Adler, Alfred |
A. Adler (1870-1937) nacque a Vienna, secondogenito di sei figli, da una famiglia di religione ebraica e di ceppo ungherese. Durante la fanciullezza il rachitismo e le crisi asmatiche furono per lui fonti di menomazione e di inferiorità. Laureatosi in Medicina e specializzatosi fra l'altro in Psichiatria, nel 1897 sposa Raissa Epstein, ebrea d'origine russa, esponente del movimento per l'emancipazione femminile. Dal matrimonio nascono quattro figli, di cui Alexandra e Kurt saranno poi fondatori dell'International Association of Individual Psychology. All'inizio del nuovo secolo Adler si converte al protestantesimo e aderisce al movimento socialdemocratico. Quando, invitato da S. Freud, entra a far parte del movimento psicoanalitico, sono già riscontrabili i suoi orientamenti concettuali e operativi in alcuni dei temi che diventeranno centrali nelle concezioni teorico-pratiche successive. Su proposta di Freud, nel 1910 Adler diventa presidente della Società psicoanalitica viennese, ma i contrasti sono ben presto motivo di notevoli divergenze dottrinali e di personali dissapori. Dall'atmosfera culturale viennese, permeata di evoluzionismo, riformismo sociale, come pure di creatività filosofica, letteraria e artistica, Adler trae molteplici fonti di ispirazione per una concezione dell'individuo che finisce con l'eccedere completamente il quadro della teoria freudiana. L'individuo, nella lotta per la sopravvivenza, è visto come teso a compensare psicologicamente la propria inferiorità, il linguaggio degli organi, grazie a un'evoluzione creatrice. Nel 1912 Adler pubblica Il temperamento nervoso, in cui vengono affermate le nozioni di unicità e indivisibilità dell'individuo e delineati i concetti di alto/basso, virile/femminile, trionfo/sconfitta, nonché quello di ermafroditismo psichico e di potere creativo. Gli aspetti psicopatologici sono concepiti come finzioni derivabili da una norma ideale, nell'ambito di una dinamica delle relazioni e delle comunicazioni interpersonali e di gruppo. Durante la Prima guerra mondiale Adler lavora come medico psichiatra in un ospedale militare; tornato a Vienna, elabora il modello teorico e pratico della «psicologia individuale comparata» (1920), che intende l'individuo come un'unità, unica e indivisibile (criterio soggettivo), che nella sua complessità è comparabile agli altri individui (criterio oggettivo), sia attraverso la logica della collettività e della socialità (criterio transculturale) sia nella ricerca di una base comune di senso della vita. Nello stesso periodo fonda numerosi ambulatori e consultori familiari, psicopedagogici, sessuologici, per minori dissociali, e pubblica alcune ricerche sull'interpretazione in psicoterapia e sui bambini difficili. Nel 1932, a causa del progressivo deterioramento del clima politico e razziale, si trasferisce definitivamente a New York, dove insegna Psicologia clinica alla Scuola medica universitaria di Long Island, e pubblica Il senso della vita (1933). Adler dedica gli ultimi anni della sua vita alla diffusione della psicologia individuale comparata attraverso una serie di conferenze sia negli Stati Uniti sia in Europa. La psicologia individuale comparata sottolinea, da un lato, l'indivisibilità della persona, gli aspetti consci e inconsci della mente, le matrici valoriali e culturali che formano un tutto «comprensibile» dell'individuo; dall'altro, coglie la relazione tra un individuo e un altro, in comparazione misurabile ai molteplici eventi clinici in una «psicologia del patologico». L'impianto teorico è riassumibile attraverso sei proposizioni o ipotesi di base. La prima proposizione riguarda l'unità e la coerenza interna della personalità, attraverso un continuum storico-biografico, tanto sul piano trasversale (psicostrutturale) quanto su quello longitudinale (psicoevolutivo). La seconda proporzione concerne lo «stile di vita», cioè il modo in cui l'individuo affronta in una prospettiva finalistica i problemi esistenziali; la terza si riferisce alle motivazioni che spingono l'individuo verso uno scopo programmando le azioni opportune per realizzarlo. Le istanze riferibili al sentimento di inferiorità, all'interesse sociale, all'aspirazione alla supremazia, alla creatività, sono da intendersi come forze dinamiche, in gran parte inconsce, dirette verso una «meta vitale» (la cui metafora è la stella polare). La quarta proposizione è costituita dal sentimento e dall'interesse sociale, nei suoi due aspetti: individuale (sentimento di appartenenza) e collettivo (attitudine alla cooperazione). La quinta proposizione ribadisce l'unicità della persona umana, la singolarità, originalità e irripetibilità; si tratta di una posizione olistica, ma non radicalizzata nel vitalismo. La sesta proposizione, infine, sottolinea come l'individuo, nel tendere a realizzare la propria vita, sia attore più che spettatore, artefice e insieme opera d'arte. Nella cosiddetta «psicologia d'uso», Adler evidenzia l'importanza delle condizioni oggettive relative all'ereditarietà e alle componenti biologiche, mettendole in relazione dinamica con l'ambiente, con la cultura e con le dinamiche familiari. Le condizioni soggettive si esprimono attraverso il «Sé creativo» che emergerebbe dalle esperienze individuali. Questi fattori, che confluiscono nello stile di vita individuale, sono valutati scientificamente, e al contempo si inscrivono in un mondo di significati. Sono i mattoni che l'individuo usa nella costruzione del proprio stile di vita, da intendersi come struttura empirica degli stati soggettivi orientata finalisticamente. Le varie dinamiche conscio/inconscio, alto/basso, inferiore/superiore, vanno studiate secondo questa linea dinamica prioritaria. Le principali vie d'accesso dello stile di vita sono: 1) la costellazione familiare, che riguarda non solo i rapporti e i moduli di legame affettivi primari con le figure genitoriali (Adler li definisce «sentimenti teneri»), ma anche le interazioni tra fratelli e sorelle (fratria) e con altri significativi membri della famiglia; 2) i primi ricordi, che risalgono all'epoca della formazione del Sé, ma talora non corrispondono con esattezza alla realtà storica dei fatti, bensì a un'elaborazione immaginaria delle esperienze; 3) i sogni e le fantasie, che sono spesso un mascheramento e che, attraverso metafore e simboli, sono rivolti a tentativi di rielaborazione di conflitti intrapsichici, ma pure di problematiche attuali o di «vissuti prospettici»; 4) la sessualità e l'amore, lo studio e il lavoro, il gruppo e la società, che sono i compiti fondamentali della vita e le linee direttrici dinamiche in cui si può rivelare lo stile di vita individuale. La psicologia e la psicopatologia dinamica si rifanno anche ad altri importanti presupposti. In primo luogo, la psicologia individuale si accorda con la teoria psicologica delle finzioni (l’Als Ob, il «come se» di H. Vaihinger, 1911): esse sono figure retoriche e strumenti pratici (non validi per le mete reali e scientifiche) utilizzati fintantoché possono essere sostituiti da ipotesi più efficaci. I processi del pensiero, incluse le finzioni, sono schemi di riferimento soggettivo, immaginativamente «portati avanti» talora con un finalistico autoinganno nell'oscurità dell'inconscio. L'«ideale direttivo di personalità» (concettualmente diverso dal freudiano narcisismo primario) è la meta di un movimento prospettato in avanti, di tipo finzionale, ma nello stesso tempo rappresenta un principio unificante dell'individuo. La psicologia individuale poggia inoltre su alcune istanze e motivazioni radicate nel carattere. Una prima istanza riguarda un sentimento la cui estremizzazione psicopatologica porta al complesso di inferiorità. A questo è complementare l'aspirazione alla supremazia, che può condurre a un'abnorme volontà di potenza, concezione derivata ma non eguale a quella di F. Nietzsche. Una seconda istanza è il sentimento sociale, propedeutico all'interesse sociale e alla cooperazione verso i propri simili. Una terza area (Adler, 1912) è riferibile a una potenzialità creativa anche attraverso l'innovazione tecnologica e l'arte. Per la psicologia individuale, l'inconscio (che comprende i meccanismi di formazione dei simboli) è da intendersi come ciò che noi «non conosciamo» di noi stessi, l'incompreso, lo sconosciuto. Il conscio sarebbe un elaborato della «socializzazione della mente» e della mente relazionale. Conscio e inconscio non sono antitetici ma complementari. La «compensazione psichica», caposaldo adleriano (1907), è correlata a vissuti di inferiorità organica, psicologica e sociale. Quegli individui che nella loro infanzia non hanno avuto una buona maturazione complessiva sono più vulnerabili di fronte alle situazioni intrapsichiche, relazionali ed esterne. Essi potranno realizzare più frequentemente disturbi psichici severi, malattie psicosomatiche, comportamenti abnormi (K. Adler, 1967). La crisi dell'autostima dovuta all'insuccesso di una «politica di prestigio» equivale a un'esperienza di fallimento. L'individuo, nello scontro con la realtà, ricerca una soluzione vitale ed è costretto a utilizzare (talora in modo inefficace) le dinamiche delle finzioni e a elaborare degli espedienti di salvaguardia, i quali dovrebbero mascherare a se stessi e agli altri il « tetro segreto della propria inadeguatezza». Per Adler la sessualità si riferisce a numerosi fattori bio-psico-sociali in connessione con istanze quali il sentimento di tenerezza, la reciprocità, la rivalità, la lotta per il controllo sull'altro, il predominio, il potere. La psicologia individuale, pur non negando il complesso edipico, preferisce rifarsi all'allegoria metastorica del complesso di Adamo ed Eva, attribuendovi una idealizzata e fittizia aspirazione alla perfezione, compensazione negativa di un'inferiorità complessiva: di conoscenza, di finitudine, di colpa. I condizionamenti delle figure parentali, nonché le imitazioni dei modelli culturali, possono imprimere alle tendenze sessuali (anche a seconda del ciclo evolutivo) sensi di inferiorità, timori di essere respinti dal sesso opposto, aspirazione ad acquisire strumenti di dominio o di vendetta, in rapporto ai propri sentimenti di virilità o di femminilità. L'aggressività, infine, non sarebbe un derivato dell'istinto di morte, ma costituirebbe un intreccio pulsionale tra sessualità e aggressività. La psicologia individuale comparata è orientata verso numerose aree applicative. Qualsiasi intervento deve configurarsi come un «abito su misura», il che corrisponde all'individualizzazione delle modalità di trattamento. Osservatore e osservato, terapeuta e paziente, vengono a proporsi in un comune orizzonte di significati (Adler, 1927). Si comprende così come molti atteggiamenti cognitivi, affettivi, valoriali, normativi, ecc. siano tanto l'espressione di un quadro di riferimento di uno specifico gruppo culturale quanto la «risposta», basata sul «senso comune», che certi soggetti danno a una situazione problematica ricorrente. Il modello adleriano si riferisce a un continuum psicologico/psicopatologico tra psicologia evolutiva e psichiatria dinamica, in cui la valutazione diagnostica complessiva corrisponde, in una dimensione di comprensione, sia a un atto clinico, sia all'incontro con l'individuo che pone la sua richiesta di aiuto. Il comprendere, ovvero ciò che conferisce un senso alla diagnosi e alla successiva terapia, comporta una molteplicità di approcci valutativi: categoriale, dimensionale, psicostrutturale, interpersonale, culturale e sociale. Al criterio nomotetico (la base psicopatologica comune) va correlato il criterio idrografico (l'abito su misura «individualizzato»). Per quanto riguarda la teoria della clinica, c'è un interesse sia nei confronti della scientificità, nel senso di esperienza trasmissibile condivisa e di insegnamento, sia dell'artisticità, che concerne la sperimentazione, la creatività e il tirocinio emotivo. L'applicazione delle tecniche da parte degli operatori è quindi riferibile tanto a procedure apprese e consolidate (il «come fare», il mestiere, la conoscenza di una tecnica) quanto a procedure di tipo congeniale-identificatorio, all'incontro empatico, alla relazione transferale/contro transferale (il «fare come», il lato artistico e creativo). Nelle molteplici realizzazioni pratiche della psicologia adleriana, l'ipotesi comune è che in tutti i tipi di intervento si registrino agenti terapeutici sia aspecifici, sia specifici. In particolare, 1) l'interpretazione va intesa come un'analisi delle finzioni e delle resistenze della distanza, (quale misura del coinvolgimento emotivo, anche a livello del rapporto terapeuta/paziente), dell'aggressività, della sessualità; delle dinamiche psicologiche della regressione. 2) Un rapporto incoraggiante, unito a un'analisi dei livelli transmotivazionali, aiuta a una revisione ed elaborazione del proprio stile di vita. 3) L'analisi del progetto esistenziale, cioè il «che cosa l'individuo vuol fare di se stesso al mondo», si propone a livello dinamico-strutturale come momento creativo. 4) L'associazione con psicofarmaci e altre metodiche preventive e psicoriabilitative deve tenere conto della pluriprofessionalità e di una «buona pratica» rivolta a tutti i pazienti attraverso una pluralità culturale relazionale. Vi sono oggi diverse professioni che implicano una relazione d'aiuto nell'ambito sanitario o solidaristico di linea adleriana. Peraltro sono i trattamenti psicologici in senso strutturato, qui sintetizzati, quelli che costituiscono il nucleo tradizionale degli interventi. In primo luogo si hanno gli approcci psicoeducativi propriamente detti, lungo l'intero arco evolutivo, sviluppabili in diversi ambiti: quello della famiglia, dove si possono scoprire le iniziali caratteristiche dello stile di vita e conoscere le mete nascoste del bambino, e quello della scuola, con l'importanza degli insegnanti quali figure di identificazione secondaria e dei compagni quali «pari». Ma è prevista anche un'educazione del e sul lavoro, che si configura come elemento socializzante realizzativo e in alcuni casi di prevenzione e/o di riabilitazione (ad esempio per i portatori di handicap o nelle patologie psichiatriche cronicizzate). Gli interventi di counselling, invece, hanno specifici compiti di chiarificazione-appoggio e spesso di incoraggiamento. Le indicazioni e le aree di intervento sono rivolte al singolo, alla coppia, alla famiglia e anche a talune istituzioni (consultori, scuole, comunità). Il counsellor non deve interpretare il materiale inconscio, avendo tra le finalità del suo intervento quella di porsi come nodo significativo collegato alla rete terapeutica. Un altro percorso è quello delle psicoterapie adleriane, che ricercano non solo la patogenesi, ma pure il senso dei sintomi e soprattutto le dinamiche che li sottendono, nell'ambito dello stile di vita individuale. In un contesto di alleanza terapeutica, attraverso il rapporto interpersonale si inserisce il transfert/controtransfert quale elemento fondamentale (K. Adler, 1967). I numerosi tipi di intervento psicoterapeutico hanno indicazioni e limiti specifici, lungo la gamma supportivo-intensiva. Vanno sottolineati in particolare i trattamenti analitici o del nucleo, espressione applicativa più completa delle psicoterapie. Tali interventi si propongono quali revisione dello stile di vita: il che comporta talora un percorso di molti anni. Si possono distinguere tre momenti, da non intendersi come tappe storicamente prestabilite. Nel primo momento il terapeuta effettua, in una sorta di «anamnesi terapeutica», un embrionale progetto di analisi, in cui concorda col paziente le regole del setting e il percorso che intende effettuare. In un secondo momento, attraverso gli strumenti classici dell'analisi, nonché quelli specifici adleriani (incoraggiamento, smascheramento delle finzioni, uso delle «metafore vive», alleanza creativa col deficit), si opera nella direzione di una presa di consapevolezza (insight) cognitiva, emotiva e anche corporea. Nel terzo momento si apre la via a un processo di «elaborazione», di transmotivazione e di riorientamento dello stile di vita individuale e del progetto esistenziale. Nel modello adleriano vi sono i presupposti dell'evoluzionismo emergentista (Tattersall, 1998), volti alla struttura di un programma geneticamente determinato, che guida e a sua volta inscrive l'apprendimento in un'evoluzione culturale in continuo scambio con l'ambiente circostante (Adler, 1933). Il problema della molteplicità delle discipline, nel suo uso pragmatico lungo i vari percorsi di «network interattivo», evidenzia nuove discipline di «frontiera», come è il caso della sociopsicobiologia, dell'importanza delle culture, della mente relazionale, dei rapporti interpersonali che tendono a riconoscere una base neurofisiologica comune, degli studi psicobiologici sul placebo e dell'efficacia della psicoterapia. La psicologia individuale comparata è una scuola di lunga tradizione e di vasto seguito internazionale. Il suo modello teorico-pratico appare compatibile con le attuali ipotesi scientifiche, in quei territori ad alto grado di complessità che ineriscono l'individuo umano: senza con ciò che si perda di vista il senso della vita, il sentimento sociale, il potenziale creativo e altresì un'etica sulla ricerca che consideri centrali la dignità della persona e della collettività. GIAN GIACOMO ROVERA |