Lacan, Jacques

J. Lacan (1901-1981) nacque a Parigi in seno a una famiglia della media borghesia di estrazione cattolica. Interessato precocemente alla filosofia, si laurea in medicina e si specializza in psichiatria nel 1932 con una tesi sulla paranoia, riscuotendo successo tra gli psichiatri e nell'ambiente intellettuale francese, in particolare tra i surrealisti. In quello stesso anno inizia la sua formazione psicoanalitica. Quattro anni dopo Lacan segna il suo ingresso nella psicoanalisi con un intervento al XIV Congresso internazionale di Marienbad (Lo stadio dello specchio), Lacan prende spunto dall'interesse che il bambino tra i sei e i diciotto mesi manifesta davanti alla sua immagine riflessa nello specchio per cogliervi la matrice di una denaturalizzazione fondamentale: il lattante, fisiologicamente prematuro, esulta per il fatto di riconoscersi nell'immagine allo specchio, si identifica in questa immagine, ma ne è nel contempo sposseduto, poiché essa è anche quella di un altro. Da qui Lacan ricava l'idea che l'io, le moi, è costituito a partire da un'alienazione immaginaria e che il suo sviluppo si costituisce tramite identificazioni ideali. Fin dall'inizio egli si discosta quindi dalla concezione postfreudiana la quale, partendo dalla seconda topica, farebbe dell'io l'istanza centrale e la funzione di sintesi della personalità. Al contrario, Lacan considera l'io né unificante né unificato, ma un'accozzaglia di identificazioni immaginarie. Sebbene immaginarie, tali identificazioni non sono però tutte equivalenti, dato che alcune sono normative. A tale scopo egli fa ricorso al termine «imago» (Lacan, 1938), in cui condensa il valore dell'immagine con il suo ruolo regolatore nello sviluppo umano. Da qui prende le mosse la prima teoria di Lacan, in cui l'immaginario è la dimensione specifica dell'esperienza analitica e che svilupperà nel primo dopoguerra nel Discorso sulla causalità psichica (1950). Più di chiunque altro Lacan ha segnato la storia della psicoanalisi in Francia e il suo insegnamento conosce attualmente una grande diffusione nel mondo. «Insegnamento» è il termine che Lacan stesso ha scelto per indicare il modo in cui si pone rispetto alla scoperta freudiana. Il suo scopo non è stato quello di rifondare la psicoanalisi (anzi, egli ha posto l'inizio del suo insegnamento sotto l'insegna di un ritorno a S. Freud), ma quello di chiedersi a quali condizioni la psicoanalisi fosse possibile, di interrogarla a partire dall'esperienza clinica e infine di condurne la logica fino alle sue ultime conseguenze. In tal modo, tramite un insegnamento perseguito con tenacia per più di trent'anni, egli ha delineato un orientamento che si è rivelato rigoroso, coerente e univoco. Univoco è l'orientamento, non il percorso: come la sinuosità di un fiume, egli segue le anse di un'interrogazione che non si soddisfa ma si rilancia. Nel corso del suo insegnamento Lacan produce molteplici elaborazioni, che a volte si sovrappongono, si contrastano o si completano, ma che non arrivano mai né a costituire una teoria unitaria né tanto meno a fare sistema: le diverse elaborazioni sulla psicoanalisi, ed eventualmente anche la loro somma, sono tutte, a suo avviso, strutturalmente segnate dall'in-eventualmente anche la loro somma, sono tutte, a suo avviso, strutturalmente segnate dall'incompletezza. Per accedere alla comprensione dell'orientamento lacaniano è necessario tener presente alcuni aspetti. In primo luogo, Lacan parte dai dati offerti dalla pratica clinica della psicoanalisi. La scoperta freudiana, l'inconscio, si basa su tali dati. Ora, secondo punto, quale statuto dare all'inconscio ? Lacan rifiuta di porre l'inconscio all'insegna dell'ineffabile o del trascendente: l'inconscio deve essere elucidato con gli strumenti dello scibile umano, sebbene non esista uno strumento specifico e sebbene lo stesso pensiero si riveli inadeguato. Da qui, terzo aspetto, il costante ricorso ai vari saperi, come in parte aveva già fatto Freud: letteratura, etnologia, sociologia, psichiatria, linguistica, filosofia, teologia, matematica, topologia e via dicendo. Si aggiunga a questo un quarto aspetto: Lacan utilizza tutti questi saperi cogliendoli dal punto che interessa la sua questione e, per di più, da angolature differenti, a volte addirittura opposte. Infine, si deve tener presente che l'utilizzo dei vari saperi e delle varie assiomatiche, a causa della centralità imprescindibile che Lacan attribuisce al dato clinico freudiano, altera necessariamente i saperi utilizzati, in modo tale da sembrare irriconoscibili agli occhi dello specialista. Si aggiunga il fatto che Lacan non presenta mai le sue elaborazioni in modo interrogativo ma sempre in modo assertivo, e in uno stile quanto mai personale. Questo spiega la difficile comprensione dell'opera lacaniana, la cui produzione ci è trasmessa, da un lato, nella serie dei diversi volumi del suo Seminario, e, dall'altro, nei suoi Scritti, sicuramente di più ardua comprensione poiché in essi Lacan tenterà di piegare la scrittura stessa per renderla isomorfa alla struttura dell'inconscio. Per questo al lettore affrettato i testi lacaniani rimangono oscuri. Ma quando se ne percepisce la logica, l'opera di Lacan rifulge di una grande chiarezza. Nel suo Seminario, che inizia nel 1953, per i primi dieci anni Lacan si dedica all'esame di testi freudiani. A partire dal 1964, con il libro XI, Lacan sposta decisamente l'accento sulla propria elaborazione. Infine dal 1972 si occuperà più particolarmente dei fondamenti stessi del suo discorso. Dal punto di vista istituzionale, dopo essere stato la posta in gioco di due scissioni nella comunità psicoanalitica freudiana - nel 1953, anno da lui indicato come l'inizio del suo insegnamento con il Discorso di Roma (1956a) e nel 1963 in cui, a suo dire, fu scomunicato dall'Associazione psicoanalitica internazionale -, Lacan fonda la sua propria istituzione, l'Ecole freudienne de Paris, da lui sciolta nel 1980 per infine adottare l'Ecole de la Cause freudienne, di cui fu il primo presidente. Attualmente molte Scuole lacaniane si riconoscono nell'Associazione mondiale di psicoanalisi, istituita da J.-A. Miller nel 1992. Lacan non sarebbe Lacan se fosse rimasto alla sua prima teorizzazione dell'immaginario. Lo diventa quando, a partire dalla distinzione tra l'immaginario, il simbolico e il reale - pietra miliare del suo insegnamento -, egli pone il simbolico al centro dell'operazione analitica. L'inconscio non è qualcosa che si riassorbe nell'Immaginario, ma è di ordine simbolico. A suo avviso, che l'inconscio sia di ordine simbolico è la condizione sine qua non perché la psicoanalisi sia teoricamente possibile e clinicamente operativa. Lacan sintetizza tale condizione nell'aforisma: «la psicoanalisi è possibile se e solo se l'inconscio è strutturato come un linguaggio». Si tratta di un'ipotesi, ma qualora essa fosse falsa, la psicoanalisi, così come la intende Freud, non sarebbe possibile. Lacan considera che nei suoi scritti Freud attesti l'isomorfismo della struttura dell'inconscio con la struttura del linguaggio, anche se Freud non dà mai una tale definizione dell'inconscio. Egli, infatti, afferma di poter interpretare il sogno o il lapsus o le altre formazioni dell'inconscio. Interpretarli vuol dire poterli decifrare e quindi leggerli. Leggerli vuol dire che, sebbene non siano immediatamente comprensibili, essi, come i geroglifici o i rebus, hanno un senso che non può essere ricavato se non considerandoli nel loro aspetto letterale, e quindi dell'ordine del linguaggio, E’ in questo contesto che Freud può considerare che la parola dell'analizzante, vale a dire l'associazione libera, e quella dell'analista, vale a dire l'interpretazione, abbiano presa sul sintomo: una rivelandone la logica inconscia messa in luce dalla catena significante e l'altra avendo su di esso una qualche efficacia. Ininterrottamente, in tutto il suo percorso teorico e clinico, Lacan riprende sempre la medesima interrogazione: in che modo la parola ha un effetto sul reale del sintomo ? Tutte le diverse elaborazioni di Lacan tentano di dare una risposta a questo quesito.

> Fin dal 1953 Lacan oppone in modo deciso al registro dell'immaginario al registro del simbolico. Il simbolico, diversamente dall'immaginario, ha un effetto su quel reale che si manifesta come sintomo. La supremazia del simbolico sarà sviluppata su tutti i livelli. Si tratterà della disgiunzione del soggetto, simbolico, rispetto all'io, immaginario. Oppure si tratterà del primato dell'istanza simbolica dei personaggi edipici rispetto alla loro valenza immaginaria che sussume anche quella della semplice realtà. Si tratterà inoltre, rispetto a ogni altro (con la minuscola) in cui si riassume ogni alter ego e quindi ogni simile, del grande Altro (con la maiuscola), con cui Lacan indicherà, al di là delle persone concrete, la loro valenza simbolica: si tratta quindi dell'Altro della verità, dell'Altro del patto, dell'Altro come terzo, dell'Altro della buonafede, dell'Altro della parola, dell'Altro del linguaggio. Infine, si tratta dell'Altro del desiderio che mi agita ma che non conosco perché inconscio. L'Altro è quindi il luogo, quello di un'altra scena - ein anderer Schau-platz, come dice Freud - che è quell'Altrove interno all'essere che parla, in cui opera l'inconscio: l'inconscio è il discorso dell'Altro. Alla diade immaginaria io/altro, Lacan oppone la diade simbolica soggetto/Altro.

> Lo psicoanalista farebbe bene a tenerne conto, poiché ogni suo scivolamento sul versante immaginario annulla la sua valenza

> simbolica e provoca un danno nella cura (acting out, passaggio all'atto, perversioni transitorie, ecc.) o anche l'interruzione della cura stessa. Da qui la critica al controtransfert, posizione immaginaria, a cui Lacan oppone quella funzione simbolica che chiamerà il desiderio dell'analista.

> Il simbolico lacaniano ha due versanti: quello della parola e quello del linguaggio. La parola è il registro in cui si dispiega la verità del soggetto: è la parola che riassorbe la mancanza di simbolizzazione del sintomo, è la parola che pacifica, portatrice di mediazioni e di identificazioni, è la parola che si rivolge all'Altro da cui il soggetto riceve il riconoscimento del proprio desiderio. Il linguaggio è invece il registro dell'ordine simbolico in quanto tale: è una struttura articolata, combinatoria, autonoma e senza senso. Nel suo funzionamento, l'inconscio funziona proprio come una struttura articolata, combinatoria, autonoma e senza senso. Nel cosiddetto grafo del desiderio, presentato nel libro V del Seminario (1957-58), Lacan riduce le due strutture, quella della parola e quella del linguaggio, a una sola: così l'insieme dei significanti è situato nel luogo dell'Altro, nella struttura della parola. Lacan prende quindi spunto dalla comunicazione, insiste in un primo tempo sull'intersoggettività, poi sposta decisamente l'accento sul rapporto non solo di asimmetria ma di imparità, com'egli dice, tra il Soggetto e l'Altro e, nella cura analitica, tra l'analizzante e l'analista, a causa del posto che l'analista occupa rispetto alla struttura dell'inconscio. Del transfert, che è l'amore che si rivolge al sapere inconscio, Lacan sottolineerà quella funzione simbolica che è perno e molla in una psicoanalisi, e che egli chiama «il soggetto supposto sapere». Il soggetto supposto sapere è la funzione che annoda il transfert, inteso come domanda di significazione rivolta dall'analizzante all'analista, e l'interpretazione.

> L'elaborazione di Lacan, privilegiando il simbolico rispetto all'immaginario, mette decisamente l'accento non già su che cosa il funzionamento inconscio veicola ma sul modo in cui esso lo veicola. Da qui un vantaggio e una perdita. La perdita: una simile elaborazione, almeno in un primo tempo, rinvia nel campo dell'immaginario il soddisfacimento propriamente libidico. Il vantaggio: il funzionamento della pulsione, sempre pulsione parziale, si rivela essere quello di un circuito che gira intorno all'oggetto, situato nel campo dell'Altro. Per questo il passaggio dalla pulsione orale alla pulsione anale, per esempio, non si produce a causa di un processo di maturazione ma a causa dell'Altro: dalla domanda che il soggetto rivolge all'Altro alla domanda che l'Altro rivolge al soggetto.

> La supremazia del simbolico sull'immaginario, tradotta da Lacan come primato del significante sul significato, comporta delle conseguenze sia a livello teorico che clinico. Si tratterà dell'incidenza dei significante del Nome del Padre nella normalizzazione del soggetto e la cui forclusione è all'origine della psicosi. Si tratterà della ripresa dei bisogni umani all'interno del circuito simbolico per cui anche il lattante, rivolgendosi all'Altro (la madre è la prima figura dell'Altro), lo farà tramite qualcosa che è già dell'ordine della domanda, con il grido o il pianto, per ottenere, al di là dell'oggetto del bisogno, il suo amore: ogni domanda è una domanda di amore. Lo scarto tra il bisogno e l'amore è il desiderio. Poiché il desiderio è preso nello slittamento indefinito della catena significante, Lacan (1957b) lo definisce una metonimia, mentre definisce il sintomo una metafora del soggetto. Di grande importanza è la lettura che Lacan dà del fallo freudiano. Il fallo non è né l'organo (pene o clitoride), né un fantasma, né un oggetto (parziale, interno, buono o cattivo...) ma, nella sua funzione immaginaria, è ciò di cui la madre manca, mancanza che il bambino tenta di colmare per essere l'oggetto del desiderio materno e, nella sua funzione simbolica, è un significante, strettamente correlato con la funzione paterna. Per Lacan il primato del fallo freudiano è il primato del simbolico: il fallo è quel significante che, per i due sessi, collega il corpo e il mondo simbolico.

> Il simbolico, si chiede allora Lacan, satura completamente ciò che nel corpo vi è di pulsionale ? La risposta è no. Nel 1959-60, con il libro VII del Seminario, Lacan opera una cesura nel suo insegnamento facendo emergere dal testo freudiano das Ding, la Cosa: al cuore dell'uomo c'è un soddisfacimento che non è né immaginario né simbolico ma reale e che chiamerà godimento. La Cosa (di

> cui la madre in quanto interdetta dalla proibizione dell'incesto è solo una delle figure) non può essere simboleggiata, ma fa buco nel sistema significante. Sottolineiamo qui due aspetti. Primo: al simbolico manca strutturalmente qualcosa per poter riassorbire il libidico. La scrittura di questa mancanza nell'Altro, S(Ⱥ), è il punto chiave della logica del significante e la matrice di tutti i termini propriamente lacaniani. Secondo aspetto: Lacan tenterà di riannodare il godimento con l'ordine significante. A tal scopo il godimento, da das Ding, fuori simbolico, viene ripreso operativamente come un oggetto che, pur non essendo significante, è comunque incluso nell'ordine simbolico: Lacan lo chiamerà «oggetto piccolo a» e lo considererà come il suo unico apporto inedito alla dottrina psicoanalitica. Il suo prototipo è l'oggetto perduto freudiano, le sue manifestazioni l'oggetto orale e l'oggetto anale, a cui egli aggiungerà lo sguardo, la voce, il niente. La sua definizione non è quella di essere l'oggetto del desiderio, ma quella dell'oggetto causa del desiderio.

> Nella cura, il compito dell'analista non sarà più solo quello di interpretare a partire dal sapere inconscio, ma sarà quello di incarnare l'oggetto che causa la parola dell'analizzante, l'oggetto che causa il suo desiderio. Solo un analista può occupare questo posto inedito: posto di rifiuto e di scarto, ma causa del desiderio del soggetto dell'inconscio. Il soggetto, che non è l'individuo ma il soggetto dell'inconscio, è un insieme vuoto, che Lacan scrive $, alienato nel significante da cui si fa rappresentare per un altro significante e la cui articolazione è riassunta da Lacan nella coppia S1 S2. Ma là dove c'era il soggetto vuoto viene l'oggetto piccolo a. E’ la traduzione lacaniana del Wo Es war soll Ich werden. All'alienazione significante risponde l'operazione a livello del godimento, che Lacan chiama separazione. Così, se l'operazione del significante da un lato produce una perdita, una mortificazione del soggetto, dall'altra essa produce un guadagno, che Lacan chiama il più-di-godere. Componendo i tre elementi dell'ordine significante: Sx S2 e $ con l'elemento non si lenificante: a, Lacan dà lo schema del discorso dell'inconscio che egli chiama «il discorso del Padrone». Da lì, per semplice rotazione dei termini senza alcuna permutazione, Lacan ottiene altri tre discorsi: dell'isterica, dell'analista e dell'università. Essi rispondono ai tre impossibili freudiani: governare, educare e psicoanalizzare, ai quali egli aggiunge il far desiderare. Il discorso, fondamento del legame sociale, supplisce al fatto che, come dice Lacan, non c'è rapporto sessuale. Che vuol dire un simile aforisma? Vuol dire che nell'inconscio, nell'Altro del significante, nulla risponde alla differenza sessuale se non, per i due sessi, la denotazione fallica. C'è discorso quindi perché non c'è rapporto sessuale. Ma a livello di godimento, non-tutto del godimento è ripreso nel godimento fallico. C'è un godimento, che Lacan chiamerà godimento femminile, che non risponde alla logica del tutto, vale a dire alla logica del significante.

> Si tratta di un godimento che si iscrive nella logica del non-tutto. Il non-tutto non è un tutto a cui manca qualcosa, ma è una serie in sviluppo senza limiti e senza totalizzazioni. E’ in questo registro, al di là dell'Edipo, al di là del significante, al di là del fallo, che, una per una, si pongono coloro che si iscrivono nel discorso come donne. E’’ in questo registro che Lacan situerà la creazione artistica o la fine comprovata di una psicoanalisi, da lui chiamata la passe.

> In modo quasi impercettibile, ma in maniera costante, Lacan opererà, dagli inizi degli anni '70, un completo ribaltamento nelle sue elaborazioni. Se all'inizio egli sottolinea gli effetti della parola sul reale del sintomo, gli effetti quindi dell'Altro sul godimento, alla fine del suo insegnamento arriverà a porsi la questione se come punto di partenza non ci sia invece solo il godimento. Si tratta del godimento Uno, senza l'Altro. Il che vuol dire senza l'Altro della parola e del linguaggio.

> Rimane problematico allora giustificare l’operazione analitica, che prevede un certo potere della parola sul sintomo. D'altra parte, rispetto all'articolazione logica, da sembrare considerata determinante nelle elaborazioni psicoanalitiche, l'ultimo Lacan privilegia il versante poetico che l'esperienza analitica comporta: rispetto all'uso comune della lingua, la psicoanalisi, come la poesia, ha un rapporto con il senso che è sempre singolare, e che Lacan chiama «la lingua». Anche dal punto di vista della pratica clinica l'ultimo Lacan opera una sovversione senza precedenti. Se la prima clinica di Lacan era centrata sulle identificazioni, e la seconda clinica sul fantasma, vale a dire centrata sulla relazione del soggetto con quel qualcosa di godimento che ottura la sua mancanza costitutiva, l'ultima clinica di Lacan invita a saperci fare con il sintomo. Non certo per accettare il sintomo come sofferenza, ma per operare sul sintomo quella torsione che, da disfunzionamento, ne riveli il suo reale funzionamento, collegato con il più personale godimento: da symptome, sintomo, a sinthome, sinthomo, com'egli scrive.

ANTONIO DI CIACCIA

>