Winnicott, Donald Woods |
D. W. Winnicott (1896-1971) nasce a Plymouth (Inghilterra), terzogenito, dopo due sorelle. Il padre era commerciante e uomo pubblico, appartenente alla chiesa metodista di Wesley, caratterizzata da spirito indipendente e interesse per una predicazione accessibile a tutti. Winnicott cresce in un ambiente animato da vivi interessi per il soggetto umano e per l'indipendenza di pensiero. Della madre si sa poco: figura importante, secondo alcuni piena di vita, capace di esprimere liberamente i sentimenti, secondo altri offuscata da una depressione che non le permetteva di «tenere» in braccio e nella mente il bambino. Winnicott ha sempre difeso con forza la sua vita personale contro ogni intrusione, sostenendo che al centro di ogni individuo c'è una parte che non desidera essere conosciuta, inviolabile, sacra, che va preservata. I suoi dati biografici interessano solo in quanto permettono di comprendere la ricchezza di esperienze umane e scientifiche che hanno contribuito a costruirne la figura di psicoanalista. Un bisogno vitale di indipendenza caratterizza il suo percorso scientifico e professionale, interessato alle istanze evolutive e alle questioni del rapporto tra corpo e mente. Nel 1916 inizia a studiare medicina a Cambridge. Durante gli studi è colpito dalla freddezza anatomica del metodo di insegnamento e si interessa a come la fisiologia venga invece influenzata dalle emozioni. La lettura di Darwin è una rivelazione, perché mostra come il vivente possa essere studiato scientificamente, valorizzando la capacità evolutiva in relazione con un ambiente favorevole. Un'altra rivelazione è la lettura nel 1919 dell'Interpretazione dei sogni di Freud, verso il quale esprime ammirazione, perché inaugura un approccio scientifico al problema dello sviluppo umano: Freud considera la sessualità infantile degna di studio, e tramite il metodo analitico, che cerca di raggiungere le aree inconsce, opera un pieno riconoscimento della realtà psichica. La Prima guerra mondiale lascia in lui una traccia profonda, per il contatto con la sofferenza dei feriti che cura come medico tirocinante e per il dolore causato dalla perdita di tantissimi amici. L'esperienza del senso di responsabilità dell'essere vivi, connessa alla consapevolezza della presenza della morte, lo accompagnerà lungo tutta la sua esistenza. Nel 1920 si specializza a Londra in medicina infantile. 11 1923 è un anno decisivo: viene nominato medico specialista in pediatria al Paddington Green Children's Hospital, dove rimarrà per quarant'anni; inizia l'analisi con J. Strachey; si sposa con A. Taylor. L'esperienza di pediatra è fondamentale per la costruzione del suo pensiero scientifico: sceglie di non avere letti, per non sviluppare la capacità di non farsi coinvolgere dalla sofferenza dei bambini. Preferisce il lavoro di consultazione ambulatoriale, dove mette a disposizione uno spazio mentale libero per accogliere le comunicazioni del bambino, e un campo osservativo della relazione tra il bambino e la madre. Nei 40 anni passati nell'ambulatorio, vedrà 60 000 pazienti. Molti lo vengono a trovare da tutto il mondo, interessati ai suoi studi su come si sviluppa la mente a partire dalla condizione fisiologica del bambino. Agli inizi della psicoanalisi Freud invece era partito dalla patologia, e aveva studiato i casi clinici di isteria e nevrosi ossessiva, collocati all'interno di un'intensa transazione relazionale, quella della seduta analitica, proprio come quando erano bambini piccoli. Contemporaneamente alla consultazione pediatrica, Winnicott sviluppa il percorso psicoanalitico, il solo che, afferma, lo rende capace di vedere il neonato come un essere completamente umano, cioè dotato di una vita psichica. Fa una prima analisi con Strachey (1923-33) e poi un'altra con J. Rivière (1933-1938), entrambi analizzati da Freud, il primo di impostazione classica, la seconda di orientamento kleiniano. Viene accettato come analista in formazione dalla British Psychoanalytical Society nel 1927 e conclude il percorso di analista di adulti nel 1934 e di bambini nel 1935. La sua formazione avviene in anni di grande fervore psicoanalitico, di entusiasmo per la nuova disciplina. Ma tale fervore si blocca nella contrapposizione tra M. Klein, interessata alla vita fantasmatica del bambino, e A. Freud, interessata all'individualità del bambino e ai modi elaborati per entrare in relazione con l'ambiente, le difese. Winnicott si trova in una posizione particolare: è uomo e medico, qualità che nessuna delle due grandi psicoanaliste possiede, e può sentirsi legittimato a parlare della relazione intima tra il neonato e la madre e delle prime forme di sviluppo della vita mentale, che approfondisce nell'analisi di pazienti gravi, fino allora ritenuti non analizzabili. Il suo profondo bisogno di indipendenza lo porta a muoversi in modo libero, senza schierarsi, intervenendo nel dibattito delle serate alla Società psicoanalitica con pensieri divergenti, o precisando le sue posizioni con lettere (Winnicott, 1987) dirette ai protagonisti delle «discussioni controverse» promosse da E. Jones. Intorno a lui prende forma il Middle Group (poi Independents). Si tratta di psicoanalisti che non hanno voluto raggrupparsi in un altro schieramento, ma conservare la libertà di valutare le idee per il loro valore reale e pratico. Winnicott si inserisce così nella grande tradizione filosofica anglosassone, empirista e democratica. Durante la Seconda guerra mondiale si mostra di nuovo sensibile alla sofferenza: collabora al piano governativo di evacuazione dalle città dei bambini separati dalle madri, e tiene una serie di lezioni radiofoniche per le madri. In questa attività di elaborazione delle angosce, connesse alla guerra, dei pazienti psicotici adulti e dei bambini sfollati, collabora con C. Britton, assistente sociale che sposerà nel 1951 dopo il divorzio dalla prima moglie. Dal 1945 (Lo sviluppo emozionale primario) fino alla morte, nel 1971 (Gioco e realtà), Winnicott sviluppa la sua creatività psicoanalitica principalmente in tre direzioni: scrive i libri che contengono i suoi concetti psicoanalitici più originali; svolge funzioni istituzionali nella Società psicoanalitica britannica (presidente nel 1956-59 e nel 1965-68) cimentandosi con le proprie esigenze di indipendenza e di impegno; tiene lezioni e conferenze di psicoanalisi rivolte a non specialisti (genitori, medici, assistenti sociali). Sulla base delle esperienze di consultazione pediatrica e di analisi di pazienti gravi, Winnicott elabora una teoria su come avviene lo sviluppo mentale del bambino dalla dipendenza assoluta, alla dipendenza relativa, all'indipendenza; dal principio di piacere al principio di realtà; dall'autoerotismo alle relazioni oggettuali. La realtà psichica è l'elaborazione immaginativa di fatti, sensazioni e funzioni somatiche. Lo sviluppo psichico avviene a partire da una «matrice relazionale»: non esiste una cosa isolata chiamata «lattante», ma un lattante con qualcuno. Il bambino piccolo non può esistere da solo, ma è parte di una relazione, necessità della madre-ambiente. Questa posizione sposta l'ottica freudiana, centrata prevalentemente sulla vita pulsionale del bambino, introducendo fin dall'inizio una fondazione bipersonale del funzionamento psichico. Nella fase di dipendenza assoluta, la soddisfazione dei bisogni istintuali di cui è dotato il bambino dipende dalla capacità della madre di presentargli il seno in una particolare condizione di sensibilità, lo «stato di preoccupazione primaria». La «comune madre devota» presenta il seno in accordo con il desiderio del bambino, che crea nella fantasia la madre di cui ha bisogno e che trova. La disillusione di questa creatività primaria, che avverrà a poco a poco, presuppone una certa dose di illusione. All'inizio della vita, il neonato si trova in una condizione di «non integrazione primaria», è immerso in una serie di stati sensoriali sconnessi, che può unificare attraverso l'esperienza delle cure materne, grazie alle quali è tenuto al caldo, manipolato, lavato, cullato, chiamato. La funzione materna che provvede a favorire stati di unificazione e integrazione è il contenimento o holding, funzione che, attraverso ripetute esperienze, potrà essere interiorizzata dal bambino come capacità di sentirsi una unità costante attraverso i cambiamenti nel tempo e nello spazio. Ma l'holding materno è anche quello che permette di abbandonarsi all'esperienza della non integrazione che favorisce il contatto con gli stati del sé primitivi, come avviene nel sonno o nell'attività artistica. L'esperienza di avere avuto un buon holding permette di avventurarsi nelle aree non conosciute di sé e dell'altro, perché «tenuti» insieme da una funzione mentale che non dirige dall'esterno e nemmeno costringe dall'interno. Ogni volta che un sogno viene sognato e ricordato si realizza un evento psichico di integrazione di elementi dissociati, attuato da una funzione di holding interiorizzata. Winnicott qui apre la strada all'analisi dei sogni non solo come riemersione del rimosso, ma come espressione del funzionamento del pensiero (W. Bion). L'holding fornisce la base per la spontaneità, per poter dire «Io sono»: nello scarabocchio, che Winnicott utilizza come mezzo di incontro con il bambino in consultazione, la matita e il foglio bianco sono holding, contenimento e condizione della spontaneità. Alle radici dello sviluppo c'è il corpo: il sé è anzitutto un sé corporeo. Winnicott qui è in contatto con il pensiero freudiano che ha al centro lo studio del rapporto mente/corpo a partire dal concetto di pulsione. Per lui l'insediamento della psiche nel soma avviene attraverso l'adattamento attivo della madre ai bisogni corporei del bambino, la manipolazione. Quando la madre maneggia il bambino e il suo corpo come un'unità, favorisce il formarsi dell'unità psicosomatica, con una membrana delimitante che fa da confine tra dentro e fuori. Se invece la mente si mette al posto del corpo e lo dirige come dall'esterno si sviluppano patologie da falso sé. La relazione primaria con la realtà esterna è una funzione mai definitivamente stabilita. Winnicott parla dell'insulto che la realtà esterna rappresenta per il soggetto: quando richiede sottomissione, spegne la spontaneità, la creatività e lo stesso senso del reale. La costituzione della relazione d'oggetto richiede in un primo tempo l'esperienza dell'illusione: il neonato fantastica di avere creato il seno di cui gode; fantasia e realtà onnipotentemente coincidono. In questi stadi, la fantasia non è un sostituto della realtà, ma il primo modo per incontrarla. Invece del sadismo innato nel bambino della Klein, Winnicott parla di una prima spietata relazione oggettuale del bambino verso la madre: la capacità di preoccuparsi per l'oggetto dipende dal fatto che il sé spietato del bambino abbia potuto esprimersi. Winnicott differenzia l'entrare in rapporto con l'oggetto e il fare uso dell'oggetto. Nell'entrare in rapporto con l'oggetto il soggetto consente che certe modificazioni abbiano luogo nel suo sé: l'oggetto ha assunto un significato, all'interno di meccanismi proiettivi e identificazioni. Ma per poter usare l'oggetto, questo deve essere reale, far parte di una realtà condivisa e non essere solo un fascio di proiezioni. Occorre accettare l'esistenza indipendente dell'oggetto. Winnicott introduce un concetto originale per quanto riguarda la funzione dell'aggressività, che lo differenzia dalla Freud e dalla Klein: gli oggetti diventano reali perché possono essere distrutti. I meccanismi proiettivi aiutano a notare che l'oggetto è là, ma non sono la ragione per cui l'oggetto è là: l'oggetto diventa reale, perché ha un'esistenza indipendente e sopravvive alla distruzione operata in fantasia dal soggetto. La funzione materna capace di accompagnare lo sviluppo psichico del bambino attraverso queste fasi di crescita mentale corrisponde a quella che Winnicott chiama «madre sufficientemente buona», la madre capace di stare in relazione con il bambino proponendogli quelle frustrazioni graduali progressive che gli permettono il cammino dalla dipendenza assoluta all'indipendenza, la personalizzazione dello psiche-soma, lo sviluppo della creatività nel mondo interno ed esterno. Il contributo pili originale di Winnicott agli sviluppi della psicoanalisi è costituito dal concetto di «area transizionale» (indicata anche come «area dell'illusione» o «dello spazio potenziale», o «terza area»): una terza area del vivere umano, che non si trova né dentro l'individuo né fuori, nel mondo della realtà condivisa. Questo vivere intermedio lo si può pensare come se occupasse uno spazio potenziale, che nega l'idea di spazio e separazione tra il lattante e la madre, e tutti gli sviluppi che derivano da questo fenomeno (Winnicott, 1971). Winnicott la differenzia dalla realtà interna, su cui Freud ha basato la costruzione psicoanalitica, e dalla realtà esterna, il mondo non-me che viene gradualmente accettato dal bambino. La terza area, quella dell'illusione, permette un'appropriazione personale del mondo. Freud aveva riconosciuto il nucleo di verità presente nelle illusioni (il sogno, il mito, l'allucinazione); Winnicott va oltre e ritiene che l'illusione sia la condizione necessaria per la messa in relazione creativa di due ordini di realtà: l'acquisizione della soggettività e il riconoscimento intersoggettivo della mutualità. La prima manifestazione di questa terza area del funzionamento psichico è la creazione da parte del bambino dell'oggetto transizionale: il bambino sceglie un oggetto concreto e lo costituisce come rappresentante della madre (una copertina, un orsetto). Fa un lavoro psichico, necessario per accettare la qualità non-me dell'oggetto concreto (che ha un colore, una consistenza, un odore), che non è un simbolo sostituibile, è unico, esiste nella realtà esterna. Il lavoro psichico lo ha fatto diventare un oggetto che lui ha creato per quanto riguarda la funzione svolta: sta per la madre, viene usato per calmare l'angoscia dell'assenza. Peculiarità dell'oggetto transizionale è il fatto che costituisce una realtà nuova: non un adeguamento del bambino alla realtà esterna, ma un'assimilazione della realtà a sé, come avviene in tutte le attività di gioco. In quest'area il giudizio di realtà è sospeso e l'esperienza attraversata è profondamente reale. Dall'oggetto transizionale non avviene un processo di separazione: esso perde valore per il soggetto perché i fenomeni transizionali si diffondono sull'intero territorio intermedio tra la realtà psichica interna del soggetto e il mondo esterno come viene percepito in comune da due persone. È il territorio intermedio del gioco e dell'esperienza culturale, a cui appartengono arte, miti, religioni. Il territorio dell'esperienza culturale ha la caratteristica di fornire esperienze di grande intensità emotiva: il soggetto si trova in una posizione né di compiacenza né di reattività, ma sviluppa la capacità di «vivere creativamente». L'esperienza culturale è quella che permette al soggetto, autore o fruitore, di sentirsi partecipe della capacità di creare il mondo: non è solo uno spettatore passivo, non è costretto ad allontanarsi in mondi extraterrestri sotto la minaccia di una «realtà» schiacciante l'individuo. Winnicott non ha scritto opere che illustrino in modo organico il suo pensiero, a causa di una personale antipatia per le astrazioni teoriche, e del clima di conflittualità presente nella psicoanalisi britannica. Pertanto il suo pensiero è stato oggetto di fraintendimenti. Il concetto di madre sufficientemente buona a volte è stato utilizzato come semplicistico slogan pedagogico, o come sopravalutazione dell'importanza dell'ambiente, e non come indicatore di una funzione mentale necessaria allo sviluppo psichico del bambino. Il suo pensiero non ha approfondito alcuni elementi centrali della teoria psicoanalitica (la funzione del padre, la fase edipica, la pulsione di morte). Ma i suoi contributi innovativi hanno lasciato una traccia significativa nella psicoanalisi: la teoria dello sviluppo psichico a partire dalla matrice relazionale, le modificazioni della tecnica dell'analisi con i pazienti gravi, lo spazio potenziale tra analista e paziente. In tutto il mondo scientifico psicoanalitico autori eminenti si rifanno al suo pensiero e lo sviluppano: H. Stewart e Ch. Bollas in Inghilterra; A. Green, J.-B. Pontalis, M. Gri-binski e R. Roussillon in Francia; E. Gad-dini, R. De Benedetti Gaddini e A. Giannakoulas in Italia; A. Modell e Th. Ogden negli Stati Uniti; R. Zac de Goldstein e L. Kancyper in Argentina; L. Schacht in Germania; J. Innes Smith in Belgio. È soprattutto la teoria dei fenomeni transizionali ad essere studiata, come specifico psicoanalitico, oggetto di quella psicoanalisi che si è sviluppata essa stessa come una forma altamente specializzata di gioco, al servizio della comunicazione con se stessi e con gli altri. ANNA FERRUTA |