Elaborazione psichica, abreazione, legame

La nozione di «elaborazione psichica» in psicoanalisi ha un'estensione variabile, che può arrivare a coincidere con l'attività psichica nel suo complesso e con il processo di pensiero nella sua interezza, dalla costruzione delle sue fondamenta ai suoi versanti primario e secondario. La sua origine prossima è definita, e ha un corollario essenziale, ma le sue ascendenze sono plurime, più o meno remote e più o meno dirette, in parte condivise con il suo partner nozionale cui resterà abbastanza fedele: l'«abreazione» (catartica). Quest'ultima, da suo sottoinsieme, diventerà sempre più sua alternativa, sia pure con importanti sfumature, intersezioni e nuove confluenze. L'origine prossima è, per così dire, «traumatica», giacché il termine, stando a quanto gli stessi S. Freud e J. Breuer (1892-95) precisano a più riprese, è tratto da J.-M. Charcot che, nelle sue lezioni alla Salpètriè-re, precisava che la conversione, cioè la produzione dei fenomeni somatici isterici, non ha luogo immediatamente dopo il trauma, ma dopo un intervallo di incubazione, denominato appunto «periodo dell'elaborazione psichica». A introdurla concettualmente è dunque il tempo, che ne è anche introdotto, giacché l'elaborazione, avendo come effetto essenziale il differimento indispensabile al pensiero, è un prendere tempo e un far «prendere» il tempo; non sorprende, dunque, che quest'ultimo rientri in gioco nella forma che più tardivamente sarà definita da Freud (1914b), la cosiddetta «rielaborazione (terapeutica)». Per quanto riguarda invece le ascendenze della nozione, bisognerebbe annoverarvi non solo le vicissitudini della coppia concettuale azione/reazione (Starobinski, 1999), in particolare nella sua variante riflessologica affermatasi nel XVIII e XIX secolo, ma anche i tumultuosi mutamenti in essi intercorsi sia nelle scienze fisico-chimiche, passate dall'interesse per la macchina astronomica newtoniana a quello per i fluidi fino ad allora imponderabili (calore, luce, elettricità, magnetismo, ecc.), sia nei procedimenti produttivi industriali. Le possibili conversioni tra questi diversi fenomeni ponevano la questione del loro substrato comune, sia pure palesabile sotto mutevoli sembianze: esso è individuato nell'energia, pura quantità senza direzione, la quale così valica i confini della meccanica e diventa la seconda sostanza della fisica, a pari titolo della materia, addirittura con tentazioni monopolistiche nel successivo «energetismo». Nel contempo, si sollecita la messa a punto di metodi per il suo massimo sfruttamento, migliorando il rendimento delle macchine fino al limite del suo residuo entropico, che peraltro reintroduce il tempo come proprietà concreta della realtà fisica. Da astratta forza che muoveva la macchina divina del mondo, l'energia diventa così capacità di compiere un lavoro, e quest'ultimo viene a indicare in generale il dispendio energetico necessario a un sistema per produrre una trasformazione, incluso il movimento.

Coerentemente con il programma fisicalista di E. Brucke e le teorie dei neurofisiologi dell'800, nel solco di J, Herbart, S. Exner e della psicofisica di G. Fechner, fin dal 1893 Freud presenta una teoria del funzionamento psichico da lui denominata «teoria dell'abreazione degli incrementi di stimolo». In base ad essa, ogni impressione psichica è accompagnata da un certo ammontare o valore affettivo, della cui eccedenza il macchinario psichico, per evitare che superando una certa soglia assuma una valenza traumatica, deve liberarsi o per mezzo di una reazione motoria (fuga) oppure, se questa non è possibile trattandosi di stimoli interni o per via del contesto in cui si verificano, mediante un lavoro associativo. Successivamente, negli Studi sull'isteria (1892-1895), frutto di lunghe battaglie e molti compromessi con il coautore Breuer - che peraltro vi definisce helmoltzianamente la percezione come «elaborazione psichica delle impressioni sensorie» -, si precisa la teoria secondo cui abreazione ed elaborazione associativa sono le due vie di «normale usura» delle rappresentazioni e della loro carica affettiva, dunque di elaborazione psichica. La prima, mediante la riduzione del suo valore assoluto attraverso la scarica reattiva all'esterno, possibilmente immediata e totale, della quantità in eccesso; la seconda, mediante una sua riduzione relativa, per così dire spalmandola su tutta la rete associativa e garantendo, così, circolazione e tenuta dell'organizzazione e, nel contempo, la disponibilità nelle giuste dosi del carburante essenziale per il suo funzionamento. Fin dall'inizio, Freud propone dunque un'accezione ristretta della nozione di elaborazione psichica, per indicare più specificamente il lavoro che lo psichismo compie per ridurre, trasmettere o trasformare gli eccitamenti che vi pervengono, salvaguardando il livello energetico compatibile con la struttura dell'apparato e il suo funzionamento. La nozione nasce, del resto, in relazione a due ambiti clinici, isteria e nevrosi attuali, che fin dall'inizio ne individueranno anche due versanti o fasi (logiche e cronologiche) che resteranno costanti in tutta la sua susseguente storia. Freud ipotizzava infatti che l'isteria fosse determinata da rappresentazioni diventate patogene non essendo state inserite nella rete associativa per un conflitto con le altre rappresentazioni oppure, in ambiguo accordo con Breuer, per la presenza di uno stato di coscienza ipnoide, refrattario appunto alla costituzione di nessi associativi. Esse formavano cioè un «gruppo psichico separato», un «corpo estraneo interno» sottratto a ogni modificazione e la cui carica in eccesso, ormai svincolata e liberamente mobile, tendeva a defluire nel sintomo somatico per conversione. Nelle nevrosi attuali, invece, Freud riteneva patogena a monte la mancanza di elaborazione psichica, nel senso dell'impossibile trasformazione o qualificazione della tensione sessuale somatica in energia psichica. I due versanti distinti nell'elaborazione psichica sono quindi separati da un crinale essenziale: la trasformazione della quantità fisica di eccitamento in qualità psichica (per creazione di soglie e facilitazioni). Solo a valle di questo spartiacque si collocano infatti il legame con le rappresentazioni - una fissazione che sembra intersecarsi con quella prodotta dalla rimozione originaria - e di queste tra loro mediante lo stabilimento di nessi associativi sempre più diramati, ma soprattutto per mezzo del legame con le «rappresentazioni di parola», essenziale per la presa di coscienza, data la loro percepibilità. Lungo questa progressiva ramificazione e simbolizzazione gemmeranno fantasmi sempre più articolati, romanzi familiari e vere e proprie teorie (a partire da quelle sessuali infantili), in un crescendo di narrazione e astrazione. Tali vie e livelli di elaborazione hanno peraltro un corrispettivo nello schema dell'apparato psichico proposto da Freud (1899a), raffigurato come una sorta di apparato ottico multilenticolare costruito per digressione dal diretto e riflesso cortocircuito dallo stimolo alla motricità. In questa gerarchia di livelli, inoltre, inizialmente l'affetto è concepito come equivalente della quantità di energia psichica, poi come un processo di scarica motorio o secretorio la cui chiave di innervazione è inconscia, per essere infine ristretto, con l'introduzione del principio di realtà che arruola la motricità per l'azione specifica di modifica del mondo esterno (Freud, 1911a), alla scarica motoria, secretoria e circolatoria che modifica internamente il corpo (1915a). In questo modo, le due vie di elaborazione psichica man mano si sovrappongono alle due forme di rappresentanza pulsionale nello psichismo: l'«affetto», scarica degli investimenti pulsionali sull'interfaccia somatica che salta a piè pari l'elaborazione associativa; la «rappresentazione», investimento di tracce mnestiche, a partire da quelle del soddisfacimento primario e degli schemi senso-motori ad esso connessi, investite inizialmente fino a un'intensità allucinatoria. Ciò indurrà Freud a restringere ulteriormente l'estensione della nozione di elaborazione psichica, limitandola alla via associativa (della rappresentazione) in quanto contrapposta alla via «evacuativa» (dell'affetto), quest'ultima denominata «abreazione» o «catarsi» e considerata la via normale di reazione emozionale del soggetto, tanto più efficace quanto più totale e immediata. Proprio perché l'isteria scaturisce da un ostacolo all'effetto «catartico» della scarica reattiva «adeguata» (da differenziare dall'«azione specifica», 1895, che ne presuppone al contrario una dilazione), l'abreazione sarà considerata il perno del cosiddetto «metodo catartico» di cura e della sua efficacia. Messo a punto dal 1880 e praticato da Freud dal 1889 al 1895, esso si basava appunto sulla «purificazione» di questi affetti patogeni incapsulati, mediante la rievocazione ipnotica dei ricordi inconsci loro originariamente connessi, riportandoli sul giusto binario della scarica adeguata. La sua denominazione, da un lato utilizza un termine risalente alla purgazione delle passioni a cui, secondo Aristotele, mirava l'effetto tragico; dall'altro lato, introduce un neologismo che, sia pur raddoppiando il prefisso di secondità al radicale «azione», reintroduce il termine di reazione che aveva assunto un significato piuttosto impreciso nel passaggio dalle teorie degli idéologues francesi del XVII secolo alla fisiologia ottocentesca, che estendeva alla funzione cerebrale il modello riflesso evidenziato nel midollo spinale: eccitamento sensoriale e risposta motoria. In ogni caso, il successivo passaggio dalla terapia catartica alla psicoanalisi non implicherà l'espunzione della scarica abreattiva dallo strumentario della cura psicoanalitica, pur non costituendone in genere l'obiettivo; in alcune successive teorizzazioni riemergendo anzi nella rivalutazione della funzione elaborativa dell'«azione».

Lo sdoppiamento della rappresentanza psichica e del trattamento psichico, sia nel senso del trattamento effettuato dalla psiche che di quello terapeutico da essa subito, vanno progressivamente costituendo il legame e lo slegamento come i due principi del funzionamento psichico, che nel secondo dualismo pulsionale troveranno nuova sistemazione e una distinta fonte energetica (Eros e Thanatos). D'altro canto, mentre persisterà e si svilupperà l'uso iniziale dell'equivalenza tra affetto ed energia psichica, altri sottolineeranno nella stessa costituzione di un «ammontare affettivo» già un primo livello di legame e di elaborazione psichica, sia pure estremamente prossimo al piano somatico. Un legame presente anche nell'angoscia, l'affetto più elementare e più vicino a un eccitamento che si scarica in maniera aspecifica e perciò destrutturante: lo dimostra la stessa possibilità di essere usata come segnale, come sarà ipotizzato nella seconda teoria dell'angoscia (Freud, 1925c), che sembra riguadagnare la via abreattiva all'elaborazione associativa e ribadire il duplice valore dell'affetto, disorganizzativo e indicativo (Green, 1973). Pur essendo essenzialmente una scarica o la disposizione potenziale ad essa, l'affetto utilizza infatti schemi secretori e motori interni, moduli organizzatori prerappresentativi e predisposti per l'organismo. Alcuni, nel solco del Freud che menzionava al loro riguardo una chiave di innervazione «rappresentativa» inconscia, assimilano tali schemi a protofantasmi originari o a significanti formali protosimbolici. A questi schemi peraltro si aggiungono la qualità di piacere o dispiacere e la connessione con evenienze e circostanze storiche che implicitamente contribuiscono a delinearne forme e significanze individuali, dopo aver contribuito filogeneticamente a forgiarne la forma assunta nella specie nel processo di coevoluzione; motivo per cui Freud (1925c) parlava degli affetti come di attacchi isterici universali, tipici e innati, riproduzione criptata di eventi filogenetici di vitale importanza. Questa attività di legame, comunque, benché intesa da Freud con accenti diversi, consiste essenzialmente nella determinazione di facilitazioni che favoriscono il deflusso e la scarica energetica in vie privilegiate - mediante sovrainvestimenti e controinvestimenti e investimenti laterali, questi ultimi equivalenti a una sorta di «distrazione» energetica. Ciò corrisponde all'innalzamento di soglie in altre vie, che si aggiungono alle soglie congenite, quale ad esempio la barriera antistimolo, e a quelle prodotte dal cosiddetto controinvestimento primario. Facilitazioni e soglie che, evitando sovraccarichi o ingorghi, accumulano tempo ed energia nella giusta misura, nonché strutture per addivenire a quell'azione specifica che è la sola a poter risolvere la tensione alla fonte. Accanto a questa attività di legame per integrazione in catene, reti, strutture simboliche che stabilizzano l'eccitamento mettendolo a disposizione del pensiero e delle sue operazioni - di cui è paradigma il gioco infantile del fort-da descritto in Freud (1920a) - se ne aggiungerà tuttavia un'altra, per un effetto marginale della costituzione del gruppo psichico isolato dell'Io e della sua unificazione narcisistica sulla base della propria immagine corporea speculare mediata dall'immagine corporea del simile. L'Io esercita infatti di per sé un'azione di moderazione e di padroneggiamento per una sorta di effetto magnetico e gravitazionale, un'integrazione grossolana e non modulabile per mezzo della mera imposizione di una forma dall'esterno, di un «involucro».

Questa progressiva restrizione dell'elaborazione psichica alla via associativa e rappresentazionale di trasformazione della carica pulsionale, che la fa coincidere almeno tendenzialmente con un'attività di legame e di integrazione, emerge anche in due suoi sottoinsiemi. Il primo è l’«elaborazione secondaria», l'operazione mediante la quale il lavoro onirico conferisce unitarietà, coerenza e intelligibilità al contenuto manifesto del sogno. Secondaria non tanto cronologicamente quanto logicamente, essendo contemporanea alle altre operazioni oniriche, ne ha poi travalicato i confini assurgendo a funzione intellettuale all'opera nella costruzione di sistemi di qualsiasi genere (fobici, ossessivi, deliranti ma anche ideologici), anche a prezzo di deformazioni e mutilazioni, e dunque diventando un analogo o una manifestazione di quell'attività sintetica dell'Io che Freud (1938c) riconoscerà essergli consustanziale ma nient'affatto scontata. Il secondo sottoinsieme è invece l'«elaborazione terapeutica» (o rielaborazione o perlaborazione, come è diversamente tradotta la Durcharbeitung freudiana), che è introdotta in Freud (1892-95) aspecificamente per indicare il lavoro dell'analizzato nella cura, per essere poi descritta come il corrispettivo psicoanalitico di ciò che l'abreazione era per il metodo catartico.

Così delineata, la nozione di elaborazione psichica resterà presente (anche se diversamente denominata, o non denominata in quanto tale) nella teorizzazione postfreudiana, sia pure prendendo a prestito altri modelli. Specie biologici e fisiologici, metabolici o francamente digestivi, ma anche linguistici, quali quelli strutturalisti cui ricorre J. Lacan o la derivazione metaforo-metonimica su cui insiste J. Laplanche, organizzazionali, informatici, logici o traduttivi, talvolta anche in relazione alle diverse discipline che si sono succedute nell'orientare paradigmi o metafore nella comunità culturale e scientifica. Certo, si passerà talvolta dall'accento freudiano sulla carica pulsionale a un più generale riferimento psicologico a sensazioni, emozioni ed esperienze vissute; talvolta, nel contesto di una generalizzazione della teoria psicoanalitica, a una teoria psicologica onnicomprensiva della personalità. E sarà via via rimarcata la funzione della presenza dell'oggetto, direttamente e autonomamente elaborativa, anziché la sua assenza, peraltro in relazione anche ai diversi tipi di patologia o di funzionamento a cui sempre più ci si va interessando. In ogni caso, inscindibilmente dal modello di psiche da cui scaturisce o che al contrario ne deriva, e indipendentemente da come modellizzata e dal substrato su cui si ritiene sia effettuata - quantità di eccitamento incognito o già energia psichicizzata e/o affettivizzata, sensazione o emozione o percezione, significante o informazione o messaggio enigmatico, ecc. -, l'elaborazione psichica resta concettualizzata come un'attività di legame e di integrazione a più livelli. Di questi sarà accentuato l'uno o l'altro, a monte o a valle del crinale sopra indicato, ma sempre in contrapposizione a - e in complementarità con - un'attività di slegamento, non coincidente né con la scarica affettiva né con quella motoria. Ciò vale per la teoria bioniana del pensiero che, sulla scia di M. Klein che vedeva lo sviluppo psichico come oscillazione tra meccanismi fopdamentalmente evacuativi e altri introiettivi e integrativi, è tout court una teoria del legame e dell'antilegame. Come vale pure per D. Winnicott (1988), nel quale i processi di integrazione a partire da un'iniziale inintegrazione avverrebbero mediante l'apporto di tre grandi funzioni leganti e contenenti delle cure materne (holding, handling e presentazione dell'oggetto). Sempre nel solco kleiniano e delle ricerche di E. Bick, D. Meltzer e F. Tustin, anche Th. Ogden (1989) premette a quelle kleiniane una posizione contiguo-autistica, fondandola sull'esperienza sensoriale epidermica cui è affidata la primaria delimitazione, integrazione e coesione di sé attraverso le relazioni puramente sensoriali con forme e oggetti autistici. Analogamente, Lacan (1956J) presupporrà una Bejahung primaria, e diverse forme di vincolamento (punto di capitone, Nome del Padre), prima di ricorrere a una vera e propria teoria dei nodi e del sinthomo (1975; 2005). P. Aulagnier (1975) presupporrà un processo originario come operazione di preliminare integrazione o legame, il cui rovescio è un rigetto che però coinvolge anche la zona complementare, sede dell'eccitamento. La scuola psicosomatica di Parigi (Marty et al., 1963), a partire dalle psicosomatosi, le nevrosi di carattere e le psicopatie, nel processo di «mentalizzazione» porterà invece l'attenzione sulla quantità e la qualità delle rappresentazioni psichiche (soprattutto preconsce), delle loro articolazioni e connessioni in rete e della loro impregnazione affettiva (spesso deficitaria o alessitimica), da cui dipenderà l'instaurarsi di un autentico pensiero, oppure di un «pensiero operatorio» sempre a rischio di disorganizzazione. Infine, in altri orientamenti, accanto a un'elaborazione esplicita che si effettua a un livello rappresentazionale simbolico che può

essere oggetto di verbalizzazione, è distinta un'elaborazione implicita, inconsapevole e non verbale, al livello della percezione e dell'azione, corrispondente alle sequenze di azione ripetute e organizzate in forma procedurale, a partire dalle regolazioni dell'attenzione, dei ritmi vocali, ecc. Sviluppi divergenti e talvolta divaricati, che però confermano la «straordinarietà dell'elaborazione psichica» rilevata da Freud (1914b).

ALBERTO LUCHETTI