Jung, Carl Gustav

C. G.Jung (1875-1961) nasce a Kesswil, in Turgovia. Il padre è un pastore protestante. Due anni prima era morto, poco dopo la nascita, il primogenito Paul. Il nonno paterno, di cui Carl Gustav porta il nome, era stato un personaggio di rilievo, cattedratico, a Basilea, di anatomia, chirurgia e ostetricia. Il nonno materno era stato un pastore. Nel suo ambito familiare immaginare gli spiriti e conversare con loro era considerato del tutto naturale. Avevano visioni, oltre al nonno, anche un fratello, una sorella e la nonna. Quando Jung ha tre anni, la madre deve essere ricoverata in ospedale per motivi di natura psicologica. Durante la sua assenza si occupa di lui una zia materna nubile. Jung frequenta il Liceo-Ginnasio di Basilea e poi l'Università della stessa città. Nel 1895 aderisce all'associazione studentesca Zofingia, dove svolge relazioni in cui compaiono abbozzi del suo successivo pensiero. Dal 1895 al 1899 partecipa alle sedute spiritiche della cugina materna H. Preiswerk.

Nel 1900 discute la tesi di laurea dal titolo Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti. Si tratta delle osservazioni compiute durante la partecipazione alle sedute spiritiche della cugina, la cui identità non viene però rivelata. Nello stesso anno inizia la frequenza della clinica psichiatrica Burg-hòlzli diretta da E. Bleuler (frequenza che cesserà nel 1909), e nel 1905 consegue la libera docenza all'Università di Zurigo. Nel 1903 sposa Emma Rauschenbach, da cui avrà cinque figli. Nel 1907 nella clinica psichiatrica del Burghölzli viene ricoverata Sabina Spielrein, una giovane russa che Jung cura e con cui stabilisce una relazione amorosa che inizia a incrinarsi nel 1909. La Spielrein diverrà lei stessa una psicoanalista. Nel 1911 Jung conosce Toni Wolff, con cui stabilirà invece una relazione sentimentale stabile.

Durante gli anni passati al Burghölzli, Jung si impegna negli studi sulle associazioni verbali ed elabora il concetto di complesso. Nel 1907 scrive Psicologia della dementia praecox, un testo fondamentale per la comprensione psicologica del mondo psicotico, in cui sostiene che la differenza sostanziale tra isteria e demenza precoce non consiste tanto nella presenza, nelle due malattie, di diversi complessi a tonalità emotiva, quanto nella differenza tra le loro intensità. Continuerà a occuparsi delle psicosi per tutto il corso della sua vita e arriverà a pensare che possa essere la particolare intensità dei complessi a determinare la produzione di una tossina responsabile, per le psicosi, della loro gravità (Jung, 1958). Legge Freud e nel 1906 inizia con lui una fitta corrispondenza. I due si incontreranno varie volte, ritenendo ambedue di aver trovato, l'uno nell'altro, un compagno di viaggio, un collega che condivide appieno comuni idee fondamentali. Nella fase più intensa del loro rapporto, appaiono delle differenze di modi di pensare, ma sembrano secondarie; prevale l'entusiasmo della scoperta e dell'esplorazione. Nel 1910 Jung diviene presidente dell'Associazione psicoanalitica internazionale fondata al Congresso di Norimberga. Man mano che il rapporto e la conoscenza reciproca si approfondiscono, le differenze diventano sempre più evidenti. Nel 1912 pubblica La libido. Trasformazioni e simboli, in cui le divergenze con Freud sono rimarcate e prendono una forma definitiva. Nonostante la radicalità delle differenze teoriche, Jung e Freud continuano però a collaborare. Nel 1913 Jung è rieletto presidente dell'Associazione psicoanalitica internazionale. Si dimette, insieme al gruppo di Zurigo, nel 1914.

Il distacco da Freud si rivela molto doloroso. Jung attraversa un periodo psicologico molto difficile (che H. Ellenberger denominerà malattia creativa), durante il quale subisce un'irruzione di contenuti psichici inconsci. Teme per la propria salute mentale. Durante questa esperienza apprende l'utilità di un confronto diretto con i contenuti immaginativi della mente, confronto che aveva già sperimentato nel corso di precedenti esperienze e che diventerà il metodo dell'immaginazione attiva. Esce da questo periodo di malessere psichico scrivendo Septem sermones ad mortuos. Nel 1916 pubblica La struttura dell'inconscio e La funzione trascendente; nel 1917 Psicologia dell'inconscio. Negli anni successivi sviluppa tutta la complessa struttura della psicologia analitica. I suoi interessi teorici, oltre che alla psicopatologia, si indirizzano prevalentemente alla gnosi, all'Oriente, alle mitologie, alle religioni, all'alchimia. Le sue osservazioni e riflessioni concernono spesso, inoltre, l'atteggiamento nevrotico della nostra civiltà. La sua proposta di fondo è un tentativo di integrazione, di necessario confronto, tra l'Io e l'inconscio. La nostra civiltà sarebbe malata per un eccessivo distacco dalle proprie fonti ed eccessivamente orientata verso uno sviluppo della coscienza. Sarebbe pertanto necessario correggere questa unilateralità. Nel 1921 scrive Tipi psicologici. Nel 1922 conosce R. Wilhelm e inizia con lui una feconda collaborazione; nel 1923 lo invita, al Club psicologico di Zurigo, a esporre le sue idee relative all'I Ching. Nel 1929 pubblica con lui Il segreto del fiore d'oro. Nel 1925 viaggia nell'Africa orientale. Nel 1927 pubblica La struttura della psiche, nel 1928 L'io e l'inconscio ed Energetica psichica. Nel 1933 inizia a frequentare i Convegni di Eranos ad Ascona, a cui parteciperanno, tra gli altri, H. Corbin, M. Eliade, K. Kerényi, G. Scholem, ecc., e che Jung frequenterà fino al 1951. Nel 1930 diviene vicepresidente della Società medica generale di psicoterapia di cui è presidente E. Kretschmer. Nel 1933 quest'ultimo, avversario del regime nazista, abbandona la presidenza, e Jung viene incaricato di seguire l'ordinaria amministrazione. Gli viene anche chiesto di assumere la presidenza: la psichiatria e la psicoterapia tedesca devono «allinearsi» al regime. Si spera che la presidenza straniera di Jung possa contribuire a salvare una qualche autonomia alla psicoterapia allineata. Jung, per salvare il più possibile l'esistenza della psicoterapia in Germania e perché sostiene di non volersi lavare le mani di fronte a una situazione politica così difficile, accetta la presidenza e riesce a trasformare la Società medica generale di psicoterapia in Società internazionale, con sede a Zurigo.

A Zurigo sulla posizione di Jung rispetto al nazismo e l'antisemitismo si apre una grossa polemica. Jung difende la propria buona fede e l'utilità della sua posizione. Sostiene anche la liceità di una psicologia che studi le differenze tra popoli e razze. Nel 1936 scrive Wotan, un saggio in cui cerca di evidenziare le particolarità dell'anima tedesca. Mantiene la presidenza della Società internazionale fino al 1939. Le sue dimissioni divengono effettive nel 1940 quando il prof. Goring dichiara la Società «allineata» e la trasferisce unilateralmente in Germania. Jung considera la decisione di Goring come una secessione del gruppo tedesco. Legalmente l'Associazione rimane con sede in Zurigo sotto la presidenza ad interim di C. A. Meier; si ricostituirà dopo la guerra sotto il nome di Federazione internazionale di psicoterapia medica. Durante il periodo bellico Jung è in contatto con i servizi segreti inglesi che sono interessati al suo pensiero nei riguardi della psicologia dei capi nazisti. Dopo la guerra Jung ammette di avere commesso, nei riguardi del nazismo, un errore di valutazione. Dal t944 al 1950 al Club Jung di Zurigo (fondato nel 1916) continua però a vigere una norma segreta secondo la quale i soci ebrei non possono essere più del 10% del totale degli aderenti. L'esperienza della guerra ha comunque portato Jung a confermarsi nel suo modo di pensare relativo alle nevrosi della nostra civiltà. La proclamazione cattolica del dogma dell'Assunzione di Maria dimostrerebbe, ad esempio, la necessità moderna di integrare alla totalità dell'esistenza il principio del femminile. Nel 1944, anno in cui inizia ad avere problemi cardiaci, pubblica Psicologia ed alchimia, nel 1946 La psicologia della traslazione, nel 1951 Aion: ricerche sul simbolismo del Sé e La sincronicità, nel 1952 Risposta a Giobbe, nel 1955-56 Mysterium coniunctionis.

Nel 1948 fonda, con il fine di proseguire le sue ricerche, l'Istituto C. G. Jung di Zurigo. L'Istituto non ha, all'inizio, espliciti scopi di formazione; col passare degli anni questi scopi divengono invece sempre più importanti. Nel 1958 si costituisce a Zurigo, con qualche perplessità teorica da parte dello stesso Jung, sempre preoccupato per la possibilità di una formazione che non consenta sviluppi psicologici profondamente individuali, l'Associazione internazionale di psicologia analitica.

Nel 1953 muore T. Wolff; Emma muore nel 1955; Jung nel 1961. Dal 1957, in collaborazione con la sua allieva Aniela Jaffé, aveva iniziato a scrivere l'autobiografia che racconta il suo lungo cammino interiore e che inizia con una frase che ne rivela il nucleo fondamentale: «La mia vita è la storia di un'autorealizzazione dell'inconscio». Esplorando il suo pensiero, occorre innanzitutto dire che per Jung la psicologia è una scienza del tutto particolare, in quanto l'oggetto che vuole comprendere è il soggetto stesso della conoscenza. Questa considerazione implica che il punto di vista dell'osservatore non possa essere mai eliminato dall'osservazione stessa; ogni teorizzazione psicologica può essere pertanto pensata come legata alla psicologia del soggetto che la formula. Questa posizione non conduce però Jung ad aderire a una visione puramente relativistica. Secondo il suo modo di pensare, è piuttosto sostenibile che ogni teorizzazione psicologica abbia la sua dignità e la sua pur relativa verità. La speculazione di Jung potrebbe così essere detta «dialogica» (Trevi, 1988): egli non pretende di arrivare a verità assolute, ma pone al centro della vita psichica la coesistenza degli opposti e la loro conflittualità. Jung ha in effetti sostenuto che ogni tesi psicologica può pretendere di avere un significato solo se ammette come valido anche il senso che risulta dalla tesi opposta (Jung, 1951b). A proposito di queste considerazioni epistemologiche, può essere qui ricordato che Jung, tramite la collaborazione con W. Pauli, premio Nobel 1945 per la fisica, entrò in contatto con i problemi sollevati dalla fisica quantistica e dal principio di indeterminazione di Heisenberg. Le sue discusse e apparentemente ingenue riflessioni concernenti la sincronicità (l'esistenza cioè, nella vita non solo psichica, di nessi acausali) hanno una relazione con la messa in discussione delle tradizionali concezioni del tempo e dello spazio. A partire da queste fondamentali premesse metodologiche, Jung ha man mano sviluppato una teoria generale che ha chiamato psicologia analitica, e che è una delle teorie generali della vita psichica più importanti del pensiero contemporaneo e ancora in evoluzione. Il pensiero junghiano ha dato così origine a una serie vastissima di studi nei più svariati campi del sapere (antropologia, teologia, mitologia, clinica). L'Associazione internazionale di psicologia analitica riunisce coloro che considerano il suo pensiero come, appunto, di grande rilievo. Al suo interno coabitano naturalmente molteplici punti di vista.

Della complessa teoria junghiana occorre esporre sinteticamente gli aspetti prevalentemente psicologici, strettamente correlati ai concetti di «complesso» e di «archetipo», a partire dal concetto di «libido». Per Jung la nozione di libido non riguarda solo la sessualità. Essa coincide con le nozioni di interesse, volontà (in senso schopenhaueriano), energia psichica, appetitus allo stato naturale, cupiditas, intenzionalità. La conoscenza dei pazienti psichiatrici dimostra in modo inequivocabile, secondo Jung, che non solo manca loro la sessualità, ma manca anche qualsiasi interesse per la realtà. Gli stati regressivi psichiatrici non sono spiegabili solo a partire da una problematica sessuale. La funzione del reale è assente in modo tale da far pensare a una sua stessa carenza. E poi, se la libido sessuale fosse la sola forza in campo, perché non tutte le persone con una libido sessuale assente o carente reagiscono fino alla perdita della funzione di realtà ?

Secondo Jung è azzardato concedere il primato a un solo istinto. Sarebbe più corretto pensare all'esistenza di una energia, capace di attivare varie sfere psichiche quali potenza, fame, odio, sessualità, religione. L'energia psichica potrebbe essere pensata come qualcosa di primario e di inderivabile, la cui esistenza sarebbe però dimostrata dall'osservazione che certi contenuti psichici sono provvisti, più di altri, di quantità diverse di energia; i fenomeni energetici sarebbero insomma di per sé osservabili. Sarebbe anche osservabile che l'energia psichica indirizza ogni uomo verso l'autorealizzazione e l'individuazione. Il termine «trascendente» Jung, 1916-1957/1958) indica il fatto che la psiche ha la possibilità, in se stessa, di superare i conflitti e di trascenderli verso posizioni più evolute e soddisfacenti. Jung sostiene che tutto ciò che si trova nel profondo dell'inconscio tende a manifestarsi al di fuori, e la personalità, a sua volta, desidera evolversi oltre i suoi fattori inconsci, che la condizionano, e sperimentare se stessa come totalità. Il processo psichico tende cioè alla coscienza e alla totalità. Con il termine «individuazione» Jung intende appunto un processo di differenziazione che ha per meta lo sviluppo della personalità individuale (Jung, 1921) e della coscienza. Ogni uomo avrebbe il compito di realizzare la propria singolare unicità. Secondo questo punto di vista esisterebbero, pertanto, anche cause finali. Sarebbe importante prendere coscienza non solo di ciò che ci ha fatto essere come siamo, ma anche di ciò verso cui tendiamo, la singolarità della totalità psichica di ognuno. Prossimo al concetto di individuazione è quello di compensazione: nella vita psichica esisterebbe una naturale tendenza compensatoria che si attiva allorché lo sviluppo psichico diviene troppo unidirezionato. La presenza di questa tendenza compensatoria è particolarmente evidente quando Punidirezionalità riguarda gli atteggiamenti e le funzioni psicologiche. Il modo di concepire la cura analitica è strettamente connesso all'ipotesi dell'esistenza di un processo di individuazione. Nella prima metà della vita ogni uomo avrebbe da realizzare un rapporto vitale col mondo che lo circonda. La cura di elezione, quando necessaria, sarebbe pertanto quella psicoanalitica. Ma nella seconda metà dell'esistenza ogni uomo necessiterebbe di porsi il problema del senso della propria esistenza, consistente nel raggiungimento della propria singolarità. Durante la cura sarebbe pertanto di particolare importanza il confronto con i contenuti dell'inconscio collettivo, la cui conoscenza permetterebbe, appunto, di differenziarsene e di giungere alla costituzione di un Sé individuale. Analista e paziente, al di là del gioco delle reciproche proiezioni, sarebbero ambedue di fronte alla necessità di un rapporto con l'inconscio collettivo. La tecnica delle sedute vis-à-vis, tipica della cura psicologica analitica, è collegata al concepire il rapporto analitico non solo come una relazione personale tra analista e paziente, ma anche come una relazione dell'analista e del paziente con la base di una comune «inconscietà».

Jung distingue due fondamentali atteggiamenti psicologici (estroversione e introversione) e quattro funzioni psicologiche (penderò, sentimento, sensazione e intuizione). Ogni soggetto sarebbe caratterizzato dalla prevalenza di un atteggiamento e di una funzione. Di fronte al problema se i vari tipi psicologici debbano essere intesi come connessi alla costituzione biologica, Jung si dichiara sostenitore di una radice costituzionale, egli afferma anche, però, che in casi di unilateralità di sviluppo di un atteggiamento e li una funzione esiste appunto una tendenza spontanea alla compensazione. Le conce-ioni tipologiche di Jung non sono pertanto [rettamente rigide.

Anche le concezioni relative al simbolismo sono collegate all'idea che esista una tendenza della psiche verso un suo progressivo e autonomo sviluppo. Jung distingue tra significato semeiotico e significato simbolico. La concezione secondo la quale il significato di un simbolo è noto e comprensibile, in quanto analogico, è una concezione semeiotica; quella secondo cui il significato del simbolo è sostanzialmente ignoto (non comprensibile cioè attraverso il ricorso ad analogie) è una concezione propriamente simbolica. E cioè simbolica la formulazione più chiara é caratteristica che possa essere enunciata, a un determinato momento, di qualcosa di ancora sconosciuto (Jung, 1921). Un simbolo sarebbe tale finché resta espressione di qualcosa che non può essere caratterizzato in modo migliore, ovvero finché è ricco di un significato ancora sconosciuto. Il processo di formazione dei simboli sarebbe un processo naturale; la psiche si sarebbe differenziata in base a una propria tendenza evolutiva. Non solo la ragione e la coscienza avrebbero condotto all'evoluzione, ma sarebbe esistita una naturale tendenza evolutiva della psiche umana alla creazione di simboli e miti.

Queste concezioni relative al simbolismo rivestono molta importanza anche rispetto al modo di concepire la clinica. Anche i sintomi, secondo Jung, possono infatti essere considerati come simboli. Il lavoro psicologico con i pazienti non sarebbe rivolto solo alla scoperta delle cause che hanno determinato le diverse forme psicopatologiche, ma anche all'individuazione delle mete in loro implicite. Occorrerebbe capire non solo ciò da cui i sintomi provengono, ma anche verso quale meta di sviluppo sono orientati. Il metodo tecnico dell'amplificazione (l'uso di analogie tra materiale portato dai pazienti e materiale proveniente da altri campi del sapere) sarebbe giustificato dalla convinzione dell'esistenza di una spinta evolutiva presente nella psiche collettiva. Il metodo dell'amplificazione porrebbe così in contatto la psiche individuale con quella collettiva. Nel pensiero di Jung è infine molto rilevante il concetto di «inconscio collettivo». La civiltà occidentale si sarebbe allontanata dal proprio fondo collettivo e avrebbe sviluppato una tendenza verso un sempre maggiore sviluppo della coscienza. Questa tendenza sarebbe eccessivamente unilaterale e rischierebbe di allontanare troppo dalle radici, dal radicamento nel mondo di una comune «inconscietà». Jung ha sempre avuto molto interesse per la spiritualità orientale; il fatto che questa spiritualità abbia assunto in Europa molta importanza indicherebbe, a suo avviso, un bisogno di compensare l'unilateralità occidentale. Gli uomini orientali sarebbero rimasti più vicini alla loro interiorità. Va anche detto che Jung è sempre rimasto molto prudente nei confronti di un'esportazione in Occidente della spiritualità orientale: le grandissime differenze esistenti tra i due tipi di psicologie potrebbero condurre a situazioni psicologiche sostanzialmente inautentiche. L'uomo occidentale avrebbe già molto da occuparsi, se volesse, della ricchezza presente nei propri simboli e nei propri miti.

GIUSEPPE MAFFEI