Psicoterapia della Gestalt |
La psicoterapia della Gestalt è un metodo psicoterapeutico postanalitico, sviluppato negli Stati Uniti negli anni '50, nell'ambito delle psicoterapie umanistiche. Gestalt è una parola tedesca che corrisponde al significato di «struttura unitaria», «configurazione armonica». Questo termine fu preso in prestito dalla psicologia della Gestalt scartando altre due proposte, psicoterapia della concentrazione e psicoterapia dell'esperienza. La fondazione di questa scuola di psicoterapia risale alla pubblicazione di un testo di F. Perls, R. Hefferline e P. Goodman (1951, ed. riveduta 1994) e alla contemporanea costituzione di un'associazione professionale, il New York Institute for Gestalt Therapy. La psicoterapia della Gestalt nacque dunque a New York nel 1950 circa, dalle intuizioni di F. Perls e della moglie L. Polsner, due psicoanalisti ebrei tedeschi, emigrati negli anni '40 in Sudafrica e poi negli Stati Uniti, e per opera di un gruppo di intellettuali statunitensi, profondi conoscitori della psicoanalisi, che elaborò le intuizioni dei Perls. Di essi citiamo i nomi di maggiore spicco: P. Goodman, I. From, P. Weisz, L. Weisz, E. Shapiro, A. Montague, S. Eastman, a cui col tempo si unirono altri, per esempio R. Kitzler. La psicoterapia della Gestalt espresse una sintesi creativa delle varie correnti culturali, filosofiche e psicologiche che nel dopoguerra stavano rivelando con pienezza nuovi paradigmi culturali. Innanzitutto la psicologia della Gestalt, di cui i coniugi Perls avevano avuto esperienza diretta: lui lavorava nel laboratorio di K. Goldstein, lei studiava nella scuola di Berlino (gruppo di studio costituito da M. Wertheimer, K. Koffka e W. Köhler), che aveva attratto negli stessi anni studiosi come K. Lewin e lo stesso Goldstein. Poi, la psicoanalisi: Perls si era Iormato con E. Harnick, C. Happel, K. Landauer, O. Fenichel, W. Reich e K. Fior-Bey; la Polsner con C. Happel, F. Fromm-Keichmann, K. Landauer e O. Fenichel. Particolare influsso sulla formulazione della psicoterapia della Gestalt ebbe la teoria di Reich, non solo per l'analisi individuale che Perls fece in Germania con lo psicoanalista dissidente, ma anche per l'esperienza che di quella teoria avrebbe poi fatto Goodman, attraverso l'analisi personale con A. Lowen, allievo di Reich. La terapia della Gestalt infatti attinse abbondantemente alla leoria della corazza caratteriale, abbandonata poi da Reich in favore della teoria dell'orgone. Altri analisti divergenti che influirono furono K. Horney e O. Rank, con la sua teoria sulla centralità della contro-volontà per la crescita differenziata e creativa della persona umana. L'olismo nella teorizzazione di J. Smuts, l'esistenzialismo e la fenomenologia (a cui Perls fu addestrato dalla From), le filosofie orientali, in particolare lo Zen, furono gli influssi fondamentali al di fuori del pensiero psicoanalitico. Inserito nel fervore degli studi della psicologia della Gestalt, e partendo da un'insoddisfazione verso la teoria freudiana dell'Io, Perls intuì che l'introiezione termina il proprio compito evolutivo fondamentale molto prima di quanto avesse teorizzato S. Freud e indicò nello sviluppo dei denti («fase dentale») l'evidenza fisiologica di tutto ciò. Infatti, se la suzione del latte materno da parte del neonato crea (o sostiene) la capacità umana - a livello fisiologico come psicologico - di introiettare, lo sviluppo dentale deve pure creare (o sostenere) una capacità fisiologica e psicologica del bambino, ovvero quella di destrutturare sia il cibo che la realtà, di aggredirli per poterli poi assimi- lare (se nutrienti) o rifiutare (se nocivi o non nutrienti). Perls presentò questa sua teoria dell'«aggressione dentale» alla conferenza di psicoanalisi in Cecoslovacchia nel 1936. Il fatto che essa non venisse presa seriamente in considerazione dalla comunità psicoanalitica portò i coniugi Perls a riconsiderare il proprio legame con il metodo e la teoria freudiana. Le tre parole chiave del titolo del primo libro di Perls (1942), scritto prima ancora della fondazione della psicoterapia della Gestalt (L'Io, la fame, l'aggressività), sintetizzano la critica alla teoria freudiana sulla natura umana: non aver dato il giusto e fondamentale rilievo alla capacità dell'Io di soddisfare i propri bisogni (la fame) attraverso un'attività autoaffermativa (l'aggressività), che gli consente di assimilare o rifiutare l'ambiente. La coppia si rendeva conto insomma di un'evidenza nelle relazioni umane precedentemente trascurata dalla psicoanalisi: la capacità di masticare e di mordere che nasce nell'organismo con lo sviluppo dentale dà assoluto rilievo all'aggressività, da essi intesa in termini positivi, di sopravvivenza, come una forza che, attraverso un processo di destrutturazione, consente l'acquisizione del nuovo e quindi la crescita in termini creativi e attivi, non più passivo-introiettivi. Questa nuova prospettiva si poneva pertanto come superamento del dualismo presente nella metapsicologia freudiana tra impulsi dell'individuo e necessità dell'organizzazione sociale. Infatti, dal momento che l'individuo è soggetto che destruttura e ristruttura, gli si apre la possibilità concreta di vivere nel proprio mondo con pienezza. Subito dopo la guerra, i Perls si trasferirono a New York, dove iniziarono a discutere le loro idee con altri intellettuali. Fu proprio questa esperienza newyorkese che portò alla declinazione in termini fenomenologici di quella prospettiva organismica, fino alla fondazione di un nuovo modello di psicoterapia basato sulla teoria dell'esperienza di contatto. Il gruppo sostenne fondamentalmente che ogni esperienza non può che avvenire al confine del contatto tra un «organismo animale umano» e il suo ambiente. E’ proprio ciò che avviene in questo confine ad essere disponibile alla nostra osservazione e all'eventuale intervento terapeutico. Il confine di contatto è il luogo in cui si dispiega il Sé, quella capacità/abilità dell'organismo umano di entrare in contatto con il proprio ambiente e di ritirarsi da esso. Il concetto di «funzione» sostituiva così quello psicoanalitico di istanza e faceva giustizia della capacità dell'individuo di orientarsi nel mondo e di agire creativamente su di esso a fini autoconservativi, mentre la tecnica della «concentrazione» (un derivato delle filosofie orientali che ben si sposava con l'approccio fenomenologico) sostituiva quella delle libere associazioni (basata sull'idea meccanicistica di dover superare i meccanismi di difesa per accedere alle strutture profonde). Al confine di contatto è pertanto possibile mettere insieme la «creatività» (che esprime l'unicità dell'individuo) con l'«adattamento» (che esprime la reciprocità necessaria al vivere sociale). Il modo in cui l'individuo fa (o non fa) contatto con il proprio ambiente ne descrive la funzionalità psichica, non più intesa secondo un modello univoco di salute, ma modulata sui parametri della creatività e dell'adattamento, non più letta con criteri valutativi, bensì processuali ed estetici. I bisogni individuali e quelli comunitari possono integrarsi senza il sacrificio a priori di nessuno. I fondamenti di questo nuovo approccio vennero pubblicati nell'opera di Perls, Heferline e Goodman. Nel 1952 si costituì il New York Institute for Gestalt Therapy, il primo istituto di psicoterapia della Gestalt, a testimonianza della possibilità di applicare le idee contenute nel libro in una comunità di apprendimento/insegnamento. L'orientamento libertario di Perls lo portò tuttavia a impegnarsi in continui viaggi per presentare il nuovo metodo di lavoro, lontano dagli ambienti professionali ai quali preferì il rapporto con pittori, musicisti e gente di teatro. Fra i tanti contatti professionali iniziati e non portati a termine da Perls, si distingue quello con un gruppo di psichiatri di Cleveland (tra cui J. Zinker, E. e M. Polster, E. e S. Nevis, E. Kepner) che gli aveva chiesto formazione, e che venni affidato alla cura di I. From e di P. Weis Questo gruppo costituì l'Istituto di Cleva land, conosciuto in seguito per lo spirito integrativo con cui ha diffuso e applicato l'approccio. Agli inizi degli anni '60 Perls si recò più volte in California, e infine accettò l'invito a stabilirsi ad Esalen, un centro di divulgazione della cultura new age sulla costa californiana. Alla presenza ormai di centinaia di persone appartenenti a tutti i contesti professionali e comunque accomunate da un desiderio di cambiamento culturale, Perls invitava chi volesse ad accomodarsi sulla «sedia che scotta» (hot seat) per dar luogo al le sue dimostrazioni. Non si trattava di percorsi psicoterapici, ma di tocchi magistrali operati da un clinico geniale su pazienti che provenivano da anni di psicoanalisi, e che pertanto erano pronti a spiccare il salto verso il cambiamento, che, a differenza del setting psicoanalitico, era ora reso possibile dal sostegno alla parte attiva e corporea. Alcune sessioni di Perls vennero pubblicate in volume (1968), oltre a una raccolta di esperienze personali. Nel giugno del 1969, al massimo del successo, Perls decise di trasferirsi con una trentina di collaboratori sulle rive del lago Cowichan in Canada, per dare vita a un'esperienza comunitaria ispirata ai principi della Gestalt nonché alle esperienze dei kibbutz che in quegli anni esercitavano una forte influenza sulla cultura alternativa. Il carattere istrionico di Perls e l'assoluta incapacità di attenersi a schemi teorici furono all'origine, dopo la sua morte, di una crescente divaricazione tra i seguaci «californiani» (coloro che attinsero ai suoi insegnamenti «dal vivo» negli ultimi anni) e il New York Institute for Gestalt Therapy che, grazie alla cura della Polsner e della From, continuò a sviluppare la teoria dell'esperienza di contatto e la teoria del Sé (non conosciute dai «californiani») e portò avanti un metodo di formazione basato sul concetto di comunità di insegnamento/apprendimento, espressione vivente dei nuovi principi egualitari dell'esistenzialismo e della fenomenologia, fondando un'antropologia sociopolitica basata sul gruppo come organismo e ben diversa dall'esempio di personalità accentratrice di Perls. Gli sviluppi successivi dell'approccio sono Itati caratterizzati da questa divaricazione e tuttavia registrano la nascita di centinaia di istituti, prima negli Stati Uniti e poi anche in Europa (dove la Polsner e la From si recarono per anni periodicamente per formare gruppi, per esempio in Olanda, Germania, Italia, che poi diedero vita ad altrettanti istituti di formazione), in Sud America (in cui si diffuse prevalentemente l'approccio californiano) e oggi in tutti i continenti. Costruire un modello teorico capace di cogliere la spontaneità della natura umana, senza per questo devitalizzarla, ma anzi enunciando i principi di quel quid che la determina, rappresentò il sogno ma anche il rischio epistemologico che gli autori di Gestalt Therapy vollero correre. Cercarono la chiave di lettura della normalità, della spontanea regolazione dell'organismo e del rapporto curativo tra uomo e natura e tra uomo e società. I fondatori affermarono di essere consapevoli del fatto che la loro opera losse un'astrazione, un codice che, proprio per il fatto di essere basato sulla logica del processo, permetteva loro di osservare e rimanere nella spontaneità della vita. Insomma, la teoria della psicoterapia della Gestalt è epistemologicamente fondata sul paradosso di teorizzare l'inteorizzabile, di cogliere l'esperienza proprio nella sua fuggevolezza. E l'unica strada possibile era quella della londazione di una clinica fenomenologica. II Sé, che è il cardine di tutti gli approcci psicoterapici, viene concepito in Gestalt Therapy come un evento esperienziale che ha luogo nell'attualità fenomenica. Ciò non implica il disconoscimento di contenuti o strutture, bensì la loro collocazione in una logica processuale, evolutiva e relazionale. 1 /anima della fenomenologia è riportata in campo clinico dalla psicoterapia della Gestalt con la collocazione del Sé in «posizione mediana» tra organismo e ambiente: non possiamo cogliere niente se non attraverso la nostra esperienza, ma nello stesso tempo non siamo mai «solo» noi stessi, «siamo» anche il fenomeno in cui siamo inseriti. In questo senso, una qualità specifica della teoria di Gestalt Therapy è quella di non farsi inghiottire né dalla prospettiva intrapsichica freudiana (allora sostanzialmente vigente, nonostante gli slanci verso la sfera interpersonale operati dai neoanalisti della scuola culturalista americana, come H. S. Sulli-van, Horney e Fromm), né dalla prospettiva sistemica o da quella comportamentista, entrambe orientate - pur nella loro evidente diversità - alla comprensione degli influssi ambientali. Riferendosi al «campo organismo ambiente», Perls e Goodman prendono implicitamente le distanze da Lewin e ci riportano a un'ottica buberiana. Individuo e gruppo sociale non sono più visti come entità a sé, ma come parti di una stessa unità in reciproca interazione, per cui la tensione che può esistere tra di esse non porta a un insolubile conflitto bensì all'integrazione e alla crescita. Il Sé viene dunque concepito in psicoterapia della Gestalt come la «funzione» (capacità) dell'organismo di fare contatto con il proprio ambiente, in maniera spontanea e deliberata. Il principio teleologico della natura umana, la ragione che muove il Sé, per la psicoterapia della Gestalt è sempre un'intenzionalità di contatto, declinata secondo il principio dell'adattamento creativo. Definito il Sé come il complesso sistema di contatti necessario per l'adattamento in un campo difficile, gli autori di Gestalt Therapy individuano alcune speciali strutture che esso crea per scopi particolari. Si tratta di cluster di esperienze attorno a cui si organizzano specifici aspetti del Sé. Distinguere delle funzioni parziali, delle capacità che -occorre ribadirlo - vanno considerate nel contesto olistico e integrato dell'esperienza che costituisce il Sé, è un'astrazione utile per orientarci nella comprensione dell'esperienza umana. Le tre funzioni del Sé sono intese come capacità della persona di relazionarsi con il mondo: la «funzione Es» come sfondo dell'esperienza, ciò che è vissuto come «dentro la pelle», la «funzione personalità» come definizione di «chi sono diven tato» e la «funzione Io» come capacità di scegliere, sulla base delle altre due funzioni, ciò che gli appartiene e ciò da cui ci si aliena. Il Sé si definisce nel processo di «contatto - ritiro dal contatto»: il viaggio che lo porta al confine di contatto con l'ambiente e che, dopo la pienezza dell'incontro, lo fa ritirare da esso. L'esperienza di contatto è descritta in psicoterapia della Gestalt come l'evolversi di quattro fasi (precontatto, contatto, contatto finale, postcontatto), ciascuna con una diversa accentuazione della dinamica figura/sfondo. Ovviamente questa esemplificazione non può rendere giustizia della complessità del sistema di contatti del Sé, che è costantemente in azione, a vari livelli, e che costituisce l'esperienza attuale della persona. La psicopatologia viene intesa come un'interruzione abituale della capacità di fare contatto, che conduce a un accumularsi di situazioni incompiute (l'intenzionalità di contatto interrotta lascia una Gestalt aperta), che poi continuano a interrompere ogni altro processo di contatto significativo. Un ruolo fondamentale nell'interruzione del processo di contatto ha l'ansia: l'eccitazione organismica che, non essendo sostenuta dall'ossigeno (il respirare pienamente) a livello fisiologico e dalla risposta ambientale a livello relazionale, anziché portare allo sviluppo spontaneo del Sé nel confine di contatto ne provoca l'interruzione. Davanti a un'eccitazione legata per esempio a un'emozione che non è sostenuta a livello corporeo (i muscoli coinvolti nel vissuto sono rigidi e il respiro si blocca - funzione Es) e/o non è definita come propria («non sono uno che sente queste emozioni» - funzione personalità), l'Io può scegliere di evitare che l'eccitazione si sviluppi, introiettando, cioè definendo l'eccitazione con dettati esterni («sono nervoso, devo calmarmi»); oppure proiettando, attribuendo l'eccitazione all'ambiente («il mondo è pieno di gente nervosa»); o ancora retroflettendo, ovvero evitando il contatto pieno con l'ambiente («devo gestire da solo questa esperienza»). Le cosiddette «perdite delle funzioni dell'Io» indicano proprio questa scelta (creativa) dell'Io di evitare lo sviluppo dell'eccitazione durante fasi diverse del ciclo dell'esperienza di contatto con l'ambiente, allo scopo di non sentire l'ansia provocata dalla mancanza di sostegno per quella eccitazione. Nel caso delle psicosi, l'ansia riguarda primariamente la funzione Es, la capacità di entrare in contatto con l'ambiente attraverso il corpo (ciò che è percepito come « dentro la pelle »), per cui l'Io esercita il contatto in una situazione in cui le sensazioni invadono il Sé, che è «senza pelle». Tutto ciò che accade fuori accade anche dentro, il Sé si muove senza la percezione chiara dei confini con l'ambiente («confluenza»), in uno stato in cui tutto è novità ansiogena e in genere impossibile da assimilare. Nel caso delle nevrosi l'ansia riguarda la funzione personalità, la capacità di entrare in contatto con l'ambiente attraverso la definizione di Sé, per cui l'Io esercita il contatto con una certa rigidità verso una novità presente nel campo; per esempio un cinquantenne, per un difetto di assimilazione di contatti precedenti, si comporta come un trentenne e non riesce ad adattarsi alla nuova condizione sociale. Ciò che appare nuovo viene definito come «non per me». Sia nel caso dei disturbi gravi che nel caso delle nevrosi dunque la funzione Io esercita la capacità di alienarsi o identificarsi con parti dell'ambiente o di sé in base al sostegno che riceve dalle altre due funzioni (Es e personalità). Per la psicoterapia della Gestalt l'obiettivo della «cura» terapeutica non è la coscienza di sé ma la capacità di consegnarsi alla inevitabile spontaneità della relazione, che è alla base della creatività. Questo approccio porta nel campo della clinica e del rapporto persona/società i valori estetici, il rispetto per la creatività individuale e il riconoscimento della bellezza insita nel relazionarsi umano come elementi curativi, opponendosi a una prospettiva sulla cura e sulla politica basata su regole esterne alle capacità autoregolative e ai vissuti delle persone coinvolte. MARGHERITA SPAGNUOLO LOBB |