempi di reazione, attenzione, sentimenti, associazioni verbali -, avrebbe costituito (e in parte costituisce ancora oggi, in particolare per quanto concerne la sensazione e la percezione) lo zoccolo duro della ricerca sperimentale in psicologia generale. Ad esso si sarebbero aggiunti ben presto, provenienti non più da Lipsia, altri oggetti di ricerca, cioè i processi mentali superiori, che Wundt aveva escluso perché riteneva che fossero troppo complessi per poter essere studiati col metodo sperimentale: soprattutto la memoria, grazie all'opera pionieristica di H. Ebbinghaus (1885), che da alcuni è considerato il cofondatore del metodo sperimentale in psicologia; e il «pensiero senza immagini», introdotto da un allievo dissidente di Wundt, O. Külpe, iniziatore della scuola di Würzburg. Ambedue, Ebbinghaus e Külpe, precursori del cognitivismo. Gli esperimenti wundtiani sulla sensazione si basarono sulla psicofisica fechneriana, e quelli sulla percezione presero in esame effetti come il colore e la cecità ai colori, il contrasto cromatico, la visione periferica, le immagini persistenti negative, l'ampiezza visiva e le illusioni ottico-geometriche (che tanta parte avrebbero avuto nel costituirsi della psicologia della Gestalt, dopo il 1912). Venne anche studiata sperimentalmente la percezione del tempo. Per quanto concerne lo studio dei tempi di reazione, che era stato inaugurato dal fisiologo olandese F. Donders, Wundt tentò di elaborare una sorta di cronometria della mente, in grado di misurare i tempi dei processi mentali. Questo tentativo falli, data l'inaffidabilità dell'introspezione ai fini di tale misura, ma Donders e Wundt gettarono comunque le basi di uno degli strumenti principali dell'odierno cognitivismo. Quanto agli esperimenti sull'attenzione e sulle sue fluttuazioni, essi produssero risultati ancora oggi validi; mentre assai meno conclusivi risultarono gli esperimenti volti a convalidare la già citata teoria tridimensionale del sentimento. Infine, dobbiamo a Wundt gli esperimenti sulle associazioni verbali, che consistevano nel chiedere ai soggetti di rispondere con una sola parola a un'altra parola-stimolo che veniva loro presentata.

La storiografia odierna, allo scopo di fornire un'immagine completa e non sbilanciata del pensiero di Wundt sulla psicologia, ha ritenuto necessario riscoprire e rivalutare un aspetto di tale pensiero che in passato non era stato posto in rilievo, perché sembrava che contraddicesse la consacrazione di Wundt come iniziatore e paladino del metodo sperimentale in psicologia: ci riferiamo alla non as-solutizzazione, da parte di Wundt, del metodo sperimentale come unico metodo della psicologia scientifica.

Il metodo sperimentale, cui egli dedicò tanta cura e cui è connessa gran parte della sua fama, non fu, infatti, il solo metodo di ricerca adottato da Wundt (mentre lo fu nelle scuole che da lui derivarono). Egli lo reputò inadeguato non solo per lo studio dei processi mentali superiori, ma anche per lo studio della psicologia infantile in generale, e persino della psicologia animale, alle quali assegnò metodologie osservative da lui considerate di dignità non inferiore a quella del metodo sperimentale. Ma, soprattutto, egli indicò una via completamente alternativa alla psicologia sperimentale nella sua monumentale opera sulla Psicologia dei popoli, pubblicata fra il 1900 e il 1920, che contribuì alla nascita della psicologia sociale. In quest'opera, Wundt attribuì una grande importanza alle diverse culture umane e ai fattori culturali, considerandoli come fattori psicologici, e studiò i linguaggi, le arti, i miti e le religioni, il diritto, la storia e i costumi dei popoli, alla ricerca delle loro forme di espressione collettiva; forme che, secondo Wundt, non potevano essere desunte dallo studio (sperimentale o non sperimentale) degli individui. Pertanto, se l'odierna psicologia postmoderna si riconosce antiwundtiana in quanto contraria al concetto di «uomo in generale», caratteristico della psicologia sperimentale nata da Wundt, essa non può non riconoscersi anche prowundtiana, in quanto fautrice di una specificità e di una valenza psicologica delle culture umane fortemente affermate dal medesimo Wundt. Anche oggi, quindi, come già avvenne nel passato, Wundt si presta egregiamente al suo ruolo di fondatore, o almeno di precorritore, di tutto ciò che è stato ed è istituzionalmente psicologico; persino di una corrente di pensiero - qual è appunto la psicologia postmoderna - che polemizza con tutta la psicologia moderna che da lui è nata.

SADI MARHABA