Pavlov, Ivan Petrovic

I. P. Pavlov (1849-1936) nacque a Rjazan'. Dopo la laurea in Scienze naturali (Fisiologia animale) nel 1875 e quella in Medicina nel 1883 all'Università di San Pietroburgo, trascorse due anni in Germania, a Lipsia con K. Ludwig e a Breslavia con R. Heidenhain, dove condusse importanti studi sulle relazioni tra secrezione del pancreas e stimoli nervosi. Rientrato in patria, fu nominato professore di farmacologia presso l'Accademia medica militare di San Pietroburgo, dove successivamente ottenne la cattedra di fisiologia. Nel 1904 gli fu assegnato il premio Nobel per le sue ricerche sulla fisiologia della digestione. Fu direttore, dal 1891 fino alla morte, della sezione di fisiologia dell'Istituto di medicina sperimentale. Lo studio dei cosiddetti «riflessi psichici» (come inizialmente venne chiamato il condizionamento) ebbe inizio nel 1897, quando Pavlov aveva quasi cinquant'anni e una notevole fama di fisiologo sperimentale. Il fenomeno osservato svariate volte nel laboratorio di Pavlov era ben noto in generale: il riflesso di salivazione di un cane poteva essere prodotto non solo dallo stimolo adeguato (per es. del cibo in polvere nella bocca del cane), ma anche da stimoli neutri che avevano anticipato, per un certo numero di volte, la comparsa dello stimolo adeguato (per es. il cane poteva salivare alla vista della ciotola del cibo in polvere o dell'assistente che portava il cibo). Dal punto di vista sperimentale l'avvio delle ricerche venne favorito dal fatto che pochi anni prima, nel laboratorio di Pavlov, era stata messa a punto una tecnica per l'inserzione di una fisto-

la che consentiva l'estrazione e la misurazione precisa della saliva emessa dall'animale. Curiosamente, l'avvio delle ricerche su quello che sarebbe poi stato chiamato «condizionamento pavloviano» coincise temporalmente con l'avvio delle ricerche da parte di E. Thorndike, negli Stati Uniti, sull'apprendimento per prove ed errori, poi concettualizzato come «condizionamento strumentale».

Il condizionamento pavloviano, o classico, può essere descritto come una modificazione nel comportamento dell'organismo che si produce a seguito dell'esposizione a due eventi in stretta contiguità temporale. Il primo evento presentato è uno stimolo neutro, ovvero di scarso rilievo per l'animale circa la sua capacità di elicitare una risposta riflessa, ma che deve essere in grado comunque di elicitare una risposta di orientamento. Il secondo evento è invece uno stimolo biologicamente significativo, capace di produrre con grande affidabilità una risposta riflessa nell'animale. Ad esempio, il secondo evento può essere rappresentato dal cibo in polvere posto nella bocca dell'animale, che elicita la risposta riflessa di salivazione. Se il primo evento, poniamo il suono di un campanello, che normalmente non elicita una risposta di salivazione, precede temporalmente per numerose volte la presentazione del secondo evento, allora, a un certo momento, il suono del campanello acquisisce, da solo, la capacità di elicitare la risposta riflessa di salivazione. Tale risposta, a questo punto, viene detta «condizionata». Ciò che è avvenuto può essere descritto come un

processo di sostituzione di stimoli: lo stimolo condizionato (il suono del campanello) dopo ripetuti accoppiamenti con lo stimolo incondizionato (il cibo nella bocca dell'animale) può sostituirsi a questo nella capacità di scatenare la risposta di salivazione. E da notare, infatti, che i due eventi cruciali nel condizionamento pavloviano sono due stimoli, E1 che è lo stimolo neutro (lo stimolo condizionato, nella terminologia pavloviana) ed E2 che è lo stimolo biologicamente significativo, o rinforzo (lo stimolo incondizionato). Nel condizionamento strumentale, invece, mentre E2 è ancora uno stimolo biologicamente significativo o rinforzo, l'evento E1 è rappresentato da una risposta, non da uno stimolo. Così i gatti di Thorndike nella gabbia-problema apprendono a eseguire delle risposte (E1) per ottenere un premio (rinforzo, E2). entrambi questi paradigmi dell'apprendimento associativo erano noti prima che fosse iniziata la loro indagine empirica. Nel 1855 A. Bain, e nel 1870 H. Spencer, avevano formulato l'ipotesi che ogni azione spontanea che fosse accidentalmente, ma immediatamente, seguita da quei cambiamenti nello stato del cervello correlati con il sentire piacere o con la riduzione del dolore, tenderà per ciò a ricorrere più facilmente. Questo cosiddetto «principio di Spencer-Bain» precorre l'indagine sul condizionamento strumentale. In maniera simile, H. Spencer nei Principles of Psychology (1870-1872) aveva descritto un processo di apprendimento basato sulla contiguità temporale e la frequenza: se uno stimolo precede regolarmente un altro, diventerà capace di evocare la reazione inizialmente elicitata solo dal secondo.

Sebbene il fenomeno del riflesso psichico, o riflesso condizionato, non fosse in sé una scoperta di Pavlov, la scoperta degli effetti associati al condizionamento costituisce un contributo originale del laboratorio di Pavlov. Tra questi effetti va annoverata la descrizione del fenomeno dell'« estinzione». Pavlov osservò che l'evocazione della risposta condizionata viene mantenuta solo se vi è una continua presentazione dello stimolo fisiologico adeguato. Se il suono del campanello viene presentato molte volte senza che esso sia seguito dal cibo in polvere, a un certo momento la risposta condizionata di salivazione viene meno. L'interpretazione che Pavlov dette del fenomeno fu d'immaginare che lo stimolo condizionato acquisisce, in virtù della sua ripetuta presentazione non seguita dal rinforzo (cioè dallo stimolo incondizionato), un valore inibitorio. Pavlov si riferiva qui all'inibizione interna, per distinguerla da altre forme d'inibizione, e riteneva che essa potesse manifestarsi in una forma temporanea o permanente. La forma temporanea era rivelata dal fenomeno del recupero spontaneo, per la prima volta osservato nel laboratorio di Pavlov. Dopo aver ottenuto l'estinzione di una risposta, se si lasciava riposare l'animale per un certo tempo (per es. 24 ore), una nuova presentazione dello stimolo condizionato appariva nuovamente in grado di elicitare la risposta condizionata. Tuttavia, l'inibizione associata al recupero spontaneo sembrava essere temporanea per due ragioni. Primo, perché il recupero spontaneo non era mai completo: si osservava la ricomparsa non della risposta condizionata qual era prima dell'estinzione, ma solo di una frazione di essa (per es. con un numero di gocce di saliva minore rispetto a quello iniziale). Secondo, perché, se le prove di estinzione venivano ripetute più volte, si osservava un recupero spontaneo sempre più ridotto, fino alla completa scomparsa della risposta condizionata. Ciò provava, secondo Pavlov, l'esistenza di una inibizione permanente.

È bene sottolineare, però, che l'inibizione associata al procedimento di estinzione impediva alla risposta condizionata di trovare espressione nel comportamento, ma non cancellava la traccia di memoria sottesa alla formazione della risposta condizionata. Ciò era dimostrato dal fatto che una risposta condizionata estinta poteva essere riattivata ripetendo il processo iniziale di condizionamento; ma, cosa importante, il numero di prove di condizionamento necessario a riottenere la risposta condizionata nella sua forma iniziale era questa volta inferiore. In al tre parole, Pavlov riteneva che una volta che una risposta condizionata era acquisita, la modificazione fisiologica sottostante fosse permanente e che solamente la sua manifestazione esplicita nel comportamento potesse essere inibita (un punto di vista, questo, che avvicina le concezioni di Pavlov a quelle di S. Freud, il quale riteneva che gran parte di quello che sembra dimenticato è in realtà ancora presente e non trova espressione nel comportamento a causa di meccanismi attivi di rimozione). Il peso attribuito al ruolo dell'inibizione sembra suggerire un'influenza di I. Sechenov, il fisiologo russo che forni le prime evidenze a favore di meccanismi d'inibizione nel sistema nervoso. Tuttavia, sebbene Pavlov dichiarasse di aver letto in gioventù l'opera di Sechenov, non pare che egli abbia fatto sforzi particolari per incontrarlo o per approfondirne il pensiero successivamente. Problematici furono anche i rapporti di Pavlov con l'altro suo contemporaneo, V. Bech-terev, grande sostenitore in Russia dell'oggettivismo in psicologia. Come Sechenov, Bechterev (1913) aborriva l'introspezione come metodo, e vedeva nel riflesso lo strumento adeguato per lo sviluppo di una psicologia scientifica. Dopo esser venuto a conoscenza del lavoro di Pavlov, Bechterev dedicò buona parte dell'impegno del suo laboratorio a Kazan allo studio del condizionamento. Tuttavia Pavlov giudicava molto criticamente la qualità del lavoro scientifico che veniva svolto nel laboratorio di Bechterev. Ciò culminò nel 1909 in un'aperta polemica che aveva per oggetto l'individuazione, da parte di uno studente di Bechterev, di centri per la salivazione nella corteccia cerebrale. La stimolazione di tali centri, secondo Bechterev, produceva salivazione nell'animale e la rimozione degli stessi impediva la manifestazione di riflessi condizionati stabiliti prima dell'intervento chirurgico. Tali evidenze vennero però contestate da Pavlov, sulla base di esperimenti condotti nel suo laboratorio. In una drammatica seduta pubblica, Bechterev esibì il comportamento di due cani precedentemente condizionati a salivare alla vista di uno stimolo, mostrando come essi non producessero, dopo l'intervento chirurgico, neppure una goccia di saliva alla vista dello stimolo. Pavlov, che era presente, chiese, nonostante le rimostranze di Bechterev, di poter sottoporre lui stesso i cani a test. Inserì più volte nella bocca dei cani, per mezzo di un tubicino, dell'acido diluito che produceva salivazione e mostrò al pubblico e a Bechterev attonito che il semplice stimolo costituito dallo scroscio provocato dal passaggio del liquido nel tubo diventava in grado, dopo poche prove, di elicitare da solo la risposta di salivazione negli animali. La controversia con Bechterev ebbe anche l'effetto, nell'ultima fase della vita di Pavlov, di stimolare il suo interesse per le implicazioni più generali della sua ricerca, con incursioni nel territorio della psicologia clinica. Alcune osservazioni condotte nel suo laboratorio suggerivano che in determinate condizioni gli animali manifestavano, durante il condizionamento, segni di disgregazione comportamentale. Famoso fu il caso di un cane addestrato a salivare in risposta a uno stimolo costituito da un cerchio, ma non in presenza di un'ellisse. L'animale apprendeva facilmente quando la differenza tra asse maggiore e minore dell'ellisse era abbastanza grande, ma a mano a mano che questa diminuiva, rendendo via via più simili gli stimoli da discriminare, l'animale cessava di mostrare la risposta condizionata anche per gli stimoli discriminativi cui aveva già imparato a rispondere, presentando segni di grande eccitabilità e nervosismo. L'osservazione di questi disturbi del comportamento, unitamente alla constatazione di marcate differenze individuali, condusse Pavlov all'idea di una base nervosa generale per i differenti tipi di personalità (sia nell'animale che nell'essere umano). Ogni comportamento, secondo Pavlov, sarebbe il risultato di un conflitto tra fattori eccitatori e inibitori; individui diversi sarebbero inoltre costituzionalmente più inclini all'eccitazione o all'inibizione. Nel 1924 Pavlov tenne una serie di conferenze a Leningrado, che avrebbero costituito poi la base del suo libro sui riflessi condizionati.

Tradotto in inglese nel 1927, il libro ha fornito la principale fonte di conoscenza del lavoro di Pavlov al di fuori della Russia. Sfortunatamente, però, egli non diede seguito ad alcuna pubblicazione della maggior parte del lavoro condotto in quasi quarant'anni di sperimentazione sul condizionamento. Pavlov, inoltre, mostrava scarsa inclinazione allo sviluppo di un sistema teorico coerente. Grande sperimentalista, osservò per primo alcuni fenomeni destinati ad acquisire successivamente un rilievo teorico assoluto, ma senza rendere esplicito il loro significato. È il caso dell'overshadowing, nel quale l'accoppiamento di uno stimolo condizionato con un secondo stimolo molto intenso può mascherarne la capacità di evocare la risposta condizionata. Ad esempio, se E1 è composto di un segnale acustico intenso e di una luce flebile, soltanto l'elemento più intenso dello stimolo composto (in questo caso il suono) riesce a provocare la risposta condizionata. L’overshadowing mostra che il mero accoppiamento temporale dello stimolo condizionato e incondizionato non è sufficiente per garantire il condizionamento (la presenza di un altro stimolo intenso appare infatti in grado di mascherare la capacità dello stimolo condizionato di evocare la risposta indipendentemente dalla relazione di contiguità temporale con lo stimolo incondizionato). Considerato il grande sviluppo che si verificò, a cavallo del secolo, di vari metodi sperimentali all'interno delle scienze della vita, non è sorprendente che i primi esperimenti sul condizionamento risalgano anch'essi a questo periodo. Nondimeno, può apparire curioso che le prime ricerche sul condizionamento classico siano state condotte in Russia e non negli Stati Uniti, dove, come già osservato, quasi contemporaneamente a Pavlov, lo psicologo Thorndike aveva dato inizio allo studio della forma parallela del condizionamento classico, quello detto strumentale. Sebbene un certo ruolo sia da attribuire allo stato turbolento della Russia di quegli anni, e all'identificazione delle scienze con l'opposizione alle leggi prevalenti e alle istituzioni sociali - nella terra dello Zar il semplice fatto di porre in questione il principio di autorità e di verificare, con l'indagine scientifica ed empirica, la validità delle credenze, costituiva di per sé un atto rivoluzionario - vi sono anche ragioni di tipo strettamente pratico-metodologico. La principale sembra legata alle peculiarità del fenomeno del condizionamento classico, e al fatto che il laboratorio di Pavlov era probabilmente uno dei pochi luoghi al mondo in cui tali peculiarità potessero essere indagate. Ciò perché, a differenza del condizionamento strumentale, il condizionamento classico richiede tecnologie e procedure sperimentali tutt'altro che banali. È significativo, da questo punto di vista, confrontare le apparecchiature e le metodologie d'indagine alquanto primitive della sperimentazione condotta in quegli stessi anni da Thorndike sul condizionamento strumentale (che impiegava rozze «gabbie-problema» la cui apertura da parte dell'animale, per tentativi ed errori, era garantita anche nelle condizioni meno controllate), con le sofisticate metodologie, sia chirurgiche che comportamentali, impiegate da Pavlov per studiare il condizionamento classico. La necessità di usare procedure molto controllate nasce dal fatto che il condizionamento classico è estremamente sensibile al fenomeno dell'inibizione cosiddetta esterna. Nel suo laboratorio Pavlov potè osservare che anche quando una risposta condizionata sembrava essere ormai ben acquisita da un animale, l'improvvisa presentazione di uno stimolo disturbante, quale un rumore o altro, poteva ridurre o addirittura far scomparire la risposta condizionata. Non a caso il laboratorio di Pavlov era soprannominato «la torre del silenzio». Forse nessun altro scienziato al mondo si trovava nella condizione di poter disporre di un laboratorio, di animali e di mezzi adeguati per studiare il condizionamento classico. Non solo: la cornice teorica entro la quale era stato considerato, fino a quel momento, il condizionamento era quanto di più lontano dall'orientamento teorico prevalente in fisiologia sperimentale. Solo uno scienziato la cui fama era già acquisita, e sul quale il giudizio critico dei col leghi avesse un effetto blando, poteva permettersi di avventurarsi su un terreno cosi scivoloso. Va a merito di Pavlov, comunque, l'averlo fatto.

Certamente altri studiosi, prima di lui, osservarono o descrissero il fenomeno del condizionamento, ma a Pavlov va riconosciuto di essere stato il primo a capirne l'importanza e di aver dedicato alla sua indagine una mole considerevole di energia sia sul piano sperimentale sia su quello dell'elaborazione teorica. Come altri dopo di lui, Pavlov vedeva nello studio del condizionamento un mezzo per scoprire il funzionamento più generale del sistema nervoso. Scettico circa la possibilità di una psicologia scientifica basata sull'introspezione, riteneva che il riflesso psichico potesse fornire un indice oggettivo, misurabile, per lo sviluppo di una psicologia scientifica su base fisiologica. Curiosamente, sebbene queste concezioni siano state poi usate e intrecciate con l'ideologia politica dominante in Russia durante la rivoluzione bolscevica, Pavlov mantenne sempre un atteggiamento distaccato sulle questioni politiche e riuscì, anzi, a proseguire le sue indagini mantenendo una grande libertà dalle interferenze esterne. La sua dedizione alla scienza fu assoluta, cosi come la sua integrità e la capacità di mettere in discussione anche i precetti apparentemente pili fondati della sua disciplina, ogniqualvolta i dati sperimentali lo richiedevano.

GIORGIO VALLORTIGARA