Primario (processo, scena, rimozione)

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Non sorprende che ai punti di vista meta-psicologici elaborati da S. Freud (topico, dinamico, economico) si sia sentita in seguito l'esigenza di affiancare un punto di vista genetico, visto che una spiegazione psicoanalitica richiede di prendere in considerazione l'origine e lo sviluppo di un fenomeno psichico. Questa quarta dimensione meta-psicologica non sarà sempre accettata e talvolta sarà anzi francamente respinta come illusoria (Lacan, 1961a e b; 1966b), anche perché il termine «genetico» gode talvolta di cattiva reputazione in quanto sinonimo di maturativo, cronologico, predeterminato e costituzionale, pur significando solo che vi è genesi, che vi è qualcosa «a partire da» qualcos'altro. Tale prospettiva, tuttavia, non subirà le stesse aspre critiche cui invece andrà incontro il punto di vista cosiddetto «adattivo», che in ogni spiegazione prende in considerazione i rapporti di un fenomeno psicologico con l'ambiente, pur essendo stati introdotti entrambi in psicoanalisi nel contesto della psicologia dell'Io sviluppatasi negli anni '50 anche a partire dal lavoro di A. Freud (1936). Benché S. Freud non ne faccia esplicita menzione, non si può negare che in molte nozioni e concetti psicoanalitici è implicitamente presente l'idea che il prima condizioni il poi, che il bambino sia il padre dell'uomo - per usare le parole di W. Wordsworth -, che la «formula genetica» (Freud, 1923b) delle psicopatologie sia nei rapporti conflittuali tra le diverse istanze psichiche determinatesi nell'infanzia individuale, e dunque che il passato infantile sia responsabile della malattia e della normalità adulte. Anzi, avendo Freud esplicitamente affermato che l'interesse ontogenetico per la psicoanalisi è connesso al

suo ricondurre ogni formazione psichica mi altre formazioni che temporalmente la precedono e dalle quali si è sviluppata, non è improprio ritenere che la dimensione temporale sia in un certo senso implicita negli altri punti di vista metapsicologici e al contempo li contenga.

In psicoanalisi sono frequenti e rilevanti qualificativi come primario, originario, primordiale, primitivo, precoce, infantile, arcaico, che in certo qual modo compongono una funzione temporale che si discosta dalla mera successione cronologica - pur potendo in parte sovrapporvisi e talvolta impropriamente ridurvisi - per via della particolare temporalità che la psicoanalisi scopre intimamente connessa con la sessualità umana e la sua caratteristica comparsa difasica. Una funzione che si traduce in un indice temporale apposto a molti concetti e termini freudiani e postfreudiani: processo, scena, narcisismo, rimozione, identificazione, fantasma, masochismo, padre, bisogno, vantaggio, oggetto, lingua, amore, autismo, simbiosi, preoccupazione materna, creatività, madre, analità, ecc. Diversamente resi in tedesco come in italiano, questi indici temporali potrebbero indurre a confondere ciò che viene prima con ciò che è massimamente rilevante, Prima e Summa (A. Green), primitivo e profondo (D. Winnicott), primario cronologicamente e «originario» nel senso del fondamento non contingente (J. Laplanche), laddove non necessariamente il fondamento è anche cronologicamente anteriore, senza che ciò implichi il dover quindi essere mitico. Una confusione che potrebbe far slittare la primarietà verso una concezione prettamente e «naturalmente» evolutiva, laddove quegli indici deìineano appunto una vera e propria funzione Ur, che è costante ricerca, pili che delle origini, dell'originario. Questo è appunto intrecciato con una dimensione fondamentale della temporalità umana, accanto al tempo cosmologico del mondo, al tempo percettivo della coscienza immediata propria dell'essere vivente e al tempo della storia e delle società umane: quella Nachträglichkeit che fu messa in evidenza da J. Lacan (1956b; 1961b) nel Caso clinico dell'uomo dei lupi (Freud, 1914a), ma mostrata in tutta la sua portata da Laplanche e Pontalis (1967). Mai giunta allo statuto di concetto, nella teorizzazione freudiana le sono stati conferiti più significati: quello banale di successivo o secondario; quello del deposito nell'individuo di qualcosa che sarà attivato più tardi, a scoppio ritardato, e che è intimamente legato alla seduzione e al doppio tempo del trauma e implica una concezione deterministica; infine, quello ermeneutico e retroattivo alla Jung (1917-1943), cui Freud peraltro non aderisce, che invertendo la freccia temporale pone l'accento sulle risignificazioni successive di qualcosa di anteriore. La Nacbträglichkeit stabilisce dunque una relazione complessa e reciproca tra un evento significativo e la sua successiva significazione che lo dota di una nuova efficacia psichica, introducendo un'aporia tra la prospettiva deterministica e quella ermeneutica. Un'aporia peraltro superabile, secondo alcuni, considerando che l'evento iniziale non è puro e asensato, ma esso stesso attraversato dal senso, quello inseritovi inconsciamente nella relazione e comunicazione interumane, specie in quella asimmetrica tra adulti e bambino: non vi è dunque un passato neutro da reinterpretare sulla base del presente, ma un passato che, come ribadito accesamente da Freud, già contiene qualcosa che esige di essere decifrato ed elaborato. In ogni caso, è proprio mediante questo après coup che si delinea un avant coup, un primario nella sua efficacia e autonomia.

E il primo «primario», per così dire, a delinearsi nella teorizzazione freudiana è il cosiddetto «processo primario». In congiunzione e opposizione al processo secondario, esso è introdotto come una delle due modalità di funzionamento dell'apparato psichico, caratteristiche rispettivamente dell'inconscio e del preconscio-conscio, postulata per spiegare attività onirica e formazione sintomatica. Al processo primario corrisponde, infatti, un libero deflusso dell'energia che, sotto forma di cariche mobili che passano liberamente da una rappresentazione all'altra secondo i meccanismi dello spostamento e della condensazione e in base al principio di piacere, tende a reinvestire nel desiderio le tracce mnestiche del soddisfacimento originario fino alla loro allucinazione, conseguendo cioè un'immediata identità di percezione che permetta di scaricare la tensione, almeno temporaneamente (Holt, 1976). Il processo secondario consiste, invece, in un legame di questa energia mediante l'inibizione del suo scorrimento, per opera dell'Io: ove esiste un Io, dice Freud (1895), esso deve inibire i processi psichici primari. Il suo deflusso è dunque regolato, pervenendo a un investimento stabile delle rappresentazioni e a un differimento del soddisfacimento, che permettono quell'azione di prova che è il pensiero (Freud, 1911a). Quest'ultimo, interessandosi dei legami tra rappresentazioni indipendentemente dall'intensità dei loro investimenti e dalla qualità di dispiacere o piacere che può eventualmente essere loro connessa, utilizza lo spostamento di piccole quantità di energia per produrre un'identità di pensiero, che può permettere di raggiungere un'identità di percezione per così dire di secondo grado, attraverso cioè la «digressione» per un'azione specifica che, modificando la realtà, scarichi la tensione del bisogno in maniera più duratura. Al processo secondario corrispondono perciò i processi del pensiero vigile, del giudizio, del ragionamento, dell'attenzione e dell'azione cosciente, cioè quei processi studiati dalla psicologia. L'opposizione tra processo primario e secondario dunque equivale, o è parallela, all'opposizione rispettivamente tra principio di piacere (denominato inizialmente «tendenza primaria all'inerzia», 1895) e principio di realtà, tra energia libera ed energia legata, identità di percezione e identità di pensiero. Già presente nel Progetto di una psicologia (1895), in cui un intero paragrafo è dedicato alla distinzione tra i due processi, sarà sviluppata ed espressa più compiutamente articolandola a partire dal funzionamento onirico (1899a), caratterizzato da continui slittamenti e sovrapposizioni di senso, analogamente al funzionamento che, in quegli stessi anni, è scoperto nella formazione del sintomo e in altre formazioni dell'inconscio (atto mancato, motto di spirito, ecc.). Tra l'altro, la scelta della denominazione «primario» per indicare questo processo basilare del funzionamento psichico va nel senso contrario a quella analoga utilizzata per gli stati di coscienza, dove era inteso primario lo stato normale e «secondo» quello di alterazione e alienazione, o per gli Io che si alternano nei fenomeni di sdoppiamento della coscienza - l'«Io primario» di P. Janet (1889) è quello di base della personalità. Una scelta terminologica che, per l'appunto, può far propendere per una possibile implicazione temporale (il primario è ciò che è cronologicamente anteriore, mentre il secondario si forma successivamente) e genetica (il primario è ciò da cui scaturisce gradualmente il secondario), sia ontogeneticamente (i processi primari comparirebbero biologicamente per primi nello sviluppo individuale e a poco a poco sarebbero repressi) che filogeneticamente (il primario corrisponderebbe al funzionamento più primitivo della specie umana e alle prime fasi dell'evoluzione del sistema nervoso e dello stesso organismo). La tentazione «genetista» persisterà, nonostante Freud (1911a) precisi che un'organizzazione retta unicamente dal principio di piacere e dalla scarica immediata e totale dell'energia, autisticamente isolata come l'uccellino rinchiuso nel guscio dell'uovo con la sua provvista di alimento, non potrebbe mantenersi in vita neanche per un momento, e dunque l'idea di questo sistema psichico chiuso può essere utilizzata finzionalmente solo tenendo presente che il lattante lo realizza pressappoco «purché vi si includano le cure materne». Nell'opposizione primario/secondario traspare comunque l'influenza di J. H. Jackson, che descriveva l'apparato neuropsichico come una stratificazione gerarchizzata di strutture regolatrici e di funzioni di crescente complessità, la cui successione evolutiva in condizioni patologiche sarebbe ripercorsa regressivamente. Vi emerge inoltre la divergenza con J. Breuer e P. Janet, giacché questa distinzione freudiana pone alla base dei quadri sintomatici la tensione e il conflitto, oltre che la complementarità, tra due modalità distinte di funzionamento, anziché gli stati ipnoidi o la mera disgregazione del processo cosciente il processo primario risulta governato da leggi che costituiscono una modalità basilare ili funzionamento del logos anziché essere effetto di un suo sgretolamento (Laplanche e Pontalis, 1967). Peraltro, la prospettiva in fin dei conti janetiana ritroverà vigore negli ultimi decenni del '900, relativamente a disturbi (quali quelli schizofrenici, autistici e altri) che, mostrando la non-evidenza dell'evidente (Aulagnier, 1975), impongono di prendere in considerazione un impensabile «prima» dell'Io e del discorso che, come detto, non è necessariamente anteriore, ma la premessa del funzionamento psichico. In particolare, mettendo più precisamente a fuoco le basi percettivo-coscienti dell'apparato psichico modellizzato da Freud, vale a dire le difficoltà a stabilire, mantenere o ripristinare la coscienza percettiva e il suo intreccio con la coscienza di pensiero, che Freud (1887-1904) inizialmente distinse, per accostarle poi spesso nel sistema Percezione-Coscienza. Un prima cui si riferisce appunto P. Aulagnier (1975), avendo di mira il problema della psicosi, quando sente la necessità di postulare un vero e proprio funzionamento psichico originario sempre atl i vo sullo sfondo di quelli primario e secondario, e retto dal postulato di autogenerazione, che porta alla costituzione del pittogramma e ignora la differenza tra organo sensoriale e oggetto esterno, tra zona erogena e oggetto complementare. La bipartizione fra due fondamentali processi psichici troverà invece una diversa, anche se non corrispondente, configurazione nella suddivisione tra elementi α ed elementi β proposti da W. Bion (1962b) come mattoni costitutivi del pensiero e del non-pensiero preliminari alla distinzione inconscio/conscio, e nella bilogica, asimmetrica e simmetrica, proposta da I. Matte Bianco (1975) per i processi coscienti e inconsci. La seconda introduzione del «primario» è invece relativa alla cosiddetta scena primaria o originaria. Già in Freud (1892-95) si accenna a «scene principali» traumatiche, e nel Progetto di una psicologia si menzionano delle «esperienze sessuali primarie» - cioè precedenti la pubertà - come condizione inderogabile dell'insorgenza di isteria, nevrosi ossessiva e paranoia, condizioni patologiche che divergerebbero poi perché nell'una sarebbero accompagnate da disgusto e spavento e nell'altra da piacere, mentre per l'ultima si rivelerebbe discriminante l'utilizzo della proiezione come difesa fondamentale. Il termine «scene primarie» interviene più in particolare nel 1897 per indicare, in generale,-esperienze infantili traumatiche di seduzione realmente subite per lo più dal padre, organizzate in scene o scenari (e precedentemente denominate «scene sessuali») da cui scaturiscono impulsi che sarebbero suscettibili di rimozione (Freud, 1887-1904). Lo scopo stesso del trattamento psicoterapeutico è individuato nel risalire a queste scene primarie, direttamente o tramite le fantasie che le mascherano sbarrandone l'ingresso. Freud (1899a) parlerà poi spesso di scene infantili alla base di sogni anche dell'età adulta, e sottolineerà come il rapporto sessuale degli adulti appaia inquietante ai bambini destando in loro angoscia fino al pavor nocturnus, perché generano un eccitamento sessuale che non possono dominare né con il corpo né con la comprensione, e che respingono anche perché vi sono coinvolti i genitori. Subito, al loro riguardo, si apre la questione del rapporto tra realtà e fantasia, tra costituzione ed esperienza, tra après coup e fantasie retrospettive o retroattive. Bisognerà aspettare l'analisi dell' Uomo dei lupi perché la scena primaria (al singolare) sia definita infine come la scena del rapporto sessuale tra i genitori, direttamente osservata o ricostruita deduttivamente - al riguardo, qui Freud opta per un non liquet - a partire da indizi e percezioni parziali ed elaborata poi f antasmaticamente, e generatrice di angoscia oltre che motrice dell'attività teorizzante del bambino. Qui, in problematico dissenso con Jung, è ribadita l'effettività o della scena in toto o almeno degli indizi da cui è costruita fantasmaticamente già nell'infanzia, nonché l'an-teriorità ontogenetica o filogenetica degli schemi originari che la organizzano necessariamente, al di là delle particolarità individuali, facendola infine rientrare tra i fantasmi originari. La posta in gioco è, in effetti, l'esistenza di una sessualità infantile, oppure solo di una sessualità adulta a posteriori proiettata nell'infanzia, come mostra paradigmaticamente l'aneddoto raccontato da Freud (18995) nel quale un giovanotto, a proposito della bella balia che lo aveva allattato, rimpiange di non avere a suo tempo meglio approfittato della buona occasione. Per l'interpretazione retroattiva della scena la direzione procederebbe dal soggetto adulto, che reinterpreta la situazione passata nei termini della sua situazione presente, mentre per l'interpretazione deterministica procederebbe dal bambino all'adulto: se la sessualità dell'adulto è risvegliata dallo spettacolo del bambino al seno, è perché ha trattenuto e conservato le tracce ancora attive della propria sessualità infantile; entrambe trascurano però la direzione che inconsciamente va dalla balia e dalla sua sessualità al bambino allattato. Ma in gioco è altresì la funzione di chiave di volta che la scena primaria ha nell'organizzazione dello spazio fantasmatico (Aulagnier, 1975) e dunque del desiderio soggettivo, perché in una singola scena non solo è contenuto il nucleo di un'eventuale patologia, ma è raffigurata contemporaneamente l'origine del soggetto, del desiderio e del piacere, l'intreccio delle sue identificazioni fondamentali (e dunque, per alcuni, il complesso edipico), nonché la matrice della sua creatività. La scena primaria sarà poi fortemente anticipata da M. Klein (1929) nella «figura genitoriale combinata», e descritta da E. Gaddini (1977) come gemmazione del padre dalla madre onnipotente, per essere infine generalizzata da Bion (1962b) nella relazione contenitore-contenuto, con tutte le sue varianti (conviviale, simbiotica e parassitaria). Dopo il narcisismo, nella successione freudiana dei «primari» sarà la volta della rimozione primaria, introdotta nel Caso del presidente Schreber (1910d) e poi discussa in molte altre occasioni. Ritenendo che il meccanismo della rimozione non potesse esaurirsi nel solo processo di sottrazione della libido a una rappresentazione preconscia, Freud ritenne indispensabile presupporre l'attrazione da parte di un nucleo rimosso ab origine, prima ancora di qualsiasi accesso alla coscienza e dunque non prodotto da disinvestimenti e sovrainvestimenti preconsci. Per spiegarne l'origine, fin dal 1896 Freud aveva congetturato che la radice più profonda di questa rimozione primaria corrispondesse alla difesa organica della forma di vita acquisita con la stazione eretta a partire dalla precedente condizione animale, difesa coincidente con la svalutazione dell'olfatto che ne era conseguita e che minacciò di trascinare con essa l'intera sessualità. A questa «rimozione organica» attingerebbe dunque il controinvestimento che sarebbe il solo e unico meccanismo in gioco nella rimozione primaria, e del quale Freud (1925c), pur continuando a lamentarne una ancora troppo scarsa conoscenza, postulerà poi la causa in fattori puramente quantitativi quali l'eccessiva intensità degli eccitamenti o la rottura del parastimoli che dovrebbe filtrarli. In ogni caso, della rimozione primaria sarà poi riaffermata la funzione di fondazione dell'inconscio, dell'Io e in generale della topica psichica, nonché l'equivalenza con l'ingresso nel registro simbolico e con la costituzione della soggettività. Seguiranno infine, nel tragitto freudiano del «primario», il fantasma originario, l'identificazione primaria, il padre primordiale, il vantaggio (o tornaconto) primario, il masochismo primario, la lingua primordiale: dietro di essi si profila un caput Nili che richiama a spedizioni nel più precoce, arcaico, primitivo, nell'illusione talvolta di poter trovare l'arresto di ogni ricerca.

ALBERTO LUCHETTI