Analisi, processo psicoanalitico |
Una descrizione del processo psicoanalitico può avvenire sia in forma relativamente dogmatica o ideale, sia in forma storica, ossia attraverso la ricapitolazione delle tappe principali dello sviluppo della teorizzazione del processo analitico. Qui seguiremo il primo procedimento, al solo scopo di delineare i termini principali della questione. Nell'arco della storia della psicoanalisi si sono introdotte ovviamente e gradualmente nuove teorizzazioni e nuovi modi di concepire il processo psicoanalitico. Il termine stesso, d'altronde, è stato usato piuttosto tardivamente (Meltzer, 1967). Il processo psicoanalitico può essere concepito come una situazione dinamica, scatenata da una serie di condizioni e di regole procedurali costanti, e caratterizzata dalla comparsa (ed eventuale successiva scomparsa) di contenuti ideativi e affettivi in precedenza non disponibili alla coscienza del soggetto che compie quest'esperienza. Questi contenuti, attraverso l'attività dell'analista e dell'analizzando, non solo consentono di comprendere in forma attuale la genesi della situazione conflittuale del paziente, ma costituiscono la via per iniziare una progressiva modificazione strutturale dell'individuo. Le condizioni costituiscono quel che in psicoanalisi viene chiamato setting. Esse comprendono alcuni elementi materiali spazio-temporali (la frequenza e la durata costanti delle sedute, l'uso della posizione orizzontale e la non visibilità diretta dell'analista durante la seduta, la costanza dell'ambiente nel quale si svolgono le sedute) e gli elementi materiali del contratto analitico (pagamento, calendario delle sedute e delle vacanze). Nell'insieme, le condizioni tendono a costituire lo sfondo stabile e costante del procedimento psicoanalitico, utile a consentire di mettere in evidenza le produzioni sempre in movimento dell'attività psichica dell'analizzando. Proprio perché si tratta di uno sfondo o schermo, l'insieme delle condizioni tende ad assumere un significato simbolico, diverso per ogni psicoanalisi, ma fondamentale per ciascuna di esse. Sulla funzione che può avere in analisi l'insieme delle condizioni, si sono interrogati molti autori, sia relativamente all'utilità di portarlo in primo piano o - viceversa - di saperlo rispettare, sia relativamente alla possibilità che esso veicoli importanti significati o, ancor più, che esso sia il luogo di sperimentazione o di «deposito» di aree e funzioni primitive della vita psichica. In tali casi, tuttavia, è l'insieme costituito dalle condizioni e dall'applicazione delle regole procedurali - la situazione analitica - ad essere chiamato in causa, sia quando è necessario porre in primo piano l'apporto narcisistico dell'analisi, sia quando l'analista è confrontato con attività psichiche che riconducono a deprivazioni simbiotiche o a simbiosi distorte o patologiche. Le regole procedurali consistono per l'analizzando nella cosiddetta «regola fondamentale», o regola delle libere associazioni e, per l'analista, nella «regola dell'attenzione fluttuante». La regola fondamentale della psicoanalisi (Freud, 1913&) impone che il paziente si impegni a riferire ogni contenuto mentale che si presenti alla sua attenzione, qualunque sia la qualificazione di questo contenuto, che si tratti di sogni o di pensieri attuali, di sensazioni corporee o di fantasie, di ricordi o di sentimenti, di percezioni o di idee, che abbiano o non abbiano apparenti connessioni tra di loro, che disturbino il decorso del pensiero cosciente o che appaiano disturbare la relazione con l'analista. Si tratta di una regola fondamentalmente basata sull'osservazione e sulla sospensione del giudizio: quel che viene richiesto non è di «dire tutto», come una certa vulgata tende ad affermare, ma piuttosto di mettere da parte il discorso cosciente, organizzato, logico, coerente, a favore dell'osservazione del corso dei pensieri e della costituzione progressiva di contenuti mentali. In questo senso, si tratta di un compito attivo che viene richiesto all'analizzando. Sarà un ulteriore compito dell'analizzando (e ancor prima dell'analista con lui) di cercare di comprendere innanzitutto i nessi associativi che in tal modo si evidenziano, e di cercare di indovinare i contenuti e le modalità di strutturazione delle lacune e degli arresti che -dal punto di vista del discorso cosciente - si manifestano nel discorso associativo. La sospensione del giudizio sui contenuti man mano rilevabili è una misura necessaria per evitare di introdurre continuamente, nel discorso associativo, elementi fondanti il discorso cosciente «naturale». Peraltro, questa sospensione è limitata: come chiunque ha la possibilità di osservare, solo una parte dell'attività di giudizio può essere - temporaneamente - sospesa e, del resto, la regola fondamentale stessa impone, in un certo senso, un giudizio costante di realtà. Quel che è possibile (anche se non facile) è cercare di evitare l'interferenza del giudizio di valore e del giudizio di coerenza nella formulazione delle comunicazioni verbali. Il giudizio qualificativo (riconoscere che un contenuto psichico che si forma in quel determinato momento è un sogno o un ricordo o un sentimento) assai difficilmente può essere sospeso e, più frequentemente, è facile venga tratto in inganno (un ricordo può essere «scambiato» per un sogno, ad esempio, oppure il ricordo di un desiderio può essere scambiato per il ricordo di un atto avvenuto). Il giudizio di coerenza sovente viene superato, nel corso dell'analisi, tramite una sua riformulazione: si impara a riconoscere l'importanza dell'aderire alla regola come modo di scoprire un'altra coerenza. La coerenza del discorso cosciente si manifesta come irrazionale, o illogica, particolarmente in occasione della comparsa di fenomeni - quali il lapsus verbale - di fronte ai quali non può essere immediatamente ricostituita, se non a prezzo di operazioni che il soggetto stesso sperimenta come falsificanti. Il giudizio di realtà, viceversa, viene mantenuto in una forma ristretta e adeguata al contesto operativo: è fondamentale che l'analizzando riconosca e accetti il fatto che il procedimento psicoanalitico si basa sull'osservazione di contenuti psichici, ossia che la realtà, in quel determinato momento, è data dal fatto che si sono formati determinati contenuti («In questo momento, mi è venuto in mente questo pensiero»). Si tratta quindi di un giudizio di realtà interna all'individuo. Per l'analista, il problema del giudizio di realtà si pone in termini ancora più cogenti: si tratta di tollerare che ogni pensiero comunicato verbalmente dall'analizzando costituisce il resoconto attualmente possibile dell'attività psichica dell'analizzando stesso. Sovente il giudizio di realtà viene ingannato, o mediante uno spostamento o mediante una riduzione. Con la prima modalità, l'inganno è totale allorché, in luogo dell'attività psichica, viene giudicata la «realtà esterna» dell'analizzando. È evidente che l'analista non sa né può sapere in alcun modo se, un'ora prima della seduta, l'analizzando ha incontrato una determinata persona e questa gli ha detto quella tal cosa, così come l'analista non può sapere se la madre del paziente abbia o non abbia le caratteristiche fisiche e psichiche che le vengono attribuite. Quel che l'analista sa, è che in quel momento della seduta c'è stata un'attività psichica il cui prodotto finale è stata la comunicazione verbale che contiene la rappresentazione di quell'incontro o di quelle caratteristiche. Questa è la realtà condivisa da entrambi i protagonisti dell'analisi. Lo spostamento del giudizio di realtà è uno dei modi tipici di manifestarsi delle modalità di seduzione dell'analizzando ed è particolarmente insidioso allorché si attua all'interno del transfert. Lo si segnala qui perché esso è una delle cause di interruzione, definitiva o transitoria, del processo psicoanalitico. Con la seconda modalità - un fenomeno assolutamente interessante da osservare - l'inganno rivela una specifica distorsione del giudizio qualificativo, in forza della quale viene considerata «attività psichica» o, più semplicemente, «pensiero», solamente quella parte dell'attività psichica cosciente che produce contenuti ideativi. In tali casi, i sentimenti, le sensazioni, le percezioni non vendono presi in considerazione, mentre i ricordi e i sogni possono solo venire usati perché le strumentali all'espressione del pensiero inconscio. La riduzione attuata tramite questa distorsione del giudizio qualificativo si concreta nella comunicazione dei soli contenuti ideativi, ma soprattutto si manifesta come un radicale rifiuto di assunzione di responsabilità di una parte importante della propria attività psichica conscia. La regola dell'attenzione fluttuante costituisce il corrispettivo, per lo psicoanalista, della regola fondamentale alla quale si impegna il paziente. Essa è basata egualmente sulla sospensione del giudizio, ma anche nell'ipotesi di base per cui l'osservazione della propria attività psichica da parte dell'analista può rivelare ciò che manca alla comunicazione del paziente (Freud, 1912b). Il che avviene, ovviamente, in forme e secondo modalità non semplici da tollerare ancor prima che da comprendere. Si tratta, tuttavia, di una situazione più realistica di quel che non sembri a tutta prima. Se si considera che le porte della percezione sono in condizioni fisiologiche sempre aperte e che le comunicazioni effettuate dal paziente - come tutte le comunicazioni umane - sono pluristratificate, sovradeterminate, polisemiche, ossia vogliono sempre dire di più di quel che non li consideri a tutta prima, l'osservazione da parte dell'analista della propria attività psichica durante la comunicazione dell'attività psichica altrui costituisce un tentativo di superamento del filtro che il sistema conscio - o in un'altra ottica l'Io - oppone alla complessità della comunicazione (in questo caso altrui). L'attenzione egualmente fluttuante delloo psicoanalista, che consente di cogliere nessi nascosti o di valorizzare discontinuità malcelate del discorso cosciente del paziente, spazia tra la percezione acustica e la percezione interna, ciò che è sostenuto teoricamente dalla definizione psicoanalitica classica della coscienza come organo di senso delle qualità psichiche (Freud, 1899). Lo psicoanalista, insomma, assume su di sé questa condizione umana e riconosce una continuità tra i contenuti psichici che l'attività del giudizio vorrebbe attribuire alla percezione esterna e quelli che la stessa attività vorrebbe attribuire alla percezione interna: si tratta comunque di contenuti psichici che si formano alla coscienza ed è questo tessuto continuo a costituire la base o il materiale di lavoro dell'analista. Le difficoltà di applicazione di questa regola sono molteplici e, sostanzialmente, legate comunque alla ferita narcisistica che essa inevitabilmente reca: se la constatazione dell'attività psichica propria è fondante per la possibilità di soggettivarsi (è una delle accezioni del cartesiano cogito ergo sum), l'analista deve tollerare, e anzi valorizzare, una condizione di desoggettivazione, nella quale percepire quanto il proprio pensiero sia il pensiero dell'altro, di colui che è materialmente presente li, steso sul divano. Solo questa condizione consente un successivo pensiero critico e la formulazione di pertinenti comunicazioni conseguenti al paziente. A questo scopo, è necessario che l'analista abbia ridotto al massimo le proprie difficoltà, conflittualità e cecità interiori, tramite una psicoanalisi. Come si sarà notato, si è evitato fin qui l'uso di una terminologia eccessivamente caratterizzata, per porre in evidenza le basi razionali dimostrabili del procedimento psicoanalitico. Ma, da qui in poi, la descrizione del processo psicoanalitico conseguente all'attuazione del dispositivo descritto richiede una terminologia adeguata, senza la quale lo spessore del processo verrebbe perduto, perché le condizioni e le regole servono a consentire l'esperienza e la comprensione cosciente di ciò che è altrimenti coscientemente impensabile, appunto l'inconscio. L'espressione «processo psicoanalitico» può allora definire il paradigma della vicenda umana che, mediante il dispositivo appena descritto, porta alla consapevolezza dell'inconscio e all'allargamento dell'Io a spese dell'Es. Il processo psicoanalitico può essere descritto da differenti punti di vista. Qui, verrà seguito il criterio di una descrizione a partire da tre di questi punti di vista. Il primo è quello del procedimento associativo, il secondo quello dello sviluppo della relazione psicoanalitica (gran parte della quale è soggetta alle dinamiche del transfert), il terzo è quello delle dinamiche relative ai contenuti che si formano e alle strutture che bisogna supporre per giustificare la comparsa di questi contenuti. Il procedimento associativo, idealmente, porta, a partire dalla sospensione del giudizio, alla comparsa di contenuti psichici inusuali o inabituali per il soggetto. Tuttavia, questo procedimento è, tipicamente, un procedimento interrotto poiché l'allentamento del controllo conscio sulla produzione psichica e sulla comunicazione verbale provoca, inevitabilmente, una resistenza, che può essere di vario tipo e di diverso livello topico (Kris, 1982). Le resistenze consce (o «riluttanze») pongono particolari difficoltà perché debbono essere osservate dall'analista e perché mettono in evidenza un'infiltrazione, o una deformazione, del sistema conscio come risultato ultimo dell'intervento di molteplici meccanismi di difesa inconsci dell'Io. Frequentemente, esse si esprimono sotto forma di riserve non dette all'esecuzione del compito prescritto dalla regola fondamentale. Ad esempio, il paziente non nomina le persone che gli «vengono in mente» adoperando piuttosto perifrasi o nomi generici («un mio amico» anziché «Andrea») o omette dettagli che ritiene troppo privati (quanto ha pagato l'automobile nuova o che sensazione ha provato carezzando la nuova amica) e che tuttavia gli si sono presentati alla coscienza durante la seduta. Il problema per l'analista non sta tanto - come ritiene il paziente - nel non poter così conoscere «i fatti» suoi o altrui (la realtà che l'analista cerca di conoscere è quella psichica), quanto nella censura che, così operata, devia il corso delle associazioni e impedisce di vederne la trama. Il compito dell'analista è, in questa situazione, difficile, perché viene a mancare la possibilità di una collaborazione diretta del paziente. Si tratta, in questo caso, di resistenze che occorre mettere in evidenza. Le resistenze inconsce al procedimento associativo provocano invece degli arresti che possono essere facilmente rilevati, anche se non è altrettanto semplice cercare di comprenderne le motivazioni. Tuttavia, l'osservazione - da parte del paziente e dell'analista - di questi intoppi costituisce un metro particolarmente utile per la percezione del processo psicoanalitico inteso come un flusso di produzioni psichiche che si accompagna a una progressiva regressione sia della tipologia dei contenuti sia, frequentemente, del paziente stesso. Il processo psicoanalitico, dal punto di vista del metodo delle libere associazioni, è un movimento caratterizzato dal superamento progressivo delle difficoltà ad associare, ossia dal superamento delle resistenze consce e inconsce: il suo termine non è il superamento di tutte le resistenze, ma l'acquisizione sufficientemente stabile di un metodo che ne consente, di volta in volta, l'esame e l'eventuale superamento. Quest'ultima annotazione è conseguente alla considerazione secondo cui le barriere e le censure intrapsichiche sono non solo fisiologiche ma anche - e soprattutto - necessarie per lo svolgimento della vita quotidiana. Lo sviluppo della relazione psicoanalitica costituisce il secondo punto di vista utile a considerare il processo psicoanalitico. A partire da una condizione iniziale di relativa reciproca ignoranza, ma già gravata dalla presenza di fenomeni di transfert (Freud, 1913b), la relazione analitica si sviluppa su due piani: da un lato, come una relazione reale, basata sulle reciproca conoscenza conscia e sul contratto stipulato per il trattamento, dall'altro, come una relazione inconscia nella quale dominano i fenomeni di trasferimento dei conflitti inconsci e dei fantasmi originari sull'oggetto attuale, lo psicoanalista. Questa seconda relazione può giungere - e uno dei fini del metodo psicoanalitico è quello di consentire questo raggiungimento - fino alla costituzione di una nevrosi di transfert, ossia di una nevrosi apparentemente «artificiale», ma in realtà profondamente autentica, nella quale tutte le dinamiche psichiche dell'individuo colpito sono organizzate attorno alla pensabilità - conscia e inconscia - della relazione con l'oggetto attuale in direzione della possibilità di realizzare, in questa relazione, quei desideri la cui proibizione o denegazione ha iniziatola dinamica conflittuale che ha portato alla nevrosi. La singolarità del processo psicoanalitico sta nel fatto di tendere a riprodurre i conflitti originari in modo da soddisfare sia l'esigenza della ripetizione sia quella della novità nella nevrosi di transfert. Da questa prospettiva, dunque, il processo psicoanalitico è un progressivo svelamento del desiderio e delle difficoltà incontrate nel pensarlo ancor prima che nel realizzarlo. Il desiderio stesso, poi, si rivela in qualche modo estraneo al soggetto, qualcosa che gli si impone e che lo attraversa, ma arrivando da un altrove interiore, luogo impersonale che può essere chiamato solo Es. Non si tratta solo di desideri di amore o di sicurezza, ovviamente, ma anche di desideri omicidi - è il caso tipico del conflitto edipico - e distruttivi. Il processo psicoanalitico, da questo punto di vista, può essere allora concepito come l'insieme delle vicissitudini del soggetto in analisi che, attraverso la relazione con un altro, scopre quanto l'altro reale, presente lì, non esista inizialmente se non per rappresentare una vicenda senza tempo che costringe il soggetto alla soluzione fallimentare della nevrosi. Solo da questo punto in poi è possibile riconoscere davvero l'altro, attraverso l'analisi della nevrosi di transfert. Anche secondo questa prospettiva, l'esito del processo psicoanalitico non è la liquidazione delle sole conseguenze sintomatiche della nevrosi, ma il riconoscimento e l'eventuale uso dei fantasmi dai quali ha preso le mosse, accompagnati dalla consapevolezza della specifica situazione umana, spezzata tra un'adesione impossibile a desideri coattivamente ripetitivi, e dunque l'adeguamento a un'estraneità interiore, e l'adattamento a una realtà esterna: tra questi due poli il soggetto può individuare una propria strada della quale poter dire: «io» la percorro. Il terzo punto di vista utile per descrivere il processo psicoanalitico è quello delle dinamiche relative ai contenuti che si formano e alle strutture che bisogna supporre per giustificare la comparsa di questi contenuti. Dinamiche di transfert, innanzitutto, che consentono di combattere non in absentia, ma direttamente, le modalità patologiche di affrontamento del conflitto. Qui la posizione psicoanalitica classica vede il transfert come un fenomeno che si sviluppa in forme altamente specifiche alla singola coppia analitica e nell'inconscio di ciascuno dei due membri. Le reazioni di controtransfert sono, in questa ottica, ciò che si oppone nell'analista alla percezione interna del pensiero inconscio del paziente. E si tratta di reazioni che hanno una finalità costitutiva, perché l'analista sperimenta, in queste situazioni, l'alienazione nell'altro, la perdita dei propri confini. Opporsi a ciò, significa invocare la possibilità di risentirsi un individuo. Le classiche reazioni controtransferali (ripudio, accettazione, agiti dell'analista) all'amore di transfert (Freud, 1914c) hanno alla base questa motivazione narcisistica: la reintegrazione di sé in un unicum intangibile. La nevrosi di transfert, in questo senso, è un modo di esistenza che non ha riscontri nella realtà quotidiana. Essa rivela però la costanza di alcune configurazioni conflittuali inconsce e la comparsa di fantasmi tipici della nostra specie (Laplanche e Pontalis, 1964), che possono essere assunti ma non superati. Nell'arco della storia della psicoanalisi, le dinamiche legate al transfert sono state descritte in modo diverso e, talora, si sono individuati nuovi fenomeni di transfert (Green, 2002). Il processo psicoanalitico, comunque, sta per così dire alle spalle delle dinamiche transferali, le quali si configurano come occasioni per rimobilitare fissazioni antiche dell'Io, per sciogliere equilibri divenuti statici per effetto di controinvestimenti, per sollevare transitoriamente la rimozione al fine di consentire l'emergenza dei contenuti rimossi ma che, a loro volta, debbono essere considerate una parte superabile all'interno di un processo che, idealmente, dalla ripetizione porta alla creatività. Al di là delle traiettorie ideali descritte fin qui, gli interrogativi che ogni processo psicoanalitico pone in evidenza sono relativi ai limiti dell'individuo e di ciascun individuo, sia a livello della singola analisi (quali modificazioni profonde, strutturali, sono attingibili? quali sono le «condizioni di esistenza» tollerabili e soddisfacenti di quell'essere umano ?), sia a livello della teoria generale dell'individuo (quali sono le condizioni e le dinamiche per lo sviluppo della creatività e della genitalità ?) Questi interrogativi, mentre indicano campi possibili di ricerca, costituiscono, per il fatto di essere sempre aperti, un indispensabile elemento autocritico dell'analista. ALBERTO SEMI |