Bisogni

Il concetto di «bisogno», attraverso l'idea di una mancanza che deve essere in qualche modo colmata o soddisfatta, rimanda al rapporto fra l'individuo e l'ambiente. L'argomento interessa dunque varie discipline, dalla biologia alla filosofia. K. Marx fu senza dubbio uno dei primi a porsi il problema dei bisogni come tuttora lo intendiamo, considerandone la soddisfazione un diritto naturale degli esseri umani, cui la società deve in qualche modo provvedere. In campo psicologico questa visione si è mantenuta, distinguendo il bisogno dalla motivazione, concetto impostosi successivamente, che sottolinea piuttosto l'attività dell'individuo nei confronti dell'ambiente. Inoltre, in tale campo, i bisogni appaiono quali fattori innati in diverse teorie della personalità, con riferimento soprattutto all'età neotenica. La loro soddisfazione assicura un corretto processo evolutivo, corrispondendo, dal punto di vista fenomenico, a uno stato di calma e di benessere; in caso contrario, di spiacevole tensione con immediati riflessi comportamentali. La figura tradizionalmente legata alla trattazione dei bisogni è quella di A. H. Maslow ( 1908-1970). Nato a Brooklyn da una famiglia di ebrei russi, durante gli studi all'Università del Winsconsin lavorò con H. Harlow sull'attaccamento nelle scimmie rhesus.

Dopo il matrimonio si stabilì a New York e qui insegnò per diversi anni, entrando in contatto con l'ambiente degli intellettuali europei e antinazisti fuggiti dall'Europa, fra cui E. Fromm e K. Horney. Successivamente divenne capodipartimento alla Brandeis University, dove lavorò a fianco di K. Goldstein, una delle figure più importanti della psicologia umanistica, autore di contributi determinanti sul principio olistico-dinamico. Nel 1962 fu tra i fondatori della Association for Humanistic Psychology e successivamente della omonima rivista. La teoria dei bisogni, sviluppata a partire dal 1943, viene espressa principalmente in due testi: Motivazione e personalità (1954) e Verso una psicologia dell'essere (1962).

Il merito principale di Maslow è quello di avere conferito organicità a una materia in precedenza piuttosto frammentata, partendo dalla domanda: da dove deriva il disfunzionamento psicologico, la nevrosi? La sua ricerca si inquadra nel movimento della psicologia umanistica, sviluppatasi attorno agli anni '50 del secolo scorso ad opera di varie figure quali C. Rogers, R. May, V. Axline, oltre allo stesso Maslow e al già citato Goldstein. Secondo la prospettiva umanistica, che costituiva la cosiddetta «terza forza» fra psicoanalisi e comportamentismo, la dinamica psichica non è basata soltanto su un principio omeostatico, di mantenimento dello status quo, ma su un continuo sviluppo teso all'autorealizzazione, all'attualizzazione delle potenzialità innate individuali. Tale sviluppo si esplica però in rapporto all'ambiente e, secondo Maslow, alla sua capacità di soddisfare i bisogni del soggetto.

Nel noto schema della piramide di Maslow si distinguono vari livelli di bisogni; nella versione classica sono cinque: 1) fisiologici; 2) di sicurezza e protezione; 3) di amore e appartenenza; 4) di stima e valorizzazione; 5) di autorealizzazione. In un secondo momento (Maslow, 1971) vennero aggiunti i bisogni cognitivi e quelli estetici, posizionati nell'ordine 5 e 6, mentre quelli di autorealizzazione slittavano al livello 7, cui infine si sovrappose, ultima, l'autotrascendenza, ossia il bisogno di dare significato della propria vita.

All'interno della piramide, Maslow (1962) distingue due grandi aree: i bisogni carenziali, che stanno alla base, e quelli di autorealizzazione, che ne costituiscono il vertice. I primi sono i bisogni in senso stretto, definiti carenziali in rapporto ad alcune caratteristiche: la loro insoddisfazione è patogena, mentre la soddisfazione previene lo sviluppo del disfunzionamento o, se questo si è già instaurato, lo cura. I bisogni carenziali sono «vuoti» che vanno riempiti dall'esterno, cioè da persone diverse dall'interessato. Non serve perciò amarsi, stimarsi o rassicurarsi da soli quando tutto ciò deve venire da altri. Tali necessità sono comuni a tutti gli esseri umani e ci legano a una sorta di determinismo biologico. Infatti, nell'individuo che è stato amato, valorizzato, rassicurato, i bisogni carenziali risultano funzionalmente inattivi; al contrario, se essi persistono insoddisfatti, il comportamento e le scelte dell'individuo saranno finalizzati alla loro saturazione. In termini umanistici, il soggetto sarà dunque meno libero e meno responsabile (Mischel, 1981). Da qui l'importanza di aver goduto nell'infanzia di quello che oggi definiremmo un «attaccamento sicuro» (Maslow fu tra i primi a valorizzare le ricerche, all'epoca ancora iniziali, di J. Bowlby).

La categorizzazione gerarchica prevede l'avvicendarsi dei livelli: quando i bisogni precedenti vengono saturati, l'individuo sviluppa quelli successivi, fino ad arrivare al più alto, l'autorealizzazione. A rigore, in quest'ultimo caso non potremmo parlare di bisogni, perché l'ambiente non deve fornire alcunché, ma piuttosto assecondare e favorire l'estrinsecarsi delle potenzialità. Sarebbe quindi più appropriato il termine «motivazione» e la connessione a un altro concetto, definito qualche anno più tardi da A. Bandura (1995), che è quello di «autoefficacia». Inoltre, questo livello si differenzia perché, mentre i bisogni carenziali riguardano l'aspetto nomotetico della personalità, l'autorealizzazione è qualcosa di idiografico, attinente all'unicità del soggetto.

La successione gerarchica dei bisogni contrasta con le posizioni di un altro esponente della psicologia umanista, l'austriaco V. Frankl (1946), fondatore della logoterapia. Basandosi sulla sua esperienza di sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti, egli osserva che l'autorealizzazione, nella forma del perseguimento dei propri valori morali o religiosi, può in realtà imporsi sui bisogni più «bassi», quelli di sicurezza e persino quelli fisiologici, fino al sacrificio di sé.

Interessante è la questione del conflitto fra bisogni. Maslow considera, in particolare, quello fra la sicurezza e l'autorealizzazione: il bambino che muove i primi passi si avventura nell'esplorazione della stanza, ma soltanto se può godere della rassicurante presenza della madre. Altrimenti, questo comportamento, che esprime bisogni di autonomia, non compare, oppure va incontro a una regressione, proprio perché la mancanza di sicurezza inibisce l'autorealizzazione. Da ciò deriva l'importanza del rispetto della valutazione soggettiva: il bambino compie progressi nello sviluppo soltanto quando l'economia dei suoi bisogni lo consente. Ogni forzatura esterna, producendo insicurezza, ottiene il risultato opposto. Le considerazioni sopra riportate valgono anche a livello terapeutico.

La teoria di Maslow permette di valorizzare la polarità affettivo-emotiva, bilanciando quella puramente cognitiva di acquisizione della consapevolezza, che si è rivelata ampiamente insufficiente sul piano clinico. Com'è noto, un certo numero di pazienti conclude la terapia con una buona consapevolezza dei propri problemi e anche delle strategie per superarli, ma non presenta altrettanti miglioramenti nella sintomatologia o nel vissuto fenomenico. Ciò dipenderebbe, secondo Maslow, da una persistente insoddisfazione dei bisogni, cui la terapia non è stata in grado di provvedere, che inibisce l'elaborazione profonda del disfunzionamento. Un'altra utile indicazione è quella del rispetto dei tempi: il paziente cambierà soltanto quando la sua personale dinamica dei bisogni lo permetterà.

Il lavoro di Maslow presenta tuttavia parecchie lacune, nonché punti deboli a vari livelli. Anzitutto le sue intuizioni, per quanto interessanti, non hanno trovato una convalida scientifica. Il concetto stesso di bisogno è difficile da definire e da valutare secondo criteri adeguati. A ciò si aggiunga che Maslow ha approfondito una componente indubbiamente importante, ma senza collocarla in un'organica teoria della personalità. Infine, la sua sottolineatura dell'aspetto della carenza dimentica l'altra polarità: può accadere che i bisogni siano troppo soddisfatti, e in tal caso che cosa succede? Maslow, ottimisticamente, ritiene che quando il bisogno di sicurezza viene saturato, il bambino fa un passo avanti nel processo di sviluppo e autorealizzazione. Non spiega però perché, e come, le madri iperprotettive, che lo soddisfano in eccesso, di fatto inibiscono il percorso di autorealizzazione e autonomia dei figli. Le ipotesi sono due, non incompatibili fra di loro. La prima induce a chiedere: ma di chi è veramente il bisogno? Si potrebbe supporre che la madre stia, in realtà, fornendo la necessaria sicurezza non al figlio bensì a se stessa, e ciò spiegherebbe come mai egli non ne tragga alcun beneficio. La seconda riguarda la questione dei limiti, che altri studiosi contemporanei a Maslow si sono posti (Rogers e Kinget, 1962), ma che sta interessando la nostra epoca con sempre maggiore urgenza: la soddisfazione illimitata dei bisogni ben oltre il periodo neotenico non inibisce, di per sé, l'autonomia e il senso di responsabilità ? Possiamo quindi ipotizzare che la soddisfazione debba trovare un limite, e tale limite, ignorato nella teoria di Maslow, non si sviluppa spontaneamente nell'individuo ma viene, almeno in parte, imposto dall'ambiente sociale.

La sua funzione è fondamentale per vari motivi: anzitutto, come abbiamo detto, perché non si instauri un conflitto fra bisogni; poi perché, se questi fossero immediatamente e completamente soddisfatti, l'individuo non avrebbe mai l'occasione di acquisire consapevolezza: tant'è vero che, come già sosteneva S. Freud, sono proprio le frustrazioni a favorire la costruzione del pensiero; infine, circoscrivere i bisogni del singolo assicura i diritti degli altri nelle relazioni interpersonali.

Soltanto, dunque, se l'ambiente avrà favorito un equilibrato dosaggio nel rapporto bisogni/limiti, a un certo punto del suo sviluppo che possiamo considerare di passaggio fra l'adolescenza e l'età adulta, l'individuo sarà in grado di autolimitarsi, riconoscendo nel contempo i bisogni propri e quelli altrui. Se intendiamo questa capacità come essenziale per il buon funzionamento psicologico, dobbiamo anche riferirci alla questione dei veri e falsi bisogni, già sollevata da vari autori a livello filosofico. Da un punto di vista umanistico, il problema è semplice: sono veri i bisogni la cui soddisfazione facilita lo sviluppo della libertà e della responsabilità del soggetto; quelli descritti da Maslow, escluso il livello più basso, erano tutti di tipo relazionale e la salita della piramide conduceva a un soggetto realizzato in senso esistenziale, capace di vivere esperienze di grande significato umano. La società attuale plasma invece l'espressione dei bisogni a un livello sempre più materiale: è nel possesso di oggetti o nell'uso di sostanze che viene ricercata la gratificazione. Il rischio è quello della dipendenza, in cui quelli che erano i bisogni si deformano e si concretizzano nella compulsione.

VALERIA VACCARI