Recettori |
I recettori sono parte integrante di ogni tipo di comunicazione intercellulare, sia essa di tipo autacrino, paracrino, endocrino o, nel caso del sistema nervoso, sinaptico. Il recettore non solo è in grado di riconoscere e legare con elevata affinità la molecola informazionale (detta anche «primo messaggero») ma, attraverso modificazioni confor-mazionali della sua struttura molecolare, anche di innescare, direttamente o indirettamente, una risposta biologica nella cellula ricevente. In base alla loro localizzazione sottocellulare, i recettori si dividono in recettori di membrana e recettori intracellulari. I recettori intracellulari sono i bersagli molecolari di molecole liposolubili (come gli ormoni steroidei o gas come l'ossido di azoto) che attraversano liberamente le membrane cellulari. I recettori per tali molecole possono essere enzimi citosolici (come a guanilato ridasi nel caso dell'ossido di azoto) o fattori di trascrizione (come nel caso degli ormoni tiroidei e steroidei) che modulano direttamente i processi di trascrizione genica. I recettori di membrana sono invece «antenne molecolari» in grado di captare e legare ligandi idrosolubili presenti nel liquido extracellulare e hanno la funzione di transdurre il messaggio veicolato dal ligando in una risposta biologica. Il tessuto nervoso, essendo specializzato nella trasmissione ed elaborazione delle informazioni, possiede concentrazioni di recettori e sistemi di trasduzione intracellulare di diversi ordini di grandezza superiori a quelli di altri tessuti. Anche se i messaggeri liposolubili svolgono un ruolo importantissimo sia nello sviluppo, sia nei sistemi di segnalazione intercellulare del sistema nervoso, lo sviluppo di una forma altamente specializzata di comunicazione intercellulare quale la trasmissione sinaptica, che utilizza come messaggeri extracellulari neurotrasmettitori di tipo idrosolubile, ha portato a un enorme sviluppo e complessità dei recettori di membrana a livello dei contatti sinaptici. La varietà dei recettori per i neurotrasmettitori aumenta ulteriormente la complessità dello scambio di segnali attraverso le sinapsi. Non solo, infatti, sono stati identificati recettori per ciascuno dei numerosi neurotrasmettitori utilizzati dai neuroni, ma in pressoché tutti i casi per ciascun neurotrasmettitore sono stati identificati multipli tipi di recettori capaci di evocare risposte biologiche distinte in seguito al legame con la medesima molecola trasmettitoriale. Pertanto si può pensare che l'informazione che viene trasferita a livello sinaptico non sia codificata esclusivamente nella struttura del neurotrasmettitore, ma dipenda dall'accoppiamento specifico fra trasmettitore e sottotipo di recettore e dall'espressione fenotipica di specifici effettori da parte della cellula bersaglio. L'esistenza di recettori per neurotrasmettitori era stata ipotizzata da C. Bernard, nel 1857, nel corso degli esperimenti sull'azione del curaro. L'osservazione che il curaro paralizzava il muscolo attivato dal moto-neurone, ma non impediva la contrazione evocata dalla stimolazione elettrica diretta della fibra muscolare, suggeriva non solo che la trasmissione neuromuscolare avvenisse con l'intervento di una sostanza chimica simile al curaro, ma che il curaro stesso interferisse con il riconoscimento di tale sostanza endogena. Nel 1907, il fisiologo inglese J. Langley introdusse il concetto di molecole recettoriali per spiegare le specifiche azioni di sostanze chimiche sulle cellule nervose e muscolari. Nel 1948 R. Ahlquist, per spiegare le azioni distinte delle catecolamine nei vari tessuti, postulò l'esistenza di sottotipi recettoriali che, pur riconoscendo le stesse molecole, generassero diverse azioni biologiche. La ricerca sui recettori è in grande espansione, anche perché sono bersagli preferenziali della terapia farmacologica che si avvale di agonisti recettoriali, ossia di molecole che si legano al recettore e mimano l'effetto del trasmettitore endogeno, o di antagonisti recettoriali che si legano al sito re-cettoriale non inducendo alcuna risposta biologica, ma impedendo al trasmettitore endogeno di attivare il recettore. Il legame del neurotrasmettitore al suo recettore può generare una risposta immediata (come una variazione nel potenziale di membrana dovuta a una corrente ionica attraverso un canale) o coinvolgere l'avviamento di attività enzimatiche che mettono in azione messaggeri intracellulari detti «secondi messaggeri» (come Pamp ciclico o il calcio), i quali a loro volta possono attivare cascate enzimatiche di fosforilazione proteica («terzi messaggeri») che esitano nella modulazione ad ampio raggio di tutte le attività della cellula, ivi incluse variazioni nei processi di trascrizione genica. Mentre le risposte elettriche possono o meno evolvere verso un potenziale d'azione propagato, le risposte metaboliche generano effetti funzionali o strutturali che, con una cinetica temporale più lenta, sono in grado di modificare l'attività dei circuiti nervosi. Il trasferimento delle informazioni nelle reti nervose corrisponde, quindi, a un incessante numero di trasformazioni tra codice elettrico e codice chimico di comunicazione nervosa. Fin dalla fase di sviluppo che precede la formazione delle sinapsi, i neuroni hanno recettori di membrana che saggiano l'ambiente extracellulare e governano i processi di crescita direzionale dell'assone. Una volta stabilite le connessioni sinaptiche, la liberazione di neurotrasmettitore e fattori trofici induce il differenziamento dell'area post-sinaptica con la comparsa e la concentrazione di recettori per il neurotrasmettitore. Tali recettori sono mantenuti in loco da una complessa rete di interazioni proteiche intracellulari (proteine scaffold) che saldano, in stretti rapporti di contiguità, i domini intracellulari dei recettori e delle proteine deputate alla trasduzione del segnale e che ancorano tali complessi multimolecolari al citoscheletro di actina che forma il mantello corticale sotto il neurolemma. Mentre i recettori postsinaptici sono deputati al riconoscimento e trasduzione del messaggio codificato dal neurotrasmettitore in una risposta postsinaptica di tipo elettrico e/o metabolico, esistono recettori anche sulle terminazioni presinaptiche. Tali recettori possono essere «autorecettori», ovvero essere deputati al riconoscimento dello stesso neurotrasmettitore liberato dal neurone con la funzione di limitarne la secrezione in caso di eccessive concentrazioni nei vallo sinaptico, o «eterorecettori», ovvero recettori per altri neurotrasmettitori liberati da sinapsi asso-assoniche o diffusi per via paracrina con funzioni modulatone sul rilascio di neurotrasmettitore evocato dal potenziale d'azione. I recettori sinaptici possono essere suddivisi in due superfamiglie, in funzione della struttura del recettore e dell' accoppiamento tra riconoscimento del neurotrasmettitore e risposta biologica. La prima superfamiglia è quella dei recettori ionotropici (recettori-canale o canali ionici ligando-dipendenti), nei quali la stessa macromolecola deputata al riconoscimento è essa stessa un canale ionico che si apre in funzione del legame del neurotrasmettitore. L'altra superfa-miglia è quella dei recettori metabotropici (o recettori accoppiati a proteina G, gpcr), in cui il recettore è solo la prima parte di una serie coordinata di molecole che conducono all'attivazione finale di un effettore, sia esso un canale ionico o un enzima. Un terza superfamiglia è rappresentata dai recettori per i fattori di crescita (che tuttavia non possono essere considerati neurotrasmettitori in senso stretto) accoppiati ad attività tirosina cinasica. I membri di queste superfamiglie, specifici per i vari tipi di neurotrasmettitore o fattori di crescita, mostrano una sostanziale omologia di struttura e si ritengono derivati da un progenitore comune. I recettori ionotropici mediano gli effetti rapidi elettici dei neurotrasmettitori sui neuroni postsinaptici. La struttura archetipica di questo recettore-canale corrisponde a quella di un etero-oligomero formato di distinte sottounità, ognuna delle quali è una proteina integrale di membrana con multipli domini transmembrana, un dominio extracellulare e uno intracellulare. Tutte le sottounità partecipano a delimitare il canale per il passaggio degli ioni e almeno una di esse presenta nel dominio extracellulare un sito di legame per il neurotrasmettitore. In questi recettori-canale, il legame del neurotrasmettitore attiva una variazione conforma-zionale che apre il canale rendendolo permeabile agli ioni. Rispetto ai canali ionici voltaggio-dipendenti (come quelli coinvolti nella genesi del potenziale d'azione) che sono assolutamente selettivi per una sola specie ionica, i canali ligando-dipendenti hanno una selettività assoluta per la carica dello ione (e pertanto possono essere suddivisi in canali cationici e canali anionici), ma una bassa selettività per il tipo di ione. Esistono quindi canali cationici per ioni sodio e potassio (come i canali nicotinici per l'acetilcolina, i canali di tipo non-NMDA per il glutammato o i canali 5HT, per la serotonina) la cui apertura determina, in condizioni di riposo, un effetto eccitatorio (corrente depolarizzante), e canali anionici per lo ione cloro (come i recettori per gaba e glicina), la cui apertura determina un effetto inibitorio (corrente iperpolarizzante) nella cellula postsinaptica. Gli effetti di questi canali sono rapidi e consistono in una depolarizzazione (canali cationici) o in una iperpolarizzazione (canali anionici) del potenziale di membrana del neurone postsinaptico detti potenziali postsinaptici rispettivamente eccitatori o inibitori. Nel sistema nervoso centrale, dove ciascun neurone riceve migliaia di sinapsi, il singolo potenziale postsinaptico è di piccola ampiezza (in genere inferiore a 0,5 mV) e in nessun caso riesce a raggiungere la soglia per scatenare un potenziale d'azione. Da un punto di vista strutturale ed evoluzionistico, i recettori ionotropici possono essere suddivisi in due principali famiglie: quella dei recettori nicotinici e quella dei recettori per il glutammato. La prima famiglia, i cui membri comprendono tutti i tipi di recettori nicotinici per l'acetilcolina, i recettori ionotropici per gaba e serotonina e i recettori per la glicina, origina da due canali ancestrali (uno anionico e uno cationico) che durante l'evoluzione hanno mantenuto alcune caratteristiche strutturali comuni quali la struttura eteropentamerica costituita da monomeri con quattro domini transmembrana. In genere due delle cinque sottounità sono identiche e possiedono un sito di legame per il neurotrasmettitore nel dominio extracellulare. La famiglia dei recettori ionotropici del glutammato comprende due principali canali cationici, i recettori non-NMDA, permeabili a cationi monovalenti (Na+ eK+) e i recettori nmda permeabili oltre che a Na+ e K+ anche al Ca²+. Questi recettori sono composti da quattro sottounità, ciascuna delle quali in grado di legare il glutammato in corrispondenza di un lungo dominio ammino-terminale extracellulare. I recettori per il glutammato di tipo nmda meritano un discorso a parte, essendo contemporaneamente canali ligando- e voltaggio-dipendenti con effetti sia ionici che metabolici. Tali recettori non sono in grado di rispondere al glutammato in condizioni di riposo, in quanto il loro canale è bloccato da uno ione magnesio. Solo se il glutammato agisce in presenza di una depolarizzazione della cellula postsinaptica che allontana lo ione magnesio, il canale si può aprire, permettendo l'ingresso di calcio e la conseguente depolarizzazione e attivazione di una serie di enzimi calcio-dipendenti quali proteina cinasi o sintasi dell'ossido di azoto. Si comprende quindi il comportamento ibrido di questo canale, che viene attivato dalla coincidenza di liberazione di glutammato e depolarizzazione (coincidence detector) e, una volta attivato, provoca sia effetti ionici che metabolici nella cellula postsinaptica. Le caratteristiche pleiomorfe di questo canale lo rendono un cardine centrale fra trasmissione sinaptica, attività elettrica, attività metaboliche e regolazione dei processi di trascrizione genica nei neuroni. Un'influenza così profonda sulle attività neuronali giustifica il coinvolgimento di questo recettore in processi quali plasticità sinaptica, memoria a breve e lungo termine, morte e sopravvivenza neuronale. La stechiometria e il tipo di sottounità che compongono il recettore canale è regolata durante lo sviluppo e influenza la permeabilità e la cinetica di apertura del canale. Così, ad esempio, il recettore nicotinico presente nel muscolo scheletrico embrionale è composto dalle sottounità (α)2βγδ ed è caratterizzato da un lungo tempo di apertura e da una bassa conduttanza, mentre nel muscolo maturo la sottounità γ è sostituita dalla sottounità e, generando un canale con un più rapido tempo di apertura e una maggiore conduttanza. Fenomeni analoghi sono stati osservati anche a carico di altri recettori canale di ambedue le famiglie recettoriali. Oltre che a differenti stadi di sviluppo, recettori-canale con distinta composizione in sottounità sono spesso localizzati in aree cerebrali distinte. I recettori accoppiati a proteine G (recettori metabotropici) rappresentano la terza pili grande famiglia di geni presenti nel genoma umano e sono attivati da agenti molto diversi quali fotoni, neurotrasmettitori, neu-ropeptidi e ormoni. Storicamente, il termi ne metabotropico venne coniato per indica re la produzione di metaboliti intracellulari in seguito all'attivazione del recettore. I recettori metabotropici sono complessi multi merici in cui una molecola (il recettore propriamente detto) è deputata al riconoscimento e legame del neurotrasmettitore, mentre una proteina G ha il compito di transdurre l'attivazione recettoriale nell'attivazione di una serie di possibili effettori cellulari. Quando il recettore viene attivato, questo a sua volta provoca l'attivazione della proteina G che, rimanendo attiva per un certo tempo, stimola una serie di effettori specifici tra cui vi sono enzimi e canali ionici. La molecola del recettore, che ha come capostipite la rodopsina, è caratterizzata da sette domini transmembrana (recettori a serpentina), da una coda ammino-terminale extracellulare, una coda carbossi-terminale intracellulare e tre anse citoplasmatiche delle quali l'ultima è funzionalmente importante nell'associazione con la proteina G. Questa topologia di struttura è sostanzialmente conservata in tutti i recettori metabotropici, pur con variazioni nella lunghezza e nella sequenza delle code e delle anse. Il neurotrasmettitore viene legato in siti diversi a seconda del recettore considerato. Nel caso dei fotoni (rodopsina), delle ammine (dopa-mina, noradrenalina, serotonina, istamina) e dell'acetilcolina, alcune (in particolare modo la III e la V) o tutte le regioni idrofobiche transmembrana partecipano a formare una tasca situata nella metà esterna dello spessore della membrana capace di legare il neuro trasmettitore. Nel caso invece degli amminoacidi o dei peptidi, il legame coinvolge i domini extracellulari del recettore, soprattutto la lunga estremità ammino-terminale. Il legame del neurotrasmettitore con il recettore innesca una variazione conforma-zionale che si trasmette tramite la III ansa citoplasmatica alla proteina G. Le proteine G associate ai recettori metabotropici sono proteine formate da tre sottounità, denominate rispettivamente αβγ. Anche se le sottounità βγ, che rimangono sempre associale tra loro, sono in grado di trasmettere il segnale, la sottounità α è la componente che dà specificità alla via di trasduzione e che ha le caratteristiche funzionalmente più importanti della proteina G. Tale sottounità possiede sia la capacità di legare il gtp, sia dì idrolizzarlo ad opera di un'attività GTPasica intrinseca. Questo meccanismo rappresenta un efficiente sistema di accensione/spegnimento temporizzato della proteina G che si attiva in seguito al legame del STP (che prende il posto del gdp residuo) e rimane attiva fino a quando il gtp non viene idrolizzato. Quando il recettore non è attivato, la sottounità α è legata al gdp ed è strettamente associata alle sottounità βγ in un eterotrimero inattivo. In seguito al legame del neurotrasmettitore, il recettore promuove lo scambio gtp-gdp a livello della sottounità a, seguito dalla dissociazione della proteina G dal recettore e delle sottounità βγ dalla sottounità α. Sia la sottounità α che le sottounità βγ interagiscono con una serie di effettori cellulari, attivandoli a ripetizione fino a quando l'attività GTPasica non « spegne» la sottounità a idrolizzando il GTP e facendola riassociare con le sottounità βγ in un trimero inattivo. Questo ciclo, che determina una notevole amplificazione del segnale veicolato dal neurotrasmettitore, è reso più efficiente da proteine accessorie con attività catalitiche che facilitano il legame del gtp alla proteina G o che stimolano l'attività GTPasica. Tra gli effettori, oltre a canali ionici per calcio e potassio, vi sono numerosi enzimi coinvolti nelle cascate di segnalazione cellulare che includono adenilato ciclasi, losfodiesterasi, fosfolipasi C, ecc. La specificità delle proteine G dipende dal tipo di sottounità α: si conoscono proteine Gs con attività stimolante l'adenilato ciclasi, Gi con attività inibente l'adenilato ciclasi, o Gq con attività stimolante la fosfolipasi C. Alcune di queste proteine G sono bersaglio di alcune tossine batteriche come la tossina colerica che modifica covalentemente la proteina Gs in uno stato costitutivamente attivo o la tossina della pertosse che modifica le proteine Gi/q in una forma costitutivamente inattiva. Il numero e l'attività dei recettori non sono costanti nel tempo, ma possono essere finemente regolati dalla cellula postsinaptica che può divenire sovrasensibile al neurotrasmettitore nel caso di un suo diminuito rilascio (supersensibilità da denervazione) o, al contrario, può divenire refrattaria al neurotrasmettitore in caso di una sua concentrazione eccessiva e persistente nel vallo sinaptico. La desensitizzazione è un fenomeno comune a molti sistemi biologici e assume un rilievo particolare nel caso dei recettori. La desensitizzazione recettoriale consiste nella perdita parziale o totale della capacità di rispondere al ligando specifico (desensitizzazione omologa). Questo fenomeno interessa sia i recettori ionotropici che quelli metabotropici, anche se con meccanismi diversi. In linea di principio, la densensitizzazione può coinvolgere variazioni nel numero assoluto di recettori esposti sulla membrana (e quindi variazioni o nella loro espressione o nel loro turnover; downregulation) o variazioni nell'efficienza di legame o di trasduzione del segnale. Nel caso dei recettori ionotropici, la desensitizzazione consiste nella diminuita capacità di rispondere al ligando con la variazione conformazionale responsabile dell'apertura del canale ionico ed è ascrivibile a variazioni postraduzionali che coinvolgono la fosforilazione dei domini intracellulari delle varie sottounità da parte di specifiche proteine cinasi. Nel caso dei recettori metabotropici, la desensitizzazione può agire a multipli livelli: può comportare perdita di affinità per il ligando, riduzione dell'attivazione della proteina G o diminuzione del numero dei recettori esposti sulla membrana. In particolare, i recettori metabotropici possono venire fosforilati nella coda carbossi-terminale da specifiche cinasi dette grk (o cinasi per i gpcr) solo quando il recettore è occupato dal ligando. L'attivazione e il reclutamento di queste cinasi avviene probabilmente da parte delle sottounità βγ rilasciate dalla proteina G attivata e la fosforilazione del recettore determina una diminuita affinità per il ligando, il disaccoppiamento funzionale con la proteina G e, in tempi più lunghi, l'endocitosi del recettore (down regulation). Il recettore che viene internalizzato entra a far parte di un pool intracellulare endosomale nel quale può avere diversi destini funzionali: può, con il proprio dominio citoplasmatico, interagire con proteine intracellulari e attivare vie di trasduzione del segnale, può essere destinato alla degradazione lisosomiale o può ritornare a essere esposto sulla membrana cellulare. Quest'ultimo evento configura il fenomeno del riciclaggio recettoriale tra il pool di membrana e il pool intracellulare che rappresenta un efficientissimo meccanismo attraverso il quale la cellula postsinaptica può regolare rapidamente il numero dei recettori esposti e quindi la sua risposta alla liberazione di neurotrasmettitore. Un altro meccanismo di regolazione che coinvolge i recettori metabotropici è rappresentato dalla formazione di omodimeri e/o eterodimeri tra recettori diversi presenti sulla stessa membrana che presenterebbero proprietà di attivazione delle proteine G diverse rispetto al recettore monomerico. L'attivazione di un recettore da parte del proprio ligando può infatti alterare la risposta di un secondo tipo di recettore per il proprio ligando configurando un meccanismo di integrazione postsinaptica dei messaggi veicolati da neurotrasmettitori diversi. Questo meccanismo di eteroregolazione può avvenire sia in conseguenza di una variazione confor-mazionale del recettore sia a livello delle interazioni con le proteine G. Una famiglia relativamente indipendente di recettori di membrana riguarda i recettori per i fattori di crescita e le citochine. Questi recettori sono accoppiati ad attività tiro-sina cinasica intracellulare che attiva cascate di trasduzione del segnale legate all'attivazione di mitogen-associated kinases la cui funzione è quella di fosforilare fattori di trascrizione e di provocare variazione nella trascrizione di geni specifici. I recettori ad alta affinità per le neurotrofine, detti recettori trk (rispettivamente trkA per ngf, trkB per bdnf e trkC per NT-3), sono proteine che attraversano la membrana una sola volta e che possiedono attività tirosina cinasica a livello del dominio intracellulare. Le neurotrofine (che esistono in forma dimeri ca) legandosi al recettore trk ne inducono la dimerizzazione che rende possibile la trans-fosforilazione dei domini intracellulari del recettore su residui di tirosina e l'avvio di multipli sistemi di trasduzione. A differenza dei recettori trk, molti recettori per le citochine non possiedono direttamente attività tirosina cinasica, ma il loro dominio intracellulare interagisce con tirosina cinasi delle famiglie Jak e Src che vengono reclutate e attivate in seguito al legame della ci-tochina con il dominio extracellulare del recettore. FABIO BENFENATI |