Topiche |
Quasi alla fine della sua vita, S. Freud (1938d) ribadì la convinzione che la supposizione che la vita psichica sia funzione di un apparato con un'estensione spaziale e una struttura composita, cioè costituito di parti o luoghi ciascuno con caratteristiche, processi e funzioni proprie, avesse rappresentato una novità scientifica e un apporto originale della psicoanalisi. Nella definizione di questo punto di vista, cosiddetto «topico», confluivano molteplici correnti più o meno remote, ma in particolare l'affermazione, nella seconda metà dell'800, di una teoria anatomo-fisiologica localizzazionista (benché contro di essa si fosse schierato lo stesso Freud a proposito della concezione delle afasie, anche se più parzialmente di quanto si creda). Risalente tra l'altro a F. Gali, essa collegava infatti funzioni specializzate, nonché tipi di immagini e di rappresentazioni, unitamente alla loro meccanica (J. Herbart), a specifici siti del sistema nervoso centrale, e in particolare della corteccia; Th. Meynert, ad esempio, postulava una localizzazione corticale per la coscienza e una sottocorticale per gli istinti. Nella psicologia patologica ottocentesca, inoltre, l'osservazione dei fenomeni ipnotici e dei casi di doppia personalità aveva già portato a ipotizzare l'esistenza di «gruppi psichici» separati e non costantemente accessibili di rappresentazioni e ricordi, che in momenti particolari possono alternativamente assumere la direzione dell'esperienza e del comportamento dell'individuo. Il trattamento catartico dell'isteria messo a punto da Breuer e Freud (1892-95) aveva inoltre suggerito la necessità di collocare in un sistema «inconscio» alcuni di questi gruppi psichici, ipotizzandone una disposizione spaziale. Parallelamente, nella psicologia fisiologica sembrava inevitabile postulare sistemi diversi per spiegare due funzioni tra loro contraddittorie come la percezione degli stimoli e la loro conservazione in tracce mnesti-che: lo specchio di un telescopio a riflessione non può essere nello stesso tempo lastra fotografica, scrive Breuer. Già nel 1895 Freud si era cimentato nella complessa costruzione di un modello di apparato psichico suddiviso in tre sistemi diversi (percettivo, psichico e cosciente), via via modificato e integrato (Freud, 1887-1904). Ma è soprattutto con il sogno, peraltro nel solco di G. Fechner, fondatore della psicofisica, per il quale le figurazioni oniriche si producono su un'« altra scena», che si riafferma la necessità di ricorrere all'ipotesi di «luoghi psichici», con due avvertenze. Innanzitutto, come ribadirà ancora Freud (1938d, la necessità di evitare il rischio di far coincidere immediatamente una tale descrizione topica con il correlato anatomico cui pure sappiamo corrispondere in qualche modo l'apparato psichico, tentazione che continuerà a insistere nella teorizzazione freudiana e postfreudiana; in secondo luogo, di tenere presente che le immagini proposte sono congetture, rappresentazioni ausiliarie, impalcature che non bisogna scambiare per la costruzione. Il nome dato a questi luoghi psichici può variare: «sistema», come pure «provincia», privilegia l'aspetto spaziale e la distinzione topica, mentre il termine «istanza» sembra sottolineare l'accezione dinamica ed economica nonché quella giuridica, derivando dal latino instare (fare pressione stando al di sopra), in analogia con i tribunali o le autorità che giudicano ciò che può essere lasciato passare e ciò che va censurato. In questa rappresentazione dell'apparato psichico che unisce estensione spaziale e struttura composita e fonda la metapsicologia, ossia la teoria psicoanalitica nei suoi livelli più astratti e nelle sue dimensioni fondamentali, si suole distinguere una «prima topica», proposta nell'Interpretazione dei sogni (1899a) ed elaborata negli anni precedenti, da una,«seconda topica» introdotta intorno al 1920 e più precisamente definita nel 1922. Alcuni preferiscono distinguerle in una teoria topica o topografica e una teoria strutturale, e parlare di un punto di vista strutturale anziché topico della metapsicologia (Rapaport e Gill, 1959; Gill, 1963), perché con esso è postulata l'esistenza di strutture psichiche, cioè di configurazioni a basso tasso di cambiamento inferibili dal comportamento senza considerare il loro substrato materiale. Nella prima topica, la suddivisione dell'apparato psichico in tre sistemi avviene in base al loro riferimento alla coscienza: «inconscio», «preconscio» e «conscio» sono separati da censure che controllano e possono inibire il passaggio dall'uno all'altro sistema, ciascuno con un proprio modo di funzionamento. Anche se certo se ne parlava già da tempo, la fondamentale scoperta/invenzione freudiana (a cui si lega la costruzione della psicoanalisi) è indubbiamente quella dell'inconscio, il riconoscimento della sua appartenenza a tutti gli effetti allo psichismo, fino ad allora coincidente con la coscienza, mentre ciò che non era cosciente non era ritenuto mentale, bensì corporeo, animale, biologico, insomma, cartesianamente, res extensa. Un inconscio da Freud inteso non solo descrittivamente per indicare i contenuti non presenti attualmente alla coscienza, e nemmeno come una coscienza indebolita o una seconda coscienza, ma come un sistema a parte, con proprie regole di funzionamento e funzioni, psichicamente efficace e responsabile di disturbi patologici oltre che di fenomeni psichici normali. Nella prima topica, l'inconscio è costituito da contenuti rimossi cui è stato rifiutato l'accesso alla coscienza e che ne sono mantenuti a distanza da un attivo controinvestimento. E’ caratterizzato dalla massima mobilità degli investimenti di un'energia libera che, per il principio di piacere, tende a scaricarsi per la via più breve per raggiungere un'identità di percezione (processo primario); dall'indipendenza e indifferenza reciproca delle rappresentazioni; dall'assenza di negazione e di un segno di realtà; dall'atemporalità. I suoi contenuti, fondamentalmente sessuali - nel senso lato in cui la sessualità è intesa da Freud (1905c), comprensiva della sessualità infantile, pregenitale e paragenitale -, sono delegati pulsionali che esercitano una spinta costante per accedere alla coscienza. Pian piano si va affacciando, tuttavia, l'idea di un nucleo dell'inconscio indipendente dal rimosso, non acquisito dall'individuo, che sfocerà poi nell'ipotesi di schemi preindividuali, i cosiddetti «fantasmi originari», che strutturano le esperienze sessuali infantili del soggetto. Anche il «preconscio» è inconscio, ma solo nel senso descrittivo del latente, giacché i suoi contenuti restano comunque accessibili alla coscienza se sono sovrainvestiti di attenzione e a meno che su di essi non si trasferisca, direttamente o mediatamente, l'investimento di un contenuto inconscio. Freud (1915a) lo definisce anche come «conoscenza cosciente»: fondamentalmente legato alla rappresentazione verbale e intrinsecamente connesso a un sapere, è infatti strutturalmente cosciente, perché retto dal processo secondario nel quale gli investimenti sono legati e minimi gli spostamenti energetici, condizioni necessarie del processo di pensiero. Esso è separato dall'inconscio da una censura che impedisce il passaggio dei contenuti inconsci senza una preliminare loro trasformazione (inserimento nelle reti associative preconsce) o deformazione; e altresì disgiunto dalla coscienza da una seconda censura: una censura doppia o la stessa che, come dice Freud, si è spinta più avanti. Peraltro il termine «censura», inizialmente riferito al delirio, prefigura, nel suo stesso antropomorfismo, la successiva istanza del Super-io (Laplanche e Pontalis, 1967). Il sistema percezione-coscienza riunisce queste due funzioni in un unico sistema topico o le accosta perifericamente quando le mantiene parzialmente distinte, sempre subito dietro uno schermo parastimoli, perché l'accesso alla coscienza, concepita essenzialmente come organo di senso, è legato alle percezioni: del mondo esterno o, internamente, delle qualità psichiche, cioè dell'incremento o diminuzione di tensione, avvertiti rispettivamente come dispiacere o piacere, oppure del legame con un residuo verbale. Tuttavia il passaggio alla coscienza non implica di per sé l'integrazione del contenuto nel sistema preconscio, ossia il suo inserimento nella rete associativa in connessione con i residui verbali che li rendono percepibili: vi sono contenuti strutturalmente primari ma coscienti (come le emergenze ecmnestiche) e, viceversa, strutturalmente preconsci ma inconsci. In ogni caso la coscienza, che per Freud (1920a) sorgerebbe nel sistema percettivo al posto delle tracce mnestiche, resta a suo avviso l'unico faro nella tenebra della psicologia del profondo (Freud 1938d), che ne contiene una specifica teoria, peraltro precorritrice delle attuali vedute neuroscientifiche. La cosiddetta «seconda topica» appare intorno al 1920, pressoché contemporaneamente al cosiddetto secondo dualismo pul-sionale, ma comincia a delinearsi ben prima, per alcuni già a partire dalla descrizione della censura onirica. Il suo avvento non è semplicemente legato alla problematica delle difese egoiche inconsce, bensì anche al riconoscimento del ruolo delle identificazioni nella costruzione della personalità e delle strutture in essa depositate. Queste ultime sono individuate nell'Es, nell'Io e nel Super-io, denominate con semplici parole d'uso comune anziché con altisonanti termini greci, sottolinea Freud, peraltro a loro volta ulteriormente scomponibili (Super-io, Ideale dell'Io, Io ideale) o intrinsecamente scindibili (Io), inaugurando così conflitti in-trasistemici oltre che intersistemici. L'Es, così denominato dal pronome impersonale tedesco - che non ha equivalente nella lingua italiana - sulla scia di F. Nietzsche e G. Groddeck (che lo declinava differentemente) per sottolineare, appunto, ciò che vi è di non personale e necessario nella natura umana, il fatto di essere vissuti da forze sconosciute e indomabili, è il polo pulsionale dell'apparato psichico ed è concepito come costituito di rappresentanti inconsci delle pulsioni, parzialmente innati ed ereditari, oltre che di contenuti rimossi. E’ la fonte dell'energia di cui dispone l'apparato psichico e da esso deriverebbero e si alimenterebbero Io e Super-io: con la nuova ripartizione topica, sembra infatti prevalere una genesi delle istanze per progressiva differenziazione prodotta dall'influsso della realtà esterna anziché per rimozione. L'Es della seconda topica e l'inconscio della prima solo parzialmente si sovrappongono: l'Es non ricopre tutta la porzione inconscia dello psichismo, giacché anche l'Io è in parte sistemicamente inconscio; e, viceversa, l'inconscio rimosso sembra costituirne solo una porzione, peraltro quella più nettamente separata e delimitata dal controinvestimento. Non solo sono mutati i conflitti tra le istanze, ma i loro confini si fanno più labili, essendo l'Es aperto sia verso il somatico che verso l'Io e il Super-io: tra le strutture della seconda topica vi è continuità e discontinuità, ribadirà Freud (1932) richiamandosi al cromatismo della pittura astratta moderna. Benché sia descritto come un calderone caotico in cui i singoli moti pulsionali, del tutto svincolati l'uno dall'altro, non promuovono alcuna «volontà generale», l'esistenza nell'Es di tracce mnestiche, contenuti rimossi, complessi, sembrerebbe parzialmente organizzarlo, pur senza implicare un soggetto coerente, come indicato dal pronome impersonale. Perciò alcuni (Gill, 1963) considerano necessario postularvi una gerarchia di crescente organizzazione di unità pulsione-difesa, in cui un livello costituisce una pulsione per il livello immediatamente superiore e così via; così come altri (Laplanche, 2000a) ipotizzano un nucleo dell'inconscio non strutturato che solo a un livello più esterno subirebbe una qualche regolazione e organizzazione: il processo primario non sarebbe il cuore dell'inconscio, ma ciò che ne subirebbe l'influenza immediata. Il Super-io è invece l'istanza dell'apparato psichico cui è deputato il ruolo di giudice o censore nei confronti dell'Io e dunque la funzione di autoosservazione, di coscienza morale e di ideale, cui corrispondono rispettivamente il senso di colpa, di inferiorità e di vergogna. Il suo antropormo-lismo, criticato da alcuni, per altri è invece un contributo specifico della psicoanalisi che, ricalcandosi sulla modalità fantasmati-ca con cui il soggetto concepisce e costruisce se stesso, avrebbe appunto mostrato l'esistenza nello psichismo di queste enclave animistiche, dovute anche al suo costituirsi per interiorizzazione dei divieti ge-nitoriali, mediante identificazione con il Super-io parentale, diventando così mezzo della trasmissione intergenerazionale, sociale e culturale (Laplanche e Pontalis, 1967). La discendenza del Super-io dal complesso di Edipo al suo tramonto, oltre che dalla prolungata dipendenza infantile, sarebbe per Freud (1932) all'origine di una discussa disomogeneità tra maschio e femmina. E giustificherebbe il fatto che, paradossalmente, sia alimentato dalla rinuncia ai desideri edipici amorosi e ostili, nonché la sua successiva anticipazione congiuntamente a quella del complesso edipico (Klein, 1928). Pur derivando dalla censura attiva nel lavoro onirico, il Super-io è introdotto soprattutto sulla base della melanconia, nella quale si accaparra la coscienza (Freud, 1922a), e dei deliri di osservazione, in quanto giudice e modello al tempo stesso, istanza di interdizione e ideale, riassumibile nel duplice imperativo: «Devi essere così (come il padre)» e «Non ti è permesso essere così (come il padre)». Il Super-io comprende infatti, e inizialmente si confonde con, l'Ideale dell'Io cui l'Io cercherebbe di conformarsi e con il cui metro il Super-io misurerebbe l'Io e le sue prestazioni (Chasseguet-Smirgel, 1975). Il termine compare infatti in Freud (1914d) per indicare il surrogato del narcisismo perduto dell'infanzia in cui era il soggetto stesso il proprio ideale, ricomparendo poi (1921a) per spiegare la fascinazione amorosa, la dipendenza dall'ipnotizzatore e la sottomissione al leader nella formazione dei gruppi umani, sottolineandone l'origine per identificazione, cioè l'operazione con cui ci si trasforma sul modello di un'altra persona. Tuttavia non vi è concordanza circa i rapporti tra Ideale dell'Io, Super-io e coscienza morale, e per di più l'Ideale dell'Io è inizialmente distinto da un'altra istanza, l'Io ideale, spesso inteso come ideale narcisistico onnipotente, e riproposto da J. Lacan in relazione allo stadio dello specchio e alla dimensione dell'immaginario. L'Io è infine l'istanza di snodo o frontiera tra le altre, non solo perché rappresentato come una superficie e una sua proiezione (Freud, 1922a), una sorta di facciata tra Es e realtà esterna, ma anche perché costretto a mediare barcamenandosi tra Es, Super-io e realtà esterna da cui è dipendente, proponendosi come rappresentante della persona nella sua totalità. Più esteso del preconscio o del preconscio-conscio della prima topica di cui rileva le funzioni, originariamente Io-corporeo e dai confini sempre estensibili e retrattili, acquista con la seconda topica lo statuto di struttura a tutto tondo dell'apparato psichico e, dopo la scoperta del narcisismo, ne è definita precisamente l'economia riconoscendovi essenzialmente un serbatoio di energia drenata dall'Es proponendosi ad esso come oggetto di investimento. Tuttavia era presente fin dall'inizio della teorizzazione freudiana come uno dei poli del conflitto nevrotico (Freud, 1895) e da subito ben armato delle sue caratteristiche e funzioni, costituito da un gruppo di rappresentazioni isolato e dotato di un investimento costante che alimentava le sue operazioni essenzialmente inibitorie mediante le quali arginava il processo primario. Ben presente in Freud (1899a) anche come scenario del lavoro onirico, ai cui margini si ritira nel sonno, l'Io freudiano ha sempre oscillato fra l'indicare la persona totale, l'individuo, e il denominare invece una sottostruttura dell'apparato psichico, in una tensione che successivamente alcuni hanno risolto nella definizione di un Sé distinto dall'Io, ad esempio per indicare il soggetto in quanto contrapposto all'oggetto. Se con la prima topica l'Io si difendeva dalle rappresentazioni inconciliabili sacrificando con la rimozione una porzione della propria organizzazione, con la seconda topica non solo si evidenzia una sua «alterabilità» distorcente (Freud, 1937a), ma la sua scindibilità sarà raddoppiata per così dire verticalmente dalla scoperta della scissione (1938a), che successivamente acquisterà molto peso ben oltre il feticismo e la perversione cui Freud inizialmente la collegava, incrinando ulteriormente la funzione sintetica egoica così straordinariamente importante, ma data troppo per scontata. Mentre Freud, pur proponendo la seconda topica come un progresso, si guardò bene dal rinunciare del tutto alla prima, parzialmente sovrapponendole, le posizioni nei confronti dei rapporti tra le due topiche si sono poi divaricate. M. Gill (1963) sostiene che il passaggio dalla prima alla seconda esige la sostituzione del punto di vista topico (basato sul riferimento alla coscienza) con quello strutturale, nel quale i sistemi sono distinti in base a modo di funzionamento e tipo di carica, e la coscienza da apparato sensoriale diventa una qualità. Altri (Gedo e Goldberg, 1973) invece lasciano sussistere le due topiche l'una accanto all'altra, proponendo anzi di utilizzarle per differenti fasi dello sviluppo e diversi fenomeni psichici. Altri ancora (Laplanche, 1999) denunciano l'abbandono della funzione della rimozione come fondatrice dell'inconscio e delle sue caratteristiche, e il conseguente affermarsi di un'ipotesi emergentista, endogena, solipsistica e biologista della pulsione sessuale. Per A. Green (1995), più radicalmente, la prima topica parlerebbe solo dell'Io, che nella seconda topica sarebbe solo incorniciato affiancandovi le altre due istanze, ma ridotto ormai a mero clown o a cavaliere domenicale alla Itzig (Freud, 1914e; 1899a). Green, inoltre, vede nella seconda topica un essenziale passaggio dal livello rappresentazionale dello psichismo a un livello pre- o arappresentazionale, decisivo nell'affrontare patologie come stati limite e psicosi, oltre che le cosiddette psicosomatosi. La definizione dell'Es, oltre a non includere riferimenti alla coscienza, fa precedere infatti alle rappresentazioni di cosa i rappresentanti degli eccitamenti endosomatici, e ai desideri i moti pulsionali, esacerbando la conflittualità e l'eterogeneità dell'apparato psichico, che già zoppicante con la prima topica, con la seconda comprenderà delle istanze profondamente inconciliabili. Accanto a chi propone di introdurre nuove istanze, come il «Sé» di H. Hartmann, il «narcisismo» di B. Grunberger, il «rappresentante» di P. Aulagnier o l'«inconscio convalidante» di R. Stolorow e G. Atwood - del resto analogamente a Freud, che introduce la realtà a tutti gli effetti come istanza -, e a chi propone invece topiche allargate (W. Bion), vi sono coloro che postulano già in Freud l'abbozzo di una terza topica. Per alcuni (Dejours, 2004) sarebbe costituita dalla prima topica freudiana riorganizzata secondo una geografia imperniata appunto sulla scissione, ma relativamente alla psicosi e alla somatosi più che alla perversione, e al diniego della percezione della realtà interna anziché di quella esterna. Lo stesso Laplanche (2004) ha recentemente ipotizzato l'integrazione di una topica dell'inconscio rimosso, contrapposto al preconscio, con una topica dell'inconscio intercluso, separato dal primo dalla scissione e contrapposto alla coscienza, perciò topicamente definibile «subconscio» - denominazione che, con «paraconscio» e «intra-conscio», era una di quelle inizialmente scartate da Freud, anche per la sua connotazione janetiana. Vi è infine chi intende la terza topica (Guillaumin, 1992) come passaggio da una geografia vista dall'alto, da un osservatore terzo, a una topica che si ordina a partire dallo sguardo centrale e interno dell'Io. Del resto, Laplanche sottolinea che il punto di vista topico è fondamentalmente un punto di vista dell'Io, e dunque che ogni topica è dell'Io e dove vi è un Io vi è una topica - sia pure sotto forma di primitivi nuclei o agglomerati indipendenti - spaziale in quanto costruita a partire dall'immagine del corpo dell'altro e del proprio corpo come altro. Proprio per questo Freud (1915-17) ribadirebbe incessantemente che la rappresentazione spaziale dell'apparato psichico è la più rozza ma altresì la più efficace e in qualche modo la più aderente alla realtà psichica, fino a ipotizzare che sia lo spazio a esserne una proiezione (1938c). ALBERTO LUCHETTI |