Sublimazione |
Il termine «sublimazione» fu in origine introdotto da S. Freud per indicare la possibilità che alcune attività umane, proprio quelle che consideriamo più elevate - come l'arte o la ricerca scientifica e intellettuale -trovino nella vita pulsionale inconscia la loro molla propulsiva, derivando anch'esse dalla grande matrice della psicosessualità infantile. La sublimazione segnala uno specifico «cambiamento di stato» psichico, una sua trasformazione metamorfica. Nel caso, per esempio, della sublimazione artistica, Freud introduce, sin dalla corrispondenza con W. Fliess, un nuovo e specifico piano congetturale che fa riferimento alla teoria delle pulsioni e alle loro vicissitudini inconsce. In questo modo compie una mossa ancora oggi sgradevole per molti: afferma che l'aspetto divino (o demoniaco) dell'arte, sostenuto da una tradizione di pensiero che va da Platone sino al romanticismo, debba essere ricondotto alla pulsionalità inconscia, dalla quale l'arte, come anche le più elevate attività dell'uomo, si possono considerare derivate. Anche il lavoro psichico implicato dall'arte va inteso alla luce del bisogno, del desiderio e del conflitto, impiegando le figure ipotetiche ed esplicative della metapsicologia, anziché limitarsi ad animare «demoni» e «genii», come accade nella tradizione estetica del romanticismo, ad esempio nel saggio di Schiller Sul sublime. Con la sublimazione freudiana ci troviamo entro una tesi riduzionista molto generale e tipica della psicoanalisi. Arte, scienza, religione e filosofia traducono, nei loro costrutti immaginativi, nell'affermazione delle loro credenze e valutazioni, tutto un mondo di desideri e di opzioni che traggono le loro energie e configurazioni dall'inconscio, e sono da considerarsi come trasformazioni e lunghi détours psichici sotto la spinta di pressioni e condizioni specifiche. Se Freud riferì subito l'attività artistica alla sublimazione, fu per indicare una definita possibilità delle vicissitudini pulsionali nell'uomo, consistente in un cambiamento nella meta della pulsione sessuale, la quale, deviata dal suo oggetto proprio, si innalza a forme di soddisfacimento non più necessariamente sessuali, verso una meta «più alta e inattaccabile» (Freud, 1909). Veniva così indicata una direzione interpretativa circa la genesi di fatti psicosociali «alti» come l'arte, il lavoro, ecc., tutte attività che al senso comune sembrano molto lontane da queste matrici biopsichiche infantili. Il riferimento al sublime come precisa categoria estetica è, in origine, del tutto estraneo alla nozione psicoanalitica di sublimazione, il cui ambito semantico più proprio sembra essere senz'altro quello fisico-chimico, e ancora prima alchemico. Ciò è esattamente analogo a quanto accade per altri termini metapsicologici: per esempio per la «condensazione». In fisica si intende per sublimazione il diretto passaggio dallo stato solido a quello gassoso, senza passare da quello liquido. Qualcosa che ci appare solido, visibile e toccabile sparisce più o meno rapidamente sotto il nostro sguardo, a certe specifiche condizioni di pressione e temperatura. Nella sublimazione dell'alchimia veniva implicato un moto di assottigliamento e insieme di elevazione, un'apparente smaterializzazione, che comportava l'idea di una polarizzazione e tensione tra «alto» e «basso», del resto instabile e reversibile. Ciò che si sublima può ancora nuovamente desublimarsi, solidificarsi o cristallizzarsi. La stessa sublimazione dell'alchimia è una metafora puramente descrittiva e fantasiosa. Chi aspira alla matematizzazione della conoscenza psicologica deve riconoscere che non è possibile precisare e determinare con chimica esattezza le condizioni biopsicologiche della «sublimazione» psichica e i suoi rapporti con la teoria pulsionale e con la costituzione dell'oggetto estetico. Non possediamo alcuna legge che stabilisce il «punto di sublimazione» di ciascuna condizione-considerata, né è possibile pensare di ridurre il fatto estetico agli elementi quantitativi che l'hanno generato senza disturbare le qualità essenziali che concorrono a definirlo. Lo stesso discorso vale per il punto di condensazione o di cristallizzazione: tuttavia questo tipo di analogie è di fondamentale importanza per poter ragionare anche sui fatti della psicologia. Freud ritenne a un certo punto che anche alla formazione dell'Io, questo cristallo, poteva forse contribuire la sublimazione, come anche a quella del Super-io, in quanto derivato dall'identificazione desessualizzata con il padre. Sino ad affermare che, se includiamo in questi spostamenti dell'energia sublimata anche i processi di pensiero, intesi nel loro più ampio significato, pure il lavoro intellettuale risulterebbe sostenuto dalla sublimazione di forze motrici erotiche (Freud, 1922a). Se in queste formulazioni sono contenute le premesse della valorizzazione che subirà la sublimazione nelle tesi di C. Castoriadis (1975) o di H. Loewald (1988), non mancano impostazioni che mettono la sublimazione in una posizione marginale. Alcuni sviluppi della psicoanalisi hanno, in effetti, realizzato qualcosa che può assomigliare a quanto si è verificato nel passaggio all'alchimia alla fisica, preferendo all'antimitolo-gia «mitologica» delle pulsioni nuovi modelli e immagini basati sulle relazioni e i legami oggettuali, per esempio, o sul ruolo dell'illusione e dello spazio transizionale come «luogo» di molte attività sublimate, con i quali interpretare o ridescrivere la vecchia sublimazione freudiana. Se tuttavia manteniamo l'idea di una sublimazione psichica, dobbiamo riconoscere una solidarietà originaria tra la nozione di sublimazione e altre analogie metapsicologiche, solidarietà che vincola saldamente la sublimazione alla concezione pulsionale. Le pulsioni e la loro energia sembrano cioè inevitabilmente implicale dalla sublimazione. Una certa coerenza di questa tesi è assicurata da impressionanti sequenze di metafore all'opera nel testo freudiano. La metaforica della sublimazione è in origine tributaria della più comprensiva e generale idea della psiche come terreno proprio della psicoa-nalisi. Il terreno psichico e le formazioni che si rinvengono in esso devono per Freud la loro morfologia e costituzione alla dinamica temporale dei mutamenti geologici che vi si sono svolti remotamente e che tuttora si manifestano, sempre legati alle (re)pressioni, alla temperatura e alle energie presenti. A tale morfologia la sublimazione, assieme ad altri processi, dà il suo contributo. Nella sublimazione non assistiamo più all'eruzione lavica delle poussées pulsionali o dei sintomi, e ciò che sembrava solidificato, cristallizzato o fossilizzato in formazioni psichiche in superficie o in profondità, represso o rimosso, sparisce a un certo punto o si modifica in virtù del processo sublimativo, sostituito da nuove formazioni (rappresentazioni, idee, comportamenti o opere) «elevate», apparentemente dematerializzate, purificate, desessualizzate. Anche la qualità del piacere cambia, come mutano la forma e le condizioni del soddisfacimento. Poiché la teoria pulsionale è divenuta, nella psicoanalisi odierna, una moneta poco corrente, come del resto la «geologia» psichica e la stessa «archeologia», anche di sublimazione oggi si parla poco. E quando se ne parla, il moto di elevazione implicato viene interpretato in riferimento ad altri parametri e processi. Ad esempio, al movimento di riparazione di un oggetto rovinato o distrutto; o a qualcosa che va identificato con la matrice stessa del pensiero e dell'attività simbolica: aspetti che tuttavia sembrano solo condizioni, o effetti, della sublimazione, che non esauriscono certo il significato originario di questo termine, la sua caratterizzazione energetica e il riferimento al piacere e quindi al corpo. Un corpo che, per inciso, fornisce alla vita culturale le stesse coordinate alto/basso implicate nella sublimazione. Per Freud (1905c) il nascondere alla vista i genitali segnala il punto di partenza di un moto di elevazione sublimante che prelude al concetto di «bello» e agli spostamenti sempre più vasti e progressivi della civilizzazione. Ma per lui anche il portamento eretto, tappa fondamentale dell'omi-nazione, con la conseguente svalutazione dell'olfatto e forse dell'intera sessualità, fornisce un contributo alla tendenza dell'uomo alla sublimazione (1929). In L'Io e l'Es (1922a), analogamente, viene ipotizzato che la sublimazione implichi una trasformazione della libido oggettuale in libido narcisistica, come premessa della sua desessualizzazione. Grazie alla sublimazione - cambiati sia l'oggetto sia la meta, tanto che la pulsione originariamente sessuale trova ora il proprio soddisfacimento «in una prestazione non più sessuale» - l'uomo può godere anche delle pure forme e sperimentare la gioia più fine e più elevata del godimento estetico, traendone un piacere a suo modo intenso e insostituibile. Freud scoprì, a fondamento dei sintomi o di certe manifestazioni comportamentali, la presenza di fantasie inconsce, che a loro volta potevano essere intese come rappresentazioni di conflitti pulsionali: ma se questa conflittualità pulsionale, considerata il vero substrato materiale della vita rappresentativa, sembra dissolversi o comporsi in azioni vantaggiose come il lavoro o in certe attività creative innocue, innocenti o addirittura molto apprezzate, si parla di sublimazione. Parliamo di sublimazione quando vediamo o ipotizziamo che specifiche tensioni e conflitti d'origine infantile si sono tramutati (e trasvalutati), ad esempio, nell'impulso creativo o in un'opera d'arte. Allora la megalomania infantile prende un nuovo lecito corso e viene incorporata nella costruzione di un oggetto artistico; noi non la ritroviamo più con i suoi aspetti negativi e nocivi, ma integrata, «addomesticata» e posta a servizio di realizzazioni a vario titolo considerate positive; gli «oggetti» che nella mente apparivano distruttivi, minacciosi, o comunque ingombranti, possono così essere collocati all'esterno e trattati, ricreati e manipolati a volontà; non solo non fanno più paura, ma possono piacere a qualcuno o a molti; ciò che era frammentario e scisso può essere ricomposto o ricombinato. Nella sublimazione il substrato polimorfo-perverso della vita psichica acquista un diritto di cittadinanza inedito, si combina in forme e contenuti nuovi, circolando nella vita sociale in forme culturali o addirittura «sublimi». Il sublime può essere considerato una qualità accessoria di questo processo: esso comporta un'estremizzazione della distanza fra alto e basso, che si traduce in caratteristici orientamenti espressivi e immaginativi dello spazio artistico. La sublimazione si incrocia qui con l'idealizzazione dell'oggetto, dell'Io e, corrispondentemente, dell'oggetto artistico e dell'arte. Freud immaginò inizialmente alla base della sublimazione un cambiamento nella meta pulsionale, che comportava una desessualizzazione. Ma il trattamento della sublimazione si è andato successivamente sfaccettando. Intanto la sublimazione lavora certamente a vari livelli, se può essere invocata sia nella genesi della «pulsione di sapere», sia alla base delle istanze e figure della religione e della scienza. Sta a noi stabilire quanta distanza debba esservi fra pulsione sessuale e sua meta propria perché si possa parlare di sublimazione. Va inoltre ricordato che quello «spostamento elevante», nel quale consiste la sublimazione, mette in gioco componenti istintuali diverse, libidiche, narcisistiche, aggressive e persino erotiche, e che si tratta sempre di un processo parziale. Certamente la sublimazione si è andata ulteriormente complicando negli sviluppi postfreudiani, con importanti effetti sul modo di intendere l'arte. Oltre alla molla della soddisfazione pulsionale, altre esigenze, orientate dalla relazione con l'oggetto e dalla definizione del Sé, fanno la loro comparsa: il bisogno così umano (Nietzsche direbbe: troppo umano) di costruirsi oggetti a misura dell'ideale; la necessità dell'integrazione o dell'eliminazione dei moti negativi verso l'oggetto, richiesta dalla sua idealizzazione (Bonesio, 1985); il recupero o il mantenimento dei momenti iniziali di fusione con esso; la creazione di un universo e di una gerarchia di valori; il bisogno di sottrarre ciò che si perde o deteriora al suo destino temporale, eternandolo nelle opere, ecc. Tutto questo apre una serie di questioni: perché e come ciò accada; come descrivere e valutare queste trasformazioni. Non tutti i materiali psichici si prestano alla sublimazione senza danni per la vita psichica nel suo complesso. Freud insiste parecchio sulla distinzione della sublimazione rispetto alla formazione reattiva e alla stessa rimozione, dove l'amministrazione pulsionale non avviene nello stesso modo. Benché contribuisca a quella intensificazione delle capacità di prestazioni psichiche che sta a fondamento delle attitudini richieste dalla produzione dell'arte (1905c), la sublimazione può, nondimeno, concorrere sia alla salute psichica, sia alla malattia. Anche gli spostamenti dovuti alla «facoltà di sublimazione» hanno dei limiti: il processo di spostamento pulsionale nella sublimazione non può essere proseguito indefinitamente, così come non può esserlo la trasformazione del calore in lavoro meccanico nelle nostre macchine. D'altra parte Freud ricorda che molte persone si sono ammalate nel tentativo di sublimare le loro pulsioni oltre la misura consentita dalla loro organizzazione. Il cavallo di Schilda di cui racconta, grande lavoratore, non potè sublimare anche la fame, e quindi morì. O ancora: è lecito affermare che il desiderio di maternità in donne che hanno rinunciato alla maternità potrebbe essere altrimenti sublimato? Sarebbe fuorviarne parlare in questo caso di sublimazione. La sublimazione riguarda le sole componenti pregenitali della sessualità, e va quindi distinta da processi compensatori, sostitutivi, consolatori e simili, attivati a partire dalla mancata soddisfazione di bisogni legittimi. Occorre distinguere, in linea di principio, la sublimazione dalla rinuncia o dal «semplice» attivarsi di modalità sostitutive di mete istintuali inagibili o di oggetti di desiderio infantili, dall'innescarsi di manovre maniacali, ecc. Nella sublimazione gli impulsi di desiderio infantili non vengono bloccati, ma permutano o scambiano la loro meta sessuale con una meta più lontana e di maggior valore sociale. Per sublimazione si dovrebbe in genere intendere un processo inconscio di trasformazione, che per sua natura sfugge alla volontà e che non può essere determinato più di tanto, né dall'Io né da influssi educativi. E ciò benché molti sforzi pedagogici siano rivolti, di fatto, a favorire la sublimazione, e benché l'Io sia l'esecutore (certamente attraverso le sue capacità e attitudini) e il beneficiario delle proprie sublimazioni. La sublimazione resta un fenomeno del sottosuolo, che si compie da sé e che richiede gli specifici giochi rappresentazionali della psicoanalisi per essere colta, anche se non mancano fatti e indizi visibili e di superficie che la segnalano. E’ in ogni caso evidente l'insufficienza di un discorso meramente energetico per comprendere la fenomenologia clinica della sublimazione. Dal punto di vista dinamico, la sublimazione va concepita nel gioco di forze tra tensioni libidiche e aggressive, da un lato, e spinte del Super-io e dell'ambiente, dall'altro. La repressione pulsionale creerebbe solo le premesse della sublimazione; ma, quando si attua, la sublimazione richiede anche una riduzione della pressione che la consenta o la favorisca. Ciò che sublima riesce a un certo punto a sfuggire alla repressione. La temperatura necessaria può talvolta essere fornita dalla relazione analitica, come dimostrano le sublimazioni in corso di analisi; ma gli artisti traggono il «calore» necessario dalle fonti più varie, endogene ed esogene. Quanto alla direzione verso l'alto, l'orientamento spaziale alto/basso implicato dalla sublimazione ha essenzialmente a che fare con la formazione degli ideali, come Freud riconobbe a partire dall'Introduzione al narcisismo (1914d). La sublimazione realizza di per sé qualcosa che viene, per definizione, valutata positivamente. Le attività sublimate sono accettabili, utili o comunque non nocive, quando addirittura non sono considerate le più nobili ed elevate manifestazioni umane. Sottolineando che si tratta di sublimazioni, ne riconosciamo l'origine bassa, materiale e istintuale, e nello stesso tempo prendiamo atto della trasformazione elevante avvenuta. Ma è anche possibile il processo contrario, e che l'elevazione inverta il proprio tragitto, rivelando le componenti pregenitali che sembravano dissolte dalla sublimazione. Non mancano tuttavia aspetti paradossali della sublimazione, che contraddicono in vario modo le funzioni positive che le vengono assegnate. La sublimazione figura come una forma di risoluzione della pulsionalità, un suo esito soddisfacente in più direzioni; ma può anche apparire, analogamente al transfert, come un ostacolo all'elaborazione analitica. È il caso di certe forme di «scomparsa» della conflittualità inconscia, che prende la via di inattese aperture artistiche o valorizzazioni di comportamenti socialmente accettati, attraverso i quali un nuovo assetto mentale più soddisfacente viene realizzato, senza che si abbia alcuna consapevolezza e controllo né sull'impulso creativo attivato, né sullo scenario fantasmatico-pulsionale implicato. Ci si deve chiedere talvolta se certe improvvise vocazioni artistiche nel corso dell'analisi non siano delle forme di resistenza sottile, che sottraggono energie all'elaborazione analitica - una sorta di fuga nell'arte o nel lavoro - e quanto invece l'elevazione così realizzata cooperi effettivamente alla salute mentale e personale. Freud (1908c) ha discusso con straordinaria spregiudicatezza questi temi. In ogni caso non basta certo intendere in termini di «sublimabilità» di quantità libidiche l'incapacità di certi soggetti di nuovi sbocchi sublimativi (1915-17), che richiede un lavoro su, ed entro il quadro del fantasma che blocca le possibilità creative, il che mette in gioco la creatività dell'analisi stessa. Ma un'ulteriore considerazione in L'Io e l'Es finisce per prospettare un legame caratteristico, e sfavorevole per l'Io, tra il moto sublimativo e le pulsioni di morte. Al ritiro narcisistico (narcisismo secondario) della libido oggettuale, che viene a un certo punto ritenuto necessario per innescare il processo sublimativo, segue una sublimazione che finisce per dare un appoggio alle pulsioni di morte che nell'Es mirano a domare la libido; così facendo l'Io corre il pericolo di diventare oggetto delle pulsioni di morte, e quindi di perire. Potremmo dire: di perire in bellezza. La sublimazione, se spinta all'eccesso, impoverisce l'Io, finendo per animare una dialettica tra estremi essa stessa tragica, patetica o sublime. La nozione di sublimazione, particolarmente in riferimento all'arte, contiene un intrinseco rinvio all'ambiente sociale: nell'attività artistica qualcosa sparisce dalla psiche, ma qualcosa d'altro, l'opera, si produce o nasce nello spazio sociale, dove può circolare anche a beneficio del fruitore del prodotto artistico. Si deve uscire da una considerazione puramente intrapsichica e riconoscere un'esistenza esterna e intersoggettiva a questi processi. Alla meta sessuale si sono sostituite «mete civili più elevate». Le attività e le opere prodotte dalle sublimazioni sono spesso apprezzate, condivise, premiate, sostenute da istituzioni. Esiste qui un decorso innegabilmente gruppale e collettivo, che ha a che vedere con la vita culturale e i suoi valori e anche con il generarsi dell'arte. Una sorta di accordo collettivo - un tacito contratto narcisistico - sembra determinare un'accoglienza positiva di principio ai prodotti della sublimazione e al lavoro psichico che l'opera richiede. Se la sublimazione è un processo d'ordine generale, che investe aspetti parziali, essa coesiste con altri processi,mentali che concorrono sia alla creatività, sia a pili modesti processi (come per esempio alla dedizione non coatta per lavori non particolarmente creativi). La creatività ha implicazioni più ampie della sublimazione, richiede cioè azioni psichiche ulteriori, alle quali la sublimazione fornisce probabilmente solo le energie e certe direzioni. La sublimazione innerva soltanto l'universo delle qualità e dei valori, investe il mondo delle forme, ma non ne determina la specifica fisionomia. Ma forse non è del tutto così: come Freud poteva parlare di ritorno del rimosso proprio nelle rappresentazioni rimoventi, che nelle loro forme e contenuti finiscono per alludere a ciò che erano chiamate ad allontanare, anche nei prodotti della sublimazione troviamo spesso indicazioni sui processi e sui materiali dai quali sono originati. I prodotti della sublimazione contengono indizi a volte molto evidenti dei processi sotterranei da cui derivano. Se in un senso generale l'arte procede dalla sublimazione, questo fenomeno non dice nulla dei processi che concorrono alla produzione dell'arte. Con la sublimazione agiscono in accordo idealizzazioni, rimozioni e formazioni reattive, tutte simultaneamente operanti, insieme alle proiezioni e agli altri processi che si svolgono nella mente e in funzione dell'ambiente e delle sue risposte. Sembra evidente che la sublimazione contiene delle indicazioni troppo generali, destinate a rendere conto soprattutto di qualcosa che per definizione si sottrae doppiamente allo sguardo analitico. Occorre che le pulsioni siano immaginate all'opera come substrato di certe rappresentazioni o comportamenti, per poi riconoscere che un certo magma pulsionale si è dissolto in rappresentazioni e comportamenti «elevati» nuovi e diversi: proprio questa scomparsa e sostituzione si fa notare come sublimazione e insieme rimanda a qualcosa d'altro, alle condizioni che hanno indotto tutto questo e alla necessità di ulteriori valutazioni. Per la psicoanalisi esistono molti processi e percorsi che, muovendo dalla primordiale estesiologia infantile, conducono - attraverso le vicissitudini dell'individuazione, della costituzione di sé e dell'oggetto - al mondo della fantasia, al lavoro dell'illusione, all'universo polimorfo dei fatti estetici, sino alla fantasia dell'esistenza di un fatto estetico autonomo. Solo praticando questi tortuosi percorsi la psicoanalisi può contribuire a illuminare i processi individuali e collettivi che hanno condotto sia all'idealizzazione appassionata della bellezza e dell'arte, sia agli attacchi degradanti e distruttivi contro di essa, che assumono oggi tante configurazioni e che troviamo incorporati persino nelle stesse opere d'arte e nell'atto creativo. Infine, che fare oggi della sublimazione freudiana, dove collocarla ? La nozione freudiana di sublimazione finisce per seguire quella a lei correlata di pulsione; conservando il valore di un indicatore, che ricorda al folle volo del pensiero il suo vincolo originario: alla materialità del corpo e dei suoi bisogni, al lavoro mentale che si cela dietro la creazione e la percezione della bellezza e a ogni espressione dello spirito. FAUSTO PETRELLA |