Lewin, Kurt

K. Lewin (1890-1947) è considerato uno dei principali protagonisti della psicologia sociale del '900. Nato a Mogilno, in Prussia, da una famiglia ebraica di estrazione medioborghese, Lewin intraprese il suo cursus accademico a Friburgo e a Monaco; nel 1914 completò il dottorato in Filosofia sotto la supervisione di C. Stumpf presso l'Università di Berlino, dove successivamente, dal 1921 al 1926, assunse la libera docenza e nel 1927 divenne professore di psicologia. Mantenne questa carica fino al 1933, quando la sua carriera in Germania venne bruscamente interrotta dall'avvento del nazionalsocialismo. Durante questo periodo, collaborò con M. Wertheimer, K. Koffka e, soprattutto, con W. Köhler. Nel 1932, gli venne offerto un incarico come visiting professor alla Stanford University e nel 1933 a causa delle persecuzioni naziste emigrò definitivamente negli Stati Uniti. La prima università ad accogliere Lewin fu la Cornell University, dove lavorò per i due anni successivi. In seguito divenne professore di ruolo di psicologia infantile presso la Child Welfare Research Station della State University of Iowa, ove rimase per circa io anni. Durante questo periodo, e precisamente nel 1940, Lewin prese la cittadinanza americana. Nel 1945 fu chiamato al Massachusetts Institute of Technology, dove fondò il celebre Center for Group Dynamics e dove condusse ricerche sino all'anno della morte. L'opera di Lewin risentì indubbiamente delle correnti di pensiero dominanti in Germania durante gli anni della sua formazione: il neokantismo, la teoria psicoanalitica e la psicologia della Gestalt. Il contatto con E. Cassirer, uno dei principali esponenti della filosofia neokantiana, spinse Lewin ad affrontare il problema epistemologico della relazione tra concetti e uso della logica nell'elaborazione delle teorie scientifiche, e ad approfondire l'analisi concettuale di fenomeni quali l'intenzione, la frustrazione, l'apprendimento, la resistenza al cambiamento e il conflitto. Con la teoria psicoanalitica, invece, l'autore condivise l'interesse per lo studio delle emozioni, della struttura e dello sviluppo della personalità; il bisogno di abbattere le barriere tra le diverse branche della psicologia e la necessità, nello studio dei fenomeni, di andare oltre l'approccio puramente descrittivo. Tuttavia, egli si differenziò dall'impostazione psicoanalitica per ciò che concerne il metodo adottato e l'interpretazione dei comportamenti. Per Lewin, infatti, il metodo di ricerca deve essere sperimentale, e l'interpretazione di un comportamento deve considerare, più che l'analisi dello sviluppo e delle esperienze individuali, la relazione che intercorre, in un determinato momento, tra l'individuo e l'ambiente in cui è inserito. Dalla psicologia della Gestalt, Lewin acquisì sia la concezione del carattere globale dell'esperienza, dove il tutto non è la semplice somma delle sue parti, sia l'importanza di porsi di fronte alla realtà in modo immediato. Più di ogni altra cosa, però, apprese la necessità di studiare un qualsiasi fenomeno senza scomposizioni elementari, ma attraverso l'analisi delle relazioni e delle proprietà che ne caratterizzano i diversi aspetti. In particolare, dalla lezione gestaltista derivò l'idea che il comportamento degli individui può essere compreso solo considerando la situazione in cui esso avviene. Ma l'attenzione per i comportamenti concreti, per i fattori motivazionali e di personalità ad essi collegati, così come per la situazione materiale e sociale in cui si manifestano, contribuirono a creare in Lewin un'impostazione meno fenomenologica di quella gestaltista e più vicina al costruttivismo. Lewin, oltre che un teorico accurato e rigoroso, è stato anche uno studioso attento e interessato alle tematiche sociali dell'epoca. L'influenza dell'impostazione lewiniana nella psicologia americana, allora dominata dal behaviorismo, contribuì al diffondersi di una psicologia sociale fondata sull'articolazione tra lo psichico e il sociale. Molto rilevanti sono stati anche i contributi dei suoi allievi, sia quelli con cui Lewin collaborò durante il periodo tedesco come B. Zeigarnik, M. Ovsiankina, K. Lissner e T. Dembo, sia quelli del periodo americano, come J. Frank, R. Barker, R. Lippitt, R. White e L. Festinger.

E’’ possibile identificare nell'opera di Lewin tre principali prospettive di indagine (Amerio, 1995):

1) il tentativo di attuare all'interno della psicologica sociale una sistematizzazione teorico-epistemologica,

2) l'elaborazione della teoria di campo,

3) lo studio dei gruppi sociali e delle loro dinamiche. Per quanto riguarda la prima area, secondo Lewin non è possibile raggiungere nessun risultato, né di ordine scientifico, né di ordine pratico, senza aver sviluppato in modo adeguato l'aspetto teorico. Egli sottolinea infatti la necessità, per la psicologia, di passare da un approccio «aristotelico», basato su rigide classificazioni e dicotomie, a una concezione «galileiana», che si occupi di scoprire leggi in grado di prevedere e spiegare i fenomeni. Lo studio del comportamento, perciò, deve implicare un esame della relazione tra individuo e situazione concreta, mentre la ricerca delle cause dei fenomeni deve comprendere l'analisi della situazione nella sua globalità, senza tralasciare il significato soggettivo che l'individuo attribuisce al fenomeno stesso.

Nell'ultimo periodo di vita, Lewin insiste soprattutto sulla necessità di creare una stretta interdipendenza tra gli aspetti teorici delle scienze sociali e i bisogni pratici della società. A questo proposito, l'autore sottolinea che la ricerca, per comprendere scientificamente i fatti sociali, deve mantenersi a stretto contatto con la vita quotidiana, sia impegnarsi per migliorare la realtà sociale. Questa attenzione verso l'applicazione pratica della psicologia sociale troverà compimento nella ricerca-azione (action-research) e nel gruppo di formazione (T-group). Affinché l'articolazione fra ricerca pura e applicazione pratica non provochi un abbassamento del livello scientifico è necessario che il ricercatore proceda correttamente, sostenuto da un rigoroso impianto metodologico. E’’ necessario, di conseguenza, superare i confini esistenti tra le diverse scienze sociali utilizzando metodi psicologici, sociologici e antropologici sia negli studi di laboratorio, sia in quelli sul campo. L'interesse per tali questioni teoriche ed epistemologiche è evidente soprattutto nelle opere Gesetz und Experiment in der Psychologie (1927), The conflict between Aristotelian and Galileian modes of thought (1931) e in diversi scritti raccolti nel volume Teoria e sperimentazione in psicologia sociale (1951). Il secondo importante contributo di Lewin è costituito dall'elaborazione della famosa teoria di campo. Il concetto di campo, mutuato dalla fisica e già precedentemente utilizzato dalla psicologia della Gestalt, venne ripreso da Lewin per spiegare come i comportamenti siano, al tempo stesso, funzione della persona e dell'ambiente. Per la teoria di campo, infatti, le cause di un qualsiasi atto non sono da ricondurre solo alle disposizioni interne dell'individuo o alle situazioni in cui si trova, ma sono da ricercare anche nel rapporto fra le diverse forze compresenti nel campo psicologico. Il campo è formato dalla relazione interdipendente tra lo spazio di vita, che contiene la persona e la sua rappresentazione psicologica dell'ambiente; la zona di frontiera, che contiene i fatti, i quali, grazie ai processi percettivi, sono in interscambio continuo con il campo; e i fatti all'esterno del campo, che non interagiscono con il mondo psicologico della persona. Il comportamento (C) è, perciò, funzione dello spazio di vita: C = f (SV), e lo spazio di vita è il prodotto dell'interazione tra la persona (P) e il suo ambiente (A), per cui C = f (SV) = f (P, A). Ogni comportamento, in tal modo, viene concepito come una locomozione, o un passaggio, da una «regione» del campo psicologico a un'altra, e viene determinato dalla risultante complessiva delle forze che operano sull'individuo in uno specifico momento, inclusi gli stati interni, tra cui i bisogni, i desideri e le valenze positive e negative degli oggetti nel campo. Inoltre, per Lewin è importante considerare anche tutto ciò che può orientare il comportamento e creare situazioni di conflitto con i desideri interni, come ad esempio le barriere, i premi, le punizioni, la cultura e l'educazione. Tuttavia, aspetti quali affettività, cognizione, percezione e motivazione, che rappresentano la regione interno-personale, hanno una maggiore influenza sul comportamento rispetto alla regione percettivo-motoria, che si trova all'esterno della persona, al confine con l'ambiente psicologico pili vasto. Spinto dalla necessità di rendere la teoria di campo ancora più rigorosa, Lewin si dedicò all'elaborazione di una geometria odologica (Lewin, 1938), in grado di rappresentare gli spostamenti da una regione all'altra dello spazio di vita, e di una teoria topologica (1936), capace di trasformare i concetti psicologici in un linguaggio matematico-geometrico. Attraverso la geometria odologica, secondo l'autore, è possibile descrivere la direzione degli spostamenti verso le regioni che hanno valenze positive, se l'oggetto è considerato desiderabile, o valenze negative, se l'oggetto viene ritenuto da evitare. La psicologia topologica, i cui principi derivano dalla complessa disciplina matematica della topologia (che a differenza di quella euclidea non è metrica, ma si occupa delle proprietà delle figure che rimangono immutate dopo trasformazioni metriche continue), riguarda gli aspetti qualitativi della connessione e della posizione - come appartenenza al gruppo e relazioni tra singole parti e totalità - che caratterizzano le relazioni spaziali in senso psicologico. Non sempre, però, i rapporti tra i postulati geometrici e la psicologia topologica ipotizzata da Lewin sono stati riconosciuti validi dai matematici, tanto che questo ambizioso progetto ha avuto meno seguito rispetto ad altri ambiti delle sue ricerche, soprattutto quelli relativi ai gruppi sociali.

L'interesse per le caratteristiche dell'ambiente psicologico e le tragiche vicende che portarono alla Seconda guerra mondiale

orientavano Lewin verso lo studio dei gruppi, assumendo una prospettiva prettamente psicosociale, nella quale il gruppo non è considerato come un insieme di persone ma come un’unità dinamica caratterizzata da scopi, speranze e percezioni comuni. L'autore introdusse, a questo proposito, l'espressione «dinamica di gruppo» proprio per indicare le relazioni che si manifestano all'intero di un gruppo e che ne determinano il comportamento e l'evoluzione. Il punto di partenza dell'elaborazione teorica lewiniana è che il gruppo si costituisce non sulla base della somiglianza fra i membri, ma sulla percezione di condividere un destino comune, o una qualche forma di interdipendenza con altri esseri umani. Il concetto di interdipendenza, successivamente approfondito dai suoi allievi, si specifica nell'interdipendenza del destino e nell'interdipendenza del compito. La prima forma, che rappresenta un elemento macroscopico di unificazione, si verifica quando un aggregato casuale di individui si rende conto di condividere un destino comune, come nel caso degli ebrei tedeschi, per i quali l'appartenenza al «gruppo ebraico» divenne saliente in seguito alle persecuni naziste. La seconda forma di interdipendenza, invece, pone enfasi sul perseguimento di obiettivi comuni e si verifica quando i risultati ottenuti da ciascun individuo hanno delle conseguenze sui risultati degli altri membri. La natura di queste conseguenze può essere positiva, nel caso in cui il risultato di ognuno porti al successo di tutto il gruppo, o negativa, nel caso in cui il successo di uno porti inevitabilmente al fallimento degli altri membri. Da queste teorizzazioni sono derivati numerosi studi empirici, nei quali Lewin ha cercato di analizzare diversi aspetti della vita del gruppo. A tale proposito sono significativi gli studi, effettuati durante il periodo trascorso all'Iowa Child Welfare Research Station, sui fattori in grado di incrementare o deteriorare la produttività dei gruppi. In particolare, analizzando i tre principali stili di leadership -democratico, autoritario e permissivo - in gruppi reali di preadolescenti, l'autore mostrò che lo stile adottato influenzava sia la produttività che il clima di gruppo (Lewin, Lippitt e White, 1939). I gruppi guidati da un leader democratico esibivano una minore dipendenza dal leader, un rendimento quantitativo modesto ma di maggiore originalità e creatività e un clima caratterizzato da scarsa aggressività. La leadership autoritaria generava, invece, un clima caratterizzato da elevata aggressività, insoddisfazione e competizione tra i membri, da una forte dipendenza dal leader e dalla creazione e denigrazione di capri espiatori. Tuttavia, il rendimento complessivo del lavoro svolto era buono. Infine, nello stile permissivo i gruppi mostravano una scarsa dipendenza dal leader, una forte aggressività tra i membri, un'elevata insoddisfazione e un rendimento decisamente modesto. L'importanza attribuita al gruppo nei processi di cambiamento, sia individuale che sociale, rappresenta un'altra intuizione del pensiero di Lewin. Si collocano in questa linea di ricerca i famosi studi sulle abitudini alimentari degli americani. Questi studi, commissionati dal dipartimento dell'Agricoltura del governo federale in vista di possibili problemi economici legati al secondo conflitto mondiale, avevano lo scopo di incrementare il consumo di quei cibi considerati meno pregiati e meno consueti nella alimentazione dell'americano medio, come ad esempio le frattaglie o il pane integrale, ma che possedevano un elevato valore nutritivo. I risultati mostrarono che per ottenere un cambiamento effettivo i soggetti, più che assistere a conferenze di esperti, dovevano partecipare a discussioni di gruppo e assumere un impegno preciso di consumo di tali alimenti. Il partecipare a una conferenza o a una discussione poteva risultare efficace nel suscitare emozioni nella direzione voluta; tuttavia, mentre nel primo caso non si produceva un vero e proprio mutamento delle abitudini, nel secondo si verificava un «effetto consolidante» tra emozione e azione, dovuto alla tendenza dell'individuo sia a essere coerente con la decisione presa in pubblico, sia a restare fedele all'impegno preso nei confronti del gruppo. Questa metodologia di ricerca viene definita «ricerca-azione», dal momento che si propone, da un lato, di usare la teoria per intervenire sulla realtà e cambiarla e, dall'altro, di utilizzare le conoscenze acquisite attraverso l'esperienza concreta per perfezionare e arricchire la teoria stessa. Come sottolineato dallo stesso Lewin, il miglior modo di comprendere qualcosa è cercare di cambiarlo. Affinché la ricerca-azione porti a questo risultato è richiesto il coinvolgimento e la partecipazione di tutte le persone implicate: sia dei soggetti partecipanti alla ricerca, sia dei ricercatori in essa impegnati. Svariate sono le applicazioni della ricerca-azione, che ancora oggi viene usata in diversi ambiti, da quelli più strettamente educativi a quelli legati alla vita delle organizzazioni lavorative. Seguendo questa logica, nel 1946 Lewin e i suoi collaboratori inaugurarono un'altra innovativa metodologia di ricerca: il T-group (training group). Questo metodo di formazione attiva di gruppo ha lo scopo di aiutare i partecipanti a prendere consapevolezza e ad acquisire conoscenze su tre diversi livelli del comportamento sociale: quello interpersonale, quello intragruppo e quello intergruppi. Attraverso questo metodo gli individui divengono responsabili attivi del proprio apprendimento, grazie anche all'attività dei conduttori, i quali non hanno il ruolo di trasmettere conoscenze ma di rendere consapevoli i partecipanti di ciò che avviene nell'Aie et nunc del gruppo. Sia il T-group che la ricerca-azione, perciò, mettono in luce il ruolo fondamentale che i gruppi sono in grado di svolgere nei processi di cambiamento sia individuale che sociale. La morte improvvisa ha impedito a Lewin di approfondire questa prospettiva di analisi, ma le sue teorie e le sue intuizioni hanno influenzato la psicologia sociale, aprendo la strada a nuovi metodi di ricerca e allo studio dei fenomeni di gruppo. Nonostante ciò, nessuno dei suoi allievi è stato in grado di raccogliere completamente le sfide da lui lanciate. Subito dopo la sua scomparsa, infatti, si delineò una netta separazione: da una parte, alcuni allievi si concentrarono sulla realizzazione di ricerche sperimentali, accompagnate dall'elaborazione di miniteorie o teorie a medio raggio, abbandonando perciò l'interesse per i grandi sistemi teorici. Dall'altra parte, altri allievi si dedicarono alla ricerca applicata, sentendo sempre meno la necessità di impegnarsi nell'elaborazione di un sistema teorico generale.

AUGUSTO PALMONARI, ANNA RITA GRAZIANI e SILVIA MOSCATELLI