da http://www.pbmstoria.it/dizionari/storia_mod/b/b005.htm
BAKUNIN, MICHAIL ALEKSANDROVIC
(Prjamuchino 1814 - Berna 1876). Politico russo, teorico
dell'anarchismo. Di famiglia d'origine aristocratica, studiò
filosofia, entrando in contatto con i gruppi della sinistra
hegeliana, prima a Mosca e poi a Dresda. Successivamente si
trasferì a Parigi (1844-1847) dove conobbe e frequentò
Marx e soprattutto Proudhon, dalle cui idee federaliste e
antiautoritarie fu profondamente influenzato. Inizialmente, su
posizioni di panslavismo democratico, considerava essenziale
l'emancipazione dei popoli slavi per la sconfitta del dispotismo in
tutta Europa. Successivamente riprese da Feuerbach il concetto
d'alienazione religiosa come fondamento della negazione della
libertà da parte di ogni istituzione e autorità umana:
lo stato è perciò la più compiuta negazione
della libertà dell'individuo e quindi una violazione della
legge dell'uguaglianza, condizione suprema della libertà e
dell'umanità. Questa concezione lo pose in rotta di
collisione con le correnti marxiste: per Bakunin non era concepibile
nessuna forma di transizione verso l'estinzione dello stato e la
dittatura del proletariato non era altro che la prosecuzione della
tradizione giacobina destinata a un nuovo dispotismo di una classe
sfruttatrice e privilegiata, la burocrazia. Arrestato e condannato a
morte dalle autorità prussiane in seguito alla rivolta di
Dresda del 1848, fu consegnato ai russi (1851) e deportato in
Siberia da dove fuggì (1861), riparando a Londra. Dopo un
tentativo insurrezionale fallito in Lituania, si trasferì in
Italia (1864-1867) dove le sue idee trovarono una rapida e larga
diffusione. Nel 1868 fondò l'Alleanza internazionale della
democrazia socialista le cui sezioni, diffuse soprattutto in Italia,
Spagna e Svizzera, aderirono alla prima Internazionale, da cui il
rivoluzionario russo fu espulso nel 1872, dopo un lungo conflitto
ideologico con Marx. In quegli anni Bakunin chiarì la sua
concezione di rivoluzione sociale come sollevazione popolare
spontanea. Essa doveva avere la propria base tra i contadini poveri
dei paesi industrialmente arretrati e dare vita a una società
collettivistica e anarchica, frutto della libera associazione di
gruppi produttori che avrebbe eliminato immediatamente ogni forma
d'autorità statale (Stato e anarchia, 1873).
G. Polo
*
Da Anarcopedia
http://ita.anarchopedia.org/index.php?title=Michail_Bakunin&printable=yes
Michail Aleksandrovič Bakunin (in russo Михаил Александрович
Бакунин) (Tver, 30 maggio 1814 - Berna, 1 luglio 1876), grande
rivoluzionario e pensatore russo, è considerato uno dei padri
fondatori dell'anarchismo moderno. È autore di molti scritti,
tra i quali Stato e Anarchia e L'impero germanico.
Biografia
«Dobbiamo prendere possesso della nostra epoca col nostro
pensiero. Al pensatore e al poeta è dato d’anticipare il
futuro e di edificare un nuovo mondo di libertà e di bellezza
sulla dissoluzione putrida e caotica che ci circonda»
(Bakunin, Annali franco-tedeschi, febbraio 1844)
La gioventù
Mikhail Bakunin nacque nel piccolo villaggio di Prjamuchino, vicino
Tver, il 30 maggio 1814. Figlio di nobili proprietari terrieri,
Bakunin frequentò in gioventù la scuola di artiglieria
di San Pietroburgo. Completò i suoi studi nel 1832 e due anni
dopo fu nominato giovane ufficiale della Guardia Imperiale Russa,
così fu mandato a Minsk e Goradnia (ex Lituania, oggi
Bielorussia). Quella stessa estate, Michail fu coinvolto in una
disputa familiare. Nel 1835 si trasferì a Mosca per studiare
filosofia, passione che coltivò proficuamente anche a Dresda,
si appassionò di filosofia e in particolare agli scritti di
Fichte, Schelling ed Hegel.
Durante gli anni 1839-1840 conobbe Aleksandr Herzen e Nikolái
Ogariov, poi anche Visarión Belinski. Nel 1842 raggiunse la
Germania, entrando in contatto con i giovani leader del movimento
socialista di Berlino.
Il periodo parigino
Dalla Germania raggiunse Parigi nel 1844, dove incontrò Marx,
che Venturi ne Il populismo russo descrive in questo modo:
«Bakunin era particolarmente vicino allora a quel gruppo che
negli ultimi mesi del 1844 stava tentando di trasformare il foglio
tedesco pubblicato a Parigi, Worwarts, in un organo del socialismo
emigrato, al gruppo cioè di Ruge, Marx, Herweg, Heine. Ma
anche nell'atmosfera di quell'ambiente sentì qualcosa che gli
impediva di parteciparvi con tutto l'animo. Vi trovava quella
costrizione, quell'articficiosità che non gli aveva permesso
di accettare l'utopia di Weitling.»
A proposito dell'incontro con i comunisti emigrati a Parigi scrive
Bakunin:
«Questi signori sono estranei alle esigenze fondamentali della
dignità e della libertà umana. Non è forse una
cosa triste? ... I comunisti francesi, da questo punto di vista,
sono più progressivi, più umani, orgogliosi e liberi,
essi sono pieni di dignità e d'amor proprio e perciò
apprezzano anche la libertà e la dignità degli
altri». [3]
Nel 1844, con Marx, Feuerbach e Ruge (di cui diverrà intimo
amico) fondò il giornale Deutsch-Französische
Jahrbücher. Parigi è una città ricca di fermenti
culturali e politici, nella stessa capitale parigina ebbe contatti
con diversi intellettuali, tra cui Engels, Cabet, il pubblicista
tedesco Heinrich Bornstein (fondatore del Vorwarts, nel luglio 1844
ospitò l'anarchico russo in una stanza della sua abitazione)
e soprattutto Proudhon. Tutte queste esperienze fecero maturare
definitivamente in lui idee rivoluzionarie e antiautoritarie:
«...sono lo stesso, come prima, nemico dichiarato della
realtà esistente, solo con questa differenza, ho cessato di
essere teorico [...] Io amo, Pablo, amo appassionatamente: non so se
posso essere amato come io vorrei esserlo, ma non dispero, -so
almeno che si ha molta simpatia verso di me-; devo e voglio meritare
l'amore di quella a cui amo, amandola religiosamente, vale a dire,
attivamente -è sottomessa alla più terribile ed alla
più infame schiavitù- e devo liberarla combattendo i
suoi oppressori e accendendo sul suo cuore il sentimento della sua
propria dignità, suscitando in lei l'amore e la
necessità della libertà, gli istinti della ribellione
e della indipendenza, ricordandola a se stessa, al sentimento della
sua forza e di suoi diritti. Amare è volere la libertà
[...] Abbasso tutti i dogmi religiosi e filosofici -non sono
più menzogne-; la verità non è una
stupidaggine, se non un fatto, la vita stessa è la
comunità di uomini liberi e indipendenti, è la santa
unità dell'amore che germoglia dalle profondità
misteriose e infinite della libertà individuale.»
(Lettera di Michail Bakunin al fratello Paolo, Parigi, 29 marzo
1845)[4]
Nel frattempo, mentre si trovava temporaneamente in Svizzera, il
governo russo gli aveva ritirato lo status di nobile e condannato in
absentia ai lavori forzati in Siberia. Principalmente Bakunin
risedette dal 1844 fino al 1847 in Francia, anno in cui venne
espulso per aver scritto un proclama rivoluzionario contro la
Russia.
La rivoluzione del 1848-49. Il carcere
La rivoluzione del febbraio 1848 di Parigi, lo sorprese a Bruxelles.
Decise di tornare nella capitale francese, città che
raggiunse a piedi dalla frontiera a causa del blocco dei treni. Egli
vedeva la rivoluzione come un risveglio dopo un lungo sonno. Preso
da l'ebbrezza di quei giorni folli, si rivelò infaticabile:
era presente ad ogni convegno, manifestazione, riunione, ecc.
La rivoluzione si diffuse a macchia d'olio in tutta Europa,
raggiungendo Milano, Venezia, Vienna, Berlino, Paesi Bassi,
Danimarca, ecc. Bakunin operò principalmente affinché
la rivoluzione raggiungesse la Polonia e la Russia, una terra
considerata da lui ed altri rivoluzionari come centrale rispetto
all'esplosione della causa rivoluzionaria europea.
L'evento che cambiò radicalmente la sua vita fu però
l'insurrezione di Dresda (aprile-maggio 1849), dopo la quale, dopo
essere stato catturato dalle truppe tedesche, fu condannato, il 14
gennaio 1850, alla pena di morte, commutata in carcere a vita. Nel
1851 venne trasferito alla Fortezza di Pietro e Paolo di San
Pietroburgo. In quella circostanza, su richiesta del conte Orlov,
scrisse una confessione allo Zar Nicola I. Nel 1857, la pena fu
commutata dall'ergastolo all'esilio a vita in Siberia (nel 1858 si
sposò con la giovane polacca Antonia Kwiatkowski), da cui
riuscì a scappare, passando per il Giappone e gli Stati
Uniti, nel 1861.
L'anno seguente raggiunse Londra, città da cui guardò
con profondo interesse al Risorgimento italiano. Entrò in
contatti con Mazzini e Garibaldi; c'è da dire che il primo
inizialmente guardava con simpatia al socialismo ma in seguito
divenne uno dei più acerrimi nemici della Prima
Internazionale.
Il soggiorno italiano e La Prima Internazionale.
A Londra, nel 1862, Bakunin entrò in contatto epistolare con
Giuseppe Garibaldi:
«Il rumore delle vostre nobili e patriottiche imprese scosse
la mia apparente inerzia riportandomi tutte le passioni della
giovinezza. Del resto non fui il solo a commuovermi…»
(Masini-Bovio, Bakunin, Garibaldi e gli affari slavi 1862-63)
In seguito, Bakunin inviò a Garibaldi, nel febbraio 1862, la
sua prima pubblicazione - Romanov, Pugacev, Pestel, la causa del
popolo – facendola seguire da una lettera:
«Il nostro scopo è l’abbattimento della
centralizzazione moscovita-pietroburghese, l'emancipazione e la
completa libertà, l'autonomia e l'indipendenza delle province
polacche e di quelle non polacche che costituiscono lo Stato
russo».
Sempre a Londra, a causa del suo profondo interesse per i moti
risorgimentali, aveva inoltre conosciuto Mazzini, presentatogli da
Herzen dopo la sua fuga in Siberia. Il 12 novembre 1863 Mazzini
scrisse a Federico Campanella:
«...dì a Mosto che andrà a cercarlo un mio amico
russo con la moglie, che mi preme sia bene accolto dai nostri […]
Questo russo…ti darà..una prima lettera russa in francese…E’
un lavoro interessante assai. fa che sia tradotta. La serie delle
lettere è primitivamente diretta a un giornale svedese; ma se
tu gli chiederai di lasciarti sopprimere il preambolo, tanto che
appaia un lavoro dato al “Dovere”, te lo concederà. Intenditi
perché ei ti mandi le altre lettere da
Firenze»«» (Romano A., Storia del socialismo in
Italia, p. 119)
A dimostrazione della concertazione con Mazzini ed altri italiani in
occasione del suo successivo viaggio in Italia, lo stesso Mazzini il
giorno dopo scrisse a Giuseppe Dolfi:
«Vedrete un amico mio russo, che vi raccomando caldamente
insieme alla moglie che è polacca. E prima riceverete da lui
– probabilmente da Genova – una lettera nella quale vi
pregherà di trovargli una stanza a prezzo modesto a Firenze.
Vi prego come amico di fare che vi dirà e vi sarò
grato». (Romano A., Storia del socialismo in Italia)
Il soggiorno in Italia cominciò all'inizio del 1864 e si
prefiggeva l'obiettivo di difondere Principi e Statuti
dell'Internazionale dei Lavoratori : nel gennaio 1864 Bakunin
raggiunse Genova, città in cui incontrò Bertani; a
Caprera fece visita a Giuseppe Garibaldi (19 gennaio 1864); in
seguito giunse a Firenze, incontrò un gruppo di giovani
socialisti e mazziniani tra cui Dolfi, Mazzoni, Granelli,
Berti-Calura e De Gubernatis;
A questo punto Bakunin cominciò a lavorare alacramente per
preparare la nascita della Prima Internazionale, che il 28 settembre
1864 svolse a Londra il suo congresso fondativo: nasce la "Prima
Internazionale socialista dei Lavoratori”. All'Internazionale
aderirono inizialmente tutte le correnti della Sinistra europea, da
Karl Marx agli anarchici e fino a Giuseppe Mazzini (1805-1872).
L'Associazione diventò fuorilegge, dal 1871, in Francia,
Spagna, Germania, Austria-Ungheria e Danimarca, ma si
sviluppò, nonostante la repressione, in Spagna, Italia,
Belgio. All'interno dell'Internazionale, i contrasti principali si
ebbero tra marxisti ed anarchici riguardo alla funzione dello Stato
prima, durante e dopo la rivoluzione sociale (Bakunin,
contrariamente a Marx, asupicava ovviamente la sua immediata
abolizione).
Negli ultimi mesi dell'anno Bakunin intraprese un nuovo viaggio in
Italia, sempre con l'intento di diffondere i principi
internazionalisti:
- Ottobre del 1864: Bakunin è a Napoli per partecipare al
XI Congresso delle società operaie mazziniane, durante il
quale si decise di inviare una delegazione al previsto I
Congresso dell'A.I.L. dell'anno seguente (che non avrà
mai luogo).
- Novembre 1864: dopo essersi allontanato, Bakunin visita
l'Italia per la seconda volta (Genova e Firenze), con l'intento
di contrastare l'egemonia mazziniana nel movimento operaio (la
rottura con Mazzini è definitiva a causa della visione
statalista di quest'ultimo).
- Agosto 1865: a Firenze fonda il giornale «Il
Proletario», diretto dal proudhoniano Niccolò Lo
Savio.
- Giugno 1865: Bakunin si trasferisce a Napoli, qui aggrega
intorno alla sua figura un gruppo di giovani che saranno i primi
internazionalisti: Carlo Gambuzzi, Giuseppe Fanelli, Saverio
Friscia, Mileti, Dramis, De Luca e Alberto Tucci. Nacque
così l'effimera "Fratellanza Internazionale", che ebbe
vita breve ma ha comunque grande importanza per la storia
dell'internazionalismo.
- Ottobre 1866: Bakunin e Tucci curano la pubblicazione de La
situazione italiana, un opuscolo in cui si analizza la
situazione politica nella penisola e si attacca violentemente lo
statalismo mazziniano.
- Febbraio 1867: a Napoli nasce il circolo «Libertà
e Giustizia» dagli amici italiani di Bakunin: Giuseppe
Fanelli, Saverio Friscia, Gambuzzi, Tucci e Caporusso.
- Agosto 1867: «Libertà e Giustizia» inizia
le pubblicazioni di un giornale socialista e collettivista
omonimo.
- Settembre 1867: grazie al proficuo lavoro di Bakunin ci furono
primi contatti delle società operaie italiane con la
Prima Internazionale. Tanari e Stampa partecipano al Congresso
di Losanna.
La Comune di Parigi e le attività insurrezionali.
Nel 1867 si stabilì a Ginevra, dove assistette al
Congresso inaugurale della Lega per la Pace e la Libertà
(in cui militavano i democratici di tutta Europa, tra cui Victor
Hugo, Stuart Mill, Louis Blanc e Giuseppe Garibaldi, ma senza
alcuna velleità rivoluzionarie), con la speranza di
trascinarla su posizioni più radicali, e scrisse
Libertà, Federalismo e Anti-teologismo.
Il 25 settembre del 1868, la fazione dei socialisti rivoluzionari si
scisse dalla Lega per la Pace e la Libertà, originando
l'Alleanza Internazionale dei Socialisti Democratici (sciolta poi
nel 1869), aggregandosi all' Associazione Internazionale dei
Lavoratori (Bakunin aderì alla sezione ginevrese). Nel 1869
entrò in contatto con il rivoluzionario russo Netchaiev e
autore del Catechismo rivoluzionario. Interassotosi ai fermenti
rivoluzionari spagnoli, incaricò l'italiano Giuseppe Fanelli
di diffondere in Spagna l'idea anarchica e internazionalista.
Nel 1870, fu espulso dall'"Associazione" per essersi dichiarato
solidale con la sezione del Giura che si era fatta simbolo dei
contrasti tra autoritari e anti-autoritari. In quesi anni Bakunin
dovette difendersi dalle accuse infamanti di Karl Marx, che lo
considerava una spia del Partito Panslavista. Durante la guerra
franco-prussiana, nel 1871 tentò di fomentare una sommossa
popolare a Lione, dove costituì un "Comitato di salute della
Francia" che proclamò l'abolizione dello Stato e la
federazione dei comuni rivoluzionari (il fallimento dell'impresa lo
costrinse a fuggire). Nel 1871 scrisse La Comune di Parigi e l'Idea
di Stato e La teoria politica di Mazzini e l'Internazionale. Dopo
essere stato espulso, il 7 settembre 1872 dall'Internazionale al
Congresso dell'Aia, nello stesso anno, a Saint-Imier,
organizzò, con le sezioni "ribelli" dell'Internazionale (tra
cui quelle del Giura che costituirono la Federazione anarchica del
Giura), il primo congresso dell'Internazionale antiautoritaria. Nel
1873 scrisse la sua unica opera completa, Stato e Anarchia.
Nell’estate del 1873, grazie ai capitali forniti dall'amico Carlo
Cafiero, Bakunin poté acquistare un ampio appezzamento a
Minusio (nel Canton Ticino, in Svizzera), chiamato "La Baronata",
dove fece costruire una nuova abitazione. Nel 1874 Bakunin fu tra
gli organizzatori dell' insurrezione di Bologna, ma il fallimento
dell'impresa lo costrinse a fuggire in Svizzera, a Locarno
(andò via da "La Baronata" a causa di una serie di
incomprensioni con Cafiero, che successivamente vennero
riappianate). Morì a Berna il 1°luglio di quattro anni
dopo, nel 1876.
Il pensiero
La libertà
In apparenza asistematico, in quanto mancante di una
organicità manifestata dall'assenza di opere compiute al di
fuori di "Stato e Anarchia" il pensiero di Bakunin ruota attorno
all'idea, fondamentale per lui, di libertà. La libertà
è il bene supremo che il rivoluzionario deve cercare a
qualunque costo. Bakunin non ammette che la libertà
individuale venga limitata da quella degli altri:
«Io non sono veramente libero che quando tutti gli esseri
umani che mi circondano, uomini e donne, non sono ugualmente liberi:
posso dirmi libero solo in presenza di altri uomini e in rapporto
con loro. [...] Io stesso sono umano e libero solo nella misura in
cui riconosco la libertà e l’umanità di tutti gli
uomini che mi circondano. La libertà degli altri, lungi
dall’essere un limite o una negazione della mia libertà, ne
è al contrario la condizione necessaria e la conferma. Non
divengo veramente libero se non attraverso la libertà degli
altri, così che più numerosi sono gli uomini liberi
che mi circondano, più profonda e più ampia è
la loro libertà, più estesa e più profonda e
più ampia diviene la mia libertà. Io intendo quella
libertà per cui ciascuno, anziché sentirsi limitato
dalla libertà degli altri vi trova al contrario la sua
conferma e la sua estensione all’infinito». (Bakunin in Dio e
lo Stato)
La libertà può essere realizzata solo se ogni
individuo insorge contro la società che «domina con gli
uomini, con i costumi e le usanze, con la massiccia pressione dei
sentimenti, dei pregiudizi e delle abitudini…la sua azione è
molto più potente di quella dell’autorità dello
Stato». Ribellarsi contro questi “valori” imposti dalla
società, significa ribellarsi contro se stesso, in quanto
ogni individuo non è altro che il prodotto della
società. La libertà, come entità infinita, per
espletarsi, abbisogna della società: l’uomo, infatti, nella
misura in cui è interiormente infinito, immortale e libero,
è altresì esteriormente limitato, mortale, debole e
dipendente dal mondo circostante. Il riconoscimento della
libertà, dunque, avviene nell’organizzazione sociale degli
uomini: di più, la società è il nido della
libertà e fuori di essa nulla è possibile.
Libertà come costitutivo della società, libertà
come cifra della civiltà, libertà come bisogno
insopprimibile. E, al raggiungimento della libertà, la
rivolta contro il dominio è un fatto necessitante.
L’organizzazione di questa rivolta individuale contro il principio
di autorità, in favore della libertà, non è
altro che la rivoluzione, cuore e stigma del pensiero dell’anarchico
russo.
La libertà è però irrealizzabile senza
l'uguaglianza di fatto (uguaglianza sociale, politica, ma
soprattutto economica). Il fenomeno che spinge gli uomini
all'ineguaglianza e alla schiavitù è il principio di
autorità, esemplificato nella modernità, da soggetti
astratti che però si fanno concreti socialmente, schiacciando
la libertà: Dio e la religione, lo Stato e il Capitale.
Abbattuti questi, grazie a una rivoluzione strettamente popolare, si
sarebbe giunti all'Anarchia.
Dio e la religione
«La religione, ed in particolare il cristianesimo, hanno
prodotto “l’annientamento dell’umanità a profitto della
divinità”, quindi “se Dio esiste, l’uomo è uno
schiavo. Ora l’uomo può, deve essere libero: dunque Dio non
esiste». (Bakunin in "Dio e lo Stato")
«E’ evidente che finché avremo un padrone in cielo, non
potremo essere liberi in terra. Finché saremo convinti di
dovere a Dio un’obbedienza assoluta, e davanti a Dio non è
possibile altro tipo di obbedienza, dovremo sottometterci in modo
passivo e senza la minima critica alla sacra autorità dei
suoi intermediari e dei suoi eletti [...] Dio, o piuttosto la
finzione di Dio, è dunque la consacrazione e la causa
intellettuale e morale di ogni schiavitù sulla terra; e la
libertà degli uomini sarà completa solo quando
avrà distrutto la nefasta finzione di un padrone
celeste». (Bakunin in Dio e lo Stato)
Bakunin ritiene che ammettere l’esistenza di Dio significa abdicare
alla ragione e alla giustizia. Dio priva la libertà all’uomo
non solo nel pensiero, ma anche nella vita concreta e reale:
obbedire a Dio significa obbedire ai suoi rappresentanti in terra
(Stato, Chiesa, preti, vescovi, re, capi di stato ecc.). Infatti
ogni tiranno, ogni peggior nemico della libertà, ha
legittimato la propria autorità coll’approvazione divina.
«Poiché Dio è tutto, il mondo reale e l’uomo
sono nulla. Poiché Dio è la verità, la
giustizia, il bene, il bello, la potenza e la vita, l’uomo è
la menzogna, l’iniquità, il male, la bruttezza, l’impotenza e
la morte. Poiché Dio è il padrone, l’uomo è lo
schiavo. Incapace di trovare da sé la giustizia, la
verità e la vita eterna, l’uomo non può che arrivarvi
per mezzo d’una rivelazione divina. Ma chi dice rivelazione, dice
rivelatori, messia, profeti, preti e legislatori, ispirati da Dio
stesso; e questi, una volta riconosciuti come rappresentanti di Dio
sulla terra, come i santi istitutori dell’umanità eletti da
Dio per dirigerla verso la via della salvezza, debbono
necessariamente esercitare un potere assoluto. Tutti gli uomini
devono loro un’obbedienza passiva e illimitata; perché contro
la Ragione divina non c’è ragione umana e contro la Giustizia
di Dio non vi è giustizia terrestre che tenga. Schiavi di
Dio, gli uomini devono esserlo anche della Chiesa e dello Stato, in
quanto quest’ultimo è consacrato dalla Chiesa. [...] l’idea
di Dio [...] è la negazione più decisa della
libertà umana e comporta necessariamente la servitù
degli uomini, tanto in teoria quanto in pratica.» (da "Dio e
lo Stato")
L’ateo è comunque solo parzialmente libero; lo è solo
spiritualmente. Per completare il proprio percorso deve trovare
nella società la completa libertà sociale e
individuale.
Lo Stato e il Capitale
La dottrina dello Stato di Bakunin è ciò che
differenzia, fin dalla loro formazione, le due correnti del
socialismo ottocentesco e novecentesco. Lo Stato, per definizione di
ambedue le fazioni, rappresenta quell'insieme di organi polizieschi,
militari, finanziari ed ecclesiastici che permettono alla classe
dominante (nel caso specifico, la borghesia) di rimanere in possesso
dei suoi privilegi. Lo Stato è l'ostentazione della forza,
l'amore per la soverchieria, la depredazione di pochi a spese dei
molti. L'unico modo per emanciparsi, dice Bakunin, è la
distruzione immediata del potere statale e di ogni sua possibile
ricreazione.
La questione problematica si presenta però nell'utilizzo
dello Stato durante il periodo rivoluzionario. Per i marxisti,
infatti, si sarebbe dovuta presentare una situazione in cui lo Stato
sarebbe stato arma in mano al proletariato per eliminare la
controrivoluzione. Solo allora, con la dissoluzione dell'apparato
statale si sarebbe passati all'assenza di classi. La posizione di
Bakunin (e, con lui, di tutti gli anarchici) è che lo Stato,
strumento prettamente in mano alla borghesia, non può essere
usato che contro il proletariato: dato che l'intera classe sfruttata
non può amministrare l'infrastruttura statale, ci
vorrà una classe burocratica che lo amministri. Bakunin
temeva l'inevitabile formazione di una "burocrazia rossa", padrona
dello Stato e nuova dominatrice. L'ugualianza e quindi la
libertà, secondo il pensatore Russo, non possono esistere
nella società marxista. Lo Stato va quindi abbattuto in fase
rivoluzionaria, poiché, finché qualcuno detiene il
potere, non lo cederà, e chiunque sia investito di
un'autorità, si trasforma inevitabilmente in un oppressore e
in uno sfruttatore della società.
«I marxisti non si rendono conto di questa contraddizione
[...] Dicono che questo gioco dello Stato, questa dittatura (del
proletariato, ndA) è una misura transitoria necessaria per
poter raggiungere l’emancipazione totale del popolo; l’anarchia o la
libertà sono il fine, lo Stato e la dittatura sono il mezzo.
E così, per emancipare le masse popolari, si dovrà
prima di tutto soggiogarle. [...] Che bella la liberazione!»
(da Stato e Anarchia)
Se lo Stato è l'aspetto politico dello sfruttamento della
borghesia, il Capitale ne è quello economico. Qui le
differenze del marxismo sono inesistenti (basti pensare che il primo
libro de Il Capitale fu tradotto in Russo proprio da Bakunin). La
differenza tra la concezione marxiana e quella bakuniana del
Capitale, è che per Bakunin questo non è elemento
fondante dello sfruttamento, ma solo una sua determinazione storica
transitoria. Anche se non esplicitato, nella sua opera non viene
fatto riferimento alcuno alla concezione materialistica della storia
(che prevede l'aspetto economico della società come basilare
per l'analisi della stessa).
La rivoluzione
Un aspetto importante del pensiero di Bakunin è l'azione
rivoluzionaria. Bakunin ha perseguito per tutta la vita questo scopo
e, in alcune parti della sua opera, sono rintracciabili le linee
guida della concezione rivoluzionaria del pensatore russo. In primo
luogo la rivoluzione deve essere essenzialmente popolare: il senso
di questa affermazione va ricercato ancora nel contrasto con Marx. I
comunisti credevano in un'avanguardia che dovesse guidare le masse
popolari attraverso il cammino rivoluzionario. Bakunin invece
prevedeva una società segreta che avrebbe dovuto solamente
sobillare la rivolta, la quale poi si sarebbe auto-organizzata dal
basso. Il soggetto rivoluzionario, nel caso del marxismo, è
la classe che ha sussunto in sé tutte le contraddizioni
dell'attuale sviluppo dei mezzi di produzione; Bakunin, invece, apre
il campo a tutta la classe degli sfruttati, degli oppressi, dei
reietti. Marx, in alcuni suoi scritti, non nega la
possibilità che il trionfo del proletariato possa giungere
senza spargimenti di sangue. Bakunin è invece categorico su
questo punto: la rivoluzione, essendo spontanea e popolare, non
può essere altro che violenta, una dura reazione contro il
potere.
L'anarchia
Bakunin ha preferito non affrontare approfonditamente il problema
del dopo rivoluzione, limitandosi a dare qualche idea di fondo. Se
avesse dato indicazioni precise sul funzionamento delle
società anarchiche, infatti, avrebbe negato la
necessità di autodeterminazione delle stesse, mutandosi in
uno di quei socialisti che Marx definiva "utopici".. Innanzitutto,
la dottrina anarchica di Bakunin è basata sull'assenza dello
sfruttamento e del governo dell'uomo sull'uomo. La produzione
industriale e agricola è fondata non più sull'azienda,
ma sulle libere associazioni, composte, amministrate ed autogestite
dai lavoratori stessi attraverso le assemblee plenarie. L'aspetto
della partecipazione diretta del popolo alla politica, ripresa dal
pensiero di Proudhon, è fondata sul cosiddetto federalismo
libertario, teoria che prevede una scala di assemblee organizzate
dal basso verso l'alto, dalla periferia al centro. La differenza
fondamentale tra l'organizzazione anarchica voluta da Bakunin e una
concezione autoritaria della società consiste nella direzione
delle decisioni. Se dieci libere associazioni (fabbriche,
unità territoriali, ecc.) sono federate in un'associazione
più grande, quest'ultima non può imporre nulla alle
associazioni-membro, in nessun caso. Sono i membri delle
associazioni più piccole che, riunendosi assieme, possono
decidere forme di collaborazione e di reciproco aiuto, quindi il
processo decisionale va dal basso all'alto. Naturalmente Bakunin non
è contrario in senso assoluto alla delega, perciò le
assemblee delle federazioni non devono necessariamente essere
plenarie; ma il mandato è sempre revocabile e il mandatario
deve obbedire all'assemblea che lo ha nominato.
La questione dell'organizzazione anarchica
Michail Bakunin concepisce una struttura organizzativa alquanto
rigida fondata sulla separazione dell'attività sindacale da
quella politica. Per l'anarchico russo l’organizzazione di massa
(sindacato) non doveva reclutare militanti, ma raggruppare tutti gli
sfruttati senza altra condizione. Nella sua idea questo compito
sarebbe dovuto spettare all’Associazione Internazionale dei
Lavoratori; l'organizzazione specifica (organizzazione politica)
invece doveva essere separata dal sindacato e lavorare all'interno
delle masse per guidarle nello scontro con Stato e capitale. Questa
è la funzione che avrebbe dovuto assumere invece l'Alleanza
Internazionale dei Socialisti Democratici.
È questo il principio fatto proprio dai comunisti anarchici
della FdCA con il nome dualismo organizzativo.
"Stato e anarchia"
"Stato e anarchia" (Gosudarstvennost' i Anarchija), scritto nel
1873, pubblicato anonimamente in russo a Zurigo, distribuito
clandestinamente in Russia è il punto di svolta per la
comprensione dell'Anarchismo. Bakunin fa un accurata analisi
storica, invettiva e critica contro il marxismo, l'imperialismo, lo
statalismo e il capitale oltre ad una descrizione accurata di una
teoria politica. Unica opera completa di Bakunin.
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da http://www.filosofico.net/bakunin.htm
VITA E PENSIERO
CRONOLOGIA DELLA VITA
Il maggior rappresentante del movimento anarchico internazionale
nell'Ottocento e, allo stesso tempo, il primo agitatore che
cercò di dare una giustificazione teorica alla sua azione
rivoluzionaria è stato Michail Bakunin, nato in Russia (a
Tver, l'odierna Kalinin) da nobile famiglia il 30 maggio 1814 e
morto il 1° luglio 1876. La sua vita si svolse prevalentemente
in Occidente (in Svizzera, in Francia ed in Italia), alla cui
cultura si era formato studiando la filosofia tedesca
particolarmente di Fichte e di Hegel. Partecipò attivamente
al 48 francese e all'insurrezione di Dresda del 1849. Fu arrestato e
condannato alla pena di morte, commutata nella detenzione a vita; fu
dunque incarcerato e in seguito confinato in Siberia fino al 1861,
quando era fuggito a Londra, in Svizzera e in Italia.
Il suo modello di rivoluzione, più rispondente alle arretrate
condizioni economiche e sociali delle periferie orientali e
meridionali, faceva leva su due elementi centrali:
- le masse diseredate e degradate, soprattutto le plebi contadine
- un'avanguardia intellettuale declassata, emarginata dagli strati
sociali superiori.
Sul piano organizzativo Bakunin rimase sempre fedele alla formula
della setta clandestina; sul piano politico la sua rivoluzione,
molto simile alle jacqueries contadine e al 'banditismo sociale',
avrebbe dovuto immediatamente abolire lo stato e ogni altra
autorità: "Chi dice stato o diritto politico, dice forza,
autorità, predominio: ciò presuppone l'ineguaglianza
di fatto". Accusava i comunisti di essere " nemici delle istituzioni
politiche esistenti perché tali istituzioni escludono la
possibilità di realizzare la propria dittatura " e di essere
al tempo stesso " gli amici più ardenti del potere statale ",
poiché volevano costruire una società integralmente
dominata e programmata dall'alto. Su queste basi, Bakunin riteneva
che il movimento operaio dovesse rifiutare programmaticamente
l'azione politica per praticare esclusivamente il terreno sociale.
Su questa linea il conflitto con Marx era inevitabile. Marx aveva
posto come priorità la lotta politica del movimento operaio,
considerando la conquista del potere da parte della classe operaia
come il superamento della società borghese e della divisione
tra le classi. La dittatura del proletariato, ossia la costituzione
della classe operaia in classe dominante, la distruzione dello stato
borghese e la sua sostituzione con lo stato proletario erano
considerate da Marx come l'inevitabile fase di transizione per
attuare il passaggio al comunismo, la società senza classi in
cui lo stato, in quanto strumento del dominio di classe, avrebbe
dovuto estinguersi.
Dopo il congresso dell'Aja (1872) , nel cui documento si proclama
definitivamente la necessità di attuare una dittatura
proletaria (secondo la linea di Marx), Bakunin fu espulso
dall'associazione internazionale per volere di Marx stesso.
Ritornando al pensiero di Bakunin, esso, apparentemente privo di
sistematicità, è in realtà caratterizzato da
una forte coesione intorno ad alcune tesi fondamentali: la
liberazione totale dell'uomo attraverso l'abolizione dello stato, il
rifiuto di qualunque socialismo di stato, la valorizzazione di
quelle forze sociali che il processo d'industrializzazione tendeva
ad emarginare.
L'opera principale nella quale ha trovato espressione il suo
pensiero è "Stato e anarchia" pubblicata in russo nel 1873,
alla quale si devono aggiungere le lunghe lettere indirizzate agli
amici e i numerosi opuscoli che venne componendo per le esigenze
dell'azione rivoluzionaria, scritti in lingue (il francese o il
tedesco) che non erano la sua e pubblicati occasionalmente.
Nei suoi scritti Bakunin prende decisamente posizione contro Mazzini
il cui rivoluzionarismo, alla metà dell'Ottocento, non faceva
più paura ai governanti europei. Di Mazzini non condivide la
concezione teocratica dello stato, la "teologia politica" che pone
al suo centro lo "Stato-Chiesa", per usare le parole dell'anarchico
russo: per Bakunin l'impegno di un vero rivoluzionario non deve
proporsi la riforma o la separazione delle due istituzioni, ma la
loro abolizione.
Anche il dissenso con Marx ha trovato ampia espressione negli
scritti di Bakunin, secondo il quale il nucleo centrale del pensiero
marxiano sta nella conquista dello stato, nella centralizzazione del
potere per emancipare il proletariato (ma anche l'accusa per il
sostegno di Marx per l'unificazione della Germania sotto la guida
dei socialdemocratici).
Va detto chiaramante che Bakunin nutriva per Marx una forte
antipatia, per altro cordialmente ricambiata: ai compagni italiani,
nel gennaio del 1872, scrisse a proposito del filosofo tedesco: "
Marx è un comunista autoritario e centralista. Egli vuole
ciò che noi vogliamo: il trionfo completo dell'eguaglianza
economica e sociale, però, nello stato e attraverso la
potenza dello Stato, attraverso la dittatura di un governo molto
forte e per così dire dispotico, cioè attraverso la
negazione della libertà ". Ciò che lo divide da Marx,
quindi, è la concezione decisamente pessimistica che egli ha
dello stato, fondato esclusivamente sul principio d'autorità,
concepito come oppressione dell'uomo, identificato con quelle
strutture repressive (la polizia, la magistratura, il carcere,
l'esercito) che, nell'Ottocento, la borghesia capitalistica
utilizzava per imporre il proprio dominio di classe al proletariato.
Lo stato, sostenne per tutta la sua vita Bakunin, dovunque sia
presente e in qualunque forma istituzionale operi (borghese,
socialista o comunista), non è altro che " sinonimo di
costrizione, di dominazione attraverso la forza, camuffata se
possibile, ma, al bisogno, brutale e nuda ".
Per attuare pienamente la sua libertà, l'uomo non ha altra
via che la lotta a fondo contro lo stato e contro quella che,
secondo Bakunin, ne è la prima conseguenza: la
proprietà privata ereditaria (mentre può essere
consentita la proprietà privata non trasmissibile
ereditariamente). Una vera rivoluzione deve porre termine
definitivamente a quello stato d'assoggettamento in cui sono vissute
fino ad oggi le masse popolari, sempre guidate dall'alto
"metafisicamente" (cioè per quanto concerne la visione della
vita) dalla religione, politicamente dal governo, psicologicamente
dalle leggi ed economicamente tramite la ricchezza e la
proprietà. Lo stato è contrario alla natura dell'uomo,
che è un essere sociale e non può fare a meno di
vivere in società, ma senza alcun bisogno di una struttura
statale, che non è altro che tirannia ed oppressione.
Combattendo lo stato, Bakunin ovviamente prende posizione anche
contro la chiesa e la religione in tutte le loro manifestazioni,
considerandole oppressive ed autoritarie allo stesso modo, se non in
misura peggiore. La società futura a cui l'uomo
approderà è descritta da Bakunin in termini
ottimistici, che mostrano chiaramente quale influenza egli abbia
subito da parte degli utopisti a lui precedenti di qualche decennio.
In questo senso giunse a proporre una modificazione delle
risoluzioni del Congresso Internazionale dei Lavoratori di Ginevra,
del 1866 sostenendo, " la necessità di distruggere
l'influenza d'ogni dispotismo in Europa, mediante l'applicazione del
diritto d'ogni popolo, grande o piccolo, debole o potente, civile o
non civile, di disporre di se stesso e di organizzare
spontaneamente, dal basso in alto, attraverso la via di una completa
libertà, al di fuori d'ogni influenza e d'ogni pretesa
politica o diplomatica, indipendentemente da ogni forma di stato,
imposta dall'alto in basso, da un'autorità qualunque, sia
collettiva, sia individuale, sia indigena, sia straniera, e non
accettando per basi e per leggi che i principi della democrazia
socialista, della giustizia e solidarietà internazionali ".
Bakunin non ha sentito l'esigenza, presente invece in Marx, di
approfondire i concetti di classe e di capitalismo come produttore o
condizionatore della condizione d'oppressione e sfruttamento in cui
l'uomo vive. Non a caso Marx criticava delle concezioni bakuniane
soprattutto il fatto che " la volontà, non le condizioni
economiche, è fondamento della sua rivoluzione sociale ". Per
Bakunin è lo stato la causa principale d'ogni forma di
oppressione e di tirannia, per cui il capitalismo non è altro
che lo strumento di cui questo ente superiore, burocratizzato e
gerarchizzato, si serve per attuare i suoi disegni. Sono queste le
considerazioni che portano Bakunin a guardare più che alla
classe operaia, nel senso marxiano del termine, alle masse popolari:
invece di agire sul proletariato, che si serve della lotta di
classe, egli propone di trasformare lo stato usando la violenza del
sottoproletariato e quindi di rinviare ad un momento successivo
l'attuazione di quei mutamenti sociali da cui scaturirà la
società anarchico-egualitaria.
Al centralismo soffocante e burocratico, nato con l'assolutismo e
affermatosi ovunque con la rivoluzione francese, Bakunin contrappone
il comune popolare, dove il cittadino ha la possibilità di
manifestare il proprio patriottismo, identificandosi col libero
sviluppo della collettività di cui fa parte. A loro volta i
comuni si riuniscono in una libera federazione su scala regionale e
in seguito le regioni si uniranno in una federazione ancora
più ampia, che, al limite, potrà estendersi a tutta
l'umanità. Per queste idee federalistiche Bakunin è
influenzato dal pensiero di Proudhon, con il quale condivide la
convinzione che per questa via l'umanità possa garantirsi non
solo il progresso, l'armonia e la solidarietà, ma anche la
pace.
Le tesi libertarie di Bakunin comportano un'ulteriore conseguenza:
il rifiuto dell'organizzazione politica dei lavoratori, pur nel
riconoscimento della necessità di muoversi entro il movimento
operaio. Per questo Bakunin propone di lasciare all'azione spontanea
dei lavoratori la possibilità di agire in senso
rivoluzionario, usufruendo della violenza e dello sciopero politico
e facendo leva sugli strati più miseri della popolazione. La
guida delle masse popolari deve essere assunta da una ristretta
minoranza di rivoluzionari, interamente dediti alla causa anarchica
e impegnati totalmente nella lotta per abbattere l'attuale
ordinamento politico. In questo modo Bakunin anticipava la tesi
bolscevica, sostenuta da Lenin, che rese possibile il successo della
rivoluzione in Russia nell'ottobre del 1917.
Bakunin aveva molta fiducia nei contadini, che sono portati
naturalmente al federalismo e all'antiautoritarismo. Per questo
raccolse proseliti, più che in mezzo al proletariato operaio,
in mezzo al sottoproletariato delle campagne, composto da braccianti
e da lavoratori precari e stagionali, cui affidava, specie in paesi
arretrati economicamente e socialmente come la Spagna e l'Italia, il
compito di guida rivoluzionaria.
Gli obiettivi a cui la rivoluzione deve tendere sono riassumibili,
per Bakunin, nell'emancipazione universale, che consisterà
nella liberazione dal bisogno, nell'eguaglianza economico-sociale di
tutti gli uomini e nella libertà politica. Quest'ultima
però non deve essere confusa con la libertà politica
borghese, che in realtà per il proletariato è
schiavitù ed oppressione, ma deve essere identificata con "
la grande libertà umana che, distruggendo tutte le catene
dogmatiche, metafisiche, politiche e giuridiche, da cui tutto il
mondo è oggi oppresso, restituirà a tutti,
collettività quanto individui, la piena autonomia dei loro
movimenti e del loro sviluppo, liberati per sempre da tutti gli
ispettori, direttori e tutori ".
L'anarchismo bakuniniano si affermò nell'Associazione
Internazionale dei Lavoratori, in particolare in Italia e in Spagna,
e costituì la principale corrente di pensiero che
disputò al marxismo la guida del movimento operaio nella
seconda metà del secolo scorso. Le teorie del filosofo russo
seppero coinvolgere gli operai di tutta Europa, infondendo in essi
la speranza di un cambiamento radicale della società attuale,
cercando di ottenere quel che sembrava impossibile perchè,
come disse Bakunin, ' E' ricercando l'impossibile che l'uomo ha
sempre realizzato il possibile. Coloro che si sono saggiamente
limitati a ciò che appariva loro come possibile, non hanno
mai avanzato di un solo passo '.