Sonno

La rappresentazione più evidente del sonno e della veglia è quella comportamentale, ovvero quella di una fenomenologia che consente di derivarne le caratteristiche salienti anche attraverso il senso comune: sonno e veglia si alternano, ma il primo è rapidamente reversibile e il suo manifestarsi sembra necessario al mantenimento di un buon livello di attività dell'organismo. L'indagine scientifica sistematica sul sonno è iniziata all'incirca ottanta anni fa, ha attraversato la biologia e, in modo progressivamente più intenso, la psicologia e la medicina. Allo stato attuale delle conoscenze, il sonno e la veglia sono considerati stati comportamentali che si susseguono ciclicamente e che sono precisamente definiti dalla registrazione dei potenziali elettrici prodotti dalla corteccia cerebrale (elettroencefalogramma, eeg), dai muscoli estrinseci dell'occhio (elettrooculogramma, eog) e dai muscoli scheletrici (elettromiogramma, emg). La registrazione contemporanea di queste attività bioelettriche prende il nome di poligrafia. Il ciclo veglia/sonno è formato dalla veglia e da due fasi fondamentali di sonno denominate, rispettivamente, sonno non-REM (attività eeg rappresentata da onde ampie e di frequenza più bassa rispetto alla veglia, detta anche attività sincronizzata) e sonno rem; quest'ultima fase è caratterizzata da un'attività eeg sovrapponibile a quella della veglia (attività desincronizzata), dalla caduta del tono muscolare e dalla comparsa di movimenti oculari rapidi (rapid eye movements, locuzione da cui deriva l'acronimo rem). Nell'uomo, il sonno non-REM è ulteriormente suddivisibile in quattro stati, ordinati con numeri romani (I-IV) secondo il criterio della profondità crescente. L'elettroencefalogramma vide ufficialmente la luce nel 1929 grazie alla dimostrazione, da parte di H. Berger, della possibilità di registrare l'attività elettrica dalla corteccia cerebrale dell'uomo applicando degli elettrodi sulla teca cranica. I fondamenti di questo lavoro furono forniti, in via diretta, da esperimenti condotti sull'animale da G. Fritsch ed E. Hitzig che, nel 1870, dimostrarono che era possibile stimolare elettricamente la corteccia cerebrale, e da R. Caton che, nel 1875, fu in grado di registrare dalla stessa delle variazioni di potenziale. Un importante contributo indiretto si dovette all'avanzamento delle tecniche della registrazione bioelettrica introdotto, nell'ambito dell'elettrocardiografia, da W. Eindhoven tra fine '800 e primo '900. Tuttavia, il merito di Berger andò oltre l'aspetto tecnico, perché egli intraprese un vero studio sistematico dell'attività elettrica cerebrale nell'uomo, che fu limitato soltanto dall'idea errata, ma comprensibile data la sua formazione psichiatrica, di poter utilizzare I'eeg per lo studio dei disturbi mentali. La registrazione eeg fu accettata dalla comunità scientifica soltanto dopo che E. Adrian e B. Matthews, nel 1934, confermarono le osservazioni di Berger. Questo ritardo può essere spiegato solo a partire da considerazioni di carattere filosofico e di sociologia della scienza. Per quanto concerne la filosofia, ci limiteremo a osservare che si incontreranno due atteggiamenti fondamentali, ma non necessariamente contrapposti: l'uno, «riduzionista», caratterizzato dal tentativo di risolvere i fenomeni complessi nei loro elementi costitutivi più semplici, e l'altro, non riduzionista, caratterizzato dal tentativo di interpretare la complessità facendo riferimento all'interazione di sistemi operanti secondo leggi che non coincidono con quelle che governano i loro elementi costitutivi più semplici. Anche per la sociologia si danno due situazioni principali: la prima concerne il fatto che alcune scoperte fondamentali sono effettuate per caso, un evento che descriveremo con la metafora, utilizzata da R. Merton, della serendipità, mentre la seconda concerne l'atteggiamento normalmente conservatore della comunità degli scienziati che definiremo, parafrasando Th. Kuhn, «contesto paradigmatico».

La visione prevalente dei ricercatori che, all'epoca, si occupavano dei meccanismi della funzione nervosa era di tipo riduzionista (la «linea analitica della neurofisiologia») e Adrian ne era un cultore di successo, perché l 'analisi della codificazione nervosa dell'informazione sensoriale, condotta con questi criteri, lo aveva portato nel 1932 al premio Nobel. Egli non si era interessato all'EEG per via del sonno, un campo considerato impraticabile dai neurofisiologi dell'epoca, ma perché esso era modificato dall'attività sensoriale. Fu però un neurofisiologo, F. Bremer, a introdurre I'eeg nel campo dell'indagine ipnica, per saggiare l'ipotesi che il sonno fosse causato da un blocco funzionale dell'informazione sensoriale afferente alla corteccia cerebrale. Questa possibilità, avanzata da diversi studiosi, era stata sistematizzata in una formulazione chiara da N. Kleitman (1929). Bremer effettuò due sezioni chirurgiche negli anni 1935-36: la prima, che separava la massa cerebrale dalla restante parte più filiforme del sistema nervoso centrale (tronco dell'encefalo e midollo spinale); la seconda, che separava soltanto il midollo spinale dal cervello e tronco dell'encefalo lasciati, invece, uniti. In questo modo, l'informazione sensoriale che raggiungeva la corteccia cerebrale era, nel primo preparato, veicolata soltanto dai nervi cranici olfattivo e ottico e, dunque, assai ridotta rispetto al secondo preparato, che aveva tutti i nervi cranici intatti. Bremer mostrò che l'attività eeg del primo preparato era caratterizzata da una sincronizzazione continua, ovvero da un tracciato che si riteneva rappresentare uno stato permanente di sonno (occorre rammentare che all'epoca non era stato ancora scoperto il sonno rem), mentre I'eeg del secondo preparato mostrava che periodi di veglia si alternavano normalmente con quelli di sonno. Così si concluse che il problema fisiologico del sonno riguardasse la veglia, nel senso che il passaggio dall'una all'ai tro sembrava semplicemente determinalo dalla riduzione dell'afflusso di informazione sensoriale alla corteccia cerebrale. Questi studi sembravano provare che anche la ricerca sul sonno potesse percorrere la linea analitica della neurofisiologia, in quanto l'origine passiva della fenomenologia ipnica richiedeva soltanto di determinare il meccanismo con il quale si inibiva ciclicamente il flusso dell'informazione sensoriale, senza che fosse necessario affrontare le ambiguità dell'osservazione comportamentale. Il primo passo in questa direzione sarà compiuto da G. Moruzzi e H. Magoun che, nel 1949, osservarono che la stimolazione elettrica di un insieme di cellule nervose, localizzato nelle zone centrali del tronco dell'encefalo (formazione reticolare), faceva comparire un tracciato eeg di veglia. Essi ipotizzarono che il sistema reticolare ricevesse stimoli collaterali dalle vie di senso specifiche e che questa informazione fosse trasmessa ai nuclei talamici che proiettavano diffusamente a tutta la corteccia cerebrale, un'anticipazione brillante che sarebbe poi stata confermata da studi susseguenti. Il lavoro confermava d'un sol colpo l'ipotesi dell'origine passiva del sonno, alla quale offriva la struttura del meccanismo responsabile della deafferentazione funzionale della corteccia. Questo risultato costituisce un primo esempio di serendipità, perché Moruzzi e Magoun volevano studiare l'attività inibitoria del cervelletto sulla corteccia motoria e, per questo, decisero di stimolare la formazione reticolare ritenendola una stazione importante dell'effetto cerebellare; l'eeg, il cui uso Moruzzi conosceva bene perché aveva lavorato con Bremer, fu utilizzato per seguire gli effetti della stimolazione diretta della corteccia cerebrale effettuata tramite l'applicazione diretta di una sostanza chimica.

In direzione diversa lavorarono invece K. von Economo e W. Hess. Von Economo era un valente neuropsichiatra che praticava eccezionalmente bene anche la neuroanatomia normale e patologica. Durante la pandemia di encefalite del periodo 1917-27, egli descrisse le tre forme fondamentali della malattia e osservò che i sofferenti di due di esse erano affetti da letargia o insonnia. A questi sintomi corrispondevano lesioni cerebrali localizzate, rispettivamente, nella parte posteriore e anteriore della giunzione tra massa cerebrale e tronco dell'encefalo, una zona appartenente a due aree più vaste, chiamate prosencefalo basale e diencefalo. Von Economo ipotizzò che l'area nervosa delimitata dalle lesioni agisse come un centro regolatore del sonno e, per spiegarne il funzionamento, si rifece alla teoria delle ipnotossine che H. Piéron aveva esplicitato, sulla base di un esteso programma di ricerca sperimentale, in un libro, straordinario per completezza e profondità, pubblicato nel 1913. La teoria sosteneva che le cellule nervose, affaticate dall'attività di veglia, potessero produrre sostanze tossiche responsabili dell'attivazione di un meccanismo inibitore nervoso che, agendo sui centri cerebrali superiori, induceva il sonno. Hess invece si imbatté nel sonno lungo la via che lo aveva portato a studiare la localizzazione del controllo centrale dell'attività del sistema nervoso autonomo, cui si era interessato per spiegare le variazioni del flusso sanguigno periferico. Dagli anni '20 ai '40 del secolo scorso egli affrontò questo problema stimolando elettricamente punti precisi del diencefalo, che si conosceva essere coinvolto nelle regolazioni autonomiche, nell'animale libero di muoversi. Hess notò che la stimolazione elettrica della zona intermedia della parte centrale del diencefalo (il talamo) suscitava, dopo un certo tempo dalla cessazione dello stimolo, un sonno fisiologico preceduto dagli atteggiamenti preparatori tipici (egli filmava accuratamente gli eventi comportamentali, ma non registrò mai un eeg). L'interpretazione che egli diede fu che il sonno rappresentasse una funzione della parte autonomica del sistema nervoso, regolante la cosiddetta «vita vegetativa», che inibiva attivamente la parte cerebrospinale responsabile della cosiddetta «vita di relazione» (percezione e movimento volontario). Nel loro complesso, questi risultati erano in contrasto con quelli di Bremer e di Moruzzi e Magoun, in quanto il diencefalo, collocato nella massa cerebrale, si trova al di sopra dei confini della formazione reticolare e della sezione troncoencefalica che dava sonno permanente. Tuttavia, le osservazioni di Hess implicavano anche che il sonno fosse un fenomeno attivo, indipendente dalla deafferentazione sensoriale. Lo studio della localizzazione nervosa delle regolazioni autonomiche si trovava all'interno della linea analitica della neurofisiologia (Hess ricevette per questo il premio Nobel nel 1949), ma da questa vennero espunti i risultati concernenti il sonno, a causa dell'atteggiamento di un contesto paradigmatico che non era ancora disponibile ad accettare il rovesciamento del punto di vista che, nella veglia e nel sonno, fossero le funzioni della vita di relazione a prevalere su quelle della vita vegetativa. Benché fosse noto da molto tempo che il sonno era accompagnato da modificazioni dell'attività autonomica, queste ultime erano considerate semplici correlati fenomenici privi di ogni nesso causale. Muovendo nel solco francese della fisiologia tracciato da C. Bernard, Hess attribuiva al sistema nervoso autonomo la funzione di preservare la costanza del milieu intérieur dell'organismo, che egli considerava essere alla base del buon funzionamento degli apparati preposti alla vita di relazione. Al contesto paradigmatico sfuggi anche il fatto che veniva rappresentato, in altra forma, lo stesso principio teleologico che W. Cannon stava contemporaneamente utilizzando per definire l'omeostasi. L'era moderno-contemporanea della ricerca sul sonno, aperta con la prova della teoria della deafferentazione passiva della corteccia cerebrale, proseguì con la sua smentita fornita da tre diversi approcci: due scaturirono dalla linea analitica della neurofisiologia, mentre il terzo si sviluppò al di fuori di essa. La prima prova contraria fu fornita dalla stessa scuola di Moruzzi, nel 1958, con un lavoro che indicava come la formazione reticolare della parte più caudale del tronco dell'encefalo (il midollo allungato) potesse indurre attivamente la sincronizzazione corticale propria del sonno fisiologico. La seconda fu fornita, nel 1962, da J. Villablanca che dimostrò che quando si lasciava recuperare abbastanza a lungo un animale sottoposto alla prima sezione cerebrale di Bremer, lo stato di sonno permanente veniva sostituito dall'alternarsi ciclico di periodi di veglia e di sonno. La terza smentita scaturì - secondo esempio di serendipità - da uno studio della fenomenologia ipnica effettuato sull'uomo, nel 1953, da E. Aserinsky e N. Kleitman.' Essi, seguendo l'iniziale intenzione di studiare i movimenti oculari nel sonno, riscontrarono che questi assumevano un andamento rapido in concomitanza di un tracciato eeg che, nonostante i soggetti dormissero, era simile a quello della veglia. Il dato venne pubblicato, in forma di nota breve, da una rivista prestigiosa e di orientamento generale come «Science», ma la versione più estesa del lavoro fu rifiutata dal giornale specialistico cui era stata inviata. Ancora una volta, il contesto paradigmatico non sembrò pronto a riconoscere la novità rappresentata dall'esistenza di una fase di sonno fisiologico che non si esprimesse con un eeg sincronizzato. Questa resistenza non si piegò nemmeno quando, nel 1958, W. Dement confermò nell'animale l'osservazione originale di Aserinsky e Kleitman: il lavoro fu pubblicato da una rivista specialistica che lo rifiutò per cinque volte, per pubblicarlo, infine, in una versione in cui si specificava che con i riferimenti alla desincronizzazione eeg non si intendeva definire un nuovo stato ipnico. Dovette trascorrere circa un decennio affinché la nuova fase del sonno venisse accettata come tale e questo avvenne sia per l'intervento diretto della linea analitica della neurofisiologia, sia per alcune osservazioni che quest'ultima trattava con riserva perché, svolte nell'uomo, non potevano derivare direttamente dall'esperimento. La linea analitica fu avviata, nel 1959, da M. Jouvet, che aveva lavorato con Magoun. Mentre studiava i meccanismi della riduzione dell'attenzione durante il condizionamento sensoriale con la registrazione sia deU'EEG, sia dell'attività di altre strutture nervose, Jouvet notò - terzo esempio di serendipità - che i periodi di desincronizzazione corticale descritti da Dement erano accompagnati da una caduta del tono muscolare e dalla comparsa di attività bioelettriche ritmiche nell'ippocampo e nel tronco dell'encefalo. Egli mostrò subito che queste ultime potevano essere periodicamente registrate dal romboencefalo (la parte del tronco dell'encefalo costituito da ponte e midollo allungato) separato dal resto del sistema nervoso centrale e ipotizzò che, al sonno tradizionale con eeg sincronizzato, se ne dovesse aggiungere un altro tipo, caratterizzato da una specifica attività romboencef alica e dall'EEG desincronizzato. Una caratteristica importante della nuova fase di sonno emerse nel 1960, quando Dement mostrò che la sua privazione selettiva induceva, nell'uomo, un successivo recupero. Dement defini questo sonno come dream sleep, ma furono F. Snyder e collaboratori (1963) a introdurre il termine di «sonno rem» mentre, nel 1965, Jouvet coniò quello di «sonno paradossale» e, nel 1966, il suo laboratorio confermò che il sonno rem era recuperato, dopo privazione, anche nell'animale.

Come si può notare, per quanto profondamente trasformata dagli eventi descritti, l'indagine sul sonno rimaneva radicata a meccanismi localizzabili entro il sistema reticolare troncoencefalico. Tuttavia, si manifestarono in quegli anni i primi segni della fase contemporanea della ricerca. Intanto, l'osservazione umana condotta sistematicamente fece muovere i primi passi alla medicina del sonno. Per esempio, nella prima metà degli anni '60 fu notato che la nar-colessia, un disturbo ben conosciuto dai neurologi, si associava a una comparsa anticipata del sonno rem e venne descritto il manifestarsi di episodi di apnea associati al sonno nei grandi obesi. Contemporaneamente, la linea analitica della neurofisiologia forni alcuni dati che estendevano i circuiti del controllo ipnico al di là del tronco dell'encefalo. Nel 1962, M. Sterman e C. Clemente dimostrarono che la stimolazione di una zona circoscritta (area preottica), collocata nella parte anteriore delle regioni del diencefalo e prosencefalo basale, induceva un sonno fisiologico. Infine, nel 1967, ancora per l'intervento della serendipità, P. L. Parmeggiani, che aveva lavorato a Zurigo nel solco di Hess, aggiunse un'osservazione che nacque dall'intenzione di indurre la privazione di sonno con un mezzo naturale, come il cambiamento della temperatura ambientale. In questa condizione, egli inaspettatamente osservò come la comparsa del sonno rem coincidesse con l'abolizione delle risposte termoregolatorie specifiche: il brivido, a bassa temperatura e la polipnea termica, a temperatura elevata. Parmeggiani ipotizzò che l'abolizione della termoregolazione costituisse il segno di una modificazione dell'attività integratrice delle strutture nervose che controllano l'omeostasi termica (l'ipotalamo anteriore e la regione preottica). In questo modo si venne a configurare un avanzamento della visione di Hess sulla regolazione vegetativa del sonno, perché gli episodi di sonno rem si caratterizzavano per una riorganizzazione dell'attività del centro di governo vegetativo, di natura tale da porre in crisi il mantenimento dell'omeostasi corporea.

Il passaggio tra l'aspetto moderno e quello contemporaneo della ricerca concernente il sonno non è caratterizzato da accadimenti così netti come quelli citati in precedenza, ma si estende con continuità durante gli anni '70-80 del secolo scorso. Questo transito è idealmente marcato dalla pubblicazione di tre rassegne: di Moruzzi e Jouvet, nel 1972, che rispettivamente consideravano il sonno come un istinto sostenuto dall'attività della formazione reticolare, a sua volta influenzata da una più vasta rete di circuiti nervosi, ovvero l'espressione di eventi cellulari biochimici innescati da una classe di neurotrasmettitori definiti chimicamente come monoamine; di Parmeggiani, nel 1980, che equiparava il valore euristico della fenomenologia somatica del sonno (dipendente dalla parte di sistema nervoso responsabile della vita di relazione) a quello della fenomenologia vegetativa (dipendente dalla parte autonomica del sistema nervoso), unificandole sul piano dell'interpretazione integrativa delle regolazioni omeostatiche dell'organismo.

I temi suaccennati sono oggi compresi nell'ambito più vasto delle neuroscienze, che costituisce l'unificazione tematica delle discipline che hanno per oggetto il sistema nervoso; di questo ambito essi costituiscono un nucleo interno, derivato dalla linea analitica della neurofisiologia, ma che ora è rivisto sia sul piano riduzionista dell'indagine molecolare, sia su quello, non riduzionista, dell'acquisizione e analisi di una grande quantità di dati osservativi, resa possibile dagli sviluppi dell'elettronica e dell'informatica. E’ sul terreno molecolare che viene condotta l'analisi della struttura dei circuiti " nervosi che appaiono responsabili del controllo ipnico, ed è su quello osservativo che la medicina del sonno analizza le alterazioni di organi o apparati, come quello respiratorio e cardiocircolatorio, che richiedono l'ingresso in campo di specialisti diversi. Un altro aspetto fondamentale della ricerca contemporanea è dato dal manifestarsi di interpretazioni sintetiche dei risultati generati da questi due approcci scientifici. Un brillante esempio di queste possibilità è stato fornito dalla prova che una sindrome abbastanza rara, come l'insonnia familiare fatale, sia una malattia da prioni. A ben guardare, ciò avviene grazie all'approccio della biologia moderna, che è caratterizzata dal grande potere unificatore che sorge dal poter mostrare come fenomeni, macroscopicamente descritti come diversi, siano in realtà sottesi da meccanismi molecolari identici. Come esempio si può citare il fatto che l'osservazione fenomenica del ciclo veglia/sonno di mammiferi e uccelli viene oggi trascinata, dalla genetica molecolare, verso il piano dell'equivalenza funzionale con il ciclo attività/riposo di organismi molto più semplici come quelli degli insetti. In conclusione, la ricerca contemporanea appare caratterizzata da grande operosità, ma, nonostante ciò, siamo ancora lontani dall'aver delucidato i meccanismi o le funzioni del sonno. Questo sembra implicare che a essere ancora inadeguata non sia l'indagine specifica, ma, più semplicemente, la conoscenza dei processi fondamentali della funzione nervosa.

GIOVANNI ZAMBONI